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Da svariato tempo avevo in mente di compiere quella conciliante, riposante e rivitalizzante vacanza da vivermi appieno, a questo punto da troppo tempo citata e numerose volte ahimè, per svariati motivi ripetutamente rinviata. Avevo inviato tempo addietro, per la circostanza, una caparra che confermava attestando la mia intenzione nel fruire quel voluto e sospirato periodo di villeggiatura da trascorrere in Valle d’Aosta, precisamente nel comune di Gressoney-Saint-Jean, situato in un ambiente paesaggistico particolarmente interessante sia per la vista offerta sul ghiacciaio del Lyskamm che per l’imponente massiccio del Monte Rosa, che si riflette nelle acque di colore verde smeraldo del suggestivo lago Gover poco fuori dal centro abitato. La mia distinta di pagamento era stata ricevuta regolarmente dalla diretta interessata nell’ospitarmi presso la loro pensione, che convalidava in tal senso la prenotazione effettuata da parte mia per il soggiorno richiesto.

Il convoglio, che per mia fortuna m’avrebbe condotto fin lassù, sarebbe partito dalla stazione di Torino Porta Nuova, dopo avrei dovuto cambiare alla stazione di Ivrea, impiegando suppergiù tre ore di tratta per raggiungere dapprima Aosta e poi con la corriera quella deliziosa e amena cittadina, per arrivare in conclusione in quell’enorme e accogliente alberghetto, edificato di proposito là in cima in una splendida e invidiabile ubicazione, dove si dominava a perdita d’occhio una vallata dalla veduta panoramica grandiosa e sbalorditiva. Lo spettacolo del tramonto non mancò di certo, impressionandomi peraltro briosamente, allorquando varcai la porta situata sulla carrozzabile livellata in terra battuta, perché l’ossequiosa e riverente signora Emma mi stava attendendo:

“Ben arrivato. Buonasera, lei dev’essere senz’altro il signor Lorenzo” – sorridendomi e porgendomi la mano, la gentildonna dalla chioma rossiccia e dal piglio cordiale, con un età pressappoco sui quarant’anni.

“Buonasera a lei signora Emma, molto lieto, certo, sono io in persona, sì” – risposi entusiasticamente, sorridendole benevolmente per l’amabile ed espansiva accoglienza.

“Molto bene, s’accomodi pure. Entri signor Lorenzo, venga avanti, che le mostrerò l’alloggio. La dimora in verità non è enorme, però è accogliente e consolante” – pronunciandomi affabilmente quelle parole e accedendo in definitiva in quel grazioso alberghetto.

La gentildonna e premurosa Emma lo accompagnò all’interno mostrandogli il vano dove avrebbe dimorato, perché si trovava nella parte retrostante dell’alberghetto, che s’affacciava come su d’un idilliaco libro di fiabe, sullo specchio d’acqua della conca sottostante. La camera era arredata in maniera essenziale con un massiccio armadio di legno di castagno, due solide sedie, un giaciglio funzionale e compatto, una lampada collocata sul comodino e un minuscolo scrittoio. La signora Emma s’accertò verificando il completo gradimento di Lorenzo e s’allontanò lasciandolo da solo.

Lorenzo sprangò la porta e spalancò del tutto le persiane scure di legno godendosi pienamente la sbalorditiva e incredibile vista del crepuscolo da lassù, in seguito si denudò avviandosi verso l’angusto bagno. Poco dopo scese di sotto in una saletta nell’altra parte del piccolo alberghetto, tuttavia dopo una quindicina di minuti, perché il suono d’un sonaglio tipico di montagna diramava l’inizio della cena. La stanza era un vano comodo e ammobiliato con gusto, il pasto serale servito da Emma fu gustoso e abbondante, appresso conversarono di svariati argomenti, e di quello che Lorenzo s’occupava nella vita di tutti i giorni, di come si sostentava e di come si forniva i mezzi per vivere. Lì, in quel frangente, la gentildonna Emma, signora che in realtà si faceva chiamare Sofia, era alquanto curiosa e indiscreta, domandò che cos’avesse spinto e in ultimo coscienziosamente stuzzicato Lorenzo, di procedere e in ultimo di presentarsi quassù in questo piccolo e dimenticato borgo, nondimeno in quest’alberghetto situato a quest’altezza, essendo lui un dinamico e vitale individuo da metropoli.

Lorenzo ben presto rivelò alla signora Emma (adesso Sofia in modo intimo e alquanto confidenziale) dell’impiego che svolgeva abitualmente, essendo lui stesso un appassionato intenditore e un interessato estimatore degli splendori della natura e delle bellezze paesaggistiche montane, giacché lavorava come realizzatore di cataloghi turistici preso una rinomata azienda tedesca vicino a Bühlertal nella regione del Baden-Württemberg, che propone e che stampa in ultimo su richiesta paesaggi fluviali, panorami alpestri, fascicoli illustrati e cataloghi che riguardano in generale la natura. La sua attività verteva in special modo nel comporre, catalogare e raffigurare paesaggi, in special modo fotografare ambienti alpini, ne trattava inoltre l’analisi e s’occupava nel redigere la documentazione di quegli originali scenari e dei magnifici territori che immortalava nei suoi scatti. Per queste ragioni, infatti, la preferenza e in ultimo la selezione finale d’un territorio così incantevole e d’una zona tanto esclusiva, era immancabilmente ricaduta proiettandosi su quell’incantevole vallata appartenente al comune di Gressoney-Saint-Jean in Valle d’Aosta.

L’interesse supremo finale per Lorenzo era innanzitutto potersi dedicare appieno svolgendo la sua mansione di fotografo, quella di permanere anche nei pressi del borgo dove si trova anche il lago Gover, specchio d’acqua peraltro d’origine artificiale, circondato da pini e abeti secolari: incantevole e senza parole, il panorama sul Monte Rosa, con un fascino che immancabilmente ammalia e che ovviamente seduce, con un influsso che conquista e rapisce per chi lo osserva. E’ una destinazione ideale sia per le famiglie, che trovano un ampio parco giochi attrezzato, quanto per chi desidera praticare la pesca sportiva in estate, o per chi preferisce pattinare in inverno. Alla fine, una benefica e giovevole passeggiata nel bosco di trenta minuti, dove un bellissimo sentiero collega il lago al castello Savoia, inutile dirlo e raccontarlo, in quanto è soprannominato la “Passeggiata della Regina”.

Sofia e Lorenzo seguitarono a dialogare, discorrendo e aprendosi a vicenda anche dopo il pasto serale, là nel boudoir, fu allora infatti che, la gentildonna ammise e confidò all’uomo di dolersi e di patire parecchio per quella forma di disturbo perenne del sonno (di sonnambulismo che l’attanagliava) vessandola e tormentandola di continuo. Il medico specialista che la curava ad Aosta, le aveva rivelato che chi soffre di questo malanno, mette in atto comportamenti e movimenti senza rendersene conto, ovvero in stato d’incoscienza, poiché nel concreto la persona sta proseguendo a dormire e presenta un vuoto mentale per tutto quello che concerne l’accaduto al risveglio. Lo specialista, le aveva affermato, che la persona può semplicemente sedersi sul letto con gli occhi aperti e compiere gesti ripetitivi. Come fattore genetico, il medico le aveva oltre a ciò divulgato, che approssimativamente la metà dei pazienti coinvolti, hanno come minimo un parente consanguineo, che a sua volta ha presentato in passato le stesse avvisaglie. Inoltre, ulteriori effetti determinanti, che concorrono allo sviluppo e alla manifestazione di questi episodi ci sono eventi e fattori psicologici che incidono, per esempio periodi d’intenso esaurimento, stanchezza e tensione fisica altissima, o il trauma dovuto alla scomparsa d’un proprio caro.

Io ascoltavo con premura e prestavo attenzione con riguardo su quella delicata e dolorosa vicenda che Sofia m’esponeva, mi calavo nei suoi infelici e angosciosi istanti e come potesse sentirsi nell’animo. Sofia era afflitta e angustiata, assai rattristata, non riusciva a darsi tregua né percepiva l’adeguato sollievo che potesse risollevarla, speculando e scervellandosi, che forse la malasorte e la scalogna si fossero scagliate su di lei per addolorarla, amareggiandola e sconfortandola ancora di più. Sofia mi raccontava in maniera affranta, demoralizzata e disperata, che dalla scomparsa del suo consorte, ogni notte s’aggirava vagando per l’abitazione senza destinazione né obiettivo alcuno, invocando e appellando il perduto coniuge. Si raccomandò inoltre, d’altra parte ammonendomi, che non doveva essere svegliata per nessun motivo, perché sarebbe potuta spirare all’istante.

Quella medesima notte, Lorenzo scoprì Sofia alzarsi e vagare per le stanze della casa, fino a quando non accedette nella sua, agghindata d’una camicetta da notte chiara e reclamando con la voce rinforzata e serrata l’appellativo del coniuge Sebastien passato a miglior vita. Lorenzo, per la circostanza, non si collocò sul letto, analizzando e squadrando gli atteggiamenti della gentildonna, fino a quando Sofia di fronte a Lorenzo non fece scivolare la slanciata camicetta per trattenersi interamente disadorna. Lorenzo si rese conto di possedere la gola inaridita, dal momento che avrebbe intenzionalmente gradito svegliarla, malgrado ciò memorizzò quella ragguardevole e indilazionabile raccomandazione ascoltata e non intervenne. Sofia nel mentre andò sopra il letto e iniziò a sbaciucchiarlo chiamandolo con il nome del coniuge, Lorenzo tentò di restare statico, tuttavia non ebbe la capacità di resistere alla signorile gradevolezza e all’avvenente libidinoso richiamo di Sofia, caldeggiandone alla fine i suoi lascivi e deliziosi gesti.

Entrambi scoparono amandosi in differenti posture, in conclusione Sofia si sollevò compiaciuta raccattando dal pavimento la camicetta da notte, rientrando con pieno mutismo e in totale segretezza nella sua stanza, così com’era inaspettatamente e silenziosamente arrivata. La mattinata successiva, durante il tempo in cui consumava la prima colazione, Lorenzo volle comprendere per mezzo dei suoi cenni e attraverso le definizioni della donna, se avesse facoltà di ricordare di quello che era avvenuto tra loro due, eppure Sofia era rimasta normale e fervidamente distolta come al momento del suo arrivo. Dopo colazione Lorenzo acciuffò i suoi strumenti e i suoi apparecchi da lavoro e s’instradò in direzione della sponda del lago, poiché aveva il proponimento di rappresentare con precisione la natura circostante e in tal modo iniziò a fotografare il paesaggio circostante, alla ricerca di cavità e di punti suggestivi originalmente instillanti e stimolanti.

Lorenzo, per l’occasione, avendo parecchio d’adempiere, non sarebbe rientrato per consumare il banchetto che Sofia gli aveva cucinato per il suo prolungato vagare, giacché si sdraiò nei pressi d’un incantevole radura poco distante dall’approdo del magnifico specchio d’acqua lacustre, e allorquando incominciò per sistemarsi, udì dei trambusti e delle inedite rimbombanti ridacchiate, si sollevò e a rilento appartato fra la boscaglia, s’approssimò con sollecitudine cercando di comprendere da dove provenissero quelle voci. Cinque ragazze, del tutto svestite, si erano tuffate nel laghetto baloccandosi tra loro e innaffiandosi reciprocamente con l’acqua. Lorenzo ritornò subito indietro per agguantare la macchina fotografica, assemblò celermente il cavalletto e fece diversi scatti, però le ragazze subodorarono la sua presenza e scapparono lestamente, raccattando in fretta i vestiti depositati sulla sponda e scomparendo tra la spessa flora.

La vista delle ragazze nude aveva svisceratamente risvegliato in lui la rievocazione della notte precedente ravvivandolo, sì, perché Sofia era una femmina spettacolare e sublime, la sua chioma rossiccia lo ammaliava affatturandolo in modo intenso, quei seni fiorenti gli scompaginavano l’intelletto, le gambe erano una garanzia, le chiappe non da meno gli facevano smarrire l’assennatezza, mentre una spessa e larga lanugine rossastra copriva quell’odorosa e sensazionale fica facendogli perdere interamente il raziocinio e la logica, così come un pastrano farebbe infagottando e fasciando ammodo il corpo di chi lo indossa, Lorenzo rientrò verso l’alberghetto accalorato e aizzato oltremodo. Sofia, per la circostanza, era seduta come sovente sulla seggiola nel boudoir, Lorenzo spalancò il cancello con il cavalletto in spalla e lei affettuosamente lo salutò annunciandogli:

“Che sorpresa, oggi hai fatto tardi Lorenzo. Hai individuato qualche panorama che t’avrà certamente attratto?” – bisbigliò Sofia, sollevando lo sguardo dal rotocalco che stava scorrendo con gli occhi.

“Non ci crederai, ma t’assicuro che è un sì gigante. Direi proprio di sì, l’ho trovato, eccome. E’ stata indubbiamente una giornata assai produttiva e fruttuosa, adesso sono sudato, vado a rinfrescarmi, dopo se ti farà piacere t’argomenterò e t’illustrerò ben volentieri il risultato delle mie avvincenti e singolari fotografie” – ripeté ironizzando soddisfatto Lorenzo.

“Naturalmente, prenditi tutto il tempo che t’occorre, a dopo” – ribatté cortesemente Sofia strizzandogli l’occhio.

Durante il pasto serale Lorenzo spifferò snocciolando alla gentildonna la sua piccola e libidinosa innocente vicissitudine, mentre Sofia non apprezzò però di buon grado la sua indiscrezione né quella confidenza, enunciandogli nel mentre in modo inatteso il suo complessivo dissenso:

“Vedi Lorenzo, non sono molto d’accordo, io reputo impresentabile e indelicato quello che hai compiuto” – ribatté Sofia senza troppi peli sulla lingua, quasi rimproverandolo e biasimandolo, riferendogli le sue innate divergenze.

“No, Sofia. Dal mio punto di vista personale, per la mansione che svolgo, tengo a precisare che un fotografo dev’essere finanche impiastro e importuno, a tratti originale e ficcanaso, non capire male Sofia. Deve saper abilmente trafugare e accortamente arraffare ogni situazione, poi quelle cinque giovani femmine in quell’insperata contingenza erano pressoché perfette, direi ineguagliabili, anzi, azzarderei affermare impeccabili e inimitabili, nella loro schietta spontaneità” – ribatté Lorenzo convinto, in modo volitivo e intraprendente, squadrando il disappunto nel viso di Sofia.

“Mi auspico perlomeno che erano all’oscuro della tua presenza nella zona, me lo auguro veramente” – enunciò lei, con una certa e manifesta apprensione la preoccupata e angustiata donna.

“Sì, in modo tassativo Sofia, in maniera indiscutibile e assodata, te lo garantisco, puoi contarci. In caso contrario non si sarebbero giammai fatte fotografare, proprio questo ha reso le foto migliori, perché sono istintive e naturali, senza pose approntate né prestabilite” – concluse lusingato e soddisfatto Lorenzo, fissandola lungamente negli occhi.

“A mio modo di vedere non sono d’accordo Lorenzo, mi auspico e spero vivamente che tu non lo metta in pratica con me” – enunciò Sofia, temendo e sospettando che potesse avverarsi tale situazione ai danni della sua persona.

“Non paventare nulla di simile Sofia, non intimorirti, non condannarmi e non valutarmi in malo modo, fidati, non temere. Io non m’azzarderei né oserei compiere un’azione simile nei tuoi confronti, benché m’attrarrebbe parecchio scattarti delle fotografie, perché ti trovo molto avvenente, elegante e alquanto seducente” – proclamò Lorenzo, concludendo il discorso e smorzando lo spavento e l’apprensione che importunava la mente di Sofia perseguitandola.

“Per adesso non saprei, in seguito vedremo Lorenzo. Comunque sia, t’esprimo molta gratitudine per la tua delicata adulazione e per la tua altrettanto sincera lusinga” – bofonchiò Sofia arrossendo e allontanandosi nel mentre.

Nel boudoir, a tarda sera, Lorenzo le chiosò indicandole come utilizzava la sua macchina esibendole alcune fotografie, Sofia restò ammaliata e garantì giurando e impegnandosi, che avrebbe posato in ultimo per lui prima che fosse partito. La prima luce del giorno rischiarava il cielo, allorquando Lorenzo fu destato dai frastuoni della notte trascorsa e dopo pochi istanti Sofia penetrò nella sua stanza, infagottata come la notte precedente, ribadì il nome del coniuge scomparso dopo s’avviluppò al corpo di Lorenzo sul letto, scoparono concedendosi al massimo godendo più volte e lei s’allontanò, scomparendo com’era usuale nel suo modo d’agire. La mattina seguente non ci fu nessun accenno per quello che accadde, in tal modo quest’andazzo proseguì per il resto dei giorni della villeggiatura. Quando si presentò il giorno della partenza, Lorenzo uscì nel parterre accanto alle aiuole dove trovò Sofia accomodata sull’amaca:

“Devo ammettere e ribadire, che ho trascorso otto giorni ardenti, intensi e piuttosto amabili, mi sono trovato assai bene, la tua accoglienza e la tua piacevole cortesia è stata una delle migliori. Allora Sofia, adesso poserai per me?” – domandò lui apatico e soprappensiero in quella lusinghevole circostanza.

“Certo che sì Lorenzo, garantito, prima normalizziamo il conteggio e dopo poserò per te come t’avevo amabilmente promesso. Io ritengo e suppongo, d’essere meglio di quelle cinque chiassose e ignude ragazzine, che hai alla fine tenacemente immortalato l’altro ieri giù al laghetto con i tuoi personali marchingegni, non trovi?” – incitandolo e pungolandolo nell’indole, incoraggiandolo d’osare, esortandolo nel suo connaturato temperamento e spronandolo in ultimo a dovere, nella sua stoffa ardente e accalorata di maschio.

Sofia pur mostrandosi a primo acchito indolente, sonnacchiosa e svogliata, era di natura una femmina astuta, brillante e calcolatrice, molto giudiziosa, intuitiva e abbastanza dinamica. Le fotografie da scattare erano state una libidinosa scappatoia, un eccellente e lussurioso cavillo, uno scostumato pretesto, in verità un indecente e ingegnoso appiglio, che lei aveva magistralmente organizzato, superlativamente approntato per lui il giorno della sua partenza.

Lorenzo in quel frangente non comprese più nulla, quella rossiccia e pelosissima fica assieme al suo modo traviato e lussurioso di porsi, lo faceva risolutamente e manifestamente farneticare, mandandolo in visibilio, perché lui avrebbe compiuto qualsiasi cosa per impossessarsene. In breve, entrambi, si lasciarono trasportare dalle onde travolgenti e vorticose del pure e istintivo piacere carnale, intanto che lui aizzato a dovere e Sofia sconquassata dalla veemente e viziosa voglia, si rinchiusero ancora una volta nella stanza e ripresero a scopare in maniera viziosa, immorale e lasciva. Sofia in conclusione, lo avrebbe in seguito accompagnato comodamente alla stazione di Aosta con la sua autovettura per il viaggio di ritorno.

D’ora in avanti, in verità, il posto per Lorenzo allorquando lo avesse desiderato e voluto era già stato ampiamente e lussuriosamente programmato, impudicamente anticipato e sfacciatamente delineato, sensualmente abbozzato e viziosamente prospettato, perché la signora Emma (Sofia per lui) lo avrebbe nuovamente atteso, accolto, ospitato e trattenuto a braccia aperte, e non solamente quelle.

{Idraulico anno 1999}

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