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Ti odio, Sabrina!

By 28 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

C’è sempre stato odio tra me e Sabrina, sin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti non ci siamo sopportati. I nostri modi di fare, completamente incompatibili, si sono sempre scontrati in silenzio per il quieto vivere delle nostre amicizie comuni, nascondendo un astio che, seppur mai dichiarato, sappiamo essere reale e reciproco.

Quello che mai però abbiamo voluto ammettere a noi stessi, è il desiderio che dietro l’inimicizia, mano a mano si è fatto avanti, generando battute, frecciatine e frasi a sfondo sessuale, atte a colpire, si, ma anche a sedurre. Nei miei momenti di riflessione, pensando bene a questo strano rapporto, mi sono sempre chiesto cosa ci fosse in lei che accendeva le mie passioni.

Sabrina infatti, oltre ad essere chiassosa, insolente, di cattivo gusto, non è mai stata, ne da me ne da nessuno dei miei conoscenti, considerata una bella ragazza: bassa, rotonda, con capelli neri e ricci ma mai veramente belli, un viso ruvido e spinoso, la sua unica qualità fisica era il seno, grosso, dirompente e sempre esposto con orgoglio.

Del seno, io, sono sempre stato uno schiavo. Ogni termine che lo richiami mi eccita: tette, poppe, zinne, zizze, boccie, mammelle; il solo suono scatena in me deliri ed eccitazioni che controllo a fatica ma sebbene fossero gonfie e deliziose come frutti maturi, le tette enormi di Sabrina non erano sufficienti a giustificare quelle sensazioni. Ci doveva essere qualcos’altro, come doveva esserci qualcosa che scatenasse in lei le stesse emozioni, lo si vedeva dalla sua espressione, la medesima della mia, e dalle battute. Come io le davo della “Tettona” lei scherzava spesso sulle dimensioni accentuate del mio “pacco”, il quale risaltava in alcune occasioni dai miei jeans.

Il mio pacco, il mio cazzo, il mio membro, risalta in effetti a volte dai miei jeans, ed il fatto che siano spesso larghi per comodità, faceva sorgere in lei sospetti sulle mie dimensioni ma io, lungi dal farmene problemi, ho sempre ribadito a lei come a tutti: “Io ho un cazzo normalissimo. Non è un cazzo da elefante e nemmeno da topolino, è della dimensione giusta e che ho sempre voluto.” Ed è vero, stento a crederci persino io, nel sentirmelo battere a tastiera, ma sono un uomo felice del suo pene normale, di cui nessuno si è mai lamentato. Nello sguardo di Sabrina però, vedevo la curiosità di chi voleva vederlo, succhiarlo, assaporarlo, averlo, per verificare. In quello stesso modo i miei occhi, inevitabilmente, si posavano talvolta su quelle due tette grosse e piene con gli stessi pensieri.

Il fatto di vedere due persone ostinate ed orgogliose odiarsi ma stentare a resistersi così tanto, probabilmente era il combustibile di quel desiderio che, ogni giorno di più, ci spingeva a volerci ed a non sopportarci ogni minuto di più. Alla fine, questo “gioco delle forze” era destinato a spezzarsi a favore della repulsione o dell’attrazione.

Tutto degenerò quel giorno di Marzo.

Avevo invitato qualche amico a casa mia, una cosa semplice, non piu di sei, sette persone, una di queste aveva poi invitato Sabrina. Mezz’ora dopo l’orario stabilito, lei si presentò. Nonostante il ritardo era la prima ad arrivare, un segno che le cose non sarebbero andate come previsto. Uno ad uno, i miei amici iniziarono a chiamare per avvisarmi della loro assenza fino a quando io e Sabrina non ci trovammo soli, consapevoli del fatto che non sarebbe arrivato nessun’altro. Non ci rimaneva che passare qualche minuto di cortese e falsa conversazione prima di trovare una scusa per tornare ogniuno alla propria vita.

Io e Sabrina parlammo per quindici minuti esatti. La osservai attentamente, come faccio sempre con tutti. Indossava una maglietta verde, non molto stretta, ma assai scollata, dalla quale quelle sue orgogliose mammelle si lasciavano scorgere nella loro imponenza, coperte da un semplice reggiseno nero. Sotto, una gonna leggera, corta, bianca, talmente piccola e sottile da lasciare poco all’immaginazione. Sabrina era così: non era certo una ragazza pronta a fare sesso con chiunque, ma, consapevole di non essere bellissima, conosceva i suoi punti di forza e le piaceva sedurre, provocare, apparire porca per poi ritrarsi davanti alle avance dei suoi pretendenti, solitamente interessati a fotterla per poi deriderla di nascosto, chiamandola cozza.

Dopo un quarto d’ora in cui ho potuto solo annuire ai suoi noiosi e banali discorsi, già non vedevo l’ora di liberarmi di lei, ero nauseato, con lo sguardo ormai stanco delle sue forme, perso nel vuoto, ma fu a quel punto che, echeggiante nella mia mente udii una lamentela.

“Sei il solito stronzo, non mi stai ascoltando! Fai quella faccia da coglione e non mi stai a sentire.”

“Ma che cazzo vuoi, tettona del cazzo!” risposi io, colto un po’ alla sprovvista.

Sabrina aveva ragione, ero distratto, ma non potevo certo ammetterlo.

“Tu stai zitto che due tette cosi non le vedrai mai!”

Sembrava un discorso tra due quindicenni. Mi sentivo ridicolo ma, sempre colto in controtempo, arrossii un secondo.

“Sai qual’è il tuo problema?” continuò lei “ Mi vuoi scopare, ma non hai le palle per dirmelo! Stai sempre a fissarmi le tette come un cretino.”

Rimasi zitto, quando si iniziano queste conversazioni non se ne esce mai veramente vittoriosi, meglio dargliela vinta. Restai arrabbiato ma allo stesso tempo eccitato, in parte Sabrina aveva ragione, volevo scopare con lei. Stavo tornando nei miei pensieri, mi stavo distraendo ancora, quando lei si girò, aprì il frigo e si chinò per prendere una birra, ancora parlottando e stuzzicandomi, consapevole di aver vinto la battaglia. Fu allora che i miei occhi scorsero qualcosa che non riuscii ad ignorare.

La sua gonna si era alzata un pò e nel suo rovistare nel frigorifero lei non se ne era accorta. Aveva un paio di mutandine nere, semplici come il reggiseno, e il culo in bella vista. Sabrina non aveva un sedere piccolo, ma grosso e rotondo. Fu la prima volta che lo notai e ammetto che ne rimasi colpito. Non era un sedere particolarmente bello, ma, come Sabrina, sapeva farsi desiderare. Non so quale forza mi spinse, ma mi alzai, e passandole a fianco le posai la patta gonfia dei jeans contro il sedere, facendolo scorrere da destra a sinistra, come un goffo tentativo di passare in uno spazio stretto.

Lei girò il capo e mi fulminò con uno sguardo penetrante e un ghigno malefico. Mi aveva messo in trappola, avevo ceduto.

“Ah, allora è li che me lo vuoi mettere?”

Rimasi in silenzio, arretrai un po’ ma lei si sporse all’indietro con il sedere, rimanendo a contatto con il cavallo dei miei pantaloni, dal quale si vedeva l’imbarazzante verità della mia voglia di lei.

“Non hai le palle di dirlo e nemmeno quelle di farlo per davvero” disse quasi ridendo “Almeno potevi tirarlo fuori, magari mi piaceva.”

Non so come, non so perché, non rimasi impietrito davanti a certe parole, non so nemmeno se sia stato un bene o un male, ma le afferrai il sedere e lo strinsi nelle mani, non mi sarei fatto umiliare così.

“Se ti metti a 90 e fai la vacca è perché sei tu che lo vuoi. Trovi tutte le scuse per guardarmelo, e ora lo vuoi sentire nel culo! Mi sono spostato ma tu hai spinto indietro, perché lo vuoi!”

Parlare in quella maniera così lorda, così banale e violenta mi è sempre piaciuto. Sabrina adesso era meno sicura di se, dal suo viso avevo capito che non ero solo io ad essere in trappola, lo era anche lei, tutti e due volevamo farlo, e subito.

“Vediamo allora, vediamo se lo tiri fuori!”

Se lo avessi fatto, e lei si fosse rifiutata, mi avrebbe umiliato ma non avrei mai più avuto una simile occasione per sfogare questo desiderio che mi perseguitava. Mi calai i jeans e i boxer e rischiai.

Sabrina esitò, sapeva di potermi rifiutare, sapeva che avrebbe potuto dirlo a tutti, io mi ero abbassato i pantaloni, ero il maniaco che la voleva avere a tutti i costi, così avrebbe sicuramente detto ai nostri amici comuni, così mi avrebbe fatto passare per il depravato, sfigato, illuso che faceva finta di odiarla ma che si masturbava pensando a lei. Ma Sabrina sapeva bene che se questa era la mia ultima occasione per averla, era anche la sua ultima occasione per avere me. Si voltò, mi guardò negli occhi con rabbia ma lasciando scorgere i piaceri che la sua mente stava pregustando e poi, velocemente, duramente ma con la chiara intenzione di compiacermi, avvolse la mano destra intorno al mio membro scoperto, eccitato fino qualsi al punto di scoppiare.

“Sei un porco…” mi disse, ma già ansimava, come intrigato dalla sua mano decisa, ansimavo di piacere anche io.

La sua testa si abbassò, le sue gambe si piegarono e la sua bocca si aprì per far largo a quel cazzo che aveva tanto voluto, ma non aveva potuto ancora avere. La mia ultima, futile resistenza si presentò quando le tirai i capelli, fermandola poco prima dell’inevitabile, soltanto il tempo per dirle:

“Io sono un porco, ma tu sei la mia puttana!”

Poi la spinsi con forza verso di me e lei ingoiò con piacere ciò che le avevo presentato, succhiando ed ansimando, accarezzando le mie gambe, tremanti per l’eccitazione. Io e Sabrina, che ci eravamo sempre odiati, ora godevamo l’uno delle prestazioni dell’altra, eccitati e perfettamente a nostro agio, desiderosi di fottere, scopare, godere e venire insieme.

Lei continuava a succhiare, toccandosi con voracia tra le gambe, ansimando, mugugnando, leccando, assaporando, muovendosi con una passione e una voglia da me mai conosciuti, non rallentando nemmeno per sfilarsi gli slip neri, dando più liberà alle sue mani di esplorare, e ai miei occhi di guardarle all’opera. L’amore è un sentimento potente ma, oggi, l’odio stava dando frutti dolci e colmi di passione.

Io la fissavo, ed incrociavo i suoi occhi che da rabbiosi e scontenti erano divenuti focosi ed eccitanti. Guardavo le sue tette dalla scollatura della sua maglietta e le desideravo sempre di più attorno al mio cazzo, bagnato della sua saliva.

“Dimmelo..” disse lei.

“Cosa?”

“Lo so cosa vuoi, ma se non me lo dici non lo faccio, mi devi dire che lo vuoi..”

“Voglio le tette..”

“Quali?”

“Voglio le tue tette Sabri, voglio sentirmele intorno…”

Sabrina sorrise, non l’avevo forse mai nemmeno chiamata per nome ed ora le avevo sussurrato un “Sabri”, preso da piaceri che non avevo mai immaginato potessero venire da una bocca tanto pungente nei miei confronti.

“Te le devi prendere! Fammi sentire quel cazzo tra le tette, dai!”

Mi chinai e le abbassai la maglietta, strappando un po’ la scollatura, ma lei non ne fu certo dispiaciuta, guardai quel ben di dio uscire dal cotone verde e misi subito mano al reggiseno, calandolo in modo che le sue due grosse boccie cadessero fuori, rimbalzando come per invitarmi ad un ballo di piacere.

Mi eccita vedere una donna che non ha tempo di spogliarsi del tutto prima di scopare, e Sabrina era così vogliosa che mi avvolse quei due meloni intorno al cazzo prima che me ne potessi accorgere. Scoprri un nuovo lato di Sabrina che prima non conoscevo, una donna che non si vergognava del proprio desiderio, nemmeno davanti ad un “nemico” come me. Godevo nel sentire quelle soffici tettone muovermisi sul pene, gemivo e mi agitavo quando lei, con la lingua, ne sfiorava la punta, facendomi toccare il cielo.

Non lontano Sabrina aveva la sua borsetta, allentò la presa sui seni, lasciandosi scivolare il mio membro addosso e accogliendolo nuovamente nella sua bocca calda. Senza mai togliere lo sguardo dal mio volto, contorto dal piacere. Prese da un antro nascosto della sacca un preservativo, lo scartò, e dopo aver abbandonato con riluttanza il pompino di cui stavamo così tanto gioendo, mi infilò con dolcezza il palloncino di lattice, si alzò sfiorandomi tutto il corpo con i seni, e si voltò, riportando le natiche contro il mio membro voglioso più che mai di esplorarla.

“È cosi che mi vuoi?”

“Si..” risposi timidamente.

“Ti odio…” disse con rabbia, lasciandosi poi però sfuggire “…ma ti voglio, anche se sei un porco..”

“Sei una troia, una vacca, una tettona che vuole solo cazzi da succhiare…”

“Vai a fare in culo…” rispose lei “…se mi vuoi scopami e basta, che di cazzo ora voglio solo il tuo!”

Spinsi il pene nella sua figa eccitata, e fui accolto da un gemito di liberazione, il suo, ed un gemito di piacere estremo, il mio.

“Scopami!” mi disse ancora lei..

E io spinsi più forte.

“Di più…” insistette “fottimi!!”

Accelerai, e sentii i suoi gemiti aumentare di volume e di frequenza, un’intenso canto di piacere, condito da piccoli insulti, oramai non più pronunciati con il loro originale intento, ma con la voglia di spronarci l’un l’altro a vivere questo momento di follia, come una guerra a chi avrebbe di più fatto godere l’altro.

“Fottimi Stronzo! Fammi sentire che sono la tua puttana!”

“Godi troia, voglio sborrarti su quelle belle tette da mucca che ti ritrovi!”

“Fammelo sentire, voglio il tuo cazzo! Porco! Maiale! Fammi sentire che è mio!”

“Si, è tuo, è il tuo cazzo mignotta! È tutto tuo!”

Stavamo impazzendo, impazzendo di quell’infinito godere, di quell’odio diventato la sensazione più bella del mondo. Lei si fermò un istante, solo per girarsi, allungare le braccia al mio collo, lasciarmi chinare per rimettermi tra le sue gambe ed infilarmi ancora nella sua soffice figa bagnata, stretta, magica, vogliosa. Ora scopavamo guardandoci negli occhi, con le sue braccia avvolte attorno al mio collo e le sue gambe intorno a me, la sua schiena poggiata sulla fredda porta del frigorifero, ormai chiusa. Guardavo le sue tette rimbalzarmi davanti agli occhi, le stringevo il culo, accarezzandole l’ano per farla godere ancora di più. Lei in cambio dava tutta se stessa e mi urlava quanto eccitata la facesse sentire quell’intenso momento.

“Vengo! Vengo!”

“Vieni porca…”

Il suo orgasmo mi fece quasi impazzire: lungo, intenso e violento. Uno sfogo completo di tutto quello che avevamo provato per anni, della voglia che avevamo di scopare come animali, con qualcuno di cui non ci importava nulla, qualcuno che odiavamo ma che scatenava in noi gli istitnti più perversi. Appena finì di venire, senza rallentare nemmeno il suo moto sinuoso, tolse il mio membro dal suo orifizio soddisfatto, mi sfilò il peservativo e con un espressione di voglia mai vista prima dai miei occhi mi disse:

“Adesso vienimi sulle tette! Riempimi di sborra!”

Appena finita la frase, non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere. Lo ripese in bocca e ricominciò a succhiare con tutta se stessa, grata del piacere che io le avevo dato, ma consapevole di darmi la stessa, immensa soddisfazione, con una mano alzava i suoi seni verso le mie palle, mentre con l’altra accarezzava con amore il mio scroto, facendolo toccare con quelle due ghiandole mammarie di puro piacere. La sua bocca nel frattempo, esplorava ogni mio centimetro, fermandosi solo un attimo prima del mio orgasmo per lasciare spazio a quelle tette bellissime, pronte ad accogliere il mio sperma. Mentre sentivo la sborra percorrere il mio membro lei fu perfetta. Disegnò, rapida e soffice, un percorso con la mano destra, dal mio ano, verso i miei testicoli, lungo il mio cazzo e poi dritto verso di se, ed alzandosi il seno con ambo le mani mi disse.

“Dammela tutta…”

Fu uno degli orgasmi più intensi della mia vita, poterle venire sul seno in quel modo fu una sensazione unica, irripetibile. Lei accolse il mio seme compiaciuta, non era qualcosa che avrebbe fatto per chiunque ma solo per me, lo “stronzo”, il “maiale”, la persona che meno sopportava, ma oggi, il suo piacere più grande. Finito il momento ci sdraiammo in terra, silenziosi per parecchi minuti prima che io mormorassi:

“E adesso?”

“E adesso niente… Tu mi stai sulle palle e io sto sulle palle a te…lo sappiamo…è finita lì…”

Rimasi deluso dalla risposta. Certo, non volevo stare con lei, ma non credevo che la tregua finisse così presto. Lei però aggiunse ancora una frase.

“Però quando proprio ci va di scopare posso sempre tornare ad essere la tua troia…e tu il mio porco.”

Sorrisi, e la cosa finì lì.

Da quel momento tutto tornò quasi come prima. Tra me e Sabrina non correva buon sangue, ci odiavamo, ci insultavamo e, in fondo, continuavamo a desiderarci, sfogando di tanto in tanto quel piacere. In un certo senso, un odio perfetto.

Ero stato invitato a quel viaggio da Marco, un conoscente più che un amico, un ragazzo simpatico e piuttosto estroverso che avevo avuto modo di incontrare in vari eventi sociali qui e là e che non avevo mai conosciuto meglio perché, proprio tra le sue frequentazioni più strette, figurava la tanto disprezzata Sabrina. Proprio per questo motivo, particolarmente dopo lo spiacevolmente gustoso incidente sessuale avvenuto con lei, avevo di recente evitato tutti i contatti con quel gruppo di persone, tagliando di fatto dalla mia vita un ramo delle mie amicizie, onde evitare che, tra pettegolezzi, sguardi, piccoli indizi, la notizia della mia lussuriosa giornata con Sabrina, uscisse allo scoperto.

Mi vergognavo. Questa era la verità, ero ferito nell’orgoglio per quello che era successo. Mi ero improvvisamente reso conto di non essere fedele ai miei principi, come avevo sempre sperato si essere, e che, se messo nella condizione di contraddirmi per ottenere anche un minimo, sporco piacere, lo avrei fatto. Il fatto che quella giornata fosse stata piacevole e che Sabrina mi avesse soddisfatto sessualmente come mai mi era successo prima, non aveva cambiato nulla di quel che pensavo a suo riguardo. Non mi piaceva, ne fisicamente, ne caratterialmente, era, per me, il simbolo della bassezza e della volgarità in cui la gioventù del mio paese stava sprofondando, la prova vivente che la società favorisce le persone più abili nel farsi notare per la propria chiassosità, piuttosto che coloro i quali possiedono realmente qualità e voglia di fare.

Marco era stato molto persuasivo nel convincermi: era ricorso ad ogni mezzo per farsi seguire in quel viaggio verso la toscana, da svolgersi in un giugno caldo ed umido. Ai miei iniziali rifiuti aveva risposto con insistenza, dicendo che aveva bisogno di una persona calma ed organizzata, come lo ero io, per compensare l’inefficienza dei suoi amici in fatto di organizzazione ed adattabilità alle molte circostanze che si possono verificare durante un viaggio. Per nulla scoraggiato dai miei successivi no, mi aveva a lungo parlato del fatto che Maria, una sua amica che avevo conosciuto l’anno prima e che avrebbe partecipato alla vacanza, aveva insistentemente chiesto di me, lasciando intendere di essere a me interessata. Fu questo l’argomento che mi convinse, più di ogni altro, ad unirmi alla sciagurata ciurma di vacanzieri diretti a sud, verso la splendente Versilia.

I partecipanti al viaggio dovevano essere cinque. Oltre a me, Marco e Maria, dovevano presentarsi alla partenza due sconosciuti, per quello che mi riguardava, compagni di viaggio, tali Elisa e Francesco, una coppia di giovani colleghi di Marco, i quali mi erano stati descritti come “brave persone” e “molto simpatici”, non potevo immaginare quanto lontana fosse questa semplice descrizione dalla realtà che avrei dovuto affrontare.

Appena giunto al luogo di ritrovo, la tiepida mattina della partenza, alle ore cinque del mattino, con gli occhi rossi e la terribile sensazione che nulla sarebbe andato per il verso giusto, non potei fare a meno di notare la vettura parcheggiata vicino alla timida e noiosa “Picasso” di Marco. Si trattava di una comune quanto banale Renault Clio ma, a causa dalle modifiche apportate dal proprietario, non fui in grado di riconoscere ne la marca ne il modello della vettura fino a quando non fui fermo, parcheggiato a fianco ad essa. Il veicolo era talmente coperto di adesivi e guarnito con spoiler, minigonne e marmitte improponibili, che a malapena si vedevano i vetri. Mi chiesi, giustamente, come avrebbe fatto lo sfortunato autista a vedere dove stava andando ma non ebbi tempo di rispondermi, Marco era emerso dal cancello di casa sua, immediatamente adiacente alla sua auto e, con il suo arrivo, uscirono dalla sfigurata Clio due esseri che oserei a malapena definire umani.

Lui era alto più di me, una cosa non troppo comune date le mie dimensioni, e magrissimo, sfoggiava pochi capelli cortissimi, tenuti perfettamente perpendicolari al terreno da quello che poteva essere quantificato soltanto come un carico mercantile di gelatina per capelli, il quale si scioglieva disgustosamente sulla sua ampia fronte. I suoi jeans erano talmente stretti che dubito avrei potuto infilarmeli alle braccia, se avessi voluto provare. La ragazza era forse peggio: cicciottella e bassa, con un seno procace ed un volto ricoperto da uno spesso strato di trucco, che le rendeva il viso di un colore di sei o sette tonalità più scuro rispetto al resto del corpo, nonostante la sua stazza, indossava uno strettissimo top bianco e una minigonna, vista precedentemente solo addosso alle più squallide meretrici televisive, dello stesso colore. Non ho mai vantato qualità di chiaroveggenza, ma qualcosa mi diceva che, da li alla fine della vacanza, non avrei visto i loro occhi, i quali erano nascosti da occhiali da sole talmente grandi da poter essere usati come lenti di un telescopio. Le presentazioni furono brevi, e non oso ripetere ciò che fu detto durante il rituale di conoscenza per pura pietà nei confronti degli sfortunati lettori di questo paragrafo. Fu dopo la sgradita stretta di mano con Francesco che la mia giornata, e la mia vacanza, peggiorarono drasticamente.

“Ciao!” udii una voce conosciuta alle mie spalle, ma mi rifiutai di credere alle mie orecchie. Ben presto però, mi ritrovai a confronto con la triste realtà, quando Sabrina si pose davanti a me per salutarmi, con la solita falsa cortesia, tipica dei suoi modi.

Le diedi uno sguardo, mentre si avvicinava per baciarmi tre volte le guance; indossava una camicetta bianca ed una gonna fresca ma lunga, di colore verde scuro. La camicetta in questione era aperta in alto e, come sempre nel caso di Sabrina, lasciava scorgere chiaramente i suoi abbondanti seni. Mentre li guardavo avvicinarsi, non potei fare a meno di ricordare la sensazione che mi avevano dato, stretti intorno al mio membro eretto, morbidi e gradevoli, talmente sprecati su una persona insopportabile come Sabrina.

“Sabri si è aggiunta a sorpresa ieri! Tanto io ho sette posti in auto!” Marco pareva entusiasta della presenza di Sabrina, le sue scelte, in quanto ad amicizie, continuavano a stupirmi negativamente; ciononostante, lo sguardo del mio conoscente sembrò dirmi “mi dispiace” quando incrociò il mio. Marco sapeva quanto io e Sabrina non ci sopportassimo. Salutai velocemente Maria e mi affrettai a caricare il mio piccolo zaino nel baule della Picasso: prima saremmo partiti, prima lo sgradevole viaggio sarebbe finito.

Marco si mise al posto di guida, Maria, intollerante all’automobile, al suo fianco, la coppia di trogloditi pocanzi descritta prenotò vocalmente la seconda fila di posti ed io, per nulla intenzionato ad occupare il terzo sedile al loro fianco, mi catapultai con violenza sull’ultima fila. Sabrina, felice di avere dei suoi pari con se, si sedette accanto alla coppia, lasciandomi solo a godermi il viaggio, che avrei trascorso in totale isolamento, ascoltando la radio dal mio telefono cellulare, nel vano tentativo di ignorare gli schiamazzi provenienti dai sedili innanzi a me.

Arrivati alla nostra destinazione, fummo immediatamente introdotti da Marco nella splendida casa che avremmo occupato, appartenente alla sua famiglia, la quale, a giudicare dall’abitazione, doveva essere piuttosto ricca. Nonostante le dimensioni della graziosa casetta, poco lontana dalla spiaggia, non avremmo avuto il privilegio di una camera singola. Ci dividemmo in gruppi da due persone, ognuno dei quali avrebbe occupato una stanza diversa. Sistemata la coppia nella stanza dei genitori di Marco, accompagnammo Sabrina e la graziosa Marta alla loro camera, io, grazie al cielo, avrei condiviso con Marco la sua, dormendo nel letto di suo fratello. La cosa si rivelò essere doppiamente positiva perché, oltre alla gradevole compagnia del padrone di casa avrei potuto usufruire anche della grande televisione e delle console appartenenti al fratello ed assenti in tutte le altre stanze.

Giunta la prima sera, gli altri decisero di andare a ballare, una decisione che io scelsi di non condividere, preferendo un po’ di sana solitudine ad una sera di rumore e luci stroboscopiche, che avrei finito per passare su uno squallido divanetto a guardare gli altri divertirsi. Ballare infatti è tra le attività che prediligo meno al mondo, insieme al genocidio ed all’autoscarnificazione. Passai le seguenti ore incollato ad uno sparatutto ben programmato, divertendomi a ridurre a brandelli i personaggi virtuali di giocatori di tutto il mondo, un passatempo costruttivo in grado di alleviare lo stress delle giornate più difficili. Non immaginavo che, al ritorno degli altri, la giornata avrebbe preso una svolta del tutto inaspettata.

Era l’una quando la porta di casa si aprì, lasciando entrare i miei cinque compagni di viaggio. La loro serata fuori era stata molto breve ma non sembravano delusi, anzi, Maria bussò presto alla mia porta, invitandomi con un sorriso ad unirmi a loro in sala. Indossava un bellissimo abito nero, corto e molto sexy, adattissimo al suo fisico estremamente snello ed atletico. Maria non era il tipo di ragazza che in genere avrei cercato, non che non fosse bella, era semplicemente splendida, ma perché era troppo magra per i miei gusti, i quali prediligono una donna più rotonda e formosa, piuttosto che una snella bambolina. Ciononostante, non seppi resistere alla dolce richiesta della graziosa signorina e la seguii, come un vero cagnolino, fino alla sala, dove avrei trovato gli altri seduti intorno ad un tavolo con un mazzo di carte e qualche bottiglia di superalcolici.

“Stip poker!” Gridò Sabrina, spingendomi sul divano per poi sedersi di fianco a me. Erano tutti piuttosto alticci.

Provai ad alzarmi per tornare in camera ma sia Sabrina che Maria me lo impedirono, tenendomi ben incollato al divano. Cercando per una volta di vedere il bicchiere mezzo pieno, mi consolai con il fatto che avrei potuto presto ammirare il corpo elegante della mia bella ammiratrice. Mi sbagliavo. Un’ora dopo l’inizio della partita eravamo tutti ridotti ai nostri indumenti intimi, fatta eccezione per Maria, la quale ci aveva letteralmente spazzati via, sacrificando solo una volta le sue scarpe.

Era mano successiva avrebbe sancito, con tutta probabilità, la fine della partita. Uno dei cinque rimasti in intimo avrebbe dovuto, volente o non ente, mostrarsi nudo agli altri. Pregai con tutto me stesso di non essere lo sfortunato perdente. Ricevetti le mie carte e tirai un lungo sospiro di sollievo. Fu Marco a vincere la mano, guadagnandosi il diritto di sfilare reggiseno e mutandine a Sabrina, la quale con un solo Re, non era nemmeno riuscita a completare una coppia, non che la cosa le dispiacesse. La mia nemesi mostrò a tutti il suo corpo, imperfetto ma stranamente attraente, in particolar modo i suoi seni, grandi e succulenti. Mi accorsi solo allora che, tra alcol e strip poker, le cose si stavano facendo bollenti.

Il gioco, perché tale lo avevo considerato, aveva smesso di essere un passatempo innocente e si stava lentamente trasformando in qualcosa di fatalmente pericoloso per la mia povera, martoriata coscienza, mentre il mio pene, al solito privo di scrupoli, si ergeva sull’attenti come un buon soldatino di fronte al suo unico e solenne padrone, quella lussuriosa sirena che lo chiamava incessantemente, la caverna desiderosa di essere da lui penetrata e conquistata. Ero pronto a rinnegare di nuovo me stesso, a spingermi in avanti e toccarle, toccare Sabrina, e farla mia davanti a tutti. Inaspettatamente però fui salvato dalla coppia di tamarri a me adiacente, la quale aveva iniziato a limonare con assoluta spregiudicatezza nonostante la presenza di tre altre persone. Francesco aveva addirittura trovato il tempo e la sfacciataggine di esporre il seno della sua rotonda compagna e di liberare il suo membro dalla stretta dei suoi jeans.

La situazione era surreale, Elisa si era sfilata le mutandine e aveva chiamato a se Sabrina, afferrandola per i capelli e spingendola verso il cazzo del compagno che, poco sorprendentemente, ella acconsentì senza esitazione a succhiare con ingordigia, Marco intanto aveva preso possesso della bocca dell’ormai nuda Elisa, la quale gemeva in ragli sporchi per il piacere che il marito le provocava, leccandola senza pietà. Io ero impietrito ma, come me, lo era il mio pene, voglioso di fare un giro in quel parco giochi che si era creato davanti a noi. Osservavo la grassa compagna di Francesco, non era poi così orrenda, certo, forse era un po’ troppo in carne, ma aveva delle forme invidiabili e, soprattutto, succhiava con un’avidità mai vista il pene del mio amico Marco, fermandosi di tanto in tanto solo per dire, con un disgustoso quanto volgare accento “Voglio un cazzo nella fica! Scopatemi!”.

Francesco si girò verso di me mentre la sua nerchia, inaspettatamente colossale, soffocava l’inerme Sabrina, la quale tentava inutilmente di assaporarla tutta.

“Dai bello!” mi disse, con voce spezzata dal piacere “Scopati quella troia della mia ragazza!”

Non mi sono mai ritenuto un campione di dibattito, ma non avrei mai pensato di cedere talmente facilmente davanti alle poche parole di un bifolco, tra l’altro distratto. Avevo ceduto, feci per alzarmi e tuffarmi nel vortice di sesso ad alto coefficiente di volgarità, ignoranza e, ahimè piacere, mi portai le mani ai pantaloni, pronto a sfilarli per mostrare a Sabrina ed Elisa il loro terzo giocattolo quando, se possibile ancora più inaspettatamente di prima, fui nuovamente riportato alla realtà.

Maria mi strinse un polso tra le dita e, prima che potessi capire del tutto cosa volesse mi trascinò, con forza sovrumana, fuori dalla stanza, puntando dritta a camera mia. Non avrei potuto reagire nemmeno se avessi compreso, era un angelo, una visione che mi trascinava lontano dall’inferno ed io mi sentii pulito dai miei pensieri oscuri in un lampo, per poi cadere nei sensi di colpa, vedendo il suo viso, solitamente sorridente, sconvolto da ciò che aveva veduto.

Ci sedemmo sul mio letto e, dopo un lungo silenzio, lei accese la televisione.

“Ti ho visto alzarti e ho colto l’occasione per seguirti. Meno male che mi hai portata fuori di li.” Mi disse.

Vidi per un attimo all’interno del mio corpo, come se i miei occhi si fossero rigirati nei bulbi e mi stessero spando le interiora, ogni singola cellula, ogni neurone e ogni molecola di plasma rideva incessantemente alla frase pronunciata dalla bellissima Maria, mai nozione era stata tanto lontana dalla verità. Fortunatamente, una educazione sana di principi e colma di moralità mi aveva insegnato a mentire spudoratamente.

“Tranquilla, anche io non ne potevo più!” risposi, tentando di nascondere l’erezione che non accennava a calare, come se il mio vecchio amico avesse deciso di vendicarsi per il divertimento che gli avevo negato.

“Bhe, ti dirò, era eccitante, ma non mi andava di partecipare a una cosa del genere, poi con quei due pazzi e quella matta della Sabri!”

La conversazione andò avanti a lungo, e, benché a volte ci andò molto vicina, non portò a nulla di concreto. Io e Maria ci piacevamo ma il momento adatto a parlare della questione sarebbe arrivato dopo la follia, non certo quella sera, torturati dalle grida di piacere dei quattro porci che, beati loro, trovavano l’estasi. Io e Maria ci addormentammo infine nel mio letto, vistiti ed abbracciati, svegliati di tanto in tanto dai gemiti di Sabrina, piuttosto che di Elisa. Volevo baciare la bellissima creatura con la quale condividevo il letto in quei momenti, ma mi vergognavo troppo dell’asta che mi alzava i pantaloni, eccitata soltanto dal suono dell’orgia in corso.

La mattina dopo sentii soltanto i rumori della casa che tornava alla normalità. Maria si alzò per prima, e fece rinvenire gli altri, i quali erano ancora nudi, coperti dai reciproci liquidi, nel salotto, a turno, sentii tutti farsi una doccia ed uscire di casa. Ne ebbi la conferma quando Maria rientrò nella stanza e, dopo avermi baciato sulla fronte mi disse.

“Noi andiamo al mare! La Sabri è tornata a dormire sul divano.”

Risposi con un mugugno, era il massimo che la mia voce potesse permettersi dopo una notte scomoda e insonne, lei capì, mi baciò ancora il viso e disse solo “Grazie” prima di andarsene. Il suo saluto mi scaldò il cuore e, per la seguente mezz’ora dormii felicemente.

Quando riaprii gli occhi la casa era in silenzio. Mi alzai e barcollando andai verso la cucina, mi versai un bicchiere di latte e, senza pensarci, mi recai in salotto, accendendo la televisione e sedendomi su una poltrona che sembrava essere rimasta intatta. Ci volle qualche secondo prima che notassi Sabrina, la quale dormiva svaccata sul divano, che non avevo degnato di sguardo, pensando a come lo avrebbero potuto aver ridotto quei quattro la notte prima.

Sabrina era crollata sul divano, coperta dall’accappatoio che aveva usato per la doccia, il quale era successivamente caduto in terra. Aveva la bocca aperta e respirava male per via della sua goffa posizione. I suoi seni esposti si muovevano con il respiro e le sue mani, alzate dietro la testa, non potevano coprirli. Qualcuno, ma sospetto fossero stati Francesco ed Elisa, aveva approfittato del suo sonno profondo per scriverle addosso con un pennarello. I seni infatti, mostravano la scritta “Tettona ciucciona”, ripetuta con cura su ambo le mammelle e, poco più in basso dell’ombelico, sopra una freccia che le puntava al pube, poco più in alto del ben curato giardino che si mostrava in tutto il suo splendore, un saggio aveva scritto “Buco per la sborra!” con tanto di punto esclamativo, a rafforzare un concetto già li per se piuttosto chiaro.

Ridacchiai divertito e riportai il bicchiere in cucina, lasciandolo nel lavandino, per poi rimettermi a guardare la TV, spiando ogni tanto il corpo nudo di Sabrina, sfiorando il mio membro eccitato senza mai osare troppo, avvicinandomi al piacere senza mai veramente provarlo, contraddicendo me stesso a piccoli tocchi, violando la mia vera volontà, quella che mi gridava di prenderla. Dopo un’oretta passata a torturarmi, udii un mugugno e la vidi aprire gli occhi, sbarrandoli subito nel rendersi conto di essere nuda in mia presenza.

“Cazzo succede?” Gridò.

“Ti sei addormentata li.” Risposi seccamente.

“E chi mi ha scritto addosso ste porcate?!?” Continuò Sabrina.

“Un genio!” Sorrisi io, soddisfatto.

“Gli altri?” Disse lei, ancora nuda, seduta sul divano con l’accappatoio a coprirle solo le gambe.

“Mare…” Risposi ancora, fingendomi più interessato alla televisione che a lei.

Sabrina si alzò e contemplo le scritte sul suo corpo.

“Buco per la sborra?!?!?” Disse furibonda “Ma che cazzo gli salta in mente a quelli?”

“Bhe, ieri sera hai iniziato tu…” le feci notare.

La situazione era piuttosto banale, ma c’era comunque una donna nuda di fronte a me, con tanto di scritte incoraggianti, ero piuttosto visibilmente eccitato.

“E tu sei scappato via con Maria!” Mi accusò, come se fosse stato un crimine. “Te la sei scopata?”

La finezza non mi scosse. “No, abbiamo solo parlato e dormito” risposi.

“Non fare lo stronzo con lei…” mi disse lei con tono stranamente materno “..le piaci molto…” ci fu una pausa piuttosto lunga in cui Sabrina si guardò ancora i seni, stizzita dalle scritte. Io ripresi a guardare la TV, pareva che il mio membro si stesse finalmente calmando, la passione era passata. Fu allora che Sabrina, ora con addosso l’accappatoio, aperto sul davanti, mi si avvicinò. Non era la sua giornata migliore, era un po’ stanca e ricoperta di pennarello ma profumava di bagnoschiuma e vedere le sue cosce e i suoi seni mi fece ricadere nella folle erezione appena svanita. Lei aveva la mano destra che le tendeva la penne vicino alla parola “Buco” e mi guardava con curiosità. Non feci nemmeno caso all’altra mano che mi si avvicinava alla nuca e mi tirava a se, facendomi finire con il naso tra le sue gambe.

“Ti piace Maria?” mi chiese.

Io rimasi stupito, era l’ultima domanda che mi aspettavo in una situazione del genere.

“Ti piace o no?!” insistette lei, impaziente. Io, annuii con la testa.

“Ti fa arrapare come me?” chiese ancora. Non risposi, e lei mi strinse tra la mano e la vagina, ripetendo la domanda con più foga. Quando nuovamente non risposi lei allentò la presa e, per la prima volta nella mia vita, la vidi guardarmi con occhi quasi dolci.

“Se ti metti con lei non penserai più a come abbiamo scopato?” mi chiese con tono più calmo e titubante.

La spinsi via con le braccia, facendola arretrare di qualche passo.

“Ma che cazzo vuoi!?!” le gridai “Sei una stronza del cazzo che mi sono scopato una volta! Non vali niente!”

“Vai a fare in culo!” Esclamò Sabrina, “Ti odio pezzo di merda…però mi piaci…mi stai sulle palle, vorrei ammazzarti…ma voglio anche scopare con te…”

Capii che Sabrina si odiava quanto me per la sua indecisione nei miei confronti. Anche lei era perseguitata dalla voglia di fare sesso con me, sebbene mi odiasse, c’era, tra noi, una chimica di odio e desiderio, che ci legava inscindibilmente, costringendoci a provare tanto odio per l’un l’alto quanta voglia di fotterci reciprocamente. Sabrina abbassò lo sguardo e finalmente vide quanto le nostre sensazioni fossero simili.

“Ce l’hai duro.” Mi disse. Vi fu una nuova breve pausa. “Scopami…”

Sabrina si lasciò cadere di dosso l’accappatoio ed allargando le gambe si chinò in avanti, verso i miei jeans, io non feci resistenza, anzi, sfilai tutto ciò che potevo dalle mie gambe, e mi sdraiai  sulla poltrona lateralmente, con la schiena e i piedi che pendevano dai braccioli ed il pube in alto rispetto al comodo cuscino. Non era una posizione comoda, ma per fortuna i braccioli della poltrona erano morbidi. La scomoda posizione mi permise di afferrare Sabrina per le gambe, avvicinandola per poi stringere il suo culo rotondo e portarla con le gambe aperte sopra di me.

Il profumo di sapone da bagno mi fece impazzire ma lo fece ancor più vedere la sua vagina, già calda ed umida, posarsi sulle mie labbra, mentre sentivo i suoi seni toccarmi lo stomaco e la sua lingua intorno al glande. Presi a leccarla come se i suoi umori fossero la mia unica fonte di sopravvivenza, lei, nel godere, intensificò il lavoro di bocca e mi fece sprofondare in quel suo pozzo senza fondo, fino a sfondarle la gola. Dovetti interrompere per un attimo la mia leccata, dovevo gemere, il piacere era troppo, ma quando lo feci lei si rialzò e mi disse, stringendomi il pene in mano.

“Adesso sei mio!”

Io arretrai la testa e per un attimo, tra una leccata e l’altra, riuscii ad ansimare “Mai…”

Lei prese a menarmelo con la mano ed io gemetti ancora, allora Sabrina si fermò ancora.

“Se ti faccio dire che sei mio…” lo lecco tutto da cima a fondo per poi riprendere a parlare “…farai tutto quello che voglio? Fino a quando lo voglio?”

Mi feci rispettare, sfiorandole il clitoride con la lingua, e le risposi “E se ci riesco io? Se ti faccio dire che sei la mia troia?”

“Sarò tua… ma non ce la far…ah…”

Non le diedi il tempo di finire la frase, ripresi a leccarla e lei reagì succhiandomi nuovamente, la sentivo leccare, succhiare, contorcersi, sfiorarmi i testicoli con le mani, toccarmi l’ano ed usare i suoi seni come una potente arma di piacere, mi sentivo suo, ero suo, ma non potevo ammetterlo, volevo avere la soddisfazione di possederla, di trattarla come la scrofa che era, di essere io il capo e lei la serva, anche io allora mi diedi da fare per farla cedere. Usai dita, lingua, labbra, morsi, con le mani la toccavo in ogni sua parte, solleticandola, forzandola, aprendola, mentre la leccavo le penetrai l’ano con l’indice e la sentii tremare, ero vicino al traguardo, ma non ce la facevo più…staccai la bocca per cedere al suo potere, ero suo, e non resistevo più all’infame tortura.

“No, ti prego!” disse lei. “Continua…”

“Cosa hai detto?” chiesi io, nascondendo la sorpresa dietro un sottile velo di falsa sicurezza.

“Ti prego, non smettere…sto per venire…” mi implorò.

“Ammettilo…” le dissi io, strofinandole l’ano con l’indice, che avevo sottratto in segno di resa.

“No….ti prego…AH!” era mia, le sfondai il culo con due dita al momento giusto, ma non la lasciai godere fino in fondo.

“Dillo, fammelo sentire…”

“Sono…la tua…” le sfiorai il clitoride con la lingua…

“Più forte!”

“Sono la tua troia!” Esclamò lei “Sono la tua puttana! Ti prego fammi venire!!!!”

Le poche leccate che ci vollero per farla impazzire, dopo quel momento di trionfo, avevano il sapore della vittoria, fu una sensazione stupenda da provare, nonostante lei, in preda all’egoistica ed agonizzante gioia dell’orgasmo, ignorò completamente il mio membro, che quasi lamentandosi si accasciò qualche secondo a riposare, finito quell’istante di puro piacere lei si accasciò, tremante, con il volto tra le mie gambe, esausta dopo una notte di bizzarro sesso di gruppo ed un risveglio di altrettanta follia erotica, io però, non avevo certo intenzione di dare tregua al nemico sconfitto, bensì, contavo di appagare ogni mio profondo desiderio sulla mia nuova conquista, e già assaporavo le luride pratiche a cui avrei costretto l’ormai mia Sabrina.

La feci scendere, spingendola via con forza ed appoggiandola a terra. Farle male non era certo nei miei piani, la mia non doveva essere una violenta dominazione, ma uno sfrenato sfogo di desideri sconci ed innominabili, lei non ne sarebbe uscita disgustata e dolorante ma schiavizzata dal piacere che le avevo dato. Avrebbe ricordato quel giorno per il resto della vita, ogni volta piegando la ragione all’istinto, bagnandosi, masturbandosi e cercandomi per avermi, alle mie condizioni, con i miei modi e i miei tempi, sarebbe stata mia di sua volontà e mi avrebbe donato se stessa in eterno. La vittoria sarebbe stata completa.

La guardai per un po’, dall’alto, sdraiata a terra ansimante. Colsi l’occasione per spogliarmi mentre lei mi guardava, eccitata ma preoccupata, chiedendosi cosa le sarebbe accaduto nei minuti successivi. Mi osservava con i suoi occhi marroni, tenendo ben salda una mano tra le gambe, gemendo frequentemente per il piacere di cui non poteva più fare a meno. Mi misi in piedi sopra la sua faccia e, piegando le ginocchia, avvicinai il mio scroto al suo viso, sporgendomi poi in avanti per schiaffeggiarle molto delicatamente le mammelle che ancora mostravano la scritta in pennarello. Poggiai le ginocchia a terra e le infilai il cazzo in bocca, lei mugugno piacevolmente, prendendo fiato come poteva.

“Tettona sei tettona.” Le dicci “Ora vediamo se sei anche ciucciona!”

Iniziai a fotterle la bocca con tutto me stesso, per lei, fu subito difficile contenere la rapidità e la violenza dei miei gesti, ma fece del suo meglio e ben presto iniziò ad ingoiare quanto spingevo nella sua bocca con grande stile. Non volevo solo godere però, volevo anche farla impazzire, presi allora a ficcarle due dita della mano destra nell’orifizio vaginale e scoprii qualcosa di molto piacevole, stava per venire ancora. Effettivamente, non avevo pensato al fatto che da quando era a terra Sabrina non aveva smesso di toccarsi, voleva quel piacere, voleva impazzire, non mi stava più contrastando, convinta di essere in grado di resistere, aveva accettato di desiderarmi più di quanto non riuscisse ad odiarmi e si era lasciata andare.

Presi ad agitare le dita dentro di lei, spingendo col bacino verso terra, ficcandole il cazzo fino alle tonsille, lei annaspava, ma io non ero certo intenzionato a godere da solo, lasciando a lei il compito di subire, con la mano libera mi misi a fregarle la vagina esteriormente, nella zona del clitoride fino a quando non sentii che il suo corpo iniziava nuovamente a tremare con un ritmo scandito dai singhiozzi provenienti dalla sua bocca violata. Seguì un barrito elefantesco, primo segno del suo orgasmo, intenso ed irresistibile, un fiume di liquame fluì dal suo corpo mentre la sua testa si agitava sotto i miei colpi. Sabrina finì di nuovo esausta, sdraiata per terra, mente io rallentavo, lasciandole gustare un po’ il tronco che già pianificava di penetrarla.

“Oggi…è sensibile…” disse “sento tutto…oddio…”

Non finì nemmeno la frase, riprese a ficcarsi le dita nella fica, riprendendo a mugugnare. Ero stupefatto dalla sua resistenza fisica, aveva passato un’intera notte di fuoco ed ora aveva ancora voglia, una voglia insaziabile di me.

“Ti..ti odio…” mi sussurrò mentre passai il pene sulla sua faccia, sopra i suoi seni , e giù verso il suo ombelico. Finii li, tra le sue gambe, pronto ad entrare in lei, che per un istante mi fece quasi tenerezza, una cerbiatta impaurita dai suoi stessi piaceri carnali, dalla trasformazione che era oramai quasi completa, da ciò che la mangiauomini che mi voleva dominare era finita per essere, una piccola creatura, in balia delle onde del mio sesso.

“Se mi odi tanto allora non vuoi scopare…vero?” Dissi io, allontanandomi.

“Voglio…ti prego…voglio!” Mi disse, il gioco mi piaceva sempre di più.

“Ma tu hai perso…sono io a decidere…e se non volessi dartelo?” chiesi io, sarcasticamente.

“No, ti prego, scopami, è stupendo…voglio quel cazzo dentro di me…ti giuro che ti farò godere come un pazzo!”

“Dillo…” le ordinai.

“Bastardo…” rispose lei, sapeva cosa volevo sentirmi dire ma quel poco di orgoglio rimastole glielo impediva di ripeterlo per la seconda volta.

“Dimmelo e ti scoperò quanto vuoi…”

“Sono…” titubante iniziò a parlare e io appoggiai il glande su di lei “…sono la tua troia…AH!” iniziai a penetrarla e la sua lingua si sciolse improvvisamente “SI! Si, sono tua, sono la tua puttana del cazzo! Sfondami!”

La sentii subito bagnarsi come un lago, ascoltai i miei movimenti creare quel suono a cui solo una graziosa onomatopea rende onore: “ciaff…ciaff…” come lo stantuffo di un treno in partenza la penetravo con tutto me stesso, e le sue grida si facevano più forti e spregiudicate.

“Fottimi, fottimi AH, sono tutta tua…godo solo con te, voglio solo te! Riempi il mio lurido buco per la sborra!!!!”

Iniziò a muovere i fianchi con voracità, stringendomi dentro di se e causando nel mio cazzo una sensazione stupenda, non riuscii a resistere e la baciai sulle labbra, penetrandole la bocca con la lingua, che imitava i gesti del mio bacino. Lei rispose, ormai mia, ormai irresistibile, ormai folle di piacere, mi strinse tra le braccia e la sentii tentare di gridare mentre raggiungeva l’apice ancora una volta, avvolgendosi intorno a me anche con le gambe, mentre lo faceva.

Estrassi il membro fradicio da lei che mi implorò con le sue ultime forze “Ti prego, vieni, riempimi…sono distrutta…mi stai facendo impazzire, dammi la tua sborra…”

Fu allora che lo vidi. Il pennarello, quello usato dagli altri per scriverle addosso, e la mia mente malvagia progettò quello che sarebbe stato l’orgasmo più soddisfacente della storia. Presi con decisione l’oggetto e tolsi il tappo, lei, intanto, si avvicinò a me per spompinarmi fino a farmi venire, non glielo permisi. Le presi il mento con la mano sinistra ed avvicinai il pennarello alla sua fronte.

“Dimmi tu…cosa scrivo?” Le chiesi.

“Scrivi che sono tua…” mi rispose, allungando la lingua verso il mio membro.

“Non li allora!” risposi, spingendola a terra e girandola culo all’aria. Lei fece per mettersi a gattoni ma io la spingi bene, pancia a terra. “Ti voglio inchiodare a quel pavimento!” Le presi il culo rotondo e lo schiaffeggiai, sentendola gemere incontrollatamente, poi iniziai a penetrarla da dietro, lentamente e, con il pennarello, scrissi il mio nome sulla parte bassa della sua schiena.

Lei rimase a terra, felice, ancora in preda al mio cazzo inarrestabile, stretta attorno a me in attesa del mio orgasmo, ormai non lontano, prima però, feci un ultimo gesto di sfogo: chiusi il pennarello col tappo e lo conficcai come una lancia nel suo ano più a fondo possibile, per poi riversarmi  su di lei e premerle il pene nella figa con tutto il mio peso.

“AAAAAAAAHHH” Gridò lei, dimenandosi come una puledra, mentre le afferravo i seni con forza da sotto il corpo “Vengo! Vengo ancora!!!! Ti prego dammela! Dammi la sborra! Riempimi! La voglio!”

Le strinsi ancora le mammelle ed ansimai per qualche secondo, sfondandola, aprendola, colpendola, possedendola, fino a quando non liberai tutto me stesso dentro di lei.

“Si! Vengo! Vengo!” Gridai infine, sentendola rispondere con forza.

“La sento! Siii, si! Sono tua, sono la tua puttana!”

Continuai fino a quando non le ebbi svuotato tutto dentro. Lei accettò il mio dono con piacere e mi giurò, eterno servizio. Era solo un gioco, ma pareva essere reale. Terminato l’immenso orgasmo lei and a docciarsi nuovamente, ed io, ancora incredulo, tornai a letto.

Era soltanto il secondo giorno di vacanza ed ero convinto che il bello dovesse ancora venire.

La nostra seconda giornata di vacanza, iniziata in maniera piuttosto calda, continuò in maniera tranquilla. Dopo esserci uniti agli altri, in spiaggia, pranzammo in una piccola paninoteca vicino alla spiaggia e passammo il pomeriggio in acqua a nuotare, giocare e prendere il sole, come se le follie della notte precedente non fossero mai avvenute. Fu una bellissima giornata e, coccolato dalle fresche onde del mare, iniziai a dimenticare le differenze che mi allontanavano dai miei compagni di viaggio. Tra una bracciata e l’altra infatti, perdonai marco per aver invitato la mia nemesi al viaggio, imparai quasi ad apprezzare Elisa e Francesco, i quali, privi dei loro abiti, dei monili, e della gelatina per capelli, sembravano quasi esseri umani, piacevoli compagni di giochi in un mare splendente e cristallino. Perfino Sabrina era stata trasformata da una ruspante gallina sfacciata ad una silenziosa e quasi tenera pulcina, la quale non ha mancato di rivolgermi qualche sguardo tenero, come se l’esperienza della mattinata l’avesse piegata, avesse aperto un varco nella sua armatura e l’avesse resa mia oltre il gioco sessuale a cui avevamo partecipato.

In tutto questo, Maria era un angelo, una presenza divina tra noi, poveri piccoli esseri umani, la quale cercava, nella mia compagnia, l’affetto e la tenerezza di una creatura amica. Mi ritrovai ben presto al centro di una velata e silenziosa contesa, come se Sabrina da una parte e Maria dall’altra mi stessero tirando per le braccia, cercando di strapparmi l’una alle grinfie dell’altra. Compiaciuto quale ero della situazione, mi resi ben presto conto che, prima della fine della vacanza, una scelta sarebbe dovuta essere fatta e, ancor più preoccupantemente, mi resi conto che Maria, perfetta e bellissima com’era, non era più la decisione scontata da fare.

Quando, addentando la mia prima forchettata di spaghetti nella trattoria in cui ci eravamo recati per la cena, pensai per la prima volta alla situazione in cui mi trovavo, la risposta che il mio cuore mi diede mi scosse a tal punto da farmi passare ogni appetito: “non so scegliere” mi disse palpitando. Era, per il mio senso della logica, inaccettabile. Avevo la possibilità di avvicinarmi, di toccare e di abbracciare, una creatura celeste solitamente irraggiungibile per un uomo come me e stavo rischiando di rifiutarla a favore di una scrofa, una donnaccia di terz’ordine, non eccessivamente attraente, volgare, dispotica, buona solo a darmi il disgustoso piacere fisico che prova un maiale nello sguazzare nel letame. Ciononostante Sabrina era ora, sorprendentemente, una valida avversaria per Maria che, accortasi delle attenzioni che l’amica mi stava concedendo, iniziò a mostrare gli artigli, non risparmiando, durante la cena, sguardi taglienti e frecciatine ironiche alla confusa Sabrina la quale, inevitabilmente, si stava scoprendo vulnerabile e indifesa, sorpresa com’era dall’attrazione che stava provando per me, suo acerrimo nemico.

Dopo una cena surreale, la tensione fu spezzata da due inaspettati eroi, gli impossibili Francesco ed Elisa infatti ci avevano osservato a lungo e, cosa che io non avrei mai immaginato, avevano già elaborato un piano per riappacificare le due contendenti. Senza che ce ne accorgessimo, i due, con l’aiuto di Marco, ci avevano condotto a casa e accompagnati in salotto dove, con maestria, mi avevano fatto sedere tra il padrone di casa e Francesco, i quali si scambiavano sospettosi sguardi d’intesa. Le ragazze, nel frattempo, furono trascinate da Elisa in cucina, con la scusa di preparare il caffè, dalla quale le udimmo schiamazzare per qualche minuto prima di sentire la rotondeggiante fidanzata di Francesco interrompere le confuse e litigiose starnazzate delle altre due.

“Adesso basta!” la sentimmo chiaramente gridare, prima che gli schiamazzi si ammutolissero e venissero sostituiti da mormorii e risatine i quali durarono qualche minuto. Mi parve di sentire, ogni tanto, qualche “No” di Maria, dapprima convinto, poi sempre più dubbioso. Infine, udii chiaramente la voce angelica della ragazza esclamare un “Va bene..”.

Elisa le riportò in salotto come avrebbe fatto un sergente istruttore con due reclute disobbedienti. Le due ragazze entrarono a testa bassa, ambedue in imbarazzo, tenendosi per mano, mentre la bionda tappetta meridionale che le aveva pocanzi sgridate, le seguiva con un ghigno malvagio stampato sul volto, ancora truccato nonostante la giornata passata nell’acqua salata.

“Le ragazze hanno qualcosa da dirvi…vero Maria?”

La bellissima Maria esitò un attimo, poi mormorò “Ci dispiace di avere litigato. Non vi rovineremo la vacanza, quindi faremo pace…”

“E tu Sabri? Vuoi aggiungere qualcosa?” chiese con tono militare Francesca.

“Si…” Sabrina disse, senza esitazione “Per farci perdonare abbiamo deciso di fare uno spettacolino tutto per voi.”

Ci fu un attimo di silenzioso imbarazzo, noi maschi ci guardammo negli occhi e poi osservammo ancora le tre donne, in attesa di capire cosa stesse succedendo. Poi, ancora una volta, fu Elisa a sbloccare la situazione, portando le mani verso le due teste delle sue amiche, avvicinandole.

“Forza, fategli vedere che avete fatto pace..” disse mentre le due iniziarono a baciarsi, affondando le lingue l’una nella bocca dell’altra, arrossendo per le risate e gli schiamazzi di Marco e Francesco, i quali rivolgevano loro parole degne di un film a luci rosse. Maria, in particolare, era in imbarazzo, rigida e impacciata, tentava di volgere lo sguardo verso di me, cercando di osservare la mia reazione. Sabrina notò l’indecisione di Maria e le afferrò il capo, costringendola a fissarla negli occhi mentre le affondava nuovamente la lingua tra le labbra, abbassando le mani dalle sue guance alle spalle.

Maria indossava un vestito da mare, leggero, bianco, semplice, che Sabrina le sfilò con facilità estrema, spostando le sottili spalline di cotone e lasciandolo cadere, rivelando il corpo da modella che nascondeva, ora coperto solo dal piccolo costume da bagno nero, che la ragazza aveva indossato tutto il giorno, in spiaggia. Le mani di Sabrina continuarono poi il loro viaggio verso il basso, fermandosi sul seno, piccolo ma stupendo, della sua compagnia di gioco, stringendolo tra le mani, costringendola a gemere per il doloroso piacere che le sue dita le concessero, stringendosi intorno a lei.

Francesco fece per alzarsi, abbassandosi i pantaloni ed estraendo il membro, ansioso di unirsi al piccolo spettacolo che le due ragazze stavano mettendo in scena ma Elisa fu rapida e letale nel fermarlo, ributtandolo con uno spintone sulla poltrona ed afferrandolo per il membro eretto. “Nono bello!” esclamò “Stasera NOI ci divertiamo e VOI ci guardate!” disse muovendo la mano lungo il cazzo del fidanzato e volgendo lo sguardo verso di noi per poi aggiungere: “Voglio vedervi menare quei cazzi però! E alla fine vogliamo la vostra sborra!” poi si rivolse direttamente a me “…E tu non pensare di scappare come l’altra volta…lo voglio vedere quel cazzo stavolta!”

Spiegata la situazione con il suo vocabolario da terza elementare, la cicciottella ma provocante Elisa si lanciò verso le altre due, ancora impegnate nel bacio con il quale lo spettacolo era iniziato. Il top del costume da bagno di Maria era sceso sotto il seno e le dita di Sabrina le stringevano i capezzoli. Le labbra delle due si staccavano solo quando la stupenda Maria si tirava indietro per gemere, timida ma eccitata, permettendo a Sabrina di leccarle il collo e, talvolta, di morderle un seno scoperto. Sabrina indossava ancora il suo top, azzurro ed arioso, ma si vide ben presto sfilare il pareo che le copriva le gambe da Elisa, la quale iniziò subito a palparle il culo, rotondo, morbido ed attraente, sebbene un po’ grosso, sfilandole decisa gli slip del costume azzurro, esponendone il pube umido ed eccitato.

Mi guardai un attimo intorno e vidi Marco e Francesco, già con i pantaloni intorno alle caviglie, masturbarsi con la bava alla bocca, osservando le tre ragazze baciarsi, toccarsi e leccarsi. Il mio membro, ancora coperto, gridava come William Wallace, chiedendo libertà dalla sua prigione di tela, la quale si stava contorcendo sotto i colpi del pene, duro, alla ricerca della luce del sole. Dopo una breve ma difficile resistenza, anche io mi abbassai i pantaloni e portai la mano sotto i boxer, agitandola lungo il mio membro duro, ancora troppo timido per estrarlo del tutto davanti ai miei compagni.

Elisa intanto si era spogliata completamente, rimanendo nuda, in piedi, davanti alle sue compagne, mostrandoci il culo, certamente non il suo lato migliore. Prima di voltarsi per mostrarci la parte migliore di se, quella frontale, guarnita dell’enorme seno capace di distrarci dalla sua pancia, un po’ troppo sporgente per essere sensuale, la ragazzi si rivolse alle amiche, tornando al tono militaresco, per invitarle a compiacerla.

“Allora, troiette!” esclamò “Venite a farvi perdonare! Maria, davanti in ginocchio, Sabri, qui vicina!”

Maria obbedì, inginocchiandosi davanti alla sergente istruttrice, la quale immediatamente le tirò il volto tra le cosce, spingendola contro la sua figa eccitata e costringendola a chinarsi in avanti, mostrandoci il culo perfetto coperto solo da un costumino minuto, immediatamente abbassatole da Sabrina, mentre le passava dietro per mettersi in piedi, a fianco ad Elisa, sfilandosi il top per mostrare il reggiseno del suo bikini, a malapena in grado di contenere le sue prorompenti mammelle.

“Leccamela! Leccami puttanella!” le ordinò Elisa “Fai vedere quel culetto ai tuoi amici!” aggiunse, spingendola con forza a se “Si stanno facendo una sega guardandoti!” Poi gemette, prima di rivolgersi a me, in maniera diretta. “Tiralo fuori cazzo!” Gridò, “Me la lecca per farti godere! Ah… Facci vedere come ti piace!”

Obbedii, sfilandomi i boxer e mostrando il mio pene, indurito ed eccitato, che venne accolto da Sabrina ed elisa con un piccolo gemito, accompagnato da un lungo bacio tra le due, con Elisa impegnata a sfilare i seni della mia nemesi dal bikini, strofinandoli sensualmente con i suoi. Il bacio finì presto perché Maria, finalmente superata la timidezza, aveva trovato il coraggio di infilare due dita tra le gambe di Sabrina, spingendole a fondo dentro di lei e provocandole un attimo di puro piacere, costringendola a gridare, staccando le sue labbra da quelle di Elisa, anch’essa vicina all’orgasmo grazie agli ininterrotti stimoli della lingua del timido angioletto, ora tramutatosi in una demone, colma di lussuria e piacere dal quale non riuscivo a distogliere gli occhi.

Sabrina si era accorta delle mie eccessive attenzioni per l’amica, la quale stava letteralmente facendo impazzire Elisa, oramai troppo persa nei suoi gemiti per baciarla. Sfilandosi le dita umide di Maria dalla vagina, la mia nemesi, sempre più desiderosa di me, si recò, approfittando dell’orgasmo della soldatessa Elisa, la quale gridava dal piacere sotto i colpi della lingua di Maria, alle spalle della compagna in ginocchio, alzandole il sedere, accovacciandosi come un cagnolino dietro di lei e iniziando a leccarla.

La bella Maria, finalmente libera dalla presa di Elisa, soddisfatta e intenta a riprendersi dal coito, prese a gemere, accovacciandosi anche lei in una posizione simile a quella di Sabrina. Le due ora sembravano due cagnoline, abbaianti come erano in preda alle loro reciproche attenzioni, a quattro zampe sul pavimento. Erano talmente concentrate sul loro momento che non notarono nemmeno il fatto che Elisa si era allontanata momentaneamente per andare in camera sua, cosa che Francesco invece notò immediatamente, girandosi verso di me per dirmi “Adesso ci divertiamo.” Non lo sentii. Le mie attenzioni si erano ora spostate da Maria a Sabrina, la quale le aveva conquistate ondeggiando il suo sedere da destra a sinistra in modo quasi ipnotico, allargando le gambe sufficientemente per farmi vedere i suoi seni, grossi e ipnotici, che sfioravano il pavimento penzolando fuori dal reggiseno, abbassato in precedenza. La maggior parte della mia concentrazione però era dedicata alle sue dita, le quali Sabrina aveva portato indietro per masturbarsi e le quali, ora, penetravano con forza la sua vagina.

“Sabri…” disse Maria con imbarazzo “Ti prego fermati…sto per…”

Sabrina non si fermò, anzi, continuò a leccarla sempre più, facendola venire pochi secondi dopo. Appena iniziato l’orgasmo Maria crollò a terra ma la sua carnefice non ebbe pietà e, staccate le dita dalla propria vagina, iniziò a penetrarla violentemente, prolungando il momento di piacere assoluto e facendola implorare pietà. Sabrina si girò verso di noi, senza smettere di martellare la figa dell’amica, la quale ancora gridava di piacere, tremando sul pavimento.

“Visto la signorina?” disse rivolgendosi a noi maschi, ma lasciandomi intendere che ero io il destinatario del messaggio “Fa tanto la santarellina ma guardate come gode!”

La sfacciataggine di Sabrina però, stava per avere fine dato che, tornata dalla propria stanza, Elisa aveva tra le mani due grossi oggetti, due falli finti, neri, molto lunghi con due punte ciascuno, in grado quindi, di compiacere due ragazze alla volta. I due dildo però non erano gli unici oggetti che la ragazza aveva portato, ella infatti, portava uno slip di pelle al quale era attaccato un terzo, enorme fallo.

Lasciando cadere uno dei doppi falli davanti all’ancor tremante Maria, Elisa le ordinò: “Metà per te, metà per lei…fottila!”

Con queste parole Elisa prese la testa di Sabrina, tirandola a se per i capelli e forzandole in gola lo strap-on, fottendole la bocca con violenza. Maria intanto, si sdraiò sotto colei che l’aveva fatta gemere fino ad un momento prima e, dopo essersi infilata una punta del fallo tra le gambe, prese il culo dell’amica, facendola scendere si di se, penetrandola. Sabrina voleva gemere, ma non poteva, forzata com’era dal cazzo finto di Elisa, la quale le si conficcava in gola sempre di più. Sabrina ansimava, lacrimava, godeva, penetrata da due cazzi che la infilavano a fondo, come spade che penetrano la carne viva, ma la sua piacevole agonia non era finita. Elisa infatti passò il secondo fallo a Maria, la quale trovò la forza, tra un gemito e l’altro, di farlo scorrere lungo la schiena dell’amica, poggiandolo poi tra le natiche e spingendolo contro l’ano. Sabrina si irrigidì per un attimo, poi, cosciente del suo destino, si lasciò andare.

Il terzo fallo entrò nel culo di Sabrina con facilità, ora la ragazza si ritrovava scopata in ogni buco, incapace di reagire, in preda al piacere totale, in rapido avvicinamento all’orgasmo. I suoi occhi cercarono i membri di noi ragazzi alle sue spalle, intenti a masturbarci guardando i suoi buchi riempirsi. Vedendola osservarci, Elisa le sfilò il fallo dalla bocca, tenendola ancora per i capelli.

“Ti piacciono i loro cazzi eh?” le fu chiesto.

“Si..” rispose lei a fatica.

“La vuoi la loro sborra?” Elisa chiese ancora.

“Si..si la voglio!” rispose la vacca, gemendo con Maria mentre il cazzo finto che condividevano le trafiggeva.

“Allora adesso li facciamo godere questi bastardi!” Elisa esclamò, spingendo poi Sabrina a terra con violenza, facendole sfilare il fallo che condivideva con l’amica fuori dalla vagina e dirigendosi proprio verso Maria, la quale si ritrovò presto in piedi, tirata su da sotto le braccia dalla bionda compagna di giochi. La quale, poi, si sfilò lo strap-on, lasciandolo per terra. Sabrina si riprese e, toltosi il fallo di gomma dal culo fu invitata con decisione a consegnarlo nelle mani di Elisa, la quale, dopo averlo leccato bene, se lo infilò tra le cosce, mostrando bene ai suoi spettatori l’atto della penetrazione. La ragazza poi si mise di profilo rispetto a noi, portando Maria, ancora colma di metà fallo, davanti a se. Pensando di comprendere le intenzioni dell’amica, Maria si piegò in avanti e fece per sfilarsi il fallo per essere presa da dietro ma Elisa la fermò, tirandola su per il collo, appoggiandole la schiena ai suoi seni e premendole, con la mano sinistra il dildo ben dentro la figa. Con Maria praticamente paralizzata, la ragazza riprese tra le mani il proprio membro di gomma, appoggiandolo all’ano della sua snella preda.

“No, no Ely ti prego…” implorò Maria “…no, nel culo no! Non ho mai…”

“Ah non lo vuoi?” disse Elisa “Chiediamo al tuo amico cosa ne pensa…” continuò, girandosi verso di me e muovendo Maria in modo che fosse costretta a guardarmi. “Che faccio?” mi chiese con tono maligno.

Io ero perso, perso nel piacere di quel momento di lussuria, perso nell’immagine di Maria e Sabrina, indifese e ipnotizzate dal piacere, schiave degli orgasmi che, insieme ad Elisa, stavano dando e subendo. Il mio cuore sapeva che Maria non avrebbe voluto essere sodomizzata, sapeva che si sarebbe vergognata come mai prima, che si sarebbe sentita sporca, indecente, sfruttata, nel godere di un fallo finto, infilatole nell’ano da un’amica, osservata dal ragazzo che le piaceva, intento a farsi una sega nel guardarla scopare. Il mio cazzo però voleva lo spettacolo, la voleva impalata, voleva sentirla godere e voleva vederla vergognarsi. In quel momento, la lussuria ebbe la meglio.

“Inculala…” Dissi menandomi il pene, in preda alla follia “Maria, voglio vederti godere con queste altre due troie! Prendilo tutto!”

Il fallo nero sfondò il culo vergine di Maria, la quale gridò come non avrei mai immaginato sentirle fare. Dolore, vergogna, piacere, lussuria, voglia, passione e imbarazzo si univano in un unico turbine di sesso, eccitate e al tempo stesso quasi violento, con i movimenti di Elisa che facevano impazzire sia la snella vittima, che la rotonda carnefice, la quale penetrava e veniva penetrata. Sabrina intanto, si avvicinò alle due amiche avvinghiate, accarezzando il lungo fallo che ancora sporgeva dalla vagina di Maria e che veniva mosso avanti e indietro da colei che la stava, impietosamente, inculando.

“Vieni, maiala!” disse Elisa, “Prenditi la figa di questa troietta!”

Sabrina si sistemò la punta di fallo libera tra le gambe, lasciandoselo scivolare dentro, ora, davanti a me, le tre ragazze erano avvinghiate, l’una a contatto con l’altra, penetrate l’una dall’altra ed eccitate da ogni piccolo movimento delle loro compagne, intente a fottersi, baciarsi, toccarsi e guardare i tre cazzi che venivano menati d’innanzi allo spettacolo che stavano dando.

Elisa sfondava il culo di Maria colpo dopo colpo, completamente nuda, con le sue curve, forse non bellissime ma abbondanti e sensuali, penetrata dal suo estremo di cazzo finto il quale la faceva ansimare di tanto in tanto, mentre cinque dita di Sabrina le si infilavano in bocca ed altre quindici le percorrevano il corpo. Dieci, quelle di Maria, le scorrevano sui fianchi, staccandosi ogni tanto per dare una mano alla penetrazione e altre cinque, della mano destra di Sabrina, le penetravano l’ano, allargandolo fino a farla impazzire.

Maria veniva inculata e scopata dalle compagne e tentava, sopraffatta dai mille stimoli, di toccare ogni centimetro delle sue compagne, schiacciata tra i seni gargantui di Elisa e quelli enormi di Sabrina, con il culo perfetto penetrato violentemente e le gambe snelle ed eleganti, che si contorcevano mentre i suoi piedi quasi si staccavano dal suolo sotto i duri colpi che le compagne le riservavano nel tentativo di sfondarla completamente. Il corpo statuario della ragazza era rigido, schiacciato, sudato, privo di controllo, completamente in balia delle compagne e i suoi occhi, quando non erano chiusi per il piacere immenso, si posavano con desiderio sui tra cazzi che stavano sull’attenti per lei e le sue amiche, soffermandosi con più attenzione sul mio membro, il cui glande si bagnava già di umori che non potevano che precedere l’orgasmo.

In questa folle, eccitante sensazione però, Sabrina era una vera e propria regina. La sua bellezza un po’ rude ed abbondante, i suoi seni prorompenti, la sua violenza, la sua volgarità e la sua voglia, sovrastavano la scena. Ella si lasciava mungere le mammelle dalle mani sia di Maria che di Elisa, che la afferravano senza curarsi del dolore che potevano provocare, gioiva quasi, nel venire strizzata, tirata sbattuta, insultata perfino da Maria che, abbandonata ogni inibizione le gridava, quando trovava il fiato per farlo “Sei una puttana…godi!” per poi baciarla con passione. Quando trovava una mano libera, la ragazza si infilava senza alcuna delicatezza un paio di dita nel culo, così come, la mano opposta, lo faceva con il culo della dirimpettaia Elisa, e le sue parole da sole mi stavano facendo impazzire, avvicinandomi sempre più all’orgasmo. “Si, sfondatemi! Scopatemi! Sono una puttana! Una Vacca! Una Maiala!” gridava mentre Elisa si spingeva nel culo di Maria, la quale usava l’inerzia dei suoi colpi per farsi largo ancor più all’interno della sua figa che raggiungeva, in quel momento, l’orgasmo.

Le tre donne vennero quasi in contemporanea, gridando, gemendo ed avvolgendosi l’una con l’altra, penetrandosi fino in fondo e rimanendo li, tutte e tre sfondate, per un secondo, prima di crollare esauste a terra, quasi prive di sensi per la mancanza di energie. Sabrina ed Elisa, ancora colme dei due cazzi finti, rimasero a pancia all’aria, con i falli che penzolavano dalle loro vagine, bagnati dei loro umori. I loro seni procaci si muovevano con i loro respiri, ondeggiando sensualmente mentre le loro mani aumentavano il piacere post orgasmico, muovendo lentamente i dildo dentro le reciproche aperture. Maria era quasi schiacciata tra le due compagne, ancora cinta in vita dal proprio reggiseno, attorcigliato su se stesso, con i piccoli seni eccitati a tal punto da avere capezzoli duri come acciaio, i quali desideravano di essere ancora toccati, morsi, succhiati. Oramai distante dalla timida e inibita creatura del giorno prima, ella si masturbava freneticamente, cercando un nuovo orgasmo ed ansimando incessantemente, sussurrando qualche “si”, qualche “ancora” e qualche “godo” di tanto in tanto.

Del tutto confuse dal felice stato in cui si trovavano, le tre ragazze potevano solo accarezzarsi e gemere, accorgendosi solo all’ultimo istante che noi tre ragazzi eravamo pronti a venire, dopo uno spettacolo unico ed irripetibile come quello a cui avevamo assistito e, alzatici in piedi, le avevamo circondate e ci stavamo masturbando sopra di loro. Passate da attrici a spettatrici, le tre ci osservarono dal basso mentre ognuno di noi menava il proprio pene, guardavano le nostre palle agitarsi al ritmo dei movimenti delle nostre mani, pronte ad assaporare il contenuto di quei succosi frutti. Le ragazze aprirono le bocche e divaricarono le gambe, accarezzandosi le fiche l’una dell’altra, stringendosi i seni. Ben presto furono ricompensate dato che le nostre tre fontane decisero di sprigionare il loro liquido insieme.

Guardavo quelle tre facce colme di piacere, quei sei seni, quelle tre fregne venire bagnate dalla nostre sborra. Sentivo il piacere immenso percorrermi il cazzo mentre le ragazze gemevano, assaporavano, si docciavano del nostro liquido seminale. Elisa trovò anche la forza di mettersi in ginocchio e ripulirci tutti con la sua bocca, incoraggiata dalle compagne che la toccavano e si leccavano l’un l’altra, assaporando ogni goccia del prezioso seme che le aveva coperte.

Ci fu un lungo silenzio, poi, come se nulla fosse accaduto, ognuno di noi andò a cambiarsi, a docciarsi, a riposare in camera. Lo stratagemma, volgare e lussurioso quanto era stato, aveva funzionato. Maria e Sabrina avevano fatto pace e la prima si era scoperta più desiderosa di lussuria, mentre la seconda aveva capito come potesse essere anche in grado di subire ed essere vittima, piuttosto che voler fare sempre la dominatrice della situazione. Il mio dilemma però, non era certo risolto. Maria rimaneva bella ed angelica, nonostante ora conoscessi anche il suo la to perverso e Sabrina continuava ad essere un desiderio sessuale estremo e costante, nonostante non riuscissi ad ammettere a me stesso di volerla. Ma quale delle due avrei dovuto scegliere? Quale, tra la procace puttana che nascondeva un cuore che si inteneriva per me e la snella e perfetta bellezza innocente, la quale aveva rivelato la sua insaziabile voglia di piaceri proibiti, era la donna giusta per me? Mi sdraiai nel letto per pensarci ma ben presto mi addormentai. Sarebbero stati i giorni seguenti a darmi un po’ più di chiarezza.

 

Le giornate successive passarono in maniera quieta, l’atmosfera era surreale ma nessuno, nemmeno la spregiudicata Elisa, osava più superare il limite del proprio pudore. La sensazione che coglievo di giorno in giorno era, dopo gli incredibili eventi delle prime sere, che si fosse forse andati troppo oltre e che, come dopo una sbronza troppo forte, tutti sentissero il bisogno di ritrovare un po’ di calma e serenità. A questo, purtroppo, si doveva aggiungere il fatto che i rapporti di amicizia esistenti tra le varie parti in causa si erano sfaldati.

Marco era infatti diventato distante da tutti, parlava poco e mostrava chiaramente di volere rimanere da solo, Sabrina e Maria, un tempo amiche strette, poi rivali per una giornata, ora arrossivano ogni qualvolta i loro sguardi si incrociassero, ambedue torturate dal rimorso per le loro azioni nei confronti l’una dell’altra. Persino Francesco ed Elisa, i quali avevano iniziato il viaggio come fidanzati, ed avevano spronato gli altri alle più grandi follie della vacanza, ora si ignoravano, il loro rapporto incrinato dagli ecessi di questo insolito viaggio.

Io, dal mio canto, ero sempre stato l’elemento esterno al gruppo. Conoscevo a malapena i miei compagni ed ora che Marco si era chiuso in se stesso faticavo a trovare motivo di stare con gli altri. L’unica persona con la quale avevo ancora piacere di passare del tempo era Maria. C’era stato dell’imbarazzo tra noi dopo che l’avevo vista cedere, in parte per attirare la mia attenzione, alle follie sessuali di Elisa e Sabrina ma io ero, fortunatamente, riuscito a parlarne con lei già dalla sera successiva. Il nostro reciproco interesse cresceva e già pensavamo a come i nostri rapporti sarebbero potuti migliorare una volta abbandonato il gruppo di disagiati con il quale avevamo intrapreso questa vacanza.

Nonostante la compagnia di Maria fosse tra le più piacevoli al mondo però, cercavo ancora la solitudine, la mia eterna compagna, il mio più gradito vizio. Sapendo di non potermi sottrarre alle lunghe giornate in spiaggia con gli altri, necessarie a giustificare il viaggio in se, cercavo sempre di svegliarmi presto, poco dopo l’alba, e di uscire per passeggiare sulla spiaggia da solo, una pratica per me assolutamente inusuale ma che mi concedeva, almeno, qualche momento di pace. Quando possibile, ripetevo l’operazione anche al tramonto, raddoppiando il mio tempo nel santuario della solitudine, respirando l’aria di mare ma soprattutto assaporando il silenzio come fosse un raro e prelibato piatto.

Lento ed inesorabile, il tempo passò, fino a quando, gioia delle gioie, la tortura che questa gita si era rivelata essere giunse alla sua ultima giornata, dopo la quale avremmo caricato l’auto con i nostri bagagli insabbiati e saremmo tornati in città, destinati, per la maggior parte, a non vederci mai più. Trascorsa la solita giornata tra sabbia dorata ed onde gradevolmente fresche, ci trovammo a vedere l’ultimo tramonto insieme, una vista romantica che, inaspettatamente, ci regalò forse il ricordo più bello di quella settimana di pazzie. Ricordo ancora come la mano di Maria sfiorò la mia, senza farsi notare dagli altri, mentre i nostri occhi, per un secondo, si scambiarono uno sguardo al contempo dolce e passionale.

Poco dopo il magico momento, Sabrina mi precedette nel prendersi del tempo da sola, dichiarando di voler fare l’ultima passeggiata in riva al mare, mezz’ora dopo, con il buio che oramai stava per sopraffare del tutto la luce del giorno, anche io mi incamminai, lasciando Francesco, Elisa e Marco liberi di tornare a casa. Passo dopo passo, i miei piedi mi condussero verso sud, bagnati di tanto in tanto dalle onde più temerarie, le quali si spingevano più in alto delle loro compagne, nonostante l’idea non mi infastidisse per niente, fui sorpreso di non avere incrociato Sabrina, immaginando che fosse tornata per le vie della città, piuttosto che sul lungomare, mi sbagliavo.

Si vedeva ancora abbastanza da poter distinguere forme e colori, sebbene a fatica, quando giunsi al punto in cui, solitamente, la mia passeggiata faceva un brusco dietrofront ed iniziava a ricondurmi verso casa di Marco, mi fermai e guardai la bandiera italiana che sventolava su di un’asta solitaria, mio punto di riferimento per compiere la virata del ritorno. Come un soldatino, mi misi sull’attenti e mi girai, in un breve atto di giocosa ma patriottica vena militare. Per un breve istante, guardando il mare azzurro ed ascoltando il vento, mi sentii fortunato di essere nato nello stivale d’europa, sensazione che, di recente, non avevo più provato.

Voltatomi di scatto, in maniera soldatesca per l’appunto, i miei occhi scorsero, nella penombra, delle sagome, immerse a metà in acqua, parzialmente nascoste da un gruppo di scogli. Mi parve strano vederle, il motivo per cui amavo camminare verso questa zona della spiaggia era che non ci andava mai nessuno, e fui incuriosito a sufficienza da avvicinarmi, facendo bene attenzione a non attirare l’attenzione di alcuna delle sagome le quali, sempre più vicine, iniziavano ad essere identificabili.

Al riparo dietro gli scogli in questione, scorsi con chiarezza tre ragazzi, capelli corti, magri, in piedi a cerchio intorno ad una quarta figura che non esitavano ad afferrare, spintonare, schiaffeggiare ed insultare, udivo, sebbene con qualche difficoltà, i loro schiamazzi. Avvicinandomi sempre più, ma facendo attenzione a non essere visto, fui finalmente in grado di vedere meglio la quarta figura, sebbene fosse in parte coperta dai tre giovani uomini. Era una ragazza, formosa e dai capelli ricci e neri, indossava un costume azzurro ed uno dei suoi seni penzolava fuori dalla parte superiore del bikini, stretto con forza, di tanto in tanto, da una delle mani dei ragazzi.

“Succhia, succhia troia!” sentii dire ad uno di loro, con una forte cadenza bergamasca.

“Vaffanculo stronzo!” Rispose lei.

Fu allora, nel sentire la sua voce, che ebbi la certezza, era Sabrina, ma chi erano quei tre? Come erano finiti in questa situazione? Sabrina li aveva provocati? Probabile. Era stata lei ad invitarli a giocare? Difficile pensarlo, vista la maniera in cui la trattavano, ma allo stesso tempo sapevo che la mia nemesi aveva un modo molto particolare di gestire questo genere di cose. Amava farsi insultare, gli piaceva essere maltrattata, sebbene rispettando certi limiti. Feci ancora qualche passo e trovai la copertura di una roccia, lontana non più di cinque metri dal gruppo. Non sapevo cosa fare e, mistificato da ciò che vedevo, rimasi a guardare, spaventato, preoccupato ma, al tempo stesso, eccitato da ciò che vedevo con chiarezza dalla sicura postazione che avevo trovato.

“Ah! Fottiti!” Sentii sabrina esclamare “Ce l’hai pure piccolo, figlio di puttana!”

Le sue parole erano colme di rabbia e il suo fiato ansiamnte, faticava a trovare il tempo di parlare, di respirare, venendo imboccata dai tre, i cui membri le si infilavano, uno alla volta, nella bocca, forzata in avanti da due, tre, a volte sei mani.

“Che cazzo hai detto?!” le gridò il ragazzo bergamasco, tirandole poi uno schiaffo sulla guancia destra per poi afferrarle la testa con decisione “Chiedi scusa al mio amico!”

Sabrina chinò il capo ma il ragazzo lo rialzò, spingendolo in avanti e affondando il viso di lei nella pancia dell’amico, costringendola a prendere, fino nella gola, il cazzo che lei aveva definito piccolo. Sabrina scattò insietro appena le fu possibil, tossendo, ansimando, poggiando la schiena sugli scogli dietro di se.

“Non era tanto piccolo, vero? Troia, vieni qui!” disse ancora il ragazzo, infilandosi a sua volta tra le labbra della mia nemesi la quale si trovò costretta a succhiare con tutta se stessa, mentre le sue mani venivano avvolte dagli altri due intorno ai due membri lasciati liberi.

Non sapevo ancora se quello a cui stavo assistendo fosse uno stupro o uno dei giochi di Sabrina ma le mie mani si erano anch’esse avvolte intorno a qualche cosa, spintesi sotto il mio costume da bagno. Fui costretto ad ammettere a me stesso che quanto vedevo mi eccitava, mi faceva impazzire, Sabrina che veniva usata, la sua bocca fottuta e le sue mani intente a segare due cazzi, contemporaneamente, mentre le sue labbra ne assaporavano un terzo. Mi sentivo un verme nel farlo, ma mi stavo masturbando, provando piacere nel vedere quella troia avere ciò che meritava. Sicuramente, anche fosse stata aggredita, se lo sarebbe meritato, sicuramente aveva provocato quei ragazzi e loro avevano reagito. “Buon per loro” pensai, facendomi una sega dietro il mio piccolo riparo.

“Porca troia come succhia questa!” disse il solito ragazzo. “Adesso ti riempio quella bocca di merda! Capito?”

Sentii sabrina mugugnare e le guardai il viso, pieno di cazzo, affogato dal membro che le stava scopando la gola, sfondandole l’esofago. Sentivo che volevo venire anche io su quella faccia da porca, sentivo di voler essere io a stuprarle la bocca, a darlo ciò che meritava. In quel momento, il suo sguardo incociò il mio. Mi vide.

Tolsi le mani dal costume, fortunatamente non poteva vederlo, e saltai subito fuori da dov’ero nascosto, fingendo di essermi appena avvicinato di soppiatto. Assunsi una posizione che mi pareva autoritaria e, con la miglior voce che riuscii a trovare esclamai.

“Ma che cazzo state facendo voi tre?!?!”

Mi rendevo conto che quei ragazzi erano in tre, fossero stati stupratori professionisti probabilmente i miei giorni sarebbero finiti da li a poco in maniera tutt’altro che piacevole, sebbene eroica, il cuore mi palpitava a tal punto da essere come un martello che spingeva contro le mie costole e solo una discreta dose di adrenalina, immediatamente impadronitasi dei miei muscoli, impediva alle mie gambe di tremare come foglie nel vento. Subito dopo mi sentii molto fortunato perché i tre ragazzi, sorpresi con le braghe abbassate, se la diedero a gambe, intimoriti forse dall’idea di essere riconosciuti ed accusati di stupro o forse solo sorpresi in un atto che avrebbero preferito non far sapere alle loro fidanzate.

Sospirai e mi avvicinai a Sabrina, la quale si era coperta il seno con la coppa del reggiseno azzurro e di era accasciata sullo scoglio, ancora ansimante, dopo essersi immersa per un solo secondo in acqua, riemergendo stremata, sputando acqua dalla bocca che fino a poco prima era stata preda dei tre fuggitivi.

“Tutto bene?” le chiesi.

“Ma vai a fare in culo va!” Rispose lei.

Non capivo ancora la situazione. Il tono di Sabrina era arrabbiato o singhiozzante? Le avevo appena rovinato la serata o l’avevo salvata dallo stupro? Rimasimo tutti e due in silenzio per un paio di minuti ed il buio calò sulle nostre teste. I lampioni del lungomare e la luna, bastavano appena per illuminare la nostra pelle bagnata. Fu Sabrina a parlare per prima.

“Sei un porco!” Disse.

“Dai, non dire così.” Risposi, non volendo arrabbiarmi con qualcuno che poteva, potenzialmente, avere appena subito uno stupro. “L’imporante è che stai bene, quei tre sono scappati.”

“Si certo, e tu ti sei fatto una bella sega!” esclamò lei, spingendomi via da se “E intanto quei tre mi fottevano!”

“Ma no, ti ho vista nei guai e sono venuto ad aiutarti. Preferivi farli finire?” le dissi, tentando di sembrare deciso.

“Guarda che ti ho visto bene sai? Mi guardavi allupato, ti piaceva vederli mentre mi fottevano la bocca e mi chiamavano troia. Scommetto che ti stavi facendo una sega!” Sabrina era furiosa, non riuscivo a trovare il tempo per risponderle per via della vicinanza delle sue frasi. “E cosa credi? Che mi hai salvato?” insistette “Guarda che mi piaceva! Stavo godendo! Tu non potevia stare con la tua troietta tutta acqua e sapone?”

Mi resi conto di avere, effettivamente, rovinato la serata di Sabrina. Quello che avevo visto non era uno stupro ma semplicemente un modo molto acceso di conoscersi meglio, i tre giovani che avevo miracolosamente messo in fuga erano semplicemente, per mia fortuna, tre ragazzi arrapati a cui una giovane facile aveva proposto un bel gioco.

“Ma…” balbettai “non ti stavano stuprando?”

“Sei proprio un coglione!” mi insultò “Li avevo incontrati mentre passeggiavo ed erano carini, un paio di minuti e si è capito subito cosa volevo da loro…e tu arrivi e fai il supereroe…sei solo una merda!”

“Vaffanculo Sabri…” le dissi, poi mi voltai e feci per andarmene. Ero infuriato, umiliato, amareggiato e volevo solo tornare a casa per dimenticarmi tutto.

“Bravo, vai via…” mi gridò dalle spalle “…Chissà che risate quando lo dico a Maria!”

Mi fermai di scatto e, voltandomi nuovamente verso Sabrina, le risposi duramente. “Ma che cazzo gli devi dire? Che ti facevi scopare da tre coglioni?”

Sabrina sorrise malignamente “Certo, e che tu ti facevi una sega dietro uno scoglio, mentre ci guardavi, con il tuo cazzetto tra le mani!”

“Non ci provare nemmeno capito?” Risposi, ma io stesso avevo capito che, come risposta, era piuttosto patetica.

“Altrimenti? Cosa fai? Mi picchi? Mi fai male? Che paura che ho…”

Mi riavvicinai, cercando, per quanto potevo, di essere minaccioso e, non so nemmeno io con quale coraggio, afferrai Sabrina per le spalle, intimandole di non dire nulla a Maria. Lei non si fece però impressionare e ben presto le sue mani lottavano con le mie per il controllo delle sue spalle.

“No…lasciami!” disse, ma io, per mia fortuna, avevo la forza dalla mia parte e non mollavo la presa “Mollami stronzo!” insistette, tirandomi un pugno nello stomaco che mi costrinse a lasciarla, spingendola contro lo scoglio prima di appoggiarmi ad esso, rimanendo sopra di lei, a qualche centimentro dal suo corpo. Lei fece per scivolarmi sotto le braccia ma io l’afferrai per il costume, tirandola ancora contro lo scoglio e facendole scivolare i seni fuori dal tessuto. Mi ritrovai ancora su di lei, forse più vicino, ansimando per il pugno subito mentre le osservavo i seni nudi.

“Lasciami andare figlio di puttana!” mi disse.

“Vaffanculo!” risposi, spingendole le spalle contro lo scoglio nel tentativo di riprendermi. Ero infuriato ma i miei occhi non riuscivano a staccarsi da quelle mammelle, adagiate sul bikini dal quale ne avevo involontariamente fatte uscire.

“Ti arrapava vero?” chiese minacciosa “Ti faceva impazzire vederli mentre mi fottevano!”

Non risposi ma si capiva benissimo dal mio sguardo, ancora fisso sui suoi seni, che non poteva essere che così. Sabrina mi tirò uno schiaffo e mi afferrò le spalle,fece per spingermi mia, approfittando della mia distrazione ma poi, improvvisamente, mi tirò a se con violenza, affondandomi la faccia nei suoi seni prosperi.

“Adesso finisci il lavoro stronzo!” disse lei soffocandomi nelle sue curve ma, al tempo stesso, abbassando la mano per afferrarmi con forza le palle, quasi facendomi male.

Mi liberai dalla morsa dei tuoi seni, nel panico per il rischio che correvano i miei testicoli, tra le sue grinfie, e cercai inutilmente di liberarmi, ottenendo solo una dolorosa stretta.

“Ah…che cazzo fai?” esclamai, consapevole di essere nei guai fino al collo.

Sabrina allentò la presa, strusciando la mano sopra il mio costume.

“Quando torni dalla tua amichetta vuoi che lei non sappia un cazzo?” Mi chiese, sorridendo nel vedermi annuire. “Allora questo è mio. Non solo adesso, quando lo voglio!”

“Sei una troia…” dissi, ma lei strinse ancora la presa.

“Dimmi che sono la TUA troia.” Ordinò.

“Vaffanc…ah!” non sono un fan del dolore, e quando feci per insultarla Sabrina si assicurò di farmi male. Decisi di darle quello che voleva, per questa volta. “Sei la mia troia.”

Sabrina mi baciò, lasciandomi finalmente andare per stringermi le braccia intorno al corpo, schiacciando i suoi seni contro il mio petto nudo. Aveva capito che non sarebbe stato necessario minacciarmi oltre per avere quello che voleva, il suo corpo formoso e l’ebrezza del momento sarebbero stati più che sufficienti per convincermi a fare quello che voleva. Dopo avermi nuovamente rilasciato si abbassò e liberando il mio membro eccitato dai pantaloncini da bagno li appoggiò tra i suoi seni, avvolgendolo e massaggiandolo, illuminata dal chiaro si luna che mi permetteva di ammirare quel morbido ben di dio.

“Anche se ti metti con lei, quando ti voglio mi darai questo cazzo…giusto?” chiese, muovendosi lentamente sul mio serpente, ipnotizzato dai suoi movimenti.

“S…Si…” Sussurrai.

“E se vorrò scoparti tu verrai da me a fottermi….vero?” insistette, stringendosi intorno al mio cazzo.

“Si, Sabri…”

“Dimmi quanto ti faceva godere…” continuò, ed ora la sua lingua, tra una parola e l’altra, si allungava sfiorando il mio glande “…racconta quanto ti arrapava guardarmi mentre lo prendevo in bocca…dimmi tutto, avanti…”

“Sabri…mi faceva impazzire…”

Sabrina mi appoggiò le labbra sulla punta del membro ma si fermò li, i suoi occhi mi guardarono colmi di desiderio ma non solo per il fallo pulsante che le scaldava i seni, era desiderosa di sentirsi dire quanto mi faceva godere guardarla, voleva che confessassi quanto la desideravo.

“Li vedevo che ti afferravano le tette, che ti chiaffeggiavano, che ti sfondavano la bocca…volevo vederti prendere i loro cazzi, volevo vederti succhiiarli tutti e tre…volevo essere uno di loro e scoparti…ti prego Sabri succhiamelo…”

Sabrina riprese a muoversi, affondando la punta del mio cazzo tra le sue labbra succulente, la sua mano sinistra mi accarezzava lo scroto, il perineo, l’ano, mentre la sua destra scendeva tra le sue cosce. Le strinsi un seno con forza e lei mugugnò, le faceva un po’ male, ma le piaceva, lo si leggeva bene nei suoi occhi, fissi ora su di me, ora sul mio cazzo che prendeva a muoversi sempre più velocemente. La mia mano libera le afferrò il capo, spingendolo con forza verso di me, i suoi seni ricaddero sul bikini abbassato, rimbalzando, succosi ed invoglianti, mentre prendevo a sfondarle la gola, come avevano fatto quei ragazzi, senza esitazione ne pietà. Sabrina mugugnava, ansimava ed annaspava, gemendo al contempo per il piacere che le sue mani, oltre che il mio pene, le stavano dando. Penetrai la sua bocca con forza crescente per qualche minuto, schiaffeggiandola talvolta con una mano o strizzandole i seni. Di tanto in tanto pronunciavo parole che pensavo non avrei mai detto, nemmeno a lei per la quale non nutrivo alcun rispetto e che avevo sempre voluto come oggetto puramente sessuale.

“Mangia questo cazzo puttana!” dicevo, oppure “Sei una troia succhiacazzi! Succhiati questo stantuffo!”

Le mie stesse parole mi sorprendevano, erano banali, volgari, stupide ma dirle mi eccitava quasi quanto lo stava facendo vederla succhiare avidamente il mio cazzo, innalzando i seni verso di esso, di tanto in tanto, per accarezzarlo con cura. La sentii tremare quando le sue dita la portarono all’orgasmo e la vidi, stremata, tentare di portare la testa indietro, per poggiarla contro lo scoglio e prendere fiato. La presi con ambom le mani per il collo, allora, e la spinsi nuovamente verso di me, fino in fondo, tenendola ferma, a bocca piena, con il mio cazzo fermamente conficcato nella sua faringe che le impediva di respirare.

“Ti piace?” chiesi ma ebbi come sola risposta il suono della sua gola che si contraeva, come il sifone di un lavndino ingorgato.

“Ti piace questo cazzo si o no?”

Sabrina annuì guardandomi con un’espressione a metà tra il piacere e la disperazione, eccitata ma consapevole di aver bisogno di aria in fretta. Vedernola scuotere la testa in segno di approvazione la spinsi conto lo scoglio, lasciandola rantolare per qualche secondo, schiaffeggiandole le guance col cazzo mentre prendeva aria. Lei cercò di rialzarsi. Faticava a farlo, era distrutta e le mancava ancora il fiato, le abbassai le mutandine e lei riuscì a sfilarsele, appoggiandole su una roccia poco lontana, girandosi, per farlo, ed appoggiando tutto il suo versante anteriore sugli scogli, mentre le sue braccia si allungavano per poggiare le mutandine in sicurezza. Non mi lasciai sfuggire l’occasione di sculacciarla e lei gemette di piacere nell’essere colpita per poi girarsi ed usare le braccia per sedersi su una delle pietre, cadendo con la schiena all’indietro.

Guardai la sua vulva, esposta dalle sue cosce, apertesi lentamente mentre le sue ginocchia si allargavano, incapaci di resistere alla forza di gravità. Sabrina giaceva sullo scoglio quasi priva di sensi ma, tra un respiro e l’alto le sentiii chiedere.

“Ti prego…leccamela ti prego…”

Avvicinai la testa alle sue cosce e con la lingua iniziai a stuzzicarla, penetrando con due dita la sua vagina bagnata, lei prese ad agitarsi, gemendo per il piacere e stringendo le gambe intorno alla mia testa, incapace di non contrarre i muscoli. Non ci volle molto per riportarla vicino ad un nuovo orgasmo, sentivo i suoi gemiti aumentare in ritmo e volume mentre tentava invano di trattenersi, consapevole, nonostante tutto, di essere al’aperto dove, sebbene fossimo in un luogo isolato, qualcuno avrebbe potuto sentirla. Quando iniziò a venire tremò ancora, scosse incessanti pervasero il suo corpo, stava perdendo il controllo ma io non ebbi pietà, allontanai la lingua e feci fare alle mie dita il grosso del lavoro, muovendole a gran velocità dentro di lei. L’orgasmo fu tale che Sabrina accennò a qualche schizzo di fluido vaginale e in preda a convulsioni incontrollabili mi implorò.

“Ti prego, basta! Fermati! Ho bisogno di essere scopata!”

Sabrina si votò per liberarsi, cercando di allontanarsi da me strisciando sulla roccia. La afferrai per i fianchi, larghi ma invitanti, tirandola verso di me, facendole strusciare le mammelle contro gli scogli.

“Ah!” esclamò, girando la testa per guardarmi, ansimante, bagnata, eccitata, esausta, dolorante, ancora in preda al piacere. “Non giocare…fammi tua….fottimi!”

Allargai le cosce di sabrina con vemenza, afferrandola poi ci capelli mentre mi infilavo in lei con uno scatto indelicato. Lei gemette ancora, impalata, con la schiena concava, mentre la tiravo a me dalla chioma nera.

“E se ti vorrò fottere io?” Le chiesi “Tu verrai strisciando a chiedere il mio cazzo, vero?” chiesi.

“Sono tua…” mi disse “…Sarò sempre la tua troia, vorrò sempre il tuo cazzo…”

“Ti odio…” le risposi “Ma sono tuo…”

“Anche io…” lei disse “…Non ti sopporto, ma ti appartengo…Ora fottimi, figlio di puttana!”

Con una mano che le schiacciava il culo contro la roccia e l’altra che le tirava con fermezza i capelli, montai Sabrina come una puledra in calore e lei, sotto i miei colpi, nitriva come le si addiceva, gemendo e godendo, muovendosi e dimenandosi come una baldracca sotto i colpi del mio cazzo il quale, implacabile, la sfondava da dietro.

“Si, si!” Gridava “Fottimi come una troia! Scopami!”

Sculaccia il suo sedere ancora, spingendo ora il suo viso contro lo scoglio, maneggiandola, come si fa con una bambola, con decisione ed autorità, lei, dal canto suo, incassava i miei colpi con piacere, dando tutta se stessa per ricambiarli, stingendosi intorno a me e mostrandomi le sue forme, consapevole di quanto esse mi eccitassero.

“Fammi godere!” disse “Più forte! Ancora! Lo voglio tutto dentro di me! Sfondami!!!!” la sua voce chiamava mentre la facevo mia e presto, sentii nuovamente i primi tremori sconvolgerla mentre alla base del mio pene provavo i primi segni dell’inevitabile esplosione che, di li a poco, sarebbe avvenuta. Strinsi i denti e tirai ancora qualche colpo con forza, spaccandola più che potevo, toccandola e possedendola con tutto me stesso.

“Vieni ancora troia! Fammi vedere quanto sei porca!”

Sabrina iniziò a dimenarsi. Sentivo liquidi scorrere dalla sua figa giù per le mie gambe e fino in acqua, lei mi prese le mani e se le strinse intorno ai seni, facendomi piegare, io li afferrai e la alzai, tirando verso di me, spingendola a me con tale forza da assicurarmi che la stessi penetrando con ogni millimetro a mia disposizione, la sentii perdere il controllo mentre le strizzavo le mammelle, lasciandole solo per schiaffeggiarle mentre veniva, penetrata dal mio implacabile stantuffo.

“Vengo! Vengo!” lei gridava, ma io non mi fermavo, nonostante il suo incessante dimenarsi continuavo ad impalarla, spingere verso il suo utero. Oramai, anche io ero vicinissimo al piacere estremo.

“Anche io vengo Sabri…” riuscii a dire tra i gemiti, cosicché lei, tentando di controllare i suoi spasmi invano, risucisse a divincolarsi dal mio palo, voltarsi, e stringelo tra i seni, prendendo a massaggiarlo velocemente, premendo con le mani quelle tette procaci contro di me. Mi stringeva, ed io ero suo, le sue tette intorno al mio cazzo, le sue mani mi toccavano lo scroto e il buco del culo, la sua lingua mi sfiorava il glande ed i suoi occhi mi invitavano a docciarla del mio sperma.

“Dammi la tua sborra!” Disse “Docciami ti prego…dalla tutta alla tua puttana!”

Eiaculai con spruzzi caldi ed abbondanti, anche io, infine, cedetti per divenire preda dei trmiti e dei gemiti che contraddistinguono solo il piacere più estremo. La docciai del mio caldo liquido, guardandola assaporarlo, leccandosi le tette ancora avvolte intorno a me. Esaurita l’eruzione lei abbassò il seno e lo strinse tra le mani, massaggiandolo tra i miei scatti incontrollabili, dovuti ad un piacere oltre il mio controllo, succhiandone la punta per carpire gli ultimi sgoccioli di sborra calda.

“Sei mio…” disse leccandosi le labbra, mentre ancora io tremavo, guardando il suo corpo bagnato d’acqua marina e liquido seminale “…ma io sono tua…” il suo massaggio continuò ancora qualche secondo, fino a quando il mio esausto membro non si diede un po’ di meritato riposo. “Non capisco come faccio a odiarti tanto se scopi così bene…” aggiunse “…ma forse è proprio perché sei un bastardo che mi sai far godere così.”

Ci chinammo entrambe, sciaquando i nostri reciproci umori dalla nostra pelle. Era tardi e, sulla via del ritorno, avremmo dovuto spiegare il motivo del nostro ritardo.

“Andiamo…” le dissi, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi “…domani torniamo a casa e dobbiamo riposare… “ Sabrina si alzò, accarezzandomi il pube mentre io le sfioravo un seno, tornato al suo posto nel bikini “…Perché arrivati a casa voglio scoparti ancora!”

“Meglio che ti alleni…” rispose lei “Perché ti farò implorare, la prossima volta.”

Così dicendo ci allontanammo dagli scogli, tornando alla spiaggia, deserta, ed incamminandoci verso casa. Era stata una vacanza incredibile, al limite della realtà ma grazie ad essa io e Sabrina avevamo compreso come il nostro reciproco odio ci lasciava liberi di sfogare le nostre passioni più perverse ed eravamo consapevoli del fatto che, tornati a casa, questi momenti di sesso sfrenato non avrebbero potuto far altro che ripetersi.

 

Il mattino successivo il risveglio fu duro. Detesto alzarmi presto e, peggio ancora, aborro nella maniera più assoluta partire di mattina, in estate. Il caldo, l’umidità, il sonno, si mescolano in un vortice di fastidio che mi sconvolge, mi irrita, mi destabilizza fino a farmi tremare per il nervoso. Nonostante una lunga doccia, senza la quale mi sarei rifiutato di uscire di casa, non ero per nulla di buon umore mentre mi affacciavo alla porta della cucina per fare colazione.

“Dovrei essere felice.” Pensai, riflettendo su come avevo immaginato questa vacanza, prima che cominciasse. “Credevo mi sarei annoiato, invece ho trovato l’affetto di una donna bellissima e sono stato sedotto più volte sia da lei, che dalle mie altre due compagne di viaggio.”

Più questo pensiero si ripeteva nella mia testa, però, più mi rendevo conto di non essere felice. Ero preoccupato, dilaniato dal pensiero che, tornato a Milano, il peso morale delle vicende vissute mi avrebbe schiacciato, che la bella Maria mi avrebbe allontanato per dimenticare le follie dell’estate, che Sabrina avrebbe rivelato a tutti le mie perversioni, facendomi passare, con le sue parole velenose, per un porco, un maniaco, un perverso approfittatore.

Con questa convinzione fissa nella mente entrai in cucina per trovarvi le tre ragazze che facevano parte del mio gruppo. Maria fu la prima ad accogliermi, la nostra piccola storia era oramai un fatto conosciuto a tutti e lei non esitò, quindi, a baciarmi sulle labbra, stringendomi in un caloroso abbraccio e passando le sue sottili dita tra i miei capelli, ancora bagnati dell’acqua fresca della doccia. Era bellissima, perfetta nonostante il risveglio alle prime ore dell’alba, profumata come una rosa e senza un solo capello fuori posto. Anche Elisa aveva cercato di presentarsi al meglio per il ritorno, il suo successo era assai meno evidente di quello di Maria, la quale poteva vantare un fisico decisamente più atletico e non necessitava di coprirsi il volto con strati e strati di trucco per rendersi attraente ma ammetto che persino la volgare compagna di Francesco pareva stranamente sensuale, accarezzata dalle prime luci dell’alba. Sabrina era invece agli antipodi della grazia. Svaccata sulla sua sedia, coperta, se così si poteva definire, da una maglietta larga e scollata, la ragazza si asciugava i capelli chinando la testa all’indietro e strofinandosi con un asciugamano. Il ballonzolare dei suoi seni, lasciava intendere ch’ella non avesse indossato nessun tipo di sostegno e, quando la sua testa tornò in posizione verticale, i suoi occhi e il suo volto mi apparvero immediatamente stanchi, gonfi, esausti.

“Ciao.” Dissi, rivolgendomi prima a Maria e poi alle altre “Dove sono Marco e Fra?” chiesi, non vedendo i due maschi da nessuna parte.

“Sono fuori che ci aspettano.” Disse Elisa, prendendo la sua borsa ed indicando le valigie, appoggiate vicino alla porta la sera prima. “Andiamo!”

La formosa ragazza mi passò a fianco, passando la mano sinistra sulla spalla di Maria, poi lungo il suo braccio, fino ad arrivare al mio petto, accarezzandolo mentre avvicinava il suo viso truccato al mio. Sentii il suo seno appoggiarsi sul mio costato, con le sue labbra che si avvicinavano sempre più al mio orecchio. Quando i suoi denti affondarono delicatamente nella carne del mio lobo, sentii un brivido percorrermi la spina dorsale. Non ebbi tempo di dire nulla, Elisa si allontanò in una frazione di secondo e, raccolto il suo trolley, uscì ridacchiando come una scolaretta dalla porta principale. La seguii con lo sguardo ma, ben presto, fui costretto a girarmi per tornare nella mia posizione originale, avendo sentito qualcosa di caldo e soffice tra le dita.

Sotto lo sguardo di Maria, che mi aveva appena baciato, Sabrina aveva avvolto una mia mano intorno alla sua mammella destra ed ora che mi ero girato, si portava il mio indice alla bocca, succhiandolo voracemente per poi sparire, come aveva fatto Elisa, sghignazzando mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.

“Ciao Mery!” disse, con tono sospettosamente vivace.

Guardai Maria esterrefatto, timoroso della reazione che la mia nuova ragazza avrebbe avuto a quanto era appena accaduto. Lei però, sorrideva angelicamente, avvicinandosi ancora per baciarmi ed invitandomi a sfiorarle la pelle, che emergeva nello spazio tra la sua camicetta corta ed i suoi jeans a vita bassa.

“Tranquillo.” Mi disse “Giocano.” Mi baciò ancora, accarezzandomi il volto mentre le mie mani, inevitabilmente, si dirigevano verso il suo fondo schiena statuario.

“Ci ho pensato.” Disse ancora Maria “E forse dovrei imparare ad essere un po’ più libera…come Sabrina! Magari non tanto quanto lei, ma solo un po’ di più.”

Osservai Maria piuttosto stupito. Essere come Sabrina non mi era mai sembrata un’ambizione intelligente ma capivo che, a modo suo, la mia nuova ragazza voleva dirmi che quanto era successo durante questa vacanza non l’avrebbe allontanata, che i giochi di Sabrina non ci avrebbero divisi e che persino gli atti più folli, potevano essere accettabili, se vissuti insieme, con serenità.

“Ricordati però…” Aggiunse ancora lei “…che sei mio. Non ti mettere a fare lo scemo alle mie spalle!”

Poi sorrise ancora e mi prese per mano, accompagnandomi alle nostre valige, poi fuori dalla casa e verso la macchina di Marco, la quale ci attendeva, già quasi pronta per partire. Mentre il mio amico chiudeva la casa e controllava che tutto fosse in ordine, io mi sedetti, come all’andata, sull’ultima fila di sedili. Questa volta però, non avrei affrontato il viaggio da solo; Maria si sedette alla mia destra, appoggiando il capo sulla mia spalla ed adagiandosi su di me. Sulla fila centrale si sedettero Elisa e Sabrina e, davanti, a fianco a Marco, che avrebbe guidato, si mise Francesco, silenzioso, un po’ stizzito dall’atteggiamento della sua compagna, che lo ignorava completamente oramai da giorni.

Il viaggio cominciò in maniera tranquilla, con Maria che si era appisolata su di me e le due schiamazzanti oche che chiacchieravano sui sedili immediatamente davanti a noi. Presto però, la situazione divenne più agitata, dato che, dopo nemmeno mezz’ora, Sabrina ed Elisa si girarono, abbassando i loro sedili per voltarsi, svegliare Maria e coinvolgerla nel loro infinito schiamazzare. Io, per nulla volenteroso di unirmi ad una noiosa conversazione da ragazzine, mi appoggiai al vetro alla mia sinistra e mi lasciai assopire dal sobbalzare dell’auto e dallo scorrere del paesaggio. Presto, chiusi gli occhi e mi addormentai.

“Dai, su, non fare la stronza!” furono le successive parole che sentii pronunciare, ed aprii gli occhi appena in tempo, vedendo Sabrina pronta a infilarmi un bastoncino nel naso.

“Ma che cazzo fai!?!?!?” Chiesi saltando nel mio stesso sedile, mentre le ragazze, intorno a me, ridevano soddisfatte.

“Dai amore, non te la prendere.” Maria sapeva come calmarmi, le bastò chiamarmi amore una sola volta ed io dimenticai quanto mi aveva infastidito la sua amica. “Gioca un po’ con noi!”

“Già!” disse Elisa, masticando una gomma come un ruminante “Parlavamo giusto di te.”

“Di me?” chiesi.

“Si, non ti montare la testa!” Disse Sabrina stizzita “Non solo di te!”

“Si bhe, insomma…” provò a spiegare Maria, venendo però subito interrotta dalla sua ex-rivale.

“Tu ci hai viste tutte e tre.” Disse “e volevamo fare un confronto. Chi è la più sexy?”

Era una domanda banale, cosa si aspettava che rispondessi?

“Maria, mi sembra ovvio!” dissi, baciando la mia nuova ragazza che però mi parve stranamente insoddisfatta del commento.

“Si dai, finiscila di fare il leccaculo!” insistette Sabrina “Scommetto che se ti chiedo chi ha le tette più belle però non dici lei! Avrà la seconda se è tanto e io so bene che ti piacciono grosse! Vero stronzetto?”

Rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire, e guardai imbarazzato Maria, alla ricerca di risposte.

“Dai, amore…” disse lei “non c’è problema, dillo!”

“Sa-Sabri…” balbettai io, mentre le ragazze ridevano e gridavano, come se avessero visto uno spettacolo divertente. Sabrina addirittura, si sporse, facendomi vedere bene il seno, dallo schienale del suo sedile e mi baciò le labbra furtivamente.

La situazione era surreale, mi sentivo confuso ed imbarazzato e volevo solo che l’interrogatorio finisse.

“Ok, ok!” disse Elisa, senza smettere per un secondo di masticare “Il culo non te lo chiedo perché questa ce lo ha di marmo!” continuò, sfoggiando il meglio del suo accento e della sua dialettica. “Ma…di bocca? Chi è più brava?”

Improvvisamente Maria e Sabrina smisero di ridere. Forse Elisa aveva fatto una domanda di troppo. La ragazza guardò le sue compagne e, ridendo, fece loro l’occhiolino.

“Ah, giusto!” disse “non può mica saperlo! Io non gliel’ho mai succhiato!”

Elisa allungò la mano verso di me e accarezzò la mia gamba, abbassando lo schienale del sedile il più possibile per avvicinarsi a me e raggiungere il cavallo dei miei jeans.

“Che fai me lo presti?” Chiese a Maria, la quale, imbarazzata, rideva, a metà tra l’eccitazione e l’inibizione. Alla fine, la mia nuova compagna annuì e la sua formosa amica si fece strada, in qualche modo, fino al sedile centrale, mettendosi tra me e lei mentre Sabrina, che guardava incuriosita, si posizionava nello spazio tra i sedili davanti a noi per osservare la scena nel migliore dei modi.

Slacciandomi la lampo Elisa si voltò verso Maria, baciandola e tirandola a se.

“Ora ti faccio vedere come si succhia!” disse, e, tirando fuori il mio membro, ancora non del tutto induritosi, se lo ficcò in bocca, prendendo immediatamente a succhiare, leccare e sbavare il più possibile, facendomi indurire dentro la sua gola e portandosi le mani alla minigonna, infilandola tra le sue cosce rotonde mentre Maria, sbilanciata, le ricadeva sul top, appoggiandosi sui suoi seni.

“Cazzo va sta puttana!” sentii dire a Francesco, dalla prima fila! “Glielo sta sucando!”

“Vaffanculo stronzo!” rispose Elisa “Guarda come gode il tuo amico!”

Sabrina, intanto, si era alzata la maglietta sopra i seni e si era sporta per raggiungermi, rimanendo con il culo in aria, scoperto dalla sua gonna sottile e vaporosa. Mi baciò, assicurandosi che Maria la vedesse.

“Ti piace?” mi chiese, accettando i miei gemiti come risposta sufficiente per poi rivolgersi a Maria, la quale spinta verso il basso dalle mani di Elisa, era ora intenta nel disperato tentativo di guardarmi, mentre veniva avvolta dalle cosce dell’amica. “E tu Mery?” Chiese ancora Sabrina “Ti piace vederlo godere vero?”

Maria arrossì, prima di scomparire sotto la gonna di Elisa, la quale immediatamente iniziò a gemere mentre mi succhiava. Sabrina le venne presto in aiuto, strisciando come sua serpe verso di me ed avvolgendo le sue tette intorno al mio cazzo, lasciando l’amica libera di respirare.

Sentivo la macchina sterzare e Marco e Francesco parlare ma non capivo cosa stesse accadendo, solo la voce di Sabrina, che continuava a ripetermi la domanda “Allora? Chi te lo succhia meglio?”

Sentivo il mio membro venire passato di bocca in bocca, da Sabrina ad Elisa e poi, quando le fu permesso di avvicinarsi, a Maria, la quale provò con tutto il suo amore a pareggiare gli intensi sforzi delle compagne. Infine, straziato dal piacere che stavo provando, non potei fare altro che confessare, mentre la lingua di Elisa mi avvolgeva il glande e le mani di Sabrina mi sfilavano i pantaloni.

“Ely!” Gridai, mentre l’auto si fermava “Ely è la migliore!”

La portiera dell’auto si aprì e venni trascinato fuori da Francesco, il quale mi sbatté contro la scocca della Picasso grigia argento.

“Che cazzo fai, ti fai spompinare dalla mia ragazza senza il mio permesso stronzo?!?”

Non fui capace di rispondere, ero confuso, e sinceramente incolpevole, dalla situazione in cui ero capitato. Fortunatamente, e con mia grande sorpresa, Sabrina corse in mio aiuto, spingendo via da me il ragazzo.

“Ma che cazzo fai coglione!” gli gridò “E’ tutta settimana che va bene e ora non ti va più? Cazzi tuoi!”

Mi guardai in giro, non mi ero reso conto di dove fossimo. Non eravamo più sull’autostrada, ne su una strada minore, Marco aveva guidato fin sopra una collina, trovando un luogo ben appartato, in mezzo al nulla, lontano da ogni strada da cui, in lontananza, sotto il sole cocente, si vedeva il mare.

“Hai finito di rompere i coglioni?” sentii dire a Sabrina esclamare. Guardandola, vidi che aveva infilato le mani nei pantaloni di Francesco, improvvisamente più tranquillo, e che si stava lasciando stringere i seni da lui, portandolo ad appoggiarla all’auto, di fianco a me, verso il posteriore della macchina. Dal lato opposto, Maria guardava Marco avvicinarsi a lei, intimidita. Fu allora che sentii il corpo si Elisa, spogliatasi fino a rimanere in tanga e reggiseno, appoggiarsi al mio, e strusciare contro il mio pene scoperto fino a cadere in ginocchio sull’erba fresca, avvolgendomi tra i suoi seni procaci.

“Adesso a te ci penso io.” Disse, prendendolo nuovamente in bocca.

Mi lasciai avvolgere dal piacere, sentendo le labbra di Elisa sul mio membro ed ascoltando i gemiti di Sabrina, la quale si stava facendo leccare, strizzare e mungere da Francesco. Alla mia sinistra intanto, Maria e Marco si guardavano, insicuri sul da farsi. La mia ragazzi mi guardò, come a chiedermi il permesso di fare ciò che voleva, unirsi all’orgia per mostrarsi a me in tutta la sua neo acquisita libertà, sensuale, vogliosa, irresistibile.

“Mary…” dissi con u filo di voce “…fammi vedere come godi!”

Maria sorrise ed immediatamente si slacciò i Jeans, chinandosi per permettere a Marco di sfilarglieli  e leccarla, la dove era più sensibile, costringendola ad appoggiarsi al cofano, sopraffatta dal piacere mentre mi fissava, eccitata dal vedermi preda della bocca dell’amica.

In preda ai nostri più perversi desideri, ci avvicinammo gli uni agli altri, finendo presto per portare le tre ragazze al cofano della macchina. Facemmo sdraiare le ragazze sul cofano: Sabrina si mise a pancia in su ed allargò le gambe, afferrando la testa di Francesco e spingendola contro la sua vulva.

“Leccami la figa dai!” Esclamò “e fammi vedere che lo meni mentre mi lecchi!”

Maria si sedette sul bordo e prese a menar il cazzo di Marco, il quale nel frattempo l’aveva spogliata di tutto, fatta eccezione del piccolo tanga nero che indossava e che aveva spostato per far largo alla sua lingua. La ragazza guardava l’amico godere, prendendolo anche in bocca, di tanto in tanto ed accarezzandomi lo scroto, allungando la mano destra.

Elisa nel frattempo aveva portato le gambe verso il tetto dell’auto, poggiando i piedi sul parabrezza e la schiena sul cofano ancora caldo. La sua testa si sporgeva leggermente, ricadendo all’indietro così come i suoi capelli biondi e lisci. La ragazza aprì la bocca, portandosi le mani alla fica e lasciando che anche Sabrina, a fianco a lei, l’aiutasse a divertirsi il più possibile.

“Fottimi la bocca!” disse “Fottila fino in gola!”

Senza esitare, presi a stantuffare la bocca di Elisa, correndomi della sua saliva mentre la penetravo voracemente, senza pietà, afferrandole i seni e, di tanto in tanto, allungando la mano per toccare una delle ragazze vicine, che fosse Sabrina, con le sue enormi mammelle o Maria, la quale godeva nel succhiarmi le dita mentre menava il cazzo di un altro uomo, facendosi scopare dalle sue dita.

“Ah!” mugugnò sensualmente Elisa, prendendo fiato senza obliare di leccarmi i testicoli “Lo voglio dentro!”

Lasciai alzare Elisa ma non fui io a prenderla. Marco lasciò andare Maria, la quale si gettò tra le mie braccia, sussurrandomi all’orecchio la grandezza della sua eccitazione. Il mio amico nel frattempo sbatté Elisa contro il cofano e, guardando Francesco, lo invitò a dargli manforte.

“Vieni che ce la scopiamo come si deve sta troia!” disse.

“Si! Sbattetemi in due!!” disse , facendo appoggiare il fidanzato contro il cofano per poi sedersi su di lui, facendolo entrare senza fatica nel suo buco del culo. Marco si aggiunse presto, andando a riempire la figa della ragazza, la quale immediatamente prese a gridare, stretta tra quattro mani, presa da due peni, riempita da due uomini i quali non le avrebbero dato pace finché lei non li avesse soddisfatti a dovere. La sentii godere, la vidi bagnarsi e tremare per l’eccitazione e, in quel momento, mi accorsi di essere anche io conteso da due donne.

Sabrina stava tenendo Maria per le guance, con una mano, mentre l’altra era conficcata dentro di lei, tra le sue gambe. Vedevo come Maria fosse impaurita ma allo stesso tempo eccitata dalle falangi che si muovevano dentro di lei.

“Adesso io me lo scopo!” disse Sabrina “E tu ci guardi e godi!”

Spinta la mia ragazza contro il corpo tremante di Elisa, ancora nella morsa dei due ragazzi, i quali la stavano fottendo senza sosta, Sabrina si distese nuovamente sul cofano, con la testa vicina a quella dell’amica e dei suoi due amanti. I mugugni, i respiri, le grida di piacere, mi entravano nelle orecchie, rimbalzandomi nel cervello come echi in una valle profonda, mi sentivo confuso, inebriato, completamente avvolto da una nube di eccitazione che mi spingeva verso Sabrina che, con ancora in dosso la gonna, alzata e la sua maglietta larga, che le era ormai scesa fino alla vita, scoprendole il seno, mi attendeva a gambe aperte, invitandomi a prenderla con tutto me stesso.

Mentre le gambe di Sabrina mi avvolgevano, ed io mi preparavo a penetrarla, sentii un tempore piacevole alla schiena ed una mano avvolgermi il membro. Maria si era appoggiata a me da dietro e mi stava facendo una sega con le sue mani sottili e delicate, avvicinandomi alla vagina della compagna, sempre più pronta ad accogliermi.

“Sfondala!” mi disse, infilandomi la punta del membro dentro l’orifizio della rivale “Falla impazzire!”

Sentivo i seni piccoli e soffici di Maria sulla schiena e le sue dita, altrettanto soffici, percorrermi la base del pene mentre lo infilavo nell’amica. Le sue falangi percorsero poi il mio scroto e poi deviarono sul mio fianco, tornando dietro di me ed infilandosi, da sotto, tra le mie cosce, spingendo forte contro il mio perineo.

Penetrai Sabrina violentemente, sentendola gridare mentre di stringeva intorno a me e le sue gambe mi accoglievano con un piacevole tremito. La ragazza si dimenava sotto i miei colpi, stringendosi i seni con le mani, mostrandomi le sue mammelle piene e succulente, invitandomi a leccarle i capezzoli, eccitati ed irresistibili. Morsi delicatamente le estremità dei suoi seni, sentendola gridare ancor più forte. Le sue mani mi avvolsero il collo e mi tirarono verso il suo volto, portandomi a baciarla mentre la fottevo. La ragazza poi afferrò le braccia di Maria, portatasi sul mio fianco, tirandola a se.

“Godo Mery!” le gridò “Guarda come mi fa godere il tuo ragazzo!”

L’espressione di Maria cambiò. Era stata sfidata ma, questa volta, non era più disposta a lasciare che Sabrina si divertisse da sola. La ragazza salì sul cofano, leggera come una piuma e, chinandosi a novanta gradi, mi sbatté il sedere in viso, posizionandosi a gattoni su  Sabrina e chinando il viso per continuare a succhiarle il seno e baciarle la bocca, ora che io ero impegnato ad attendere alle sue necessità. Muovendo dolcemente le natiche davanti al mio viso, Maria mi invitava a leccarle la figa, ancora coperta dal sottile strato di tessuto che componeva il suo nerissimo tanga.

“Toglimelo…” mi chiese, guardando un attimo indietro con il suo solito sorriso, i suoi capelli castani scendevano verso i suoi seni ed i suoi capezzoli rosei. “Voglio che mi assapori.”

Sfilai il tanga e rivelai il roseo paradiso che nascondeva. Maria aveva preso buona cura del suo luogo più intimo, depilandolo con attenzione per mostrarmelo in tutta la sua perfezione. Persino avvicinando le labbra al suo dolce orifizio ed assaporandone gli umori con la punta della lingua, non sentii che pelle liscia e odore di rose, come se il mio volto fosse stato immerso in una fiala di profumo. Lentamente, i gemiti di Sabrina ed Elisa scomparvero, sentivo solo il mio respiro ed il suo, mentre le mie mani afferravano quel sedere perfetto che mi si era posto davanti. Dal basso, sentivo solo il piacere che la vulva di Sabrina mi stava dando, un lugubre antro a confronto della magica tana di coniglio che stavo esplorando, ma comunque un’irresistibile sensazione. Tra i piaceri che Sabrina stava offrendo al mio pube e le emozioni che Maria offriva alle mie labbra mi sentii perdere lentamente, come se stessi abbandonando il mondo e stessi entrando in paradiso.

“Levati puttana!” quell’urlo mi fece tornare bruscamente alla realtà.

Sabrina spinse via Maria, proprio mente ella stava per raggiungere il culmine del piacere. Le due ragazze si spintonarono per qualche secondo, poi, prima che io mi risvegliassi del tutto dal torpore di piacere in cui mi ero perso, Elisa ed i suoi due compagni, incuriositi dalla faccenda, le separarono, afferrando Maria per i capelli e spingendola a terra.

“Vuoi fare l’ingorda eh?” le disse Sabrina “Adesso ti accontentiamo!”

Francesco prese i capelli di Maria e la tirò a se, spingendole il cazzo in gola, fino in fondo. La ragazza boccheggiava ed ansimava ma non riusciva a liberarsi. Nel frattempo, Marco si Sdraiò a fianco a lei e, così, Elisa fu in grado di adagiare il corpo leggero della malcapitata sul suo pene, la quale scivolò delicatamente dentro di lei. Maria prese a gemere nuovamente, impossibilitata a smettere non tanto dalle sue compagne, che la tenevano ben salda ai cazzi dei miei amici, ma più dalla sua voglia incontenibile di godere, vicina come era, ormai da molti secondi, al piacere totale.

“Sfondale il culo!” mi disse Sabrina, afferrandomi per il pene e conducendomi a lei. “Così vedrai quanto è puttana la tua angioletta!”

Guardai gli occhi di Maria che disperatamente cercavano i miei, cercai di leggerli ed, inizialmente, pensai di doverla liberare dalla prigionia in cui era stata costretta, poi, un colpo particolarmente intenso da parte di Marco la scosse, ed il suo sguardo si perse nel vuoto di un piacere immenso. Quando tornò a guardarmi, mi fu chiaro cosa Maria volesse davvero. Mi stava implorando, pregando, scongiurando di andare da lei, di fotterla e di darle l’orgasmo che tanto desiderava. Mi feci avanti e, chinandomi su di lei, appoggiai il glande al suo buco del culo, rosa, stretto, invitante. Sabrina ed Elisa, in piedi da parti opposte della mucchiata, si masturbavano l’un l’altra freneticamente, istigandoci a fottere Maria con tutte le nostre energie.

Spinsi con forza ed entrai nel culo di Maria, impalandola contro il corpo di marco, ben felice di sentirla tremare di piacere. Per un attimo, la ragazza riuscì a liberarsi del cazzo di Francesco, e , con la bocca finalmente libera, si lasciò andare ad un raglio di piacere insolito, per una ragazza come lei. Sabrina ne approfittò, si chinò verso il suo viso e la prese nuovamente per il mento con due dita, invitando Elisa a preoccuparsi del su ragazzo, prima che si spazientisse troppo. Guardandomi con i suoi occhi castani colmi di voglia rabbiosa, la mia oramai non più nemica si rivolse alla mia donna con tono minaccioso.

“Ti piace prenderne tre.. Vero Mary?”

Maria annuì, incapace di proferire parola mentre veniva sfondata.

“Guarda bene il tuo ragazzo mentre ti incula, mentre gode nel tuo buchino!” Continuò Sabrina “Guardalo e digli che sei mia!”

Maria scosse la testa, ancora in preda al piacere, rifiutandosi di accettare l’ordine. Sabrina però, amava i giochi di potere ed era decisa a sentire quelle parole. Con un gesto deciso, si infilò con il bacino tra il viso di Maria e quello di Marco, sbattendola in faccia il ragazzo, costretto a fermarsi un momento per leccare il buco umido della formosa amica. Sabrina ansimò leggermente, sorridendo malignamente alla povera Maria, prima di tirarle uno schiaffo.

“Vuoi venire puttanella?”

Maria annuì.

“Voi i venire con la figa e con il culo pieni vero troia?”

Maria annui nuovamente.

“Alloga grida che sei la mia puttanella! Che ti senta il tuo ragazzo, deve sapere che tu sei mia e che posso ordinarti quello che voglio!”

“S-sono..” Maria disse, e Sabrina iniziò ad allontanarsi da Marco, il quale poté riprendere a fottere la figa dell’angelica bellezza. “Sono…Ah!” La ragazza esitò ancora, ritrovandosi penetrata da due cazzi i quali, insieme, le riempivano l’ano e la vagina. “Sono la tua puttana Sabrina! Sono tua e puoi fare quello che vuoi con lui! Ma vi prego ora fatemi godere!”

Sabrina rise, e si tolse di mezzo, afferrando Francesco ed assicurandosi che egli tornasse a fotterle la gola. Maria tremò sempre di più, lentamente arrivando al piacere massimo, scatenandosi in un incontrollabile miscuglio di gemiti, rantoli, respiri affannosi e tremiti mentre veniva, preda di tre cazzi insaziabili che la impalavano.

Stremata, Maria si rilassò, cadendo a terra a fianco a Marco e ripetendo il mio nome e quello di Sabrina uno dopo l’altro per una decina di volte mentre tentava di riprendere fiato.

“Non sarete stanchi spero!” esclamò Elisa, andando subito a prendere il posto di Maria sopra Marco “Ho voglia di tre cazzi anche io sapete?” La ragazza afferrò il mio braccio e guardò Francesco “Amo! Pigliati il mio culo! Questo lo voglio in bocca!”

Così, con il compagno nel culo e il mio cazzo in bocca, anche Elisa si fece mettere allo spiedo come la scrofa tettona che era, ansimando sotto i colpi dei tre uomini che godevano di lei, mentre le sue curve rimbalzavano a ritmo di scopata. Io, inginocchiato sull’erba, ne ammiravo i seni, mentre le sue labbra mi spompinavano come nessuno aveva mai fatto, con giochi di lingua e boccheggi degni dei miei sogni più perversi. Guardavo, con la coda dell’occhio, Sabrina e Maria, al mio fianco, aggrovigliate insieme ed intente a donarsi i piacere più disparati. Di tanto intanto le sentivo sussurrare parole di piacere.

“Sono la tua troia!” Diceva una.

“Fammi godere ti prego!” rispondeva l’altra.

Di tanto in tanto, sentivo persino dire il mio nome.

Ben presto anche Elisa si abbandonò al tremito estremo dell’orgasmo, ricadendo poi su Marco, che per poco non veniva soffocato dalle sue mammelle.

Fu Sabrina a spostare l’amica dal nostro autista, poco prima che perdesse i sensi,

“Ehi zoccola, mica è tutto tuo qui!” disse, Mettendosi a Carponi nell’erba per succhiare il cazzo di Marco, coperto degli umori dell’amica. Sabrina guardò poi il cazzo di Francesco, alle sue spalle ed ordinò “Tu prenditi anche il mio culo!” volgendo poi lo sguardo verso il sottoscritto “La mia fica oramai è sua!”

Sorpreso, sorrisi. Vista la situazione, era stupido che io provassi imbarazzo per quelle parole, ciò nonostante ero pietrificato e solo l’incredibile eccitazione del momento evitò che il mio membro perdesse vigore. Improvvisamente, la mano di Maria mi accarezzò, rivestendo e scoprendo della sua pelle il mio glande ed invitandomi a sdraiarmi.

“Sabri è tua, come me. Fottici amore mio!” disse, ed io mi lasciai sdraiare mentre la mia predatrice si avvicinava a gattoni.

Sabrina iniziò immediatamente a cavalcarmi, sbattendomi in faccia i suoi capezzoli grossi e scuri e prendendo immediatamente a godere. Quando Francesco e Marco si aggiunsero, la ragazza si fece infilare come se essere presa da tre uomini fosse un gioco da ragazzi. Ci scopò con tale vigore e tale forza, che fummo noi a ragliare di piacere, non lei, la quale era si eccitata, certo, ma, al contrario della sue compagne, non aveva perso il controllo, non era stata sopraffatta ne dal piacere, ne dallo sforzo, ne dall’idea di essere in balia di tre creature forti, molto più di lei.

“Più forte, stronzi!” gridò “Fatemi sentire questi cazzi! Li voglio tutti! Fino in fondo…Ah! Mmmm…”

Sabrina ansimò, finalmente, e si ritrovo infine in difficoltà, avendoci incoraggiati a darle tutto ciò che avevamo. Le altre si erano unite alla causa, Elisa leccandoci scroto, ano e perineo, miei e di Francesco, e Maria baciando e sfiorando quelli di Marco, lasciandomi guardare il suo corpo divino mentre si prestava ad una tale lussuriosa azione.

Sentii il mio cazzo perdere il controllo, volevo venire, volevo riempire Sabrina con tutto ciò che avevo, esausto quanto ero, sfinito dal piacere incessante, dal sesso sfrenato di quella mattina, su quel colle isolato. Sabrina si accorse del mio bisogno, della mia voglia di venire, del fatto che, protagonista come ero stato delle sue torture, non resistevo più. Con una capaci che ancora non so spiegarmi, la ragazza mi concesse tregua, senza per un attimo darne agli altri due. Abbandonando per un attimo Marco alle attenzioni di Maria, assicurandosi che io vedessi la mia ragazza assaporare con tanto gusto il cazzo di un altro uomo, ella si chinò su di me e, poggiando il seno al mio petto, stringendosi al mio collo, avvicinandosi al mio orecchio mi disse, calma, alcune parole.

“Resisti… devi essere l’ultimo! Voglio godere solo con te e, se mi farai impazzire, ti prometto che non dimenticherai mai l’orgasmo che ti farò avere! Lo giuro!”

Così, lasciandomi riposare, senza mai far diminuire la durezza del mio membro, Sabrina diede tutto ciò che aveva agli altri due, portandoli ben presto alla follia più completa.

“Minchia! Vengo cazzo!” Gridò qualche minuto dopo Francesco, tirando colpi sempre più forti allo sfintere di Sabrina, che reagiva con ragli e scossoni, oramai anch’essa preda del piacere, ai colpi impietosi del ragazzo.

“Riempile il culo amò!” Disse Elisa, assaporando i testicoli del compagno mentre egli spruzzava seme bianco nel culo di Sabrina.

Tra un respiro ed un mugugno, Francesco liberò il suo carico nel retto di Sabrina, cadendo poi a terra, sfinito, e lasciando che Elisa si avvicinasse per leccare l’ano, ricoperto di seme, della ragazza che ancora, era penetrata sia da me, nella vulva, che dal nostro amico comune, in bocca.

“No! Così…ah!” Gridò Sabrina, tornando poi a succhiare l’amico. La lingua di Elisa sembrava essere più difficile per lei da subire, rispetto al cazzo di Francesco.

“Cosa c’è Sabri?” disse Elisa, infilandole due dita nel retto, senza smettere di leccarla “Tre cazzi li tieni, ma quando ti scopo io godi troppo eh?!”

Priva di controllo, Sabrina si rimise a cavalcarmi, portandomi presto alla disperata situazione precedente. Strinsi i denti, sebbene sopraffatto dal piacere e resistetti ancora, fino a quando, per mia fortuna, sentii Marco gridare.

“Vengo, vengo anche io cazzo!”

Vidi Maria infilare un dito nel culo di Marco, ed egli rilasciò quanto aveva nella bocca di Sabrina la quale, nell’intenzione di non lasciarne cadere nemmeno una goccia, bevve come una bestia ad una fonte, rallentando quanto bastò per darmi tregua. Ingerita tutto il seme di Marco, anch’esso accasciatosi poi al suolo, la vacca deglutì, guardandomi poi negli occhi con una passione mai vista prima.

“Vai! Fammi impazzire ti prego! Poi…” Disse lei, ma non fece in tempo a finire la frase, perché Maria le tirò la testa tra la sue cosce, costringendola a leccare l’angolo di perfezione che la ragazza si trovò nuovamente davanti.

“Ah! Mery…Ely…” disse lei, mentre le sue amiche la torturavano.

“Avanti…godi troia!” dissero le sue compagne.

Presi nuovo vigore e iniziai anche io a stantuffare la figa di Sabrina. Presto, ella perse del tutto il controllo. Strinsi le sue mammelle tra le mani e, sentendola pronunciare il mio nome a ripetizione, diedi una serie di colpi potenti, seguito a ruota dalle altre due, le quali intensificarono la loro attività.

“Godo! Godo come una troia!” gridò Sabrina, venendo improvvisamente e spargendo i suoi liquidi sul mio bacino “Vengo! Vegno!” continuò, in un orgasmo lungo e pieno, frutto di un’instancabile sforzo collettivo.

Sabrina si accasciò su di me, ancora piena del mio membro, ancora tremante.

“Sono tua…” mi disse sussurrando.

Sentivo la sua vagina stringersi introno a me con piccole contrazioni, erano demoniache, mi avvicinavano, senza che lei si muovesse, all’orgasmo finale che tanto avevo atteso ma lei, improvvisamente, mi sfilò dal suo orifizio di lussuria.

“Hai tenuto duro.” Mi disse, ancora ansimante “Ora godi!”

Rimasi sdraiato con la schiena a terra, le gambe aperte ed il viso rivolto verso l’alto. Elisa si sdraiò tra le mie gambe, con i seni, schiacciati contro l’erba, che mi sfioravano volutamente le palle. La ragazza prese a leccarmi, cosa che immediatamente mi fece tremare, vicino come ero al piacere. La ragazza mi portò quasi al punto del non ritorno, per poi darmi tregua. Sabrina e Maria, nel frattempo, si sdraiarono di fianco a me, con i loro corpi caldi aderenti al mio, assicurandosi che io sentissi ogni centimetro della loro pelle, delle loro vagine umide e soddisfatte, dei loro seni così diversi ma al tempo stesso perfetti. Le loro bocche cercarono l’un l’altra, poi la mia e le loro mani scesero lungo il mio petto, fino al mio ombelico ed oltre, prendendo infine in mano il mio membro, una alla volta, mentre Elisa ancora usava la lingua per farmi impazzire quanto più poteva.

Mi portarono al punto estremo, tenendomi in equilibrio con malefica esperienza ed incredibile soddisfazione. Io gemetti, mi agitai, rantolai per il piacere ma loro, sapendo quanto godevo, non mi concessero l’orgasmo.

“Siamo le tue troie vero?” chiese Sabrina.

Annuii, e fui ricompensato con un bacio ed una carezza sul pene.

“Ti facciamo godere amore mio?” aggiunse Maria,  strusciandosi contro di me con il suo corpo perfetto.

“Vieni…” dissero insieme, strusciandosi sverso il masso ed andando con le bocche ed i seni laddove prima erano le loro mani. Spompinando, maneggiando, stringendo il mio cazzo tra le loro mammelle fino a farmi superare quel edilliaco punto oltre il quale non avrei più potuto fermarmi e, poi, continuando a darmi piacere senza sosta e senza pietà alcuna per il mio corpo tremante ed ansimante.

Cedetti. Il mio seme schizzò in aria, ricadendo su di loro come pioggia dal cielo, loro lo accolsero sui loro volti e nelle loro bocche, ma non smisero, continuarono a leccare, succhiare, fottere, ansimare, masturbarsi e godere fino a quando ogni goccia di me non fu esaurita ed il mio corpo non cessò di muoversi, esausto, sopraffatto, oramai schiavo delle loro mani, delle loro bocche, delle loro fighe, dei loro culi.

Ricordo ancora come ebbi a malapena la forza di rivestirmi, tra i sorrisi e i baci di Sabrina e Maria e le risate di Elisa, Marco e Francesco, che si dilettavano in battute volgari sull’accaduto e si ripromettevano di scopare ancora insieme la bionda.

Presi nuovamente posto in auto e chiusi gli occhi tra le braccia di Sabrina, alla mia sinistra e Maria, alla mia destra. Mi risvegliai avvolto dai loro corpi accaldati, solo al nostro arrivo a casa. Maria mi salutò con un bacio e Sabrina, non certo il tipo romantico, lo fece accarezzandomi il cavallo dei pantaloni. La mia nuova ragazza mi diede appuntamento per il giorno dopo e mi promise che sarebbe stato un appuntamento romantico, piuttosto che un’orgia come lo era stata questa vacanza.

“Voglio stare con te.” Mi disse “Ma ogni tanto è bello sapere che possiamo giocare, no?”

Annuii e feci per salutarla, lei però fece riavvicinare Sabrina e mi fece baciare da entrambi.

“Ricordati.” Disse “Ora sei mio…” Poi il mio angelo baciò la sua compagna “Ma io appartengo anche a lei e lei vuole sempre giocare!”

Così dicendo, le due ragazze rientrarono nell’auto e, salutandomi con un bacio contro il finestrino chiuso, ripartirono verso le loro dimore. Io presi la mia auto e feci i pochi metri che mi separavano da casa. Ero stanco ma soddisfatto. Ero partito per la vacanza poco convinto ma, alla fine, mi ero divertito. Un gioco iniziato dall’ubriachezza aveva condotto ad un turbine di sesso che aveva sconvolto la mia vita ma, per mia fortuna, ne ero uscito non solo illeso, ma con una bellissima ragazza al mio fianco, pronta a fare di tutto per me ed un’amante voluta, sia da me che da lei, pronta a spingersi oltre il limite dell’umana inibizione per avere e darci, tutto il piacere che potevamo desiderare.

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