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Università

By 22 Agosto 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

La ragazza stava fissando il professore mentre parlava, pendeva dalle sue labbra. Non riuscivo a capire come fosse possibile che preferisse un professore ordinario di 60 anni ad un ragazzo come me. Questa cosa mi mandava fuori di testa, non lo riuscivo a capire per quanto mi sforzassi. Non sarò certo Brad Pitt, ma mi difendo bene comunque. Il mio fisico è ben costruito in tanti anni di palestra, mi vesto sempre in modo elegante e sportivo allo stesso tempo, sono sempre gentile e a disposizione. 

 

Dovevo uscire dalla stanza, se fossi rimasto ancora mi sarebbe cominciato a uscire fumo dalle orecchie. Fuori faceva freddo, le mani mi si erano congelate subito, avrei fatto fatica a girarmi una sigaretta. Preso il tabacco dalla tasca, avevo il filtro stretto tra le labbra e stavo cercando le cartine. Mi dovevo essere scordato qualcosa, mi pare ovvio. Ero combattuto se tornare indietro, non mi esaltava la possibilità di trovarli avvinghiati e conoscendo il professore, la possibilità non era remota. 

 

«Come mai così nervoso? Non è da te» voce calda e dolce

 

«Anche i migliori hanno i loro problemi» risposi laconico. Non ero dall’umore per intraprendere una discussione filosofica.

 

«Si. Se torni indietro adesso li troverai a scopare- fece lei- non è meglio restare qui a fumarsi una sigaretta?» la squadrai per bene dall’alto in basso, la mano tesa con una sigaretta già fatta. Aveva ragione, se rientravo, probabilmente li avrei trovati a scopare. Accettai la sigaretta tesa e senza neanche ringraziare l’accessi aspirando una bella boccata. Il fumo caldo e leggero che mi scendeva per la gola mi riappacificava con me stesso, era come un calmante, un ciuccio per un bimbo che piange. 

 

«Ne avevi proprio bisogno, eh?» mi fece sorridendo in modo sexy

 

«Cosa vuoi?» chiesi brusco

 

«Se ti dicessi che sono scesa perché avevo bisogno di una pausa?»

 

«Non ci crederei»

 

«Allora credo che ti dirò che sono scesa per seguirti. Stare un po’ da sola con te e chiacchierare. Sono giorni che a malapena ci incrociamo nei corridoi»

 

«La facoltà non è piccola, non mi sembra così strano-. mi fissava con le sopracciglia alzate, sapeva che stavo dicendo una stronzata- Uhm…diciamo che sono stato un po’ preso ultimamente?»

 

«Si, diciamo così- mi fece senza neanche guardarmi- Come va con la troietta?» La sua voce era strana, come fosse gelosa. No, non era gelosia, era arrabbiata, ma perché?

 

«Come vuoi che vada? Quando ci si vede si scopa.»

 

«Una troia rimarrà sempre una troia-poi alzando lo sguardo verso di me- e uno stronzo resterà sempre uno stronzo» mi sembrò di cogliere una punta di delusione nella sua voce 

 

«Che vuoi farci? Il lupo perde il pelo, ma non il vizio»

 

«La cosa che non capisco è il perché. Vi tradite a vicenda, sapete che ognuno dei due tradisce l’altro e continuate.» 

 

«Ci sono cose che la tua dolce testolina non potrà mai capire, Bambi.- feci guardandola di sottecchi. Fumava tranquilla. Qualcosa non andava se non si arrabbiava, mi sedetti vicino a lei, a cavalcioni sul muretto-Allora cosa c’è? Me lo dici?»

 

«Non c’è niente» rispose evasiva

 

«Come niente? Quel soprannome lo odi, quindi dimmi tutto. Sputa il rospo» non mi guardava negli occhi, girava la testa di continuo

 

«Anche a me piace il professore»mi fece con voce vergognosa, stetti un minuto buono a fissarla

 

«Ma vaffanculo!!! E io che per un attimo ci ho pure creduto» e lei rideva a crepapelle, tanto da sbilanciarsi e cadere all’indietro. Cercai di afferrarla, ma l’unico risultato fu di cadere in due. Cominciammo a ridere come due idioti, lì per terra in mezzo all’erba, io con ancora una gamba a cavallo del muretto.

 

«Siamo due idioti.»

 

«Concordo»

 

«Ora torni su?»

 

«Beh, prima credo sia il caso di controllare come stiamo messi e poi penso di si. Mi auguro che abbiano finito, è pur sempre un vecchio di 60 anni, spero non voglia farmelo morire d’infarto. Mi deve ancora correggere la tesi. Poi può pure morire, ma prima mi devo laureare.- mi fissò con gli occhi bassi, era triste-Ascolta, ti prometto che stasera ti passo a prendere e passiamo la serata insieme, così mi dici veramente cosa c’è.Va bene?»

 

«Si, come no. Le conosco meglio di tutti le tue promesse» touché, non aveva torto. Le prometteva sempre di tutto, ma molto raramente mantenevo qualcosa, anzi forse mai. 

 

«E se ti dicessi che oggi è sicuro perché non ho trovato nessuna con cui scopare?»

 

«Ha già più senso.»

 

«Passo alle dieci?» mi guardava sognante e si mordeva piano l’indice

 

«Si» fece annuendo, era sexy quando faceva la bambina contenta. Mi alzai e tirai su anche lei, la voltai per controllare che non si fosse dipinta la schiena e m’incamminai per tornare su

 

«Aspetta- mi chiamò mettendomi una mano sul collo, aveva le mani fredde- Ecco. Tolto. Ora puoi andare» sorrisi come un idiota e mi avviai, mentre lei restava sulla panchina a fumarsi un’altra sigaretta. Sembrava proprio una bambi in versione umana. 

 

Viso delicato e dolce, occhi innocenti e birichini, proprio da cerbiatta. I capelli lisci che arrivavano a malapena sulle spalle. Un sorriso contagioso e quel piercing delicato al naso, certo che Giada era proprio una bella ragazza. Il suo corpo giovane non aveva nulla da invidiare a nessuna, peccato che lo mettesse poco in risalto. Certe volte sembrava vergognarsi delle sue forme, alcune volte in discoteca faceva fatica ad essere tranquilla, la mettevano in soggezione i ragazzi che la guardavano. Si vestiva sempre molto carina, ma con vestiti che la facevano sembrare ancora una liceale immatura. 

 

Decisi di prendere le scale, dare un altro po’ di tempo non avrebbe potuto fare che bene pensai, invece capì più tardi che sarebbe stato meglio arrivare prima e interrompere quella sceneggiata, perché altro non poteva essere. Non potevano essere reali quelle urla, non con un professore di 60 anni. In silenzio e cercando di non farmi vedere mi avvicinai alla porta socchiusa, per quel piano e specialmente per quel corridoio non passava mai nessuno, per prudenza mi guardai in giro e poi mi affacciai. Quello che vidi mi lasciò esterrefatto e confuso, lui seduto sulla poltrona con la pancia compressa e cadente dai lati sorreggeva lei che faceva su e giù gridando come un’ossessa con un viso di finto godimento. Lei dava lui la schiena e poteva così chiaramente vedere la porta, mi dovevo essere sporto troppo o aver fatto un movimento brusco perché lei chiaramente mi vide, mi accorsi allora che quello era tutto uno spettacolino per me. Lei che si leccava le labbra, le urla, le tette che ballonzolavano davanti ai miei occhi, tutto quel suo atteggiamento era per attirare me e stava vincendo lei. Non riuscivo ad allontanarmi da quella visione che seppur ripugnante mi eccitava in modo inverosimile, il bozzo nei miei pantaloni metteva ben in risalto l’effetto che quello spettacolo aveva su di me. 

 

Improvvisamente sentì una mano sulla mia spalla, una mano piccola, ma restai bloccato incapace di reagire. Il mio cervello cercava spiegazioni e le mie rotelle giravano vorticosamente alla ricerca di una corrispondenza, ma prima che potessi anche solo avvicinarmi al nome fatidico due labbra morbide, quasi setose, e fresche s’incollarono alle mie. Una piccola e guizzante lingua si appoggiò a me chiedendo il permesso di entrare. Stava accadendo tutto troppo velocemente, non riuscivo a riflettere, a pensare, se non a quel bacio, a quella massa di capelli che mi si agitava davanti e mi solleticava il viso. Ero ancora immerso nelle mie domande quando quella piccola mano ritornò, ma stavolta era sul mio cazzo, nei miei pantaloni, nelle mie mutande.

 

«Vuole che sbavi per lei e allora tu fai sbavare lei. Fidati questo cazzo la farà sbavare molto» solo allora riconobbi la persona che si stava strusciando su di me.

 

«Non dimenticare la tua promessa. Avrai molte sere per scopartela, ma questa dev’essere per noi. Non voglio perderti io!»

 

Quel piccolo angelo che dolcemente mi stava baciando era Giada. Giada con le sue piccole mani. Giada con le sue labbra morbide e fresche. Giada con i suoi boccoli ribelli. In quel momento mi resi conto della forte amicizia che mi legava a lei, nel giro di poco aveva capito cosa accadeva e come aiutarmi, la piccola Giada era cresciuta.

 

Osservai quel culo dondolare mentre Giada si allontanava e una domanda mi entrò in testa, una domanda così strana fino a quel giorno che oggi mi sembrava quasi impossibile conoscerne la risposta. Cercai di scuotermi dal mio torpore e mi girai a fissare dentro la stanza. La troia si era già rivestita ed appariva tutta perfetta nel suo abitino nero di cashmire con i leggins grigi sotto, mentre il professore era ancora buttato sulla sedia pseudo vestito. Mi feci coraggio e varcai la soglia.

 

«Oh! Professore guardi chi è tornato!»non avevo neanche fatto in tempo ad avvisare che lei già mi aveva tirato dentro i suoi giochi

 

«Ero andato un attimo a fumare mica in Nepal!»

 

«Dovresti fare più attenzione! Ti sei perso una lezione del professore!» il tono ammiccante non lasciava dubbi al tipo di lezione che aveva ricevuto

 

«Davvero? Che peccato!» dissi guardandola alzarsi. Era perfetta, quel vestito non aveva una singola piega e i suoi capelli erano immacolati. Il trucco leggero aveva tenuto e non mostrava segni di sbavatura. Non fosse per il professore potevo pensare di aver immaginato tutto. 

 

«Stasera potresti darmela tu una lezione, chissà che non sappia insegnare meglio del professore» mi disse piano all’orecchio mentre buttava una carta nel cestino. La guardai con sfida

 

«Sarà la tua migliore lezione» mentre ghignavo soddisfatto e pensavo a come ringraziare Giada. Il mio cazzo ancora dritto nei pantaloni aveva fatto colpo, ora toccava a me fare il resto.

 

 

Non riuscivo a crederci, non mi sembrava possibile, eravamo riusciti a litigare anche per quel pomeriggio. Innervosirmi con la troia non mi aveva di certo aiutato a sopportarla meglio, dovevo ancora andarla a prendere e avevo già finito la pazienza. Ormai erano mesi che stavamo insieme senza essere una coppia, fortuna che c’era Giada a raccogliere i miei scleri, lei e le tipe di turno che mi scopavo.

Neanche tempo di parcheggiare e me la ritrovai in macchina

«Sei in ritardo. Non ti hanno insegnato ad avvisare?»

«Ho fatto neanche cinque minuti di ritardo e ne ho dovuti aspettare venti perché tu scendessi! Con che coraggio mi parli di ritardo?»

«Io ero pronta, mi stavo cambiando pensando che tu non venissi più»

«Per cinque minuti!»

«Anche! Non sono abituata a gente che fa tardi agli appuntamenti»

«Ma vaffanculo!» sbottai.

«Dove andiamo?»

«Al cinema. Ti porto a vedere quel film che volevi tanto vedere!»

«No, l’ho già visto con Eleonora sabato!» rimasi un attimo pensieroso. Sabato pomeriggio ci avevo scopato io con Eleonora, quindi sapevo che non era vero.

«Ah. Andiamo a farci un aperitivo allora»

«Che idea!» fece lei senza entusiasmo. Misi in porto e partimmo, anche se non avevo un’idea precisa di dove andare. Mi ritrovai a pensare alle parole di Giada della mattina e cominciai a pensare che non aveva tutti i torti. La nostra ormai non era più una storia, ma una commedia. Fingevamo di stare insieme, ma ognuno si faceva i comodi suoi e mi ritrovai a chiedermi come mai, non capivo come eravamo arrivati a questo punto. Una volta eravamo come tutte le coppie, poi qualcosa si era rotto e non avevamo voluto vederre, probabilmente. Piano piano la frattura tra noi era diventata un cratere e oggi me n’ero reso conto in maniera evidente, ma come avevo visto il problema m’imposi di trovare una soluzione percorribile.

L’aperitivo non fu niente di speciale, giusto due chiacchiere su di noi e cosa avremmo fatto quel weekend, ovviamente senza mai parlare di uscire insieme, la cosa buona dell’aperitivo fu, senza dubbio, la birra. Erano un po’ di sere che non uscivo a bere e farlo lì con il sole mi sembrava una cosa così strana, mi fece tornare in mente le serate passate con gli amici a festeggiare l’estate, soprattutto le scopate con cui concludevo quelle serate.

Dopo averla lasciata, valutai la mia situazione. La sera dovevo uscire con Giada, ma non me la sentivo di tornare a casa e poi indietro un’altra volta per prendere Giada, optai per un veloce McDonald, certo non il cibo più salutare ma la voglia di fare tutti quei chilometri non c’era.

Neanche tempo di mettermi in fila per ordinare e mi squilla il cellulare

«Pronto?»

«Esci da quelo schifo e vieniti a mangiare un bel piatto di pasta a casa mia!»

«Giada, ma dove sei? Come hai fatto a vedermi?»

«Torno ora da un aperitivo e non potevo non riconoscere la tua auto! Solo tu hai quella decorazione»

«Parli del bozzo, giusto?»

«Si, della tartaruga. Ho realizzato proprio un’opera d’arte.»

«Concordo in pieno. La tua opera meglio riuscita»

«Grazie. E la tua qual è?»

«Essere il tuo miglior amico e sfruttarti per certi lavoretti»

«Vabbé. Faccio finta che è un complimento. Esci o no? Il sole non c’è più, ormai fa freddo»

«Si, arrivo.» dissi varcando la porta prima di perdere il telefonino. Una massa plastica improvvisamente mi aveva artigliato e si era piazzata sulla mia schiena abbracciandomi con le gambe e avvinghiando le braccia intorno al collo.

«Vai cavalluccio! Vai cavalluccio bello!» urlava mentre usava un braccio a mo di frusta sul mio culo.
«Giada! Scendi! Mi hai fatto caderel’Iphone!»

«Eh! Quante storie! Hanno fatto voli peggiori i tuoi cellulari, o sbaglio? Ricordo ancora la volta che uno mi è caduto addosso dal primo piano» bastò quella semplice frase per scatenare in me i ricordi delle vecchie serate a casa mia nella nostra città natale. Effettivamente ricordavo una cosa simile, mi pare che mi stavo baciando con Luisa, o era Simona? Associavo solo un delicato profumo di fiori a quel bacio, ma niente volto. In ogni modo ricordo che feci cadere il cellulare che avevo lasciato sulla balconata e colpi Giada sulla schiena, fortuna che si era chinata.

«Non lo dovevi dire, mi sono scattati tutti i vecchi ricordi. Quanto mi mancano le serate a casa mia.»

«Quanto mi mancano i barili di birra che portava Francesco. Riempivamo tutto il balcone»

«E puntualmente finiva» le feci notare

«Per forza, stavamo tutti a piedi. Casa tua era vicina a tutti.»

«Fortuna nostra, sfortuna dei miei vicini»

«Anche tua fortuna, sbaglio o scopavi ogni sera?- fece ridendo- ora andiamo o non mangeremo più»

Giada non aveva avuto la mia “fortuna” negli anni del liceo. Avevo perso i contatti con molti amici e mi ero allontanato da un gruppo unito e sempre pronto alla risata, ma almeno adesso non ero pendolare o fuori sede. I miei genitori si erano trasferiti quando dovevo frequentare il quarto anno ed io li avevo seguiti. La scuola non era stata all’altezza della precedente, ma volete mettere lo stare nella stessa città della vostra università? Tornare a casa la sera dalle lezioni e trovare la cena pronta? Nnon doversi preoccuparsi della spesa o della pulizia sono comodità che non hanno prezzo. Giada, invece, ci aveva messo tre anni per trovare la casa e le persone giuste. Ora aveva una stanza in un buono stabile e, per sua fortuna, le coinquiline non erano delle rompiscatole.
«Ciao ragazze»

«Ciao Giada.» risposero dalla cucina in coro le tre ragazze.

«Avete già cucinato?» chiese lei entrando nella stanza

«No, non ancora. Perché? Ah, capito» fece Daniela vedendomi.

«Sei anche tu dei nostri?» mi chiese Anna alzando gli occhi dal suo libro.

«Si, Giada mi ha obbligato. Come si può dire di no al proprio fantino?» e le ragazze scoppiarono a ridere.

C’erano tutte in quella stanza e ognuna di loro rappresentava uno stile diverso. C’era la dark ribelle vestita di borchie e croci, la ribelle con gli immancabili capelli colorati, la classica secchiona con maglioni a collo alto e occhiali spessi come un fondo di bottiglia, e ovviamente la mia Giada, credo la ragazza normale del gruppo

«Io scappo a mettermi qualcosa di più comodo. Lui lavora al posto mio» disse Giada indicandomi mentre spariva nel corridoio

«Tranquilla! Già previsto.- poi voltandosi verso di me- tieni prendi questi» fece Daniela passandomi i piatti fondi

«Già che ci sei, eccoti i bicchieri» si accodò Laura

«E queste sono le posate» fece Anna mentre andava a poggiare il libro nella sua stanza.

«Altro che ospite. Qua sono un maggiordomo»

«Bravo» esclamò Laura lasciandosi cadere sulla sedia. Dovetti riconoscere che era sexy con quella mise, non erano le scarpe, né la minigonna, ma neanche la camicietta semitrasparente. Erano i capelli e quell’insignificante neo sul labbro ad attirarmi in maniera così forte.

Avevo appena finito di apparecchiare che Giada ricomparve sulla porta, con un’orribile quanto anti-stupro mise.

«Beh, che avete da guardare? Almeno a casa non posso vestirmi così?»

«Tesoro, ma abbiamo ospiti» gli fece Daniela scioccata

«Lui non è un ospite – disse indicando me – mi ha visto più volte nuda lui che Andrea» le ragazze si girarono a fissarmi incuriosite

«Che avete capito?» feci io imbarazzato

«Nono, tranquille – disse Giada ridendo – non ci ho scopato con lui» tirarono tutte un sospiro di sollievo tranne Laura che mi fissò mordendosi un labbro. Passammo il resto della cena a ridere e scherzare, riuscì anche a restituire a Giada il momento di imbarazzo.

«E ora che facciamo?» mi chiese la mia amica allegra per la birra bevuta

«Ora vi prendo e vi porto in un bel locale a ballare un po’. Dai vestitevi! – neanche il tempo di dirlo che erano tutte schizzate nelle proprie stanze – E fate mettere qualcosa di decente ad Anna!» una risata generale si sentì dal corridoio

«Ma perché che hanno di brutto i miei vestiti?» protestò una voce

«Sono orribili! Ecco che hanno» fu la risposta di tutti in coro.

Il tempo di vestirsi e di truccarsi che le portai in un disco-pub nuovo dove avremmo potuto bere e ballare tutta la sera. Neanche tempo di arrivare che mi resi conto di avere la gola supersecca, così mi fiondai al bar

«Un martini secco» dissi ad una giovane barista che mi fissava

«Già cominci a bere?» mi chiese Anna scandalizzata.

«Chi ben comincia è a metà dell’opera.» risposi sereno mentre Giada, Laura e Daniela si perdevano nella folla che ballava. Anna come al solito era rimasta da sola al bancone, impacciata com’era. Lei non se n’era accorta ma tra i barman non ce n’era uno che non faceva che guardarle le tette. Anna, in fondo, era una bella ragazza, il problema era quel suo essere secchiona, non si valorizzava come poteva. Per carità, non che avesse il corpo di una modella, ma dimostrava il suo perché. Anna è una ragazza abbondante, leggermente curvy, con tutte le forme al posto giusto, aveva tutte le carte in regola per far girare la testa a molti ragazzi, se solo si fosse saputa vestire.

«Hai visto come ti guarda il barista?» le chiese

«Eh? Cosa?- saltò Anna- Ma cosa dici?» scherzò imbarazzata

«Sisi, secondo me ti guarda proprio. Guarda ora- Anna alzò il viso dalle mani rossa in viso e non seppe dare più di una sbirciatina, abbastanza però per notare lo sguardo del ragazzo.- Visto? Che te ne pare? Ti piace?»

«Carino è carino, figurati se gli posso interessare io» povera ragazza, meritava tanto e non sapeva prenderselo.

«Anna, facciamo una scomessa?»

«Sentiamo» chiese lei curiosa

«Tu segui i miei ordini e io ti faccio cadere ai tuoi piedi quel barista stasera stessa»

«Sembra interessante, ma…dov’è la scommessa?» mi avvicinai al suo orecchio e le sussurai con voce sexy

«Se ho ragione io, ti lascerai guidare da me in un mondo diverso da quello dei libri, se perdo…» mi fermai a pensare

«Se perdi tu?» m’incalzò Anna.

«Ti lascerò libera di decidere il pegno che dovrò pagare» mi guardò con due occhi divertiti

«Anche rendere pubblico il tuo archivio?» istintivamente strizzai gli occhi per contenere la fitta al cuore che quella richiesta mi provocò.

«Si, anche rendere pubblico il mio archivio»

«Ok, ci sto.» fece raggiante, era certa di vincere.

«Ordine numero uno: cambiare vestiti. Vieni, andiamo al bagno» dissi incamminandomi con il drink in mano verso la fine del bancone

«Al bagno? A fare che?»  Mi voltai di scatto artigliandole un fianco con la mano sinistra. La tirai a me, era rimasta così sorpresa che non abbozzò neanche una protesta. Con fare tranquillo avvicinai le mie labbra alle sue orecchie.

«Io comando, tu obbedisci. Chiaro?- un attimo di silenzio, strinsi più forte- chiaro?» ripetei con voce calma

«Chiaro» rispose un po’ incerta. Con la mano sempre sul fianco la spronai a precedermi, standole dietro potei ammirare meglio il suo culo. Si, avrei avuto da lavorare per trasformarla, ma ero certo che ne sarebbe valsa la pena.

 

 

 

La portai con me nel bagno degli uomini del locale, bloccai la porta con il mio peso e la guardai con attenzione: vestiti sciatti, niente trucco e occhiali anti sesso.

Rimediare non sarebbe stato facile, lo sapevo, ma c’era in gioco il mio archivio.
«Vieni qua!» le ordinai. Timorosa e ancora incerta si avvicinò, la accarezzavo il volto con la mano sinistra, ma non si rilassava, non staccava gli occhi dalla mia mano. In silenzio feci scattare il mio coltello tattico a scatto, mi era costato un bel po’ a suo tempo, ma era stato un ottimo investimento.

 Fissandola negli occhi scesi con la mano e afferrai il bordo del maglione, infilai il coltello e tirai, lei mi guardava allucinata in stato di shock

«Che stai facendo al mio maglione?»

«Fai una piroetta in senso orario, adesso» mi fissò per due minuti senza muoversi poi cominciò a girare lentamente e il mio coltello tagliava la stoffa appena la incontrava. Alla fine della piroetta cadde per terra una fascia di tessuto bella consistente, ora il maglione le arrivava poco sopra l’ombelico lasciando vedere la camicetta sotto, ovviamente antiestetica anche quella.

«Ora sta ferma, mi raccomando» le dissi con calma. Accarezzai con calma il suo seno, senza che se ne rendesse conto, avevo bucato il suo maglione una seconda volta. Con attenzione creai una fessura perché il seno fosse ben a vista.  Infilai la mano nella scollatura appena creata e la tirai a me usando il bottone subito sotto il seno. Si schiacciò contro di me, sentivo il suo corpo, il suo calore e il suo respiro affannoso, si stava eccitando. Con estrema lentezza infilai il coltello nello spacco lasciando che sentisse la lama attraverso il tessuto leggero e cominciai a salire verso il collo tagliando i singoli bottoni, saltò leggermente quando il primo volò via

«Shhhh! Stai ferma o rischio di farti male» le dissi a bassa voce mentre mi fissava con gli occhi spalancati e il respiro sempre più pesante. Feci volare via anche il secondo e il terzo, passai leggermente la lama sulla gola a simulare una minaccia spostando lentamente il coltello sul suo collo, riuscivo a distinguere le pulsazioni della gola sulla lama.

Lascai andare il bottone e scesi con la mano sul fianco sinistro, la strinsi per tenerla ferma e con lentezza ripetei le operazioni con gli ultimi bottoni della camicia senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Mi abbassai lentamente facendo scorrere la lama sul pantalone in maniera leggera fino ad arrivare all’orlo, incisi e risalì lambendo in maniera delicata la pelle, al ginocchio mi fermai, ripetei l’operazione anche con l’altra gamba e la guardai con cura

«Per stasera non posso fare di meglio. Non mi avevi mai visto con il coltello in mano?» mi fissò ancora stranita, poi lentamente disse

«No…mai…dove?» non aveva il coraggio di continuare

«Un piccolo lavoretto per fare qualche soldo al primo d’anno di università, lavoravo come scaricatore nella base militare»

«Questo non spiega come l’hai comprato»

«Non ho mai detto che l’ho comprato. Non credo che queste forniture si vendano»

«E come?»

«Basta domande. Solo, ascolta adesso.  Esci da qui, vai dov’è il ragazzo che ti fissava, siediti davanti a lui, scuoti la testa e digli che hai voglia di bere un orgasm…fermati e fissalo bene…poi continua dicendogli se te ne può dare uno. Quando arriva il cocktail, gioca un po’ con la ciliegia, bevine un sorso, chiudi gli occhi come a bearti del sapore e digli che è ottimo, ma niente è come un vero orgasmo. Prendi il bicchiere e vai verso la porta, subito prima di uscire fermarti sulla porta, fissalo e alza la gamba, poi esci, verrà lui da te. A quel punto dovrai giocare da sola, l’unico indirizzo che posso darti è di essere molto molto sfrontata per i tuoi standard. Hai capito tutto?» mi fissava ancora un po’ imbambolata

«Sisi…ho capito.»

«Io non posso assicurarti che andrà tutto per meglio, ma posso assicurarti che lui uscirà dal locale per cercarti»

«E se non esce?»

«Avrai vinto tu, ma ho visto subito il soggetto…uscirà a cercarti»

 

Lasciai che Anna recitasse la sua scenetta e mi andai a cercare qualcosa da fare in pista, anche se per meglio dire, cercavo qualcuna, perché il qualcosa da fare lo avevo già deciso. Mi avvicinai a Giada da dietro mettendole le mani sui fianchi e aderì al suo corpo

«Che fai?»

«Ti preservo»

«Mi preservi?»

«Sì, tengo lontani gli altri per Gianluca»

«Sicuro che sia per Gianluca?- mi disse in maniera provocatoria- Non lo starai facendo per la brunetta che ti fissa a ore 2?»

«Tutto può essere…tutto e niente»

«Sei un puttaniere di merda!» si girò fissandomi e mi colpì con i pugni al petto prima di allontanarsi verso il bar. Fissavo fermo la brunetta che si era goduta il siparietto, quindi feci la mia mossa. Andai verso di lei e la baciai impetuosamente afferrandole il volto con le mani, neanche tempo di allontanare le labbra che sentii un forte dolore alla guancia sinistra, dentro di me pensai: “Ceffone, me lo merito”. Mettemmo dello spazio tra noi, ma non era abbastanza da allontanarmi. La afferrai per la vita e la tirai al mio petto, con delicatezza la baciai di nuovo e stavolta niente ceffone.

Quando ci staccammo, allentai la presa sulla sua vita e feci un passo verso di lei, ora eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altro, lentamente ritirai la mano fin sul fianco e piano cominciai a scendere verso la sua coscia. Sentivo la differenza tra il tessuto del vestito e la sua pelle, liscia e morbida.

«Che prendi da bere?»

«Come?» Mi voltai verso il bar e ordinai

«Un mojito e mint julep»

«Arrivano»

«Che cosa hai ordinato?»

«Niente che non si addica alle tue belle labbra» mi guardava a metà tra l’estasiato e l’offeso, non c’è niente di più erotico per me di uno sguardo simile. Una bella ragazza che si sta abbandonando a me perché soggiogata dal potere mentale e fisico che esprimo su di lei e allo stesso tempo non ha ancora rinunciato a combattere. È in quel momento in cui si trova a riconoscere che sentirsi soggiogata da quel potere le piace, ma non rinuncia a combattere e dimostrare che lei è più forte.

Era lì che si mordicchiava il labbro inferiore in attesa che ci portassero da bere, nessuno dei due aveva ancora parlato ed io non avevo nessuna intenzione di farlo, senza fiatare mi mossi prendendola per il fianco sinistro e spingendola dolcemente verso il bancone, schiacciandola contro di esso.

«Il mojito e il mint julep» fece il barman poggiando due bicchieri. Senza spostarmi minimamente allungai la mano sinistra verso il bancone e mi ritrovai così, come senza volere, con la mano destra appoggiata all’interno della sua coscia. Rimase un po’ sorpresa, ma non si oppose, anche se era evidente che si sentisse a disagio con la mia mano lì e allora me la presi comoda, afferrai il drink lentamente e fissandola negli occhi mentre con la mano le accarezzavo dolcemente la coscia salendo un po’ fin sull’orlo del vestito, fu lì che chiuse le gambe
«E il mio cocktail dov’è?» mi chiese un po’ affannata

»È lì!- e glielo indicai- Te lo prenderei volentieri, ma ho solo una mano libera, dovrai aspettare che finisca il mio» mi fissava un po’ indispettita, ma capì dove volevo arrivare, aprì di nuovo le gambe e con la mano libera le presi il bicchiere

»Ecco il tuo cocktail. Ha un profumo inebriante» le dissi porgendole il cocktail con la mano che era stata così vicina al frutto proibito.

Iniziammo a parlare del più e del meno, non che mi fregasse molto di musica e tv in quel momento, ma di qualcosa si doveva pur parlare per poterle fare nuovi complimenti. L’acol era servito e l’aveva resa più sciolta ed io non perdevo occasione per adularla con complimenti di ogni sorta. Dopo una mezz’ora a parlare sentì qualcosa che richiamò completamente la mia attenzione: era fidanzata e il ragazzo in erasmus in Spagna.

L’argomento erasmus e situazione sentimentale divenne in breve il nostro argomento principale di conversazione, riuscì a farla spostare in un luogo più appartato dove l’essere a contatto era quasi inevitabile. Più lei parlava dei loro problemi e più io mi avvicinavo al suo corpo riscaldandolo e accarezzandolo, finché non sentì la frase perfetta

«Lui non è come te, è sbrigativo. Vuole solo godere, senza pensare minimamente a me»

«Oh, io non potrei mai. Non riesco a venire se non so con certezza di aver distrutto di orgasmi le mie partner» le scappò una risata divertita, evidentemente non ci credeva

«A giudicare da com’era arrabbiata la tua ragazza stasera, non mi sembrava che faceste molto sesso»

«Oh, ma non è la mia ragazza quella, è la mia migliore amica ed era incazzata proprio perché non me la voglio scopare. Siamo amici e penso che del sesso tra noi possa solo rovinare tutto» mi piazzò gli occhi addosso, avevo sicuramente calamitato la sua attenzione

«Davvero? Allora dimmi, c’è una ragazza qui adesso che possa confermare quello di cui ti vanti?» mi guardai intorno alla ricerca di qualche ragazza di mia conoscenza quando ne vidi una

«Sì, una c’è. La bionda con il cocktail in mano che ride con le amiche al bancone.»

«Mm….Ora vediamo se conferma la tua storia» disse allontanandosi, io rimasi lì con il mio cocktail ormai quasi finito. Vidi che parlavano un attimo e poi che si allontanavano insieme verso il bagno.

Io mi alzai e raggiunsi il bancone per ordinare un altro cocktail per ingannare l’attesa, ero ormai a metà cocktail quando le vidi tornare, Angela si fermò con le sue amiche al bancone, mentre Sami tornò verso di me, non si sedette nemmeno che mi mollo uno schiaffo

«Questo te lo manda Angela perché sei un vero stronzo- poi, mi baciò con foga – questo è perché sei stato le migliori scopate della sua vita» dovetti riconoscere che effettivamente credo che meritassi tutto quanto mi era stato detto e fatto da parte di Angela.
«Riconosco di aver avuto la mia parte di colpe nei litigi con Angela, ma questo non risponde alla domanda con cui mi hai lasciato. Sono un bugiardo?»

«Secondo lei no, ma una sola voce non basta.»

«Ricapitoliamo. C’è una ragazza con cui sono stato in passato che ti dice che sono stato le migliori scopate della sua vita e non ti basta?»

«Sei uno stronzo, anche» la attirai a me e la baciai

«Vuoi approfittarne o restare a parlare dell’aria fritta?- rimase ferma senza rispondermi mordendosi il labbro inferiore.

 

La portai fuori, lontano dalla calca e dalla confusione, lei mi seguiva docilmente, si stava lasciando trainare da me nel mondo del tradimento, ma ancora non era mia. Una volta all’aperto mi venne naturale inspirare profondamente a pieni polmoni, aria pura, niente aria condizionata, niente filtri per il riciclo. Mi voltai e la guardai come un leone affamato, mi gustavo la mia preda con gli occhi. La spinsi delicatamente verso il muro e la baciai.
«Mi stai…facendo…tradire il…mio…ragazzo» mi disse lei sottovoce mentre la baciavo ancora

«Ti assicuro…che sarà il…tuo più…bel tradimento»

«Presuntuoso!-mi disse allontanandomi un minimo- Il sesso senza amore è un’esperienza vuota» mi fissò seria.

«La migliore tra le esperienze vuote» ringraziai mentalmente Woody Allen per quella risposta così perfetta. La afferrai per il culo e la sollevai fino a guardarla negli occhi. Sentivo il calore che emanava e sapevo benissimo che lei sentiva la mia eccitazione, mi voltai e la deposi gentilmente sul cofano di una macchina parcheggiata.

«Cha cosa fai?»

«Tranquilla, non ci disturberà nessuno qui dietro, siamo soli»

«Vuoi scoparmi qui?» esclamò sorpresa

«No, qui è dove ti manderò in paradiso» e la baciai, scesi con le labbra al collo e mi dedicai a quella pelle così profumata. Succhiai, morsi delicatamente fino a salire dolcemente verso l’orecchio e verso il lobo, la sentivo fremere sotto i miei colpi e mentre le mie labbra erano concentrate sul suo viso, le mie mani s’insinuarono delicatamente nel suo vestito, non se ne accorse fino a quando scattò come una molla per il piacere

«Ahhhhh!» prontamente le misi una mano sulla bocca per farci sentire, eravamo soli, ma pur sempre all’aperto. La fissai negli occhi e li vidi annebbiati dal piacere, era mia. Scostai le sue mutandine e la mia mano fu a contatto con la sua fighetta, la penetrai con due dita guardando in viso, la vidi chiaramente spalancare gli occhi e agitarsi, non era abituata al mio tocco e al fatto che fossimo per strada. Rigirai lentamente e in maniera approfondita le dita dentro di lei, poi le estrassi all’improvviso lasciandole una sensazione di vuoto, con calma le tolsi la mano dalla bocca.

«Ti…prego…rifallo ancora!» mi supplicò

«Stai tranquilla, ti do qualcosa di meglio- dissi mettendomi le dita in bocca- Prima, però, lecca!» e le avvicinai le dita che avevo appena succhiato io. Era titubante, ma lo fece, le piacque perché inizio a simulare una fellatio con le dita. La guardavo assorta nell’operazione e capì che era il momento giusto, la penetrai affondo in un sol colpo, mentre con la mia mano le impedivo di gridare

«Ahgmgm!» le uscì solo un mugugno soffocato. Da quel momento le feci provare qualcosa che non aveva mai sperimentato prima, lo capì dai suoi occhi e dai suoi movimenti, aveva iniziato a cercarmi con il bacino, a stringere le sue gambe intorno a me, le braccia mi cercavano e mi trattenevano il più possibile dentro di sé. Andò avanti un bel po’, l’avevo sentita venire già almeno due volte quando cominciai a essere stanco, era molto stretta, faticavo sempre più a reprimere il mio orgasmo, avevo bisogno di esplodere, le afferrai il volto

«Prendi la pillola?»

«Si…ma…non…venirmi dentro» rispose ansimando, parlava a voce troppo alta

«Fai piano con quella voce!-si stava cercando di sfilare da me- vengooooo!» le sussurrai all’orecchio alzandola nuovamente di peso dalla macchina. Cominciò a sussultare in maniera scomposta, stava venendo ancora e in maniera più forte di prima, la testa era lanciata in maniera scomposta all’indietro e le unghie erano piantate nella mia pelle. Quando il suo orgasmo terminò, si lasciò cadere su di me e insieme ci appoggiammo al muro, nessuno dei due era in grado di stare in piedi da solo.

«Ti avevo detto di non venirmi dentro…sei uno stronzo!» mi disse appena ebbe ripreso un po’ di fiato

«Te lo avevano detto, mi pare» le ricordai mettendola giù dolcemente mentre cercavo di ricompormi

«Dio! Ho i capelli distrutti!»

«Un piccolo prezzo da pagare! Torniamo dentro» dissi avviandomi, lei allungò un po’ il passo e mi raggiunse abbracciandomi. Le misi un braccio attorno alla vita e girammo l’angolo, quello che vidi mi piacque, forse ancor più della scopata appena fatta. Anna che si baciava in maniera passionale con il barman stando a cavalcioni su di lui seduto sulla panchina, sì la scena mi piaceva molto.

 

 

Uno sgabello, un cocktail rinfrescante, i polsini della camicia aperti e rigiriati, si capiva proprio che avevo caldo e ancora non ero riuscito a farmi passare le mie voglie. Desideravo qualcosa di diverso da un po’ di sesso, desideravo anche il resto: coccole, un corpo caldo accanto a me nel letto, insomma desideravo una storia, una relazione normale. Avevo una sola possibilità per appagare in fretta questi desideri, dovevo far funzionare di nuovo la storia con quella troia di Nadine. Ero al bar assorto nel creare un infido stratagemma che potesse far rinascere una fiamma quasi morta quando mi raggiunse Giada

«Che bevi?»

«Il solito» Giada sbuffò e dopo essersi in pratica gettata sul bancone urlò verso il barman

«Un mojito, qui!» ma nel mezzo del casino e accerchiato da ragazze molto più svestite di Giada il poverino non l’aveva minimamente sentita. La guardavo sogghignando ben sapendo quanto si sarebbe sentita in imbarazzo a dover urlare di più o peggio a doversi confrontare con le altre ragazze secondo le loro regole.  Mi fissava delusa, malcelando il terrore del mettersi in mostra, così spinto da un insolito sentimento di generosità agì io. 

«Reggi questo e non berlo, ok?» senza attendre risposta puntai deciso verso il DJ, più precisamente verso una delle ragazze che gli erano assegnate per soddisfare le sue richieste.

«Ciao, mi servirebbe un mojito, ma in mezzo a quella folla di pazze zoccole isteriche è un po’ difficile ordinare- dissi ad una delle ragazze indicando il bancone- puoi darmi una mano?» le chiesi con tono dolce. Tentennò un po’ poi mi rispose

«Si, certo. Vieni- poi rivolta alle colleghe- ragazze torno subito» ci avvicinammo al bancone un po’ a fatica, ormai bisognava fare a spintoni anche solo per passare fuori dalla pista da ballo, il locale si stava riempiendo parecchio. Si appoggiò al bancone e chiamò

«Fabrizio!- il tipo nemmeno sen’era accorto- Fabrizioooo!!!» urlò molto più forte, mi avrebbe potuto rompere un timpano le fossi stato più vicino. Il ragazzo la vide, e le indicò che non capiva, tornando subito a concentrarsi su chi aveva vicino.

«Hai ragione, troppe ragazzine e troppo scemo lui. Aspetta un attimo, torno subito» e senza aggiungere altro si avviò verso la massa informe vicino il ragazzo. Non so di preciso come fece, però penso che mi sarebbe piaciuto, quando tornò, infatti, aveva la camicetta semi sbottonata e un sorriso felice stampato in volto.

«Come hai fatto?»

«Ho usato le mie doti» risposte con voce maliziosa mentre stringeva le braccia comprimendo le tette. Non ebbi bisogno di altre domande, sbattere quelle tette sul bancone avrebbe fatto scattare sull’attenti pure il più gay degli uomini.

«Grazie, non ce l’avremmo mai fatta senza di te»

«Prego, è stato un piacere. Vieni spesso?» mi chiese mentre con i polpastrelli si accarezzava il bordo della camicetta

«Non abbastanza, oggi ne sentivo un gran bisogno, però. Tu lavori qui i fine settimana?»

«Solo se nessuno m’invita a fare altro»

«Allora non so quanto continuerai a lavorare» aveva due labbra sottili, ma un bel davanzale sodo, non eccessivamente grande, ma stava su da solo senza alcun ausilio.

«Miii! Miriamm!!- la chiamò una ragazza vestita uguale, ma più abbottonata che giungeva alle sue spalle- Dov’eri finita? Dai che dobbiamo stare sul palco.» le disse portandosela via per un braccio  senza che lei potesse protestare.

«Sono tornata ad essere materiale?- mi sussurò Giada all’orecchio accarezando il mio collo mentre avvinghiava le gambe al mio bacino- Non ti azzardare a provare a fuggire di nuovo, sai?»

«Sembriamo un cucciolo di koala con la madre, lo sai vero?»

«Certo che lo so, mamma.- disse ridacchiando- Andiamo fuori?»

«Si, dai- dissi prendendo i cocktail- che così mi racconti» ci sedemmo su una panchina in mezzo al piccolo parcheggio davanti il pub, bevvi un altro sorso del mio cocktail e poi guardai con cura Giada. La testa un po’ bassa, il bicchiere stretto tra due mani come i bambini seduta all’amazzone sopra di me. Brutti segnali, doveva essere o qualcosa di molto importante o qualcosa di tremendamente stupido che la imbarazzava da morire.

«Ho fatto l’amore» esordì ad un certo punto e per poco non le rovesciavo il cocktail addosso

«Scusa?»

«Ho fatto l’amore per la prima volta» quasi urlò spingendo il petto in fuori, mi aveva quasi messo le tette in faccia, potevo sentire il suo profumo delicato inebriarmi i sensi. Cercando di allontanare gli occhi da quella visione risposi

«Giada, non mi risulta che tu fossi vergine quando è iniziata l‘università, che cavolo stai dicendo?» mentre agitavo la cannuccia nel bicchiere nervoso,

«Prima avevo solo fatto sesso, questa volta è stato diverso.» mi disse con gli occhi bassi e il viso rosso dalla vergogna, si muoveva oscillando su di me e unita al suo profumo la cosa stava producendo un piacevole effetto

«Ti sei innamorata?!- scoppia in una sincera risata- Giada sono felice per te, era ora che trovassi un ragazzo che ti ami, almeno uno di noi due vivrà una bella storia.» tirai due belle sorsate dalla cannuccia, ma lei era ancora tesa e con la testa bassa, non ne capivo il motivo.

«Non è un ragazzo» cadde il silenzio

«Non ti seguo» voltandomi a guardarla. Aveva catturato la mia piena attenzione

«Ti ricordi Angela? La tua ex? Ho fatto l’amore con la sua migliore amica martedì, a casa sua. È stato fantastico!» disse liberandosi da un peso

«Sono molto felice per te- sorridevo felice, ma sapevo che per Giada doveva essere stato un colpo- Che vuoi fare ora? Vuoi iniziare una storia con lei?» le sollevai gentilmente il mento per costringerla a guardarmi. Mi sentivo tanto fratello maggiore che si prende cura della sorellina, ma c’era anche altro. Ero geloso. Che mi piacesse l’amica di Angela? Beh, ci avevo fatto parecchi pensieri a suo tempo, ma da qui ad esserne geloso.

«Non lo so, è stata la prima volta per me» disse scuotendo la testa come a scacciare l’idea per poi tuffarsi sulla mia spalla

«Mi sembra di aver capito che ti sia piaciuto parecchio» le dissi con voce calda e dolce all’orecchio mentre le davo teneri bacetti sul collo

«Si, piaciuto mi è piaciuto. È stato unico, così diverso. Ma a me piace il…» sospirava, i bacetti facevano il loro effetto, ma continuava a vergognarsi

«Dillo dai, non ti vergognare, ricordati di stamatina.» le sussurai mordicchiando un lobo mentre con le mani correvo ad accarezzarle i fianchi, volevo si rilassasse del tutto.

«Mi piace il cazzo, mi piace tanto il cazzo. Quando è duro, rigido e caldo.- disse spingendosi contro di me con forza, sembrava quasi volesse cavalcarmi tanta era la tensione accumulata- Però mi è piaciuto anche il suo tocco» precisò alla fine. Le presi il viso tra le mani e appoggiai la mia fronte alla sua

«Bambi, io non credo che tu sia lesbica e non credo tu sia etero. Io credo tu sia bisex ed è un bene. Puoi scegliere la persona che ti fa stare meglio senza preoccuparti del suo sesso perché godi con entrambi»

«Ci ho pensato, ma ho paura. Se mentre sto con lei mi mancasse il cazzo o viceversa?» stava quasi piangendo

«Forza, calmati.- dissi baciandole le lacrime- L’unico modo per evitare una situazione del genere è essere sincera con la persona che hai vicino. Tu sei bisex e potresti avere voglie fisiche che non c’entrano nulla con i tuoi sentimenti» finito di parlare mi alzai di peso con lei sopra ancora avvinghiata al mio bacino

«Ma se amassi una persona, questa mi dovrebbe bastare» disse dopo aver poggiato le gambe a terra mentre mi guardava un po’ scossa dalla mia affermazione.

«L’amore è un nobile sentimento, ma è una cosa del cuore. Il corpo è altra cosa, io sto con Nadine e ne sono stato innamorato all’inizio, ma non sono mai riuscito ad evitare di tradirla. Ho sempre voluto anche altro, che posso farci? Sono nervoso quando sono monogamo» Giada mi fissava in modo strano. Si mordeva il labbro inferiore come a volersi trattenere dal dirmi qualcosa

«Che c’è? Dai, dimmi tutto»

«Lo so. Mi ricordo come mi fissavi dopo i primi mesi che stavi con Nadine, avevo paura mi mettessi incinta con lo sguardo»

«Esagerata!» scoppiai a ridere

«No, ti giuro. Avevi uno sguardo assatanato, non ero l’unica a notarlo. Sai ogni volta che sei venuto a darmi ripetizioni, poi sentivo Laura masturbarsi invocando il tuo nome» le mie orecchie si drizzarrono immediatamente

«Come?!» esclamai basito sentendo il mio cazzo duro agitarsi come avesse vita propria

«Facevi colpo, avevi uno sguardo animale, era davvero tanto sexy. Ti confesso che alcune volte hai fatto bagnare pure me solo a fissarmi. Mi sembrava di essere nuda, un giocattolo che osservavi, mi sentivo desiderata come poche altre volte»

«Ho i poteri speciali. Altro che l’Uomo d’Acciao. Ecco a voi l’Uomo che fa bagnare le donne» mettendomi in una posa assurda

«Si, con una secchiata d’acqua»                                            

«L’importante è il risultato-dissi sghignazzando buttando i bicchieri dei cocktail in un secchione- che bevi?» ormai eravamo di nuovo nel pub

«Mah, non saprei. Che beve una bisex?» scoppiai in una sincera risata. Mi avvicinai al bancone e per miracolo c’era un barista non assediato

«Un Whisky e cola e un- mi girai a fissare Giada- una caipirinha»

«Una caipirinha?» mi chiese Giada da dietro

«Si, simile al mojito come sapore, ma più forte»

«Mi piace» disse convinta. Giada continuò a parlare, ma io mi ero perso in Laura e nel suo masturbarsi, la cosa mi interessava parecchio. Mi risvegliai quando sentì

«…allora cosa ne pensi?»

«Che hai ragione tu, ovvio» ma non doveva essere la risposta giusta perché mi guardava arrabbiata

«Dove sei arrivato prima di estraniarti?»

«Ehm…credo di non aver sentito niente. Sai com’è, Laura, masturbarsi, fare colpo e la mia capacità celebrale di ascoltare è piombata a zero» risposi ridacchiando

«Lo immaginavo, dovevo aspettare a dirtelo» fece rassegnata

«Se volevi che ti ascoltassi ancora direi di si. Va bene, dimmi adesso ti ascolto»

«Ti stavo dicendo che ho letto da un libro che è possibile interpretare la personalità di una persona dai cocktail che beve. Tu, in teoria, saresti il tipo stereotipato che imita i film, io che bevo solo mojito sarei una che si sente sola e lo nascondo partecipando a tante feste. Cosa ne pensi?»

«Cosa vuoi che ne pensi? Puttanate. Io non sopporto il dolce, mi piacciono i liquori dal gusto secco come la vodka, il gin e il whisky. Sopporto poco o nulla il rhum scuro e accetto quello bianco solo con il lime perché lo rende un po’ aspro al gusto. Se fosse così come dice il libro non dovrei sopportare lo spumante e bere lo champagne, ma per è il contrario. Meglio lo spuntante, basta che sia brut. Fa effetto discutere di alcool con te, lo sai vero?» Giada scoppiò a ridere

«Credo dovremmo riprendere Daniela e Laura, si sta facendo tardi, domani c’è lezione» mi fece responsabile come al solito

«Senza il dovremmo, io ho laboratorio alle 8 di mattina» dissi ingurgitando una bella sorsata del mio cocktail

«Andiamo a cercarle, dai. Saranno sulla pista»

«Probabile» dissi avviandomi. Arrivammo vicino la pista, ma riuscire a trovarle in mezzo a quel miscuglio di corpi era impossibile.

«Non c’è un modo per riconoscerle?» chiesi a Giada cercando di sovrastare la musica

«Il colore del vestito di Laura, è verde pastello»

«In mezzo a queste luci? Qualcosa di più caratteristico?»

«Eccole sono lì!» dise Giada buttandosi in mezzo alla folla. Cercai di seguirla a spintoni, ma non era facile

«Laura! Daniela! Tesori miei!» e la vidi letteralmente tuffarsi in mezzo a loro due

«Amoreeee!» risposero le due in coro

«Non potevi dirmi di cercare delle parigine, invece del colore del vestito?» dissi io appena arrivato

«Eh?»

«Credo si riferisca alle tue calze»

«Esatto, non sono così comuni. Ora non resta che trovare Anna, l’avete vista?»

«No, mai. Sarà di sicuro seduta ad un tavolino da sola»

«Poverina, non è il suo ambiente questo. Ora la chiamo, tanto avrà di sicuro il cellulare in mano» disse Daniela recuperando il telefono da una borsetta. Anna rispose subito e ci diede appuntamento subito fuori. Ci avviammo e la trovammò già lì

«Che ci fai già qui? Mi ero prepatato ad una lunga  attesa- dissi avvicinandomi per evitare che le ragazze le vedessero il trucco sfatto e gli occhi gonfi- Hai pianto?»

«Andiamo a casa, vero?» mi chiese spaventata mentre con una mano si copriva la spaccatura che le avevo costruito sul maglione. Prima che potessi rispondere mi superò per cadere tra le braccia di Giada.

«Anna, tesoro. Tutto ok?- chiese Giada preoccupata quando la vide da vicino- Ma ti hanno aggredita, guarda che ti hanno fatto ai vestiti»

«No» credo disse lei tra i singhiozzi perché Giada rispose

«Dicci chi era che lo facciamo picchiare da Giorgio. Chi ti ha strappato i vestiti?» mi sentivo in parte responsabile, se qualcuno l’aveva aggredita era sicuramente per quello che le avevo fatto o detto di fare io.

«Nessuno mi ha aggredito» urlò Anna rossa e piangente

«Ragazze, se non vuole dirvelo non costringetela. Magari più tardi si sentirà di parlarne»

«Ma….e se l’avessero…» Giada non ebbe la forza di continuare la frase

«Dicci il nome del bastardo, Anna…le donne devono denunciare questi abusi, un porco così non deve passarla lisca» disse Laura decisa

 

«Sono stato io, Laura!- quasi urlai guardandola- Ora che vuoi farmi? Uccidermi? L’impiccagione potrebbe andare bene? O magari preferisci la sedia elettrica? No, meglio, il rogo? Che ne dici?- le ragazze mi fissavaìrono impietrite- Ora andiamo a casa.» mentre sbottavo stanco di quelle affermazioni, Anna era venuta a rannicchiarsi contro di me cercando la mia protezione.

«Allora? Cos’è accaduto con Anna?»

«Non te lo posso dire, Bambi. Non finché non sarà lei a parlartene, riguarda solo noi due»

«Non dire cazzate»

«Non sto dicendo cazzate.- Giada mi guardava pensierosa- Che c’è?»

«Sto cercando di capire se un pompino possa bastare per scoprire quello che voglio sapere.»

«Troia» la insultai ridacchiando

«E del sesso anale?»

«E da quando tu fai sesso anale?» le chiesi scrutandola per bene. Quel suo culetto era una meraviglia della natura, ogni uomo avrebbe voluto possederlo o palparlo liberamente. Non era possibile che decidesse così di concedermelo. No, decisamente non era possibile. E se, invece?

«L’ho fatto con Natalia» mi disse tutta rossa e con la faccia bassa. Le presi dolcemente il mento in mano e glielo alzai

«Sesso anale con una donna? E che ha usato? Le dita e la lingua?»

«S-Si» rispose lei sempre più vergognata

«Quante dita?» le chiesi brutale

«U-U-Uno» mi disse prima di scoppiare quasi a piangere
«Tranquilla, Bambi. Il tuo culetto è salvo, un dito non è niente, gli stronzi sono molto più grandi» le dissi scoppiando in una risata

«Ne sei sicuro?» mi chiese lei con la testa nascosta fra le gambe tirate sul sedile
«Sicurissimo, piccola. È come se tu fossi ancora vergine»

«Ah» mi disse mentre tirava su con il naso, quasi fosse delusa dalla cosa
«Sembri delusa»

«Vorrei essere un po’ come te, non vergognarmi sempre»

«Giada, tu sei meglio di me. Hai ancora la possibilità di scandalizzarti, di vergognarti, di sorprenderti. Credi sia bello essere come me? Io non so dove sbattere la testa per non avere l’impressione di andare solo con vergini, sai un po’ temo di essermi rovinato a stare solo con troie ninfomani» ammisi con voce grave

«Davvero?- mi chiese preoccupata. Si sporse per abbracciarmi, ma a metà si fermò- Non è un trucco per palparmi, vero?»

«Ehm…»

«Stronzo! Bastardo!» ma lo diceva ridendo, dopotutto era Bambi.

«Ora scendi, che vado a casa a dormire un po’» le dissi dopo che mi ebbe tempestato con i suoi piccoli pugnetti
«Va bene, ma solo se fili a dormire davvero a casa e non all’università o da qualche troietta, chiaro?»

«Promesso mamma, vado a dormire a casa» dissi mettendo la mano destra sul cuore. Misi in moto e ripartì alla volta di casa, anche se, in effetti, Giada non aveva sbagliato di molto. Di andare a dormire così, dopo la serata trascorsa, non aveva molta voglia, sentivo il bisogno di sfogarmi, di placare i miei istinti. Sulla via del ritorno c’erano alcune zone note per la prostituzione, avrei potuto sceglierne una carina e sfogarmi per bene, almeno così avrei dormito più tranquillo. Stavo valutando questa possibilità quando notai un’auto ferma a bordo strada, poi vidi la paletta e cominciai mentalmente a elencare l’intero calendario, sarebbe finita male.
«Patente e libretto»

«Ecco la patente- dissi porgendo la tessera- e questo è il libretto» tendendo il foglietto ripescato dal portadocumenti
«Non le sembrava di correre un po’ troppo?» disse subito prima di allontanarsi per dare i documenti al collega seduto in macchina. Ne approfittai per scrutare con attenzione in macchina, ma presto, da buon maiale, la mia attenzione fu calamitata da quel culo che camminava ancheggiando sinuosamente. Il problema fu che neanche quando si girò ebbi la forza per concentrarmi sull’auto. Aveva una seconda, forse una terza scarsa, misurai a occhio ma quel davanzale stava sù divinamente, tanto da tendere la giacca della divisa, come avevo potuto non notarlo prima? Capelli corti e trucco molto leggero, molto acqua e sapone, non tanto bella da attirare l’attenzione e farti storcere il collo per strada, ma comunque carina. Poliziotta, quindi ex militare. Come diamine potevano esserci ragazze così belle nell’esercito? Un anno a scaricare casse con loro e non ne avevo vista mezza anche solo lontanamente paragonabile.
«Allora?»

«Come scusi?» chiesi riprendendomi dai miei pensieri

«Non le sembrava di correre un po’ troppo?» mi chiese, questa volta con tono scocciato
«Mi capita talvolta di affondare il piede e spingere troppo forte, mi scusi. Anche se devo riconoscere che è la prima donna a lamentarsene» dissi con un sorriso
«Che vuol dire?»

«Che nessuna donna si è mai lamentata prima della mia guida» cercando di fare la mia migliore faccia da schiaffi
«Sta giocando con me?»

«Agente- iniziai con voce profonda sporgendomi verso di lei- sinceramente credo che ogni uomo su questo mondo vorrebbe giocare con una donna come lei»

«Queste sono molestie, lo sa?» mi disse con tono falsamente gentile.

«Sa, alcune donne accettano i complimenti per quello che sono, altre pensano che gli uomini vogliano sempre e solo portarle a letto. Lei è un’agente senza pregiudizi, vero?» dissi mantenendo il sorriso

«Se dice un’altra parola, potrei passare alle vie di fatto.- disse voltandosi verso il collega- Situazione?»

«Tutto regolare» lei si incamminò verso il collega sculettando in maniera fin troppo appariscente, era uno spettacolo fantastico. Un culo pieno, formoso, ma si vedeva chiaramente che era sodo, non cadente. Quando tornò con i miei documenti, potei ammirare ciò che prima mi era nascosto. Nonostante il freddo aveva slacciato la giacca ed i primi bottoni della camicetta, adesso potevo vedere l’incavo del seno ed ebbi conferma della mia teoria: seno alto, quasi troppo, e sodo, sembrava scolpito nella pietà.
«Ecco i suoi documenti» disse sporgendosi verso di me deliziandomi con quella fantastica vista
«Sì, grazie» risposi allungandomi, sfiorando con le dita il suo seno, alzai il finestrino e ripartì verso casa, il letto chiamava.

La mattina dopo ero ancora stanco, mi sembrava di non aver mai poggiato la testa sul cuscino.
«In laboratorio non si dorme!» scattai come una molla

«Sì, professore, ha ragione. Sono ancora stanco da ieri sera»

«Ore piccole?»

«Non tanto grandi» il professore si fermò un attimo

«Allora sarà l’età. Stai invecchiando»

«Eh si» in quel momento un profumo femminile inebriò la stanza
«Oh cara, benarrivata. Il laboratorio è cominciato due ore fa»

«Mi scusi professore, ho trovato traffico»

“Traffico alle otto di mattina di sabato?” pensai tra me, ma non mi sembrava decisamente il caso di esternare il mio pensiero
«Mi dai il cambio a controllare quei tre bimbi che io vado a fare colazione?»

«Sì, ma prima devo andare a fumare. Ho bisogno di nicotina»

«Se riesci ad aspettare un attimo torno, eh» urlai al culo che si usciva dalla stanza

«Scusa, con questo che ci facciamo?» mi chiese uno studentello affacciatosi dal laboratorio didattico
«Quello lo colleghi al circuito se non vuoi che esploda il tuo lavoro»

«Perché dovrebbe esplodere?»

«La domanda giusta è: perché non dovrebbe?»

«Sii un po’ più gentile, sei stato anche tu uno studente come loro» disse il professore
«Professore, io non ho rischiato di far esplodere un circuito da 20000€ perché mi sono scordato di collegare la messa a terra» dall’altra stanza si sentì un forte ronzio e d’istinto scattai verso l’interruttore rosso al centro della stanza. Non feci in tempo e un’esplosione di luce si propagò dal circuito lasciando solo una piccola fiammella che bruciava vicino all’interruttore.
«Chi ha acceso quel circuito?- sbraitò il professore. I ragazzi in silenzio non proferirono parola- Avete una giornata per deciderlo. Ora andate tutti a casa, domani mi direte il nome. Senza nome avete tutti finito la tesi»
“Laboratorio finito” dentro di me non potevo che gioire per il lavoro terminato in anticipo. I ragazzini avrebbero dovuto studiare di più, sarebbe potuta andare anche molto peggio, se uno di loro avesse avuto le mani a contatto con dei conduttori, ci poteva restare secco visto l’impulso generato.

Ero indeciso se approfittare del tempo libero per approfondire la tesi o se andare a trovare Anna, nel frattempo che ci pensavo decisi di andare a fare colazione. Quando tornai la stanza era chiusa a chiave e già la cosa mi parve strana, estrassi la mia e aprì la porta. I rumori che sentivo erano inequivocabili, suono di risucchio, mugugni e sospiri di piacere potevano trovarsi insieme solo in un pompino. La mia borsa era nell’altra stanza e non avevo nessuna voglia di azzardarmi ad entrare, mi era bastato una volta lo spettacolo. Afferrai la giacca e optai deciso per l’idea di andare a trovare Anna, alla tesi avrei pensato un altro giorno.

«Sì?»

«Anna, sono Simone»

«Ah- potei notare distintamente la delusione nel suo tono di voce- cerchi Giada?»

«No, veramente cercavo te. Posso salire o scendi tu?» il click del portone fu una risposta molto eloquente. Raggiunsi l’appartamento ed entrai, neanche tempo di fare due passi dentro la casa che qualcosa di duro mi colpì al braccio sinistro. Barcollai, ma mi scossi rapidamente ed alzai le braccia per difendermi preparandomi al secondo colpo. Bloccai il mio aggressore e lo schiacciai contro la parte, disarmato. Fu allora che vidi Anna.
«Perché mi hai aggredito?»

«Perché è colpa tua. È tutta colpa tua. Mi faccio schifo, adesso»

«Anna, stai calma e comincia con il raccontarmi cosa ti è successo» e mi raccontò tutto, ma proprio tutto. Mi disse di com’era bastato niente per convincere il barman, ma mi raccontò anche il dopo. Del fatto che non si fosse accontentato di com’era lei, di come aveva reagito al suo rifiuto e come si fosse vendicato spiattelandole che andava a scoparsi una puttanella di neanche vent’anni, “perché almeno lei non è un’altra stupida catechista di merda”.
«Anna, è normale che tu sia shockata.- mi guardò incazzata nera- Sì, è normale sì, che diamine.- continuai con voce più paterna, dovevo farla calmare.- Prima cosa: calmati. Alzare la voce non ti aiuterà, né ti farà sentire meglio» mi fissò in cagnesco, ma si rese conto che avevo ragione perché mi fece strada indicandomi la sua stanza. Mi sedetti sul bordo del letto mentre lei si mise in cima con le gambe tirate sotto il mento. Era chiaramente in posizione difensiva e dovevo essere dolce se volevo riuscir a scardinare la sua corazza. Presi il discorso con calma alla larga

«Anna, so che quanto successo ti ha colpito molto, ti ha shockata e so benissimo che per chi non è abituata una situazione simile è difficile»

«Cosa credi? Che non abbia mai provato un rifiuto? Io sono sempre rifiutata, mi basta camminare per strada per sentire gli insulti»
«Sai bene quanto me che sono due cose diverse. Chi ti rifiuta in strada lo fa su un preconcetto, basandosi sulla sua stupidità, ma stavolta sei stata rifiutata perché non eri troia, perché esisteva qualcuna migliore di te nel farsi scopare come una puttana. Hai affrontato la sconfitta. Una sconfitta maturata nonostante tu avessi messo tutta te stessa in quella battaglia»

«Non è solo questo. Mi sono svilita come donna e non è cambiato niente» alzai lo sguardo su di lei, era qui che la conversazione sarebbe stata interessante

«Ti sei svilita?! E perché? Perché hai fatto la donna? Perché hai usato il tuo corpo per stimolare desideri sessuali in un uomo? Pensi che questo ti svilisca?- alzai sempre più la voce in climax, poi cadde il silenzio- Rispondimi!» urlai secco sempre più forte

«Sì, ho fatto la puttana, la troia. Io non sono bella e nessuno mi vorrà mai»

«Razza di stupida idiota che non sei altro. Quell’uomo non voleva te, non voleva Anna, non voleva i tuoi sentimenti, non voleva il tuo cervello. Sai cosa voleva? Bocca, tette, figa e culo. Se fosse stato feticista anche i piedi, ma non voleva te. Voleva un corpo, un corpo con cui scopare. Potevi avere il cervello della Montalcini o quella Cipriani per lui, non cambiava nulla.- Anna mi fissava impietrita. Continuai, ma con voce più dolce- Credi che per me sia diverso? Credi che le ragazze mi scelgano per il mio cervello? No, mi scelgono per il mio fisico e per le parole che dico, non importa se le penso o no- mi tolsi la giacca e la maglietta di furia- Guarda!- dissi indicando i miei addominali – Ci ho messo anni per averli così definiti, secondo te perché? Perché le ragazze non guardano altro.» Anna mi guardava intimorita, ma anche estasiata dalla vista, mi resi conto in quel momento di aver fatto breccia nella sua corazza.

«Posso toccarli?» mi chiese mentre allungava timidamente una mano

«Certo che puoi- dissi prendendole la mano e portandola sui miei addominali- scorrili con la mano, senti la definizione» Anna si stava abbandonando al contatto ed io lentamente mi alzai leggermente sul letto per avvicinarmi a lei, notai distintamente il suo respiro affannoso. Portai il mio viso sulla sua fronte e mi strusciai un po’ prima di dirle

«Afferrami, senti il collo, senti le mie spalle, senti la potenza di un uomo» il tono era gentile e delicato, ma le parole che le sussurrai erano un ordine e lei lo capì. Si sbrigò ad obbedire e più mi toccava più sentivo il suo coinvolgimento, le sue mani non smettevano di esplorare il mio corpo, ora erano frenetiche, mi graffiava con le mani come un animale. Le strinsi un fianco con la mano e la tirai verso di me, doveva capire che ormai era mia, decidevo io come e quando. La deposi delicatamente sul letto e le spostai dolcemente i capelli, era il momento di spogliarla, di farla sentire desiderata davvero. Quando fui nuovamente sopra di lei, le bloccai i polsi sopra la testa, lei capì dove volevo arrivare

«Non credo sia il caso, tu sei…» tappai la protesta con un bacio e bastarono pochi secondi perché la forza sparisse dai polsi, li lasciai e con la mano sbottonai lentamente e rumorosamente i miei pantaloni, doveva sentire e capire cosa sarebbe accaduto molto presto.

Mi fissava negli occhi abbandonandosi a quello che vedeva, si stava concentrando solo su di me dimenticando tutto quello che stava accadendo e quello che sarebbe successo presto. In quel momento di estraneità affondai dentro di lei con un colpo deciso ma lento. Spalancò gli occhi, un grido di sorpresa le morì in gola e mi fissò senza essere capace di fare o dire nulla
«Calma, Anna! Lo senti? Sto entrando in te» e con calma feci entrare più cazzo

«Ma quanto?! Non puoi entrare ancora»

«Non posso entrare ancora, dici?- diedi un ultimo affondo con forza- Io credo di si!»

«Ahhhhhh!!!- dopo l’urlo lasciai che riprendesse fiato- Fortuna che è finita»

«Finita? Credi che mi accontenti di vederti miagolare?»

«Miagolare?! Credo mi abbia sentito tutto il palazzo»

«Allora adesso ti sentirà tutto il quartiere!» tirai indietro il cazzo e riaffondai completamente in lei con forza, ma non veloce. Una, due, tre volte, vedevo il suo viso stravolto, non era abituata a un simile trattamento, era il momento di passare alla fase successiva. Aumentai la velocità con forza, nulla di distruttivo, almeno per me, ma per lei, non abituata, era distruttivo, la vedevo contorcersi come una pazza, sgusciava dalle mie mani come un’anguilla, non riuscivo quasi a tenerla. Non so quanto tempo continuai di preciso, ma non ebbi problemi a gestire la mia erezione, anche perché Anna era inesperta e nonostante si muovesse in maniera scomposta e sfrenata, restava un sacco di patate in cui affondare, non metteva in pratica nessun comportamento attivo. Io di roba dove mettere le mani tra i suoi fianchi e quelle grandi tette avevo l’imbarazzo della scelta. La presi anche per le gambe che mi sorpresero molto, non erano morbide come avrei creduto, ma dure e sode.

«Spaccami! Distruggimi! Ancora! Non smettere, ti prego! Oh mio diooo!!!!!» stava urlando davvero come una pazza, probabilmente stavolta la sentiva davvero tutto il palazzo, ma non era con lei che mi sarei potuto divertire davvero, almeno non così. Le afferrai le tette e decisi di cambiare gioco, ne schiaffeggiai una e notai il suo sussulto di risposta, la colpì ancora, e una terza volta, si contorceva in maniera incredibile, le piaceva il sesso più cattivo, dovevo portarla al limite. 

«Ti piace, eh? Altro che secchiona, tu potresti fare la puttana visto quanto urli- senza avvertirla minimamente uscì e la girai di forza- e le puttane si scopano così» dissi e senza attendere una sua parola le afferrai spingendole il mio cazzo in fondo alla fica con forza
«AAAHHH!!! Sono una puttana!» aveva perso completamente tutte le inibizioni

«Posso farti godere più di così e posso insegnarti a far in modo che sia così con tutti»

«Sì, ti prego! Ancora! Ancora!»

«Devi fare tutto quello che ti dirò, lo farai?»

«Sìsì, tutto quello che vuoi, ma fammi godere sempre così»

«Prometti?» e le afferrai i capelli tirando con forza verso di me

«Sìsì, tutto!»

«Prometti?» aumentai la velocità e le schiaffeggiai il culo con forza mentre usavo i suoi capelli a modi briglia

«Sì, lo promettooooo!!!!» disse mentre continuavo per farle venire il culo rosso, stavo arrivando al culmine anch’io

«Prima lezione: Come si beve» dissi mentre la lasciavo e le portavo la bocca a contatto con il mio cazzo. Probabilmente in una situazione normale mi avrebbe mandato a fare in culo o mi avrebbe morso il mio amato cazzo, ma in quell’occasione non ebbe la lucidità per decidere, ma solo l’istinto per agire. Aprì la bocca e accolse il mio cazzo che se la scopava. Tossì appena le misi il cazzo in bocca, la soffocavo, ma non m’importava. Stavo per venire e, infatti, un attimo dopo le riversai il mio orgasmo in gola. Non abituata, stava per strozzarsi e voleva sputare, ma da stronzo quale ero le chiusi immediatamente la bocca con le mani

«Butta giù! Ingoia tutto!- non ce la faceva- Fallo o niente più orgasmi così» si decise e seppur a fatica la vidi ingoiare. Le feci aprire la bocca e diedi un’occhiata. Sì, aveva ingoiato tutto. Sorrisi soddisfatto, lei cadde indietro sul letto sospirando.
«Sveglia, non ti addormentare eh»

«Perché no? Ci starebbe così bene adesso dormire abbracciati, sei stato grande»

«Ti ringrazio per il complimento dissi ridacchiando- ma noi due non stiamo insieme, si è trattato di pure sesso senza sentimenti»

«Cosa?» mi guardava come un cucciolo ferito, era sconvolta dalla notizia

«Ti ho restituito quello che non ti è stato dato ieri sera, te lo meritavi. Eri bella e sensuale»

«Non capisco…» non riusciva davvero a seguire il filo del discorso, era in black-out, doveva essere rimasta alla mancata relazione. Mi sedetti sul letto e con la mia voce più dolce cercai di rassicurarla

«Quest’esperienza è stata molto bella per entrambi e ci ha insegnato cose nuove. A te cosa significa avere orgasmi degni di questo nome e a me cosa ho sotto le mani e quanto e cosa devo insegnarti. Tu vuoi e desideri un uomo, un uomo da sposare perché in fondo sei una sognatrice. Io non posso insegnarti a conquistare l’uomo della vita, ma posso insegnarti come tirare fuori la parte più sessuale di te» aspettai un attimo per vedere se aveva metabolizzato

«Tu hai fatto sesso con me solo per scopare?»

«No, l’ho fatto per farti capire cosa puoi avere. Mi hai detto che ieri ti eri svilita, ma ti ho appena dimostrato una cosa. Tu non sei diversa da quel barman, hai fatto sesso per me per i miei addominali, per il mio corpo» le dissi in maniera tagliente. Cadde il silenzio, eravamo fermi, senza dire né fare alcun movimento. Alla fine spezzò lei il silenzio

«Quindi pensi che ieri sera se fossi andata fino in fondo, avrei potuto ottenere questo?»

«Non so se questo, forse meglio, forse peggio. Avresti ottenuto del sesso, questo è sicuro»

«Ma il sesso da solo fa schifo!» Inarcai le sopracciglia

«Davvero? Da come urlavi non si sarebbe mai detto»

«Che c’entra…pensavo fosse per sempre»

«Niente è per sempre, nemmeno la più grande storia d’amore, alla fine si muore.- da sognatrice mi lanciò uno sguardo cattivo- Battute a parte dal sesso possono nascere molte cose: odio, amicizia, amore, indifferenza, paura, insomma tutto»

«Che vuoi dire?»

«Che il sesso è il principio, senza di quello non ci sarà mai una storia. Se si deve iniziare una cosa perché non cominciarla con i fondamentali? Il resto si può costruire. Non posso insegnarti come conquistare un uomo, ma posso insegnarti a tenertelo stretto, a capire cosa vuoi dall’uomo che hai davanti. Insomma a tirare fuori la tua parte sessuale, ma l’ho già detto»

«Io non sarò mai sensuale»

«Ho detto sessuale, non sensuale»

«Qual è la differenza?»

«Sessuale vuol dire sesso. Significa sapere quello che si vuole, essere a conoscenza dei propri desideri e delle proprie aspettative. Una donna sessuale è una che non ha paura di lanciare ammiccamenti e frecciatine ad un ragazzo, una sensuale aspetta che qualcuno si faccia avanti. Attivo e passivo»

«Capito, ma tu credi che io possa essere sessuale?»

«Tutti possono esserlo, basta sapere chi si è e cosa si vuole. Quando si sanno queste cose, l’andare a cercarlo diventa un istinto più che una possibilità»

«Interessante»

«Io ora devo andare, ho una borsa da riprendere in facoltà e una tesi da finire. Tu, però, devi fare la prima cosa per me»

«Cosa?» sembrava una bimba cui si sta per dare il giocattolo, saltellava felice per la stanza
«Parlare con Giada e spiegarle la nostra scommessa. Non potrò aiutarti davvero facendo tutto da solo, serve una persona che possa aiutarti in alcuni passaggi, dove io non potrò farlo»

«Sei sicuro?»

«Di Giada? Se non lo fossi, non te l’avrei detto. Giada terrà il segreto se saprà che è un mio segreto, non ti preoccupare»

Quando rientrai in facoltà, avevo una fame incredibile, l’ora di pranzo era passata da un po’ ed ero a digiuno dalla colazione al bar. Raggiunsi il laboratorio personale del professore per cercare di recuperare la mia borsa, avevo bisogno di lavorare sulla tesi che non ero a un buon punto. Arrivai e c’era la porta aperta, il che era un buon segno, non avrei rischiato di trovare attività compromettenti.

«Professore?- chiamai Elena?» nessuno rispondeva. Tutti fuori e la porta aperta? Non nel senso di chiusa senza mandata, ma proprio aperta. Con il rischio che qualcuno rubasse tutto, era già accaduto dopotutto.

«Simone, ci sono solo io, il professore è andato a casa. La tua borsa è qui, vieni» l’avevo appena raccolta da terra stando nell’altra stanza, mi fermai e la posai

«Arrivo» dissi affacciandomi alla porta e la vidi. Stava lì nella stanza, in intimo a guardarmi come fossi io quello in mutande

«Che hai? Visto qualcosa di strano?»

«Solo una troia, niente di anomalo» si alzò dalla sedia per colpirmi, ma lo avevo previsto. Le afferrai il polso e con un balzo annullai la distanza tra noi, da due passi potei sentire distintamente il suo respiro corto, era tesa, probabilmente eccitata

«Ti faccio tutto questo effetto, troia?- scandì bene l’ultima parola, volevo capisse che era quello che pensavo di lei. Il suo respiro divenne ancora più corto, sembrava quasi eccitarsi ad essere chiamata troia – Sai come tratto le troie come te?» scosse la testa imbambolata, aveva perso la sua baldanza. Aveva creduto che sarei caduto ai suoi piedi, che mi sarei prostrato per una scopata con lei, niente di più sbagliato. La voltai e la appoggiai alla scrivania, senza darle neanche il tempo di capire, la sculacciai.

«Ahia!- il colpo la riscosse e si girò a fissarmi- Che cosa vuoi fare?»

«Punirti. Le troie come te vanno punite» e la colpì un’altra volta

«Ahi!- e un’altra ancora- Ahhh» pochi colpi ben dati e cominciava già a sospirare, più facile di quel che avessi creduto.

«Sei solo una troia d’infima qualità.- colpo con sussulto da parte sua- Ti credi importante, come se l’avessi solo tu.- colpo, questa volta le scappò un gemito di piacere- Sorpresa!» un altro colpo, questa volta sulla figa
«Cosa mi stai facendo?» chiese con il respiro corto, non riusciva più a trattenere il suo corpo, le piaceva parecchio il trattamento

«Sei bella!- nuova sculacciata, le stavo facendo il culo tutto rosso- Ma una troia come te non merita il cazzo!» la colpì ancora e ancora in rapida successione
«No! Dammaahhh!- non riusciva a fare una frase senza gemere- Dammelo, ti…aaahhh!! Ti prego!» era veramente in soggezione, ma non riuscivo a capirne il perché. Avevo fatto molta attenzione a tenere i miei affari lontani dalla facoltà fino ad ora, perché lei mi voleva?
«Lo vuoi?- e senza dire altro le misi due dita in fica- Comincia a farmi vedere come vieni» con la mano libera la schiacciai sulla scrivania, era completamente in mio potere

«Lo vogliooohhhh!» era evidente che fosse sempre più partita, accelerai con la mano, sentivo i suoi umori non solo sulle dita

«Vuoi venire, eh?»

«Sì! Si! Fammi veniree! Ahhhh!» il suo corpo s’irrigidì e cominciò a tremare e vibrare. Stava avendo un potente orgasmo. La mia opera era compiuta

«Sei una lurida scrofa! Bastano pochi ceffoni e due dita per farti godere. Volevi il mio cazzo? Non sei degna di riceverlo, io con questo ci faccio godere le donne, non le bambine. Torna a giocare con le bambole!» mi ero preso la mia rivincita personale, avevo messo in chiaro i rapporti di forza tra noi. Ero stufo di vedere un’incapace come lei andare avanti grazie al suo fisico e alla sua porcaggine

«Come ti permetti di parlarmi così? Chi ti credi di essere?» mi rispose ancora con l‘affanno e nuda. Era uno spettacolo girarsi a guardarla

«Quello che ti ha fatto godere senza neanche scoparti o leccartela, mi sono bastate due dita nella tua fica per farti colare, tanto che hai pure sporcato la scrivania. Non ti vergogni?»

«Sei un pezzo di merda! Te la farò pagare!» gridò isterica sbattendo i piedi. Sembrava proprio una di quelle bambine capricciose cui i genitori non vogliono comprare un giocattolo nuovo

«Mocciosa capricciosa, lo credi davvero? Sei davvero così stupida?-tornai come una furia verso di lei- Tu ogni volta che ci vedremo da adesso in poi abbasserai sempre lo sguardo, ti rivolgerai a me in modo gentile e non ti permetterai mai più di contraddirmi, anzi mi servirai e sarai amorevole con me. Sai perché?- sollevandole la testa per fissarla negli occhi- Perché sei mia! Nessuno ti farà godere come sono riuscito io- ribattei. Aveva il fiato corto, ma non per la rabbia, era di nuovo eccitata- Come si risponde?» le chiesi beffardamente
«S-sì» sussurrò

«Dillo bene»

«Sì, sono tua! Fammi godere ancora, ti prego!»

«Non oggi» presi la borsa e uscì dallo studio.

«Pronto?»

«Nadine, vestiti che ti porto ad una festa all’università»

«Ma me lo dici adesso?»

«Ho deciso ora»

«Ma cosa credi che io sia ai tuoi comodi?»

«La metto in un altro modo. Io sono appena salito in macchina- chiusi forte la portiera perché capisse che non stavo enfatizzando niente- tra quindici minuti sarò al bivio. Per allora devi farmi sapere se vieni o no»

«Ma cosa vuoi? Ma sei impazzito?»

«Nadine, non ci sono tante questioni. O vuoi venire o no» dissi mentre facevo manovra

«Ma ti rendi conto che non puoi dirmelo all’ultimo? Mi devo organizzare»

«E tu ti rendi conto che solo a sentirmi così come le prime volte ti sei già bagnata, vero? Fai poco la stronza e vieni che lo sappiamo entrambi di aver bisogno di serate complici e ti assicuro che questa sarà molto piacevole. Adesso hai 14 minuti per farmi sapere, chiudo» prima che potesse rispondermi qualcosa avevo già chiuso la comunicazione. Dovevo fare un’altra chiamata ed era quasi più importante

«Giada?»

«Si, ci sono, ma qui è ardua»

«Ancora lì siete? Ma schiaffale un jeans e una polo attillata. È una festa universitaria mica una prima della Scala»

«Ogni serata ha bisogno del giusto look e non riesco a sbrogliare la matassa. Non riesco a capire cosa la può trasformare in una bomba sexy»

«Bambi, ha due meloni fantastici»

«Si, ma non la posso mandare in giro nuda»

«Perché no?»

«Ma che stai dicendo?- poi cambiando argomento- Stasera come finirà?»

«Ho un piano»

«Li conosco i tuoi piani, sono solo sesso»

«Non vorrai fare la moralista?»

«No, ma un minimo di pianificazione non guasterebbe»

«Ma ho pianificato, te ne accorgerai stasera»

 

Quando passai a prendere Nadine dovetti riconoscere che era spettacolare, veramente bellissima

«Adoro quando mi dai retta»

«Ed io ti amo di più ogni volta che fai il bastardo»

«Fammi un pompino» dissi mettendo in moto. Nadine mi fissava con uno sguardo misto tra il divertito e l’eccittato. La nostra relazione era nata così, serate con amici concluse a scopare mentre gli altri ci aspettavano e ogni momento da soli lo passavo a godere l’uno dell’altro. Ritornare alle origini poteva essere un modo per riallacciare quel rapporto di complicità che avevamo prima e che nell’ultimo anno era sparito. Mentre ricordavo Nadine si era chinata e dopo avermi slacciato i pantaloni si stava ora dedicando al mio cazzo. La sensazione di calore, di umido, ma soprattutto la pressione delle sue labbra non erano facili da dimenticare, ma ricordarle non era niente rispetto a provarle, aveva un’abilità innata nell’arte della fellatio, come lei nessuna. Ogni volta ingoiava il mio cazzo più che poteva fino a strozzarsi e stringeva forte come a volerlo spremere, era fantastico sentirla risalire, potevo distinguere ogni singolo millimetro di quelle labbra. Non si staccava mai, non importava quando durasse il pompino, il mio cazzo era come sottovuoto, le sue labbra aderivano alla perfezione e non mollavano la presa finché non venivo o la staccavo di forza. Non usava mai le mani, ma in compenso si divertiva a non stare mai ferma con la lingua, non compiva chissà quali movimenti, ma era un continuo. La ruotava in torno al mio cazzo o si limitava a dare delicati colpetti, ma  non si fermava mai, per tutta la durata del pompino.r32;Nonostante cercassi di concentrarmi sulla guida il più possibile, mi stava divenendo impossibile non venirle in gola, sapevo che le sarebbe piaciuta, ma avevo bisogno non fosse soddisfatta, mi serviva eccitata e vogliosa. Stavo per dirle di fermarsi, quando dopo l’ultimo semaforo ecco spuntare una brutta sorpresa, le afferrai con forza i capelli e la tirai verso l’alto

«La polizia!» mi fissò stralunata e si voltò giusto in tempo per vedere la paletta rossa indicarmi la fermata. Svoltai mentre lei con un rapido movimento del braccio rimetteva a cuccia il mio cazzo e lasciava scorrere la maglietta sui jeans, non era il massimo, ma almeno non avevo il cazzo di fuori.

«Patente e libretto»

«Ecco la patente- voltandomi verso Nadine- mi prenderesti il libretto nel portaoggetti?» Nadine fu stranamente comprensiva e mi prese il libretto che porsi all’agente improvvisando un fintissimo sorriso a trentadue denti. Appena si voltò per tornare alla macchina ne approfittai per chiudermi i pantaloni e nascondere il più possibile la mia recente attività. Nadine, invece, con molta naturalezza si stava sistemando il rossetto sbavato.

Notai solo in quel momento, un attimo prima che la poliziotta tornasse verso di me il suo culo, ci misi un secondo per collegarlo ad un incontro di poche sere prima. Non conoscevo niente di lei, ma dovevo tentare una cosa, tanto non sarebbe andata in porto, ma non potevo lasciar passare anche quest’occasione senza fare nulla. r32;Non potevo farmi vedere e non era facile, ma un modo forse c’era, presi il portafoglio per essere pronto a metterci dentro il documento e con leggerezza lasciai penzolare il braccio al di fuori dello sportello. Tornò e mi restituì documento e libretto, ringraziai e ripresi la marcia, quando rimisi il braccio dentro il biglietto non c’era piùr32;«Hai visto che troia?»

«Che intendi?»

«Non ci credo che non le hai viste, quando è tornata aveva tutte le tette di fuori»r32;«Tutte…aveva aperto solo qualche bottone»

«Brutto maiale, gliele hai guardate»

«Pure tu, non sono il solo»

«Ma io sono donna!»

«E allora? Non mi tradiresti mai con una donna?»

«Non lo so»

«Quindi mi tradiresti, eh? Vorrà dire che ti punirò. Che ne dici se ti lascio senza sesso?»

«Che a quel punto ti tradirei di certo»

«Poi sono io il maiale, eh? Torna a farmi il pompino- non finì di parlare che si era già chinata a slacciarmi i pantaloni- troia!» dissi ridacchiando

Quando arrivammo alla festa non ero ancora venuto, ma ero veramente su di giri, come Nadine. Parcheggiai e provai ad alzarmi ma lei non si mosse, rimase lì a succhiarmi il cazzo come niente fosser32;«Non scendi da questa macchina finché non sarai venuto. Non ti ci mando in mezzo a quelle troie con un’erezione simile» disse togliendosi un attimo il mio cazzo dalla bocca

«Non è che ogni essere femminile di questo mondo è una troia assatanata pronta a saltarmi addosso?- la spostai di forza- poi una punizione la dovrai pur ricevere, no?»

«Che punizione?»

«Sei in dubbio se tradirmi con una donna, vai punita»

«Ah davvero? E come?» mi chiese sfrontata

«Io starò tutta la sera con una ragazza che mi vorrebbe scopare, tu dovrai convincerla ad avere un’esperienza lesbo con te, invece che farlo con me»

«Facil…» le tappai la bocca con la mano

«Se ci farai qualcosa però, poi sarò io a divertirmi con te. Ti ricordi di come finì l’ultima volta, vero?» spalancò gli occhi al ricordo e annuì convinta.r32;r32;«Ciao, Bambi»

«Basta chiamarmi così, lo sai che lo detesto, almeno in pubblico no.- poi rivolgendosi alle altre- Siamo ad una festa e io voglio festeggiare. Chi mi accompagna al bar?»

«Nadine, vai tu con lei, intento io occupo una panchina con la mia solita eleganza, almeno potremo conversare meglio nelle pause tra i balli»

«Dai! Andiamo!» Giada prese sottobraccio una confusa Nadine e si addentrò nella folla che aggrediva, letteralmente, il bar. Io mi avvicinai ad Anna e le chiesi

«Ti trovi a tuo agio con i vestiti?» mi guardò ed era tutta rossa in viso

«No» disse piano a testa bassa

«Perché no? Sei così bella, la maggior parte dei ragazzi qui presenti vorrebbe toccarti le tette»

«E gli altri? Quelli che non si scoperebbero con ogni ragazza che respira?»

«Ah, dici quelli…quelli sono froci, ovvio no?- le passai il braccio intorno al fianco e la indirizzai verso una panchina- Ecco, siedi qui» Stava tutta rattrappita, era spaventata dalla situazione. Con delicatezza allora le posai le mani sul collo e piano, ma con decisione, le praticai un massaggio

«Rilassati Anna, oggi sei qui per dimostrare a te stessa che sei in grado di essere desiderata. Da chiunque» le baciai il collo

«Cosa fai?»

«Hai un profumo meraviglioso, un collo liscio e due bellissime tette esposte così alla vista. Cosa credi che mi venga in mente?»

«Mi avevi detto che non era niente per te, solo sesso»

«E lo confermo. È solo sesso, ma proprio per questo, perché non farne ancora. Lo so che desideri di nuovo il mio cazzo. Il tuo corpo freme ogni volta che ti tocco»

«Si, è vero- si arrese lei senza combattere- Voglio…voglio…»

«Vuoi cosa? Dimmelo Anna! Stanno tornando» disse dandole un ultimo languido bacio sulla spalla

«Voglio fare ancora sesso con te» mi alzai staccandomi bruscamente da lei, ma prima di allontanarmi le sussurrai

«Convincimi che ne vali la pena, stasera. Sii più sensuali che puoi, seducimi» e andai incontro alle due ragazze che arrivavano con due drink per mano

«Un gin tonic per il signore» disse Giada passandomi il bicchiere

«Peccato che non abbiano il setz, qui»

«Tieni Anna, il tuo tequila sunrise» disse Nadine avvicinandosi alla mia studentessa, era il momento di far cominciare il gioco.

«Nadine, che ne dici se stiamo con loro, così puoi aiutare Giada a far compagnia ad Anna, che ne dici?»

«Si, va bene» disse lei guardandomi torva. Fu un attimo, però, recuperò facilmente la sua compostezza e si sedette alle spalle di Anna posandole la testa sulla spalla. Giada si sedette dall’altro lato della panchina e io mi sistemai sull’erba vicino ad Anna e Nadine. Giada raccolse subito il segnale e nel giro di pochi minuti ci abbandonò per uno sconosciuto abbordato alla prima occasione, l’esatta incarnazione dell’andare con il primo che passa, così mi sistemai anche io sulla panchina.

Rimanemmo tutta la sera a parlare con Anna, e Nadine piano piano riuscì ad incunearsi nella mente della mia allieva. Anna era combattuta tra la voglia ardente di un’altra scopata con me e la dolcezza e la sensualità delle carezze di Nadine. Come ogni donna, infatti, lei era conoscitrice di ogni più piccolo anfratto nascosto adibito a dare piacere e li stava sfruttando per far impazzire Anna mentre io continuavo a trovare motivi per prolungare la serata senza mai darle alcun segno tangibile della pur notevole eccitazione che provavo. Anna sembrava smaniare, Nadine la stava davvero portando sempre più verso un’eccitazione irrefrenabile ed era sempre più evidente a tutti, anche a coloro che le posavano per caso gli occhi addosso, il fatto che non riuscisse più a tenere celata minimamente la sua situazione emotiva. Il problema stava nascendo anche in Nadine, notavo anche in lei gli evidenti segni di una forte e prolungata eccitazione perché è vero che Nadine fosse tra le due quella più intraprendente, ma è anche vero che Anna negli ultimi minuti sembrava avermi relegato a posizione secondaria e aveva tanta voglia di restituire a Nadine il piacere ricevuto ricambiando gli stessi tocchi e sensazioni ora con una scusa, ora con un’altra. Quello è più a suo agio ero io che potevo osservare entrambi i loro comportamenti.r32;I capezzoli di Anna erano ben evidenti nonostante lo spesso tessuto del maglioncino che indossava, mentre Nadine aveva ormai quasi bucato il corsetto bianco che portava, infatti, nonostante la sera fresca e un leggerissimo vento freddo, le due ragazze erano molto accaldate. Era evidente che fossero entrambe molto eccitate, ora stava a me giocarmi bene le mie carte.

«Nadine, non sarebbe ora che noi andassimo? Che dici?»

«Trovi?» mi chiese Nadine rimanendo senza fiato. Anna, infatti, aveva reclinato la testa e giochicchiava con il lobo del suo orecchio sinistro

«Si, potremmo riaccompagnare Anna e poi andare a casa. Si sono fatte le due tra una chiacchiera e l’altra»

«No, perché, invece, non salite due minuti da me? Potremmo continuare a chiacchierare al caldo» propose Anna, ne fui felicemente sorpreso. Nadine accettò la proposta con gioia ed io feci il finto rassegnato, in realtà tutto proseguiva come speravo.

Quando arrivammo a casa di Anna, lei ci informò subito che saremmo stati da soli. Laura e Daniela erano, infatti, ritornate ai rispettivi paesi e Giada avrebbe passato la notte con il suo fidanzato, era l’occasione migliore per fare un regalo a Nadine ed allo stesso tempo far proseguire Anna nel suo cammino. Ci volle un attimo perché si riaccendesse la fiamma tra Nadine ed Anna, io cercavo di ricordare ogni tanto a Nadine il costo della sua sconfitta, ma così facendo non facevo altro che aizzarla contro Anna sempre più su di giri.

«Ehi, dobbiamo andare via, ti prego. Non resisto più, se aspetti ancora un po’ non ci vedo più e scopo con Anna» mi avvertì Nadine un momento in cui Anna si era assentata

«E allora?» le risposi io tranquillo

«Non voglio…ecco, non vorrei…» era in difficoltà, non sapeva come dirmi che aveva paura della punizione

«Tranquilla, non so se lo hai capito, ma è un regalo per te. Non volevi un’esperienza con un’altra donne? Eccoti accontentata»

«Vuoi dire che Anna è mia?»

«Non è una tua proprietà, però diciamo che per stasera potrai godere dei suoi favori»

«Fantastico» sussurò Nadine voltandosi verso la porta appena aperta da Anna

«Riprendiamo da dove avevamo interrotto? Nadine vuoi che ti finisca quel massaggio?» ma erano altri i piani che Nadine aveva in mente ormai. Senza dir nulla si alzò per andarle incontro e contro ogni previsione di Anna, la spinse contro il muro e la baciò in modo passionale, quasi rabbioso.

Stavo lì, i piedi, appoggiato allo stipite della porta, ad osservare Nadine e Anna contorcersi sul letto. Era una scena diversa dal vedere una donna e un uomo, c’era una sorta di dolcezza nascosta. Le loro mani erano sempre in movimento, ma non frenetiche, si muovevano con sapienza, dopotutto l’una sapeva dove toccare l’altra, c’era da imparare dai loro movimenti, così semplici, essenziali, eppure carichi di piacere. Il maglioncino di Anna era già volato via e il suo davanzale faceva capolino dall’intimo scelto da Giada.

«È incredibile, non riesco quasi a baciarla- disse Nadine voltandosi, dovevo aver fatto una faccia interrogativa perché Nadine continuò- Ha troppe tette e sono pure dure!» scoppiai in un sorriso sincero, avevo un’idea abbastanza precisa di quello che voleva dire. Vederle baciarsi, leccarsi e palparsi era uno spettacolo, ma mi ero riproposto di non intervenire e per mantenere fede alla mia promessa dovevo distogliere lo sguardo ogni tanto, così mi ritrovai a vagare con gli occhi per la camera di Anna. Non sembrava di certo la camera di una universitaria, più di una bambina con peluche e poster ovunque, non era adatta ad un incontro più o meno romantico, fortuna che eccitate com’erano le ragazze non badavano a quelle cose. Un urlo calamitò la mia attenzione, era Anna che urlava con la faccia di Nadine in mezzo alle sue gambe, conoscendo le sue capacità linguistiche non mi meravigliai che la povera Anna stesse già partendo per la tangente, anche se qualche scrupolo sulla sua salute futura me lo posi. Una donna poteva morire disidrata per i troppi orgasmi? Sapevo di una donna morta per un orgasmo di 12 minuti, ma non avevo la più pallida idea se si potesse morire causa disidratazione dai troppi orgasmi, ma lo avrei scoperto presto. Nadine non era persona da fermarsi al primo segnale di piacere o al secondo, ma neanche al primo orgasmo in effetti, capacissima di continuare orgasmo dopo orgasmo finché non ritenesse di averla spolpata per trattarla dopo come schiava, serviva una persona forte per renderla più mansueta. Ebbi conferma del pericolo quando vidi Anna godere e Nadine non allontanarsi o smettere minimamente di leccarla. Non potevo permetterlo, mi serviva che accadesse l’esatto contrario, era il momento di entrare in scena. Afferrai Nadine per i capelli e la spostai di forza da Anna che giaceva stremata per l’orgasmo per terra

«Non hai mai il senso della misura, stronza» la sbattei sul letto affianco ad Anna e le montai sopra per spegnerle ogni voglia di reagire. Non sembrava troppo preoccupata, ma d’altronde non poteva sapere cosa l’aspettava, cominciò ad averne un’idea quando realizzò che ciò che le stringeva i polsi era la mia cintura e che la stavo per chiudere. Iniziò di nuovo a scalciare con forza come nei primi secondi, ma stavolta non dava idea di voler cedere rapidamente. Il problema per lei è che non aveva minimamente la forza necessaria a spostarmi o controbilanciare la mia pressione neanche in una situazione simile con l’adrenalina a mille, la differenza tra noi era troppa. Alla fine riuscì a chiudere la cintura bloccandole i polsi

«Che cazzo stai facendo? Slegami subito!» era veramente incazzata, non volevo nemmeno pensare a quanto lo sarebbe stata alla fine della serata, l’unico modo per saperlo era andare avanti

«Stai calma, è ora di divertirsi»

«Io mi stavo divertendo, slegami!» urlò ergendosi sulle ginocchia. Faceva troppo rumore, bisogna trovare un modo per farla stare zitta. La spinsi giù e la girai a culo all’aria schiacciandole la faccia contro il materasso, le volevo togliere le mutandine, ma avevo una sola mano libera e con lei che scalciava come una pazza non era possibile, serviva un altro approccio, servivano più mani. Mi tolsi le scarpe, più un abitudine che una forma di rispetto devo ammettere, e zompai sul letto premendole la testa sul materasso e schiacciandola con il mio peso. Provai nuovamente a sfilarle le mutandine, ma non c’era verso, si dibatteva troppo e rischiavo di perdere la presa sulla sua nuca lasciandola libera di urlare

«Anna! Svegliati Anna!»

«Che?» rispose lei ancora in un’altra dimensione

«Anna, è il tuo momento! Ora tocca a te! Falle vedere che si prova a godere!» Anna si girò pigramente verso di noi ad osservare la situazione. Vedevo il suo sguardo sconvolto, ma non potevo aspettare che capisse e si riprendesse con calma, dovevo battere il ferro finché era caldo portandola oltre i suoi limiti

«Ma che…»

«Anna! Non fare domande del cazzo, togli le mutande a questa stronza, muoviti!» sibilai verso di lei, ne rimase sorpresa, bloccata per un attimo, poi prese ad agire come ad un automa. Afferrò il tessuto e lo tirò con forza evitando i calci di Nadine che muoveva all’impazzata le gambe nel tentativo di dissuaderla, ma come mossa da una volontà esterna Anna eseguì l’ordine incapace di comprenderlo a pieno

«Annusale!- le ordinai quando la vidi stranita e dubbiosa con l’indumento in mano- Senti i suoi succhi, il suo odore. Questa stronza è eccitata e tutta bagnata!»

«Si, sento i suoi umori!» disse Anna eccitata mentre leccava le mutande

«Dammele!» ordinai di nuovo e subito eseguì. Girai di peso Nadine che aveva perso forza e volontà, come se quelle mutande fossero i capelli di Sansone, sembrava svuotata di ogni energia, le ficcai le mutandine in bocca bloccandole le braccia legate dietro la schiena e poggiai le ginocchia sulle sue spalle. Ora non poteva muoversi e la mia mano era protetta mentre le tappavo la bocca

«Anna, hai visto quanto hai goduto?- lei annuì incapace di parlare- Ora devi fare godere lei!» spinta dalle mie parole Anna avvicinò titubante la bocca alla fica di Nadine. Senza passione, ma solamente spinta dall’obbligo Anna diede alcuni colpi di lingua che lasciarono completamente indifferente la sua vittima, ma paradossalmente quei piccoli timidi colpi svegliarono Anna eccitando e instillando in lei un morboso e fortissimo desiderio di far godere Nadine. Si lanciò così in una ricerca selvaggia dei punti del piacere, leccando, baciando e muovendosi continuamente e seppur goffamente stava riuscendo nel suo obiettivo in quanto Nadine divenne sempre più impossibilitata a mantener l’autocontrollo, gemeva sempre più forte per quanto le fosse possibile con le mutandine ancora bloccate in bocca. Mi resi conto di quanto accadeva e presto capì che Nadine non voleva ribellarsi, ma solo godere, voleva condurre Anna a darle più piacere, a farle provare l’orgasmo che, con la goffaggine con sui si riversava su di lei, le negava. Tolsi la mano dalla bocca e scostai le mutandine e con la bocca libera Nadine subito inspirò a pieni polmoni aria fresca per rilasciarla rapidamente gemendo. Sì decisamente, Anna, anche se inesperta, stava facendo un buon lavoro

«Guidala, voglio sentirti urlare»

«Sei un maiale! Ahh!» gemette Nadine

«Lei ti darà piacere, ma non sa portarti a godere davvero, sarà sempre meno di quello che vorrai.- le dissi togliendo le ginocchia da sopra di lei, le alzai il busto e le leccai il lobo sinistro- Guidala o non ti basterà mai» le sussurrai. Nadine colse la previsione delle mie parole e cerco di muovere le mani

«Slegami»

«No, devi farlo così. Guidarla, non farlo al posto suo» esasperata, ma ormai vogliosa si lasciò cadere contro di me mentre con le gambe stringeva dolcemente la testa di Anna ad indirizzarla. Davanti a me apparve in tutto il suo splendore la lenta evoluzione dell’orgasmo tanto agognato da Nadine, la vedevo usare le gambe, strusciare il busto, gemere e dare indicazione ad Anna che desiderosa di ricambiare il piacere provato prima si stava dedicando con tutta sé stessa alla fica della mia compagna. I minuti passavano e Nadine era sempre più frustrata ed esasperata, Anna non riusciva a farla venire, non riusciva a dosare la foga, andava troppo veloce, faceva pause continue per riprendere fiato e muoveva in maniera convulsa braccia e mani facendo perdere alla sua vittima il momento dell’orgasmo, Nadine stava per esplodere ed era il mio momento per indirizzare le danze nella giusta direzione. Anna doveva imparare e Nadine meritava di godere dopo questa lunga e piacevole tortura, con un gesto secco slacciai la cintura e liberai le mani della mia ragazza che subito corse a schiacciare e guidare Anna in ogni piccolo movimento
«Sì, libera! Preparati puttanella del cazzo che ora ti insegno a leccare una fica» disse rabbiosa. Teneva la povera Anna per i capelli e le muoveva la testa e la bocca come fosse un suo prolungamento, spostandola di forza dove più voleva e schiacciandola ogni volta che provava a riprendere fiato, ma la secchiona non era affatto dispiaciuta, anzi, aveva stretto con più forza i fianchi come per avvicinarla a sé mentre la mia ragazza ormai guidata da una voglia incontenibile di godere strusciava tutta la fica sulla lingua di Anna bloccata in una morsa dalle gambe

«Ah! AHhhh!» Nadine stava per arrivare e stava urlando tutto il suo piacere tanto forte da svegliare i vicini, così con forza le tappai la bocca mentre le sussurravo all’orecchio
«Godi, godi! Godi anche per lei! Scaricati! Lasciati andare del tutto! Urla!» e Nadine mi prese in parola perché seppur tappata dalla mia mano la sua bocca continuava a lanciare urla sempre più forti fino alla fine quando l’orgasmo divenne irrefrenabile e lei super eccitata si inarcò lanciando un ultimo grido che lasciai sfogare volutamente. L’aveva sentita tutto il palazzo. Lei crollò esausta sul letto, mentre Anna frastornata da quanto successo era ancora a terra a fissare stranita la situazione creatasi.
Anna aveva goduto, Nadine aveva goduto, ma ora era il momento di regalarle qualcosa di più del semplice sesso. Mi spogliai e mi sistemai tra le sue gambe, mi chinai e la baciai con dolcezza, lei era ancora con gli occhi chiusi, rispose al bacio per inerzia, poi affondai piano dentro la sua fica così calda ed accogliente. Era venuta tantissimo, era veramente bagnatissima, scivolavo dentro di lei con facilità, ma non avevo alcuna intenzione di aumentare il mio ritmo, non volevo fare sesso, volevo sentisse il mio amore. Non mollavo mai le sue labbra e non facevo che darle dolci baci e piccoli morsi sul collo, lei aveva passato le braccia intorno al mio collo ed intrecciato le gambe dietro il mio fondoschiena. La sollevai di peso e la fissai negli occhi mentre entravo dolcemente dentro di lei, come coppia avevamo bisogno di amore e in quel momento sembravamo tornati agli inizi della nostra relazione quando alternavamo momenti più sfrenati con momenti di intensa dolcezza. Affondavo ritmicamente dentro di lei gustandomi ogni centimetro ed ogni sensazione, la guardavo negli occhi nei rari momenti in cui mi staccavo dalle sue labbra, ero molto preso dal momento e non prestavo neppure più attenzione ad Anna che continuava a fissarci estasiata ed eccitata tanto che si stava masturbando in maniera quasi violenta. Fu in quel momento in cui presi dall’amore e dalla passione che Nadine mi ordinò
«Marchiami! Fissa il tuo marchio su di me!» rimasi molto sorpreso da quelle parole, con lei avevo avuto un rapporto molto complice prima dell’ultimo periodo e sapeva cosa pensavo di una simile situazione
«Nadine, io…» ma prima che potessi continuare lei mi baciò con molto trasporto e mi piantò le unghie nel collo con forza
«Ho bisogno di essere tua, ho bisogno che tutti vedano e sappiano che sono tua. Ti prego! Marchiami! Scopami come quella puttana di merda di Eleonora!»

«Nadine, cosa?! Tu sai…»

«Stai zitto! Fallo! Scopami come non ci fosse un domani! Marchiami! Trattami come una di quelle troie!» rimasi folgorato, non avevo mai pensato di trattarla come una delle ragazze occasionali che mi scopavo, ma ora era lei a chiedermelo, qualcosa scattò e allora la sbattei sul letto, la girai a pancia in giù, le alzai il culo per bene e le spinsi dentro il mio cazzo, come se davvero potesse essere la mia ultima scopata. Spingevo, affondavo in lei con tutta la mia forza e la sculacciai, l’afferravo per i capelli o per la gola e l’apostrofavo con i peggiori termini, sentivo distintamente che si eccitava sempre di più ogni volta che la trattavo peggio. Complici il ritmo selvaggio e l’eccitazione accumulata durante la serata non durai a lungo, riuscì a resistere abbastanza da farla venire e sentirla chiedermi di venire
«Mi stai distruggendo! Dammela! Voglio sentirti sborrare! Ti prego!» fu un sollievo sentire quelle parole perché anche io ero davvero al limite. Le afferrai i capelli e la voltai verso di me e senza giri di parole le schiaffai letteralmente il cazzo in bocca senza curarmi della sua volontà. Non sarei durante che pochi secondi, dovevo sfruttarli bene. Giocai con il cazzo come a volerle bucare la guancia e in quel momento realizzai la sua richiesta e la marchiai con il mio anello, neanche le diedi il tempo di accorgersene che le venni in bocca con un grugnito di godimento. Mi stupì vedere che non ingoiò subito, si fermò e spalancò la bocca perché Anna potesse ammirare, in effetti mi ero scordato di lei completamente, poi ingoiò e le mostro la bocca vuota
«Hai visto? Il mio ragazzo mi disseta con la sua sborra, cercatene uno tuo perché lui è mio. Chiaro, puttanella? » sorrisi a sentire quelle parole, la gelosia di Nadine era incredibile.

«La serata è stata magnifica! Hai organizzato tutto per festeggiare, vero?»

«Sì, avevo voglia di festeggiare»

«È stato un bellissimo regalo. Un peccato che sancisca la fine della nostra storia»

«Perché hai voluto…ecco…» non trovavo davvero le parole

«Il marchio? Non lo so, volevo provare. Sai Eleonora mi ha confessato in lacrime di essere stata con te, ero incazzata come una belva, ma quando mi ha parlato del marchio mi sono eccitata. Il concetto dell’essere marchiata ti fa sentire come un pezzo di carne da montare e…- trasse un profondo respiro, non riusciva a continuare con semplicità- è tremendamente eccitante.- abbozzai un sorriso- Quando sparirà il tattoo?» mi trovai in imbarazzo a risponderle, non pensavo credesse davvero che fosse solo temporaneo

«Nadine, non sparirà» 

«Non ci credo, dovrei credere davvero che è definitivo? Non sparare stronzate!» mi tolsi l’anello e glielo mostrai

«Guarda!- dissi indicandole esattamente dove guardare- girando qui scattano piccoli aghi e tutti insieme rilasciano una piccola porzione di colore. Il pigmento è uno di quelli che si usava in Giappone secoli fa, non serve una grande penetrazione, è molto superficiale, ma essendo molto forte resta comunque in maniera permanente»

«Mi hai davvero marchiata come un pezzo di bue?»

«Sì, Nadine! L’ho fatto davvero!- urlai esasperato da quella discussione- Mi conosci, sapevi benissimo che valore hanno per me quelle parole, pensavo avessi capito che la nostra storia era finita e volessi ricordarla per la cazzata che è stata per entrambi. Non siamo fatti per stare insieme come coppia, come amici, forse, ma non come coppia»

«Tu sei pazzo!» urlò avventandosi contro di me come una furia. La bloccai sul nascere, sapevo già che l’avrebbe fatto dal momento stesso in cui avevo finito di parlare
«Ascoltami!- le urlai in faccia rabbioso- Io non volevo marchiarti! Odio farlo! Sai cosa vuol dire? Cane! Perché io marchio solo quelle che si comportano come delle cagne in calore e cazzo tu non sei così! Ma…- facevo fatica ad andare avanti, avevo un tremendo groppo alla gola- tu non sei così. Quando lo hai chiesto pensavo fosse perché volevi un ricordo, un ricordo vero del nostro errore. Ci siamo fatti del male e feriti solo perché non siamo stati abbastanza forti da accettare la verità, lo sai anche tu che è così. Il Kanji vuol dire cane, tu li ami e lì se ti ricordi avevi quella cicatrice che volevi sempre nascondere…adesso è nascosta. Mi dispiace se non era quello che avevi in mente» Nadine rimase in silenzio per qualche motivo, poi senza una parola scese dall’auto e salì in casa. Non si voltò una sola volta, non ebbe alcun indugio. “Meglio così” pensai dentro di me, speravo lo superasse prima.

Single. Single da un mese e ancora nessuna scopata, dannazione era uno dei più lunghi periodi di astinenza da quando avevo perso la verginità. Ogni occasione avuta non l’avevo colta, mi mancava anche solo lo stimolo per giocare e flirtare. Mi sentivo come bloccato mentre fissavo il fondo del bicchiere di plastica, più che fondo di caffè quello era un fondo di zucchero

«Lì non troverai la risposta che cerchi» mi riscosse una voce

«Professore, buongiorno»

«Buongiorno, ragazzo mio. Ho un esame con una ragazza fra un’ora, vieni da me che devo parlarti» 

«Certo» mi alzai e segui il professore nel suo studio. Aveva un’andatura ondeggiante, quella pancia non aiutava di certo a mantenere l’equilibrio, né contribuiva a dargli un bell’aspetto, ma di certo ne dimostrava la voglia di mangiare e la vita sedentaria.
«Ragazzo- esordì dopo aver lanciato la borsa sulla scrivania- ti sarai accorto che Elena ormai da un mesetto non si è più presentata»

«Non ci avevo fatto caso impegnato come sono con la tesi» enorme bugia, ma d’altronde non potevo dirgli quello che era successo

«Ahi! Lo sai che voi tesisti non dovreste mentire a noi relatori, vero?»

«Non capisco a cosa si riferisca, professore» temporeggiai, di certo sapeva qualcosa, ma non potevo espormi per primo

«Bugiardo!- urlò battendo il pugno sul tavolo- Tu sei un bugiardo! Elena mi ha detto cosa è successo, del fatto che avete fatto sesso in laboratorio, che sei stato un violento- mi irrigidii completamente, non avevo minimamente avuto idea che quella troia potesse essere così perfida. Si stava rigirando il professore così che la colpa e la responsabilità dell’accaduto fossero solo mie- Tu non devi neanche pensare di poter fare una cosa del genere, chiaro? Questa è un’università, non un bordello. Se vuoi sfogare i tuoi istinti prendi la macchina e vai a puttane, ci siamo intesi? Non sevizi una studentessa e non la spaventi per evitare che racconti, sei un essere ignobile…»

«Stia zitto, lurido pezzo di merda!- sibilai all’improvviso. Il professore rimase folgorato dalle mie parole- L’ho vista! L’ho vista quando scopava con Elena, ero sceso sotto a fumare una sigaretta e quando sono risalito vi ho visti.- il professore corse a chiudere la porta perché non si sentissero i nostri discorsi- Mi ha detto che devo andare a puttane per sfogare i miei istinti? Sono andato con Elena, non vedo la differenza. Lei non riusciva a farla godere, urlava solo per fare finta, io l’ho fatta schizzare sul tavolo del laboratorio. Non si azzardi a farmi la morale perché lei è un vecchio bavoso che si fa le ragazzine»

«Come ti permetti di urlare una cosa simile?» disse il professore ancora frastornato appoggiato alla porta chiusa e bianco in volto

«Dico solo la verità! La vuole? È questa. Elena è una troia che vuole la tesi da lei e il cazzo da me, nient’altro»

«Ti consiglio di cambiare registro o io ti demolisco, ragazzino» mi disse dopo aver ripreso il controllo di sé

«Mi distrugge?- nel mio delirio di onnipotenza continuai e rincarai la dose- E il progetto chi lo finisce? Elena? Non sia ridicolo, io le servo se non vuole fare una figuraccia davanti a tutti!- restammo tutti e due in silenziò, poi io feci la mia proposta- Facciamo finta che non sia successo nulla, sopportiamoci e poi ognuno per la sua strada, professore» l’uomo rimase fermo a fissarmi con rabbia, sapeva che avevo ragione e detestava la cosa, ma non aveva molte possibilità. Perso me, avrebbe perso il progetto, era la mia tesi, già approvata dal rettore, non me la poteva più togliere

«Tu resterai finché il tuo progetto avrà un’utilità, ma se non risolverai il problema presto sarà inutile. Se vuoi laurearti, ti conviene sbrigarti» mi rispose con un ghigno. Sapevo che aveva ragione, se non fossi riuscito a risolvere il problema rapidamente gli altri gruppi di ricerca ci avrebbero superato. Il professore avrebbe perso un po’ di fondi, ma io la mia tesi. Camminavo sul filo del rasoio, ora più che mai.

 

Non aspettai neanche un minuto di più, tempo di rientrare nella mia stanzetta e avevo già scritto ad Elena, mi ero sorpreso che sapesse di chi fosse il numero, ma d’altronde fino ad ora era era stata sempre un passo avanti, sempre con un’informazione in più, ora dovevo cambiare le cose, ma dovevo muovermi con calma però, non potevo commettere errori o avrei perso la mia unica occasione.

«Sempre in orario, vero?» dissi alla ragazza lasciando la porta aperta mentre tornavo verso la cucina a torso nudo

«Le belle ragazze si fanno attendere, non lo sapevi?»

«Vero, ma tu sei un guaio che cammina e quelli arrivano subito»

«Che intendi dire?» mi chiese mentre si voltava in giro a squadrare la casa dei miei genitori

«Non c’è niente da vedere»

«Cosa?» fece fintamente sorpresa

«Vieni in cucina e basta, Elena!» entrò in cucina guardinga, si aspettava una mia mossa

«Che bel calduccio, qui. Di là fa freddo» notò

«È la tua scusa per giustificare i capezzoli che vogliono bucarti la camicetta?» risposi disinteressato

«Come se ci fosse altro che possa farmi questo» mi voltai verso di lei e mi avvicinai lentamente fissandola mentre il suo sguardo indugiava sul mio corpo

«Ora puoi chiudere quella bocca, ti si secca la lingua» le dissi ammiccando facendole uno sberleffo sul mento
«Cosa hai cucinato? Lo sai che io sono vegana»

«Carbonara» risposi asciutto

«Ma che sei scemo?»

«Tanto sei vegana per moda, mica ci credi. Non lo saprà nessuno e ti potrai fare un buon pasto in pace» replicai mettendo il vino in tavola
«Tu non ragioni!» replicò infuriata, sbattendo la borsa sul tavolo. Era eccitante vederla così arrabbiata, infervorata e sapere che sarebbe capitola molto presto. Mi avvicinai e le presi il mento

«Mangia la carbonara» le ordinai secco

«No!» disse e mi sputò in faccia. La presi e la sbattei contro il tavolo, la sculacciai forte

«Come cazzo ti permetti di comportarti così? Sei ospite in casa mia e mi insulti?» sibilai mentre la colpivo ripetutamente sul culo. La sculacciavo così forte da falla andare in avanti con tutto il tavolo, davo colpi molto forti, volevo sentisse dolore, mi volevo vendicare. La presi per i capelli e tirai, inarcò la schiena tanto da avere la testa poggiata sul mio petto

«Dimmi subito: “Scusa, signore”!»

«Sei pazzo se pensi che lo farò mai» un lampo di felicità passo per i miei occhi. La schiacciai contro il tavolo e la colpì ancora e ancora, mi implorava di smetterla, ma ogni volta davo un nuovo colpo, sempre con la stessa forza, sempre con la stessa cadenza

«Sempre della stessa idea?» le chiesi ritirandola sù

«Si…» non la feci continuare perché la baciai, un bacio lento senza fretta a cui non si ribellò. Affondai una mano nei pantaloni e dentro le mutandine, verso il tesoro che celava nascosto. Quando la sentì, capì benissimo che era bagnata, il trattamento le piaceva, dovevo andare oltre. La costrinsi in ginocchio per terra e le appoggiai la testa contro i mobili e davanti ai suoi occhi liberai il mio cazzo, già duro al pensiero di quanto accadeva e doveva accadere

«Lo vuoi?» le chiesi muovendoglielo sotto gli occhi, aveva lo sguardo perso fisso sul mio cazzo. Glielo avvicinai leggermente, fin sotto le labbra, lo muovevo lentamente a destra e sinistra, non perdeva mai il contatto, quando le fu nuovamente davanti lo spinsi a toccare le sue labbra. Erano umide, lo sentì distintamente, non aprì subito la bocca e con una mano le afferrai i capelli, poi con dolcezza la volsi a guardarmi dal basso, le rivolsi un sogghigno e con la stessa mano lasciai la presa scivolando lungo la guancia, forzai leggermente le sue labbra con un pollice e oltrepassai i denti fin dentro la sua boccuccia, lo ritrassi e lei rimase così, con la bocca semi aperta che fissava adorante il mio cazzo dal basso. Lo avvicinai ancora e la colpì dolcemente sulle labbra, per poi ritrarlo, lei ingolosita si succhiò il mio sapore dal labbro inferiore

«Mmm!- mugugnò contenta, poi aperti gli occhi continuò- Dammelo!»

«Pensi di meritartelo?» le chiesi sadicamente

«Ti ho detto di darmelo!- replicò lei indispettita. L’afferrai per la nuca e la alzai di peso- Ahia! Mi fai male! Che cazzo fai?» urlò mentre la sbattevo di nuovo contro il tavolo. Le appoggiai il mio cazzo contro il culo e strinsi il seno, si inarcò per il dolore

«Non mi rispondere male, non ti conviene» le sussurrai dolcemente all’orecchio e strinsi forte i capezzoli delle tette perché capisse il messaggio. Tenendola stretta a me le sbottonai lentamente la camicetta e le strinsi il seno libero, lasciai scorrere le mani per tutto il suo corpo fino ai pantaloni, li sbottonai mentre addentavo il suo collo

«Mmmm! Mi piace!» mi sussurrò languida

«Mi piace e poi? Non dimentichi una parola?» le chiesi divertito

«Non capisco» mi chiese sorpresa e prima che potesse realizzare le schiaffeggiai forte una tetta

«La prossima volta non sarà piano. Come mi devi chiamare?» dissi secco

«Mi hai fatto male!» piagnucolò lei, per risposta strinsi l’altra tetta e lei a cercare sollievo si inarcò ancora lasciandomi strada libera per infilare comodamente una mano nelle mutandine. Prima che potesse dire qualcosa le mie dita stringevano già il suo clitoride e lei eccitata si piegò

«Che mi fai? Ahhh!» disse sospirando

«Come mi devi chiamare?- chiesi ancora, questa volta in maniera rabbiosa- Posso darti grandi piacere- e giocai con il suo clitoride dolcemente- o posso farti molto molto male!» annunciai stringendo dolorosamente il piccolo organo del piacere

«No, ti prego! Ti prego, basta! Ho capito!» disse piangendo

«Hai capito cosa?»

«Comandi tu, sono nelle tue mani» disse mentre stringevo dolcemente

«Quindi?» chiesi rendendo dolorosa la mia pressione

«Sei il mio padrone!» urlò. L’aveva detto, il primo passo era compiuto, ora dovevo renderla schiava senza remore. Lasciai il clitoride e impugnai il cazzo, lo strofinai sulle labbra della fica, volevo che si prostrasse ancora

«Dammelo! Ti prego!» si lamentava sotto di me mentre sadicamente giocavo con il suo corpo, riuscivo a percepire la sua eccitazione, il cazzo mi si era bagnato senza neanche penetrarla, solo appoggiandolo, ma volevo di più. Mi chinai e soffiai delicatamente sulla sua figa, vibrò tutta e mentre ancora si riprendeva dalla novità mi attaccai a lei come una ventosa, ma invece di aspirare passai la lingua su tutte le pieghe delle labbra, cominciava a colare, a muoversi in modo irruento diventando difficile da gestire. Mi allontanai quanto bastava per farla lamentare e subito tornai a dedicarle le mie attenzioni, le diedi lunghe e profonde leccate partendo dal clitoride per salire fino al culo e giocando con il buchino che si apriva sotto le mie carezze. Quando capì che era pronta mi alzai in piedi e lì lei alla ricerca del mio cazzo spinse ancora più indietro il corpo per penetrarsi da sola, era l’occasione che mi serviva per spezzarla definitivamente. La bloccai per il collo

«Il tuo padrone non ti scopa e tu provi a scoparti da sola? Non si fa’!» la bacchettai divertito- Ora ti devo punire!» e la sculacciai ancora. MI inginocchiai e mi dedicai esclusivamente al suo buchino del culo, era già allenato, qualcuno probabilmente lo aveva già voluto provare, ma sarete stato diverso con me

«Che stai facendo?» chiese tra un gemito ed un sospiro

«Ti preparo per la tua punizione»

«Non vorrai…»

«Si!» risposi secco prima che potesse finire. Mi alzai e appoggiai il mio cazzo in culo

«Padrone?»

«Si, troia?»

«La prego, non lo facciaaaaahh!!!» Non aveva potuto finire di parlare che spinsi forte ed entrai in lei

«Brava, hai preso metà del mio cazzo al primo colpo. Vediamo quanto ne prendi al secondo- uscì e spinsi nuovamente dentro di lei, affondai completamente in lei- Lo hai preso tutto! Bravissima!» la sentì distintamente tremare e godere con un forte urlo di piacere, era venuta. Ora dovevo solo scoparla e lo feci, a lungo, senza pause, godette tanto da restare senza forze né voce

 

«Brava, ora rivestiti che ti porto a casa» le dissi andando a caccia dei miei vestiti

«Non posso farcela» disse boccheggiando restando appoggiata al tavolo 

«Non mi interessa quello che puoi fare, ti ho detto di farlo» risposi duro

«Mi scusi, padrone» cercando di riprendere coscienza di sé mentre si rialzava

«Lo sai che io sarò il tuo padrone anche fuori da queste mura? Che da adesso in poi tu sarai sempre gentile e servizievole con me?»

«Tutto per lei, padrone» mi disse adorante strusciandosi su di me come una gatta, scoppiai in una risata di scherno

«No, troia. Non lo fai per me, lo fai per il mio cazzo. Dove lo trovi un altro così?- poi tornando duro- Vestiti, svelta! Non mi far perdere altro tempo!»

«Ciao, Simone!» disse Elena venendomi incontro nel suo completino attillato

«Ciao, Elena!- risposi sorridente al saluto mentre mi chinavo a darle un bacio, probabilmente troppo vicino alle labbra per essere un casto bacio di un compagno d’università, ma non che mi importasse molto- Buongiorno professore!» salutai l’uomo seduto in poltrona che mi fissava con uno sguardo truce, lo arrabbiava parecchio il cambio di comportamento di Elena. Era meno disponibile con lui anche se continuava a scoparci per via della tesi e sempre affettuosa e dolce con me, in alcune circostanze quasi servile. La cura a base di cazzo aveva funzionato, come ogni volta. Sapevo che l’effetto sarebbe durato finché l’avessi accontentata, ma non mi interessava averci a che fare per più di qualche tempo ancora, terminata la tesi avrei preso il largo e con me anche i rapporti con Elena e il professore. Andai nella stanza riservata a noi tesisti e aperto il computer mi dedicai a cercare di realizzare il modello che mi perseguitava da un po’ di tempo, solo che compresi da subito come sarebbe stato difficile se non impossibile concentrarsi sul lavoro da finire quel giorno, davanti a me Elena si stava chinando a novanta gradi per raccogliere una matita caduta accidentalmente dalla sua scrivania, era puramente accidentale tanto che prima di rialzarsi si girò per controllare che io stessi guardando e mi fece l’occhiolino. Mi scappo un sadico sorriso e le feci segno di avvicinarsi. Sensualmente ancheggiò fino alla mia scrivania si sedette su di me sbattendomi in faccia il suo seno duro, purtroppo non era il luogo dove potersi divertire al meglio, ma si vedeva che le importasse poco, era in crisi d’astinenza da cazzo, un palliativo, forse, avrei dovuto darglielo. Si strofinò sensualmente su di me e avvicinando la sua boccuccia all’orecchio mi disse

«Sono cinque giorni che non mi scopi! Sto impazzendo! Ho bisogno del tuo cazzo!» e mi morsicò il lobo, le afferrai i capelli e la tirai giù

«Decido io quando scoparti»

«Si, padrone» mi disse con voce roca dall’eccitazione, ogni volta che la insultavo o la dominavo iniziava a bagnarsi in maniera indecente. La presi per il mento e la fissai negli occhi azzurri

«Oggi non ti masturberai ed ogni volta che dovrai piegarti o appoggiarti ad una scrivania starai a novanta gradi. Chiaro?»

«Si, padrone!» La spinsi giù dalle mie gambe e obbediente si alzò appoggiandosi alla scrivania a novanta gradi ed io sadicamente cominciai a accarezzarle culo e fica benché tra la mia mano e il suo corpo ci fossero le mutandine potevo distintamente sentire il calore e della sua eccitazione, bramava il mio cazzo. Le diedi un colpetto per mandarla via e lei tornò sculettando alla sua scrivania.
Il professore ci fissava dall’altra stanza, anche se le nostre scrivanie erano solo parzialmente visibili, mi sporsi anche io e colsi il suo sguardo di puro odio, in quel momento stavo vivendo il suo sogno e lo stavo vivendo con superficialità e supponenza, non capiva quanto Elena ormai fosse in mio potere e come lei non stesse facendo altro che tirare fuori la sua natura di slave.
Sapevo che presto avrei dovuto consegnare la soluzione al problema che mi bloccava, ma avevo bisogno di tempo, non ero riuscito a dedicarmi alla mia tesi nell’ultimo periodo tra Anna ed Elena ed ora ero indietro ed a giudicare dai comportamenti di Elena e dai progressi di Anna ci sarei rimasto ancora parecchio. La secchiona diventava sempre più brava, tanto che l’altro giorno aveva ricevuto una lezione solo sul pompino ed era stato veramente difficile resisterle, aveva acquisito sempre più tecnica e capacità e complice il nuovo abbigliamento era veramente molto accattivante. Mi persi nei ricordi, nel calore della sua bocca  e sulla sensazione di bagnato che ancora rammentavo. L’avevo guidata e accompagnata, all’inizio era così esuberante e con tanta voglia di fare che non riusciva a darmi piacere, troppo forsennata nei movimenti e poco attenta al piacere che regalava, ma ero riuscito a domarla, il fallo di gomma di Giada che avevamo usato all’inizio era stato una buona prima cavia. Le avevo insegnato ad essere premurosa, ma vogliosa, e ora stava diventando una pompinara provetta, aveva anche imparato a non strozzarsi con il mio cazzo, cosa non facile.
Quando riaprì gli occhi dopo averla immaginata inginocchiata a succhiarmi il cazzo mentre mi fissava negli occhi avevo bisogno di rilassarmi, di sfogarmi, di mettere in pratica quei ricordi o mi avrebbero tormentato per tutta la giornata. Diedi una rapida occhiata alla scrivania del professore, ma lui mi fissava silenzioso dall’altra stanza, non mi era possibile fare nulla, così con negli occhi ancora lo sguardo di Anna che dal basso mi fissava con il mio cazzo in bocca cercai di trovare la concentrazione perduta, ma non era semplice, forse impossibile. Ero convinto che prima o poi avrei trovato un modo per divertirmi così per tutta la mattina mandai messaggi con ordini sempre più spinti ad Elena, che seppur un po’ in difficoltà li realizzò tutti. Iniziai con il togliersi la giacchetta che portava e sbottonare la camicetta per lasciare le sue tette ben in vista e vidi che la cosa la eccitava, tanto che aveva cominciato a strofinare insistentemente le gambe, allora divertito le ordinai di prendere le palline metalliche che le avevo fatto comprare e di mettersele dentro. Quando lesse il messaggio mi fissò preoccupata, ma non trovò in me nessuna inflessione ed ubbidiente lo fece davanti a me, in stanza, con il rischio che entrasse il professore. Quando ormai era quasi arrivato il momento del pranzo le scrissi l’ultimo messaggio della mattinata: andare a chiedere al professore se volesse pranzare con noi studenti solo con la giacca senza reggiseno. Mi fissò leccandosi le labbra e senza obbiettare lo fece, prima di uscire però la chiamai e sottovoce le dissi
«Togliti le palline, mettiti l’uovo e lascia il telecomando sulla scrivania» rimase pietrificata, poi annuì e mi rispose

«Si, padrone» e ancheggiando andò alla scrivania, fuori vista per il professore e fece il cambio, poi con le tette ben visibili nonostante la giacchetta abbottonata uscì. Io mi alzai e raggiunsi la scrivania, attesi che si fermasse alla scrivania e appena si mise a novanta gradi accesi al massimo subito la vibrazione dell’uovo. Non mi fu possibile vedere la reazione di Elena, ma capì essere stata evidente perché il professore le chiese preoccupato se stesse bene e lei da bravissima attrice dissimulò. Mi provai ad immaginare la faccia del professore se Elena gli avesse detto

«Si, sto godendo come una pazza perché ho un uovo vibrante nella fica per ordine di Simone. Sa, mi ha detto lui di venire solo con la giacca e le tette libere da lei, è il mio padrone e ho tanta voglia del suo cazzo» decisamente sarebbe rimasto abbastanza sorpreso e probabilmente invece di compiacersi di avere una tale troia da scoparsi si sarebbe incazzato per quello che io avevo ottenuto e lui no.
Quando rientro in stanza era rossa in volto e completamente stravolta, venne alla mia postazione e mi gettò le labbra al collo cercando di baciarmi, ma mi sottrassi alle sue labbra, pur tenendola schiacciata contro di me

«Ti prego, padrone!»
«Che ti ha detto il professore?”
«Che andrà a pranzo con altri colleghi»

«Quando?» chiesi smanioso
«Adesso» mi rispose Elena mentre sentimmo la porta sbattere. Non ci pensai e la girai contro la scrivania, affondai con la mano nella sua figa e le tolsi l’ovulo intriso dei suoi umori e glielo misi davanti agli occhi perché vedesse e potesse percepire la sua eccitazione ancora di più. Mentre lei, golosa, leccava i suoi umori, mi slacciai i pantaloni e le spinsi il cazzo in fica

«Ahhhh!» le sfuggì un gemito. Le tappai rapido la bocca con la mano per evitare ci sentissero nelle altre stanze. La stavo scopando con violenza e velocità, la stavo usando come un buco per sborsare e a lei piaceva, le piaceva sentirsi usata e posseduta come se fosse un oggetto sessuale e basta. La cosa piaceva anche a me perché mi permetteva di comportarmi come più mi aggradava, affondavo completamente in lei, per poi uscire e ritornare tutto dentro. Qualche volta mi fermai anche ad ammirare il mio lavoro e la trovavo bella larga, quasi una caverna date le dimensioni del mio cazzo. Affondai di nuovo fino alla radice e la tirai verso di me per i capelli, si inarcò così tanto da permettermi di baciarle il collo

«Non sentirai quasi più nulla con gli altri cazzi» le dissi umiliandola liberandole la bocca perché mi potesse rispondere

«Oh padrone! Sono il tuo è il cazzo, gli altri non li voglio!» la sculacciai con forza

«Come se non te li scopassi, troia. Li senti dentro di te?» mentre pronunciavo quelle parole accelerai il ritmo in maniera bestiale

«N…no…no…nnn…li sen…sento…ahhhhh!!!» era venuta, io no. Si accasciò esausta sulla scrivania e le ci volle quasi un minuto per rendersi conto che io non ero venuto e lei sì, si voltò adorante verso di me. Mi ero lasciato cadere sulla poltrona con le gambe larghe e aspettavo lei. Senza alcun ordine si leccò le labbra e si lanciò in un pompino fantastico, non violento, ma lento e amorevole, in adorazione del sesso che così tanto l’aveva fatta godere con un unico orgasmo.
Non ci accorgemmo della porta, non sentimmo i passi, ma ci ridestammo quando la voce del professore ci riprese duramente

«Che minchia succede qui?» ci chiese con una macchia di sugo bella evidenza sulla camicia. Elena rimase un attimo ferma, poi capì cosa fare appena sentì la mia mano sulla testa. Si dedicò a finire la sua opera mentre io mi rivolgevo in maniera strafottente al professore

«Niente di sconvolgente, mi sta facendo un pompino per farmi venire. L’ho appena scopata a novanta gradi sulla scrivania, guardi quanto ha bagnato il tavolo!» dissi indicandolo

«Elena,- continuò accorato il professore ignorandomi- vieni qui!» disse cercando di allontanarla da me, ma la ragazza lo allontanò in malo modo per completare il pompino, era conscia stessi per venire, il mio cazzo pulsava in maniera incredibile e dopo pochi secondi esplosi in una sbarrata abbondante che Elena non riuscì a trattenere de tutto in bocca e dei rivoli le colarono ai lati della bocca. Con estrema naturalezza li raccolse con le dita e li ingoiò felice.
«Grazie per la sua sborra, padrone!» mi disse come sempre e felice si risistemò il vestitino sgualcito.

«Dopo quello che ha visto, immagino di aver perso la tesi. Non fa nulla, tanto non sarei riuscito a risolvere il problema prima della scadenza» dissi ad un attonito professore

«Vai fuori di qui! Tu non ti laureerai mai!» mi urlò il professore mentre sorridente mi rivestivo di tutto punto.

«Buongiorno, consegna!» annunciai al citofono che gracchiava

«Perfetto, arrivo subito» mi rispose affannata una voce femminile, doveva essere corsa fino al citofono. Appena la porta si aprì mi incamminai svogliatamente verso il camion
«Qui c’è tutto. La lascio a scaricare mentre vado a farmi un panino e…» mi fermai di botto appena mi voltai e capì chi avevo davanti

«Simone?» mi chiese stupita la ragazza difronte a me

«Ciao, Daniela!- salutai- Lavori al pub?»

«Si, sono sola fino all’apertura di stasera, di solito c’è il ragazzo che lavora con me per lo scarico merci, ma stava male» mi disse mordendosi il labbro come fosse colpa sua

«Dubito tu riesca a scaricare venti fusti di birra da cinquanta litri l’uno. Se mi fai un panino con la roba del pub scarico io»

«Grazie, magari! Mi faresti un grandissimo piacere» mi disse con un radioso sorriso, prima di mordersi ancora il labbro e sparire nel locale. Posai il blocco e la penna dentro il camion e afferrai il primo fusto, il lavoro iniziava.
«Con cosa lo vuoi il panino?» mi chiese Daniela appena mi sentì poggiare il fusto sul pavimento del locale

«Dipende da cos’hai» risposi mentre riprendevo fiato

«Capito, faccio io» mi rispose mentre riprendevo il mio compito. Portai dentro il secondo e il terzo fusto. Al quarto la trovai seduta su uno di essi che mi guardava divertita

«Ti diverti?» chiesi mentre poggiavo il peso

«A vederti sgobbare? Sì, parecchio»

«Ti ricordo che posso sempre andarmene e lasciar finire a te» dissi tendendo una mano verso il panino
«Giù le mani! Questo è il mio!- mi disse sporgendosi in avanti per schiaffeggiarmi la mano- Il tuo l’avrai quando sarà tutto dentro» rise divertita. Non era tipo da battute divertenti e soprattutto da mostrare la scollatura in un modo così esplicito, almeno non lo era mai stata con me. La pelle chiarissima del viso era arrossata, me non potevo prenderlo come un segnale di qualcosa dato che rideva. L’occhio mi cadde sulle gambe e notai le ginocchia tra i leggings strappati e lì trovai le risposte che cercavo. Senza pronunciare una sola parola divertito e sorpreso tornai a prendere un altro fusto

«Che hai da ridere?» mi chiese facendo l’ingenua

«Pensavo» risposi mentre sollevato un altro fusto lo portavo verso il pub

«A cosa?» mi chiese accogliendomi seduta con le gambe piegate di sbieco e le ginocchia in bella vista, non si era resa conto che io avevo capito

«A te» sorrisi tornando verso il camion per ricominciare. Sollevai il peso e ritornai dentro

«Davvero pensavi a me? E cosa di me?»

«Non so se te lo posso dire» risposi. Il nostro dialogo era scandito dal mio lavoro di carico e scarico e dal suo panino. Io scaricavo e trasportavo lei parlava, lei mangiava e io parlavo mentre tornavo al camion a prendere un nuovo fusto.

«Dai, dimmelo! Sono curiosa!» protestò in modo infantile, era il decimo fusto che portavo dentro e quando rientrai vidi qualcosa di strano sulla sua scollatura, le ci era caduto in mezzo un po’ di salsa

«Hai un po’ di salsa in mezzo alle tette» la avvisai

«Sì, come no! Sii serio!»

«Sono serio.- risposi posato l’ennesimo peso- Posso?»

«Non sarà una scusa per toccare le mie tette?» mi chiese maliziosa. Senza risponderle allungai un dito, non mi fermò. Feci scorrere il dito lungo l’incavo delle tette e raggiunta la salsa la raccolsi con un ampio gesto rotatorio carezzando il delizioso décolleté

«Eccola! La vuoi?» prima ancora che potessi finire aveva già proteso il viso e spalancato la bocca. Eccitato allungai il dito nella sua gola più che potevo, non protestò né si mosse. Appoggiai il dito sulla lingua e lei scattò. La mascella si chiuse e le labbra poggiavano delicatamente sul mio dito che era ancora nella sua bocca. Me lo pulì con una cura incredibile usando solo la lingua, poi lo lasciò uscire dalle labbra serrate spostando lentamente la testa indietro

«Abbiamo ancora voglia, eh?» la schernì

«Cosa ti dice che io abbia voglia?» mi chiese indispettita

«Le tue ginocchia sono rosse, stavi facendo un pompino, o leccando una figa, quando ho suonato, chissà che voglia ti ha lasciato» rimase di sasso, non si aspettava che avessi scoperto la situazione, provo ad abbozzare una risposta

«Ma che…?» non me ne curai minimamente e mi posizionai in piedi davanti a lei, il mio cazzo era a pochi centimetri dalla sua bocca. Mi abbassai la zip della leggera felpa che portavo e mi inarcai spogliandomi avvicinandolo ancora di più

«Me la tieni?» il mio cazzo davanti a lei, il mio corpo semi scoperto, in effetti la maglietta aderente che portavo permetteva di cogliere quasi ogni dettaglio della mia definizione muscolare. Senza aspettare risposta lascia cadere la felpa sul braccio di Daniela e tornai a scaricare fusti. Sapevo che la maglietta risaliva ogni volta che stendevo le braccia o mi caricavo un fusto lasciando scoperto parte degli addominali e potevo vedere il suo sguardo indugiare sul mio corpo e sul bozzo che avevo nei pantaloni. Continuai a fare avanti e indietro senza parlare più mentre lei mangiava il panino concentrata su di me, avevo aumentato la sua voglia già non soddisfatta. Chissà cosa avrebbe pensato il suo partner se avesse saputo che molto probabilmente a fine consegna mi sarei fatto divertito io con lei. Ormai era andato a caricare il penultimo fusto quando le chiesi

«Ma il mio panino sarà pronto quando avrò finito, vero?» la riscossi da uno stato confusionale come fosse caduta dalle nuvole, insistetti un attimo e si ricordò subito di come tutto era cominciato, quasi inciampò in uno dei fusti che avevo depositato nello stanzino per correre in cucina, dopotutto avevo già poggiato il barile e mi restava solo l’ultimo da portare. Scaricai anche quello e chiusi il camion, portai con me solo la cartellina con la penna in cucina da Daniela. Passando mi fermai nello stanzino e mi tolsi anche la maglietta asciugandomici il sudore lasciando il mio torso tutto esposto, mi accarezzai il pacco per metterlo bene in vista e poi andai. 

Stava terminando di incartarmi il panino, mi sistemai dietro di lei e corsi con la mano destra lungo il suo braccio, strinsi la sua mano e portai il panino sopra la sua spalla per addentarlo. Cercò di girarsi. La sculacciai con la mano sinistra. Si irrigidì con lo sguardo fisso davanti a sé, addentai di nuovo il panino e aderì a lei con il corpo, ondeggiò il culo, aveva sentito il mio cazzo, aveva sentito quanto fosse duro. Con la mano sinistra la spinsi ad adagiarsi sul tavolo mentre addentavo un altro morso del mio panino, le feci allargare le gambe con piccoli colpetti del piede e rimasi ad ammirarla. Era bella così messa, china a novanta gradi sul bancone, remissiva e silenziosa, doveva essere rimasta con molta voglia se il piccolo spettacolo di prima l’aveva convinta a lasciarsi andare così. Svogliatamente le accarezzai il culo, lasciavo scorrere le dita lungo la coscia, sapevo benissimo che le sentiva distintamente attraverso i sottili leggings che indossava. Risalì lentamente nell’interno coscia, senza mai arrivare al punto più caldo, ma finendo sempre sui fianchi, fremeva ormai ad ogni tocco. La colpì con un leggero colpo secco sulla fica a mano aperta, sobbalzò di sorpresa, ma non si ritrasse. La sculacciai, sospirò di piacere. Posai il panino e l’afferrai per i fianchi, scivolai con le mani sulla sua pancia e le accarezzai il ventre mentre le mie dita correvano a slacciare il piccolo cinturino e la minigonna. Con delicatezza le tolsi in un unico colpo mutandine,  leggings e gonna lasciando la sua pelle nuda. Mi abbassai la zip e le appoggiai il mio cazzo duro sul culo, volevo capisse un minimo le dimensioni e lo fece. Mosse il culo avanti e indietro, lo fece ondeggiare a destra e sinistra e quando ebbe finito mi disse

«Che bel cazzo! Mettimelo dentro dai!» erano le sue prime parole da quando ero entrato in cucina e ora ero dietro di lei a petto nudo con il cazzo fuori dai pantaloni che glielo sbattevo sulle chiappe mentre lei s’impegnava a capirne le dimensioni con i vestiti alle caviglie. Le infilai il cazzo dentro e mi accorsi subito della facilità con la quale avanzavo, era molto bagnata e discretamente aperta, mi fermai a metà e le chiesi

«Ti piace?» anche se sapevo già la risposta
«Oh sì, è grosso. Mettimelo tutto dentro!» mi chiese e affondai un altro po’ e chiesi nuovamente

«Intendi così?»

«Sì! – sospirò- Mi riempie completamente»
«Davvero? E dire che non è ancora entrato tutto» l’afferrai con forza per i fianchi

«Come…ahh!» urlò appena ebbi dato l’ultima spinta. La presi per i capelli e diedi subito un ritmo infernale alla scopata, lei era già eccitata da prima e io non avevo molto tempo.
Non durò molto, ma fu intensa. Venni e senza dire una parola uscì e mi pulì sommariamente il cazzo sul suo culo, poi lo rimisi nei pantaloni, chiusi la zip. Presi il panino e strappai un nuovo morso

«Mi daresti anche una bottiglietta d’acqua? Me la merito» incerta nei movimenti tirò su i suoi indumenti e si chinò a prendere una bottiglietta da un basso frigorifero

«Eccola» mi disse con voce stanca e ancora un po’ stravolta

«Dai, che ora ti riprendi. Io devo tornare a lavorare, mi serve una firma» dissi indicandole la cartellina con la penna. Firmò e mi ripresi il tutto

«E ora?»

«Io torno a lavorare, tu ti prepari ad aprire. Prossima volta mi prenderò il resto» dissi artigliandole il culo con la mano sinistra e con la bottiglietta in mano uscì a riprendermi i miei vestiti, mi sembrò di sentirla fremere solo alla mia frase, ma probabilmente fu solo suggestione.

Era quasi un mese che scopavo con Daniela, da quel giorno ci eravamo incontrati altre volte, a casa sua, a casa mia o ancora al pub, non erano state moltissime volte, ma erano state tutte molto appaganti. Ogni volta che ci vedevamo sembrava non aspettare altro, io non ero così legato ai nostri incontri, lei invece smaniava per vedersi. Non che volesse una storia o simile, ma aveva bisogno di godere molto spesso, di godere così tanto da scordarsi quasi chi era, da godere così tanto da dimenticare tensioni e preoccupazioni . Non parlavamo molto, non scambiavamo molte battute, era un rito che andava bene ad entrambi: ci vedevamo e senza parlare scopavamo. Ogni volta in maniera diversa, c’era stata la volta che l’avevo presa vestita appoggiata al bancone del pub, la volta che eravamo stati quasi romantici distesi su un letto e la volta che non eravamo neanche riusciti ad arrivare in un luogo appartato che l’avevamo fatto lì dov’eravamo. Mi ero reso conto di non essere l’unico a fare sesso con Daniela, ma se capivo benissimo che avesse un ragazzo e si volesse divertire ero altrettanto convinto che non fosse lui la motivazione della sua voglia irrefrenabile con me, c’era dell’altro e volevo scoprire cosa.
Ero arrivato al pub con la birra e vidi la porta di sicurezza accostata, temetti che qualcuno stesse provando a rubare qualcosa, magari qualche tossico così mi infilai anche io per la porta aperta e avanzai in silenzio. Sentii dei mugugni e mi fermai, attesi immobile e li sentii ancora, stava succedendo qualcosa al quale non ero stato invitato. Mi avvicinai silenziosamente alla porta per la cucina e per non fare rumore abbassai la maniglia prima e socchiusi la porta dopo in uno dei momenti in cui mi resi conto che le urla avrebbero coperto le mie azioni.
Rimasi molto sorpreso dalla visione che mi si prospettò davanti, non mi sarei aspettato di vedere quei due corpi aggrovigliati in quel modo, ma era uno spettacolo fantastico, solo a vederle il mio cazzo ebbe un’impennata. Chi non l’avrebbe avuta con un simile spettacolo saffico davanti agli occhi? Daniela e Laura erano così impegnate che non si erano accorte di me, sarebbe potuta entrare una squadra SWAT e non si sarebbero accorte di nulla. Mentre le osservavo potei capire una cosa che in tutto quel tempo mi era sfuggita, Laura era passiva! Rimasi particolarmente sorpreso dalla vicenda, non me l’aspettavo, dopotutto aveva uno stile così ribelle e combattivo, sapevo che frequentava molti gruppi di protesta e aveva partecipato a molte manifestazioni in prima fila, ma ora era lì dedita a leccare la fica di Daniela che si divertiva a metterle dentro un piccolo mattarello in silicone e Laura sculettava per chiederne di più. Vedendole in azione capii che il mattarello non era un ricambio del piacere, era un premio: tanto più Laura era brava a leccare tanto più Daniela affondava dentro di lei con il giocattolino, appena Laura rallentava o si fermava Daniela lo tirava fuori e ogni volta l’amica scuoteva disperata il culo a reclamare piacere. Daniela dominava Laura. In silenzio, tornai da dove ero venuto, scaricai i pochi fusti facendo attenzione a non fare rumore, lasciai i documenti da firmare su un di essi e tornai al mio camion, li avrei ripresi dopo.
Per tutto il resto della giornata dentro di me si affannavano pensieri su come sfruttare le mie informazioni, mi sarebbe servita una complice di questo ero certo. Non potevo chiedere a Giada e neanche a Nadine sicuramente, mi rimaneva una sola possibilità, ma non era ancora pronta a trovarsi in una simile situazione, aveva bisogno di essere svezzata ancora un po’ prima.
Prima di riconsegnare il camion ripassai dal pub e posteggiato in seconda fila mi catapultai dentro e, in barba alla fila di persone che aspettavano al bancone, afferrai per un polso Daniela che girava come una trottola
«Sono in ritardo, ho il camion in seconda fila, mi ridai i documenti?»

«Sì, te li prendo subito. Vuoi qualcosa?» mi chiese andando verso il retro, aveva capito la mia fretta

«Berrei un whisky, ma sono di corsa- le risposi tamburellando nervosamente le dita sul bancone di legno- Hai un breezer?» chiesi mentre mi passava i documenti

«Sì, come lo vuoi?»

«Arancia, grazie!»

«Ecco a te! Buon riposo!» corsi a recuperare il camion, sentivo già i clacson suonare. Non era un buon posto per fermarsi la sera, ma non avevo alternative viste le macchine che chiudevano il passaggio per il retro, quando tornai mi aspettava una pessima sorpresa però, una poliziotta fissava il mio camion in attesa che tornasse il proprietario

«Agente, eccomi sono qui. Mi scusi, ma…»

«È andato a comprarsi l’ennesima bottiglia della giornata. Venga che le facciamo un alcool test»

«No, c’è un equivoco, è la prima bottiglia e non l’ho nemmeno cominciata»

«Patente e poche storie- disse autoritaria, la porsi senza controbattere- Venga!» continuò avviandosi verso la pattuglia parcheggiata sculettando come una troia, possibile che fossero tutte così le poliziotte? A malincuore la seguii

«Massimo, fagli un alcool test a questo delinquente»

«Piano con le parole, se lo ripete sarò costretto a sporgere denuncia per calunnia» dissi incazzato
«Ma con chi credi di parlare, eh?» s’intromise il collega
«Con una che ancora non mi ha dichiarato il suo numero identificativo e reparto di appartenenza come prevede la legge, ma già mi chiama delinquente»

«Fai questo dannato test!» mi urlò contro lei per chiudere la discussione. Prese il tubo, si piazzò davanti a me e lo poggiò sulle mie labbra serrate. Senza perdere il contatto visivo soffiai nel tubo che mi diede luce verde per guidare, il collega sorpreso si girò a controllare lo strumento, io tesi la mia mano

«La mia patente, prego» dissi con voce melliflua. Lei era nera in volto, ma senza fiatare mi restituì il documento

«Le faremo comunque una multa per la sosta in divieto» in quel momento due ragazzi davanti al pub attirarono l’attenzione più di me e si avviarono per dividerli, ne approfittai per risalire sul mezzo e congedarmi, certe persone riuscivano a tirarmi fuori solo i peggiori commenti. Il ragazzo sembrava un frustrato che non sapendo cosa fare della sua vita si era dedicato a fare il poliziotto, lei sembrava non scopare da più di un anno. Non riuscivo a capire come potesse un’agente di polizia donna non riuscire a scopare, la divisa da sempre eccita gli uomini e le donne, come fa una bella ragazza, perché di una bella ragazza si trattava, a non trovare con chi passare una bella notte di fuoco? La mia mente era ancora rivolta a simili pensieri quando dovetti firmare i documenti per riconsegnare il mezzo in ditta, alzai gli occhi dai documenti e chiesi alla ragazza davanti a me

«Tu ci scoperesti con una bella poliziotta?»

«Come scusa?»

«Hai sentito, Susanna. Ci scoperesti?»

«Io non sono lesbica» s’impuntò risentita

«Hai ragione scusa, tu solo cazzi corti e molli» la canzonai firmando i documenti e andandomene

«Ma vaffanculo!» mi gridò dietro dal bancone
Quella sera andai in un noto locale omosessuale, non cercavo compagnia, ma volevo vedere i rapporti tra le persone, mi serviva imparare. Stavo bevendo il mio cocktail da solo quando vidi Natalia, l’amica di Angela con una ragazza e mi venne un’idea, ora avevo il mio aggancio. Mi alzai e senza chiedere permesso mi sedetti al loro tavolo

«Ciao, Natalia»

«Ciao, Simone» mi rispose lei infastidita, più che comprensibilmente

«Vorrei chiederti una cosa? Posso?»

«Chiedi e deciderò se risponderti o tirarti il cocktail in faccia» rimasi un secondo pensieroso e optai per togliermi la camicia restando solo con la maglietta intima

«Ciao, Simone. Piacere di conoscerti!- dissi tendendo la mano alla ragazza che non conoscevo- Scusa per l’abbigliamento ma vorrei evitare che si macchi la camicia nel caso» mi esposi sorridendo

«Piacere, Roberta» si presentò anche lei

«Nati, avrei bisogno che tu mi insegnassi che tipo di rapporto c’è tra due lesbiche. Un rapporto di dominio? Di parità? C’è per forza chi fa il maschio e chi no? Ruoli intercambiabili?- non passarono dieci secondi che il cocktail volò sul mio viso. Mi voltai verso la ragazza appena conosciuta- Fatto bene a posare la camicia, eh?»

«Vado a prendermi un altro cocktail, vedi di sparire per quando torno» mi minacciò Natalia e si alzò. Mi stavo asciugando che la sua amica si inserì nel discorso

«Perché fai queste domande?»

«Oggi ho visto due ragazze fare sesso tra loro e mi è sembrato evidente ci fosse un rapporto di dominazione mentale tra le due, ma non riuscivo a capire come mai i ruoli fossero invertiti rispetto alla vita quotidiana. So che una delle due ragazze non è lesbica, ma bisex. Mi chiedevo se ci fosse qualcosa sotto simile ai rapporti di attivo e passivo che ci sono nel mondo gay e se dato che le donne sono più mentali dell’uomo tale rapporto si riflettesse anche sul lato mentale»

«Detta così non sembra da pervertito- scoppiai a ridere- comunque sì, hai visto bene. Si stabiliscono dei ruoli in una coppia, non marcati come nei maschi perché non c’è penetrazione, ma ci sono. Essere versatili dipende dalle persone, prendi la tua amica con me è docile come un cagnolino, vero Natalia?» disse alla ragazza che si era riseduta

«Tu te ne devi andare!» mi urlò lei

«Lui resta!» la interruppe bruscamente Roberta

«Ma…sei sicura?» 

«Sì!- poi voltandosi verso di me- Hai visto? Anche con le altre ragazze che si è fatta lei era una dominante, come con te»

«Sì, veramente ammirevole il cambiamento»

«Il ruolo dipende dalla coppia e dalla versatilità della persona, insomma dall’ambiente»

«Grazie mille, era proprio quello che mi serviva sapere» mi girai per alzarmi, quando mi prese la mano

«Aspetta, non andartene!- mi disse sensuale. Si voltò verso Natalia e scostati i capelli la baciò voluttuosa sul collo- Non vuoi una dimostrazione pratica?» disse mettendo in mostra Natalia

«Che intendi per dimostrazione pratica?» chiesi incuriosito risedendomi. Senza rispondermi passò un dito dentro il collare choker la tirò a sé
«Tu, resta seduta! Voglio che mi guardi mentre sto con lui, chiaro?»

«Sì» rispose intimorita la ragazza. Roberta si alzò e iniziò ad avvicinarsi a me, senza parlare si mise a cavalcioni sbattendomi le sue tette in faccia

«Ti stuzzica l’idea?» serrando le gambe con forza intorno ai miei fianchi

«Dovresti fare attenzione con me, non sono uno facile da dominare» risposi tranquillo accarezzandole i fianchi e le cosce

«Tranquillo, quando avrò finito con te non ricorderai neanche cos’è un’erezione, ho intenzioni di spolparti per bene» mi disse fissandomi con i suoi occhi azzurri

«Vedremo- dissi con calma prima che si chinasse a baciarmi. Fu un combattimento tra lingue, un duello sulla destrezza del movimento, ne approfittai anche per afferrarle il culo e tastarlo. Non era piccolo, ma molto abbondante. Sodo, quasi muscoloso, ma abbondante- Dove possiamo andare?»

«Andiamo al piano di sopra, ci sono i privé» si incamminò tirando Natalia per il collarino, io la seguivo qualche passo più indietro, sarebbe stata una serata divertente. Roberta sculettava vistosamente mentre Natalia la seguiva silenziosamente con la testa bassa.

Erano adagiate sul divanetto, sazie e felici, e io le osservavo dalla poltrona coccolarsi amorevolmente dopo il selvaggio amplesso consumato. Credo sia il sogno di ogni uomo scopare con due donne insieme, ma pochi possono anche immaginare di essere in grado di far cambiare idea ad una lesbica convertendola al cazzo. Potevo dire di esserci riuscito? No, di certo. Quello di cui potevo vantarmi era di aver fatto venire ad una lesbica dei gran bei orgasmi. Anche se aveva scoperto il piacere del cazzo non avrei mai potuto farle passare l’amore per la fica

«Vai via?» mi chiese Natalia osservandomi alla poca luce

«È stato bello, ma non è giusto restare adesso»

«Lascialo andare, piccola» s’intromise Roberta abbracciando Natalia mentre la mordeva ancora sul collo

«Ora è il vostro momento. Non è più sesso, è amore» dissi a Natalia prima di andarmene. Il locale si era svuotato, erano rimasti pochi avventori ubriachi al bancone e alcune cameriere e camerieri stavano già cominciando a rimettere in ordine. Imboccai il corridoio quando mi sentì chiamare alle spalle, mi voltai per vedere una ragazza che mi inseguiva con in mano un foglietto di carta, la presi senza guardarlo e mi persi un attimo nei suoi occhi. Due piccoli puntini luminosi neri come la notte e ben evidenziati da un trucco leggero mi fissavano intensamente, spinto dall’istinto l’attrassi per un fianco e voltato l’angolo la schiacciai verso il muro e prima che potesse parlare l’avevo già baciata. Un fresco aroma di menta, mi riempì la bocca, ma le sue labbra era calde e secche. Ci staccammo, ma non mollai la presa, la spinsi ancora contro il muro e continuai a baciarla, non si stacco da me e rispose ancora al mio bacio

«Veronica, dove sei?» sentimmo chiamare dalla sala e prima che potessi accorgermene era sfilata via a rispondere. Assaporai un ultima volta quel fresco sapore e continuai verso l’uscita mentre con la mano accarezzavo quel piccolo pezzo di carta che mi aveva passato. All’aperto la brezza mattutina mi riempì i polmoni mentre spinto dalla curiosità leggevo il bigliettino appena ricevuto: un nome e un numero di telefono, nient’altro. Registrai il contatto, anche se non avevo idea della sua utilità, e puntai alla macchina, era ora di andare a dormire. Passando vicino ad un cestino mi sporsi per buttare il foglietto e mentre cercavo lo scomparto della carta mi resi conto che c’era scritto qualcosa anche sul retro, voltai il bigliettino ed ebbi le mie risposte: “Per dei buoni denti serve il pane”. Un omaggio da Roberta per la bella serata, quello che mi serviva per far maturare Anna, perfetto. 
Passai tutta la giornata a bearmi delle gioie di un fine settimana dormendo fin oltre quello che il buon senso avrebbe indicato come orario limite e restando in uno stato simile a quello di uno zombie per il resto della giornata, come un vampiro acquisì la piena operatività quando la luna era alta nel cielo ed era ormai ora di cena.
I miei genitori mi chiedevano insistentemente dei miei progressi all’università e non sapevano ancora gli ultimi risvolti negativi che prima o poi avrei dovuto comunicarli, più poi che prima. Disporre di uno stipendio sicuro non mi era ancora possibile, almeno finché non avessi superato indenne il periodo di prova e di contribuire nuovamente alle spese di mantenimento familiare non era una mia priorità.
Mangiai, o meglio ingurgitai, senza prestare troppa attenzione, e mi diressi in palestra per combattere un minimo il mio nuovo stile di vita sedentario e lì ci trovai Giada impegnata a fare degli esercizi con dei leggings così attillati che era quasi possibile quasi distinguere i contorni della fica, di sicuro era possibile vedere chiaramente le culottes che indossava. Mi avvicinai di soppiatto e lasciai che il mio respiro le scaldasse il collo

«Non dovresti allenarti anche tu?» disse tra uno sbuffo e l’altro

«Il vantaggio di una palestra aperta 24h è che puoi allenarti quando più ti aggrada»

«Si, ma il nostro appuntamento era un’ora fa» mi rimbeccò posando i pesi

«Avevamo un appuntamento?» chiesi sorpreso

«Sei un caso disperato. Ti ho portato Anna come mi avevi chiesto, il suo programma di allenamento con me è concluso, fa tutto quello che mi avevi chiesto»

«Perfetto, ora non resta che allenarne la sicurezza»

«E come pensi di fare?» mi chiese curiosa. La fissai sorpreso della domanda

«Quelle tette messe in un bel top aderente con gocce di sudore che scendono nella profonda scollatura e un culo sodo inguainato in un paio di shorts aderenti? Quanto credi che ci voglia perché più di metà dei maschi della palestra abbia il torcicollo?»

«E i restanti?» 

«Sono froci, è ovvio. Trovami un maschio etero che non girerebbe la testa ad ammirarla!» Giada si era fatta più vicina e potei capire quanto si addentrò nella visione quando la sua mano strinse forte il mio braccio, i suoi muscoli si tesero e un lungo sospiro le riempì i polmoni
«L’hai fatto, eh?»

«Sì, me la farei di corsa»

«Bambi, non mi starai diventando davvero lesbica?»

«Amo troppo il cazzo» disse con la bava alla bocca mentre si leccava le labbra con lo sguardo fisso su Anna

«Sì, in effetti la tua mano non ha dubbi al riguardo» e tanto veloce com’era arrivata sul mio cazzo quella piccola mano sinuosa tornò lungo il fianco

«Me la devi far provare»

«Quando sarà pronta, quando sarà in grado di non perdersi nella dominazione»

«Va bene» mi disse mettendomi il broncio

«Ho conosciuto la nuova ragazza di Natalia» buttai lì

«Buon per lei»

«Più grave di quel che pensassi- sorrisi- Quando ho finito andiamo a bere» dissi allontanandomi. Mi dedicai ai miei esercizi senza mai staccare di dosso gli occhi ad Anna e Giada, era il momento di forzare un po’ la mano alla secchiona, e magari di mettere in difficoltà la mia migliore amica.
Andai pigramente a dedicarmi ai primi esercizi senza mettere carichi troppo pesanti, feci un po’ di tutto, quanto serviva per avere tutti i muscoli caldi. A quel punto mi posizionai davanti a lei alla postazioni delle trazioni e posizionate le braccia larghe rivolgendole la schiena mi sollevai una prima volta, una seconda e mi fermai. Non ero stanco, ma un po’ di scena non guastava, mi tolsi la maglietta aderente e a torso nudo ripresi a fare trazioni. Mi sollevai sulle braccia altre dieci volte sapendo che ogni minima contrazione dei miei muscoli era stata vista, analizzata e forse adorata. Scesi e senza curarmi di lei ripresi fiato asciugando solo il sudore sulla fronte con il polsino, non la cercai una sola volta con lo sguardo prima di risalire e ripetere l’esercizio altre due volte. Alla fine veramente esausto mi lascia scivolare un attimo seduto per terra a riprendere fiato mentre mi rimettevo la maglietta, cercai Anna con la sguardo e la vidi fissarmi, dietro di lei Giada chiacchierava con un amica, feci segno alla mia secchiona di avvicinarsi e lei ubbidiente mollo l’esercizio per raggiungermi

«Va da Giada, dalle dei piccoli bacetti sulla spalla, poi mordicchiale il collo e appena si prepara a girarsi afferrale i capelli e baciala. Poi torna a fare l’esercizio senza dire una sola parola- mi fissò sorpresa restando ferma- Allora?» terminai con tono irritato. si incamminò verso Giada e anche se titubante fece esattamente quello che le avevo chiesto e lo fece bene. Giada si lasciò baciare, si lasciò trasportare dalla mano fintamente sicura di Anna e quando si staccarono la mano di Giada corse a cercarla, ma era tardi, Anna si era già girata ed allontanata mentre lei restava imbambolata per quanto successo e io in silenzio ridevo di gusto. Terminai i miei esercizi e mi incamminai nello spogliatoio in un silenzio e una solitudine quasi irreali, ma a quell’ora la palestra era sempre deserta. Ero sotto la doccia a far riposare i muscoli indolenziti quando la porta del box si apre e lei si staglia davanti a me

«Ma…che cazzo» non riesco a finire la frase che mi abbraccia

«Stai zitto e baciami!- e senza aggiungere altro m bacia e il mio corpo reagisce prima della mia mente. Rispondo al bacio, stringo a me quel corpo bagnato che si struscia sul mio- Scopami!» disse staccandosi un attimo per poi riprendere a baciarmi

«Giada…che stiamo facendo» dissi fermandola, ma non riuscii a continuare prima che un colpo mi arrivasse sulla coscia destra. Intanto che cercavo di capire cos’era accaduto un secondo mi arrivò su quella sinistra, mi ritrovai piegato in avanti a gestire un doppio dolore mentre Giada spiccato un salto si aggrappava alla mia vita spingendomi verso il muro

«Ti ho detto di stare zitto!- poi riprese a strusciarsi, potevo sentire distintamente il calore della sua figa sul mio cazzo- E ti ho detto di scoparmi!» mi sussurrò all’orecchio prima di afferrare il mio cazzo per penetrarsi da sola. Fu allora che qualcosa scattò in me, ritrovai lucidità e prontezza d’azione, ma soprattutto ritrovai la forza e il pieno controllo del mio corpo. Bloccai la piccola mano di Giada, passai le mani sotto le sue gambe e presi il controllo della situazione poi con un colpo deciso entrai in lei. La penetrai con colpi veloci, forti, senza riguardi, avevo un unico interesse: scoparla e lo volevo fare a modo mio.

 Venni. Venni molto. Le venni dentro. Mi resi conto solo di queste tre cose perché poi esausto mi appoggiai al muro alle mie spalle e mi lasciai scivolare per terra. Sentii dei rumori, ma non ci prestai attenzione, nulla in quel momento mi interessava granché. Non so bene quanto rimasi giù, ma quando mi ripresi l’acqua si era chiusa. Mi rialzai a fatica e indolenzito riattivai la doccia, indirizzai il getto e appoggiai la fronte al muro dello spruzzatore lasciando che l’acqua calda bagnasse di nuovo il mio corpo e che il tocco dei getti mi massaggiasse. Riattivai l’acqua più volte senza avere alcuna intenzione di muovermi da lì, in attesa di trovare forze e coraggio per andare a vestirmi. Quello che era successo mi scombussolava non poco, mai con Giada c’era stata alcun pensiero rivolto a una situazione simile, eravamo stati molto intimi, da sempre, ma mai con pulsioni sessuali o con una vena maliziosa. C’erano stati i momenti di gelosia, ma più perché entrambi ci eravamo trovati a voler marcare il territorio, chi ci prendeva doveva accettare anche l’altro, eravamo un pacchetto unico e di questo eravamo ben coscienti. Quando rientrai nello spogliatoio trovai i miei vestiti appoggiati ad un armadietto, ma non erano i vestiti che mi ero portato io. Me li misi e uscii, trovai Anna ad aspettarmi seduta su una poltrona con una camicetta aderente e una minigonna molto sexy. Mi avvicinai e lei posò la rivista che stava leggendo, poi si alzò e la piccola gonna risalì quel tanto che bastò perché intravedessi l’orlo delle auto reggenti. Giada aveva fatto un buon lavoro con Anna, ora toccava a me finire l’opera. 

«Dove ci aspetta Giada?»

«Al locale dove lavora Daniela, ha detto di vedersi lì»

«La avviso che non andiamo. Stasera divertimento!» dissi avviandomi verso l’uscita

«Scherzi, vero?» mi chiese mettendosi al mio inseguimento

«No, affatto è il momento di passare alla fase successiva del tuo percorso»

«Che vuoi dire?»

«Hai visto quello che hai fatto oggi? Non l’hai trovato notevole? Sei passata dall’essere una ragazza timida, che vestiva con lunghi maglioni e si vergognava a sapere di essere osservata, all’essere una ragazza che va e si prende quello che vuole.- teneva gli occhi bassi- Problemi, Anna?» la guardai dopo aver buttato la borsa nel portabagagli

«No, nessuno. Solo che…io…l’ho fatto perché me l’hai detto tu»
«Ovvio, per questo dobbiamo passare alla fase successiva.- mi fissava interrogativa- Salì! Prima fase, vestiti e corpo e grazie a Giada abbiamo finito. Ora sai cos’è un vestito sexy e lo cerchi tu stessa, non ti va più imposto. Ora dobbiamo passare alla seconda fase, insegnarti il controllo, poi ci sarà l’ultima fase: la capacità di cedere il controllo»

«A che servono tutte queste fasi?» mi chiese mentre si metteva la cintura. La cinta le passava proprio in mezzo alle tette mettendole ancora di più in risalto e il mio cazzo si stava svegliando dal riposo

«Ognuna di esse è una piccola parte del tuo percorso e in ognuna di esse devi acquisire esperienza. Un uomo non accetterà mai di cedere a te il comando, non uno che vuole cacciare almeno. Per cedere il controllo senza perderti, però, devi conoscere molto bene i tuoi limiti e te stessa. Prima impari a controllare, poi lasci che qualcun altro controlli» parlai mentre mettevo in moto e facevo manovra

«Ma controllare cosa?»

«Te, la situazione. In una parola tutto. Cedere il controllo vuol dire accettare che un uomo ti tratti come una troia e ti faccia godere scopandoti come fossi un oggetto, ma allo stesso tempo devi sapere dov’è il limite perché non ti trascini in abissi di dominazione che non vuoi conoscere. Mi sono spiegato?» fissava davanti a sé dubbiosa, non era convinta del ragionamento poi a bruciapelo mi chiese

«È quello che è successo con Nadine?» riuscì a non fare movimenti inconsulti al volante, aveva centrato la situazione

«Sì, lei ti stava dominando completamente e non era quello che volevo. Ti ho dato una persona che ti dominava, lo hai visto, e te l’ho fatta dominare. Ti è piaciuto, no?»

«Sìììì!» sussurrò mordendosi un labbro con le mani che erano già scivolate tra le sue gambe

«Piano ragazza, non vorrai venirmi in macchina» ridacchiai io

«Ho tanta voglia di sesso, adesso» disse piantandomi gli occhi addosso

«Non è il momento, stasera non godrai con me. Se fallirai io non ti darò niente, dovrai ottenere da sola ciò che vuoi. Ti aiuterò a scegliere la preda, ma il resto lo dovrai fare tu.- dissi mentre imboccavo il grande viale alberato- A proposito di scelte, cerca un parcheggio che siamo arrivati»

«Che prendi?» chiesi ad Anna dopo aver ordinato il mio cocktail

«Non lo so, non ho ancora deciso»

«Un tequila sunrise per lei» chiusi io la situazione. Anna mi fissò senza capire e appena il cameriere si allontanò mi chiese

«Perché? Non l’ho mai bevuto»

«Ti piacerà, per il resto vieni qui vicino a me, come volessi essere abbracciata» le indicai segnando il giro del tavolo. Ubbidiente si mise vicino a me e mi chiese

«Chi devo guardare?» aveva capito, molto meglio della prima volta

«La ragazza alle tue ore dieci.- Anna si girò verso destra- Ore dieci, non due!» la rimproverai. Si voltò e vide la preda che le indicavo

«Quella con il dolcevita nero, dici?»

«Si, esatto quella lì»

«Ma è accompagnata»

«No, sta venendo rimorchiata. Vedi di riuscirci per prima» le dissi mentre il cameriere posava i nostri cocktail sul tavolo. Pagai per entrambi e mi alzai per andare verso il centro del locale, volevo divertirmi anche io. Scrutai il locale e intravidi la ragazza che cercavo: unica single con coppie di amici. Attesi un attimo che gli amici la lasciassero libera e subito l’afferrai saldamente per la vita

«Ciao!» e bevvi un sorso del cocktail

«Ciao» mi salutò dubbiosa senza entusiasmo, era preoccupata per la mia mano sul suo fianco. Per risposta l’attirai a me

«Parliamo un po’» dissi muovendomi verso un angolo del locale dove la musica era meno forte

«E se io non volessi?» mi disse  cercando di liberarsi. La schiacciai contro il muro e aderì quasi a lei

«Tu hai voglia di cazzo, sei eccitata e si vede chiaramente.- le presi una mano e la posai sul mio cazzo non ancora in erezione- Al momento è a riposo, ma credo che tu possa già farti un’idea di cosa ti aspetta. Ho solo bisogno di un favore, prima»

«Mi hai preso per una puttana?» mi scappò una risatina

«No, per una troia che vuole scopare. Strofini le gambe, sei nervosa, pupille dilatante, pelle d’oca ed emani un così forte odore di sesso.- inspirai profondamente con il naso- Non fraintendermi, è ottimo»

«No!- mi rispose secca- Prima mi scopi, poi forse ti aiuto» controbatte. Ha gettato la maschera e cambiato completamente tono di voce e modo di fare, è determinata, sa quello che vuole.

«Mettiamo le cose in chiaro. Per me scoparti è una ricompensa, non è quello che voglio, né quello che cerco, ma tu sì. Tu vuoi sesso, vuoi essere sfondata! aggiunsi quasi sottovoce vedevo distintamente il suo respiro farsi più corto- Tu sei una cagna che si nasconde sotto un’aria da santarellina, vuoi tanto cazzo duro e tanta sborra calda. Hai molta sete e vorresti tanto bere, vero?- prima che potesse rispondere continuai- Fammi questo favore e ti prometto una notte di fuoco»

«Voglio scopare, non farti favori» mi disse cercando di scansarmi per tornare dai suoi amici. La afferrai per un braccio sbattendola contro la colonna, non forte, ma abbastanza perché capisse

«Sei dura di comprendonio, vero?- Avvicinai la mia bocca al suo collo e lo mordicchiai, giocai con il lobo del suo orecchio. È eccitata e lo so, infatti le scappa un gemito, non può trattenersi- Dimmelo! Dimmi cosa vuoi!» le ordinai

«Voglio essere scopata» quasi urlò. La voltai faccia contro il muro, non dissi una parola. Spostai di lato il suo perizoma, era rischioso, ma in mezzo alla calca le nostre mosse non erano ancora state notate. Apro la zip dei miei pantaloni e la penetrai un po’, affondai giusto il minimo perché potesse sentire il mio cazzo in erezione quasi completa. Le prendo una mano e la faccio scorrere sul mio uccello, doveva rendersi conto di quanto mancava ancora

«Oh cazzo!» esclamò dopo aver passato la mano anche sulle mie palle e su tutta l’asta

«Già! Un cazzo che ti potrebbe sfondare da qui fino a domani se tu mi facessi quel piccolo piacere» la voltai e rimisi il mio cazzo dentro i pantaloni. La ragazza non disse una parola, per un breve momento aveva avuto il mio cazzo sotto gli occhi e aveva potuto ammirare meglio la mia arma migliore. Era in silenzio, stupita da quello che aveva visto e come in trance, poi si riprese

«Scopami adesso e poi ti faccio il favore!» rilanciò
«Non c’è tempo, la finestra si sta per chiudere»

«No!- mi rispose secca- Prima mi dai quello che voglio, poi faccio tutto quello che desideri» Era molto decisa e io non avevo né tempo né voglia di discutere. La mollai lì sulla pista e me ne andai. Andai verso Anna, feci finta di urtarla e le passai le chiavi dell’auto. All’orecchio le sussurrai

«Prendi la mia macchina e vai a divertirti. Se c’è un solo graffio, domani ti uccido» annuì impercettibilmente e tornò dalla sua preda. Io, invece, mi mossi verso la ragazza da tenere lontana, non era un ruolo che mi era molto familiare, ma lo sapevo svolgere, anche se in modi non sempre molto ortodossi. Mi avvicinai al bancone e nella calca simulai una spinta finendole addosso. Un metodo vecchio, ma che garantiva sempre una buona dose di successo

«Mi hai fatto cadere i cocktail, deficiente!»
«Oh scusa, non volevo. Mi hanno spinto e ho perso l’equilibrio per un attimo. Ti sei macchiato?» chiesi mettendo in atto una plateale sceneggiata

«No, non mi pare. Sei stato fortunato» mentre si controllava il vestito diedi uno sguardo ad Anna che stava imboccando l’uscita del locale

«Permettimi di scusarmi, lascia che ti offra qualcosa da bere. Sei con qualcuno?» 

«Sì, sono con una ragazza.- mi gelò, si sporse un po’, ma il tavolo era vuoto- Dov’è andata?»

«Spero non sia andata via per colpa mia. Mi dispiace tanto! Ti prego, lascia che provi a scusarmi» dissi con la faccia di un cucciolo bastonato. Scocciata, accettò infine il mio invito, la serata era tutta nelle mani di Anna.

 

La ragazza non era interessata a me, ero stato solo un ripiego il tempo necessario a individuare la sua nuova preda, era una dominante e cercava schiave. Decisamente non era quello che volevo, non mi entusiasmava l’idea di essere passivo per usare un eufemismo.
Restai al locale ancora qualche minuto, vagabondai alla ricerca di prede, ma tutto quello che vidi, o meglio sentii, fu una ragazza divertirsi nei bagni. La riconobbi quando uscii, era quella a cui avevo chiesto il favore, alla fine aveva ottenuto quello che cercava e le era pure piaciuto a giudicare dalle urla che si erano sentite. Abbozzai un sorriso e decisi che era giunto il momento, uscii e preso il telefono chiamai Giada

«Pronto?» rispose, ma la musica impediva quasi di sentire la sua voce

«Esci dal locale o non ti sento» provai a dirle al telefono

«Pronto?»

«Giada, esci!» urlai dentro il microfono del telefono

«Pronto? Ma chi è?»

«Giada, mi senti?» chiesi ora che la musica sembrava lontana

«Oh, finalmente. Non potevi rispondere da subito?»

«Veramente parlavo, ma causa musica non si sentiva niente. Dov’eri?»

«Dietro la console del Dj»

«Tu dietro la console del Dj? E che ci facevi? Te lo scopavi?» chiesi curioso

«No, ci giocavo con le bambole. È il mio ragazzo, che ci dovevo fare?» mi rispose sarcastica

«Scopartelo- risi- Non sapevo che ci fosse lui oggi da Daniela» 

«Se foste venuti lo sapresti»

«Ah, mi devi venire a prendere»

«Non hai la macchina?»

«L’ho lasciata ad Anna»

«Tu hai lasciato la macchina ad Anna?!» urlò incredula al telefono

«Sì, ma non sfondarmi un timpano, ti prego»

«È incredibile! Io non posso venire, però»

«Non vorrai lasciarmi qui a piedi, vero?»

«Non so neanche dove sei, in verità. Ora ti mando Laura come tassista, va bene?- mi uscì un verso di mugugno di disapprovazione- Guarda che non le dico nulla, eh?»

«Le mando la posizione, dai! A dopo» forse era andata pure meglio di quanto avessi ipotizzato

Era passata una mezz’oretta quando una macchina entrò nel parcheggio del locale e si fermò nel bel mezzo del parcheggio senza avere un’idea di dove andare, sicuramente era il mio passaggio. Mi avvicinai e bussai al finestrino, c’era Laura al volante

«Ciao! Mi fai entrare?» sentii il rumore metallico della serratura che si sbloccava ed aprì lo sportello

«Una ragazza costretta in piena notte a venirti a prendere nel bel mezzo del nulla»

«E cosa c’è di strano?» chiesi sorpreso. Non mi era piaciuto il tono con cui l’aveva detto ed ero sorpreso che a farmi un simile ragionamento fosse proprio lei

«Dovrebbe essere il contrario»

«Perché?»

«Perché dovrebbe essere l’uomo che accompagna una ragazza, non il contrario»

«In quale vecchia logica maschilista?»

«Scusa?»

«Hai appena fatto un discorso tipico di un vecchio di paese che rimpiange i tempi in cui le donne erano poco più che oggetti di proprietà dell’uomo. Non c’era libertà né parità e mi sorprende che sia tu a rimpiangere un tempo simile»

«Che vuoi dire?» mi chiese in tono acido

«Fermati! Accosta qui!» eravamo appena usciti dal parcheggio praticamente

«Che cosa vuoi fare?» mi chiese un po’ timorosa della risposta, sembrava aver perso la sua baldanza

«Mostrarti cosa voglio dire. Cambiamoci di posto, io guido tu fai la passeggera. Capirai!- sorrisi e scesi- Non vieni?» le chiesi gioviale. Era un po’ perplessa, ma accettò. Si slacciò la cintura di sicurezza e scese anche lei

«Le chiavi sono nel quadro» mi sedetti e mi sistemai sedile e specchietto
«Allora, vediamo un po’. È passata la mezzanotte. Abbiamo mangiato fuori, siamo stati in un bel ristorante, e ora stiamo raggiungendo un locale dove c’è della musica per ballare un po’. Direi che l’atmosfera è quella tipica tra due persone a metà di un appuntamento. Io sono il maschio, quindi ho preso la macchina e sto guidando, ho pagato la cena e ti offrirò da bere quando arriveremo. Cosa manca, secondo te?»

«Non lo so» mi chiese sempre più acida. Posai la mano sulla sua coscia, l’accarezzai un attimo e scivolai verso l’interno

«Ecco cosa manca» risposi con voce ferma

«Che cazzo stai facendo?» mi chiese inviperita. Serrai la mano in una morsa decisa, anche se non dolorosa

«Vuoi dirmi che, se dopo una bella cenetta, ti mettessi una mano qui mentre andiamo in un locale a ballare, tu reagiresti così?» sentivo il suo corpo caldo sotto la mia mano, la gonna a quadri non era abbastanza lunga da coprirla fino al ginocchio e potevo indugiare sulla sua gamba scorrendo lentamente verso l’alto e verso il basso con calma  e rilassatezza. Laura non mi aveva ancora risposto, ma ero certo dal respiro corto e dal calore che sentivo sulla mano quanto non fosse indifferente. Dovetti togliere la mano per cambiare la marcia, quando la rimisi notai una differenza, le gambe non erano più strette, ma leggermente aperte. Mi stava invogliando ad accarezzare il suo corpo, la cosa mi piaceva, un po’ inaspettata, ma piacevole. Giocai con la sua gamba per un po’, accarezzandola, dandole leggeri schiaffi sulla coscia, serrando la mano ogni tanto. Mi resi conto che ad ogni mia azione lei provava emozioni diverse e alcune volte non riusciva a trattenere dal esternarla e si lasciava più andare. Quando l’accarezzavo si rilassava, il suo respiro si faceva più lento, gli schiaffi la eccitavano, ma erano i momenti in cui le artigliavo la coscia a scuoterla di più. Mi resi conto che per lei era più che eccitante, era dominata. Si mordeva il labbro, inarcava la schiena e non riusciva a trattenere piccoli mugugni, una situazione che mi eccitava in maniera incredibile. La bella ribelle femminista altro non era che una ragazza in cerca di un padrone, un quadro ben poco edificante per lei.
Presi una decisione improvvisa, svoltai e cambiai strada e, nella mia idea, anche destinazione

«Che fai? Dove vai?» mi chiese Laura sorpresa. Non c’era apprensione nella sua voce, probabilmente non aveva capito l’obiettivo che avevo in mente. Rimase in silenzio ad attendere la mia risposta ma vedevo che fremeva, non riusciva a stare ferma e si girava e rigirava in continuazione con la gonna che era salita ancora. Posai delicatamente una mano sulla coscia e accarezzai la pelle liscia 

«Andiamo in un altro posto, voglio mostrarti quello che ti perdi a non trovare ragazzi che ti vengano a prendere in macchina, ma anzi che ti costringono a guidare la sera tardi»

«Scusa?»

«Non sono le tue idee, no?- le dissi voltandomi verso di lei senza aver distolto la mano, ritornai a fissare la strada- Un uomo forte, di quelli mascolini che non piangano, con gli occhi di ghiaccio e lo sguardo deciso. Un uomo che decida per te, che ti compri le cose e che ti porti dove decida lui, che si prenda quello che vuole»
«Tu sei tutto matto se pensi che io voglia un padre padrone come uomo!» quasi urlò isterica. La fissai di sottecchi e serrai la mano sulla sua gamba

«Un uomo che si prende le carezza quando la vuole- le dissi artigliando la gamba, scorrendo lentamente la mano verso la fica- un uomo che ti dia piacere quando più gli aggrada senza curarsi troppo della situazione» terminai con voce calma e decisa spostando bruscamente le mutandine. Non persi tempo e infilai le mani dentro di lei, era bagnata, meno di quanto mi aspettassi, ma era bagnata. Mi afferrò il polso con entrambe le mani e fece forza per spostarla, avrebbe dovuto riuscirci facilmente ed invece non accadde nulla. La mia mano rimase lì mentre lei aveva una reazione di sdegno più simbolica che reale. Accostai

«Cosa fai?» mi chiese fintamente terrorizzata, senza rispondere subito mi slacciai la cintura e le afferrai la nuca con la mano libera tirandola verso di me, la fissai negli occhi e le dissi

«Ti bacio» e lo feci. Rimase impassibile come sotto shock e non rispose al bacio, almeno all’inizio. Dopo un po’, quando mi stavo per rassegnare e convincere di aver letto male il tutto lei si sciolse e iniziò a rispondere. Le sue labbra si schiusero, la lingua accolse la mia e le sue mani lasciarono il mio polso, ma sentivo che c’era qualcosa che non andava. Non si bagnava più

«Se non ti piace puoi dirlo- dissi con calma una volta allontanatomi. Era tutta rossa e capì allora che le piaceva davvero, ma qualcosa la frenava- Cosa ti frena?»

«Ho paura»

«Di cosa Laura? Sono io. La stessa persona per cui ti masturbavi in bagno» le dissi schiettamente

«Oddio! Come fai a saperlo?!» 

«Ho le mie fonti, ma cosa c’è che non va? Con Daniela ti lasci dominare in maniera ancora più forte» sbiancò

«Come fai a saperlo? Io con Daniela…» e smise di parlare, era terrorizzata

«Facciamo così, adesso andiamo al locale ed entrambi fingiamo che vada tutto bene. Se vorrai , poi, aprirti con me e parlare della tua sessualità io ci sono. Sono un porco, lo ammetto, ma un porco che sa ascoltare» le dissi dolcemente, la accarezzai un’ultima volta delicatamente sulle guance, rimisi in moto e andai verso il locale.

Quando arrivammo era passato parecchio tempo, me l’ero presa comoda per lasciare che Laura si calmasse e parcheggiai non proprio vicino al locale, in un posto un po’ distante, ma abbastanza vicino per riprendere comodamente la macchina. Scendemmo e Laura mi passò affianco con lo sguardo basso, la tirai a me e le passai in mano le chiavi della macchina

«Per gli altri sarebbe strano se sapessero che mi hai lasciato guidare»

«Grazie!- disse piano e mi baciò- Sei un bravo ragazzo quando vuoi, dovresti esserlo di più»

«E perdermi tutte le scopate che posso farmi facendo lo stronzo?» chiesi stupito, come fosse un’assurdità

«Ma niente storie serie così» mi rispose sorniona

«Esco da una storia seria e ti dirò che sono sopravvalutate. Preferisco brevi storie basate sul sesso, ci si diverte di più e si litiga di meno» dissi tirando avanti e lasciandola lì appesa

Entrammo nel locale che era ancora pieno, anche se non era più tanto presto. Vidi Giada vicino al bancone con Daniela che non faceva altro che spillare birre e quando poteva si sporgeva per scambiare due chiacchiere con lei

«Allora come va?» chiesi sorridente

«Benissimo» mi rispose Giada con un sorriso a trentadue denti

«Qualcuno ha scopato da poco- sorrisi-Dani, mi porteresti una birra»

«Per te costa il doppio» mi disse prendendo un bicchiere

«Il triplo» rilanciò Giada

«Ehi, guarda che non ti aiuto più con la tesi se continui così» lei per risposta mi fece una linguaccia

«E io mi scopo il professore e risolvo il problema» ribatté lei

«Tu non ti chiami Elena, tesoro» fece Daniela posando la birra

«Non distruggere il tuo essere donna» disse Laura disgustata

«Tranquilla, non si scopa il professore, rischierebbe di farlo morire per infarto. Guarda lì il dj, nonostante sia un ragazzo giovane l’ha ridotto ad uno scheletro» 

«Guarda che non è così per colpa mia»

«Tesoro, non nasconderti» le disse Daniela allontanandosi per servire un altro cliente

«Stronzo!» mi disse Giada tirandomi un pugno, arretrai e finì tra le gambe di Laura che mi prese per le spalle con le braccia

«Te lo tengo fermo» disse all’indirizzo della mia bambi che sogghignando prese la mira e colpì al corpo, istintivamente irrigidì gli addominali

«Ahi! Ma di che sei fatto?» piagnucolò Giada. Senza parlare mi liberai di Laura e la schiaccia contro il bancone, sostenendola sotto al culo e senza aspettare un attimo la baciai

«Ehi! Prendetevi una stanza!» mi rimbeccò Daniela

«Era solo per mostrare chi comanda, neanche in tre riuscireste a domarmi» disse con boria

«Esagerato, saresti sfinito già prima di cominciare»

«Da quello che si raccontava in città da noi, non è detto» disse Giada

«Scusa?!» urlò Daniela

«Pronto?» risposi stancamente al telefono

«Alzati pelandrone! Sveglia!» squillò una voce dall’altro capo. Avrei dovuto istintivamente chiudere la telefonata, ma ero così stanco che non ebbi neanche le energie per farlo, mi limitai a lasciar scivolare il braccio lungo letto fino al pavimento e lasciai lì il cellulare convinto di aver risolto il mio problema. Tempo due minuti e sentii una tromba per tutta la stanza, scattai come una molla, sembrava un allarme antiatomico

«Ma che cazzo?!» ci misi un po’ a capire che proveniva dal telefono con la chiamata ancora aperta, chiusi la conversazione e, atteso qualche minuto chiamai io

«Pronto?» rispose una voce spaventata

«Ma che cazzo ti salta in mente?!» urlai

«V-V-V-Vo-levo svegliarti» mi rispose decisamente impaurita

«E vuoi svegliarmi così? Ma un briciolo di rispetto, no? Ci credo che sei spaventata»

«Non per te, ma per le mie coinquiline, non l‘hanno presa bene»

«Non mi stupisce» chiosai sarcastico

«No, non hai capito. Non si sono limitate a dirmelo, Laura ha cercato di picchiarmi e non per gioco, mi sono rintanata nella cucina e mi sono chiusa a chiave. Ti prego, vieni!»

«Meriteresti che non venissi» risposi rassegnato

«Grazie»

 

Neanche un’ora dopo ero sotto casa di Giada e chiedevo di salire, le ragazze mi ignorarono lasciandomi lì. Con un po’ di inventiva, qualche bugia e il fondamentale aiuto della demenza senile riuscì a ottenere quello che volevo, raggiunsi la porta e quando Daniela l’aprì con superficialità la spalancai di forza, ero in casa. La dark con addosso solo una lunga canotta larga e due bracciali con le borchie mi guardava stralunata; Anna, sorpresa, aveva un paio di calzini antiscivolo e un perizoma con una maglietta che arrivava appena a coprire il seno, mentre Laura, la più baldanzosa, era in tenuta da yoga che sbatteva la mano contro la porta in maniera ossessiva, meno male che lo yoga aiuta a rilassarsi. Le ragazze mi fissavano tutte immobili e il mio cazzo si induriva e si ingrossava alla vista di tutto quel ben di dio

«Finalmente sei arrivato» ruppe il silenzio la voce di Giada e fu il segnale che scatenò il caos, tutte cominciarono a urlare e io non capivo nulla, le mie orecchie erano ancora sensibili da prima. Imbestialito fischiai. Fischiai nel solo modo che avrebbe fatto scattare sull’attenti chiunque, fischiai alla Trapattoni maniera. I due mignoli in bocca e dai fiato ai polmoni che ti sentono pure gli ultras mentre lanciano le bombe carta, le ragazze si zittirono immediatamente. Stressato e disturbato indicai il divano ed entrai in cucina a raggiungere Giada

«Che avete per colazione?»

«Niente che ti vada bene» sbuffando le tirai il portafoglio

«Vai a prendere quello che serve per una bella colazione. Non ci mettere troppo!» mi raccomandai. Prese i soldi e sparì di volata, mentre io tornavo dalle ragazze che stavano sedute borbottando sul divano. Erano uno spettacolo molto piacevole da guardare, quelle gambe nude, le forme esposte e i capelli scomposti. Anna aveva le gambe piegate  davanti al corpo e cercava con le mani di tenere basso il bordo della maglietta, si vergognava la secchiona. Daniela sembrava non preoccuparsi di nulla, seduta sul bracciolo a cavalcioni mi fissava tranquilla e serena, mentre Laura era seduta in maniera pseudo composta sul divano, ma era molto nervosa, cambiava posizione di continuo.
«Che diamine succede?»

 

Quando Giada rientrò ci trovò a ridere e scherzare con Daniela sdraiata a gambe larghe sul divano mentre teneva debolmente bloccata contro la sua gamba la testa di Anna che si strofinava come una gatta. Laura era invece sdraiata languidamente contro di me ad accarezzare il mio petto, sconfitta nell’orgoglio e in parte domata

«Che mi sono persa? Sembrate usciti da un’orgia» chiese mentre entrava in cucina, scoppiai fragorosamente a ridere

«Laura ha appena scoperto che fisicamente non c’è partita contro di me, era convinta con la sua flessibilità di potermi mettere sotto, ma ha perso malamente»

«Non credevo potessi essere così agile» mi disse ammirata Laura

«Conti troppo sulle tue capacità e non ti rendi conto di cosa hai intorno, come ti era parso assurdo che avrei alzato Anna con una mano. La secchiona è dimagrita ultimamente, sarà merito dell’esercizio fisico?»

«Oh sì, credo di sì. Ne faccio parecchio ultimamente di esercizio fisico» mi rispose maliziosa Anna

«Hai capito la nostra Anna, ha imparato come mettersi in forma» scherzò Daniela

«Sì, ed è pure molto piacevole. Hai mai provato?» la stuzzicò ridendo Anna

«Non puoi immaginare quante volte» disse la dark leccandosi le labbra. La conversazione non piaceva a Laura che si era irrigidita a sentire quelle parole. La strinsi a me e le sussurrai piano

«Tranquilla, anche tu vuoi altro al momento.- Mi fissò sorpresa- Giada, ci hai portato qualcosa da mangiare?» chiesi alla nuova arrivata

«Sto apparecchiando, se venite facciamo colazione per bene» Mi alzai di peso tenendo stretta Laura e lentamente la deposi a terra lasciando che strusciasse su di me poi ci recammo tutti in cucina
«Non vale che voi due siate ancora vestiti» disse Anna. La guardai curioso

«Hai ragione, forse è il caso che mi vada a cambiare anche io»

«Tenuta da letto, non sono ammessi vestiti di casa» urlò Daniela

«Ma io dormo quasi nuda» piagnucolò Giada con una faccia terrorizzata

«Perché loro sono vestite?» m’intromisi io. Giada era sconfitta, ma anche un po’ divertita dalla piega presa dagli eventi. Mi tolsi la maglietta, scarpe e calzini ed a piedi nudi vestito solo di un paio di jeans entrai in cucina

«Non vale, sei troppo vestito» mi rimproverò Anna

«Ma io dormo così, solo con i pantaloni»

«Con questo caldo?»

«Con dei pantaloncini, ma non ne ho»

«Giada, porta dei pantaloncini del tuo cazzo a domicilio» urlò Laura. Anna ridacchiò

«Cazzo a domicilio?» chiesi

«Gli uomini non sono altro e non fanno bene neanche quello»

«Non so chi tu abbia incontrato, ma tra le tante cose cattive di me cazzo a domicilio non c’è. Quello lo faccio molto bene»

«Garantisco» sentimmo la voce squillante di Giada che entrava in cucina tenendo un pantaloncino fra le mani

«Scusa?! Spiegaci tutto» chiesero stralunate in coro le ragazze

«Vuoi che mi cambi qui?!» chiesi io

«Tu! – dise rivolgendosi a me- Spogliati ordinò Giada. Voi! – e si girò verso le coinquiline- Fate quello che fate di solito» aveva perso a sua baldanza, probabilmente si era resa conto di non saper rispondere.
Slacciai i jeans e li lasciai scivolare a terra e rimasi un attimo con il cazzo all’aria, mentre in tutta tranquillità mi mettevo i pantaloncini che Giada mi aveva portato

«Vedi Simone tutto depilato! Abbiamo una nuova amica» ridacchiai

«Tesori miei» dissi facendo il verso

«Non sei simpatico. Un uomo depilato è un abominio, l’uomo deve sapere di maschio»

«Sei seria?- chiesi sorpreso verso Laura- Puoi chiedere a Daniela se sono abbastanza maschio» risposi stizzito. Tutte si voltarono a fissare Daniela che impassibile si era seduta e aveva iniziato a fare colazione

«Non vi sedete?» ci chiese candidamente

«Dani? Devi dirmi qualcosa?» chiese sospettosa Laura

«Nulla che ti interessi» rispose secca la dark. Laura ferita dalla risposta corse via senza dire una parola. Giada ed Anna erano silenziose e non sapevano come comportarsi, io mi sedetti tranquillo a far colazione

«Quindi è così che funziona?» chiesi addentando un cornetto

«Che intendi?»

«La vuoi dominare anche fuori dal sesso?» chiesi mentre Anna e Giada si sedevano ad ascoltare in silenzio quella conversazione

«Quello che faccio non ti riguarda» mi rispose arrabbiata

«No, non mi riguarda se sei lesbica, etero o bisessuale, ma ritengo una grande ipocrisia mentire alle altre persone. Non hai niente da nascondere, a meno che tu non lo nasconda a te stessa» stizzito mi alzai e andai verso la camera di Laura. La porta era chiusa, ma i lamenti del pianto si sentivano distintamente anche con la porta chiusa

«Laura, sono Simone. Posso entrare?»

«Vai via!» mi urlò

«Vengo in pace! Ho il maritozzo alla panna che ti piace tanto e anche il tuo tappetino yoga» mi sembrava una buona offerta per rompere il ghiaccio. La chiave nella toppa girò e la serratura scattò, sorrisi e mi concentrai sulla figura di fronte a me. Le lacrime segnavano le guance, gli occhi erano rossi e il naso era tutto sporco

«Dammi!» mi ordinò. Le passai tutto senza dire una parola, ma quando provò a chiudere la porta misi un piede

«Non chiudere, lasciami entrare. Voglio solo parlarti, ne hai bisogno» mi guardava annoiata, come se il mio tentativo fosse un in brutto film già visto. Spinsi la porta ed entrai di forza, Laura indietreggiò stupita

«Seduta!» ordinai indicandole il letto. Le lacrime le stavano rigando il volto, ma non proferiva alcun suono

«Non doveva andare così» singhiozzo piano

«Sei una sottomessa.-lo dissi con tono neutro, era un dato di fatto- Ti devi affidare a qualcuno, ma ti ferisce il fatto che sia a senso unico, che questa persona non abbia bisogno di te. Speravi che una donna fosse diversa da un uomo, che lei non ti dominasse» aveva gli occhi in basso e continuava a piangere con le lacrime che ormai avevano iniziato a bagnare il pavimento. Le portai alla bocca il maritozzo, strappò un piccolo morso, ma almeno si era mossa dal suo intorpidimento.

«Sì» rispose singhiozzando con la bocca non ancora vuota. Addentò un altro morso svogliato

«Sei una stupida.- non alzò gli occhi di un centimetro- Sei una stupida!» la rimproverai di nuovo. Più deciso, più marcato, non si mosse ma smise di piangere. Voleva parlare, l’afferrai per la nuca e finalmente emise un gemito

«Ahh! Mi fai male!» protestò debolmente

«Sei un animale! Una cagna! Non vali niente!» le lamentele si spensero subito. Uscì dalla stanza e tornai verso la cucina

«Tutto bene?» mi chiese Giada che conosceva bene il mio sguardo

«Tu e Anna sparite per due ore.- mi voltai verso Daniela- Tu, nuda!» mi voltai e tornai in camera da Laura
«Perché urli?» mi chiese spaventata. Era ancora in ginocchio come l’aveva lasciata, sembrava davvero un cagnolino

«Mettiti i vestiti più sexy che hai! Adesso» le comandai in tono brusco. Giada e Anna salutarono prima di aprire la porta e uscirono, avevano fatto in fretta. Daniela si avvicinò alla stanza ancora vestita, sempre che con la sua tenuta la si potesse considerare tale. La baciai in attesa che Laura si finisse di preparare, lasciando che Daniela guidasse e mi credesse in suo potere

«Hai una brava cagnolina»

«Lo so» mi rispose la dark sicura di sé

«Ma io non parlavo con te» le risposi gelido. L’afferrai per la nuca e la spinsi in ginocchio, prima che se ne rendesse conto l’avevo bloccata in ginocchio

«Cosa le fai?» mi chiese Laura terrorizzata

«Vieni Laura, non può farti niente. La tengo io, vieni!» la incoraggiai dolcemente. Titubante si avvicinò, aveva il fiato corto

«Sei solo una cagnetta in calore, Laura» la insultò Daniela

«Colpiscila, colpiscila forte!» non avevo ancora finito che Laura schiaffeggiò la coinquilina ed amante. Il colpo risuonò forte nella stanza silenziosa, un colpo secco, carico di significato

«Tu!» intimò Daniela

«Ancora» le ordinai, stringendo Daniela più ferma. Laura la colpì ancora e la dark fremette. Le pupille dilatate, il fiatone, il viso rosso e la mano per aria: Laura era eccitata

«Dammi quelle fascette» le intimai indicandole la scrivania. Legai i polis di Daniela alla porta e inserì una maglia all’interno delle fascette per permetterle di non farsi male. Mi avvicinai a Laura e la baciai

«Tu non sei di nessuno- le dissi dolcemente all’orecchio- Ripetilo!»

«Io non sono di nessuno!» disse piano

«Tu la puoi dominare, fattela leccare» la invitai

«Posso dominarti.- disse rivolta a Daniela- Leccamela!» provò ad ordinare poco convinta. La dark le rise in faccia

«Non lo fa» mi chiese terrorizzata

«E dov’è il problema?- le chiesi sorridendo- Te la lecco io! È lei che ci rimette, mica tu» risposi gioviale. L’attirai a me e la deposi delicatamente sul letto, tirai giù lentamente gli shorts di jeans che aveva e con dolcezza le schioccai dolci baci sulle gambe, vicino al suo frutto proibito

Daniela, ci fissava in silenzio, ferma sulla porta, furente.
«Guardala mentre godi. Lascia che veda il tuo piacere, perché è tuo e non suo» Laura godeva e godeva, si lasciava andare e tirava fuori la sua personalità. Quella personalità che nel sesso aveva sempre nascosto, sentivo che prendeva fiducia osservando la rabbia della sua amante e capì che aveva spezzato le sue catene quando mi prese il viso e lo tirò a me

«Scopami!»

«Felice che tu lo abbia chiesto»

«Hai scopato anche con lei?» mi chiese curiosa

«Lei? Non vale una scopata. Al massimo una sveltina per svuotarsi i coglioni.» dissi freddamente fissando Daniela che si sentì punta nel vivo. Si dibatte e sbatteva le gambe, era incazzata nera. La guardai, sorrisi e mi voltai verso la mia partner. Affondai in Laura, era il suo momento di piacere

Godeva, godeva tanto. Urlava a pieni polmoni e vedevo chiaramente Daniela schiumare di rabbia mentre Laura sfogava i suoi desideri. Era a cavallo in quel momento, sopra di me, e si impalava da sola. Velocemente, con forza. Era un concentrato di energia, stava dando sfogo a tutto quello che aveva represso. 

«Sììì!!» urlò un’ultima volta per poi cadere esausta sopra di me. La deposi dolcemente sul letto e mi voltai verso Daniela, era infuriata, ma sorrideva

«Non è in grado di soddisfare un uomo, visto?»

«Non sei venuto?» mi chiese Laura mortificata rinvenendo dall’orgasmo. Mi voltai verso di lei e la invitai ad alzarsi, mi guardò disperata, le sorrisi di rimando

«Vedrai, sarà piacevole.Molto piacevole!» le dissi affabile. Si alzò traballante e la scortai verso la libreria, poi la girai in modo che mi guardasse in faccia, le sorrisi e rivolsi uno sguardo duro verso Daniela

«Leccagliela!- la dark mi guardò sorpresa, feci un passo e la presi per i capelli- Leccagliela ho detto!» e le avvicinai la bocca alla fica di Laura. Le scappò un gemito appena Daniela affondò timidamente la lingua per leccare quello che avevo lasciato dentro Laura. Eccole lì, la dark legata che leccava la mia sborra dalla fica della ragazza anticonformista che fino a quella mattina detestava gli uomini e si faceva dominare dalle donne. Mi sdraiai sul letto a osservarle meglio, Laura godeva, si vedeva e si sentiva benissimo, mentre Daniela dopo un’iniziale titubanza si era lanciata e cercava di liberarsi le mani per poter avere una presa migliore

«Laura, credo tu debba voltarti. Daniela così non ci arriva più» Laura si girò a guardare Daniela

«Vai fino in fondo con quella lingua, puttana- l’aveva pronunciato con cattiveria quel termine, con sfregio- Puliscimi! Voglio farmi scopare ancora» urlò Laura in preda al piacere, il volto trasfigurato dal piacere e le sensazioni moltiplicate. Mi avvicinai e le separai, spinsi in malo modo Laura sul letto

«Sì! Scopami ancora!» mi chiese vogliosa, ma non mi mossi da dov’ero. Alzai in piedi Daniela, la spinsi contro la porta e la penetrai in piedi davanti a Laura

«No! Perché?» mi chiese delusa

«Ne ha diritto anche lei» risposi brusco ed entrai nella dark che guardava trionfante l’amante. La scopai e la feci godere. Le precedenti scopate mi avevano reso molto più resistente e sfruttavo il momento. Mi staccai da Daniela che si lasciò cadere a terra stanca, ma felice e mi avvicinai a Laura

«Ora è di nuovo il tuo momento» le dissi sicuro di me. Laura si mordeva le labbra alla vista del mio cazzo bagnato dal piacere di Daniela, si avvicinò piano ma la fermai

«A quattro zampe!» le intimai deciso. Non rispose, ma si abbassò subito e gattonando riprese a muoversi verso di me. Si fermò davanti al mio cazzo

«Sì, padrone» e spalancò la bocca in silenzio. Le afferrai il viso con una mano e guardandola negli occhi 

«Tu non hai padrone, tu sei libera. Stai solo accettando un mio ordine, ma sei tu ad avere il potere.- le dissi secco- Ora, succhiamo il cazzo» non finii neanche di dirlo che già le sue labbra erano avvolte intorno al mio uccello. Ci metteva molto impegno e molta dedizione, la scena precedente l’aveva eccitata oltre misura e io non potevo resistere oltre, le venni in bocca controllando che ingoiasse tutto.

«Baciami!» sentii alle mie spalle e mi voltai. Era Daniela, ma non parlava con me, sorrisi compiaciuto

«Che vuoi?» le chiese brusca Laura

«Baciami!» Ripeté la dark stanca

«Baciala!» Invitai Laura. La ragazza mi guardava stralunata, non aveva capito che la dark si rivolgeva a lei e non a me. Dubbiosa si avvicino e si scambio un timido bacio con la sua amante, un bacio che si alimentò e crebbe fino a che le vidi intrecciarsi e cercarsi

«Scusami» disse la dark in un momento in cui ebbe la bocca libera

«Ci spostiamo su un letto più grande? Che ne dite?» chiesi loro sorridente

«Il mio è a due piazze, staremo più comodi» propose Daniela e dopo averla liberata ci avviamo verso la sua camera con le due ragazze mano nella mano come due innamorate. Ci sdraiammo e riprendemmo fiato dopo le fatiche di poco prima.
«Rischiamo di addormentarci» annunciò Laura

«E dov’è il problema?» chiesi stringendole a me una per lato

«Per me nessuno» annunciò felice Daniela mentre intrecciava la mano con Laura e si chinava a baciarmi il petto, piccoli dolci bacetti. Presto si aggiunse anche Laura che iniziò a torturarmi dall’altro lato, ero preso tra due bocche fameliche, mi voltai prima verso l’una e poi l’altra per baciarle, per cercare le loro bocche e distrarle da quell’azione così piacevole, ma che in quel momento era una piccola tortura. Tra un bacio e l’altro ci lasciammo travolgere dalla stanchezza e sdraiati cademmo tra le braccia di Morfeo.

 

La porta si spalancò e qualcosa entrò a passo di carica nella stanza 

«Giada?» chiesero ancora stordite le due ragazze. Guardava al centro del letto, guardava me

«Giada!?- chiesi tirandomi sui gomiti- Che succede?» senza degnarmi di una risposta fissò Laura e Daniela

«Sparite puttane!» ordinò secca

«Giada…» provò a rispondere Daniela

«Ho detto di sparire, puttane!» urlò inferocita Giada, non l’avevo mai vista così. Laura e Daniela meste meste recuperarono i vestiti e corsero fuori dalla stanza, io mi mossi per scendere dal letto, mi ero reso conto di quello che avevo fatto, ma Giada si piazzò davanti a me

«Una cazzo di promessa! Una!» cominciò a urlarmi contro

«Giada, mi dispiace…» abbozzai una risposta, ma mi arrivò uno schiaffo in pieno viso

«Stai zitto!» era sempre più incazzata, sempre più rossa in viso, in quel momento mi arrivò un secondo schiaffo

«Tieni gli occhi bassi! Non hai alcun diritto di guardarmi negli occhi! Sei una merda!- mi stava vomitando contro tutta la sua rabbia- Mi hai fatto tantissime promesse e non mi sono mai arrabbiata quando le infrangevi, ti conoscevo, ma ti avevo chiesto di mantenerne davvero una sola.- disse piangendo, non avevo la forza di alzare lo sguardo a guardarla- Sono una ragazza intelligente, fottutamente intelligente, mi dicono che sono il futuro di questa facoltà del cazzo. Ho appena iniziato il dottorato, ho già due pubblicazioni e un brevetto alle spalle, sono almeno due volte sopra la media. Ogni volta che mi sento dire di essere intelligente- disse prendendomi per il mento- penso a te! Penso al ragazzo a cui mi rivolgo ogni volta che sono bloccata su dei lavori, al ragazzo che solo guardandoli distrattamente risolve problemi di una complessità incredibile. Io sono intelligente, ma tu lo sei molto di più, sei in grado di fare tutto e ti piace tutto e cosa fai? Perdi tempo dietro ad ogni puttana di merda che ti sventola la fica sotto il naso! Mi avevi promesso di aver smesso, che ti saresti laureato, me lo avevi promesso, cazzo! E invece? Ti fai togliere la tesi! Ti scopi delle puttane insipide! E ti diverti a trasformare una timida secchiona in una cacciatrice sicura di sé! Una sola promessa dovevi mantenere davvero, cazzo! Una!» si appoggiò con la schiena al muro e si piegò a piangere su sé stessa. In silenzio iniziai a rivestirmi senza proferire una parola

«Hai intenzione di scappare?» mi chiese tra un singhiozzo e l’altro

«Non sono adatto a mettere radici» dissi come fosse una risposta valida

«Puttanate!- mi rispose sprezzante raggomitolata sul pavimento- Butti solo al vento la tua vita perché hai paura. Ammettilo, almeno!»

«Paura di cosa?»

«Paura di me» mi disse fissando il suo sguardo nei miei occhi

«Di te? E perché dovrei avere paura di te?» chiesi cercando di sembrare stranito, aveva perfettamente ragione

«Si, di me. Dell’unica ragazza che non è caduta ai tuoi piedi. Perché hai paura di me? Perché potevo essere una cosa seria per te. Ironia della sorte a starmi accanto a te ti è passata, io mi sono innamorata di te. Non dei tuoi muscoli,- continuò alzandosi- non del tuo cazzo, ma delle tue battute, della tua libertà, del tuo carattere»

«Davvero ti sei innamorata di me?» le chiesi sorpreso. Ero meravigliato dalle rivelazioni di Giada, se solo lei avesse saputo quante ragazze mi avevano abbandonato perché al culmine le avevo chiamate con il suo nome

«Sì, di te. Delle tue attenzioni, delle tue premure, della tua protezione.- scandì avvicinandosi a me. Mi poggiò una mano sugli addominali e percorse le dita il contorno dei muscoli- Questa tartaruga non mi è mai interessata,- scese con la mano verso il mio cazzo- questo cazzo mi ha fatto bagnare in qualche occasione,- poi passò le mani sulle mie spalle- queste mi hanno sempre infuso sicurezza e fatta sentire protette, -infine mi posò la mani sul cuore- ma questo mi ha fatto innamorare» con due dita le alzai il mento per fissarla negli occhi, mi chinai verso di lei e la baciai

«Dimentica gli altri, sei mia!» le dissi al culmine della felicità

«Da anni, sono tua. Ora scopami!»

«No, ora facciamo l’amore, voglio capire cosa si prova» le dissi teneramente

«Avremo tempo per fare l’amore, ora sbattimi. Voglio che mi fai tua, che mi sfondi, che mi marchi, voglio appartenerti, voglio essere parte di te, voglio che tu mi dia tutto te stesso, voglio sfinirti» mi disse in un fiume di parole avvinghiandosi al mio collo

«Vuoi che ti marchi?» chiesi deluso

«Allontana quel anello da vicino a me- disse seria fissando la mia mano- Io voglio essere marchiata perché si sappia che sono tua, non che sono una cagna, chiaro?- la fissavo dubbioso, il discorso non mi convinceva- Senti, ora pensa a fare il resto, poi ti spiegherò» senza indugiare la baciai di nuovo e la strinsi a me. L’afferrai e la alzai, come fosse un sacco di patate la lanciai sul letto e le fui subito sopra. Mi avvicinai e la baciai di nuovo mentre le sue mani correvano frenetiche a sbottonare i miei jeans

«Anna, guarda! Guarda ed impara! Un maschio si comporta così!» urlò Giada rabbiosa. Curioso mi girai ad osservare e viidi sulla porta Anna che si masturbava. Una mano sul viso mi riportò alla situazione iniziale

 

«Concentrati su di me, stallone» feci un gesto d’assenso con la testa e scesi a baciarla, ancora. 

Rimasi fermo lì, nel letto, con Giada accanto a me che dormiva beata. Avevamo fatto sesso ed era stato bellissimo, ma quanto sarebbe durata? Quanto ci avrei messo prima di combinare qualche altro disastro? Non era il caso di continuare, non volevo ferire la mia Bambi. Scesi dal letto, afferrai i miei vestiti e uscii dalla stanza, ormai non avevo più alcun timore a farmi vedere nudo in quella casa dopo il pasticcio che avevo combinato, sentii dei mugolii, ma non riuscivo a capire da dove arrivavano. In silenzio con solo i pantaloni addosso mi avvicinai alla porta di Laura, ma le due ragazze dormivano, era evidente dalla loro posizione che avevano fatto sesso di nuovo, ma ora dormivano, sentii ancora i mugoli e incuriosito mi avvicinai all’unica stanza rimasta da controllare, quella di Anna. Appoggiai l’orecchio alla porta e sentii distintamente la secchiona che godeva e fu più forte di me, aprii lentamente la porta e mi fermai sull’uscio ad ammirarla. Era distesa sul letto nuda e si masturbava in maniera selvaggia, era scossa dalle convulsioni e non riusciva a restare ferma e controllare i propri movimenti. Mi avvicinai in silenzio e posai la mia mano sulla sua, spalancò gli occhi e mi fissò

«Ma…- non la feci finire e la baciai, si staccò dal mio bacio- Se si sveglia Giada?» mi chiese spaventata

«Giada dormirà ancora, tranquilla» le dissi sorridente mentre iniziavo a muovere la mano

«Ahhh!» sospirò quando la mia mano le regalò il piacere che non riusciva ad avere da sola. La baciai e mi chinai su di lei e la sovrastai, senza aspettare un secondo mi avvolse con le sue gambe e mi circondò il collo. Senza avvisarla mentre le nostre bocche era congiunte la penetrai fino in fondo in un unico colpo, schizzò in alto e strabuzzo gli occhi

«Anche l’altra volta hai fatto questa faccia quando sono entrato completamente. Da un’idea di ingenuità fantastica» le accennai divertito

«Oddio, in un unico colpo! È incredibile! Mi fa sentire scopata da uno stallone»

«Ma tu sei scopata da uno stallone!» sentimmo una voce dietro di noi, ci gelammo tutti e due

«Giada…io…» provai a rispondere cercando una scusa

«Lei era eccitata e tu non hai resistito a scopartela, mi pare normale. Mi sarei stupita del contrario» mi disse dolcemente avvicinandosi. Anna era terrorizzata, immobile e lo rimase anche quando Giada appoggiò dolcemente il mento sulla mia spalla

«Non vedi quanto è bagnata? Che aspetti a scopartela, stallone?» mi chiese con quel suo dolce vicino prima di darmi un piccolo bacio sul collo. Ricominciai a spingere dentro Anna con colpi lenti, affondavo completamente e mi tiravo indietro quasi del tutto prima di spingermi ancora in lei, Anna godeva nonostante la paura e Giada sembrava l’unica a suo agio nel guardarci eccitata e con un movimento armonioso scivolò sopra il viso di Anna

«Vediamo cosa hai imparato, leccala!- ordinò ad una secchiona sempre più stupita- Ho detto di leccarla, secchiona!» ringhiò Giada ad un’immobile Anna che scossa dal torpore avvicinò timida la sua lingua per dare alcune leccate che Giada mostrò subito gradire. Rassicurata dal piacere che trasmetteva Anna si sbloccò del tutto e iniziò un a leccare con più convinzione mentre io continuavo a scoparmela con costanza.
Non durò molto, la prima a venire fu Anna che sconvolta dall’orgasmo non riuscì più a continuare a donare piacere a Giada che delusa si girò verso di me

«Tu non mi lasci così, vero?» mi chiese maliziosa, ma sulla mia bocca c’era un sorriso a 32 denti. L’afferrai e la tirai a me, aderì a lei a le baciai con amore. C’era passione in quel bacio, ma non solo, c’era amore. Non era il solito bacio passionale durante il sesso, era diverso in quel momento. La spinsi giù così che aderisse ad Anna che la guardava invidiosa, voleva essere baciata anche lei. In sol colpo entrai in lei, ma Giada non ebbe un solo movimento inconsulto mentre io mi addentravo in lei. Sentivo perfettamente le pareti contrarsi al mio passaggio e il contatto con ogni singola nervatura. Era diverso dal solito, la stimolazione era più grande e il piacere quasi ingestibile, anche Giada era nella mia stessa situazione

«Ancora! Non smettere! È fantastico!» non riusciva a smettere di gridare ed era completamente assuefatta alle sensazioni, ma non potei durare a lungo, sentivo che il momento di venire si avvicinava, ma prima che potessi avvisare Giada lei si girò e mi sussurrò

«Dentro! Vienimi dentro!» finita la frase mi baciò, fu il colpo finale, diedi un’ultima forte spinta e venni dentro di lei che con gli occhi persi fissava il soffitto in un orgasmo delirante. La tenni forte a me mentre si irrigidiva sempre di più fino a quando non mi sentii uscire e la vidi squirtare addosso ad Anna che ancora non si era ripresa del tutto dal suo orgasmo. Giada alla fine si riversò in avanti come un corpo morto e delicatamente la feci scivolare affianco ad Anna mentre, sfinito anch’io, mi raccoglievo a terra stanco morto.  

Ci misi qualche minuto a riprendermi, Anna e Giada erano sul letto abbracciate e dormivano, mi ricomposi e in silenzio lasciai la casa, quello che era accaduto mi aveva sconvolto. Presi la macchina e tornai verso casa mia, anche se non avevo molta voglia di starci. Avevo bisogno di risposte e sapevo di non poterle trovare lì, dovevo fare in un altro modo. Presi il telefono, lo posai, lo afferrai ancora, ma invece di comporre il numero lo lanciai sul sedile, era il caso di accostare. Ero molto nervoso, poco lucido, anzi quasi per nulla, ma sapevo di essere nei casini. Bambi, la mia Bambi non era la ragazza che avevo visto in camera di Anna, non poteva voler essere marchiata, non capivo. Recuperai il telefono giusto in tempo per vederlo suonare, era Giada. Lo lanciai dal finestrino in mezzo alla strada con tutta la forza che avevo e lo guardai mentre le macchine lo calpestavano e lo distruggevano. Accesi il motore e ripartii, sentivo il bisogno di andare via, di sottrarmi ai nuovi avvenimenti. Tornai a casa e presi qualche vestito, non badai molto a cosa avevo messo in valigia, l’importante era allontani da quella città. Non avevo un piano, non avevo un’idea, non avevo una meta, ma non ne avevo bisogno. Non era qualcosa di meditato, era un bisogno, una necessità cambiarie città ed ambiente. Avrei perso tanto, ma avrei ricominciato, come sempre.

Due mesi dopo ero in una piana polverosa ad aiutare un’organizzazione non governativa di volontari a tenere in attività un piccolo rifugio per bambini occupandomi della logistica e delle riparazioni quando serviva, praticamente ogni giorno. Ero impegnato nella pulizia di un filtro per l’acqua quando mi sentii chiamare, era Christine. Christine era uno dei medici del complesso, era nata qui, ma si era trasferita in Europa quando era ancora una bambina, aveva studiato ed era diventata un medico. Appena laureato aveva subito cercato un modo per tornare ed ora, nonostante tutte le difficoltà, era sempre sorridente e felice

«C’è una visita per te» mi disse con il suo sexy accento francese mentre io mi alzavo sporco di grasso

«Chi è?» chiesi sorpreso, nessuno sapeva dov’ero

«Una ragazza, sembra avere più o meno la tua età. È carina, per essere un’amica» mi rispose Christine. Era curiosa come tutte le donne e mi guardava con i suoi occhi da cerbiatta per avere le informazioni che voleva

«Sì- le dissi sorridente- ora andiamo, mamma curiosità»

«Ti ha fatto male? Dimmelo che le cucio fica, culo e bocca» mi annunciò seria. La strinsi e le schioccai un gran bacio sulla guancia

«Andiamo» dissi chinandomi a raccogliere gli strumenti di lavoro

Capelli lisci e raccolti in una coda, un paio di shorts militari e una maglietta leggera. Gli immancabili occhiali da sole a proteggere i suoi piccoli fanali azzurri e un paio di quegli stivaletti a pieghe. Era Giada, sicuramente. MI aveva trovato, ma come aveva fatto?
«Ciao, Giada!- mi arrivò un ceffone, prevedibile- Come inizio non c’è male- non feci in tempo a finire che me ne arrivò un secondo- Ora che hai finito – interrotto dal terzo schiaffo- Non c’è due senza tre» dissi amaramente prima che la guancia mi facesse ancora male

«E il quattro vien da sé» commentò poco dietro di me Christine. Nonostante avesse fatto l’università in Francia e avesse passato in Italia solo una manciata di anni parlava un italiano migliore di molti miei concittadini. La fissai truce in volto e recuperata la calma mi voltai verso Giada che singhiozzava e piangeva in silenzio

«Bambi…- non feci in tempo a finire che si scagliò contro di me brandendo i suoi pugni per colpirmi e urlando frasi confuse- calma piccola! Sono qui» le sussurrai piano mentre tempestava il mio petto con i suoi colpi. Rimanemmo quasi mezz’ora abbracciati mentre la rassicuravo e tenevo stretta

«Mi hai abbandonata!» mi disse piano tra i singhiozzi alla fine

«Io…io…-non trovato le parole, ma sapevo che aveva ragione- Sì, l’ho fatto» dissi infine con gli occhi lucidi anche io

«Perché? Cosa ho che non va?»

«Nulla, Bambi- le dissi all’orecchio- È quello il problema» aggiunsi sottovoce senza che lei potesse sentire. Si staccò da me e mi fisso 

«Io sono così!- mi disse urlando indicando il suo corpo- Non ho tatuaggi, ho il piercing al naso, non ho chissà quali tette e non metto minigonne vertiginose. Fumo un po’ e bevo troppo per una ragazza. Non sono intelligente quanto te e…» prima che continuasse con quell’inutile elenco la baciai, le presi il viso fra le mani

«Hai un culo fantastico, due tette più sode del marmo, due labbra incredibilmente sexy, sei la più intelligente che io conosca. Bevi e fumi quanto serve per divertirti e il tuo corpo è così bello pulito com’è.- le dissi piangendo come un bambino- Il problema non sei tu, Bambi» la lasciai e feci un passo indietro

«Che cosa vuol dire che il problema non sono io? Che cazzate stai dicendo?! Cos’è vuoi scopare con qualche altra puttana in giro per il mondo? Con chi stai scopando, ora? Chi è la puttana che ti sbatti adesso? Lei? o Lei?» disse indicando prima Christine e poi Farah, una giovane suora

«Non ho più fatto sesso dall’ultima volta con te» le dissi scuotendola per le spalle

«Ma vaffanculo!- mi urlò in faccia- Dimmi la cazzo di verità!»

«Non mi si alza!- urlai così forte che mi sentirono tutti- Non mi si alza da quella volta con te e Anna» ripetei a bassa voce quasi balbettando. Giada rimase immobile a fissarmi senza essere in grado di replicare

«Davvero?»

«Sì- s’intromise Christine. La fissai curioso- Cosa credi che non parliamo tra di noi donne?» mi spiego lei.

«Perché?»
«Perché senza di te non ha senso» risposi con le lacrime

«Torna con me. Torniamo insieme a casa. Abbiamo una vita da poter compiere insieme» mi disse con le lacrime agli occhi, ma non sembravano più di tristezza. Guardai Christine dietro di me che mi sorrideva

«Non posso, Bambi…» mi baciò e mi passarono i dubbi. Volevo lei, volevo solo lei.

Barba rasata. Camicia lavata e stirata. Pantaloni e scarpe puliti. Giacca presa. Avevo tutto, non mi restava che andare all’università per la discussione della tesi. Quando mi fermavo a ripensare a quando tornai mi sembrava un sogno essere al momento della laurea.
Al ritorno avevo una tesi già assegnata, ma ormai smontata con un professore che non aveva alcuna intenzione di perdonarmi e riprendermi come suo tesista ed ovviamente non aveva neanche intenzione di lasciarmi andare via: tra l’incudine e il martello.

Fui sempre nervoso in quel periodo e solo la vicinanza di Giada mi permise di superare il tutto. Lei ci fu sempre, non mi lasciò mai solo. Trascorsi più notti a casa sua a sfogarmi che a casa mia, anche perché il rapporto con i miei non fu molto disteso, per usare un eufemismo. 

«Allora? Sei pronto?»

«Come sto?» 

«Come tutte le volte che ti vesti così. Lo sai che mi viene una voglia estrema di saltarti addosso» mi disse maliziosa Giada. Ridacchiai e la sollevai, mi buttò le braccia al collo ed attorciglio rapidamente le sue game intorno ai miei fianchi, ci baciammo in silenzio. 

«Allora voi due? Vi staccate ogni tanto?» chiese Roberto

«Dai, lasciali stare, amore!» lo rimproverò Anna, la secchiona era proprio cambiata. Ora era una ragazza sicura di sé, cosciente del suo corpo e dei suoi desideri, ero orgoglioso di quello che era diventata. La fissava ammirato mentre lei attirava a sé il ragazzo e se lo portava via con dolcezza

«Sono una bella coppia» disse Giada

«Già, né è passato di tempo da quando era una timida secchiona che portavate fuori per compassione» 

«Sì, decisamente» mi sussurrò Giada mentre tornava a baciarmi

«Facciamo tardi» la rimproverai rispondendo al bacio

«Ti interessa?» mi chiese divertita

«No, minimamente» le risposi divertito. La vidi prendere la rincorsa e cercare di sbilanciarmi per farmi andare indietro, non mi mossi

«Cadi all’indietro, per favore» mi sussurrò allora dolce all’orecchio. Mi lasciai cadere con lei sopra di me sul letto, mi diede un bacio delicato e si alzò, mi sbottonò lentamente e rumorosamente i jeans, afferrò il mio cazzo e mi fissò maliziosa. Con cura se lo lasciò scivolare dentro senza alcun preliminare 

«Ti farà male» le dissi apprensivo

«Non abbiamo molto tempo, sopporterò un po’ all’inizio, ma tanto mi farai venire, vero?» La presi per il culo e mi alzai di nuovo in piedi con lei sempre artigliata a me. Spinsi dentro di lei fissandola in volto

«Vediamo se riesci a non godere» la sfidai e cominciai a dare colpi lenti e profondi, non potevo affondare in lei senza una perfetta lubrificazione, ma riuscivo a percepire come il suo corpo si stesse abituando a me. Era più bagnata ad ogni colpo, il suo respiro si era fatto irregolare, ma c’era altro. Adesso partecipava attivamente alla penetrazione cercando di aumentarla e le diedi quello che in silenzio il suo corpo chiedeva. Affondai di più in lei, fin quasi in fondo e con più velocità, sempre più veloce. Adesso la sentivo gemere e non tratteneva più le parole. Mi strinse con le braccia allontanando per un attimo il mio cazzo che scivolò fuori da lei

«Sei uno stronzo! Fai piano! Così vengo subito!» protestò

«Hai detto tu che avevamo poco tempo» la rimbeccai indirizzando di nuovo il mio cazzo e spingendo con forza

«È fantastico sentirlo che entra tutto così» mi sussurrò piano all’orecchio. Continuai a spingere con più forza e più continuità quando qualcuno bussò alla porta

«Ehi, fidanzatini! Avete finito? Dobbiamo andare» Giada si divincolò e scese dalle mie gambe e a passo di carica andò ad aprire la porta

«Anna, non è colpa mia se hai un fidanzato che scopa come un coniglio e io…- iniziò a  dire, ma il discorso le morì in gola. Mi voltai a controllare e vidi un uomo sulla soglia non Anna- Papà! Cosa ci fai qui?» chiese Giada cercando di risistemarsi. Sbiancai e mi affrettai a rimettere dentro il mio cazzo

«Non ti preoccupare, ragazzo. Sarei un cretino se credessi che la mia piccola non faccia sesso» anche se sembrava molto pragmatico farsi trovare con il cazzo di fuori dal padre della propria ragazza non è proprio la cosa migliore

«Credo proprio sia ora di andare per me» dissi cercando di defilarmi, ma l’uomo non si mosse dalla porta, mi sforzai di farmi piccolo per passare nel poco spazio rimasto. Prima di allontanarmi riuscì solo a sentire

«È bravo, almeno?»

«Papà!»

Arrivai in sala e c’era Anna che intratteneva la madre di Giada mentre Laura e Daniela erano un po’ più distanti sulla sinistra

«Salve, signora» provai a presentarmi. Mi lanciò uno sguardo carico di disprezzo e tornò a conversare amabilmente con Anna.
«Io vado» annunciai alla stanza

«Ti accompagno» si propose la dark.
«Ti aspetto all’ascensore» avevo troppa fretta di uscire per aspettare ancora un secondo

«Vi ha beccati il padre!» mi sussurro fuori

«Che figura di cazzo!» piagnucolai

«Letteralmente!- mi canzonò divertita. Poi vedendo che non la prendevo a ridere aggiunse- Il padre è un pezzo di pane gentilissimo, fossi in te mi preoccuperei più della madre»

«Li conosco da prima di te, non sono mai andato a genio a nessuno dei due.- ammisi- Speriamo oggi vada bene»

«Perché?»

«Cazzo ne so? Non ragiono mica come una cinquantenne analfabeta funzionale che posta immagini di gatti e di santi su Facebook»

«Tu a momenti manco sai cosa sia Facebook»

«Però la chat la conosco bene» ridacchiai

«Maiale!» la guardai con disapprovazione e secco sentenziai

«Ipocrita» scoppiamo a ridere.

Arrivammo in facoltà che c’era il sole alto, la temperatura non era elevata, una delicata giornata primaverile

«Almeno è la giornata ideale per delle foto» notai

«Sì. Tu, Giada e i suoi genitori. Un bel quadretto familiare» scherzò Daniela

«Ti stai divertendo?» le chiesi fintamente infastidito

«Aiutatemi a portare la roba, invece di battibeccare» ci richiamò Laura

«Arrivo, amore» rispose la dark. Mi feci passare i pacchi più pesanti e mi avviai insieme alle ragazze. Su una cosa aveva ragione Daniela, sarei stato un pesce fuor d’acqua in quelle foto, ma Giada avrebbe fatto i capricci con tanto di piedi sbattuti pur di avermi lì. Una situazione imbarazzante per tutti.

 

Ho sempre odiato le feste dopo le cerimonie e questa non faceva eccezione. Anche se era di Giada, non riusciva a piacermi del tutto. Stavo appoggiato allo stipite della porta a vedere le ragazze confabulare in cerchio di chissà quale nuovo smalto mentre pensavo a quanto mi stessi lasciando alle spalle anche io. Era tempo di abbandonare l’università definitivamente, almeno per me. In quel momento, però, era solo tempo di mangiare, mi staccai dalla porta e mi avvia verso i tavoli con gli snack quando una mano scivolò maliziosamente contro la mia, lasciai correre, ma sentii la mano una seconda e una terza volta. Subito prima del tavolo scattai, afferrai la persona e la schiacciai tra me e il tavolo

«Giada, ti diverti?» le chiesi sottovoce affondando nei capelli

«Non sono Giada» lasciai la mano e corsi sul corpo sentendo le evidenti differenze, anche il profumo era diverso

«Chi?»

«Non mi riconosci?» chiese guidandomi la mano lungo il fianco fino all’elastico delle mutandine e lì la lasciò. Mossi impercettibilmente la mano e riconobbi la cicatrice

«Ciao, Sami»

«Allora qualcosa di me lo ricordi ancora» mi disse risentita
«Che ci fai qui?» tagliai corto

«Mi ha invitata Giada»

«Giada?- le chiesi sorpreso, ma la risposta perse d’interesse presto- Natalia?!» esclamai notata la ragazza con il vestito giallo dall’altra parte delle stanza. Senza prestare la minima attenzione a Sami mi allontanai inseguendo il breve avvistamento fatto. La trovai fuori dalla stanza, vicine ad una porta vuota, che chiacchierava tranquillamente con Angela

«Angela! Natalia! Cosa ci fate voi qui?» chiesi sorpreso

«Ci ha invitate Giada e ha insistito perché venisse anche lei» mi rispose Angela indicando qualcuno alle mie spalle. Delle labbra si posarono delicate sul mio collo e mi baciarono

«Non mi potevo perdere un invito simile, no?» era una voce che avevo già sentito, ma non riuscivo ad attribuirla ad alcun nome o volto

«Nati, tesoro, perché non gli facciamo ricordare meglio?» chiese divertita alla in giallo che sinuosa si avvicinò al mio fianco finché una mano non l’afferrò per il suo piccolo collarino chocker e la baciò con passione

«Roberta, non avevo riconosciuto le tue labbra con un tocco così delicato» dissi. La ragazza si girò verso di me fissandomi maliziosa

«E come mi avresti potuta riconoscere?-mi chiese con voce suadente- Io e te abbiamo un discorso da chiudere…magari da soli»

«Ci sono partite che non si possono giocare»

«Hai paura, forse?»chinai un po’ la testa e la fissai divertito. In un secondo ridussi la distanza tra noi e l’afferrai per un fianco, distolse lentamente lo sguardo dai miei occhi solo per osservare la mia mano. Fu mentre la guardava che spinsi e la schiacciai contro il muro. Sorrideva ancora sicura di sé, ma il suo sguardo era diverso, era lucido. La voltai di forza e le schiacciai il viso contro il muro riparato dalla porta e mi appoggiai a lei con il mio corpo, senza parlare feci scorrere rapidamente la mano dal fianco alle mutandine e la infilai dentro

«Qui? Hai perso la testa così tanto?» mi chiese divertita, era sicura di avere la partita in mano. Non ci pensai due volte, le mie dita superarono il clitoride ed entrarono subito nella sua fica. La sensazione di bagnato mi avvolse, avevo ragione su di lei. Porsi le due dita a Natalia dietro di me senza distogliere lo sguardo

«Lecca!- le ordinai e lei sorpresa rimase un attimo ferma- Lecca!» le urlai quasi. Angela prese le mie dita e le accompagnò lentamente alla bocca di Natalia che era ancora impalata. Il tempo era tiranno e sembrava non passare mai

«Puttana!- urlò Natalia all’indirizzo di Roberta- Sei solo una puttana!» Ripeté più piano ma con ancora più rabbia

«Come vedi, il discorso è chiuso. Puoi anche sparire adesso» e mi staccai da lei

«Torniamo alla festa?» propose Angela

«Sì, ma per di qua. Strada lunga. Ne ho bisogno» risposi divertito

Ci incamminammo per i corridoi della facoltà per fare il giro largo, avevo decisamente bisogno di un po’ di tempo prima di rientrare alla festa e anche Natalia era piuttosto scossa

«Nati, è meglio così. Pensa se te ne fossi accorta dopo?» la rincuorava Angela

«Come lo hai capito?» mi chiese alla fine Natalia

«Era ancora eccitata, si vedeva. Il suo corpo parlava per lei…- Angela e Natalia si erano girate a guardarmi curiose- L’ho vista prima!- dissi ridendo- Scusate, volevo sdrammatizzare un attimo. Nati, non sei stupida perché non l’hai capito» le dissi dolcemente. Non potevo svelare loro che lo avevo capito dal corpo di Roberta, Natalia ne sarebbe rimasta sconvolta. Non era colpa sua se non se n’era accorta, Roberta era brava e attenta. La dominava quanto le bastava per farle chiudere gli occhi, ma l’evidenza è evidenza. Continuammo a girare per i corridoi quando Natalia ci chiese

«Entriamo qui? Non me la sento di tornare subito alla festa» aprii la porta della stanza

«Entra, Nati» la invito Angela. Lei entrò titubante, ci chiudemmo la porta alle spalle e mi avvicinai a Natalia alle spalle

«Stai tranquilla» le sussurri piano. Inarcò la schiena a cercare il contatto con me, mi abbassai a per stringerla, quando mi baciò. Rimasi molto sorpreso, ma non mi sottrassi, restai lì a baciarla. Quando ci staccammo alzai lo sguardo a guardare Angela e la vidi in intimo senza più il vestito

«Angela, che fai?» camminò piano verso di me, fermo incapace di muovermi, si accostò a me e mi baciò. Risposi ancora al bacio

«Ti bacio! Non penserai che vi lasci divertire da soli, vero?» mi sussurrò eccitata. Ripresi il controllo del mio corpo e sorrisi, mi girai verso Natalia e la trovai nuda come Angela, la strinsi a me e la baciai di nuovo

«Incomincia a piacere questa festa» le mani delle ragazze scorrevano sulla mia camicia slacciando i bottoni mentre la mia bocca correva tra le loro labbra e le mie mani erano scivolate tra le loro gambe. Mi tolsero la camicia insieme, coordinate, non doveva essere la prima volta che accadeva, tornarono vicino a me ma fu solo un momento, scesero verso il mio cazzo, sbottonarono i pantaloni e lo liberarono dalle costrizioni

«Non fate le ingorde, mi raccomando. Ce n’è per entrambe» mi pavoneggiai, ma era situazione a cui non ero abituato. Mi era già capito di essere in dei triangoli, ma mai come parte maschile sedotta in maniera pianificata.
I piaceri del pompino mi risvegliarono dai miei pensieri, Natalia si impegnava, ma Angela aveva più esperienza e si vedeva. Vedevo i loro occhi blu. Gli occhi blu. Quel pensiero mi scosse all’improvviso. Tolsi loro il mio cazzo e cercai di rimetterlo nei pantaloni

«Non posso. Scusate, ma non posso»

«Perché no? A me piace»

«Perché lui vuole altro, Nati. Non è vero?»

«Sì, voglio un’altra persona»

«Complimenti per averlo capito, finalmente. Buona fortuna con lei!» mi fece gli auguri Angela andando a raccogliere il vestito. Era ancora mezza nuda quando la porta si aprì ed entrò Giada

«Giada! Io non ho fatto niente» mi difesi ancor prima che mi rivolgesse la parola. Ottimo modo per dimostrare la mia colpevolezza

«Lo so, vi ho visto e sentiti.- mi disse lei- Hai rifiutato due belle ragazze che erano pronte a donarsi a te per me. Meriti un premio» disse dando un piccolo strattone alla catena che stringeva in mano, non l’avevo vista fino a quel momento. Spuntò una ragazza con un impermeabile, l’avevo già vista, ma non l’associavo a niente. Era lei che Giada teneva incatenata, la teneva al guinzaglio come si fa con le cagne.Nessuno parlava, Giada chiuse la porta e guardandomi negli occhi diede uno strattone alla catena

«Spogliati» la ragazza lasciò cadere l’impermeabile rivelando un corpo molto piccolo, ma ben disegnato. Seno non grande, probabilmente una seconda, minuta, ma pareva più piccola probabilmente per i lineamenti e per il fisico. La sorpresa più grande fu però vederle addosso il bikini reso famoso da Carrie Fisher in Star Wars

«Chi è?» le chiesi sorpreso

«Seduta- ordinò Giada senza rispondermi. Diede uno strattone alla catena e si avvicinò a me con la ragazza che la seguiva a quattro zampe come una cagna. Il contrasto tra la ragazza che avanzava gattonando semi nuda e Giada che camminava fiera con ancora il tailleur della cerimonia era un contrasto fantastico, lei remissiva e succube e lei così fiera, elegante e sexy con quella minigonna e la giacca troppo piccola per il suo seno.- Lei è tua, te la offro come regalo!» mi disse porgendomi la catena

Ero incazzato, ero molto incazzato. Angela e Natalia erano sgattaiolate via in silenzio. Giada mi fissava sorpresa, ma non terrorizzata. La mia mano stringeva il suo collo, le spalle al muro, il mio corpo a schiacciarla

«Perché? Voglio sapere il perché?» urlai ancora

«Perché lo sai!» mi disse ormai rossa in viso

«Cosa vuoi da me?» le chiesi esasperato da quella risposta

«Sfondala! Voglio vederla implorarti di smettere! Deve chiedere pietà!» la voce di Giada era quasi un sussurro. Non risposi, un moto di rabbia mi era salito dentro, ero deluso e schifato da quello che sentivo e vedevo. Mi voltai e andai verso la ragazza

«Apri la bocca, cagna!» mi sbottonai i pantaloni, le afferrai la testa e inizia a scoparle la bocca. La usai come si usa una fica o un culo, non mi preoccupavo di nulla, solo di entrare e uscire. Spingevo fino in fondo e tornavo fuori, vedevo la saliva colare, le guance diventare rosse, gli occhi lacrimare e la poverina boccheggiare alla ricerca di aria, ma non mi importava. Mi fermavo giusto il minimo per non farla soffocare. Guardai Giada dietro di me e la vidi rapita dalla scena. Si masturbava eccitata con gli occhi torbidi, la visione le piaceva.
Prima di venire, uscii da quel buco e le sborrai in faccia. Mi scansai e rivolgendomi a Giada le chiesi

«Ti piace la mia opera d’arte?»

«Sì» riuscì solo a dire con un evidente groppo alla gola

«Portale il mio sperma da brava cagna» ordinai alla ragazza che a gattoni raggiunse Giada ed offri il suo volto. La vidi chinarsi e raccogliere col dito un abbondante porzione poi succhiarla e leccarla con passione

«Buo…» prima che potesse finire di parlare le strinsi guance come fosse un pesce

«Fammi un altro scherzo del genere e sarai al suo posto per sempre» le dissi secco, poi la presi e la girai sul tavolo. Mi sfilai la cintura dei pantaloni e le bloccai la testa in modo che non potesse vedere altro che il muro davanti a sé, le afferrai le mani e le legai dietro la schiena. In punizione. Come una bambina.
Recuperai la mia cagna e mi allontanai dalla mia Bambi, la sbattei su un tavolo e senza chiederle nulla o prestarle la minima attenzione, la penetrai in un sol colpo, affondai dentro di lei totalmente. Presi la rincorsa ed affondai nuovamente iniziando un movimento costante molto profondo e veloce. Non prestavo la minima attenzione alla ragazza, non mi curavo minimamente di lei, non sapevo di che colore avesse gli occhi o i capelli, quello che vedevo erano tre buchi da poter usare come pareva a me. Le presi le gambe e le poggiai sulla mia spalla, poi ricominciai ad affondare in lei. Profondo. Veloce. Continuo. Aveva iniziato ad essere partecipe. Le tappai la bocca con la mano per evitare che la sentissero tutti quando urlava. Troppa partecipazione. 

La scopai per un po’ fino a quando la posizione non mi venne a noia, la spinsi giù dal tavolo e la piegai a novanta gradi e ripresi da dove avevo interrotto, ma non mi bastava. Il mio sguardo era caduto sull’unico buco che ancora non avevo provato e avevo un unico desiderio, usarlo. Mi fermai, volevo tenermi per il dessert. La presi per i capelli e la tirai verso di me, inarcò sensuale la schiena

«Ora mi farò il tuo culo. Ti farò male o sei allenata?» le chiesi divertito

«La padrona…ah!» gridò appena la colpii forte sul culo

«Non azzardarti a chiamarla mai più così!- la voltai verso Giada- Cosa ti sembra?»

«Non lo so, Padrone» piagnucolò

«Una troia.- la colpii nuovamente- Non è ridotta male come una cagna come te, ma anche lei ha solo bisogno di una bella dose di cazzo.- la insultai- Stavi dicendo?»

«La…Troia- disse dopo una pausa- mi ha avvertito di allenarmi» 

«Ha fatto la cosa giusta» dissi affondando nel suo culo con due dita bagnate dalla sua fica. La cagna sussultò, ma non si ritrasse, era abituata. Aggiunsi un terzo dito e allargai il buco, quando fu pronta affondai il cazzo in figa, lo bagnai per bene ed entrai nel suo culo. Era ancora stretto, le feci male. Non mi interessava. La scopai con disinteresse, non mi interessava di lei, l’importante era sborrare in quel culo e così feci. Mi ritrassi e la vidi tremare, scossa dalla convulsioni, era venuta anche lei

«Ricomponiti e sparisci, chiaro?» non attesi la risposta e tornai dalla mia Bambi. La slegai, mi rimisi la cintura e la portai fuori dalla stanza, camminai diretto per il corridoio fino ad una piccola porta laterale. Con un piccolo trucco feci scattare la vecchia serratura e spinsi Giada oltre la soglia

«Che diamine ci facciamo qui?» mi chiese stupita

«Non voglio altre sorprese. Esigo spiegazioni!- Misi la mano in tasca e presi un toscanello, mi appoggiai alla porta bloccata- Non andremo via di qui fino a quando non le avrò» dissi senza ammettere repliche. Giada si issò su un bancone da laboratorio

«Sai già tutto, resteremo qui per sempre» mi disse infastidita

«Credi che a me piaccia?» le chiesi sempre più nervoso

«Sì, credo che tu ci goda a far fallire ciò che va bene»

«Non sei una cosa qualsiasi, sei la mia Bambi»

«Ero la tua Bambi anche quando sei scappato?» mi urlò arrabbiata

«E avevo fatto bene! Lo vedi cosa succede? Litigate, discussioni, ti faccio solo del male» dissi sconsolato

«Coglione!- mi urlò rabbiosa in faccia- Pensi che non mi abbia fatto male? Affronterei discussioni tutti i giorni se servisse a far in modo che tu non vada mai più via!» la colpii in pieno viso con un ceffone. Rimase ferma, senza la forza di reagire

«Non ti azzardare mai più a svilirti così!» le dissi calmo. Giada rimase ferma ed in silenzio, non mi parlò e si issò di nuovo sul bancone mentre faceva oscillare ritmicamente i piedi come una bambina sull’altalena

«Mi era mancato» mi disse infine

«Cosa?»

«La tua rabbia. Vederti così arrabbiato da colpire una ragazza, credo di aver passato il limite»

«Tu non sei così, tu non fai parte di quel mondo» le dissi calmo, aspirando una profonda boccata

«Non voglio perderti.- mi disse solo- Anche se devo ammettere che mi è piaciuto» confessò

«Cosa?» le chiesi sorpreso
«Sentire i suoi rigurgiti, i versi mentre la strozzavi, i sospiri e i gemiti mentre la prendevi come un oggetto» mi disse camminando verso di me

«Ti ha eccitato che abbia usato un altra donna come un buco?» ero meravigliato da una cosa simile

«No, mi ha eccitato che lei non riuscisse ad accogliere tutto il tuo cazzo in bocca,- mi sedette su di me- a gestire i tuoi colpi,- mi sbottonò i jeans- a godere con il culo.- disse impalandosi sul mio cazzo- Io posso» mi disse sicura di sé. Mi cavalcò così, con il cazzo ben piantato nella sua fica

«Sei l’unica che mi ha conquistato- le dissi spegnendo il sigaro- e ho bisogno di tutto me stesso per scoparti per bene» dissi alzandola con me. La sollevai e l’appoggiai al bancone, lì con gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro, come solo chi si appartiene può avere, la presi.

 

 

«Dove siete stati? È stato difficile gestire tutti gli invitati» ci chiese apprensiva Anna

«E falli scopare in pace!- la allontanò Daniela- Ora, però, andate dai tuoi» disse indicando i genitori di Giada

«Mamma, papà!- si avvicinò Giada- Vi state divertendo?»

«Per niente!- rispose secca la donna- Tu e quella specie di criminale siete spariti e ci avete lasciati in mezzo a questo circo»

«Questo circo sono le amicizie di Giada» m’intromisi

«Amicizie schifose che le hai portato tu» si guardò in giro schifata. Il marito rimase in silenzio al suo fianco imbarazzato

«Io ho un difficile carattere, signora, ma lei mi batte sicuramente. Dovrebbe essere felice per sua figlia e del fatto che è circondata da così tante amiche e amici che sono qui a festeggiarla, alcuni dovrebbero studiare visto che nei prossimi giorni tocca a loro discutere la tesi. Al contrario, lei non sa fare che mostrare ribrezzo e non merita altro che restare da sola per quanto mi riguarda! Ringrazi sua figlia e l’amore che prova per lei se ancora nessuno dei presenti l’ha apostrofata come sto facendo io- poi mi voltai verso la mia Bambi- Scusa, ma non potevo resistere oltre. Credo sia meglio che vada a prendere una boccata d’aria ora.» mi voltai e solo allora mi resi conto di quanto avevo urlato, uno spettacolo per tutti. Mi mossi per allontanarmi ma Giada mi trattenne, mi tirò verso di sé e si aggrappò al mio braccio

«Mamma, questo è il mio ragazzo!- si sporse a chiamare col braccio le sue coinquiline- Queste sono le mie coinquiline, le mie migliori amiche! Accettalo perché io resterò a vivere qui, a Simone hanno offerto un posto di lavoro incredibile e a me un posto all’università. Resteremo qui, insieme, come una coppia, dove ci sono le mie e le sue amicizie!- poi si girò verso di me- E tu non provare mai più ad andarmene o ti strappo i coglioni e me li mangio!» mi disse con gli occhi lucidi dal pianto

«Non ti lascerò mai, te lo prometto» le dissi stringendola a me

«Neanche noi ti lasceremo, amore» dissero le ragazze abbracciandoci tutti

«Tesoro, noi ci saremo sempre per te!- annunciò il padre quando l’abbraccio si sciolse- Ti sosterremo sempre in ogni tua scelta, anche quando non saranno quelle che speravamo» mediò tra le due posizioni.

«Questa dev’essere una giornata di festa annunciai, stappiamo altro spumante, forza!» urlai andando verso il tavolo. Un boato giovanile accolse le mie parole.

 

«Oggi hai proprio rimesso a posto mia madre»

«Mi dispiace per la scenata. — le dissi dal bagno- Tu mi devi ancora qualche spiegazione che non mi hai dato?»

«Ancora?!» mi chiese a metà tra esasperata e stanca

«Vorrei sapere chi era e soprattutto perché ti è venuta una simile idea» lei ridacchiò

«Era un tuo bigliettino. Ho fatto come te, chiesto consiglio a Roberta e mi ha presentato quella puttanella.» 

«Mi sembrava di conoscerla»

«Sarà perché Anna la conosceva?» mi imbeccò maliziosa

«È la ragazza che ho usato per istruire Anna, capito.- dissi solo sorridendo con gli occhi- E la seconda risposta?»

«È un po’ più complessa» mi disse a testa bassa

«Ho bisogno di sapere» le dissi stringendola a me

«Io lo so che per te sarà sempre impossibile essermi fedele, che avrai bisogno anche di altro. Avrai bisogno di dominazione, di tirare fuori quella parte lì e che io non sono la persona con cui farlo»

«Giada, io…» mi zittì con un bacio

«Lo so io e lo sai tu, non negarlo. Quello che voglio. però, è che non ci scopi, le devi usare. Voglio sapere che sono l’unica che ti soddisfa, che le altre sono solo buchi dove sborsare e nient’altro»

«Mi stai chiedendo di tradirti?» le chiesi sorpreso

«Sì…e no.- mi disse spaventata- Ti sto dicendo che quando scoperai un’altra, perché accadrà, me lo devi dire e mi devi far capire la differenza tra me e lei. Voglio le prove!- poi alzò uno sguardo minaccioso- E non ti azzardare a usarla come scusa per scopare a destra e manca»

«È una cosa molto difficile per te» dissi piano

«Lo so, è una cosa che fa male. Ogni volta che ci penso fa male, ma tu non sei una persona normale, non posso ingabbiarti, non saresti tu. Mi sono innamorata di te perché eri così e non posso chiederti di essere diverso, non saresti più tu. Tu hai bisogno di questa cosa, lo so» 

«Forse tua madre tutti i torti non li ha» dissi con aria grave

«No, li ha. Dammi retta che la penserebbe diversamente se provasse la tua specialità» disse divertita attirandomi a sé

«Amore, sono a casa!» annunciai lanciando le chiavi nella ciotola. Barba un po’ incolta, solito piccolo sigaro ancora in bocca, cellulare in mano a controllare le email e borsa appena poggiata, più lasciata cadere, a terra: tutto diceva che tornavo da un’altra trasferta dall’inferno. Nessuna risposta, guardai con più attenzione: le sue chiavi c’erano, la sua borsa pure. Mi affacciai in cucina, niente. Non c’era una pentola sul fuoco, nessun piatto sulla penisola, tutto immacolato. 

«Amore?» chiamai con il sigaro tra i denti, ma nulla. Mi spinsi verso il camere, sentii il rumore dell’acqua della doccia. Aprii la porta e aspettai che si diradasse un attimo la nube di calore. Era lì, a farsi la doccia tutta beata

«Ciao amore!» mi salutò felice mentre metteva un piede ancora bagnato fuori dalla doccia

«Non sarebbe il caso che tu mettessi qualcosa sul pavimento prima di uscire dalla doccia?» senza rispondermi lasciò cadere l’asciugamano che le copriva il resto del corpo. Rimasi immobile come un ebete a fissare quelle tette sode davanti a me

«Intendi così?» mi chiese maliziosa. Sorrisi e posai il sigaro, l’attirai a me e la baciai, mi tolse la giacca e la indossò

«Vieni, ho una sorpresa per te» mi disse tirandomi per il braccio come una bimba impaziente. Mi portò in camera da letto, entrammo ed era tutto buio, non c’era un filo di luce, ma sentii dei rumori, come dei lamenti. Mi lasciò la mano e si allontanò da me dopo avermi messo in mano il telecomando della stanza, poi disse

«Ecco, perfetto. Accendi la luce» accesi la luce e quello che vidi mi lasciò senza parole: davanti a me legata ad una sedia c’era la mia segretaria. La mia segretaria supersexy per cui avevamo già litigato in passato. Per carità, era molto efficiente, ma non aveva di certo una con una bella fama. Tanto efficiente al lavoro quanto pericolosa per un matrimonio, questo era l’avvertimento su di lei. Donne o uomini pare cambiasse poco, il risultato era sempre lo stesso.
Ad ogni modo adesso era lì, vestita con lingerie sexy, legata alla poltrona della nostra camera mentre Giada tutta festante se ne stava appoggiata con lo sguardo birichino alla finestra

«Perché?» le chiesi tirando una profonda boccata dal sigaro, una delle ultime ormai

«Ti ricordi quel mio studentello che ti ho mandato per fare una tesi esterna?»

«Chi? La checca isterica?- Giada alzò un sopracciglio e mi fissò rimproverandomi- Dai, era peggio di una donna con il ciclo. Isterismo allo stato puro!» lo definii per difendermi

«Beh, mi ha raccontato che la tua segretaria mi ha definito come quella che: urla come una gallina sgozzata quando viene scopata» mi disse enfatizzando il concetto facendo il gesto delle virgolette con le mani

«L’hai definita così?- chiesi alla rossa. Mi rispose con dei mugugni- Non serve articolare molti suoni, basta che muovi la testa. Solo sì o no» restò immobile per qualche minuto mentre le lacrime le rigavano il bel viso poi annuì

«Visto?- esultò trionfante Giada- Va punita!»

«È una definizione molto cattiva- dissi camminando intorno alla poltrona- anche perché Giada non ha una voce da gallina, ma canta come un usignolo quando ha il mio cazzo piantato dentro di sé»

«Adulatore» mi schernì lei con le guance un po’ rosse

«Sai perché sei qui?» chiesi alla rossa togliendole il morso

«Sì» rispose tra un movimento e l’altro per riprendere sensibilità

«Bene, sarà tutto più facile» dissi slacciandomi i pantaloni a due passi dal suo viso, il mio cazzo saltò fuori già duro e teso, lo aveva quasi a portata di pompino. Vidi il suo sguardo sorpreso e meravigliato, non si aspettava nulla di simile

«E non lo hai ancora provato» la canzonò Giada dietro di me. Mi tiro a sé, si inginocchio e iniziò un delicato pompino curandosi di lasciare la visuale libera alla nostra preda. La povera Francesca poteva vedere distintamente il mio cazzo, accolto dalle morbide labbra di Giada, sparire interamente senza che la mia tenera mogliettina desse alcun segno di difficoltà. Ogni tanto mi voltavo a guardarla e potei ammirare come il suo sguardo passò dall’incredulità all’invidia passando per la sorpresa, il rifiuto e l’eccitazione

«Vorresti essere al suo posto, adesso.- dissi tranquillamente mentre mi godevo il pompino- Ci starai, non ti preoccupare» sospirai di piacere mentre Giada continuava a fare avanti e indietro sul mio cazzo sempre più velocemente. Le poggiai una mano sulla testa aumentando sempre più il suo ritmo e lei non perdeva mai la sua compostezza, era diventata un’esperta incredibile, riusciva in qualcosa di incredibile e immancabilmente come ogni volta finii per bloccare la testa e scoparmi la sua bocca prima di rovesciarle in bocca il mio piacere. Si alzo e sculettando andò dalla ragazza, le bloccò la bocca e la bacio. Le stava rovesciando in bocca il mio seme, mi piaceva l’idea. Il suo culo nudo esposto ai miei sguardi era una fantastica attrattiva, mi avvicinai e la presi per i fianchi, ma agile e flessibile come sempre scivolò via

«Ora, è il suo turno! Voglio sentire le sue di urla. Lei ha sentito le mie, no?» sorrisi divertito e mi avvicinai alla ragazza sulla sedia, le girai intorno curioso, una mano sempre a mantenere il contatto con la sua pelle. Era liscia, setosa, come se si fosse preparata per qualcuno

«Ti eri preparata per una serata di sesso con qualcuno?» si girò a fissarmi, ma rimase in silenzio. Si voltò e tornò a fissare la porta. Sorrisi verso Giada divertito, le bloccai la nuca con forza senza distogliere lo sguardo dalla mia Bambi che seduta sulla poltrona si accarezzava assistendo allo spettacolo. 

«Quando faccio una domanda, esigo una risposta. Ci siamo capiti?- chiesi con voce ferma, ma Francesca non rispondeva- Lo vuoi provare il mio cazzo, no? Ti conviene rispondere» le intimai con voce calma, ma dura

«Ho capito» rispose agitando la testa per liberarsi. Era sexy con quella massa fluente di capelli rossi fuoco che le ricadevano liberi sulle spalle

«La risposta»

«Mi ero preparata per te prima che quella troia…» l’afferrai per la gola con una morsa d’acciaio, Giada gemette di piacere dietro di me

«Come hai chiamato mia moglie?» potei vedere la paura nei suoi occhi

«Prima che sua moglie mi giocasse questo scherzo. Sapevo di incontrare te» le liberai la gola e la sentii rilassarsi

«Meglio. Non mi pare di averti mai permesso di darmi del tu, Francesca»

«No, ha ragione Dottore» le parai il cazzo davanti

«Succhia» le dissi solo. Succhiò. Succhiò bene e in profondità o almeno ci provò. Riusciva a far entrare in gola una buona parte del mio cazzo, ma non tutto e non era aggraziata come Giada, questo fu evidente fin da subito

«Non male, ma speravo di meglio da parte di una di cui vengono decantate tante lodi» la colsi sul vivo perché cambio marcia, s’impegnò di più. Migliorò. Riuscì ad imboccare tutto il mio cazzo

«Notevole, non trovi?» chiesi a Giada

«È sgraziata, ma ha del potenziale» mi rispose un po’ infastidita

«Tranquilla, essere come te è un dono di natura, non si può imparare» la elogiai. La serata era un regalo per me, ma lo era soprattutto per lei. Voleva la sua rivincita, la sua superiorità manifesta. L’avrebbe avuta. Staccai Francesca dal mio cazzo, non avevo alcun intenzione di venire una seconda volta con un pompino. La liberai, ma rimase seduta

«Cosa accadrà dopo?» mi chiese spaventata

«Dopo che ti avrò scopato per bene. Tornerai a casa, tranquilla. E ci tornerai molto felice e rilassata» la provocai. La spinsi sul letto, stava ferma. Era spaventata, temeva per il dopo. Le accarezzai dolcemente la guancia e raccolsi le sue lacrime

«Non aver paura, si tratta solo di sesso. Nessuno ti vuole fare del male» guardo dubbiosa verso Giada

«Sei solo una puttanella frigida! Neanche riesci a distinguere uno stallone quando lo hai davanti» disse alzandosi e camminando verso di me. Salì sul letto e si posizione al suo fianco con il viso schiacciato sul letto e il culo all’insù

«Falle vedere come scopi, vediamo se vale qualcosa» mi chiamò a sé. Non ci pensai due volte ed entrai dentro di lei con un solo colpo. Era bagnata, calda e stretta. Lo era sempre, ogni volta

«Amore! Sì!- sospirò- Ora sbattimi!» comandò e non ci pensai minimamente a rifiutare il suo ordine. Mi adoperai per la farla godere, mi dedicai a lei anima e corpo, volevo che Francesca la invidiasse, che volesse esserci lei al suo posto e la cosa non tardo. Attratta dal nostro spettacolo improvvisato la mia segretaria stava vincendo le sue paure e a sorpresa ricambiò il bacio saffico precedentemente subito. Giada era senza pausa, la sua bocca occupata dai baci di Francesca e io a martellare alle sue spalle. Piena di piacere esplose in un orgasmo urlando ai quattro venti il lieto evento. La lasciai sul letto sfinita e afferrai Francesca, senza parlarle la penetrai, era molto più stretta della mia Bambi

«Mi spacchi, dannazione. Fai piano!»

«Non reggi nemmeno un cazzo degno di questo nome!» l’apostrofai e iniziai a sbatterla con sdegno e rabbia alternando colpi forti e profondi in brevi scariche a colpi più delicati in momenti di quasi relax. Inizialmente non faceva altro che incitarmi, il piacere la sconvolgeva e la rendeva avida e dipendente. Si lamentava quando rallentavo, voleva sempre di più e più forte fino a quando venne con un urlo di un animale ferito. Non mi fermai, continuai imperterrito nei miei movimenti e lei non discese dall’apice del piacere. Una forma di piacere che dopo il secondo orgasmo non riuscì più a gestire

«No! Basta! Non è possibile! Mi devo fermare!» mi implorava di continuo, anche quando rallentavo e calmavo i miei colpi. Uscì da lei per lasciarle quel sollievo che tanto bramava. La voltai, era come muovere una bambola gonfiabile, si lasciava muovere come fosse un manichino, mi girai verso Giada con un sorriso malefico stampato in volto. Lei era lì, a fianco del letto con il flacone dell’olio pronto, si era ripresa dall’orgasmo e non attendeva che questo momento, glielo leggevo in faccia.

«Rompila» mi disse mentre mi passava l’olio. Ne cosparsi con cura il culo di Francesca e feci attenzione perché entrasse anche nel culo, unsi con attenzione anche il mio cazzo e con un ghigno quasi satanico affondai la cappella nell’intestino della mia bella e sexy segretaria

«Argh! Cazzo!» urlò risvegliatasi
«E vedrai adesso che entra tutto» la canzonai io, cercando di affondare il resto del cazzo con un unico profondissimo colpo

«No!» urlò disperata. Non mi mossi a compassione, non ero entrato completamente e quelle lamentele mi infastidivano. Si atteggiava a ragazza navigata, ma era solo un’oca scialba, un’insignificante puntino nell’immensità del panorama. Diedi un altro colpo forte e finalmente fui totalmente dentro di lei. Le scopai il culo senza grazia, innervosito da un divertimento che si era tramutato in noia. Quando mi staccai da lei crollò esausta sul letto. Giada, lesta, le fu di fianco e giratale la testa in modo che non si perdesse le spettacolo

«Ammira!» le disse sexy mentre le mordicchiava il lobo. Entrai completamente nel culo di Bambi con un solo colpo profondo, lei sospirò e si girò a fissarmi

«Ti amo!» fu una scarica di adrenalina immensa per me che iniziai a spingere da dietro di lei con tutta la forza che avevo esaurendo rapidamente il mio autocontrollo e inondandole l’intestino del mio piacere. Crollai sul letto e le due donne, come due gatte si strusciarono su di me facendo le fusa
«È stato incredibile- esordì Francesca- non vedo l’ora…»

«Non ci sarà alcun seguito- la interruppi secco- Domani mi consegnerai le tue dimissioni e io in cambio fornirò un’ottima lettera di raccomandazione. Hai danneggiato la vita di parecchie persone prima di me e non saresti degna neanche di pulire la strada dove camminano. Devi sparire»

«Sei pazzo se speri…»
«Se spero cosa? Che non denunci mia moglie per rapimento? Fallo, se hai coraggio! Poi spiega che ti sei introdotta in casa mia senza che né io né lei ne sapessimo niente, è violazione di domicilio. Spiega che hai scopato e hai avuto il più bell’orgasmo della tua vita. Spiega queste cose al magistrato oltre al presunto rapimento di cui non c’è nessuna prova. Non hai un solo segno o una sola prova, ti ricordo» Francesca rimase in silenzio mentre Giada si strusciò e si mosse felina per sdraiarsi sopra di me scalzando la mia, ormai ex, segretaria.

Sentii la porta chiudersi, Francesca era uscita. La telecamera all’ingresso me lo confermava sullo schermo del mio cellulare

«Avresti dovuto avvertirmi» rimproverai dolcemente Giada

«Non sarebbe stata una sorpresa» mi rimbeccò lei

«E se non si fosse spaventata?- le chiesi accendendo un sigaro. Giada me lo prese e lo spense subito- Dai, me lo merito» mi lamentai

«Se non si fosse spaventata avrebbe dovuto spiegare i vari insulti che ha riversato su di me e tante altre persone che conosci. Non avrai creduto che abbia improvvisato?»

«No, quello neanche per un attimo»

«Bene!- si alzò dal letto e stava per uscire dalla camera quando si voltò verso di me- E non fumare! Fa male al bambino»

«Bambino? Quale bambino?» chiesi cadendo dalle nuvole. Mi alzai e la raggiunsi in bagno, era sotto la doccia, entrai

«Il tuo, idiota.- mi disse bonariamente- Credo anche che si debba fare un po’ più attenzione con quei colpi in futuro» mi disse sorridendo felice

«Un figlio. Mio.- il cervello scollegato, in tilt. Il corpo fermo. Un figlio, saremmo stati una famiglia- Non ci fermeremo a uno, vero?» le chiesi recuperando le funzioni cognitive con le lacrime agli occhi

«No, assolutamente no» mi disse alzandosi sulle punte per baciarmi

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