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By 13 Dicembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

 

“Biglietti! Biglietti!”

Noemi venne svegliata da queste parole, e il suo cervello impiegò qualche secondo a realizzare dove fosse e cosa stesse capitando, poi ricordò.

La morte della zia Teresa, il viaggio verso la Puglia con i genitori per poter presenziare al funerale e la triste funzione e, ora, il viaggio di ritorno in vagone letto.

Ricordava le titubanze di dover affrontare un viaggio così lungo senza Enrico, il suo fidanzato, e la fortuna che aveva avuto nell’assegnazione dei compagni di scompartimento.

La sorte le aveva infatti riservato una mamma di circa quarant’anni accompagnata da due figli, probabilmente gemelli, in età adolescenziale.

Gli occhi azzurri e i capelli biondi dei due ragazzi avevano tradito la loro origine teutonica anche prima che aprissero bocca, la mamma, invece era italiana, o almeno parlava la lingua.

Si erano sistemati un paio di ore prima nelle quattro cuccette, e la signora, per non mettere in imbarazzo Noemi, aveva fatto sistemare i due ragazzi nei due letti più basso e aveva riservato per lei e la ragazza i letti al piano superiore.

Questa sì era rivelata una fortuna, perché Noemi – nella fretta fare i bagagli appena saputa la notizia della zia è – aveva dimenticato di portare con sé una tuta o qualcosa che potesse fungere da pigiama, e così si era trovata costretta ad appoggiarsi sul materasso jeans e maglietta.

Non sarebbe stato neppure un grosso problema, non fosse stato che quel vagone doveva essere privo di aria condizionata e dopo circa un’ora di viaggio la temperatura all’interno della cuccetta era salita sensibilmente.

Aveva dato un’occhiata nell’oscurità, aveva realizzato come tutti gli altri stessero dormendo e così si era liberata dei pantaloni e della maglietta, riponendoli ordinatamente nella borsa che stava ai suoi piedi.

Se anche qualcuno dei ragazzi si fosse svegliato, dalla sua posizione avrebbe difficilmente potuto vedere qualcosa; la mamma, da parte sua, non si sarebbe comunque scandalizzata dalla visione di una ragazza in biancheria intima.

A scanso di equivoci e di imbarazzi, si era coperta con le sottili lenzuola in carta fornite dalle Ferrovie Italiane.

“Biglietti, prego!”, domandò ancora il controllore, accendendo la luce.

Noemi si mise a sedere e, facendo attenzione che le lenzuola non la scoprissero, si protese verso i piedi del letto per cercare la borsa.

Non c’era più.

“Ecco, questi sono i nostri”, stava dando dicendo la signora accanto a lei, allungando le rettangolini di cartone verso il controllore.

L’uomo li convalidò con gesto esperto e si voltò verso la ragazza, in attesa del suo biglietto.

“La mia borsa, non trovo più la mia borsa!”, disse Noemi, sistemandosi i capelli dietro alle orecchie con gesto che faceva quando era nervosa.

“Dove l’hai lasciata?”, domandò la tedesca.

“Era lì, in fondo al materasso! Quando ci siamo coricati ci ho messo i miei vestiti; c’era il portafoglio, il cellulare!”.

I due ragazzi, che evidentemente capivano la lingua o avevano compreso la situazione dalla mimica, saltarono a terra e si misero a cercare sotto i loro materassi.

Le ridotte dimensioni dello scompartimento purtroppo non potevano che portare ad una sola conclusione: la borsa non c’era, qualcuno doveva aver sottratta mentre tutti dormivano.

“E ora?”, domandò Noemi, con gli occhi inumiditi dalla disperazione e le braccia serrate attorno al copro, come per proteggersi.

“Quando scenderà conviene fare denuncia di quanto ha smarrito – spiegò il controllore – Per quanto riguarda noi, sono obbligato a darle una sanzione”.

L’uomo estrasse un blocco di carta dalla valigia borsello in pelle che portava al collo e fece scattare una penna a sfera.

“Un documento, prego”, chiese.

Noemi spalancò gli occhi: “Non ho documenti, era tutto nella borsa!”.

L’uomo scosse la testa e fece una smorfia, come se avesse davanti una bambina dura di comprendonio

“Se non ha documenti, o si rifiuta di esibirli, eleverò la contravvenzione basandomi sui dati che lei mi darà, ma la avviso che sarò costretto a farla scendere a terra alla prossima stazione”.

“Come scendere a terra alla prossima stazione? Non vede in che stato sono? Dove siamo?”.

“La prossima stazione è Ascoli – rispose il controllore imperturbabile – Purtroppo lo stato in cui si trova lei non è un problema mio. Dovessi far viaggiare gratis tutti quelli che dicono di aver smarrito i documenti la compagnia andrebbe in rovina, e già si sta andando per altri motivi”.

“Ma suvvia, è evidente che la mia storia è vera! Secondo lei sono salita sul treno in biancheria intima?”, protestò animatamente Noemi.

“Io non sto facendo un processo a nessuno. Lei non ha il biglietto, io le devo fare la multa e accompagnarla a scendere. Quello che è successo non è un mio problema, io non mi occupo di sicurezza”.

Intervenne la signora: “Signore, è inutile che discutiamo. Lei faccia il suo lavoro, troveremo una soluzione”.

Rivolse a Noemi un sorriso materno e la ragazza si sentì subito rincuorata.

Non sapeva come, ma la donna forse avrebbe trovato una soluzione.

“Allora, sono settantaquattro euro di biglietto, più sanzione, più spese accessorie…”, l’uomo scribacchiò velocemente sul modulo ristampato, aggiunse le generalità che Noemi declamò e le porse la contravvenzione.

“E’ del novantaquattro, signorina….come mia figlia”, commentò.

La ragazza osservò il foglietto come fosse uno scorpione pronto a morderla.

“Io non so come pagare, glielo ha appena detto”, obiettò.

L’uomo alzò le spalle: “Io le ho notificato la sanzione; entro la prossima fermata, che sarà tra un’ora e venti, lei ha la possibilità di pagare, in difetto io sarò costretto a farla scendere. Anche con l’aiuto della forza pubblica se è necessario”.

Noemi si sentì invadere dal terrore.

Cosa le sarebbe successo, abbandonata in una stazione del centro Italia, senza un euro, senza un telefono e per di più anche senza vestiti?

Uno dei due ragazzi mormorò qualcosa alla madre in tedesco, la quale rispose nella stessa lingua.

Gli occhi di Noemi si riempirono di lacrime, ma in suo soccorso giunse la signora: “Lei vada, signor controllore. Ci mettiamo d’accordo noi, non si preoccupi”.

L’uomo si limitò ad annuire, quindi voltò le spalle e chiuse la porta.

“Non ci siamo ancora presentati, io sono Barbara – disse la donna porgendole la mano – Sono italiana, ma abito in Germania con la famiglia ormai da oltre venticinque anni. I miei figli capiscono poco l’italiano”.

Noemi le porse la mano e si presentò a sua volta.

“Dobbiamo essere pratici – disse la donna – Tu hai qualcuno che possa venire ad aiutarti in centro Italia? O alla tua destinazione?”.

Noemi scosse la testa e tirò su col naso. “In centro Italia sicuramente nessuno. A destinazione il mio ragazzo, ma non siamo d’accordo che venga a prendermi e come posso avvisarlo?”.

La donna estrasse un cellulare dalla borsa e glielo porse.

La ragazza sorrise, ma scosse la testa: “Ci ho già pensato, però non conosco a memoria il telefonino del mio ragazzo, lo compongono sempre dal cellulare”.

“Lo so, capita anche a me. Non c’è un telefono che tu conosca a memoria? I tuoi genitori?”.

Noemi scosse di nuovo la testa. “I miei genitori sono rimasti in Puglia, altre persone a cui rivolgermi non me ne vengono in mente”.

Si prese la faccia tra le mani e cominciò a singhiozzare.

La tedesca le accarezzò il capo e le disse: “Non preoccuparti, una soluzione ce l’abbiamo”.

Noemi smise di piangere e la guardò interrogativa.

La donna selezionò la calcolatrice dal telefonino: “Facciamo dei conti. Di biglietto e multa devi trovare cento euro. Sei senza vestiti: abbiamo la stessa taglia e io posso darti una tuta e un paio di scarpe che ti vadano bene, ma non posso farlo gratis. E le posso dare per cinquanta, e l’affare lo fai sicuramente tu perchè è roba bella. Quindi siamo a centocinquanta. Poi, una volta scesa in stazione, un taxi ti porterà a casa, e credo che una ventina di euro siano necessari in tutto fanno centosettanta, siamo d’accordo?”.

Noemi annuì, anche se non capiva in che maniera questi conti la stessero portando verso una soluzione.

Anzi, paradossalmente, la quantificazione delle spese che doveva affrontare la gettò ancora più nel panico.

“Io ho più di centosettanta euro nel portafoglio – disse Barbara – dobbiamo solo accordarci a che titolo io te li darò”.

Noemi sorrise: “Non c’è nessun problema: lei mi dà le coordinate del suo conto corrente e io le faccio un bonifico già domani. Lei riavrà i soldi subito”.

La tedesca sorrise scuotendo la testa: “Questa non è una soluzione. Io e te non ci conosciamo, sei carina e mi sei simpatica ma non ho nessuna garanzia che il bonifico lo farai e purtroppo non sei nella condizione di darmi nessun oggetto personale a pegno”.

Uno dei ragazzi si rivolse ancora alla madre, che lo zittì con poche parole.

“Io ho un accordo diverso da proporre – proseguì Barbara – Mi rendo conto che è inusuale, ma è l’unico che mi venga in mente”.

La donna abbassò leggermente il tono della voce, facendo intendere che le prossime parole dovevano rimanere confidenziali: “Approfitto del fatto che i miei figli non capiscono l’italiano per essere molto franca con lei. Io sono preoccupata per loro, perché temo che soffrano un certo ritardo sessuale”.

Noemi la guardò stupita, domandandosi come quella cosa entraasse in gioco in quel momento.

“Alla loro età, tutti i loro coetanei hanno già avuto esperienze di sesso loro invece no, e credo di non sbagliarmi se dico che possono a piacere a una donna, confermi?”.

Noemi lanciò una rapida occhiata a ciascuno dei gemelli (sarebbe bastato guardarne uno, rigore) e confermò.

Certo, non avrebbero mai riscosso il suo interesse, ma obiettivamente non potevano definire dei brutti ragazzi.

“Io voglio fare con loro quello che mio nonno fece con mio padre: pagare una donna affinché vada a letto con loro”.

“Non mi sognerei mai di pagare una prostituta per i miei figli, lo troverei squallido. Ma lei ha una fidanzato, è una ragazza normale, e poco fa ha detto che i miei figli non sono brutti. Lo veda come un incoraggiamento a farsi piacere i miei figli un po’ di più di quanto non le piacciano già ora”.

Noemi era esterrefatta, quella proposta le giungeva del tutto inaspettato, soprattutto da una donna come Barbara.

“Ovviamente io non la voglio forzare a fare nulla, lei è libera di rifiutare la mia proposta e cercare qualcun altro che in questo scompartimento le dia centosettanta euro entro un’ora e qualche minuto. Mi permetto di dubitare, però, che qualcuno sia così magnanimo da regalarle una cifra del genere in cambio di nulla, soprattutto se si presenta biancheria intima e con un corpo così sexy”.

Noemi riflettè sulle parole della donna.

Quante possibilità aveva, nel cuore della notte e su un treno, di trovare qualcuno che le desse una cifra del genere in cambio di nulla?

A meno che non avesse incontrato un conoscente – e le probabilità erano minime – praticamente nessuna.

Si parlava, a questo punto, di venire a patti con la sua coscienza.

Lo avrebbe detto al suo ragazzo? Sicuramente no. Era una persona intelligente e la situazione in cui lei in quel momento si trovava era estrema, ma non era il caso di saggiare quanto avrebbe saputo essre tollerante.

Come aveva detto Barbara, bisognava essere pratiche.

Avrebbe fatto quello che doveva, sarebbe andata a casa e si sarebbe fatta una doccia.

Dopo un sonnellino fosse quel ricordo sarebbe stato un po’ lontano e il tempo sarebbe venuta a patti anche.

Aveva ragione: non aveva alternative. Era stato senz’altro peggio quella volta che, circa due anni prima, era stata a letto con un suo insegnante per superare un esame.

In quel caso l’alternativa ci sarebbe stata- cioè studiare – mentre ora non avrebbe potuto fare diversamente.

“Sì, va bene” disse con lo sguardo basso.

 

 

Barbara disse qualcosa in tedesco ai due ragazzi, che si posizionarono ai lati di Noemi.

“Come funziona, tu resti qui?”, domandò con un certo stupore la ragazza a Barbara.

La tedesca annuì, quasi meravigliata: “Certo, mica posso passare tutto il tempo nel corridoio. Vestita così, poi…”.

Indossava solo una sottoveste che le arrivava una spanna sotto al bacino.

Noemi assentì, si liberò della coperta di carta con la quale era stata avvolta sino a quel momento, offrendosi agli sguardi dei suoi ospiti.

Sapeva di essere bella e sapeva anche che il completo di pizzo bianco sulla sua carnagione bronzea faceva sempre il suo effetto.

Anche la sua quarta di seno raramente passava inosservata, a maggior ragione con pochi vestiti addosso.

Il fratello di destra le poggiò una mano sulla coscia e cominciò ad accarezzarla, dopo poco imitato dall’altro ragazzo.

Noemi cercò di estraniarsi dalla situazione surreale in cui si trovava e si ripeté che di lì non molto sarebbe finito tutto.

“È come quando vai dal dentista – si disse – Sei spaventata nell’attesa, soffri sul lettino, ma alla fine paasa anche quello e dopo non ci pensi più”.

Il fratello di sinistra risalì con la mano e le accarezzò la pancia, quindi le piazzò le dita sul seno.

Noemi ebbe quasi un sussulto, e non fu facile non reagire.

Barbara disse qualcosa nella loro lingua e dopo un attimo la mano del fratello di sinistra le stava sganciando la chiusura del reggiseno.

La parte di sopra del suo completo le cadde sulle cosce, e subito le venne istintivo coprirsi i seni con le mani.

“Togli le mani”, ordinò subito Barbara.

Noemi le sollevò, quasi spaventata, e le appoggiò sul materasso dietro di lei, offrendo una visione ottimale del suo seno.

Le mani dei due ragazzi presero subito a palparla, affondando le dita quasi con violenza.

Sorprendentemente, i suoi capezzoli reagirono irrigidendosi.

Ora i due ragazzi la accarezzavano usando entrambi le mani, toccandole frequentemente il seno ma indugiando anche sulle gambe e sulla schiena.

Le carezze durarono meno di mezzo minuto, poi Barbara attirò l’attenzione di Noemi.

“Si tolga il perizoma, per cortesia”.

Concluse la frase gettando una veloce occhiata all’orologio, per sottolineare come ci fosse poco tempo e ancora parecchio da fare.

Noemi annuì, si mise in ginocchio sul materasso e abbassò anche l’ultimo indumento.

Lo spazio era poco e per potersi sfilare il perizoma dalle caviglie su costretta a mettersi a quattro zampe.

“Ecco, brava, resti così!”, le disse colpita Barbara.

La ragazza si congelò, immobilizzandosi in una posizione che la vedeva offrire il volto e il seno al ragazzo alla sua sinistra, la vagina e l’ano a quello di destra.

Barbara disse qualcosa in tedesco ai ragazzi, che prontamente reagirono sfilandosi la maglietta e i boxer.

Noemi dalla sua posizione non poteva che vedere solo uno dei ragazzi, ma notò come il membro fosse discretamente duro.

L’altro ragazzo, pur invisibile, si fece subito sentire passandole le dita tra le natiche e lungo la fessura delle grandi labbra.

Noemi si lasciò sfuggire un sospiro, mentre quelle dita continuavano ad esplorarla.

“Noemi, i miei figli sono due, e non ti pago affinchè sia tu a godere!”, la rimproverò Barbara.

La ragazza non fece alcun commento, ma allungò la mano verso il ragazzo di fronte a lei e gli strinse il pene.

L’organo sembrò reagire, così Noemi gli fece scorrere la mano lungo l’asta.

L’altro ragazzo, quasi si sentisse trascurato, allungò le mani e afferrò i seni della ragazza, e così facendo appoggiò l’inguine sul suo sedere.

Noemi poteva distintamente avvertire l’organo eretto premere tra le sue natiche.

“Noemi, lo faccia entrare”, ordinò la madre.

La ragazza non era ancora del tutto a suo agio con quella dinamica, ma non aveva alternative se non stare al gioco della madre.

Divericò le ginocchia in modo da agevolare la penetrazione del ragazzo, e dopo poco sentì il suo membro entrare dentro di lei.

Non lo aveva ancora visto, ma la strada che si aprì penetrandola le fece supporre che fosse di dimensioni tutt’altro che banali.

Come quello che teneva in mano e che stava continuando a stimolare.

“Ragazza, facciamo preferenze?”, le domandò Barbara.

Noemi si voltò, mentre il ragazzo dentro di lei prendeva a stantuffare.

“La bocca la usiamo solo per parlare?”, spiegò meglio la tedesca.

Noemi si limitò ad annuire, quindi si chinò aventi e accolse il pene del giovane tedesco nella sua bocca.

Sperava solo che venissero in fretta e finisse tutto.

 

“Ciao Noemi sono Barbara. E’ passato un po’ di tempo ma immagino ti ricorderai ancora di me (il treno). Mi troverò nella tua città per una breve sosta e mi piacerebbe vederti. L’incontro precedente è stato un po’ movimentato, e per questo motivo mi farebbe piacere prendere un caffè con te e conoscerti meglio. Se ti fa piacere rispondimi e ci metteremo d’accordo. Saremo solo io e te, i miei figli sono in Germania.Baci”.

Noemi, seduta alla scrivania, fissò il pop up di Facebook torcendosi le mani.

Dopo tanto tempo non si aspettava di essere contattata da quella donna.

Cosa voleva rispondere?

Erano passati parecchi mesi, l’incontro con Barbara e i suoi figli risaliva all’estate precedente, ed ora erano in primavera inoltrata.

Erano cambiate molte cose, per altro, e fose anche quanto capitato nel treno aveva concorso nel farle cambiare.

Aveva ripensato molte volte a quell’episodio e non le sarebbe dispiaciuto parlarne con lei, preferibilmente in un contesto più tranquillo e meno surreale di quello in cui si erano conosciute.

Premette il tasto “rispondi” e scrisse di getto: “Mi farebbe piacere incontrarti. Dove e quando?”.

La risposta arrivò dopo pochi minuti: si sarebbero viste il pomeriggio successivo in un bar che Noemi conosceva bene, uno dei più rinomati del centro.

Non le sarebbe successo nulla in un bar, no?

Barbara, per altro, non le aveva mai dato la sensazione di essere una persona pericolosa.

Certo, la proposta che le aveva fatto in treno era parecchio border line, ma era stata comunque lei ad accettare, e per certi versi gliela aveva fatta per aiutarla.

Un caffè non le avrebbe fatto male, anche solo per vedere qualcuno e per svagarsi un po’.

 

Noemi si presentò all’appuntamento con una decina di minuti di anticipo e ingannò l’attesa guardando le vetrine nei dintorni.

Le sarebbe piaciuto poter acquistare qualcosa, così come le sarebbe piaciuto presentarsi all’appuntamento vestita più elegante, ma le sue finanze in quel momento non le permettevano nulla di più che un paio di jeans e una camicetta di Zara.

Guardò verso il bar e vide che proprio in quel momento Barbara si stava accomodando ad un tavolino nel dehors.

Era molto elegante, con un tajer pantalone color crema e un vistoso paio di occhiali da sole.

Noemi si affrettò e la raggiunse al tavolino proprio mentre sopraggiungeva anche il cameriere.

Ordinarono due caffè e rimasero qualche secondo a guardarsi mentre il cameriere si allontanava, poi Barbara si sporse verso la ragazza e le stampò un bacio sulla guancia.

“Mi fa piacere che ti abbia accettato l’invito – le disse – Ci tenevo a rivederti e volevo che tu avessi di me anche un ricordo normale”.

Noemi sorrise.

“Anche per me. Non ti nego quanti sia stata surreale quell’esperienza, anche io sono diversa da una che si…ehm…concede a degli sconosciuti per denaro”.

“L’avevo certamente capito, non sarei qui se no. Come va con il tuo fidanzato? Vi sposerete?”.

Noemi abbassò lo sguardo e scosse la testa.

“No. Cioè, non è più il mio fidanzato, ci siamo lasciati. Cioè, lui ha lasciato me”.

Trasse un sospiro, cercando di apparire meno afflitta.

Il cameriere depositò due caffè davanti a loro.

“Oh, tesoro, mi spiace, non volevo farti stare male”, commentò Barbara sinceramente affranta.

“Non importa. Ho commesso l’errore di farmi sfuggire qualcosa a proposito del viaggio in treno e non ha apprezzato”.

Prese il caffè e lo bevette con un solo sorso, cercando così di mascherare l’espressione mesta sul suo viso.

Barbara rimestò con il cucchiaino e sorseggiò la sua bevanda.

“Mi dispiace, mi sento responsabile”, disse.

“No, non è colpa tua. Senza di te mi sarei trovata seminuda nel cuore della notte in una stazione sperduta del centro Italia”, ribatté Noemi.

“Allora, se non posso cambiare le cose, ti tirerò su il morale – annunciò la donna posando la tazzina – E cosa c’è di più terapeutico di un po’ di shopping?”.

Noemi scosse la testa.

“E’ un momento no, Barbara. Non posso permettermi nulla, io sono ancora una studentessa”.

La donna sorrise.

“Non ho mica detto che devi pagare tu. Sei triste e mi dispiace di questo, voglio vederti sorridere”.

Noemi rimuginò per qualche secondo.

E’ vero che Barbara non aveva colpe di quanto capitato a lei, ma se insisteva così tanto per pagare, perché non approfittarne?

La donna non aveva sicuramente problemi di soldi.

“Guarda che accetto”, le disse Noemi sorridendo.

“Mi fa piacere. Tu sei bella, ma questi jeans e questa camicetta non ti valorizzano per nulla. Ho visto un negozio qui dietro niente male, andiamo!”.

Lasciò una banconota sul piattino, prese la borsa e si alzò in piedi.

“Andiamo! Diamo un senso a questa giornata!”.

 

Stazionarono davanti alla vetrina per qualche minuto, rimirando i modelli esposti su manichini.

“Quello è molto bello”, disse Barbara indicando un vestito.

Era molto semplice, nero, molto corto e con un’ampia scollatura sulla schiena.

“Un po’ ardito per me”, commentò Noemi.

“Ardito? Avessi io le forme che hai tu me lo comprerei subito. Starai benissimo!”.

La prese per mano e varcarono assieme la soglia del negozio.

Vennero accolte da un commesso barbuto che, a dispetto dell’aspetto molto virile, quando aprì bocca tradì subito la sua natura gay.

Barbara le indicò il modello in vetrina, l’uomo squadrò Noemi e, senza chiederle la taglia, prelevò il vestito da un ripiano.

“Ti starà benissimo, tesoro. Con un fisico come il tuo staresti bene con tutto. Tranne questi jeans cheap, ovviamente”.

Porse il modello alla ragazza e le indicò con una mano il camerino.

Noemi si liberò dei vestiti e si fece scivolare l’abito addosso.

Era bellissimo e le stava molto bene, anche se non aveva mai indossato nulla di così audace.

La gonna terminava poche dita sotto il suo inguine e lo spacco sulla schiena la scopriva quasi completamente; sul davanti un taglio molto fasciante metteva in evidenza il seno, un po’ troppo rispetto al suo solito stile.

Aprì la tenda del camerino, dietro la quale Barbara e il commesso la stavano aspettando con impazienza.

“Tesoro, stai benissimo! – le disse il commesso con entusiasmo un po’ artificioso – Solo un dettaglio…”.

Noemi lo guardò interrogativa.

“Il reggiseno, amore mio. Questo modello va indossato senza, soprattutto da chi ha un seno bello come il tuo”.

Barbara annuiva.

“Ha ragione, toglietelo”, le disse.

Noemi si voltò e fece per rientrare in camerino, ma Barbara la fermò con la voce.

“Toglitelo qui. Tanto siamo solo noi”.

Noemi la guardò, ma lo sguardo della donna sembrava molto deciso.

“Paga lei – pensò – Poi tanto questo qui è gay….”.+

Con lentezza si abbassò le spalline e, con un po’ di titubanza, si liberò del reggiseno.

Cosa sarebbe successo se fosse entrato qualcuno in quel momento?

Il ragazzo – gay o non gay – le fissava il seno apertamente; Barbara le sorrideva.

Indossò nuovamente il vestito e si guardò allo specchio.

Si vedevano i capezzoli attraverso la stoffa.

“Girati su te stessa”, le chiese il commesso.

La ragazza eseguì e il ragazzo si produsse in un fischio leggero.

“Ora stai molto meglio”, osservò.

Barbara stava storcendo la bocca.

“No so, non sono pienamente convinta – disse – Non ti pare che si veda un po’ troppo il segno delle mutandine?”.

Il ragazzo annuì, forse più per l’imbeccata di Barbara che per autentica convinzione.

“Forse sì”.

“Toglitele, vediamo come stai”, le intimò Barbara.

Noemi fece un sospiro, infilò le mani sotto al vestito e abbassò rapidamente le mutandine.

Andava bene tutto, ma non voleva mostrare le sue intimità al commesso.

Si aggiustò l’abito sui fianchi e mise le mani sui fianchi.

“Così è molto meglio – disse Barbara convinta – Più lineare, più elegante….”.

Anche il commesso annuì, forse solo per accontentarla.

Le passò una mano sul fianco, come per saggiare l’assenza degli elastici.

Con la punta delle dita le passò lungo la linea del gluteo.

“Molto meglio”, confermò.

“Bene, lo prendiamo – annunciò la donna – Niente in contrario se lo tiene su, immagino”.

“No, certamente no”, disse il commesso.

Prese una busta con la griffe del negozio, vi depositò i vestiti che Noemi si era tolta e vi unì anche gli indumenti intimi; quindi strisciò la carta di credito di Barbara.

Attese qualche secondo, restituì la carta alla donna e salutò entrambe augurandosi di vederle di nuovo.

Noemi non aveva notato il prezzo, ma certamente era di qualche centinaia di euro.

Uscirono in strada e Noemi sentì subito una brivido correrle lungo la schiena.

Forse era la schiena nuda, forse la novità di essere per strada con un abbigliamento così succinto.

Solo al mare si vestiva meno, e comunque anche in quel caso la biancheria intima la portava.

“Come ti senti?”, le chiese Barbara, forse intuendo i suoi pensieri.

“Bene. Cioè, un po’ strana, di solito non porto cose così corte”.

“Stai benissimo tesoro. Hai visto anche il commesso come ti guardava”.

“Sì, certo. Però quello era gay, non faceva male”.

Barbara rise.

“Quello non è gay, mentre ti cambiavi mi ha fatto vedere le foto delle figlie”.

Noemi arrossì, consapevole solo in quel momento di essersi esposta agli occhi di qualcuno che l’aveva guardata forse con desiderio.

“Non imbarazzarti – la schernì Barbara – Sei bella, fossi io fatta come te mi farei guardare da tutti!”.

“Comunque è un vestito molto bello – disse Noemi – Non so come ringraziarti”.

“Non devi ringraziarmi – ribadì Barbara – Tuttavia, se proprio vuoi fare qualcosa per me, un’idea ce l’avrei”.

“Certo, tutto quello che vuoi”.

“Dammi un bacio”.

Noemi rimase un attimo interdetta. Che tipo di bacio voleva Barbara?

“Vuoi un bacio….appassionato?”, domandò.

“Certo. Un bacio sulla guancia credo me lo daresti anche gratis, no?”.

Noemi annuì.

Chiuse gli occhi e posò le sue labbra su quelle di Barbara.

La donna schiuse le sue e la ragazza sentì la lingua penetrare nella bocca.

Le braccia di Barbara la circondarono e lei fece lo stesso.

Le loro lingue si intrecciarono per qualche secondo, anche i loro respiri si allinearono, poi l’abbraccio si sciolse.

Barbara sorrideva.

“Allora, ti ho traumatizzata?”.

Noemi scosse la testa.

“No. Cioè, non me lo aspettavo, ma non è stato un trauma. Strano, ma mi è piaciuto”.

“Era la prima volta per te?”.

“Sì. Per te?”.

Barbara si limitò a scuotere il capo.

“Ora dobbiamo provvedere ad un’altra cosa”, disse.

“Cosa?”.

La donna indicò le scarpe da ginnastica ai piedi di Noemi.

“Con tutto il rispetto, ma non si possono vedere. Seguimi”.

 

 

Barbara guardò nuovamente l’ora, questa volta per sincerarsene veramente.

Tutto voleva fuorchè che il controllore entrasse nuovamente nello scompartimento e assistesse a quella scena.

C’era ancora tempo, per fortuna, anche se riteneva che tutto avrebbe dovuto già essre finito da parecchio.

Davanti a lei Noemi sembrava aver abbandonato le titubanze iniziali e si stava guadagnando i suoi soldi.

Karl, il figlio dietro di lei, la stava penetrando con vigore, e la ragazza non stava risparmiando le energie con Oliver, quello davanti a lei.

Si stupiva, piuttosto, che dopo venti minuti i due ragazzi non fossero ancora venuti.

Non era stata una scusa, i due ragazzi erano veramente poco abituati alle donne, e una bella fanciulla come Noemi avrebbe dovuto farli venire anche solo accarezzandoli, figuriamoci facendo quanto stava facendo in quel momento.

Era proprio bella Noemi.

Guardò la forma del suo corpo, morbida ma senza un etto di troppo; la pelle ambrata e i capelli neri, come non ne vedeva molti nella Germania del nord.

L’aveva adocchiata subito la sera prima, quando si erano messe a dormire, e le aveva nascosto la borsa solo per far sì che, il mattino dopo, ci mettesse un po’ a rivestirsi e potesse ammirare il suo corpo seminudo più a lungo, poi le cose erano degenerate.

La guardò ancora.

I grandi seni stavano sbattendo sul materasso, mentre Karl la stringeva per i fianchi.

Era da un paio di anni che Barbara aveva scoperto la sua vena bisessuale, da quando aveva passato una settimana in Grecia ad un corso di formazione dividendo la stanza con la sua collega polacca Agata.

Aveva in principio taciuto l’episodio al marito, poi un paio di messaggi incautamente lasciati sul telefonino avevano fatto cadere il muro di mistero, e così da quel momento lei e il marito facevano vacanze separate.

Anche Agata si era dileguata, ovviamente, felicemente fidanzata con la sua Angela da anni.

Sentì qualcosa muoversi nella pancia e istintivamente portò una mano al seno.

Il capezzolo era duro.

Fossero state solo lei e Noemi ora sarebbe stata lei a sentire la sua lingua tra le gambe, altro che il figlio.

Si sfilò la sottoveste, rimanendo in mutandine.

Gli altri avevano tutti gli occhi chiusi, e poi alla fine chissenefrega.

Prese ad accarezzarsi entrambi i seni.

 

Noemi non ce la faceva più.

Le piaceva il sesso e quella situazione la stava anche intrigando, ma aveva la sensazione che qualcosa non andasse.

Sentiva i due ragazzi dentro di lei e sentiva che non erano in piena erezione, soprattutto quello che stava stimolando con la bocca.

Certo, la situazione non era normale e poteva starci una certa agitazione, ma non alla loro età e soprattutto dopo venti minuti di “lavoro”.

Noemi sapeva di essere bella, era la prima volta faticava a fare venire qualcuno.

Inarcò il corpo e aumentò il ritmo, desiderosa di finire in fretta.

Oltre a tutti i casini in cui si trovava, le rimaneva solo da farsi beccare in quella situazione dal controllore.

Ormai stava sudando e sentiva indolenzimento alla schiena e al collo.

Forse avrebbe dovuto proporre ai ragazzi di scambiarsi?

Avrebe potuto essere una buona idea, ma forse avrebbe fatto bene a parlarne con Barbara.

Si voltò verso la donna e notò che, nel frattempo, anche lei si era liberata dei vestiti.

Era nuda, seduta sul lettino e stava guardando proprio lei, mentre con la mano destra si sfiorava tra le gambe.

Noemi si fermò, stupita della situazione.

 

Barbara sognava che la lingua di Noemi le stesse titillando il clitoride, e nel frattempo faceva da sola.

Immaginava un grande letto, le finestre aperte alla primavera e loro due nude ad abbracciarsi.

Era molto eccitata, sarebbe venuta prima dei figli.

Vide che Noemi la stava guardando e si era fermata.

“Continua”, le disse muovendo solo la bocca.

La ragazza riprese a muoversi, tenendo gli occhi aperti.

Barbara continuava a reggere lo sguardo.

“Ti voglio”, le disse ancora silenziosamente, dubitando però che Noemi avesse capito.

Era prossima all’orgasmo, quando sentì la voce di Karl.

“Mamma”, disse semplicemente, in una delle poche parole italiane che usasse correntemente.

Anche Oliver aprì gli occhi, e entrambi si misero a fissare la madre, in un intricato gioco di sguardi in cui anche le due donne continuavano a guardarsi.

Il primo a venire fu Karl, imitato dal gemello dopo pochi secondi.

Noemi non fece in tempo a registrare il fiotto di sperma che la riempiva sia da dietro che da davanti, che venne anche lei.

Fu un orgasmo lungo, procurato probabilmente dalla lunga frizione.

La ragazza aprì la bocca, lasciò che il pene di Oliver – appena scaricato – ne uscisse e lasciò che il suo godimento si esprimesse con un lungo gemito.

Era così scossa dall’orgasmo che non sentì che anche Barbara, a un metro da lei, stava venendo a sua volta.

 

“Questo è per il biglietto, e questo per la sanzione”, disse Noemi porgendo il denaro al controllore.

L’uomo contò le banconote, appose una sigla sulla contravvenzione e la consegnò a Noemi.

La ragazza indossava la tuta e le scarpe di Barbara; era leggermente aderente, ma non faceva una brutta figura.

I due ragazzi dormivano, forse provati dall’attività fisica di poco prima.

Il controllore augurò un buon proseguimento e chiuse la porta.

“Sono lieta che tutto si sia aggiustato”, disse Barbara, usando un’espressione fin troppo formale in riferimento a quanto appena accaduto.

“Sì, anche io. È stato tutto molto sorprendente”, rispose Noemi.

“E’ stato difficile?”.

La ragazza più giovane scosse la testa.

“Prima di iniziare non pensavo che ce l’avrei fatta. Ma durante mi sono divertita”, ammise.

Calò il silenzio tra di loro.

“Senti, ho una proposta da farti”, disse finalmente Barbara.

“Dimmi”.

“Tra circa un mese, sarò nuovamente in Italia. Vorrei vederti, solo io e te”.

Noemi non rispose.

“Un pomeriggio, in hotel a mio carico. Alla cifra che ti ho dato oggi”, rincarò.

“Barbara, tu sei stata gentile, ma io non sono sicura che sia una buona idea”, protestò Noemi.

“Al doppio”, rilanciò la donna.

“Io…non lo so”, rispose Noemi, le cui resistenze si stavano abbassando.

“Non devi dirmi nulla ora. Devi solo darmi il tuo numero di telefono e ne parleremo quando ti chiamerò”.

La ragazza annuì e recitò il proprio recapito telefonico, che la tedesca trascrisse sul suo smartphone.

“Ora ti mando un messaggio, così hai il mio numero, per qualunque cosa”.

Premette il tasto di invio e dopo un istante Noemi sentì una vibrazione provenire da sotto il sedile.

Incuriosita sollevò il cuscino e trovo la sua borsa.

“Ecco dove era! – esclamò – Tutto sto casino ed era qui!”.

Come poteva essere finita lì.

Estrasse il portafoglio e ne prelevò alcune banconote.

“Non scherzare, ti sei guadagnata quel denaro – le disse Barbara – Così come ne puoi guadagnare altro tra un mese”.

La donna svegliò i ragazzi e prese il suo bagaglio.

“Noi scendiamo. Spero di rivederti”, le disse.

Si chinò e appoggiò le labbra a quelle di Noemi, che ricambiò il bacio.

“Un pomeriggio solo io e te”, rimarcò.

I ragazzi la salutarono educatamente, come fosse stata una cordiale compagna di viaggio, e uscirono.

Noemi prese il telefonino, inserì le cuffie e fece partire un brano.

Era Alanis Morrissette.

“I’m a bitch, I’m a lover, I’m a child, I’m a mother…”

 

 

 

 

Percorsero a piedi un paio di isolati.

Noemi compì i primi metri piena di imbarazzo.

I capezzoli quasi le facevano male tanto erano duri, e lo sfregamento sulla stoffa del vestito era piacevole e terribile allo stesso tempo.

Per di più aveva l’impressione che tutti potessero notare l’assenza della sua biancheria intima e doveva combattere contro l’istinto che le avrebbe fatto portare le mani all’altezza dell’inguine.

“Noemi, non ti nota nessuno. Ma se metti le mani in quella maniera tutti ti guarderanno”, la rimproverò Barbara.

Con sforzo la ragazza si impose una posizione più naturale.

Camminarono in silenzio per qualche minuto, poi si fermarono di fronte ad un negozio di scarpe.

Barbara entrò decisa e Noemi la seguì, ancora intimidita dalla sua mise.

La donna le disse di aspettare e puntò verso un commesso, con il quale parlò per qualche secondo indicando alternativamente lei e un paio di scarpe. Dopo qualche scambio di battute il commesso annuì, quindi Barbara tornò da Noemi.

“Ho visto un paio di scarpe da impazzire, ti andranno benissimo! – disse sorridendo – Ho già parlato con il ragazzo e ci siamo messi d’accordo per il pagamento, ora vai da lui e misurale”.

Noemi la ringraziò e procedette verso il commesso.

Era un ragazzo più o meno della sua età, con un filo di barba, fisico palestrato e un tatuaggio che faceva capolino dalla manica.

“Prego, accomodati”, le disse indicando uno sgabello con la mano.

Noemi prese posto, mentre il ragazzo prelevava una scatola da un scaffale.

“Un 38, giusto?”, chiese dopo un’occhiata professionale ai piedi di Noemi.

La ragazza annuì.

L’uomo depositò una scatola sul pavimento e estrasse la scarpa destra.

Era un magnifico sandalo, con un vertiginoso tacco dorato.

“Posso?”, chiese il ragazzo indicando il piede destro della ragazza.

Noemi non rispose, ma lasciò che il commesso le sfilasse la scarpa da ginnastica.

Le denudò il piede con un movimento molto lento e sensuale, e sfilandole la scarpa le passò un dito – apparentemente in maniera casuale – sotto la pianta.

La ragazza rabbrividì, forse per il solletico o forse per eccitazione.

Solo in quel momento si chiese se il commesso, inginocchiato davanti a lei, potesse capire che era senza mutandine.

“Misuriamo anche l’altra”, le disse lui, distogliendola dai suoi pensieri.

Noemi gli porse il piede sinistro, lasciandosi sfilare la scarpa.

Anche in questo caso il dito di lui l’accarezzò, fugando i dubbi sull’intenzionalità del gesto.

Le calzò anche l’altro sandalo e la esortò ad alzarsi.

“Ti stanno molto bene. Vieni a vederti meglio”.

Le prese la mano e la guidò verso uno specchio poco distante.

Noemi si ammirò, non riuscendo a trattenere una sommessa esclamazione di sorpresa.

Non sembrava neppure lei: i tacchi la slanciavano e mettevano in risalto il polpaccio tornito, il vestito evidenziava le sue forme generose.

Notò come i suoi capezzoli attraverso la stoffa stessero trandendo quanto le piaceva.

“Ti piacciono?”, le chiese il commesso.

“Molto, sono bellissime. Posso tenerle su?”.

“Certo. Però forse è il caso che parli con la tua amica”.

Noemi guardò verso Barbara, la quale stava ammirando un paio di stivali.

Si avvicinò alla donna.

“Ti stanno molto bene”, le disse Barbara.

“Mi piacciono molto – confermò Noemi – Però il ragazzo mi ha detto di venirti a parlare, non so cosa intendesse”.

“Gliel’ho detto io. È per metterci d’accordo per il pagamento”.

Noemi rimase interdetta.

“Avevo capito volessi pagare tu. Mi spiace, ma io sicuramente non posso permettermi delle scarpe così belle”, disse con una nota di tristezza.

“Hai capito bene, sarò io a pagare. Ma se tu le vuoi, devi scoparti quel ragazzo”.

Noemi rimase a bocca aperta.

“Il commesso, dici? Ma come potrei? Non so neppure se lui vuole…”, balbettò.

“A parte che chiunque ti scoperebbe – le disse Barbara – con lui sono già d’accordo. Se ti piacciono le scarpe puoi averle, basta farti scopare da lui. E, detto tra noi, non mi pare un compito così ingrato”.

Noemi guardò verso l’argomento della loro conversazione, che a sua volta le stava fissando.

Sorrise quando si vide osservato.

Barbara aveva ragione, era un bel ragazzo e un pensiero su di lui Noemi l’avrebbe fatto anche senza nessuna posta in palio.

Non disse nulla e si incamminò verso di lui.

Gli porse la mano.

“Ho parlato con la mia amica – disse – Per me va bene”.

L’uomo annuì soddisfatto, quindi le prese la mano e alzò la voce, rivolgendosi all’uomo che stava alla cassa.

“Enzo, vado un attimo in magazzino a controllare se abbiamo il numero”.

Il modo con cui l’aveva detto suggerì a Noemi come quella fosse una specie di frase in codice.

Enzo lo guardò appena e annuì, tornando subito dopo a concentrarsi sul telefonino.

Il ragazzo si incuneò attraverso gli scaffali e aprì una porta sulla quale era affisso il cartello “STAFF ONLY”.

Penetrarono in quello che effettivamente era un magazzino, ingombro di scatole e di scaffali, ma il ragazzo lo attraversò, puntando verso un’altra porta, questa volta senza contrassegni.

All’interno c’era una stanza molto più piccola, con una televisione, una cassettiera e una branda con un materasso beige.

“Capita spesso di scoparvi le clienti? – non si trattenne Noemi – E’ per questo che tu e il tuo amico Enzo avete preparato questa stanza?”.

Il ragazzo sorrise.

“No. Abbiamo allestito questa stanza qualche anno fa, quando abbiamo subito un tentativo di furto e abbiamo organizzato dei turni di guardia. Poi è rimasta così”.

Noemi spostò il peso da un piede all’altro, nervosa.

“Spogliati, non posso lasciare il negozio vuoto”.

La ragazza annuì e sollevò il vestito, scoprendosi dalla vita in giù.

Il commesso fischiò.

“Senza intimo? Molto eccitante. Inginocchiati sul materasso”.

Noemi si sentiva ora veramente una sgualdrina, ad alzarsi il vestito su un materasso pulcioso, ma eseguì l’ordine.

Poggiò le ginocchia sulla branda e, con il vestito che le si raccoglieva attorno ai fianchi, allargò le gambe.

Sentì il suono metallico della cintura del ragazzo che veniva slacciata e i pantaloni che si abbassavano, quindi le sue mani che le stringevano i fianchi.

Un attimo dopo il suo pene entrava dentro di lei, con un impeto nuovo per lei.

Il suo ex era sempre stato molto dolce, e le sfuggì un lamento.

“Sta zitta, che si sente da fuori!”, le intimò il commesso.

Noemi si morse il labbro inferiore per non urlare e sperò che il ragazzo finisse in fretta.

Il suo bacino continuava a cozzare contro il coccige di lei come se volesse farle male e le unghie le incisero la pelle all’altezza dei fianchi.

Per fortuna venne dopo poco – a non più di cinque minuti dall’inizio – e si sfilò subito.

Noemi non era venuta ma al ragazzo non sembrava importare.

“Dai, vestiti che dobbiamo tornare di là”, le disse tirandosi su i pantaloni.

Noemi si limitò a far scorrere nuovamente il vestito lungo i fianchi.

Tutto quanto era appena capitatao le sembrava il film di un rapporto tra un ragazzo e una puttana, a partire dalla location e continuando con l’abbigliamento di lei.

Tornarono rapidamente nel negozio, dove nel frattempo erano entrate altre due donne che si stavano aggirando tra gli scaffali.

Il ragazzo recuperò la scatola nella quale aveva riposto le vecchie scarpe di Noemi e gliela porse.

“Grazie signora, spero di rivederla presto”, disse a voce troppo alta per non suonare artificiosa.

Noemi si accostò a Barbara, che la interrogò con lo sguardo.

“Fatto tutto – la rassicurò – Una schifezza, ma le scarpe sono bellissime”.

“Questo è quello che conta”, commentò la donna estraendo la cartaa di credito.

Pagò l’articolo e uscirono nuovamente in strada.

“Sarai stanca ora – le disse passandole una mano sulla guancia – Vieni in hotel da me, così ci mettiamo comode”.

 

 

 

Barbara attraversò la hall dell’albergo seguita da Noemi ad un metro di distanza.

La donna aveva preso stanza in uno degli alberghi più antichi e prestigiosi della città, uno di quelli che Noemi aveva tante volte ammirato all’interno senza aver mai l’ambizione di soggiornarvi.

Barbara si avvicinò al bancone della reception, scambiò qualche parola con l’uomo in uniforme, ritirò la chiave e tornò verso Noemi.

Con l’ascensore arrivarono al terzo piano, e di lì alla camera 315.

La stanza era elegante come il resto dell’albergo, e Noemi non poté non domandarsi quanto potesse costare una notte in quel posto.

La porta si affacciava su un salotto arredato con un set di divano e poltrone in velluto; poco più in là si vedeva la stanza da letto, abbondantemente illuminata da una vetrata che dava sul giardino.

“Prendo sempre la suite – spiegò Barbara, anche se nessuna domanda era stata formulata – perché non mi piace ricevere gli ospiti nella stessa stanza in cui dormo. Mi pare poco elegante”.

Si avvicinò ad una poltrona e vi si sedette.

“Ora vorrei ammirarti un poco”, disse alla ragazza.

Noemi incrociò le braccia sul petto, non capendo cosa volesse la donna da lei.

Barbara si mise a ridere.

“Ho detto che voglio ammirarti e ti coprì il seno? Togliti il vestito, che oggi ti hanno ammirata in tanti tranne la sottoscritta”.

Noemi abbassò le spalline del vestito.

L’abito le si raccolse lungo i fianchi, e le bastò assecondare il movimento con i pollici per farlo scivolare sino a terra.

Era passato meno di un minuto da quando erano entrate nella stanza ed era già nuda, ad eccezione delle scarpe.

“Sei bellissima, ragazza mia. Non capisco come possa il tuo ragazzo aver lasciato uno splendore come te”.

Noemi stava per incrociare nuovamente le braccia, quando si ricordò della rimprovero di poco prima e le lasciò cadere lungo i fianchi.

Barbara prese il telefono e lo puntò verso di lei.

“Se non ti spiace – disse – vorrei portarmi a casa un qualche ricordo di te”.

Noemi non fece in tempo ad esprimere un eventuale dissenso che senti subito il suono della macchina fotografica.

“Non rimanere impalata come un asparago, muoviti un poco!”, le disse Barbara.

Noemi non era normalmente a suo agio neppure quando le scattavano le foto al compleanno, meno che meno lo era in quel contesto, ma ricordava la generosità della donna e si sforzò di apparire naturale.

Sorrise, si ravviò i capelli con le mani e fece qualche passo davanti a Barbara, come se fosse in corso una sfilata di moda.

Dal telefonino della donna arrivò il suono di diversi scatti in sequenza che immortalarono ogni movimento di Noemi.

Dopo la ventina di scatti, si udì un suono di nocche provenire dalla porta.

“Deve essere il ragazzo del servizio in camera – disse Barbara – non badarci, continua a fare quello che stai facendo”.

Contravvenendo all’ordine Noemi si bloccò, mentre la porta si apriva lentamente.

Un uomo di colore entrò spingendo un piccolo carrello, ma si immobilizzò per lo stupore quando vide che Noemi era nuda in mezzo alla stanza.

“Lasci pure il carrello vicino al divano. Anzi, me ne versi un bicchiere per cortesia”, gli chiese Barbara.

L’uomo non fece alcun commento e si attenne alle disposizioni di Barbara, anche se non staccò mai gli occhi da Noemi durante le operazioni.

Versò un calice di vino bianco e lo porse a Barbara.

“Con la mia amica stiamo giocando alla sfilata di moda senza vestiti – spiegò Barbara prendendo il calice – se vuole giocare con noi e scattare anche lei qualche foto è il benvenuto”.

Come per spiegare meglio il concetto, Barbara sollevò ancora il telefonino e scattò un paio di foto a Noemi.

“È bella la mia amica, vero?”.

L’uomo annuì: “Sì, è veramente una bella ragazza. È molto interessante il gioco che state facendo”.

Parlò completamente senza accento, a dispetto del suo aspetto esotico.

“Non faccia complimenti se vuole scattare anche lei qualche foto – ribadì Barbara – così poi le manda ai suoi amici, le potete poi vedere con calma”.

Noemi ebbe un senso di disagio quando pensò a quell’uomo intento a scambiare le sue foto con gli amici, ma rimase in piedi senza dire nulla.

Il cameriere estrasse il telefonino dalla tasca e poggiò un ginocchio a terra, cercando nel visore la migliore inquadratura.

Per alcuni minuti Noemi si trovò presa tra i due obiettivi e non poté far altro che ruotare su se stessa, muoversi, sorridere una volta ad una fotocamera, una volta all’altra.

Era capitato qualche anno prima che il suo fidanzato le avesse scattato delle foto senza veli, ma ricordava quell’esperienza con estremo disagio.

Ora, invece, la cosa la stava eccitando.

Se Barbara e il cameriere volevano avere delle sue foto telefonino non era un problema suo. Sapeva di avere un bel fisico, era carina, e si stava divertendo.

Dopo una dozzina di scatti il cameriere si mise nuovamente in posizione eretta.

“Continuerei volentieri – disse – purtroppo temo di avere da lavorare”.

Barbara annuì, poi aprì la borsetta e fece un’espressione contrariata.

“Purtroppo non ho spiccioli. Noemi, ti dispiace fare un pompino al signore per ringraziarlo di averci portato il vino?”.

La ragazza fu sorpresa dalla naturalezza con la quale Barbara aveva parlato.

“Barbara, sei sicura…”.

“Di solito faccio sempre attenzione ad avere almeno un dieci euro da parte, ma devo averli spesi senza accorgermene. Non farmi fare la figura di quella ingrata, per piacere. Lo farei io ma tu sei sicuramente più gradita”.

Noemi guardò verso il ragazzo, la cui espressione tradiva un misto di incredulità e divertimento.

Si accostò all’uomo e si inginocchiò.

Guardò ancora verso Barbara, la quale ebbe un moto di impazienza: “Dai, che dobbiamo ancora fare tante cose di oggi. Non sarà mica la prima volta, no?”.

Noemi non rispose a quella domanda – che per altro non necessitava risposta – e slacciò la cintura dei pantaloni dell’uomo.

Abbassò i pantaloni e boxer, scoprendo un membro già decisamente turgido.

Talvolta le era capitato di fantasticare sull’avere rapporti con un uomo di colore, ma non aveva mai raffigurato quel tipo di situazione.

Aprì la bocca e accolse il pene dell’uomo.

Non appena le sue labbra si chiusero sull’asta, sentì il membro irrigidirsi ulteriormente.

Con una mano con le dita accarezzò lo scroto, mentre con l’altra mano impugnava la base del pene.

Cominciò a descrivere un movimento a stantuffo con le labbra, mentre all’interno, con la lingua, blandiva ulteriormente l’organo.

Alzò lo sguardo sul ragazzo e vide che aveva gli occhi chiusi.

Con la coda dell’occhio le parve di vedere Barbara che riprendeva la scena con il telefonino, ma scelse di non approfondire.

Aumentò il ritmo, cercando di leggere le reazioni dell’uomo.

Il respiro era affannato, sembrava piacergli.

Cercò di stimolarlo ulteriormente con la punta delle dita, allargando il raggio di azione anche al perineo dell’uomo.

Sapeva essere quella una zona piuttosto sensibile, anche se parecchi ragazzi non apprezzavano quel tipo di attenzione.

Evidentemente non era il caso di quell’uomo, che accolse il fuori programma con un ulteriore mugolio.

Cambiò ancora il ritmo, rallentando la frequenza ma facendo in modo che le sue labbra scorressero lungo l’intera lunghezza del pene.

La variazione della stimolazione evidentemente generò un’ulteriore scarica di piacere nel corpo del ragazzo, che spalancò la bocca e prese ad emettere una sorta di gorgoglio.

“Sto per venire…”, disse con voce più profonda di prima.

Noemi gli strinse ancora la base del pene, e dopo pochi secondi sentii un getto caldo colpirle il palato.

Continuò a stimolarlo fino a quando continuò a venire, quindi fece scorrere un’ultima volta le labbra lungo la lunghezza, deglutì e gli sorrise.

L’uomo sembrava fisicamente provato dall’esperienza e, a giudicare dall’odore, doveva anche aver sudato.

Si chinò, si tirò su boxer e pantaloni e sorrise.

“Grazie mille, se avete bisogno ancora di qualcosa sono a vostra disposizione”.

Questa formula, probabilmente uno standard dopo aver ricevuto una generosa mancia, suonava piuttosto grottesca in quel contesto.

Barbara lo accomiatò con un cenno del capo, l’uomo aprì la porta e uscì in corridoio.

“Ora direi che possiamo spostarci in camera da letto”, disse Barbara.

 

 

Varcarono la soglia, con il cuore di Noemi che batteva sempre più veloce.

Sapeva di dover ripagare la generosità di Barbara, ma non era sicura di essere pronta.

La donna cominciò a slacciarsi la camicetta, come se fossero una vecchia coppia e non fosse necessario parlare.

Si tolse l’indumento e lo poggiò su una sedia, quindi si abbassò i pantaloni.

“Togliti le scarpe e sdraiati sul letto”, le disse in maniera spiccia.

Noemi si sedette sul materasso e slacciò la chiusura delle scarpe, mentre Barbars si privava del reggiseno.

Avrebbe dovuto dirle, dopo tutto quello che Barbara aveva fatto per lei, che per lei era la prima volta e che non era sicura di farcela?

Si tolse le scarpe, mentre la donna faceva scorrere il perizoma lungo le gambe e lo lasciava a terra.

“Distenditi a pancia in giù”, le disse Barbara.

Noemi eseguì la disposizione.

La donna sdraiò sul letto accanto a lei e le poggiò una mano sulla schiena.

Il contatto era caldo.

“Sei nervosa?”, domandò Barbara.

Noemi si limitò ad annuire.

La donna sorrise, mentre con la mano cominciava ad accarezzarle la schiena.

“Sono cambiate tante cose da quando ci siamo conosciuti in treno-cominciò a raccontare Barbara, senza smettere di accarezzarla-in primo luogo mi sono separata.”.

“Mi spiace”, disse Noemi

Barbara alzò le spalle.

“Era prevedibile che sarebbe successo. Eravamo sposati da tantissimi anni, prima o poi certi nodi vengono al pettine. E per questo devo ringraziare anche te”.

Noemi non capiva.

“Quando io e mio marito ci siamo conosciuti – proseguì la donna – avevo sedici anni e avevo appena terminato una storia con una mia coetanea. Niente di importante, almeno era quello che avevo voluto credere io. Da adolescenti spesso capita di avere qualche turbamento sessuale, vero?”.

Noemi annuì, anche se da parte sua non poteva riportare esperienze analoghe.

La mano di Barbara continuava a insistere sul suo sedere.

“Ci siamo fidanzati, ci siamo sposati e dopo poco sono arrivati i ragazzi. Non pensavo neppure più alla mia esperienza con Simona, fino a quando non incontro un’altra donna. Non succede nulla tra di noi, non un bacio, non un messaggio, però questo incontro mi risveglia nei pensieri. Non posso fare a meno di pensare a lei continuamente, mi tocco pensando che sia lei a farlo e, inevitabilmente, mio marito si accorge di qualcosa”.

Lo sguardo di Barbara era perso nel vuoto, intenta a ricordare, ma con le dita si insinuava sempre più tra le natiche di Noemi; con i polpastrelli le carezzava l’interno coscia.

“Dopo così tanti anni di matrimonio, il minimo che potevo fare nei confronti di mio marito era essere leale, così decido di parlare. Viene fuori che lui aveva un’altra donna, e così decidiamo di separarci.

Di comune accordo, senza nessun tipo di strascico: avevamo entrambi altri interessi ormai”.

Lei dita di Barbara ormai stavano accarezzandole grandi labbra di Noemi, e lei stava cominciando a bagnarsi.

“Sai chi è la donna dei miei pensieri? Sai ci penso mentre mi accarezzo nel mio letto?”.

Noemi scosse la testa, ma immaginava di conoscere la risposta.

“Sei tu, mia bellissima ragazza”.

Come a suggellare questa rivelazione, Barbara infilò un dito nella vagina della ragazza.

A Noemi sfuggì un gemito.

“Da quando ci siamo viste, io mi sono toccata tutti i giorni pensando a te. Immaginavo di baciarti, di accarezzar ti, di fare l’amore con le. E quello che fa più ridere era che anche i miei figli facevano la stessa cosa”.

Un secondo dito raggiunse il primo all’interno del corpo di Noemi. Barbara si avvicinò alla ragazza, ora i loro volti erano distanti solo qualche centimetro.

“Ho trovato un file sul computer dei ragazzi, non è stato difficile capire di cosa si trattava perché portava il tuo nome. Lì i ragazzi si scambiano le loro fantasie su di te, a dire il vero piuttosto ardite”.

Barbara poggiò e sue labbra su quelle di Noemi è le diede un bacio.

La ragazza sentì il cuore aumentare di giri.

Aveva immaginato che quella giornata potesse concludersi così, ma trovarsi di persona della situazione era ben diverso che limitarsi a immaginarla.

“Mettiti su un fianco, voglio abbracciarti”, le disse Barbara.

Noemi cambiò posizione e dopo un attimo le braccia della donna la stavano circondando.

I seni di lei erano schiacciati sui suoi, le loro labbra sempre a contatto.

Aprì la bocca e lasciò che la lingua della donna le entrasse dentro.

Cosa doveva fare?

Allungò una mano verso l’inguine di Barbara e le passò un dito tra le grandi labbra. Come prevedeva, era bagnata.

“Quanto ho sognato questo momento…”, le sussurrò Barbara in un orecchio.

Come risposta, Barbara prese a sfregarle il pube con il palmo aperto.

Noemi sentiva l’eccitazione salire sempre di più, ora era terribilmente bagnata e non poteva farci nulla.

A differenza di tante altre ragazze, compresa Barbara a questo punto, non aveva mai avuto un’esperienza come una persona del suo stesso sesso, e neppure ci aveva mai pensato.

Doveva preoccuparsi di quanto stava capitando?

Il respiro di Barbara cominciava ad essere pesante, così Noemi introdusse un altro dito nella sua vagina.

Cercava di toccarla come stava facendo l’altra, e a quanto pare l’effetto non stava parlando a finire.

Insinuò anche lei la lingua nella bocca di Barbara.

con l’altra mano, quella libera, Barbara le afferrò un seno e lo strinse forse forte.

Quasi le faceva male, ma l’eccitazione era tale che il dolore passò in secondo piano.

“Vuoi sapere cosa pensano i tuoi miei figli di te?”, Domandò Barbara mettendo per un attimo di baciarla. “Oliver è il più romantico, lui sogna di scoparti sulla spiaggia. Karl, invece, ha delle fantasie un po’ più estreme. Lui vorrebbe frustarti davanti a tuo padre”.

Noemi assentì l’eccitazione salire mentre immaginava quelle scene.

“Ma non solo. Oliver ha scritto più volte che vorrebbe incularti, mentre Karl ti legherebbe volentieri a un tavolo e ti scotterebbe con la cera calda”.

Noemi introdusse le dita nella vagina di Barbara, sentendo la mano coprirsi degli umori della donna. Era molto eccitata e voleva farla godere.

“ti faresti fare queste cose dai miei figli?”, domandò con un filo di voce.

Noemi aveva voglia. Aveva voglia di godere, con Barbara e i suoi figli.

“Lo farei sicuramente”.

Da Barbara uscì un nuovo gemito.

“Leccami. Fammi godere con la lingua”.

Noemi non disse nulla, semplicemente si staccò dal corpo di Barbara e accostò il suo volto al suo inguine.

L’odore era molto forte, Barbara era molto eccitata.

Sporse la lingua e la appoggiò tra le grandi labbra della donna.

Non aveva mai sentito il sapore di un’altra, ma non le dispiaceva.

Barbara si produsse in un sospiro più profondo.

Con le dita le allargò le labbra e con la punta della lingua le stimolò le mucose più interne.

Una volta il suo ragazzo le aveva fatto una cosa del genere e le era piaciuto molto.

Le dispiaceva che, così facendo, Barbara non potesse più accarezzarla con la mano, ma i loro ruoli erano chiari: Barbara pagava e lei faceva quello che la donna desiderava.

Sapere che si stava praticamente prostituendo non le fece passare l’eccitazione, anzi.

Anche Barbara sembrava apprezzare il trattamento, perché i suoi gemiti salirono di volume, mentre con le mani si toccava i seni.

La ragazza aumentò l’intensità della lingua, desiderosa che l’amica venisse quanto prima.

“Fammi godere”, disse Barbara con un filo di voce.

Noemi poggiò le sue labbra all’inguine della donna e la penetrò con la lingua, come se la stesse baciando.

Senti gli umori della donna penetrarle in bocca.

Un lungo gemito di Barbara anticipò quello che stava per capitare.

“Vengo…”, disse quasi urlando, e un attimo dopo inarcò la schiena, mentre con i polpastrelli si stringeva i capezzoli.

Noemi non smise di leccarla, fino a quando non fu la donna a scostarle la testa con la mano.

“Grazie Noemi….sei stata super”.

Si passò una mano sui capelli.

“Ora tocca a te godere”.

 

 

“Sdraiati sulla schiena e apri le gambe”, le ordinò Barbara.

Noemi seguì, mentre la donna si alzava dal letto e si metteva in piedi davanti.

“Ora ti masturberai davanti a me, ma quando ti dirò di fermarti dovrai subito smettere”.

Noemi annuì e senza pensarci poggiò due polpastrelli sul clitoride.

“Inizia ora”.

La ragazza cominciò a accarezzarsi. Era già eccitata e riteneva non sarebbe passato molto tempo prima di venire.

“Ti eccita sapere che i miei figli si toccano pensando a te?”.

Noemi annuì, sempre continuando a toccarsi. Era vero.

“Ora faccio un filmato e poi glielo mando, così avranno del materiale in più”.

Estrasse il telefonino e lo puntò sulla ragazza.

Era prudente farsi riprendere così?

Non disse nulla, si limitò a fissare l’obiettivo.

“Ora fermati”, le ordinò Barbara.

Noemi bloccò immediatamente la mano.

“Sai, potresti anche venire da noi – disse Barbara, come parlando del più e del meno – la casa è grande, mio marito mi lascia un buon vitalizio e potremmo vivere tutti quanti senza problemi. Tu tanto stai ancora studiando, vero?”.

Noemi annuì.

“Potresti continuare a farlo da noi. Certo, potrebbe essere impegnativo. Ricomincia a toccarti”.

Noemi ricominciò a far andare la mano.

“Se tu venissi da noi, certamente dovresti dare la disponibilità a farti scopare a piacimento. Sia da me che dai miei figli. Per altro, è un’esperienza che non ti sarebbe assolutamente nuova”.

Noemi continuava a toccarsi. Era una proposta seria quella che Barbara le stava facendo?

Non voleva neppure pensarci.

Va bene essersi prestato a un pomeriggio, va bene quello che era successo in treno – dopotutto era stato dettato dalla necessità – ma andare da loro avrebbe potuto diventare veramente una prostituta.

“Magari non dovresti sempre scopare. Come ti ho detto, Karl delle fantasie piuttosto pesanti su di te. Ora fermati”.

Noemi tolse nuovamente la mano. Era stata più vicina a venire ora.

“Ti piacerebbe se mio figlio ti legasse e ti seviziasse?”.

Noemi annuì,. Forse era il contesto in cui si trovava, ma a sentire quello che Barbara stava continuando a dire la sua eccitazione cresceva sempre di più.

“Dillo guardando l’obiettivo. Ricordati che io farò vedere questo filmato ai miei figli”.

La ragazza fissò l’obiettivo e disse: “sì, Karl, mi piacerebbe farmi legare da te e farmi fare tutto quello che vuoi”.

“Perfetto. Ora ricomincia a toccarti”.

Noemi ricominciò ad accarezzarsi il clitoride.

“potremmo fare dei turni. Saresti a disposizione nostra a giorni prestabiliti, così non ti annoieresti mai. Anzi, magari potremmo anche fissare un giorno per gli amici, che una come te sicuramente se la vorranno fare in tanti”.

Noemi era sempre più eccitata dalle parole di Barbara, anche se non capiva sino a che punto stesse dicendo sul serio.

L’avrebbe mantenuta in cambio di sesso? Ma aveva appena detto che l’avrebbe offerta anche agli amici, quindi che intenzioni avete? Falla prostituire?

Le dita erano ormai anni che, così smise di immolarsi solo il clitoride e le introdusse all’interno della vagina.

Barbara stava continuando a film.

“I miei figli hanno tanti amici loro coetanei che non hanno mai scopato. Potrebbero iniziare con te, saresti contenta?”.

Noemi annuì.

“Devi essere esplicita. Dillo chiaramente”.

La ragazza rispose con un filo di voce: “Mi piacerebbe essere la prima donna per dei giovani ragazzi”.

“Bene, stiamo cominciando ad andare d’accordo. Ma ora smetti di toccarti”.

Noemi fermò ancora la mano. Era molto vicina a godere, forse ci sarebbe riuscita la prossima volta.

“Vedi che il piano piano sta emergendo la tua natura? Quella che qualche mese fa sul treno ti ha portata a concederti degli sconosciuti”.

“Non avevo scelta”, protestò Noemi.

“Scelte diverse ce ne erano, credimi. E comunque a te è piaciuto farlo”.

La ragazza arrossì, ma annuì con la testa.

“Ora ricomincia a toccarti. Questa volta potrai arrivare fino alla fine ma dovrei promettermi che valuterai seriamente la mia proposta”.

La ragazza annuì nuovamente, e senza bisogno di farsi dire nulla cominciò a toccarsi.

Avrebbe comunque potuto tirarsi indietro, no?

Barbara e i suoi figli non l’avrebbero mica rapita; se dopo qualche tempo lei si fosse accorta di aver sbagliato avrebbe sempre potuto tornare indietro.

E poi anche la sua amica Irene le diceva che avrebbe dovuto cogliere l’occasione di questo periodo in cui era da sola per sfogarsi un po’ con il sesso.

Certo, magari non proprio farla prostituta, ma in ogni caso la proposta di Barbara era diversa.

“Sto per venire”, disse con un filo di voce.

Barbara, forse per meglio immortalare quel momento, avvicinò l’obiettivo del telefonino alla mano di Noemi.

“Se vuoi venire, se non vuoi che ti interrompa proprio ora, devi dare il permesso ai miei figli di girare questo video ai loro amici”.

Noemi continuò a toccarsi, era troppo vicina.

Avrebbe portato qualche conseguenza?

Tanto nessuno degli amici dei figli di Barbara la conosceva, non le sarebbe successo nulla.

E poi stava per intraprendere una carriera da prostituta, non sarebbe stato quello a fare la differenza.

“Possono mandarlo ai loro amici”.

Mancava sempre meno.

“Possono dare ai loro amici il tuo contatto Facebook?”.

“Possono fare quello che vogliono, fammi venire”.

“Vieni, tesoro, godi come un maiale”.

Noemi aprì la bocca e venne, quasi urlando.

 

Barbara prese i soldi e li porse a Noemi.

“Gli accordi sono accordi – disse quando la ragazza alzò una mano per rifiutare – oggi pomeriggio sei stata eccezionale ed è giusto ricompensarti”.

Noemi prese i soldi e li infilò in borsetta.

“Grazie, allora. Non ti nego che mi fanno comodo”.

“Lo so. Così come ti farebbe sia comodo che piacere accettare la mia proposta.Voglio che ci pensi seriamente”.

Noemi annuì e si avvicinò per baciare Barbara.

Le loro labbra si toccarono e si scambiarono un lungo bacio.

 

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