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Weekend con la Mistress

By 22 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Questa storia, sostanzialmente, risale a qualche anno fa…

Il mio riflesso nella vetrina del bar rimandava, crudelmente ma oggettivamente, l’immagine di una persona assolutamente distrutta.
Con degli occhiali da Sole atti a non far vedere le occhiaie che avrebbero suscitato l’invidia di qualsiasi panda nei paraggi, e una pettinatura così scomposta che poteva anche essere scientemente voluta, si rifletteva la mia immagine, reduce da un periodo di superlavoro e di giorni interi in cui la somma delle mie ore di sonno avrebbe potuto dare dei numeri negativi.
“Gliene porto un altro?” disse cordialmente una del bar, prendendo la tazza del mio cappuccino.
“Mh? Ah, sì, grazie… Se tipo si può fare doppio, e mettere della caffeina anche nel latte… E un’altra pasta, grazie…” risposi praticamente con la faccia nella mia mano. Perché ero lì, e non a dormire, penserete voi?
B&egrave, perché avevo un appuntamento con la mia Mistress.

Oh, so già cosa pensate, ma dovete sapere che il termine “mia Mistress” lo usavo in senso ironico.
La “mia” Mistress non era altro che un’amica la cui esperienza nell’ambiente BDSM &egrave di lunga data, e sebbene mi abbia mostrato e insegnato diverse cosucce interessanti, e mentirei se dicessi che non ne conosco odore e sapore, quel mondo non &egrave mai stato il mio. E se anche lo fosse, non sarei certo la persona nel ruolo che si inginocchia a leccare lo stivale di qualcun’altra, al massimo per tirarle una gamba e farla sbattere per terra.
Nonostante un rapporto amicale con le sue numerose punte di provocazione, battibecchi e riappacificazioni particolarmente carnali, la “mia” Mistress rimaneva pur sempre un’amicizia, di quelle un po’ strane che magari non vedi per mesi, ma con le quali rimane una confidenza che altre relazioni, più frequenti, non avranno mai.
Per quello accolsi interessata l’idea di passare un periodo di vacanza estiva con lei, che precisa e attenta avrebbe sicuramente badato ad un’organizzazione perfetta, e rimanevo in quel bar ad aspettarla nell’unica finestra libera tra tutti i reciproci appuntamenti. D’altronde quando una vive e lavora in Paesi dall’altra parte del mondo, &egrave difficile trovarsi faccia a faccia in orari comodi per tutti.
Così, a metà del secondo cappuccino, e a tre quarti di pasta (con la vaga idea di prenderne un’altra), giunse dalla porta del bar la persona che aspettavo.
Al solito, facendo -dannata!- la sua porca figura, facendo girare metà dei presenti e distraendo l’altra metà.

Sì, perché la Mistress in questione si portò quasi a metà sala con una falcata di un paio di gambe lunghissime, magre, affusolate, esagerate nella loro altezza da un paio di stivali neri con tacco, jeans scuri, camicetta nera con le maniche arrotolate, una pelle diafana, e praticamente due metri più in alto, calandosi un poco un paio di occhialetti da vista sottili dalla montatura nera, due occhi dal taglio sottile che squadravano i presenti alla ricerca della sottoscritta. Tra gli occhialetti e i capelli legati in una crocchia, sembrava davvero una di quelle maestrine di qualche film pornografico.

“Buongiorno!” squittì la cameriera più bassa dell’intero locale, una ragazzetta davvero minuta, quasi facendomi scoppiare a ridere, visto che la mia amica praticamente si girò su sé stessa per capire chi le stesse parlando.
“Sa… Dov… Ah, ecco, salve, dovevo trovarmi con un’amica…” la chiamai dal fondo sala, agitando una mano, mi indicò e dopo aver ordinato qualcosa, mi raggiunse in non più di due, tre passi lunghi e ben distesi.
Mi alzai in piedi per salutarla, e dopo un paio di baci sulle guance e un sorriso, ci mettemmo sedute.
“Dimmi che sei appena uscita da una notte di gangbang con dei superdotati assatanati.” esordì con piglio severo, levando e togliendosi gli occhialetti come una professoressa acida che stia rimproverando qualcuno che non sta attento in classe.
“A dire il vero, solo da dieci giorni in cui riposo meno di un server di internet.”
“Nerd del cazzo.” soffiò, rubandomi l’ultimo boccone di pasta con un gesto rapidissimo.
“Stronza.” le feci eco.

Dopo qualche secondo di silenzio, in cui la fissai nei suoi occhi di un colorito grigiastro con l’aria omicida che si merita chiunque mi rubi del dolce, venne raggiunta dalla minicameriera con un caff&egrave americano bollente.
“Mi porterebbe anche un paio di paste? Cioccolato?” chiese, bloccando la ragazza già in fuga con una mano dalle dita così lunghe che avrebbe potuto abbrancarle tutto il viso.
Il dovuto rimborso per quel furto arrivò molto rapidamente, e spianai il mio cipiglio, mentre la mia commensale riceveva una chiamata.
Parlò fittamente in una maniera incomprensibile, sicuramente una lingua orientale, per salutare e riagganciare.

“Lavori ancora con l’oriente?” chiesi, portandomi al riparo un croissant prima di altre ruberie, mentre soffiava da un naso dritto e lungo.
“Lascia stare, l’azienda che ci produceva degli impianti sai cosa ha fatto dopo la fine dell’accordo con l’azienda che seguo? Si &egrave messa a produrre da sola, praticamente le stesse cose.”
“E’ legale?” “B&egrave, per adesso sì, se quel che fanno adesso ha abbastanza differenze dal nostro prodotto per cui non possono dimostrare che &egrave reverse engineering senza modifiche… Solo che io sono tra i due fuochi, la mia azienda che ancora spera di recuperare o fare causa, e la loro che ovviamente si difende.”

La bocca dal taglio sottile e la smorfia infastidita bevve un lungo sorso, guardando fuori dalla vetrina del bar. Mi piaceva, da sempre, il profilo della “mia” Mistress, era un viso dai lineamenti quasi duri, decisi, ma molto armoniosi.
Lo sguardo di lei si spostò su di me, facendola sorridere.
“Che ti guardi?” ridacchiai, colta in fallo. “B&egrave, tu arrivi da un continente di distanza senza neanche un capello fuori posto, io sono qui che sembro appena uscita da un centro di igiene mentale.”
“E’ perché io sono pressoché perfetta, semplice” disse, alzando regalmente il mento, e prendendosi così in faccia un bel ‘vaffanculo’.
“Piani per la vacanza?”
“Tutto organizzato. Villaggio vacanze senza troppi bambini, stanze separate ma comunicanti, biglietto aereo preso, tutte le spese divise quattro, poi ti giro il mio conto corrente per quel che mi devi.”
“… Quattro? Cosa stai tramando, ******?” chiesi, corrucciata. Sapevo che con noi sarebbe venuta anche Andrea, una nostra conoscente mia connazionale, ma non altre. Non che mi dispiacesse dividere le spese in più persone, né andare in vacanza con qualcuno, solo non ne ero informata.
Lei sorrise al di sopra della tazza da caff&egrave, guardandomi quasi malvagiamente tra le volute del vapore. “Oh, sì, quattro…” “Sì, perché io ci ho detto alla Lolly: senti Lolly, se le cose vanno così, allora io non c’ho niente a che vedere con te e tutti i tuoi cazzi, ok? E sai cosa mi ha detto? Eh? Lo sai cosa mi ha detto la Lolly? Mi ha detto che lei voleva solo parlarmi e… Sì, cio&egrave, io non sto… No infatti, cio&egrave, che stronza!”

La mia faccia sbatté quasi violentemente contro il mio trolley, seduta in una delle sale d’aspetto dell’aeroporto, distrutta mentalmente dall’interminabile chiacchiera della bionda tinta accosciata di fianco a me, che continuando a gesticolare e urlare ad un cellulare brillantinato, faceva ondeggiare tutta la fila di sedie. Pregai qualche divinità di eliminare la bionda, o la Lolly, o anche solo esaurirle il credito, ma non essendo molto esperta in questo campo, dovetti arrendermi, alzarmi e trascinare il mio bagaglio da un’altra parte, con ben poca voglia di starmene in piedi ad aspettare.
Andrea mi seguì quasi subito, lamentandosi della mia vigliaccheria nell’abbandonarla di fianco a Barbie e le sue telefonate. L’indubbio vantaggio con lei, &egrave sempre stata la possibilità di parlare male delle persone in madrelingua.

“Speriamo che aprano il gate in fretta” bofonchiò tormentandosi i capelli lunghi l’amica. Dieci minuti dopo, con una puntualità inesistente, arrivando praticamente mentre si annunciava l’apertura del gate, arrivò staccheggiando la “mia” Mistress, sculettando quasi altezza viso dei presenti, con i biglietti in mano e l’aria serafica di chi stia facendo un giretto tra le vetrine del centro.
Due metri dietro di lei, una ragazza un castana riccia trascinava due valigie fortunatamente dotate di ruote. Era evidentemente Elisa, l’ultima fiamma della mia amica, che si fermò ansimando nella coda per l’imbarco, mentre le raggiungevamo. Salutai la mia amica e aggirandola al fianco mi presentai all’altra. “Piacere, Viktorie” dissi allungando una mano alla ragazza, che quasi sussultò, allungando la mano fissando me e la mia amica con fare titubante.
“Non ti mangio mica” sorrisi, stringendole la mano tremolante dallo sforzo del trasportare le valigie.
“Forse.” scoccò la frecciatina ******, prima di allungare le carte d’imbarco a tutte e quattro.

Intuii subito che come spesso accadeva, la coppietta con cui viaggiavamo rispondesse alla strana e assurda legge degli opposti. Tanto più la mia amica era diretta, pungente e ironica, tanto meno lo era Elisa che nel volo si appoggiò con il viso sulla spalla della mia amica, e cadde in un sonno profondo.
“Di compagnia, la ragazza” ironizzai, già in quota, sfogliando una di quelle riviste di bordo con le quali puoi comprare le cose più assurde. “Parla solo se interpellata.” rispose distrattamente la mia amica, lasciandomi con il dubbio di quanto fosse una battuta. Andrea non rispose, impegnata a distrarsi dal suo odio per il volo stando a occhi chiusi con la musica nelle orecchie.
Arrivammo, dopo il volo e i trasporti, nel tanto vagheggiato villaggio vacanze. Di mio, tendo alla selvatichezza durante le mie ferie, ma quando si &egrave con amiche, che per di più hanno organizzato tutto… Che puoi fare?
Proprio sulla spiaggia privata stava l’area libera, quella degli ombrelloni, e dietro si apriva una piccola fila di locali. L’area “spiaggia” era divisa da un’alta siepe con alcuni varchi e stradine che conducevano ai vari edifici di residenza, più un paio di altri luoghi di ristoro. Era un villaggio vacanze davvero grande, commentai guardando una mappa su un cartello.

“E per andare in città?” chiesi, indicando la cartina: era evidente che il posto fosse, geograficamente, costruito in una baia, e separato da altre strutture da un’ampia zona recintata, una riga lo divideva quasi a metà, pensai fosse un segno della lamiera su cui era stampata la mappa, per proteggerla dalla salsedine.

Una del personale mi rispose che c’erano delle navette, ma che volendo noleggiare dei mezzi era perfettamente possibile. Mi sarebbe dispiaciuto stare in un posto nuovo senza occasione di vedere altro. Andrea sbuffò, dandomi una spallata. “Ma rilassati, no??” disse ridendo. Finsi di essermi offesa, sorridendo anche io.
La prima giornata di vacanze passò in maniera decisamente tranquilla. Vista l’ora di arrivo, il sistemare i bagagli e tutto, arrivò praticamente l’ora di cena, ci concedemmo di mangiare ad uno dei ristoranti, un giretto sulla spiaggia e qualche chiacchiera, e via a dormire. In tutto questo Elisa, sempre con un discreto timore d’aprir bocca, si cominciava a delineare come una ragazza gentile e simpatica, ma evidentemente non della stessa pasta mia o della Mistress, capaci di parlare anche al primo sconosciuto come un amico di vecchia data.
“Ma le trova sempre così?” chiese, nel buio della camera, Andrea, già a letto.
Sull’uscio del bagno mi lavavo i denti, alzando le spalle.
“Non sempre” dissi in maniera poco comprensibile cercando di non sputare dentifricio. “Per ora ho conosciuto due altre tipe, ed erano delle vere oche. Nell’accezione boema del termine.” (cio&egrave, non tanto ignoranti, quanto delle zoccole.)
Qualche minuto dopo, mentre aspettavo il sonno leggiucchiando un romanzo, e Andrea già respirava più lentamente, cominciai a sentire dei mugolii sospetti dalla camera a fianco, frammisti a brevi frasi, e a chiaramente il rumore di una sculacciata seguita subito da un urletto entusiastico. Valutai se bussare al muro per prendere in giro la coppietta, ma spensi la luce e mi buttai nel mondo dei sogni.

Il mattino dopo si aprì nella maniera consueta per una vacanza: colazione a un orario assurdo, e in spiaggia.
“Dai funghetta, muovi quel culo da urlo!!” mi gridò, metri più avanti, già con una gamba nella sabbia chiara, la Mistress.
“E arrivo!!” risposi, cercando di sistemare l’ampio cappello sulla mia testa.
Elisa, quasi accanto a me, mi guardava incuriosita. “Tendo a diventare un semaforo, se prendo il Sole” spiegai con un sorriso “… Per cui per i primi giorni vivrò sotto l’ombrellone usando una crema che compriamo io, e qualche albino.”

Andrea ci passò a fianco nella sua chioma bionda al vento.
“Oh sì, ci puoi cuocere le uova su quelle tettone!” cercai di darle un calcio nel sedere, ma fallii miseramente lo slancio, finendo con il culo nella sabbia, cappello al vento e un’imprecazione nel cuore.
La Mistress si parò a farmi ombra, con le mani sui fianchi magri e un sorrisetto diabolico “Mmmh, già ai miei piedi, Vik? Così mi togli tutto il divertimento…” ironizzò, prima di allungare una mano e farmi rialzare.
Ebbi un brivido nel sentire quella frase, perché conoscendola, mi aspettavo di tutto, ed ero quasi stupita che realmente, dopo quasi 24 ore assieme, non avessi ancora assistito a qualche sua performance della categoria “legami e frustami mia Padrona”.
“Non vorrei rubare il ruolo a Elisa!” dissi sottovoce con una risatina, sistemandomi il cappello con un gesto deciso e un sorriso.
Lo sguardo freddo di ****** mi fulminò. “Credi che io non sia in grado di gestire un mazzo di sottomessi ai miei piedi?”
“No no, sono sicura che ne saresti capace.” replicai raccogliendo la borsa da terra.

“Solo, tienitelo per te.” lo sguardo che mi lanciò, prima di girarsi e continuare verso il mare, non mi rassicurò proprio per niente, e il mio istinto non falliva in quell’occasione.
La giornata trascorse abbastanza tranquillamente, tra numerosi bagni, gli approcci di qualche altro ospite del villaggio, e gli sguardi allibiti di Elisa nell’apprendere la (malsana) abitudine mia e di Andrea nel non esimerci dal bere alcolici in spiaggia. La differenza culturale era basilare ma sostanziale. La spiaggia &egrave un posto in cui stare tutto il giorno a non fare un cazzo, bere e mangiare e per chi non cuoce, abbronzarsi. Conosco conterranei che non mettono piede nella risacca neanche per lavarsi i piedi dalla polvere.

“In realtà, al mare di solito abbandono l’asciugamano e passo il tempo a nuotare” dissi a Elisa, all’ombra con un succo di frutta mentre bevevo un cocktail. “Ma vista la latitudine, e che non prendo Sole da mesi, mi scotterei davvero facilmente a farmi una nuotata. Dammi due giorni ad abbronzarmi con coscienza, e poi vedi che entro alle dieci ed esco alle due del pomeriggio dall’acqua.”
“Oh sì, lo fa!” confermò sdraiata poco più in là Andrea, il cui culo era oggetto di occhiate di qualsiasi passante. Bevvi un altro sorso. “Fino ad allora, approfitterò di quanto sia tutto pagato e spesato per testare tutta la lista alcolici del villaggio.” Lì, Elisa espresse il primo pensiero della vacanza, forse perché la mia amica era in acqua da un po’.
“Voi… Voi lo sapete che villaggio &egrave questo?” disse con una vocina bassa e timorosa.
Lo sguardo confuso di Andrea e il mio, ispezionati dal visino di lei, era una risposta sufficiente, ma non proferì parola.
“B&egrave vedo dei topless e forse una tipa nuda, ci sono villaggi in cui &egrave permesso il nudismo e allora non ci sono famiglie… Però a parte questo… Anche io sono una da topless, mi pare un posto normale…”
Il viso della Mistress calò da dietro la sedia a sdraio di Elisa, facendole una doccia dai capelli lunghi e fradici e facendola urlare. Le risate ci distrassero dalla questione, oltre che la ragazza non sembrò intenzionata ad aprire bocca sull’argomento in presenza dell’amica, che distese un asciugamano a fianco all’ombrellone e stiracchiò i suoi chilometri di gambe nella maniera migliore per farsi sbavare addosso da tutti.
La giornata passò con un paio di altre nuotate veloci, una derisione del mio naso che sembrava già spellarsi, e una blanda organizzazione per la serata, che l’amica suggeriva si potesse rivelare assai spassosa, con un sorrisetto furbo in volto…

La cena, e il dopocena in un locale, furono tutto sommato normali.
Certo in un villaggio vacanze un gruppetto di sole ragazze attirava una discreta attenzione, ma niente di particolarmente esagerato rispetto a quanto possa succedere in mille altri posti dove si trascorrano le vacanze.
E devo dire che tra la sottoscritta in giro in shorts e camicetta senza maniche, Andrea in gonna e canotta, La Mistress ed Elisa che vestivano una camicia e jeans stretti, facevamo la nostra discreta figura. Unica cosa a me incomprensibile, era un fazzoletto al collo della ‘mia’ Mistress, pensai avesse preso aria in spiaggia.

“Ora, io vi propongo una cosa.” disse la mia amica, poggiando il bicchiere sul tavolino del locale e accavallando le lunghe gambe.
“Sentiamo.” disse Andrea.
“Avrete notato che il villaggio &egrave sostanzialmente diviso in due.” scuotemmo la testa, negando. Con un sospiro rassegnato, la Mistress usò una delle sue lunghe e sottili dita per disegnare con la condensa del suo bicchiere una rudimentale mappatura del villaggio sul tavolino.
Il mare, la spiaggia, la passeggiata con i locali sulla spiaggia, le residenze varie. Ma in realtà il villaggio vacanze era assolutamente diviso a metà, fisicamente, dall’altra recinzione.

“Effettivamente la spiaggia oggi mi sembrava più piccola di quella della cartina…” bofonchiò Andrea. “… Pensavo che fosse una mia impressione.”
“No, nella cartina quella linea che separa quasi in due il villaggio indica quella che poi in spiaggia &egrave la staccionata. Quella alta, con la siepe dietro. Ho preso le camere in questa metà perché sapete, magari non vi interessava di là.”
Calò un certo silenzio, in cui notai chiaramente lo sguardo di Elisa come quello di qualcuno a conoscenza della cosa, e un certo timore, che avrebbe avvertito chiunque a vedere il sorrisetto sadico della mia amica.
“… Di là, c’&egrave l’area naturisti. Naturisti, scambisti, sadomaso, e cose che persino io, non voglio sapere. Suppongo legali. Ma non approfondirò.”
Risposi molto seccata.

“Cazzo! E’ l’ultima volta che ti lascio organizzare una cosa senza preoccuparmi!”
“E di che ti preoccupi, Vik? Avete le stanzette nella metà ‘civile’ della cosa, il villaggio &egrave enorme, hai paura proprio tu di vedere un pene??”
Sbuffai. “No, non &egrave per il pensiero di vedere un pene, &egrave perché avresti anche potuto dircelo.”
“Ve lo sto dicendo: oltre una certa zona, &egrave VM ai 18, e ai sensibili di cuore e di etica.”
“Dircelo PRIMA, stronza.” colsi un tremore nello sguardo di Elisa. “Aspetta un attimo… Lei non &egrave la tua ragazza!”

La risata con cui la Mistress accolse la mia -più che ovvia- scoperta fu impagabile, così plateale, nella sua spontaneità, che fece voltare pure un paio di avventori ad un divanetto a fianco.
“No. Elisa &egrave assolutamente la mia sottomessa. Ma finché siamo in questa parte del villaggio, diciamo che ha una certa libertà.”
Elisa annuì pacatamente. “L’idea &egrave stata quasi mia, volevo… Provare questa esperienza, e Lei conosceva questo posto…”
Andrea fu la più shockata, e intrigata, dal disvelarsi della verità. Se io ero ben a conoscenza pregressa dei divertimenti della mia amica, lei non lo era affatto, a parte magari qualche battuta casuale.
“… Cio&egrave, qui praticamente &egrave un villaggio con qualche topless e chiappa al vento, e di là…” non terminò la frase, ricorrendo a un altro paio di sorsi del suo cocktail.
“Di là &egrave un villaggio nudista, scambista e BDSM.” ripetei io. Non era davvero l’idea in sé, era il fastidio nel fatto che mi fosse stata nascosta una cosa simile, e ancora di più la reazione di Andrea mi sconvolse.
“… Ci si può fare un giro??” chiese, probabilmente audace dall’alcool.
****** ridacchiò. “Se te la senti, basta passare la recinzione dai varchi apposta, ed &egrave tutto uno spettacolo.”

Bevvi anche io dal bicchiere, conoscendo la mia amica immaginai come potesse uscirne. Non era certo una timida patologica, anzi, ma non aveva la benché minima idea della follia in cui la “mia” Mistress era capace di affondare. Ne avevo avuto qualche assaggio, quindi… “… Vuoi andare, Andrejka?” chiesi con un sorrisetto. La mia amica annuì vivacemente. “B&egrave, signorina…” mi rivolsi alla mia amica. “Se Elisa &egrave la tua Sub, noi che siamo? Come pensi di gestire l’eventualità che qualcuno arrivi a romperci i coglioni?”
“B&egrave, tu potresti essere una perfetta Mistress Vik.” sorrise Lei.
“Lo prendo come un complimento.”

“Lo &egrave… Ma ti troveresti qualcuno a cercare di baciarti i piedi… Evitiamo.” soggiunse, trasformando il ghigno in un’espressione più seria, notando la mia palese poca voglia di farmi limonare delle scarpe nuove da qualche perfetto sconosciuto.
“Potrebbero essere una Dom e una Sub” suggerì Elisa, indicando prima me e poi Andrea. “Dicevi… Diceva… Che poche persone ‘disturbano’ una coppia se la vede fatta.” La mia amica alzò le spalle. “E’ un’idea. Solo che dovrebbero fingere.”
Risi. “Sono una pessima attrice e lo sai bene!” Andrea riprese coraggio.
“… B&egrave, e se fossimo tutte Sub tue, ******?” feci segno di no con la testa, ma troppo tardi.

La mia amica si stiracchiò placidamente nella sua interezza affusolata, prima di rispondere.
“… Come dice Vik… Sono una pessima attrice.” prese tra le lunghe dita il viso della riccia, come un cagnolino tanto amato “Finirei con il non fingere. Ma mi rendo conto che siamo ad un empasse, così.”
Una piccola parte di me fu per un attimo risollevata.

“Non ho dei fazzoletti adatti…” sussurrò a sé stessa la Mistress.
“Come?” “Il codice Hanky… Flagging, Vik, ricordi? Non porto al collo questo fazzoletto perché ho mal di gola. Arancione, nodo a sinistra.”
Scossi lievemente la testa, per ricordarmi una delle mille cose che mi aveva spiegato tempo prima.
“Ah, giusto. Nodo a sinistra, Domme. Arancione… Daltonica?” scoppiai a ridere, seguita da tutte loro.

Forse l’idea era abbandonata… Volevo decisamente evitare di trovarmi in certe situazioni, ma subito venni riaffossata da Elisa.
“B&egrave, possono stare con noi, e nel caso ci sbarazziamo di qualcuno dicendo che sono due Mistress impegnate con noi.”
Lo sguardo della mia amica si fece freddo come il ghiaccio.

“L’idea &egrave così idiota che forse &egrave la migliore. Mi sono stancata di stare qui a parlare, andiamo, e improvviseremo.” i metri di Mistress si alzarono con piglio deciso.
“Al massimo, tra il primo nome di Vik e il mio, sembreremo due transessuali.” disse Andrea, alzandosi anche lei.
“Ma certo! Cosa mai potrebbe andare storto nel dire che sei un transessuale in mezzo a un gruppo di sadomasochisti e feticisiti?” commentai ironicamente, facendo ammettere alla bionda che non fosse la migliore delle idee. Nel percorso, forse un po’ traballante visto l’alcool, la mia amica aveva la stessa gioia di una bambina che venga portata ad un parco di divertimenti, nello spiegare alcune minuzie e termini del caso alla mia conterranea, che sembrava decisamente incuriosita dalla cosa.
“Se le cose vanno male, comunque, tu rivolgiti a me” disse con un buffetto alla guancia della ragazza, prima di fermarci di fronte a uno degli ingressi dell’altra metà villaggio, davanti a cui stazionavano semplicemente un paio di buttafuori, che cominciarono a spiegarci il loro ruolo lì.

“Sì sì sì, so già tutto, anche loro, siamo delle habitués.” tagliò corto con un cenno della mano, entrando per prima nell’ingresso tenuto aperto, a seguire Elisa, Andrea, e io.
Fu come attraversare un portale per un altro mondo, un altro universo, un’altra dimensione. La percentuale di pelle umana nuda o pelle animale conciata era quasi paritario -ma distribuita in tutti i posti ove coprisse di meno- il crocchiare di alcune 50enni in una tutina di latex che lasciava poco all’immaginazione fece da accoglienza sonora all’ingresso, sopra un vociare intenso, in cui si distinguevano chiaramente grida orgiastiche, e già nei primi metri qualche sesso in erezione o direttamente in entusiastica masturbazione.

“Oh, Kec’!” sbottò Andrea, ad occhioni sgranati. “Puoi dirlo forte…” replicai, allibita dallo spettacolo davanti a noi. Elisa chiese graziosamente cosa avesse detto la mia amica. “Qualcosa traducibile con un ‘ma non può essere una cosa seria’, più… Grezzo.”
La mia amica Mistress si mordeva un labbro affamata come una leonessa davanti a dei soffici agnellini. “Oh sì, &egrave molto serio… Elisa!” disse, girandosi.
“Sì?” disse la riccia, quasi sull’attenti.
“E’ la tua ultima occasione di tornare indietro o di chiedermelo. Qui vigono Le Regole, solo la safeword &egrave il tuo maniglione antipanico.”
Elisa riflett&egrave per un secondo, forse combattuta al pensiero di quello che era un salto nel buio. Io o Andrea non eravamo vincolate a nulla, potevamo tornarcene dove eravamo venute, o in caso, chiedere aiuto alla mia amica. Ma non eravamo nella condizione di Elisa, che passata la separazione aveva un solo ruolo possibile. La ragazza chinò la testa. “Desidero provare, mia Signora.” La mia amica sbuffò dal naso un sorrisetto, annuendo un poco. Lei ci guardò per un istante, e poi si incamminò nel carnaio, seguita a brevissima distanza da una totalmente sottomessa Elisa.
“Andiamo, bionda, meglio starle dietro prima che qualcuno ci dia una frustata chiamandoci ‘troiette’… E tu, non ci provare!!” urlai indicandolo a un tizio barbuto che si stava avvicinando un po’ troppo seriosamente con un collare, che sembrò decisamente deluso dal non poter portare a passeggio nessuna delle due.

Aggirammo qualche gruppetto in piena copula, e tirai per un braccio Andrea che si stava perdendo un po’ troppo a vedere una tizia alle prese con tre tipi. “Ma come fa?” disse in un sussurro al mio orecchio.
“Si fa, si fa, mi sembri un po’ troppo virginale per essere una che ha voluto farsi una passeggiata in questo…”
“AHIA!!” urlò Andrea, presa da una sberla sul culo. Girandomi immediatamente mi trovai faccia a faccia con una bionda platinata vestita da Poliziotta Porno, che in un inglese molto centroeuropeo mi rivolse uno sguardo cattivo e un paio di ordini abbaiati all’amica.
“Oh, PornoCop, cala le arie!” le risposi con un dito medio alzato, e una mano afferrò i capelli biondi di Andrea. “E’ già presa.” infischiandomene di gergo, regole e cazzate varie, dovetti sembrare abbastanza ‘trasgressiva’ che la Pornoliziotta abbozzò una scusa, prima di tirare un tizio per la cintola.

Sakra! Che male!!” piagnucolò l’amica massaggiandoci il sederino, mentre raggiungevamo la Mistress e la sua Sottomessa.
“Pensavo già di trovarvi a leccare piscio.” fu il suo cordiale ‘bentrovate’, e accorgendosi del mio sguardo al limite del “Mistress o meno, ti prendo a calci in culo finché non te lo rimodello”, si rivolse a Elisa.
“Tu” disse, a bassa voce, gelida. “Vai quel chiosco e procuraci da bere. Diamo un cocktail di benvenuto alle due fanciulle… Niente miscele del cazzo.”

“S… Sì, Mistress.” annuì la riccia con un cenno della testa e lo sguardo tenuto basso, indietreggiando di tre passi esatti prima di reclinare un poco il capino, girarsi e andare verso il chiosco, abbastanza lontano.
La Signora si sistemò con noncuranza una scollatura semplice abbastanza profonda, nonostante le sue forme non del tutto generose, tra i seni una collana con un pendente elaborato. Come sempre, in totale tinta nera, la sua pelle abbastanza candida risaltava non poco.
“Non… Non la tieni d’occhio?” disse Andrea, ancora massaggiandosi una chiappa soda.
“Perché dovrei? Ah, per la gente qui? Guardala.”

Osservammo tutti Elisa farsi strada, con una certa sicurezza, verso il chiosco, mettersi in coda tra tizi a quattro zampe e virago di varia natura, minuta e composta con le mani in grembo. Mi sentii quasi in apprensione per lei. Pur conoscendo quanto eccitasse sessualmente la maggioranza dei presenti il rispetto di regole, formalità e temi simili, ero anche dell’idea che in caso queste si violassero, non fosse per un nonnulla.
“Nessuno la disturba…” osservò Andrea. “…Perché?”
“B&egrave, perché lei &egrave mia.” disse con un sorrisetto la Mistress, alzando un sopracciglio verso la bionda e capendo che non perveniva alcuna deduzione logica. Sbuffò dal suo terzo piano di altezza. “… Sono convenzioni, segnali, Elisa &egrave composta, non parla agli altri se non interpellata, testa bassa, remissiva. Non &egrave chiaramente una Mistress, &egrave quindi una sottomessa. Ma &egrave una sottomessa che ha già una Padrona o un Padrone, casomai qualcuno non lo capisse, glielo spiegherebbe.”
Ridacchiai. “Cazzo ridi?” sibilò la Mistress.
“Oh Signorina, cala…” feci cenno con la mano. “… Rido perché ce la vedo una come quella di prima a crederle.”

“Sarebbe sicuro un atto di guerra, non crederle.” disse sicura di sé la mia amica, facendo cenno di no con la mano a un tizio tenuto al guinzaglio da un grosso omone che sembrava cercare di proporre una compravendita di qualcosa che non volevo sapere che fosse.
“Penso parlasse di canne.” sussurrò la Mistress riparandosi la bocca con il dorso della mano. “Ma sconsiglio compravendita anche solo di una CocaCola se non dai chioschi e i locali.” Elisa arrivò con passo svelto e tre bicchieri belli pieni, porgendoli alla Mistress e a noi, e rimanendo lì senza proferire parola. Dopo un paio di sorsi pensierosi in cui ****** sembrava riflettere se il cocktail le fosse gradito, si batté delicatamente con una mano la coscia sinistra, e rapidissimamente la riccia si portò al suo fianco, mettendosi in ginocchio.

Ci si appropinquò un grosso tizio, con una polo a maniche corte scura, pantaloni con la riga e un tesserino.
“Quello chi &egrave, il guardiano notturno del Girone infernale?” dissi ridacchiando.
Purtroppo, no.
Come ci disse velocemente la Mistress, il tizio era davvero uno dei dipendenti del villaggio, dei pochi disseminati qui e là che badavano principalmente al blando rispetto di qualche regola, e all’eventuale scoppiare di qualche casino. Capitava qualcuno un po’ troppo ubriaco che scappasse oltre staccionata, o che qualche valchiria dalla mano pesante si facesse prendere dal ruolo.
La sorveglianza dell’organizzazione era volta ad evitare spiacevoli incidenti che avrebbero solo causato problemi al villaggio vacanze.

“Mi scusino” ci disse in un inglese molto accademico “Ma ci hanno segnalato che siete troppo vestite.”
“Cosa?” dissi, divertita. “E’ tipo la prima volta in vita mia che qualcuno me lo dice!”
Lui ridacchiò, passandosi un fazzoletto sulla fronte sudata. “Non chiedete a me, qui ci sono delle regole, dovreste essere più riconoscibili come clienti… In costume, una divisa, qualcosa… E’ una delle poche regole che imponiamo.”
“Eravamo solo qui per un giro, non ci siamo preparate…” cercò di giustificarsi Andrea, ma l’uomo fu irremovibile. In un momento di tensione, da partita di poker, i nostri sguardi si incrociarono.
Andrea era troppo curiosa e ubriaca per andarsene, la Mistress e la Schiava neanche per idea, ovviamente, e io non potevo certo uscire dall’area per essere presa per il culo da tutte loro.

“E va bene!” sbottai, porgendo il bicchiere al tizio che lo prese in mano.
Mi slacciai i due scarsi bottoni che chiudevano la scollatura della mia camicetta a maniche corte, rimanendo in reggiseno di pizzo. Mi misi la camicia tra le cosce e girai in su due o tre risvolti degli shorts, che aderirono di più alle mie cosce e ne scoprirono una fetta di più, trovandomi così quasi dei minijeans inguinali. (s)vestita come un’idiota.
Il tipo annuì, mentre riprendevo il mio bicchiere. “Potrebbe sembrare uno che si &egrave goduto lo strip un po’ di meno?” chiesi a fronte corrucciata. Avrei saputo fare di meglio, in materia, bastava accordarsi.

Nel frattempo, Andrea si spogliò anche lei un poco, ma non aveva molto da fare con la gonna corta che indossava. Sotto lo sguardo di tutti, più un mazzetto di curiosi fermatisi lì, la bionda si trovò velocemente in costume da bagno.
“Costume da bagno?” infierì la Mistress. “… Non avevo voglia di mettermi mutande e reggiseno stasera…” arrossì lei.
Ambedue vestite, o svestite, come delle cretine, ci girammo verso la mia amica, che con una mano in tasca e l’altra con il drink in mano, sembrava una che aspettasse l’autobus, guardandoci con la perfetta espressione “cazzovuoi?”
Le sventolai la camicetta davanti. “Scusi, Mistress, lei rimane vestita?” lei spostò il suo sguardo da me al tizio, seriosa.
“Noterà che io e la mia Schiava siamo abbigliate similmente.”

“Ah. Capisco. Però Le consiglio di rendere più evidente il suo ruolo, in futuro, insomma, siamo vestiti uguali.”
“Non credo che nessuno possa scambiare me, per un aitante uomo come lei. Provvederò, nel caso.” fu la replica secca e pungentemente ironica. L’uomo porse i suoi omaggi e andò in direzione di una gangbang che sembrava un po’ troppo agitata a giudicare dalle urla di uno dei partecipanti.

La Mistress posò il suo bicchiere nelle mani di Elisa, che era stata perfettamente in silenzio e immobile tutto il tempo, giusto sistemandosi ancora un po’ la camicia, mettendo in mostra una collana con pendente, simile a quella che portava Elisa.
Capii che effettivamente, per l’ambiente, fosse palese che le due erano collegate.
Chiunque -e come non notare una sventola di due metri seguita a ruota da un’agnellina, vestite uguale- le avesse viste, avrebbe colto al volo l’unitarietà delle due. Mistress e Schiava.
“Certo che sei una stronza…” dissi cercando di legarmi in vita la camicetta. “… Qui sono tutte in tute di plastica, cinghie, borchie e catene o nude, e tu sei vestita perfettamente.” diede seguito Andrea, stringendosi un poco a me per scantonare un paio di tizi molesti, e provocandomi ben più di un brivido al contatto della sua pelle e della mia.

La Mistress carezzò con noncuranza il capino di Elisa.
“Nessuno può dire a Me come devo abbigliarmi. Queste possono essere casalinghe in pantofole che nelle vacanze si mettono pantaloni di latex e si fanno chiamare Signora, &egrave una parte della loro vita, un divertimento, una perversione.” lo sguardo freddo ci fissò con una punta di divertimento.
“… Io SONO una Dominante, da quando mi sveglio a quando vado a dormire. Non devo vestirmi apposta, per essere quello che sono.” afferrò il bicchiere porto dalla Schiava, portandoselo alla bocca e suggendo avidamente da una cannuccia.

“… Ciò non toglie che se proprio ci tenete, prossimamente posso anche portarvi al guinzaglio nella più attillata tutina lucida con tacchi venti che possiate immaginare”. disse con un sorriso.
“Sembra promettente, ma… No.” replicai, sorridendo a mia volta.

Rimanemmo nel nostro angolo relativamente tranquillo ad osservare la varia umanità che ci circondava per un quarto d’ora senza eccessivo disturbo, anche se notai qualche sguardo affamato e fugace della Mistress verso qualche gruppetto di persone. Quando una tizia con dei capelli color rosa acceso, seguita a ruota da un grosso ragazzone che si presentava in inglese come “La Merda” attaccò bottone con la nostra amica, mi rivolsi sottovoce ad Andrea. A maggior precauzione, nella nostra madrelingua.

“Penso sia meglio andare: penso che la signorina voglia restare sola con la sua schiavetta.”
“Non mi sembra il contesto per cui qualcuno si imbarazzi particolarmente…”
rifletté Andrea.
“Mh… Sì, diciamo che se la conosco sta conducendo il suo gioco con Elisa poco alla volta. Forse fare certe cose davanti a noi &egrave troppo non per Lei, ma per la ragazza, diciamo.”

La bionda ci mise un attimo a capire e annuì.
Dopo qualche minuto di chiacchiere le due Dom si salutarono, e la mia amica si fece baciare lo stivale da “La Merda”, che mi chiese gentilmente se potevo umiliarlo anche io in qualche maniera.
“… Non… No.” dissi alla sua Padrona, che mi guardò storto. Non ero in vena di giochini, volevo andarmene.
“… Cosa devo dire? Umiliarlo? Sei un uomo alto uno e novanta per almeno cento kg e sei qui a pisciarti addosso agli ordini di una con i capelli color Camper di Barbie! Cosa posso fare perché tu ti senta ancora più ridicolo??” sbottai, accorgendomi della felicità de La Merda, che mi ringraziò sentitamente e finì di nuovo a trotterellare dietro alla Padrona, che aveva sorvolato sulla battuta sui suoi capelli.

La Mistress accanto a me ridacchiò di gusto “… Sei patetica, Vik… Pensavo di averti insegnato qualcosa.”
“Sì, ma non &egrave il mio gioco, me ne torno in camera.” Andrea mi seguì a ruota, e grazie al cielo nessuna delle due dovette imbattersi in altri personaggi stravaganti fino alla recinzione, presso cui ci rivestimmo e tornammo in stanza.

E dove non chiusi occhio. Ci cambiammo velocemente, ficcandoci a letto io e Andrea, ma mentre la ragazza, complice l’alcool, finiva quasi a russare entro una mezzora, io continuavo a osservare il soffitto, pensando a ****** e a Elisa, dall’altra parte della recinzione. I pregressi tra me e la Mistress mi erano noti, ma c’era qualcosa che non mi tornava, era… Curiosità? Voyeurismo? Una sensazione mi solleticava il pancino, o meglio dire, l’inguine.
“Fanculo!” imprecai a denti stretti, alzandomi dal letto e vestendomi per bene. Rimisi piede nell’altra metà del villaggio vacanze in maniera sperabilmente più consona.
Non avevo niente di adatto alla cosa, tranne un vestito nero, lungo e attillato con un discreto spacco sulla schiena e una scollatura sul davanti. “Se non mi tirano una frustata nelle scapole, penseranno che sia una Dom, vestita così…” pensai attraversando la recinzione.
“… In ogni caso, questi tacchi a stiletto funzioneranno bene come arma di difesa.”

La mia teoria, seppur molto campata in aria, si rivelò subito funzionante, mentre mi dirigevo a un altro chiosco e mi prendevo l’ennesimo cocktail.
Assurdità per assurdità, almeno potevo dare la colpa all’alcool.
Mistress e Master mi guardavano come una di loro, mentre il problema fu rimanere impassibile e fredda davanti a diversi sottomessi che, da soli o accompagnati, venivano verso di me.
In realtà, la parte difficile non fu per niente assumere un distacco totale nei loro confronti, &egrave sempre stata una mia capacità innata. Il problema fu averlo nei confronti di me stessa. Fu una discesa negli inferi della mia testa, su una nuvola d’alcool.

Mi rendevo conto che tutto quello, nella sua eccessività, mi piaceva.
Non era una totale novità per me, ben conoscevo la mia vanità, egocentrismo, e una bella scorta di stronzaggine.
Solo, mai ero finita in un contesto ove quelle peculiarità erano così apprezzate, da sola. La Mistress, era stata la mia amica, consigliera e amante nel mio breve periodo di curiosità per l’argomento.
Mi aggirai con noncuranza con il mio bicchiere in mano osservando un grosso ragazzone di colore che veniva deliziato da una donna non giovanissima, il cui marito (supponevo) a momenti si strappava il pene osservando la scena, ripetutamente chiamato “cornuto” dal tizio, che fischiò in direzione di un altro ragazzo con cui si urlarono qualcosa ridendo. L’altro stava più che beatamente sodomizzando una ragazza che non avrà avuto più di vent’anni. Niente che non abbia fatto anche io a quell’età, ma non certo attorniata da un gruppo di perfetti sconosciuti lieti di fotografarmi.

Venni distratta da una sensazione di umidità sulla mano che tenevo a penzoloni, e istintivamente mollai una sberla appesantita da un paio di braccialetti a una tizia a quattro zampe, che l’aveva appena baciata.
“Mi perdoni!!” uggiolò in inglese. “Non sapevo come avvicinarmi a Lei!” la guardai per un istante.
Era piccola, magrolina, pallida, e indossava un costumino da camerierina da film hard. Mi guardò con due occhi grandi da cane abbandonato. “Cosa vuoi?” soffiai al suo indirizzo.
“Ce… Cerco una Dom…” disse, inginocchiandosi compostamente e fissando per terra. “Io non sono una Dom…” dissi a bassa voce, più a me stessa che a lei, andandomene senza voltarmi.

Cazzo, che stavo facendo, cosa stavo…
Bevvi ancora avidamente dal mio drink come ad avere delle risposte nel fondo del bicchiere. Scansai dei getti di urina da una tizia che marchiava come suo un tipo, che si strozzava il sesso in maniera preoccupante, incrociai due Sub che si misero a seguirmi per qualche metro decidendo, evidentemente, che ero quella che cercavano. Mi girai di scatto, irata.
“Voi che cazzo volete??” urlai. Capirono. Italiani.
“Solo adorarla, Padrona.” “Sì, la prego!”
“Volete obbedirmi?”
“Sì!”
“Allora non seguitemi, cazzo!!” avevo la testa in panne, lo stomaco in subbuglio, e assolutamente il perizoma fradicio.

Era così banale, la dinamica di dominanza?
Bastava non essere vestite da camerierina troia perché si venisse adocchiate come Padrone? O ero… O ero io, che mandavo questo messaggio? La mia amica non diceva forse questo? A lei non serviva vestirsi da PornoLiziotta perché la gente capisse qual’era il suo potere, la sua ambizione, la sua capacità di soggiogare qualcuno con la sua personalità.
Mi appoggiai al muro di un chiosco, ansimando quasi sull’orlo di un orgasmo, con le mani che tremavano e il battito del cuore a mille.

Io non ero una Dom… Non ero nemmeno una Sub, ma non… Non volevo essere come quelle tipe vestite in maniera assurda che si masturbavano sulla faccia di qualcuno, a pochi metri da me, io non ero così, inseguita, ammirata, il mio ego era sempre stato notevole, ma non così… Dovevo trovare la mia Mistress. Ne avevo un disperato bisogno.

“Cerca di pensare come ******, Vik, cerca…” chiusi gli occhi per un istante.
Ego, check. Vanità, check. Sono una stanga di due metri che si ritiene così intrinsecamente una Mistress che potrebbe anche essere in un locale a sorseggiare un Martini in pigiama e farsi comunque leccare i piedi…

“Ty vole!!” esclamai.
C’erano dei locali anche in questa metà di villaggio, figuriamoci se la Mistress non si era andata a infilare in un luogo meno pubblico in cui esibire tutta la sua Mistressitudine!
Finii d’un sorso il bicchiere, guardandomi attorno. “Ci fosse un cestino…” imprecai, prima di notare un tizio in ginocchio. Gli misi in mano con suo entusiasmo il bicchiere, e me ne andai ignorando cosa potesse fare con esso.
Staccheggiai ampiamente lungo la fila di locali, pensando a dove potesse infilarsi la mia amica. Mi serviva trovarla, mi era necessario perché, ad ogni passo in quell’Universo parallelo, era sempre più difficile tenere a freno una parte della mia indole che non pensavo potesse assumere quei contorni.

L’insegna rossastra di un locale mi promise bene, feci per entrare ma un discreto marcantonio mi impedì l’ingresso.
“E’ solo per le coppie.” “Ah, io…”
“Mi dispiace, può andare…” mi disse altri due locali dove c’erano scambisti, coppie aperte, non so cosa, ma ero distratta a pensare ad una soluzione.
Feci qualche metro allontanandomi, troppo orgogliosa per rinunciare. Ero fuori di me, mi serviva abbrancare la mia Mistress e ripararmi da quella sensazione a me estranea, quando vidi una pornocameriera familiare.
“Tu!” le urlai, facendola sobbalzare e girarsi. “Vieni qui!” le dissi, e non potevo renderla più felice.
“Come ti chiami?”
“Come vuole Lei che mi chiami.” obbediente.
“D’accordo, d’accordo… Tu… Tu… You. Yu. Ok. Sei vestita da gothic lolita giapponese o cazzo ne so, Yu andrà bene.” “Yu andrà bene.” guaiolò entusiasta.

“Bene, Yu. Allora… Io devo entrare in quel locale solo per coppie, stammi dietro.”
“Non chiedo altro, Dom.”
“Non sono una… Dom…” dissi, mordendomi un labbro, sentendo stringersi lo stomaco.

Dieci minuti dopo, entravo a lunghe falcate nel locale, dalle luci soffuse, l’atmosfera rilassata. Sembrava quasi composto interamente da tende e moquette nera, luci di colori caldi, e quasi solo priv&egrave, separati da tende, separé o bellamente aperti (privé aperti, sorvoliamo!) in cui Mistress, Masters, Sub, Dom, Cani, Schiavi, LeMerde e tutto quel mondo, erano intenti in ogni attività.
Una ragazzetta trotterellava a quattro zampe con un plug con tanto di lunga e fluente coda davanti a un paio di tizi che le davano della puledra. Mi persi, nella nebbia dell’alcool, a osservare le gambe di lei scattare, muoversi flessuosamente, come un vero animale. Yu proseguì avanti attirata da delle gridolina orgasmiche.

“Yu…” si buttò a terra come fulminata.
“Scusi, mi scusi, non volevo passarle avanti!”

Cazzo, ma questa tipa da dove usciva? Decisi di darmi un contegno, o meglio resistere all’assestarle una sberla e punirla per quella manchevolezza.
“Per.. Per stavolta sorvoliamo. Non capiti più.”
“Lei &egrave troppo generosa con me, mia Signora, non La merito.” “non mi meriti no, cazzo…” mi lasciai sfuggire, passandole avanti. Le gridolina orgasmiche provenivano da un ragazzo che, preso così, era un tocco di figo assurdo.
Castano, ben ordinato, barba corta, muscoli definiti, un sesso, nonostante essere adornato da un fiocchetto, di proporzioni decisamente intriganti
Almeno tanto quanto quello della tipa che, indossando uno strap on, gli stava fottendo il culo davanti a un gruppetto ambosessi. “Che cazz…” sussurrai, affascinata. “La mia Padrona amava il pegging” disse con una vocina, Yu. “Pegging?” lei rimase zitta. “… Puoi parlare, Yu. Puoi parlare.”
“La pratica di una donna nel sesso anale con un uomo…” mi spiegò allungando una manina verso il priv&egrave. Sorrisi sbuffando dal naso. “Ma pensa. E io che l’ho sempre fatto senza dargli un nome specifico. Devo ricordarmene.”

La piccola camerierina gothic lolita mi guardava con occhi luccicanti. Mi ispirava tenerezza. E anche una discreta voglia di sbatterla in ginocchio e farmi servire un cunnilingus da urlo.
“Ok, Yu. La tua Padrona adesso deve trovare un’altra Mistress. E’ una donna molto alta, magra, pelle chiara, una camicia nera, stivali, capelli ramati lunghi, ha una collana e…” pensai a cos’altro potesse spiccare della mia amica. Forse parlare di Elisa?

Yu aprì la boccuccia per un istante, richiudendola. Allungò la mano come a chiedermi il permesso di potermi accompagnare, annuii e mi feci condurre da lei, evidentemente ben conosceva tutto questo posto.
Un master (com’era evidente capirlo?) appoggiato a una porta ci insultò lievemente, chiedendoci che razza di Mistress (com’era evidente si capisse?) si facesse portare per mano dalla sua Slave. Yu rallentò l’andatura e mi fissò aspettandosi una risposta o qualcosa del genere, feci cenno di proseguire e andammo avanti.
Fanculo.

Arrivammo nella sala principale del locale, che sentivo decisamente gremita di gente, mugolii di diversa provenienza, e una musica bassa, atmosferica. Yu si fermò e indicò con la manina verso il centro della pista.
La Mistress.
E non ‘una’ Mistress.
La.
Il senso teatrale credo sia una componente fondamentale del mondo BDSM.
Dove altro si trovano così tanti ruoli, atmosfere, regole, convenzioni? Inutile dire che quella sala circolare, in cui tavolini e sedute varie circondavano quella che era l’area centrale evidentemente adibita alle esibizioni, era assolutamente suggestiva, sembrava quasi un rito, una celebrazione. In mezzo, alta e perfetta, la mia Mistress fissava una tipa nuda con un caschetto di capelli scuri, che quasi a quattro zampe cercava di avvicinarsi a lei. Ad ogni passo della ragazza, Lei indietreggiava, si spostava, si rendeva inavvicinabile. Nella mano sinistra, quello che mi pareva un frustino, nella destra, qualcosa che non capivo.

“E’ lei?” sussurrò Yu.
“Sì…” risposi sottovoce. “…Come sapevi che era qui?”
Yu arrossì lievemente. “… Sono alcuni anni che vengo qui, venivo con la mia Padrona. Lei &egrave sempre qui.”

Arrivò una ragazza dai lineamenti asiatici, chiedendo se volessi (non volessiMO) sederci.
Annuii, e trovai posto in una poltroncina a emiciclo abbastanza appartata.
“la mia Slave si accomoderà accanto a me.” dissi, osservando lo sguardo della cameriera mentre mi facevo da parte per lasciar sedere anche Yu.
“Due Black russian.” ordinai, chiedendomi se Yu bevesse, cosa, e perché. Ritenni che potevo anche infischiarmene, e la sensazione che provai nel pensarlo mi galvanizzò ancora.

Cazzo, mi serviva la mia Mistress…
“Non capisco cosa ha in mano.” dissi, piano. “Uno Chambuk. E’ del cuoio arrotolato su sé stesso che…” Yu tacque, mal interpretando il mio sguardo, sinceramente colpito dalla sua conoscenza.
In realtà mi riferivo all’altra mano, per me quello era un frustino parecchio lungo e basta, ma uno schiocco repentino dello chambuk e uno squittio della mora, riportarono il mio sguardo al centro della scena.
La ragazza aveva evidentemente osato un po’ troppo, o sbagliato qualche ordine, e la punta del frustino l’aveva colpita sulla mano. Quell’affare doveva essere dolorosissimo, ma ricordavo l’abilità nel dosare la forza della mia amica… Infatti, la ragazza non sembrava aver subito alcun particolare trauma.
La Mistress disse piano qualcosa alla ragazza, che evidentemente chiese scusa mille volte, e obbedendo a un ordine,fermandosi, si appoggiò meglio per terra, alzando il bacino. Notai un dildo nel suo sesso rorido, mentre la mia amica le girava attorno, capii che doveva avere una specie di telecomando in mano.

Arrivarono i drink e non mi preoccupai se Yu gradisse o meno, ma la vidi bere senza problemi.
“Yu…” “Sì, mia Padrona?”
“Oh non sono la… Dimmi cosa sta facendo.”
Tease and denial. La ragazza vuole adorare La Mistress, ma Lei pretende che si stia alle sue condizioni. Se obbedisce, la premia. Se sbaglia, la punisce.”
“Non colgo il senso.”
“Mia Padrona, posso essere esplicita?”

La guardai con aria ironica.
Eravamo in un villaggio vacanze la cui metà era un centro BDSM scambisti feticisti e chissà cosa, in un locale in cui io ero vestita da prima teatrale, lei da pornocameriera, e una mia amica stava poggiando il tacco a stiletto dello stivale sull’ano di una tizia. Yu si rese conto dell’assurdità e arrossì, prima di proseguire.

“La Sua amica sta addomesticando, addestrando, una Slave. Deve negarsi, deve dimostrare che la schiava può agire solo nei confini del consenso della Padrona.”
La Mistress inserì lentamente, ma non del tutto delicatamente, il tacco nell’ano scuro della ragazza, che piagnucolò decisamente. Cazzo, era fuori come un balcone.
“La Slave ha chiesto perdono per il suo errore, ma va punita.”

“Ma se ha chiesto scusa…”
“La Mistress non &egrave vincolata a punire solo se disobbedita, può essere…”
“… Puro esercizio del potere…” sussurrai, rapita dallo sguardo gemente, dolorante ed entusiasta della mora, mentre la mia amica lasciava che il vibratore le stimolasse la vagina, pur rimanendo con il tacco a forzarle l’ano che non poteva rilassarsi, dati i sussulti del vibratore.

Godeva e soffriva, soffriva e godeva, attorniata da emeriti sconosciuti, era così… Così…
“Yu. In ginocchio.” sibilai. Lei si portò in un istante per terra. Mi alzai l’orlo del vestito e scostai il perizoma assolutamente fradicio, la guardai come si guardava un dildo o un vibratore, un mero oggetto del piacere.
“Fai godere la tua Padrona. Ti concedo di continuare il tuo drink ogni tanto perché diluito fa schifo, e il ghiaccio mi fa impazzire.”

La pornocamerierina sembrò aver trovato il senso della serata, a giudicare dal sorriso che le si aprì in volto.
L’asiatica che ci aveva servito passò davanti a noi con un altro vassoio, guardandomi più convinta rispetto a prima. La fissai, mentre tra le mie cosce Yu cercava di prendere dimestichezza con il mio sesso, con uno sguardo pienamente di “se vuoi ce n’&egrave anche per te”, ma principalmente il mio sguardo era calamitato su ******, e il suo sussurrare parole alla slave iniziata.
Probabilmente nessuno udiva quel che diceva alla ragazza, e il labiale permetteva solo di apprezzare la lentezza del suo discorso, il lieve sorrisetto che le si stendeva sulle labbra sottili quando la slave le rispondeva, ma la mia mente era sempre più distratta da Yu e dalla piccola lingua che guizzava, fredda di cocktail, nel mio sesso.

Vidi sempre meno attenta la mia amica farsi ripulire il tacco del suo stivale in quello che doveva essere un indumento della slave, essere salutata da essa con degli inchini, e poi, in un timido applauso -caloroso, ma non rumoroso- abbandonare il centro della scena, prendendo per mano la moretta e conducendola fuori.
“… Com’&egrave che ora &egrave così… Tenera?” ansimai, annuendo a Yu che potesse smettere per un istante, ma feci il gesto con due dita di continuare con le mani.
Aftercare… Il momento in cui Dom e Sub si calmano, riprendono contatto con la realtà, e alcuni Dom si prendono anche cura del loro sottomesso se ha qualche problema…”
Sorrisi. Ah, quindi forse dopo avrei dovuto coccolare un po’ Yu? L’idea non mi sembrava così… Malvagia…

Mi rimisi a guardare i presenti, notando che non ero l’unica a farsi coccolare da qualche schiavo o schiava.
“Carina la Sua slave, Padrona” disse un tizio dietro di me, impegnato a farsi fare un vorace pompino da un ragazzo biondo. “Grazie.”
“Mi chiedevo se…” iniziò ad attaccare bottone, mentre guardavo Yu sorseggiare dal bicchiere, evidentemente attenta al discorso “… Fosse interessata a qualcosa con me e il mio schiavo, &egrave un bel ragazzo.”

Yu tossì lievemente nel bicchiere, tornando sul mio sesso arrossendo. Qualcosa nel suo sguardo tradiva un’emozione che non voleva rivelare.
“No. Niente scambi.” dissi, carezzando la guancia del visino della mia sconosciutissima camerierina, che mugolò abbastanza felicemente. Chiusi gli occhi e mi lasciai portare a un orgasmo pieno, trattenendomi dall’urlare solo per non attirare l’attenzione su di me.
“Pulisci, bevimi tutta, troietta…” imprecai, spingendo Yu a fondo nelle mie cosce, non che vi fosse bisogno di ordinarle qualcosa che già stava facendo di sua volontà. Mi abbandonai sul divanetto, e quando ebbe terminato un’accuratissima e delicata operazione di rimozione dei miei umori, si girò mostrandomi un culetto sodo e perfetto.
“Non capisco…” ammisi, molto poco Dominante nel mio deliquio post orgasmico.
“La mia Padrona… Di solito mi puniva dopo un cunnilingus…”

In che razza di mani era passata quella ragazzetta? Una parte di me, attratta solo dalla possibilità di farlo, pensò che potesse essere molto soddisfacente sculacciare quel culetto. Ma non potevo esagerare, non volevo esagerare, così sarebbe stata pura violenza casuale. Diedi un buffetto alle chiappe di lei, dicendole di finire il drink.
“Hai dato piacere alla tua Padrona, ci sarà modo di punirti quando sbaglierai.” dissi, finendo il mio cocktail. Uscimmo dal locale una decina di minuti dopo, ed ero più che stanca, quasi albeggiava, secondo il mio orologio mentale.
“Domani, dopo mezzanotte, chiosco alla sinistra dell’ingresso.” dissi a Yu, lasciandole un braccialetto, un gesto istintivo che non capivo, ma tant’era.
Tornai in camera mia, dove Andrea sbavava nel cuscino dormendo della grossa, con il cuore a mille, la sensazione di aver fatto più rumore del necessario per entrare e chiudere la porta, ma l’alcool e le emozioni mi fecero crollare in un sonno assoluto e profondo. Mi svegliai tardi in camera, un biglietto di Andrea mi diceva che lei e le altre due sarebbero già state in spiaggia e mi lasciavano dormire.
Inutile dire che mi dovetti scrollare per bene per svegliarmi del tutto, e andai in spiaggia affrettatamente.

“Guarda chi c’&egrave, il ghiro” disse con un sorrisetto, senza voltarsi neanche, ****** impegnata a leggere un libro. Accanto a lei Elisa mi salutò timidamente con la mano, mentre faceva delle parole crociate con Andrea, a cui venivano le risposte in madrelingua più che in italiano.
Ben riparata all’ombra mi glassai nella mia crema solare “protezione per troll di caverna”, in un’atmosfera tutto sommato tranquilla. Inutile dire come vivessi la giornata in uno stato di trance, attendendo solo l’arrivo della notte. Mangiammo in spiaggia, facemmo un paio di bagni, tentai di prendere un po’ di Sole, e io e Andrea ce ne andammo fuori a cena per conto nostro per lasciare un po’ sole le due piccioncine.

“Ieri era era assurdo…” disse Andrea a metà del vassoio di sushi che stava ingurgitando “… tu sei riuscita a dormire?”
“Umh, sì, perché?” chiesi con il batticuore. “Mi sono svegliata non so a che ora e non c’eri.”

Sussultai un poco.
“Ah, sì, m’era venuto caldo, sono andata in bagno e un po’ sul portico del bungalow, non volevo disturbarti… Ho letto un po’, poi son tornata a dormire…”
Sapevo che Andrea, mangiato come sempre l’impossibile ad un sushi bar, poi sarebbe crollata a dormire come un sasso. Tornammo in camera, ci preparammo per dormire, e rimasi in canotta ad aspettare che dormisse.
Poi, scivolai fuori dal letto, mi cambiai, e tornai oltre la recinzione…

————-

Yu era esattamente dove le avevo detto di aspettarmi, come una piccola statuina che si illuminò nel vedermi, e precipitandosi a baciarmi la mano.
“Padrona…” sussurrò, mentre le davo una carezza sui capelli. Era vestita quasi come la sera precedente, d’altronde come me. Si perse un attimo a guardare il mio spacco.
“Autoreggenti, carine vero?” dissi con un sorriso, mostrando la coscia. “Le metto spesso.” mi avviai nella folla.

“Lei &egrave perfetta” uggiolò lei, cominciando a seguirmi con un sorriso in volto.
Facemmo un breve tour dell’assurdo umano, o tale continuavo a ritenerlo in quei momenti, pensandomi come qualcosa che stava solo indagando sé stessa. “Hai visto la mia amica?” dissi a Yu, dopo un po’.
“Sì, &egrave di nuovo in quel locale, credo sia l’unico che frequenta…” ci dirigemmo lì di nuovo, ci appropriammo di un divanetto. Yu non sapeva se stare seduta accanto a me o inginocchiarsi. Sorrisi della sua indecisione, voltandomi a guardarla, dando quasi le spalle alla sala, accavallando le gambe. Mi resi conto che la sera prima avevo preso con me una Slave senza essere una Dominante, l’avevo spinta a donarmi un cunnilingus senza alcun rapporto tra noi.

“Quanti anni hai, Yu?” “… So… Sono maggiorenne, Padrona, io…” la guardai severamente. “Ho chiesto quanti anni hai. Rispondi.”
“Ventuno.” Tacqui sulla mia età. Io e Yu eravamo due donne diverse. Lei, ventunenne, aveva un corpo e un viso con delle fattezze che la facevano apparire più piccina, un po’ come l’Elisa della mia Mistress. Io, che già ben prima della maggiore età cominciavo a caricare centimetri di altezza e forme, potevo sembrare molto più grande.
“Da quanto vieni qui?”
“Questo &egrave il mio terzo anno…”
“La tua Padrona?” Yu non rispose, abbassando lo sguardo. Non seppi se interpretarlo come un segno di ritrosia (e già una parte di me pregustava la punizione che avrei potuto infliggere) o timidezza, o…

“La sua Padrona &egrave una grandissima troia.” una voce bassa, sussurrata e divertita dietro il mio orecchio mi fece trasalire.
Mi girai, osservando la mia amica ergersi, dopo avermi sussurrato, in tutta la sua altezza.

La Mistress aveva mantenuto fede alla parola, recandosi per la sua notte di follia nel locale con “la più attillata tutina lucida con tacchi venti”, per usare il termine della sera prima. Molto, molto più in basso, a mani giunte sull’inguine, vestita solo di un bustino con una gonnellina a pizzi, un po’ da prostituta settecentesca, un po’ una carnevalata, con i ricci accomodati in dei bei boccoli definiti, la collana della sera prima e l’aria di una vera Sottomessa, stava a testa china Elisa, esattamente come Yu, accanto a me.

Aprii la bocca un paio di volte senza emettere suono, mentre con un ghigno diabolico, Lei si accomodava di fronte a me, la sua Slave accosciandosi accanto al divano.

“… Eri tu la Padrona di Yu…” dissi, piano.
****** rise di gusto, incurante ovviamente di attirare l’attenzione. “Ahahahah!” finse teatralmente di asciugarsi una lacrima dalle risate. I denti bianchi su quella bocca dalle labbra sottili erano quasi terrorizzanti, mentre mi fissava.
“Non sei proprio Sherlock Holmes. La tua amichetta, lì… Come la chiami?”

“Yu.”
“Era la slave di una Mistress che frequentava questo villaggio.” una cameriera ci portò un vassoio con tre cocktail, andandosene con un inchino. Due black russian e un altro cocktail che non sapevo riconoscere. “… Una Mistress con cui, diciamo così, non avevo a che spartire molto come visione delle cose. Mi conosci, per me tutto &egrave regola, ordine, precisione. Lei era più qualcuno della serie ‘fammi godere e ti prendo a ceffoni quando mi pare’.”

Portò il suo cocktail alle labbra, bevendone un sorso lentamente. “C’&egrave chi vive il BDSM così, come uno sfogo sociale, c’&egrave anche chi va allo stadio solo per prendersi a pugni, non sta a me decidere.”
Fissò Yu per un lungo istante. “Chiedile di raccontare com’&egrave andata con la sua Miss, coraggio.” sorrise, portandosi alla bocca un altro lungo sorso.

Con noncuranza, si inclinò di lato sinistro verso Elisa. Le carezzò una guancia con la mano dalle dita lunghe facendole alzare lo sguardo, la Slave aprì la bocca un poco, socchiudendo gli occhi. La Mistress accostò quasi la sua bocca alla sua, e lasciò colare il drink lentamente, dissetando la sua sottomessa.
Non era libera nemmeno di bere di sua volontà. Mi fremette l’inguine a vedere un simile, semplice e anche delicato, ma potentissimo, atto di supremazia.

“Com’&egrave finita con la tua Padrona, Yu?” sussurrai.
Non sembrò dell’umore, guardando prima me e poi la Mistress, la sua sottomessa, e di nuovo La Mistress.
“Non devi obbedire a me, Yu. Lei ti ha chiesto una cosa.” sussurrò la mia amica.
“Rispondimi.” rincarai la dose, stringendomi un pugno. Avevo quasi voglia di colpirla. Di fronte a me c’era Una che era persino in grado di controllare se e quando la sua schiava potesse dissetarsi con un cocktail, e io nemmeno riuscivo a farmi rispondere a una domanda?

“… La… La mia Padrona volle provare quel palco…” sussurrò piano.
“… C’era tantissima gente, io ero nervosa e non sapevo cosa fare… Sbagliavo ogni ordine e… Lei mi puniva.”
Tutto qui? Mi pareva la norma, e quasi lo scopo per cui le persone attorno a noi, comprese due bionde che si spompinavano un tizio chiamandolo MyLord, sul palco, erano lì.
“C’&egrave un confine tra la Dominazione e la cattiveria.” disse piano La Mistress. “Per questo vige per molti il SSC, Sane, Safe and Consensual.”
“Cosa vorrebbe dire? Cio&egrave, non la traduzione.” mi affettai a spiegare. La Mistress bevve ancora un sorso, lentamente, in maniera studiata, ad occhi chiusi. Yu, accanto a me, pareva sollevata dalla fine dell’interrogatorio. Elisa, non aveva espressione se non il guardare la Sua Mistress con aria adorante.

“Safe, Sane and Consensual… Cosa vogliono dire queste parole? Assimilazione, ecco tutto.” lo sguardo grigio di Lei mi guardò con aria complice. “Per usare le parole di un’autrice. Vuol dire che la mia Slave mi riconosce come Dominante, un individuo superiore che provvede ai suoi desideri e bisogni, che non esiste senza di lei, portando avanti un percorso in sicurezza, in accordo. Io domino su Liz perché so cosa vuole, provvedo, me ne prendo cura, lei e io siamo in relazione continua nel nostro essere. Nell’aftercare le chiedo cosa ha provato, cosa ha sentito. Distinguiamo “good pain, bad pain”.

“Good pain?” chiesi. La Mistress annuì lievemente. “Il BDSM prevede anche dolore, dolore ricercato e voluto, e dolore non voluto. Good pain, bad pain. Io sono la Dominante di Liz, ho Controllo. E in questo vi &egrave anche una cura di ogni aspetto che ci riguarda. Lei si affida a me, perché sono sua Superiore. Io, ne ho controllo e cura. Assimilazione. Dominanza. E’ questo, il mio essere la sua Mistress. Colei che la domina, e non solo qualcuno che la riempie di ceffoni se non le obbedisce.”

Capivo perché alla fine avessi ceduto allo scoprire il lato Dom della mia amica, tempo prima. Era, per così dire, una follia sensata. Erotica. Sensuale. Mentale.
E d’altronde se Elisa, pienamente nella sua intenzione, provava piacere in questo…
Lo vedevo da come si guardavano, da come non comunicavano nemmeno a parole. Lei donò altro cocktail alla sua Slave, come prima. Mi persi nel dettaglio delle due bocche che si sfioravano, mentre Lei concedeva altro alcool alla sua Slave. La Mistress si rimise seduta, gesticolando con una lunga mano, mentre Liz si leccava le labbra, deglutendo.

“… A differenza di Liz, qui, la tua amichetta Yu ha trovato qualcuno che del SSC se ne fotteva ampiamente. L’ha trascinata in piena umiliazione in mezzo a quella sala, senza preparazione, quasi in pasto a ogni genere di idiota che tu possa immaginarti. Troppo per molti Slaves, figuriamoci per una ragazzetta che…”
Yu la interruppe con un pigolio, e sono sicura che non si beccò un ceffone solo perché Lei rispettava il ruolo che in teoria coprivo io.

“Alza la mano per parlare, Yu.” dissi sottovoce. Lei alzò la mano, la lasciai lì per un istante. “Parla.”
La voce le tremava. “Lei &egrave ingiusta, la mia Padrona…”
“La tua Padrona era una troia, ‘Yu’. Forse tu non vuoi ricordartelo, ma quando sono scesa in centro sala, lei era in pieno ‘endorphin rush’, come una drogata, urlava, rideva e così come tanti altri, continuando a punire te e qualche imbecille che le capitava sottomano, e tu, tu rannicchiata come potevi, piangevi come una fontana chiedendole scusa e avevi più sperma addosso di quanto non ne abbia mai avuto la mia amica, qui. E ti giuro che ne ha avuto parecchio in vita sua.”

“Ehi! Che cazzo!” sbottai infastidita, ma Lei proseguì.

“E sorvoliamo sul resto. Capita di andare in ‘rush’, capita di aver alzato il gomito, capita la giornata in cui spunta del ‘bad pain’, di involontariamente fare male, succede. Anche alle migliori di noi.” si puntò egoisticamente, le dita sul petto, a indicare sé stessa. “Ma quando ti ha tirato quei colpi non era per errore, era una troia ubriaca, nemmeno la Safeword l’ha fermata.”
“Cazzo…” sussurrai, vedendo lo sguardo di Yu farsi tremolante di lacrime. “… E nessuno l’ha fermata?” pensai alla guardia del giorno prima.

“Ci sarebbero coloro che sono detti Dungeon Monitor. In un ambiente come questo, la loro parola &egrave Legge. Che io ricordi, una DM ci ha provato a dirle di fermarsi, nel caos totale. Non le ha dato retta. Perciò… Se le regole erano invalidate in quel momento, allora mi sono ritenuta pienamente autorizzata a correrle addosso ed andare a spaccare la faccia di quella troia. Per me il BDSM &egrave una cosa seria, non accetto psicopatici liberi di agire.”
Guardai la mia amica con uno sguardo sorpreso, mentre beveva. Il suo sguardo grigio degli occhi sottili sembrava pensieroso. Poggiò il bicchiere vuoto sul tavolo, in silenzio.
“…Avrei dovuto farlo un attimo ‘prima che’.” disse, piano, prima di alzarsi e seguita a ruota da Elisa, o Liz, sparì nel buio degli altri priv&egrave.

Guardai Yu che stava davvero per scoppiare a piangere. “Mi dispiace…”
“Non si preoccupi…” e ristette, mentre la abbracciavo forte. Forse non era da Mistress, ma era da Persona. Mi alzai, feci cenno a Yu di seguirmi, trovai un priv&egrave di quelli che si potevano chiudere, spinsi il chiavistello.
“Spogliami.” ordinai, lasciando che lo facesse con calma, con le mani tremanti.
“Ora, tu.” si denudò, quasi timidamente ma non osando contraddirmi. Aveva un bel fisico, per niente ricco di curve ma gradevole. Le carezzai il volto, prima di baciarla. “Adora la tua Mistress.” sussurrai, piano, chiusi gli occhi e lasciai che la bocca della giovane esplorasse il mio corpo, lo percorresse con mani e bocca tremanti, si soffermasse sui miei punti più sensibili, in venerazione. Sussurrava, Yu, quanto io fossi bella, come fosse onorata di avermi trovata, e di volersi prodigare nel darmi piacere.

“Se non lo farai adeguatamente, la tua punizione sarà non poter fare ammenda finché non lo vorrò io.” dissi, piano.
“Sarebbe una punizione più dolorosa di mille altre, mia Padrona.” rispose, in ginocchio davanti a me. Le premetti il viso sul mio inguine, e lasciai che mi adorasse.

Fu brava, e la premia, donandole un orgasmo lentamente, giocando con solo un dito fino a farla implorare -con rispetto ovviamente!- di concederle un orgasmo, di onorarla con qualcosa proveniente dalla Sua Mistress. Ci rivestimmo e uscimmo dal priv&egrave dopo almeno un’ora, dirigendoci alla sala.
Rimanemmo ferme così per un poco, perché in centro vi era di nuovo La Mistress, con ad un cappio sottile la tremebonda Liz. Con il chambuk in mano, Lei indicava un tizio che sembrava troppo intenzionato ad andare ad umiliare la sua Slave.

“Mi dispiace, ma le uniche persone che autorizzo ad entrare in questo cerchio, finché &egrave mio…” disse con voce sicura, tracciando nell’aria una circonferenza sibilante con la strana frusta in cuoio “… Sono Mistress LeFay e la sua slave, Yu.” indicò nella mia direzione facendomi sobbalzare e stringere il braccio della mia pornocamerierina. Un timido applauso e del vociare accolse la decisione incontestabile della Mistress.

“Non sono abbastanza ubriaca per questo.” dissi, facendo scoppiare a ridere e fischiare qualche avventore.
La Mistress scoppiò a ridere.
“Dovete sapere che la mia amica &egrave alle prime armi, ma ha un notevole potenziale. Vai, Liz, portamele qui.” come un cane da caccia, Elisa partì nella nostra direzione, e ci trovammo trascinate in mezzo alla sala, con Lei che sorrideva quasi raggiante. Ora, io non so se tutto quello che avveniva in quel locale fosse sensato secondo le regole del mondo BDSM, sempre che ci fosse un sistema di regole condiviso.
Non avevo neanche mai saputo discernere bene quanta logica avesse la coesistente voglia della mia Mistress di essere una Lei che dettava le regole, di essere ‘al di sopra’ di molte convenzioni, e come questo però si accompagnasse ad una rigidità e ad un’ossessione per ben altre logiche.

Ed ero lì, in mezzo a questa sala, circondata da persone che nel loro crearsi un angolo di indipendenza dal tessuto sociale, dalle regole, dalle convenzioni, di fatto ne avevano ricreato un altro.
Meno rigido e perbenista in alcuni aspetti, molto di più in un altro.
“So cosa pensi…” mi sussurrò all’orecchio facendomi rabbrividire. “… Cosa ci fai qui in mezzo a della gente che ‘lì fuori’ contesta alcune regole, e ‘qui dentro’ se ne inventa pure alcune.”

Sorrisi.
Lei scoppiò a ridere di gusto, dietro di me, abbrancandomi per un fianco con una mano e con lo chambuk alla gola. Digrignai i denti e trattenni il fiato, e penso lo fecero parecchi spettatori. Deglutire non era proprio facilissimo.

La punta di una lingua lunga e calda mi solleticò il lobo, per poi avvicinare del tutto il viso.
“Hai voluto giocare alla Mistress con la piccola Yu, ma sai che posso farti finire a quattro zampe come un cagnolino” sibilò al mio orecchio, ma per avvicinarsi senza colpirsi da sola con il cuoio, allentò la presa quel che bastava, mi piegai verso il basso, quasi a ponte, trovandomi agilmente a raddrizzarmi poco più in là.

“Preferisco muovermi come un serpente, Miss.” ghignai. Lei rise, e fece cenno a una ragazza a lato dell’area della sala di lanciarle qualcosa. Arrivò quel che mi pareva un frustino, e agilmente lo lanciò a me.
“In ossequio alle tradizioni culturali della signorina LeFay…” disse, con un mezzo inchino ironico. Alzai la mano che reggeva il frustino davanti a me, senza abbassare lo sguardo, non fidandomi ormai per niente.

“Una Poml’zka?” esclamai quasi non credendo ai miei occhi. Lei sorrise. Dei rami di salice intrecciati con precisione, legati in fondo e in cima, per circa un metro.
Di solito usati dai ragazzi, per colpire giocosamente sotto il periodo pasquale le ragazze come segno di fertilità, le quali poi donano ai frustatori le uova che portano in un cestino. Giochi di sguardi e il dono delle uova più belle sottolineano ovviamente la reciproca attrazione tra qualche coppia in particolare. E non credo di dover spiegare la simbologia della frusta-fallo e del colpire-donare le uova.

Tuttavia, essere lì, essere ‘armata’, e il fatto che Yu si fosse posta al mio fianco come una piccola anima ubbidiente, mi gasarono non poco.

“In ginocchio, Yu.” sussurrai, obbedì immediatamente.
La guardai, mentre La Mistress si portava al mio fianco, camminandoci attorno.

“Guardala. Quello che desidera &egrave il suo posto, come te. In questo momento lei sa dove si trova, dov’&egrave il suo ruolo. Non puoi mancarle di rispetto nel non rispondere alle sue aspettative.”
Inspirai forte. “… Io non sono una Dom…” le labbra della Mistress sussurrarono alle mie spalle. “Tu sei assolutamente una Dominante, &egrave qualcosa che fa parte di te, solo non lo sei, ancora, nel BDSM. Posso insegnarti più di quanto non ti abbia mostrato, tempo fa.”

Mistress LeFay, suona bene.” sorrisi, mordendomi un labbro, alzando il mento di Yu con la punta della poml’zka.
I suoi occhi tradivano un’eccitazione profonda, ma anche la gioia di essere lì, dominata, sedotta. Il cuore mi batteva all’impazzata sotto il petto, i capezzoli probabilmente sporgevano sotto la stoffa, e nonostante l’orgasmo di poco prima, avrei voluto godere ancora, o forse semplicemente far implorare Yu di potermi far godere.
Camminai lentamente attorno a Yu, scorrendo con la punta del frustino sulla sua schiena, fino al sedere che alzò istintivamente quando sfiorato. Intuivo il perizoma attillato e pregno di umori.

Ridurla a implorare di farla godere.
E forse, non concederglielo. Forse giocare con lei fino allo stremo, portarla a non potersi trattenere, e avere totale controllo sul suo piacere, sulla sua punizione per non essersi trattenuta.

Punirla.

Mi morsi un labbro, sentendo la potenza che il Controllo che potevo esercitare su di lei mi donava.
Quella ragazza anelava -forse, visti i trascorsi, aveva quasi diritto- ad una Mistress che sapesse condurla al piacere, alla punizione, ad un legame biunivoco come quello della mia Mistress e di Liz. Di essere parte di un meccanismo in cui il piacere era dolore, il dolore piacere, di godimento nella negazione, di orgasmo nella sottomissione e nel controllo, di essere la Slave di una Mistress che le donasse, e negasse, di tutto, in nome del reciproco piacere…

Alzai il braccio sopra di me, conscia del rumore che la poml’zka avrebbe prodotto nella stanza ad un movimento brusco della mia mano, come a suggellare la mia presa d’atto del mio ruolo.
La Mistress mi guardava con un sorrisetto compiaciuto, con quegli occhi felini. Liz quasi ansimava nell’assistere a quel momento.
Yu, la Slave, attendeva obbediente l’arrivo di un ordine, o un segnale, la costituzione di un legame intenso, erotico e mentale, con una Mistress capace, severa ma giusta, sadica ma corretta, una Mistress…

… Che non potevo essere io.

Roteai tra le dita, velocemente come un bastone da majorette la poml’zka, portandomela sotto l’ascella, chinando la testa e sorridendo.

“Mi dispiace, Yu. Tu sei una Slave, questo &egrave il tuo mondo, e meriti una Mistress che sappia capirti e rispettarti. Io non credo di essere quella persona.” alzai lo sguardo verso La Mistress, che mi guardava come se avessi appena vomitato dei tentacoli dalla bocca urlando arcane lingue maledette.
“Sono un’egocentrica bastarda, ma un’egocentrica bastarda realista. Non mi fido del caos che c’&egrave in me per garantire a una come Yu che non sarei come la sua ex Padrona. E poi, qui c’&egrave troppo ordine in tutto. Non &egrave da me.”
Feci una lieve reverenza, dirigendomi in mezzo a gente che mi insultava verso la porta.

In camera, Andrea russava come un minatore russo dopo aver scavato mezza montagna. La mattina successiva mi alzai di buon’ora, conquistai un posto quasi sulla battigia dove piantare il mio ombrellone e rimanermene a guardare il perenne caos delle onde che si rifrangevano sulla sabbia.
Non ebbi nemmeno bisogno di voltarmi, per capire chi si era seduto a due metri da me. Sorrisi.

“Non ti mangio mica… Forse.” Il sederino di Yu si accostò al mio.
“Mistress…”
“Cazzo Yu. Non. Sono. La tua. Mistress.” scandii, prima di quasi urlare, mentre mi abbracciava.
“Se il problema &egrave il controllo, penso che Lei abbia avuto più controllo di chiunque, nel non voler fare certe cose.” disse piano, quasi squittendo.

“Impedirsi di avere la possibilità di esagerare &egrave un discreto autocontrollo, in effetti.” pronunciò d’improvviso da dietro di noi la voce divertita de La Mistress, mentre la sua lunga ombra si stagliava sulla sabbia.
Alzai lo sguardo, vedendola dritta e decisa con le mani sui fianchi a scrutare il mare, i capelli al vento, il top di un costume nero e un pareo orientaleggiante.
Senza guardarmi, continuò. “Per me, continui a diffidare di una parte di te. Ma essendo quella parte una Dom, non posso certo costringerti a darmi retta.” sospirò. “E neanche punirti per la figura di merda che ho fatto ieri sera.”

Risi.
“Ti ho fregata. So che muori dalla voglia di sculacciare questo bel culo per punirlo!”
“Quello, sempre!” rise anche lei, lasciandosi cadere nella sabbia accanto a me.

Sbuffò. “Comunque sappi che Yu non si &egrave fatta dare ordini da nessuno, ieri sera. Neanche i miei cani son così obbedienti.”
Si mordicchiò una pellicina delle dita, mentre fissavamo le onde del mare, in silenzio.

“Però ammetto che il tuo piccolo show mi ha fatto riflettere.”
“Addirittura!” finsi di essere shockata.
“… Troia bocchinara.” sibilò con un sorriso. “Rottincula in latex.”

Probabilmente Yu ci credeva pazze.
Più di quel che eravamo.

“… Pulisciti la bocca, prima di parlare con me… Volevo solo essere gentile, e dirti che mi hai fatto pensare a un bel po’ di cose. Sei proprio una nave-scuola, Viktorie”.
Yu ci guardò perplessa, le ultime frasi della Mistress erano in Italiano. Le spiegai che mi stava dando della donna con grande esperienza amorosa con diversi e numerosi partner.
“Quindi Victory &egrave una…” gesticolò.

Guardai sottecchi Yu, che in un abbigliamento molto più quotidiano mi sembrava davvero carina. Le porsi la mano.

“No. Viktorie, Yu. E’ il mio nome. Mi chiamo Viktorie.”
“Victory?”
“No, Vik-torii-e… Oh, lascia stare. Chiamami Vik.”

Yu sorrise, presentandosi a sua volta, ma La Mistress non riuscì a sentire il suo nome perché praticamente venne spalmata per terra da Elisa, che la aggredì ridendo alle spalle, recriminando sul fatto di averla lasciata da sola nel letto.

Le guardammo lottare senza troppa foga per un po’, per poi ansimarsi a vicenda quasi in volto.
La piccola Elisa sorrideva ‘vincente’ a cavalcioni della Mistress, fissandola negli occhi, mentre Lei le scorreva le lunghe mani sui fianchi, probabilmente indecisa se spingerla di lato e continuare a combattere, o sculacciarla.
Ristettero, fissandosi, immaginai lo sguardo di sfida carico di promesse di punizione che La Mistress poteva lanciare alla ragazza riccioluta.

“Stasera qualcuna finirà a leccare il pavimento…” sogghignai.
La Mistress, lentamente, ridacchiò, mentre Elisa non sembrava così dispiaciuta dall’idea di fare da lucidatrice.
“Mh… Non saprei. Ti ho detto che mi hai dato da pensare…” le mani di lei continuarono delicatamente a rimbeccarsi con quelle di Elisa, come due bambine.
“… Penso che Liz qui sia da portare ad altri stadi della nostra relazione.”
Elisa squittì felicemente.
“Un 24/7? Mi addestrerai al ‘bastinado’? Fisting? Oh La prego…” elencava come una bambina a Natale i regali che voleva, gesticolando.

La Mistress un po’ sorridendo, cercò di acchiapparle le mani.
“No, no…”
“Hogtie? Kinbaku? Oh, mia Domme, mi ha promesso che un giorno avremmo…”
“Liz, Liz… Elisa!” sbottò la Mistress, facendola immobilizzare e sussultare me e “Yu”.

“… Non capisci un cazzo… Ti amo.” sussurrarono le labbra sottili di Lei, prima di allungare velocemente una mano sottile, abbrancare la nuca riccioluta e tirarla a sé per baciarla come mai prima d’ora.

“Se Andrea mi dice ancora che non si perde niente nel dormire così tanto, giuro che userò quella poml’zka…” commentai con lo sguardo allibito e un sorriso.

FINE.

(o inizio.)

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