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Scoprendo mia moglie, cap. II: regalo di Natale

By 29 Giugno 2014Febbraio 9th, 2020No Comments

Tornati dall’Egitto niente fu come prima. Per circa una settimana io e mia moglie non ci eravamo nemmeno parlati. Lei era chiaramente imbarazzata, almeno così pensavo, ed io ero in uno stato mentale che si potrebbe definire tra l’incazzato e lo sconcertato. A mente fredda e razionalmente non potevo ignorare il fatto che la mia mogliettina era stata letteralmente sbattuta da tre negri davanti ai miei occhi senza opporre resistenza e che questo, per una persona normale, era decisamente insopportabile, ma non potevo nemmeno dimenticare che la cosa mi aveva eccitato come non mi era mai accaduto in vita, senza contare il fatto che mi trovavo di fronte ad una situazione sulla quale avevo sì fantasticato, ma che non avrei pensato mai e poi mai si potesse realizzare. Insomma, non sapevo come comportarmi con lei, non sapevo cosa fare, non avevo gli strumenti: avrei dovuto fare finta di niente oppure avrei dovuto affrontare la situazione di petto traendo le conseguenze, positive o negative che fossero, di quanto era accaduto?
Come spesso accade &egrave la vita stessa a trovare la soluzione alle cose. Basta saper aspettare.
Dopo un mese dalla fine delle vacanze, rientrati ormai completamente nel tran tran del lavoro e della vita quotidiana, per un futile motivo ‘ avevo dimenticato gli indumenti sudati del calcetto dentro la borsa per un paio di giorni – litigammo furiosamente, come mai avevamo fatto prima. Lei mi diede del cialtrone e io, che tra l’altro ero nervoso per questioni lavorative, le risposi ‘di non rompermi i coglioni’. Era la prima volta che mi dimostravo così sgarbato nei suoi confronti, di solito, di fronte alle sue pretese da ‘perfettina’ domestica, mi limitavo a sbuffare e ad eseguire gli ordini. Era chiaro che tra di noi si era accumulata una tensione che, come avviene con i temporali e l’elettricità nell’aria, doveva trovare il suo sfogo. La mia risposta infatti le fece tirare fuori tutte quelle cose che da troppo tempo erano soffocate dall’imbarazzo, dalla paura, dalla vergogna e credo anche dalla sua ‘troppo’ buona educazione. Mi buttò in faccia allora che ero un impotente guardone pervertito, e che solo un coglione mezzo uomo come me poteva accettare di far scopare la propria moglie da altri così come avevo fatto io. Aggiunse, tra le lacrime, che mai come allora si sentiva un’estranea per me, una specie di soprammobile e che aveva accettato di portare fino in fondo i miei giochetti da maniaco (testuali parole) solo perché così sperava di vedermi un po’ meno indifferente e lontano Perché sperava di riaccendere qualcosa che si era spento e invece, si era resa conto che volevo solo vederla trattata come una troia e che la consideravo tale. Rimasto senza parole di fronte alla foga con cui mi aveva aggredito e alla sua disarmante sincerità, e non trovando le parole, me ne andai da casa e vagai, in auto, tutta la notte. Più che arrabbiato ero pervaso da sensi di colpa, perché un po’, in fondo in fondo, pensavo che avesse ragione: era vero che negli ultimi tempi ero stato particolarmente distratto nei suoi confronti, ed era pure vero che tornati dalle vacanze l’avevo completamente ignorata, come se la disprezzassi. Per quanto riguardava poi il fatto specifico, se io fossi intervenuto per tempo o se non avessi invitato i ragazzi egiziani nel nostro appartamento dopo averla convinta a bere abbondantemente (considerato, tra l’altro, che era quasi astemia), tutto sarebbe finito in una delle mie solite esercitazioni fantastiche davanti a un film porno e la nostra vita di coppia avrebbe continuato il suo normale, tranquillo, corso. In fondo, quindi, era anche vero che, tendenzialmente, mi eccitava guardare più che fare. Mi facevano stare male sul serio però le sue parole. Dopo mille elucubrazioni in quella notte una cosa avevo – più o meno consciamente – chiara: qualcosa dentro di me si era spezzato. Titti non era più, ai miei occhi e nella mia mente, la donna che avevo sposato. Le mie radici, il mio essere, sotto sotto, un perbenista cattolico molto più di lei, per quanto odiassi questa categoria, non mi facevano accettare, a livello razionale, quanto io stesso, istintivamente e pervaso quasi da uno strano demone, avevo deciso di far accadere. Decisi però di lasciare da parte i calcoli e le convenienze e di continuare il ‘gioco’, di dare sfogo ai potenziali e inesprimibili piaceri nascosti tra i miei desideri e quelli di mia moglie.
Tornato a casa deciso a farmi almeno un paio d’ore di sonno, mi accorsi che anche lei non aveva chiuso occhio tutta la notte: era rannicchiata sotto le coperte con tutta l’aria di avere pianto parecchio. Appena sentì che mi coricavo uscì dal suo assopimento e abbracciandomi mi chiese scusa; disse che aveva esagerato con le parole, ma che non sopportava l’ indifferenza che avevo avuto nei suoi confronti dopo quanto era successo in vacanza, che lei aveva cercato solo di assecondare i miei desideri, anche se non avrebbe mai e poi mai pensato che avrebbe potuto arrivare a fare ‘ complice probabilmente l’alcol – quello che aveva fatto. Stringendola, le risposi che sarei stato io il primo a dovermi scusare, che era stato tutto un gioco in cui il primo a servire le carte ero stato io. Aggiunsi poi, confessandomi, che non mi ero mai eccitato così tanto come quella notte e che ero stato uno stupido, poi, nel farmi condizionare dalle convenzioni morali e dagli stereotipi della moglie ‘santa’. Dal dare, insomma, altri valori e significati a quello che era stato un puro divertimento che avrebbe potuto, anzi, aumentare la complicità tra di noi. Devo dire che con le parole ci sapevo proprio fare…d’altra parte, passatemi l’immodestia, non era un caso se nel mio lavoro di commerciale la ditta per cui lavoravo mi aveva affidato i clienti più importanti a livello internazionale.
Dopo le mie parole ebbi l’impressione, guardando lo sguardo di gratitudine di Titti, di averla, come si può dire…assolta. Facemmo, dopo molto tempo, l’amore ed ebbi sin da subito l’impressione che ormai lei fosse entrata in un altro livello del sesso, come se si giocasse in serie A, se mi passate la metafora: ma poteva essere altrimenti dopo certe esperienze? Prese lei l’iniziativa, cosa piuttosto insolita, ed iniziò con lo spompinarmi mettendosi a ‘sessantanove’, come si dice nel gergo del bar, e offrendomi, tutta bella aperta, la sua figa da leccare (non l’aveva mai fatto prima data la sua proverbiale pudicizia). Dopo un po’, quando era diventata bella fradicia inizio a cavalcarmi sedendosi sopra di me da davanti, si mise in bocca il dito medio della mia mano destra e poi, dopo averlo ben leccato, mi sussurrò in un orecchio di infilarglielo nel culo. Appena lo feci non riuscii a trattenermi dal venirle dentro in modo prolungato; lei, a quel punto, si sfilò il cazzo e si masturbò a gambe aperte sopra al mio petto, mentre io continuavo a solleticarle l’ano bello umido, fino ad avere l’orgasmo. Prima di addormentarci abbracciati mi confessò che era felice che fossimo tornati a fare l’amore e che ora si sentiva più libera, che non si vergognava più di provare i piaceri del sesso e che per questo doveva ringraziarmi, anche se, aggiunse tra il serio e il faceto, dopo l’avventura egiziana aveva dovuto abbondare in creme e lavande lenitive per far passare il bruciore al sedere…era proprio cambiata, non avrebbe mai detto cose simili qualche mese prima…
Il giorno stesso, una domenica, avevamo la festa di compleanno di suo padre. Una cosa a dir poco pallosa con tutti parenti e gli amici della parrocchia. Il ‘vecchio’ non l’avevo mai sopportato, visto che era uno di quei buoni cristiani che sanno sempre come va la vita e che sono sempre prodighi di consigli e di esempi di virtù, spesso e volentieri riconducibili alla loro persona. Io ormai con lui abbozzavo da anni e fingevo sempre di dargli ragione: mi ero convinto, a ragione credo, che discutere con uno che crede di avere la verità rivelata, sia una totale perdita di tempo, a maggior ragione se questi &egrave tuo suocero. Comunque sia, in quell’occasione ‘il Giovi’, come lo chiamava la pia donna di sua moglie, mi prese in disparte e, con la scusa dell’aver percepito un’ombra di infelicità e inquietudine negli occhi di sua figlia (usò proprio queste parole, roba da rimanerci secchi all’istante!), mi rifilò un pistolotto sulle difficoltà del matrimonio, su quanto sia importante il dialogo tra i coniugi, il fare delle cose insieme, su quanto contino la volontà e la fede per far funzionare il ‘sacro vincolo’ – sempre parole sue – ed essere felici proprio come lui e sua moglie ( e ti pareva!). Quello credo sia stato uno di quei momenti in cui sono stato più vicino dall’accarezzare l’idea del suicidio, o, come variante, quella dell’omicidio…non so se mi capite. L’unica cosa che mi ha salvato dal compiere un gesto insano &egrave stata l’idea ‘ e vi assicuro che faticavo al trattenermi dal ridere mentre la elaboravo ‘ di immaginare la faccia che avrebbe fatto il sant’uomo se gli avessi raccontato che la sua cara e unica figlioletta era stata ‘ non con qualche indubbia compiacenza – sfondata e inculata a sangue da tre negri il mese prima.
Nelle settimane successive comunque, paternali a parte, io e Titti facemmo sesso con una frequenza e una qualità che mai avevamo raggiunto, senza contare il fatto che contemporaneamente non interrompevo la mia normale attività masturbatoria, spesso e volentieri con l’ausilio di dvd del genere ‘gang bang interrazziali’. La desideravo come quando l’avevo appena conosciuta: spesso e volentieri mi ritornava alla mente il film dell’esperienza egiziana che funzionava come una molla intrattenibile per la mia libido e, probabilmente, anche per la sua. Lei inoltre, chiaramente lusingata dal sentirsi così tanto desiderata, giocava a pungolarmi vestendosi sempre in modo provocante, facendo largo uso di tacchi, calze autoreggenti, e pantaloni strettissimi che mettevano in rilevo le sue meravigliose gambe e il suo fondoschiena sempre più appetibile. La cosa, poi, che anche altri uomini, in ufficio o per strada, potessero guardarla e desiderare di sbattersela, contribuiva in maniera determinante a solleticare i miei appetiti. Ricordo che una sera, in particolare, non resistetti dal farmela in cucina appena la vidi tornare dal lavoro. Aveva indossato un paio di leggings neri in simil pelle che aveva comprato da poco e che, come un guanto, le mettevano in risalto, a guardarla bene, lo ‘zoccolo di cammello’ come direbbero gli angloamericani. D’altra parte li portava senza mutandine tanto erano aderenti; li aveva messi con un cardigan di lana che le finiva appena appena sopra la curva dei glutei; per tutto il giorno, tanto la trovavo ‘porca’ in quella sua mise, non avevo fatto altro che pensare ad uomini che, in autobus e negli uffici della sua azienda, la palpeggiavano e le appoggiavano il membro contro, o si masturbavano guardandole il culo stretto nei pantaloni che lei, provocatoriamente, mostrava e non mostrava. Era chiaro che ormai aveva preso completamente consapevolezza dell’aurea e del potenziale sessuale che aveva come donna. Immerso in questi pensieri tornai a casa presto dalla mia attività ‘ per fortuna non avevo cartellini da timbrare ‘ e appena la vidi entrare dalla porta di casa, in preda ad un’erezione che avevo trattenuto da ore, senza tanti cerimoniali, la presi da dietro subito dopo averla salutata, la feci piegare sul tavolo della cucina abbassandole i pantaloni, nonostante lei protestasse con voce divertita che avrebbe avuto bisogno di fare una doccia, e, notando, tra l’altro, che si era completamente rasata, tenendola a gambe strette, iniziai a leccarle prima la vagina, andando su e giù per le grandi labbra, e poi il buco del culo, assaporando fino in fondo l’odore intenso e selvatico della sua eccitazione e della sua pelle, come avrebbe fatto un animale. Successivamente, non riuscendo più a trattenermi, presi il vasetto di miele che era rimasto sul tavolo dal mattino, per la colazione, le spalmai il buco del culo ben bene, e , dopo averle abbassato il bacino al livello del mio, la inculai con un colpo secco, profondamente, venendo dopo qualche secondo (certo la resistenza non era il mio forte). Lei a quel punto, restando nella stessa posizione, girò la testa verso di me e mi invitò a continuare a leccarla allargando, con le mani, l’incavo tra le sue cosce ancora costretto dai leggings che le stavano abbassati solo sopra le ginocchia.
Ormai era chiaro che la ragazza aveva perso totalmente le sue originali inibizioni, ma che, soprattutto, le avevamo perse noi come coppia. Non mancai inoltre di complimentarmi con lei per la sua nuova capacità di sapermi stuzzicare e di prestarsi senza tante storie alle mie voglie. Atteggiamento che, chiosò lei, teneva molto volentieri, confermandomi ancora una volta, quasi volesse rimarcare il concetto, che si era come sbloccata dopo l’estate, e che non aveva più paura di nascondere e negare, prima di tutto a se stessa, i propri desideri e appetiti sessuali. Quest’ultima cosa che ebbe il coraggio di affermare da una parte mi rallegrò, ma da sotto un altro aspetto insinuò nella mia mente ‘ avrete capito un po’ contorta ‘ un pensiero doloroso ed eccitante allo stesso tempo: non &egrave che la mia mogliettina, finalmente liberata dai tabù di una cattolicissima educazione, oltre che cercare di eccitare e soddisfare il sottoscritto esprimeva questi suoi nuovi e inesplorati sentieri dei sensi con qualcun altro o, meglio ancora, con più di uno?
A novembre di quell’anno presi una decisione ‘epocale’, che si rilevò gravida di conseguenze: su insistenza di Titti e non senza qualche rimpianto, abbandonai il calcetto e mi iscrissi nella palestra che lei frequentava ormai da un paio di anni. Così accontentavo anche il suocero pensai, anche se lui, per ‘fare delle cose insieme’ forse intendeva i corsi prematrimoniali che teneva con sua moglie da anni in appoggio al parroco della sua ‘comunità’ (che parola del cazzo). Non ero mai entrato in una palestra e, da calciofilo impenitente, avevo sempre considerato tutti quelli che facevano pesi, nuoto, flessioni e vari esercizi ginnici come dei coglioni. Era indubbio però che dovevo iniziare a porre riparo al decadimento inesorabile del mio corpo e, soprattutto, limite alla mia sempre più prominente panza, sgradita, tra l’altro, alla mia dolce metà. Venni a conoscenza così delle amicizie che mia moglie aveva stretto nel frattempo, persone che non avevo mai minimamente considerato e con le quali la lasciavo uscire da sola, e mi accorsi ben presto della variegata fauna che frequenta le palestre e soprattutto di quella, che era la più quotata (nonché costosa) della città. Uno dei primi che non poté fare a meno di colpirmi fu George, uno degli istruttori: era un afroamericano sulla quarantina alto circa 1,85, con delle cosce enormi e delle spalle monumentali; sembrava, per chi se lo ricorda, un calciatore olandese che giocò nel Milan tra gli anni ottanta e novanta. A differenza dell’asso rossonero però non aveva le treccine, ma era completamente rasato e portava un pizzetto ben curato. Questi dopo essersi presentato il primo giorno, e dopo avermi squadrato, cercando di nascondere, chiaramente per educazione e opportunità commerciale, un chiaro disprezzo per il mio fisico e per il mio abbigliamento da ex calciatore, mi consigliò subito degli esercizi da fare e mi insegnò ad usare le macchine del caso. Poi, quando si avvicinò Titti, e capì, non senza sorpresa, che ero suo marito, si propose di farmi da personal trainer, offrendomi la possibilità di un pacchetto risparmio che, oltre all’entrata nella struttura, mi avrebbe garantito anche la possibilità di usufruire di quel servizio. Ovviamente, anche a causa ‘ anzi soprattutto a causa ‘ dell’intervento di Titti dovetti accettare, mio malgrado, quell”imperdibile’ affare. Una delle sere successive, tornando a casa dalla palestra le chiesi informazioni sul negrone, visto che lì dentro sembrava godere di una certa autorità. Lei ridacchiando mi disse che non era un semplice istruttore, ma che era anche tra i proprietari della palestra e che in gioventù era stato un apprezzato pentatleta. Era statunitense, ma da anni viveva in Italia dove si era appunto trasferito sin da ragazzo dopo aver avuto un ingaggio nel nostro paese. Aggiunse poi, sempre divertita, che era molto apprezzato soprattutto dalle frequentatrice femminili della palestra e che infatti aveva fama di essere un vero e proprio stallone, cose che le era stata confermata da una sua amica senza peli sulla lingua, che in spogliatoio, un giorno, le aveva magnificato le doti amatoriali del buon George con dovizia di particolari, dilungandosi sulle dimensioni del suo pene e sulla sua capacità di resistenza. Pareva che il tipo accettasse anche, nel caso, sostanziosi regalini da parte di donne mature in cambio delle sue performance. D’altra parte, chiosò, quel ragazzo ha proprio un gran fisico e, aggiunse con una strana inclinazione della voce, un gran culo. Mentre mi raccontava tutto questo non riuscivo a trattenermi dall’immaginare mia moglie alle prese con il mostro che immaginavo si trovasse tra le gambe dell’istruttore, magari insieme alla sua amica, che mi pare si chiamasse Laura, una ragazza un po’ bassina, ma con un bel culo, più grosso di quello di mia moglie, ma bello sodo e soprattutto con delle labbra belle e carnose, evidenziate sempre da un pesante rossetto, che le davano un’aria da gran baldraccona. Magari, pensavo, quando mi diceva che si tratteneva dopo la palestra con le sue amiche per bere un frullato, in realtà si intratteneva con George nello spogliatoio maschile; magari tutti quei dettagli sul cazzone del negro li aveva sperimentati direttamente: me la immaginavo a gambe aperte sul lettino dei massaggi, con le cosche appoggiate al busto dell’energumeno che la penetrava selvaggiamente per un tempo interminabile facendola urlare di piacere finché non la faceva venire tra spasmi convulsi. Immaginavo lei e Laura completamente nude e a bocca aperta ai suoi piedi, mentre a turno si infilavano fino alla gola l’enorme cazzo e gli leccavano le palle finché non venivano sommerse dalla sua sborra…
Vedendomi un po’ assente, alla fine del racconto, mi chiese cosa avessi. Non riuscii a nasconderle che questo George un po’ mi ingelosiva e, a mo’ di battuta le feci : “non &egrave che quei dettagli sulle dimensioni e le prestazioni del negrone le hai sperimentate direttamente? Con la scusa dell’amica spesso ci si confessa…”. Mi pentivo di aver detto quelle parola già nel momento in cui le avevo pronunciate, poiché ero sicuro che sarebbero state foriere di un’ incazzatura oppure di chissà quali apocalittiche conseguenze. Invece lei mi stupì ancora una volta: ” ti disturba più l’idea che me lo sia scopato o che tu non fossi lì, a guardarmi, mentre lo facevo?” disse queste parole con un sorriso ambiguo e disarmante allo stesso tempo, mentre infilava la mano nella patta dei miei pantaloni scoprendo, senza sorpresa, che ero in erezione. Approfittando che eravamo fermi in una delle ineluttabili code del traffico cittadino, quindi mi masturbò facendomi venire in men che non si dica.
Arrivati alla settimana che precedeva il Natale la palestra diede un cocktail party per fare gli auguri ai soci. Ovviamente non potemmo mancare nonostante il mio tentativo di evitare la cosa come la peste. Come immaginavo durante la serata mia moglie chiacchierò ininterrottamente con una selva di persone ai miei occhi insopportabili e io finii col darmi alle pizzette e ai tramezzini nel tentativo di soffocare la noia, alla faccia della linea per il cui utopico raggiungimento pagavo fior di quattrini. Laura, l’amica di Titti cui prima accennavo, un po’ impietosita o incuriosita mi venne in ‘soccorso’ e, cercando probabilmente di farmi sentire parte del gruppo, iniziò a chiedere informazioni sul mio lavoro, su come mi trovavo in palestra, su eventuali progetti di vacanza per la pausa natalizia…insomma, le solite cose idiote che si chiedono tanto per fare conversazione, anche se lei, devo dire la verità, riusciva ad essere piuttosto simpatica e quindi, tutto sommato, rendeva piacevole la conversazione, anche perché l’audace décolleté del suo abitino scuro faceva intravvedere due tette davvero spaziali dalle quali facevo fatica a togliere gli occhi durante il nostro dialogo. Cosa che lei, maliziosamente, mi fece anche notare con una battuta. Mi presentò quindi un altro ospite della serata, che fino a quel momento come me se ne era stato un po’ in disparte e sembrava come me un pesce fuor d’acqua. Si trattava di un giovane camerunese, di nome Samuel e con un cognome impronunciabile, poco più che ventenne, che, mi spiegò subito lei, giocava con la squadra di calcio cittadina, che all’epoca si trovava in lega pro, e che da poco frequentava la palestra per seguire un corso di riabilitazione a seguito di un brutto infortunio che l’aveva tenuto mesi lontano dai campi di calcio. Era George stesso che gli faceva la riabilitazione e i due erano diventati molto amici, da quanto riuscii a capire: l’istruttore, confermò Laura, si comportava con lui come un fratello maggiore e lo stava aiutando ad inserirsi in un ambiente, quello del famoso nord est che lavora, aggiunse civettuola, che certo non si dimostra troppo accogliente nei confronti degli extracomunitari, soprattutto se di colore. Mentre la donna parlava il calciatore annuiva e con il suo italiano un po’ rozzo ‘ era da noi da poco più di un anno ‘ aggiungeva qualche particolare per me assolutamente noioso. Nel frattempo, tra l’altro, avevo perso completamente di vista mia moglie, finché non la notai uscire dall’ufficio di George con un pacchetto in mano. Devo aver dato l’impressione di essere preoccupato o perlomeno turbato, perché subito Laura dandomi di gomito e contemporaneamente strizzando l’occhio verso l’altro interlocutore, mi ‘scherzò’ dicendomi che non mi dovevo preoccupare visto che mia moglie era una santa e che comunque, se fosse successo qualcosa di ‘interessante’ in quell’ufficio, avremmo sentito sicuramente le urla…Abbozzai un mezzo sorriso mentre Samuel rideva di gusto alla battuta e Laura aveva l’impressione tipica di chi crede di avere appena detto qualcosa di sagace. Nel giro di qualche minuto Titti ci raggiunse, e dopo aver ringraziato l’amica per “avermi fatto da balia” mi disse che forse era che il caso di andare a casa, visto che ormai erano già le nove e stavano sbaraccando. Prima di andarcene colsi l’occasione per offrire un passaggio a Laura, dato che mia aveva detto che era arrivata con i mezzi pubblici, ma lei, dopo aver rivolto uno sguardo d’intesa a mia moglie mi rispose, facendo volutamente un po’ la civetta, che si era già messa d’accordo con due cavalieri ‘neri’. In auto, durante il percorso verso casa, entrai immediatamente in modalità automa: mentre mia moglie mi parlava della gentilezza e dell’eleganza di George che le aveva regalato un completino tecnico ‘very cool’ per il footing, e aggiungeva chissà quali altre menate, io ero distante anni luce, immerso nell’elaborare i dettagli del possibile film che stava interpretando Laura con i due negroni che l’avrebbero portata a casa. Avevo saputo proprio da lei infatti che il marito, per ragioni di lavoro, tornava abitualmente a casa solo nei week end, e quindi mi immaginavo lei che, troia come poche, invitava i due ad entrare per un caff&egrave. Da lì a ritrovarsi con i due che le strizzavano le tette e le infilavano il loro cazzone nero nella figa e nel culo dopo averle strappato i collant, secondo la mia fantasia, non sarebbe passato troppo tempo, anche perché sia George che Samuel non davano per niente l’idea di essere tipi che si tirano indietro quando sentono odore di figa, anzi…Ad un certo punto però dovetti abbandonare forzatamente il mio ‘viaggio’, perché Titti mi fece una domanda diretta alla quale non potevo semplicemente grugnire in modo distratto come avevo fatto fin lì. Mi proponeva di fermarmi in videoteca visto che in tv quella sera non davano niente ed era comunque troppo presto per andare a letto. Accettai di buon grado, anche perché un filmetto poco impegnativo l’avrebbe tenuta buona fino al sonno ed io avrei potuto continuare ad immaginarmi le performance di Laura. Arrivati al distributore automatico iniziammo quindi la ricerca, ma dopo un quarto d’ora non avevamo ancora deciso che film prendere. A quel punto Titti sussurandomi in un orecchio con fare intrigante, mi disse che se volevo potevamo prendere uno di quei ‘filmetti’ che normalmente mi guardavo da solo. La cosa non mi turbò tanto per la richiesta, quanto perché mia moglie mi confermava, ancora una volta, non solo di conoscere a mena dito le sfaccettature della mia sessualità, ma anche di non volere più censurarle, condividendole pure… Noleggiammo ‘White Chicks Black Dicks: Black Man Next Door’ con quei superdotati di Sean Michael e Mr Marcus. Il film lo scelse lei, ma era esattamente quello che avrei preso io…
Da come era bagnata Titti sembrava avere apprezzato molto il pornazzo, e dopo che le ero venuto per la seconda volta nel culo mettendola inginocchiata sul tappetto con la faccia a terra quasi a formare un angolo di 45′ con le cosce e il busto – sull’esempio di quello che avevo poco prima visto fare nel film – continuò a masturbarsi da sola guardando una scena di gang bang per poi venire, tra mille contorsioni e in modo prolungato, anch’essa per la seconda volta.
Dopo esserci fatti la doccia insieme andammo a letto. Io ero piuttosto esausto se devo dire la verità, ma lei sembrava avesse voglia di far conversazione. “Ho visto che Laura ti ha presentato Samuel e che sei stato a parlare quasi tutta la sera con loro…” esordì lei. Ebbi come l’impressione che la sua domanda non fosse altro che l’appendice di un pensiero più sotterraneo che forse aveva avuto per tutta la sera. L’eccitazione subitanea che mi aveva provocato l’idea di Laura a casa con i due tizi di colore e che era stata anche la fantasia dominante mentre scopavo mia moglie, probabilmente non era stata solo mia. Magari anche lei non aveva fatto che pensare a quello, o almeno, aveva capito che io non pensavo ad altro che a quello. Ecco spiegata quindi, confermai tra me e me, la scelta del film. Siccome vedeva che non rispondevo, decise di continuare il discorso da sola:” E’ un degno compare del suo ‘pigmalione'” continuò lei “e si dà molto da fare anche lui, ad occhio e croce, con le signore della palestra, anche se Laura non mi ha ancora riferito nessun pettegolezzo in proposito “. L’argomento diventava intrigante, e così mi ridestai dal mio torpore chiosando la sua ultima affermazione con un sarcastico “magari stanotte ha colmato il vuoto…”. Lei colse subito la palla al balzo per confermare che ormai, per lei, i miei pensieri erano completamente intelligibili “immaginavo che tu fossi stato ‘colpito'” pronunciò questa parola con evidente ironia ” dal fatto che Laura si sia fatta accompagnare a casa da Samuel e George…chissà cosa ha elaborato la tua testolina di maialino pornomane” disse quasi divertita. Poi, accarezzandomi la coscia, aggiunse: ” comunque quel calciatorino ne deve ancora imparare di cose da George, soprattutto per quanto riguarda l’eleganza e lo stile…Pensa che stasera, mentre eravamo in coda per il risotto, mi si &egrave strusciato contro ripetutamente e, chiaramente, lo ha fatto apposta, visto che ho potuto sentire perfettamente la sua erezione e che, considerato che avevo un buon tacco dodici, data la sua altezza si deve essere messo in punta di piedi per raggiungere il mio sedere” queste parole ebbero un effetto immediato sul mio pene, che sebbene piuttosto spompato dall’attività precedente, si produsse in una immediata e potente erezione. Titti accortasene senza ombra di dubbio, data la posizione della sua mano, però, a quel punto, sbadigliò e, dopo avermi dato la buona notte con un beffardo bacino sulla fronte, si girò dall’altra parte.
Qualche giorno dopo arrivammo all’antivigilia di Natale. Mentre uscivo per andare al lavoro Titti, che invece era ancora a letto poiché aveva preso un giorno di ferie, mi annunciò che quella sera avremo avuto ospiti a cena e quindi mi pregava di tornare presto. Data la sua vaghezza e dato il periodo pensai subito che gli ospiti sarebbero stati sicuramente i suoi genitori, anche perché la sera prima era stata un’ora al telefono con sua madre a parlare di cibo, rosticcerie e piatti natalizi. Sicuramente le due, che notoriamente erano negate per la cucina, si stavano mettendo d’accordo su quale era il locale per asporto migliore per organizzare una cena a base di pesce. Probabilmente poi mia suocera si era offerta per fare una delle sue mefitiche torte salate mentre mia moglie proponeva di fare l’unica cosa che gli veniva decentemente: le tartine al salmone (sai che difficoltà…). Per fortuna pensai, avevo ancora una buona scorta di vino, soprattutto un certo Riesling che avevo appositamente comprato in una cantina meravigliosa che avevo scovato nel friulano. Ovviamente durante la giornata feci di tutto per trovare una scusa che mi permettesse di arrivare tardi alla cena, d’altra parte, cercate di capirmi, i miei suoceri erano pallosi di norma, figuratevi poi nel periodo natalizio, quando le loro manie religiose trovavano la loro massima espressione… Alle otto e mezza di sera infatti ero ancora in ufficio a ordinare carte e a rivedere i budget per l’anno a venire, dopo aver fatto il giro dei clienti di zona per gli auguri. Tra l’altro non avevo nemmeno appetito, visto che per tutto il pomeriggio mi erano stati offerti aperitivi e snack a fiumi. Titti stranamente non mi aveva ancora chiamato, ma proprio in quell’istante mi mandò un ambiguo sms :” Cerca di arrivare al più presto, agli ospiti ho già servito l’antipasto. Spero che tu avrai delle buone ragioni per tardare così tanto…Inoltre George non può trattenersi molto perché più tardi ha un impegno con quelli della squadra di calcio…”. Subito iniziarono ad affastellarsi nella mia mente i più disparati pensieri. George? Aveva davvero invitato a cena il negrone oppure era uno dei suoi giochetti per farmi andare a casa? Iniziai ad agitarmi e nel giro di qualche minuto ero già immerso nel traffico cittadino in preda ad una strana eccitazione mista a curiosità e angoscia. A pensarci bene, che avesse invitato l’istruttore era probabile, visto che, come un lampo a ciel sereno, mi ricordai che tra le varie cose che mia moglie aveva detto tornando a casa dal cocktail della settimana prima e dopo aver scartato il regalo fattole dallo stesso, c’era anche un ‘potrei invitarlo a cena per ringraziarlo’ al quale sul momento non avevo dato peso. Ci misi quasi un’ora a tornare dato che la città era praticamente bloccata dalla frenesia pre – natalizia e i semafori un vero e proprio cilicio, esacerbato da una insoddisfatta erezione che mi aveva colto nel momento in cui avevo letto l’sms di mia moglie e quindi dall’ineluttabile pensiero di lei sodomizzata a più riprese dal negro dopo che questi, tra una tartina e l’altra, le aveva lubrificato il buco del culo con la maionese. Le cose comunque erano un po’ diverse da come me le ero immaginate, ma forse anche più intriganti. Oltre a George infatti erano stati invitati Laura e quel cornutone di suo marito, un tipo affabile, sulla cinquantina e un po’ su di peso che, come ebbi modo di sapere durante quel che rimaneva della cena, faceva l’ingegnere nucleare. Mi scusai ampiamente e mi aggiunsi quindi alla combriccola cercando anche di essere simpatico e socievole non mancando di fare apprezzare agli ospiti la qualità di alcuni vini della mia cantina. Notai che Laura era meno ciarliera di quanto avevo pensato mentre mi intratteneva in palestra la settimana prima, mentre suo marito risultava essere un tipo davvero interessante. George era galante come al solito e perfettamente a suo agio anche in quel contesto. Arrivati al dolce mia moglie mi invitò a seguirla in cucina perché aveva bisogno di un aiuto per recuperare i piattini di porcellana che si trovavano nello stipite alto della dispensa. Portava un abitino beige stretto con la gonna al ginocchio, un cardigan nero di lana pettinata che faceva pendant con gli stivali in cuoio tacco 10 e contrastava con il pallore della perle della lunga collana annodata appena sotto il décolleté. Quando salì sulla scaletta necessaria per arrivare ai piatti alzò la gonna troppo stretta per quell’operazione, mostrando da dietro, a pochi centimetri dalla mia faccia, il taglio della sua fichetta ancora completamente rasata messo in luce da dei collant a rete tinta carne aperti sulle natiche e sul cavallo. Mentre la tenevo affinché non cadesse con i piatti in mano potevo sentire, anche se appena percettibile, il caratteristico odore della sua intimità, cosa che mi riempì di eccitazione. La cosa però non finì lì. Dopo esser scesa e aver posato i piatti, a bassa voce mi diede delle chiare e incredibili istruzioni, che mi scombussolarono non poco… da lì a qualche minuto, mentre mi trovavo con gli altri, avrebbe fatto suonare il mio cellulare; a quel punto avrei avuto due possibilità: potevo fingere che la chiamata fosse di un cliente che si era ricordato tardivamente di farmi gli auguri e, in quel caso, il mio regalo di Natale l’avrei trovato in un pacchetto nell’armadio in camera, oppure potevo dire che all’altro capo del telefono ci stava mia sorella che era stata a piedi con l’auto in autostrada mentre stava tornando per le vacanze al nostro paese d’origine, e che chiedeva il mio intervento. In questo secondo caso mi sarei dovuto congedare in tutta fretta con gli ospiti e uscire per raggiungere di nascosto il sottoscala da dove mi sarei goduto, in ‘prima fila’, il suo personalissimo ed esclusivo regalo natalizio, potendo interrompere comunque, quando lo avrei ritenuto sufficiente, con un semplice squillo del cellulare. Devo aggiungere, per far comprendere meglio la cosa, che abitavamo al pian terreno e che dal garage si poteva accedere al succitato sottoscala che dava, attraverso una porta a vetro opacizzato all’esterno, direttamente nel salotto. Praticamente, per questioni estetiche e legate alla luminosità dei vani, dal salotto non si vedeva l’interno del sottoscala, mentre dal sottoscala si vedeva perfettamente il salotto.
La scelta tra il noto e la sorpresa, tra una serata normale in un rapporto convenzionale e lo scoprire fino in fondo dove poteva arrivare mia moglie, insomma toccava a me. Lei era diventata il deus ex macchina, e lei decideva quindi di assegnarmi il libero arbitrio…Ero rimasto senza parole. Dentro di me si inseguivano sentimenti, desideri e anche paure contrastanti. Avrebbero avuto la meglio le tentazioni dei rimorsi o quelle dei rimpianti? Appena tornai da solo in salotto tra gli ospiti il cellulare suonò. Dovevo scegliere. Al terzo squillo lo appoggiai all’orecchio e finsi, da attore consumato, di stare al telefono con una sorella disperata che mi chiamava dal ciglio di un’autostrada con l’auto in panne. E’ la nostra curiosità che ci spinge alla dannazione o all’estasi. Spiegai la cosa ai commensali che, ovviamente, capirono la gravità della cosa e in tutta fretta andai a prendere il cappotto. A quel punto Laura, rivolgendosi al marito, disse che forse era il caso anche per loro di tornarsene a casa visto che per tutta la sera non si era sentita bene e temeva di avere la febbre, tanto più che ormai erano quasi le undici e che anche George sarebbe dovuto andarsene di lì a poco. Certo, pensai, di attori consumati ce n’erano più d’uno in quella stanza. L’afroamericano, dal canto suo, mostrò di essere dispiaciuto per la situazione e, quasi per rassicurarmi aggiunse che, comunque, anche lui, a breve, avrebbe chiamato i suoi amici per capire a quale ora e in quale locale si sarebbero trovati e che quindi si sarebbe intrattenuto giusto il tempo per non arrivare in discoteca troppo presto. Mentre uscivo incrociai lo sguardo di Titti, serio come quando era arrabbiata o come quando era tesa per qualcosa di importante. Arrivato all’auto salutai Laura e il marito e parcheggiai un paio di vie più avanti, per non destare sospetti, quindi tornai a piedi a casa e, con la perizia di un ladro o di un assassino, mi intrufolai nel mio garage da dove raggiunsi il sottoscala che apriva lo sguardo, appunto, all’ancora illuminatissimo salotto di casa. L’operazione era durata una ventina di minuti, ma ora era come se mi trovassi di fronte ad uno schermo in super HD: mia moglie era al telefono e ridacchiava con chissà chi, mentre George sorseggiava un bicchiere del mio ‘Lagavulin’ seduto comodamente sul divano, proprio di fronte a me, ma ignaro, ovviamente, della mia presenza. Chiusa la telefonata porse il cellulare all’istruttore che se lo mise in tasca, infatti il telefono, non era quello di mia moglie…Da questo momento lei iniziò una specie di ‘balletto’, tra moine, battutine e sottili doppi sensi che aveva il chiaro intento di eccitare il negro, ma chiaramente anche me che stavo al di là del vetro; parecchie volte infatti guardò in direzione della porta quasi a confermare questo intento. Era come se stesse spargendo qua e là l’odore della sua figa. Ad un certo punto, si piegò anche in avanti sul tavolo dove avevamo mangiato con la scusa di riordinare: dallo sguardo spermatozoico del mandingo capii che probabilmente gli aveva mostrato, alzando appena la gonna, parte di quello che avevo visto io qualche ora prima. Non avrei mai pensato che potesse essere così troia. Lui si offrì di aiutarla, ma lei, dopo essere andata e tornata un paio di volte dalla cucina, gli rispose che non occorreva. Poi si sedette al suo fianco sul divano e presogli dalle mani il bicchiere di whisky ne assaggiò anche lei un po’, commentando maliziosa ” chissà a che ora torna mio marito, mi tocca stare a casa sola soletta se anche tu te ne vai…”. George, chiaramente arrapato la accarezzò dolcemente guardandola negli occhi. Il cazzo mi stava per esplodere nei pantaloni, avrei avuto voglia di aprire la porta e di intervenire scopandomela seduta stante. Quell’attesa mi stava snervando ed eccitando come non mai, e, senz’ombra di dubbio, doveva essere la stessa cosa per l’altro uomo. Proprio in quel momento suonò il campanello di casa. Chi cazzo poteva essere a quell’ora? Erano già le undici passate…I due comunque non sembravano sorpresi, e mia moglie andò alla porta. Ricomparve dopo un paio di minuti seguita da Samuel…Ecco con chi era al telefono poco prima pensai…I due negri si salutarono, poi il più anziano, scambiandosi delle occhiate di intesa con Titti, disse al neo arrivato che non aveva più tanta voglia di andare in discoteca, aggiungendo, dopo aver raccontato la faccenda che mi riguardava, che la padrona di casa sarebbe stata da sola fino alle prime luci del mattino. Notai uno strano ghigno nel volto di Samuel. Era chiaro che aveva capito le intenzioni dell’amico che fino a un minuto prima era arrivato ad un centimetro dalla meta. A quel punto mia moglie però insistette perché Samuel rimanesse almeno per un po’ con loro, offrendogli una fetta di torta accompagnata dallo spumante e questi, nonostante volesse chiaramente favorire gli intenti dell’amico non poté dir di no, nonostante lo sguardo esterrefatto dell’amico. Certo che Titti, pensai, ci sapeva proprio fare nel far impazzire di desiderio gli uomini facendogli sentire l’odore della sua fighetta per poi, magari, lasciarli a bocca asciutta. D’altra parte era sempre stata questa una sua peculiarità, fin dal giorno in cui la conobbi. Ormai però aveva imparato anche ad essere estremamente sorprendente. Così, non appena ebbe servito il calciatore che si era seduto a tavola se ne uscì con un “…comunque ci si può divertire anche senza andare in discoteca che ne pensi Samuel?”, mentre pronunciava queste parole si era posta al centro della stanza e si era abbassata la lampo del vestito cadutole ai piedi. Rimaneva quindi nuda, con i soli collant, gli stivali e la collana di perle. I due uomini rimasero senza parole, chiaramente stupiti nonostante non fossero certo dei pivellini. Forse anche loro, conoscendola, o credendo di conoscerla, non si sarebbero mai aspettati da lei una cosa del genere. Era strepitosamente figa, i tacchi e il collant aperto le mettevano in risalto la forma delle natiche perfettamente ovali ‘ io la vedevo da dietro ‘ che lasciavano intravvedere il monte di venere della sua fichetta, come ho già detto completamente depilata. Da dietro il vetro provai una sensazione fortissima, come mai avevo provato. Mi sembrava di aver preso un pugno nello stomaco che mi provocava un infinito dolore ma che, allo stesso tempo, mi riempiva, paradossalmente di piacere. Il respiro iniziò ad accorciarsi e il cazzo era diventato duro come una pietra, quasi dolorosamente duro. Avrei, com’era nei patti, potuto interrompere tutto se solo avessi voluto, avrei potuto, ma non lo feci. Lei scivolò quindi verso George, che era seduto sul divano, si inginocchio davanti a lui e con calma olimpica gli sfilò i pantaloni, mentre l’uomo sembrava paralizzato. Aveva un uccello spropositato, che confermava le leggende nate attorno ad esso. Lei si dimostrò chiaramente sorpresa dalle dimensioni del suddetto pene, ma chiaramente eccitata dalle stesse iniziò a leccarglielo, andando su &egrave giù per l’asta con la lingua finché non diventò completamente duro. Dopo averlo incappucciato con un preservativo che il negrone aveva opportunamente aperto nel frattempo, si mise a cavalcioni su di lui e si infilò il cazzone fino in fondo nella figa già completamente fradicia emettendo un profondo gemito. Iniziò a cavalcare quindi con foga il negrone che con le mani le stringeva completamente le chiappette strette dal collant. Il suo cazzo la riempiva completamente e le sue palle battevano contro il culo. Dopo un po’ si girò su stessa dando la schiena a George e, sfilatasi gli stivali, si infilò nuovamente il cazzone, e appoggiando i piedi sulle cosce dell’energumeno e facendo perno con le braccia iniziò a cavalcarlo nuovamente, mentre lui con una mano le strizzava i capezzoli e con la l’altra le solleticava il clitoride. L’altro negro era restato un po’ a guardare, poi denudatosi completamente, si era avvicinato ai due chiaramente intenzionato a partecipare alla festa. Anche lui aveva un bell’uccello anche se nemmeno lontanamente paragonabile al mostro che teneva tra le gambe George e che ora era completamente ‘scomparso’ nell’utero di mia moglie. Si pose di fronte quindi a Titti e, in piedi sul divano, la prese per i capelli direzionando la bocca di lei verso il suo cazzo completamente eretto. Iniziò quindi a farsi spompinare dando lui il ritmo con la mano che teneva la testa della donna. La scena durò qualche minuto; era chiaro che anche Samuel voleva assaggiare la vagina stretta e bagnata di mia moglie e anche lei l’aveva capito se non altro perché le aveva levato l’uccello dalla bocca e si era infilato a sua volta un condom. Si alzò quindi dalle ginocchia di George e si fece guidare da Samuel che, infoiato come un mandrillo, la prese in braccio e appoggiatala con la schiena sul tavolino basso antistante il divano, le allargò le gambe fino quasi ad appoggiarsele sulle spalle e iniziò a pomparla potentemente e violentemente tra i sussulti e gli affannosi respiri di lei, finché, dopo diversi minuti, non venne emettendo un verso animalesco e gutturale. George, che nel mentre era andato probabilmente in bagno, ricomparve nella stanza completamente nudo – era davvero ancora più impressionante a vederlo così ‘ e con un tubetto di vasellina in mano. Quello che tenevamo, per l’appunto, nell’armadietto dei medicinali. Era chiaro che non gli sarebbe bastata la figa, ma voleva ancora di più. Il cazzo era diventato moscio, ma nonostante questo era decisamente impressionante vederglielo oscillare tra le gambe, sembrava quello di un cavallo…Prese Titti per un braccio e la alzò dal tavolino. Lei quando vide l’unguento capì immediatamente, ma dopo aver dato un’altra occhiata, sempre meravigliata, all’uccello del negro scosse la testa e con una chiara nota di timore nella voce gli disse:” non avrei mica intenzione di infilare quel mostro nel mio culo spero…”. Lui, con un sorriso e un “non ti preoccupare dolcezza…” cercò di tranquillizzarla, quindi la mise a pecorina con la faccia e le braccia stese sul divano. Quell’altro, ancora ansimante, assisteva alla scena seduto sul tappetto, ce l’aveva ancora duro nonostante la sua sborra avesse poco prima traboccato dalla figa di mia moglie e si stava infilando un altro preservativo. Iniziò quindi a leccarle il buco del culo che teneva ben aperto con la mano destra, mentre le infilava due dita della sinistra nella figa masturbandola e facendole schizzare sulle cosce i suoi caldi umori. Lei mostrava di gradire molto, attraverso gemiti sempre più incalzanti ed espliciti inviti a continuare, l’azione dell’uomo, che dopo averla portata quasi al culmine del piacere, sostituì l’enorme membro, che nel frattempo si era rialzato, alle dita spingendolo nella figa per poi ritrarlo piano piano più volte. Lei stava chiaramente impazzendo e quindi allungò le braccia fino al bacino del negro e affondando le sue unghie sulle natiche lo costrinse a mantenere il cazzo immerso nella sua figa completamente dilatata e fradicia. George cominciò a muoversi dentro di lei con lenti movimenti sussultori infilando, inoltre, il pollice destro nello sfintere umido di Titti. Ci sapeva proprio fare, devo ammetterlo. Lei, a quel punto, iniziò a a tremare convulsamente per i riflessi dell’orgasmo, producendosi in sospiri sempre più profondi e spezzati, fino quasi ad urlare. Non l’avevo mai vista, ma soprattutto non l’avevo mai sentita godere così…A quel punto però George reclamò il giusto compenso. Mentre lei era ancora ansimante la fece inginocchiare sul tappetto con il sedere alto e la testa appoggiata a terra. Le riempì il buco del culo con la vaselina, ‘lavorandolo’ anche con le dita, poi, dopo essersi spalmato anche il cazzo le puntò l’enorme glande sullo sfintere anale e, piano piano, introdusse tutto il pene nel culetto di mia moglie. Lei spalancò la bocca in un gemito di dolore misto a piacere e strinse con le mani il tappetto mentre lui ‘dolcemente’ la inculava finché, un attimo prima di venire, non sfilò repentinamente il cazzo per sborrarle addosso, ansimante, impiastricciando le natiche e i collant del suo liquido seminale. Samuel, che aveva osservato la scena come ipnotizzato ‘ e in questo devo dire non era diverso da me che stavo aldilà della porta ‘ non volle essere da meno del compare. Rimettendola a pecorina, inculò a sua volta Titti che diede quasi la sensazione, tanto era dilatata, di sentire appena l’azione del ragazzo che le eiaculò, ancora una volta, dentro il culo dopo appena qualche secondo, non riuscendo a trattenersi data la incommensurabile eccitazione che aveva raggiunto. Erano tutti sudati fradici e affannati come se avessero fatto una maratona, ma non era finita lì. Mia moglie infatti sembrava non essere ancora del tutto soddisfatta. Iniziò quindi a solleticare nuovamente George, leccandogli i capezzoli e sfiorandogli con la mano le palle che sembravano di cemento. Poi, scendendo sempre più giù con lingua iniziò a leccargli l’inguine, fino ad arrivare al buco del culo. Contemporaneamente, con l’altra mano, aveva iniziato a masturbare Samuel, che data la giovane età e la prestanza fisica si era subito ringalluzzito. Lei, avvertendo la riottenuta rigidità del membro del calciatore, decise quindi di cavalcarlo alla amazzone mentre continuava a guardare e ad accarezzare George che riuscito a far rialzare la sua torre nera, su esplicito invito di Titti, la prese ancora una volta da dietro, mentre Samuel continuava a tenerglielo saldamente piantato nella figa, producendosi così in una doppia penetrazione da urlo, nel senso letterale del termine, dato che la mia mogliettina, dopo appena pochi minuti che i due negroni continuavano nella loro azione simultanea, si produsse in un violento orgasmo contornato da gridolini acuti e da prolungati spasmi che impedirono la continuazione delle penetrazioni. Titti però si mostrò ancora una volta molto generosa: presi i due cazzi tra le mani e alternandosi con la bocca tra l’uno e l’altro fece venire ancora una volta i due fortunati, che con quello che era rimasto loro nelle palle la schizzarono in faccia e sul seno.
Ora erano definitivamente esausti e si abbandonarono sul divano mentre Titti, dopo aver guardato verso la porta dello scantinato come se stesse guardando ‘in macchina’ – questo direbbe un appassionato di cinema ‘ si diresse ancheggiando verso il bagno. Io, dietro il vetro, mi sentivo pietrificato, anche se il cuore continuava a battermi a mille e il sangue continuava a pulsare imperterrito nei vasi del mio pene che non accennava ad abbandonare la potente e dolorosa erezione che da ore non accennava ad attenuarsi. Avevo lo stomaco chiuso e la mia testa era occupata da un groviglio inestricabile di emozioni. Erano ormai quasi le due mattino. Samuel e George intanto si stavano rivestendo con un sorriso ebete di soddisfazione stampato nel viso, quasi si credessero degli eroi. Certo ne avrebbero avute di cose da raccontare e di cui vantarsi smodatamente con gli amici al bar. Certo avevano una buona scusa per aver tirato il pacco in discoteca pensai. I due idioti non sapevano che erano stati solo uno strumento, un ingranaggio, anche se non molto piccolo, all’interno di un gioco più grande di loro. Mia moglie tornò nel frattempo nella stanza avvolta nel suo accappatoio bianco, e aprì la finestra. L’odore di sesso e sudore era ancora molto pungente e pesante, tanto che potevo avvertirlo anche al di là del mio schermo. Invitò quindi i due stalloni ad andarsene con la scusa che sarei potuto rientrare da un momento all’altro. George prima di uscire la baciò in fronte sussurrandole all’orecchio qualcosa che, dall’espressione di mia moglie, aveva tutta l’aria di essere stato un complimento. Prima di entrare in casa aspettai che lei se ne fosse andata a letto e dormisse. Probabilmente avrei dovuto ringraziarla, ma probabilmente allora non era ancora così uomo da accettare fino in fondo quello che avevamo voluto. Per accettare senza giudizi le conseguenze dei desideri più profondi e osceni e, ancor di più, la loro realizzazione. Mi sentivo solo eccitato e vuoto.
Per la cronaca non c’era nessun pacco regalo nel solito posto dentro all’armadio…

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