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Ricettivo: Sì, leccami così…, fammi sentire la ruvida tua lingua…,
Lo so, parole dolci dire molte non ne sai, ma, come dipingi tu
con la tua lingua… mi allarga il cuore, immensa mi fai sentire…;
una distesa di crespe alla tua bocca s’apre… che stimolo infinito…! …
dolce languore…! Chiudo gli occhi, li stringo ad ogni acuto che tu mi doni…
Umido avverto il prensile sportello, l’orifizio gentile, che innanzi a te prostrato,
la sua capienza mostra.
Il rimming ora s’arresta, la bava alla tua bocca schiuma e,
belva, ti scateni; il teso randello innanzi a te ballonzola,
duro s’erge, né contenere vale la naturale potenza, né io a te lo chiedo.
Vibra possente sulla mia tremula schiena (no, non è viltà, né ritrosia;
al dovere non ritraggo il centro vitale del mio piacere).

E quindi, veloci procediamo, io ginocchioni, a quattro cionche zampe
(aperto è il conto del mio culo al bordello), tu fiero porti innanzi il vessillo,
l’accosti, rapido mandrillo, con rara perizia affondi,
ma la testa soltanto infili ché subito ti soffermi.
Un sobbalzo è l’effetto, non certo di sorpresa, che, anzi, da tanto era l’attesa,
ma un certo sbalordito senso di possesso io avverto..
Indugi a giocare col cavo del mio cavo ano, lo gingilli, lo saluti,
intorno giri col duro tuo randello, come fosse uno spiedo.
” E allora…? Ti decidi? D’un fiato prendimi!” – penso.
T’accorgi della dubbiosa sosta non gradita che esaspera l’attesa (dolce goduria anch’essa) e allora…

A: lo spingo ancora più a fondo…..passo la mano tra le tue cosce e piglio a segarti il cazzo!

R: Oh che sorpresa…! Oh, quanta gioia, che felicità estrema…!
Mi doni tutte le stelle del firmamento accese… ! Di te ho fame, ho sete, tu pane…tu companatico, tu cibo prelibato. Riempimi ancora, sì…! Come sai fare tu, soddisfa la mia voglia! Di te sarò ancella, schiava sublime e delicata…
Agita ancora questo mio fesso sesso che le tempie martella… Agita forte che io lo senta martirizzato dalla tua mano ardita che più non bada a me, ma al suo diletto. Mi struggo di piacere, ma tu continui a pestarmi nel fondo e a soddisfarmi innanzi. Io tocco le tue carni come al meglio posso, mentre, sanguigno, le mie macelli allegramente.

A:”Rilassati, Tesoro…” – t’incito mentre le natiche t’allargo con le mani.
Con una mano sola armo il cazzo e lo punto sul precipizio oscuro del tuo buco; t’afferro per i fianchi e ti tengo appena a me discosto, tanto che basti a schiudere la porta del tuo ano.
“Ci siamo tesoro, il momento è giunto… Finalmente dentro di te ora mi avrai…!”

R: “Coprimi, Amore, che tanto ho freddo anche se fuori son più di trentacinque gradi.”
Brividi scuotono le midolla, ripercuotendosi a spalle e costole;
il tremore muove le gambe, inconsulte; cuore, budella e mente sono
un tutt’uno fuse, mentre il foro dell’ano s’apre, mostro vorace che tutto accoglie e ingloba.
Piano! All’esofago mi giungi, mi togli il fiato…!
In sella ti porto, dalla groppa scrollo,
come volessi toglierti di torno, ma tu
legato sei in indissolubile grumo,
come bisso alla roccia fissa la tenace cozza.
Mi sei d’ingombro, di inusitato peso…! Affanno!
Vorrei scagliarti lontano e invece in te m’incuneo,
con pervicace moto insidioso che in me t’insedi.
Come tenia t’appigli alle mie contorte viscere;
di dar di stomaco mi viene in su la voglia,
ma il moto, accanito, costante, mi trattiene,
del futuro in attesa; l’ansia che d’assedio
muove le mie mosse rapaci, pregno, mi regge;
racchiuso ti tengo nello scrigno che non vuole svelare la pietra preziosa,
lo splendido gioiello
che intimamente mi scava nell’interno.
Oh, gioia infinita! Infine, dopo tutto il travaglio
il Paradiso in terra io vedo. Sotto di te…
IO GODO…!

Nina Dorotea

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