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Le disavventure di uno schiavo – puntata 1

By 25 Gennaio 2022No Comments

PUNTATA 1

– Sei stato bravo -, seguito da uno sputo in faccia, è stato il ringraziamento fatto da Giacomo nei miei confronti, per avergli leccato i piedi. Mezz’ora di piedi sudici lavati e rilavati, ho la bocca che odora come i suoi calzini e tutto questo per ricevere in cambio un mezzo ringraziamento e uno sputo che ora mi sto leccando come fossi un cagnolino.
E’ incredibile, ma tutto ciò mi sta anche bene.
Giacomo lo conosco da quando siamo piccoli, eravamo in classe insieme alle scuole elementari e alle medie. Alle superiori le nostre strade si sono divise, ma abbiamo continuato a frequentarci. Abbiamo in comune Francesco, nostro amico fraterno e per questo ci siamo spesso trovati in giro, a volte in discoteca, altre al ristorante o anche a dei semplici calcetti.
Non siamo mai stati amici, o almeno, se lo considerassi un amico avrei centinaia di amici. Ci stimiamo. Anzi, ci stimavamo. Ora sono diventato il suo leccapiedi personale.
Da un anno vivo a Firenze, dove ho iniziato l’università. Lui ha fatto flop nella facoltà in cui si era iscritto a Verona e ora si è iscritto anche lui in una facoltà del capoluogo toscano. Su idea di Francesco siamo diventati coinquilini.
La mia sfortuna è stato che è arrivato a Firenze un giorno prima di quanto previsto ed è arrivato beccandomi leccare i piedi al coinquilino che stava per lasciargli il posto. Ora mi tiene in pugno. Ma non sono così sicuro che si tratti di sfortuna, anche se il ghigno di Giacomo quando è tornato in camera sua sembra dire tutto il contrario.

La mattina facciamo colazione come se niente fosse. Giacomo comincia a parlarmi della serata precedente, quando ha voluto fare un giro per la città e cominciare ad ambientarsi. Per un po’ rispondo a monosillabi, era una situazione troppo strana. Pian piano anche io comincio a parlargli dei posti da visitare, i luoghi ideali in cui rilassarsi il pomeriggio o dove è meglio andare a correre.

E’ il figlio bene di famiglia bene, capelli castani scuri, occhi nocciola, alto 185 cm, pochi muscoli, ma tutti dove servono. Il bravo ragazzo perfetto, la descrizione che ho sempre fatto di lui in questi 20 anni. Sempre tranne ieri sera, ora lo vedo con altri occhi.
– Matteo, tu questa mattina cosa devi fare?
– Giacomo, alle 9 ho lezione. Sono in facoltà fino alle 15.
– Ok, io stamattina avevo un paio di ore buche, ma mi sa che le passo in biblioteca. Ti va se stasera giochiamo?
– Giochiamo?
– Sì dai, allo stesso gioco di ieri sera.
Annuisce e io capisco cosa vuole dire. Vorrei fare il prezioso, ma io in realtà ho una voglia matta di giocare.
– Stasera io vado a lavorare – per mantenermi agli studi lavoro in un risto-pub della zona. Tre sere a settimana, almeno per evitare di chiamare a casa per ogni minima spesa imprevista. Se ti va quando finisco lezione ci vediamo.
– Ok, mandami un messaggio quando esci da facoltà.
E con il suo sorriso quasi rassicurante se ne va.

Devo dire la verità, passo la mattinata eccitato in attesa di quel momento. Non riesco a stare particolarmente attento alle lezioni e, rendendomi conto che non potevo più aspettare, sono corso in bagno dell’università a spararmi una sega.
Finite le lezioni gli scrivo e su whatssapp mi invita a venire in università da lui, di fronte i bagni. Mi lascia in attesa un quarto d’ora, poi arriva e mi indica di seguirlo in bagno, senza farmi notare.
– Str0nzo testa di *******! Bast4rdo figlio di *******a!!! – inveisce e mi tira un pugno allo stomaco.
Mi mette una mano sulla bocca prima che io sia in condizione di urlare, mentre mi accascio a terra, con le mani sullo stomaco, contorcendomi dal dolore.
– Prima lezione e già mi rompe i *******i quel maledetto!!!! E sposta quelle mani ******* –, dice e mi tira un calcio a una coscia, non riuscendo a trovare libero il mio stomaco.
– ******* che nervoso!!! – e se ne va lasciandomi accasciato a terra nel bagno, mentre mi metto a piangere a dirotto, non avendo capito nemmeno tanto bene cosa sia successo.

Verso le 18 torna a casa, dove già stavo da un po’. Entra in camera mia e sorride, questa volta in modo beffardo.
– Grazie Matteo. Ora ci sei te su cui sfogarmi.
– Mi hai fatto male però, Giacomo. C’era bisogno di fare così?
– Sì vabbeh, non esagerare dai. E poi è troppo bella la situazione. E in fondo tu fai delle cose per me, e io faccio delle cose per te – E, mi accompagna dolcemente dalla posizione in cui stavo, sul letto a studiare, a inginocchiato per terra. Si sdraia sul mio letto e si sfila le scarpe.
– Dai , sono andato a correre solo per te. Divertiti!!!
E inizio a leccare le dita sudate per bene, che ho sognato per tanti anni. Lui mi guarda divertito, ogni tanto sputa sul dorso del piede invitandomi a leccare gli sputacchi.
– Dimmi una cosa, Matteo.
– Sì? – rispondo fissandolo, quasi imbarazzato
– Continua pero, non ti ho detto di fermarti – e riprendo a leccargli la pianta del piede assaporando il suo buon puzzo -, quanti calzini mi hai rubato in questi anni negli spogliatoi?
– Rubato dei calzini? Io? – rispondo, come se non sapessi di cosa stia parlando.
– Non dirmi caz2ate!! Lo so, ogni tanto spariva un indumento, magari ricompariva nella borsa due o tre allenamenti dopo. E non credo si tratti di mie dimenticanze.
– Diverse volte Giacomo.
– Ti piacevo così tanto? E perché non me lo hai mai detto?
– Avevo paura che tu avessi una strana opinione di me. – rispondo, mentre succhio il sudore dalla pianta del piede destro, e lecco lo sporco tra le dita.
Inizia a ridere sarcastico.
– Una strana opinione di te? Sei sempre stato solo l’altro migliore amico di Francesco. Eri quasi una scocciatura a volte. Se lo avessi saputo prima mi sarei divertito un sacco di volte, probabilmente avremmo avuto un rapporto migliore.
E, stanco di farsi leccare i piedi, sgancia un potente scaraccio sulla mia bocca.
– Ora  ti detto le regole del gioco. Fuori da questo contesto siamo buoni amici, anche meglio di quando sono partito per Firenze tre giorni fa’. A volte usciremo insieme, altre ognuno fa’ la sua vita, tra università e impegni vari. Stesso discorso a casa.
– Ok Giacomo.
– Regola numero due, fuori da questo contesto siamo Matteo e Giacomo. In questo caso siamo io padrone, tu schiavo. Chiaro?
– Sì. Sì, padrone.
– Ultima regola. Pur rispettando i tuoi impegni, quando ci troveremo a giocare come adesso, l’unica cosa che conta è la mia volontà. Voglio i piedi lavati, tu me li lavi. Voglio picchiarti, ti fai picchiare. Saliremo di livello, questo ricordatelo. Soprattutto quando faremo cose che non ti piaceranno.
– Sì padrone.
Al momento Giacomo aveva creato un raggio d’azione. Continuava ad essere il bravo ragazzo rassicurante di sempre. E’ riuscito a farmi sentire tranquillo e a rispettarmi. Nonostante mi abbia tirato un pugno, un calcio e abbia scatarrato dritto nella mia bocca.
– Ah, dimenticavo – mi dice Giacomo – devi essere presente anche nei miei momenti di sfogo. Quello di oggi pomeriggio consideralo un momento di sfogo. Un professore mi perseguita, non posso picchiare lui, quindi mi accanisco su di te. – sorride, – magari vedila così. Se una ragazza non me la da, posso sfogarmi su di te.
E, facendomi un occhiolino, lascia la mia stanza e torna nella sua.

Continua (eccome se continua)

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