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Racconti di DominazioneRacconti erotici sull'IncestoTrio

GIOVANNA DAL PENTACOLO 4

By 12 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano passate da poco le nove di sera.
Il vecchio magazzino in disuso era immerso nel buio. Si trovava sul retro della casa.
Acquattati dietro una sfilza di pedane, due pessimi elementi, il Monaco e Farfariello, si lasciavano andare ai soliti, stupidi battibecchi che recitavano, con ebete monotonia, da secoli.
Non si capiva perché si stuzzicassero continuamente, l’ un l’ altro, come pagliacci di un circo di terza categoria … facevano i buffoni.
Probabilmente perché la loro libertà lessicale gli dava una parvenza di scopo, rispetto al loro stato eterno di famigli dannati.
– Hai messo la pergamena per terra? ‘ disse il goffo monaco nero.
– E’ certo … non vedi? Quella cos’ è, secondo te? ‘ replicò l’ agile Farfariello.
– La potevi mettere più nascosta … la ragazza non la vedrà nemmeno … fai solo pasticci. ‘ lo stimolò il monaco.
– Ma pensa a te, palla di grasso inberbe, so io cosa fare ‘ rispose Farfariello sbuffando ‘ Se passa qualcuno e la vede ci tocca ucciderlo … ‘ e aggiunse ‘ invece così … un elegante svolazzo al momento giusto e … Les jeux sont faits! ‘
Come al solito il Monacello stuzzicava Farfariello, per poi lasciarlo a parlare da solo … mentre scartava rapido tra le vecchie cianfrusaglie, gli gridò, nel silenzio: – E chi passa di qua? Il Diavolo in persona? ‘ contento della sua insulsa battuta.
Poi raggiunse un angolo remoto sopra certe vecchi cassoni di plastica, che puzzavano di putrefazione antica e di carni marce.
– Eh eh … – rise tra se. ‘ Eccoti qua, vieni piccino, stasera lavori per me! ‘ parlava con un osceno ragno nero.
Il corpo era una palla nera e la testa una pallina più piccola: nera, lucida sembrava di metallo, le zampette erano sottili e robuste, sempre nero, da sotto la testa, sbucava un lungo pungiglione.
– Eccola! ‘ gridò Farfariello ‘ Soffia … rapido … ‘
Il monacello deforme si voltò e vide la figura della ragazza stagliarsi sulla porta del deposito.
Era bella, regolare, regale.
– Il buon sangue non mente ‘ pensò soddisfatto l’ essere infernale, pregustandosi le volte in cui avrebbe potuto vedere nuda la sua futura padroncina …
Con malizia mosse la destra nell’ aria ferma: una folata netta di vento che veniva dal nulla si diresse sulla ragazza, aprendole la gonna a portafoglio e mostrando le gambe tornite all’ avida creatura della notte.
La folata fece si che un foglio giallastro, vecchio e stinto, svolazzasse per il capannone come un uccello impazzito, fino a fermarsi delicatamente davanti ai piedi di Giovanna.
Farfariello, schifato dalle malefatte insulse dell’ altro compare, sputò tre volte e poi sparì.

Il portone del capanno era accostato ma non chiuso a chiave, succedeva quasi sempre; Apice Nuovo era un paesino tranquillo.
La luce del lampione alle mie spalle rischiarò lo spazio davanti a me e vidi la mia ombra netta che si stagliava sul pavimento di cemento. Una folata gelida, aria di cimitero, venne da dentro … invece che da fuori.
‘Strano’ pensai, attribuendo il tanfo alle vecchie pedane intrise del sangue degli animali macellati.
Provai l’ interruttore, ma la luce non si accese. ‘Ci mancava pure questa … ‘ avanzai tentoni nell’ ampio locale.
A causa dell’ inchiesta sul suicidio della nonna, l’ ingresso della casa era sigillato, ma non mi dispiaceva non passare dall’ altra scala, ero ancora terrorizzata dalle immagini che si erano presentate ai miei occhi solo pochi giorni prima.
Proprio davanti ai miei piedi un foglietto giallo, probabilmente una vecchia pubblicità, svolazzava ancora attirando la mia attenzione, lo ignorai per proseguire, ma il foglio non si fermava, continuava a strisciare, ballonzolante, davanti ai miei piedi.
Un brivido mi salì per la nuca.
Decisi di raccogliere il foglio matto … era una pergamena.
Sembrava antica e riportava una scritta che somigliava a quella dei libri di chiesa, ma nel buio non si poteva capire cosa ci fosse scritto … era troppo particolare per sbarazzarmene: lo misi in borsa e proseguii tentoni verso la scala.
Appena entrata nella porticina che dava sull’ androne della scala, dal buio passai repentinamente alla luce … delle stelle.
Un ceffone sonoro, forte e improvviso mi colpì, inatteso come un fulmine a ciel sereno.
Due mani forti mi presero: una mi teneva per i capelli e l’ altra sulla bocca impedendomi di gridare.
– Zitta, troietta! Non fiatare o ti spezzo il collo! ‘ a sussurrare nel mio orecchio era la voce dello zio … restai impietrita.
Mi trascinò di nuovo indietro, nell’ opificio, fino a una vecchia, grossa cella frigorifera in disuso, dove in passato tenevano la carne.
Accese la luce.
I vecchi neon spompati illuminarono l’ ambiente tetro.
Tutto intorno lamiere biancastre e grosse zone aggredite dalla ruggine. In alto le guidovie scure e piene di ganci enormi sgomentavano la vista. Il pavimento era di cemento scuro, macchiato di sangue antico, ormai nero; tutto l’ ambiente era ammorbato da un tanfo di morte che non sarebbe mai più andato via.
Da una parte, su una panca, era seduta mia madre.
Un occhio livido e vari segni di percosse sul corpo seminudo. Indossava solo un grembiulino da casa, probabilmente lo zio l’ aveva presa mentre era in bagno o mentre faceva la doccia.
Lo zoppo chiuse la grossa porta, rendendo l’ ambiente completamente afonico.
Quindi, dandomi uno spintone in direzione di mamma che quasi mi faceva ruzzolare a terra, disse freddamente:
– Ecco … ecco qua l’ altra cagna, puttana! ‘ poi guardando verso mia madre ‘ E’ degna di te. ‘
Poi guardandomi furibondo: – Che cazzo sei andata a fare dal notaio? Eh? Stronza! ‘ intrecciò le braccia sul petto ‘ Che vi credete di fare, brutte troie ingrate … mamma e figlia? ‘
Continuò a inveire aggressivo come mai.
– Piccola merda, ma tu lo sai che io ti mantengo da anni? Lo sai che i sacrifici che faccio e il lavoro duro … lo faccio anche per voi? ‘
Era incazzato nero e continuò a blaterare ‘ E questo è il ringraziamento? La stronza va dal notaio … va a controllare … mandata dalla troia madre ! ‘
Mia madre mugolò qualcosa, con gli occhi di pianto, ma non disse nulla: non mi accusò.
Allora risposi io, con tutta l’ odio che potevo dimostrare:
– Mamma non c’ entra niente, ci sono andata io di mia iniziativa. Lei non voleva. ‘ Lo guardai, sfidandolo.
Lo zio sorrise maligno ‘ Ah … brava! E che cosa volevi sapere … scoprire, indagare? Che bisogno avevi di andare dal notaio Formiello?
Non ti fidi dello … zio? ‘ s’ incupì ‘ Tanti anni a vestirti, a sfamarti a volerti bene e tu, schifosa, non hai nemmeno un po’ di fiducia in me? Non mi rispetti per nulla? Sei una cagna, ecco cosa sei: una cagna schifosa che morde la mano del suo padrone. ‘
Poi, guardandosi intorno schifato, aggiunse: – Usciamo da questo cesso, andiamo di sopra a chiarirvi un poco le idee … stronze!- poi mentre salivamo, aggiunse – Ma, vi avverto ‘ e ci guardò con il sangue agli occhi ‘ non mi costringete a riportarvi qua dentro … perché la prossima volta vi prometto di farvi veramente male. ‘
Poi rivolto a me ‘ E tu cagnetta tutto pepe, ti vedo quanto sei troia, non temere! Ricordati che tua madre è in mano mia, ricordalo sempre … per quanto lunga diventi la tua catena … dovunque tu arrivi, anche in capo al mondo, ricordati sempre che tua madre è mia e che pagherà anche per te. ‘
Poi continuò, per confermare che aveva capito perfettamente come stavano le cose:
– Così come ha pagato stasera … guarda ‘ prese la mamma per un braccio, come fosse un fuscello, la fece voltare e le scoprì le spalle delicate. La schiena era segnata da varie strisce rosse, alcune erano già blu, dove l’ ematoma era più notevole: aveva frustato mia madre, era evidente, come si fa con gli animali.
Capii tutta la forza del suo ricatto e capii che il mio futuro era in mano a quell’ uomo malvagio e pericoloso … e mentre salivamo le scale, ebbi paura di ciò che mi aspettava: paura del futuro.

– Adesso calmiamoci tutti e facciamo la pace ‘ disse lo zio, sorridendo maliziosamente ‘ spogliatevi, lavatevi e poi ci riposiamo un poco sul letto, avete capito? ‘ disse rivolgendosi a mamma, distrutta e addolorata, lei sussurrò di si.
Mentre lei prendeva qualcosa da mangiare e un bicchiere di vino allo zio, io andai nel bagno a sistemarmi e a riprendere il controllo sulla mia paura e la mia rabbia.
Feci una doccia rapida e di certo non potevo vedere …

< Ai miei piedi, guardandomi da una dimensione a me invisibile, Farfarello, una specie di grosso ramarro, dalle fattezze umane, mi controllava i piedi, anzi l' alluce di uno di essi e si accertò che i miei nei rossi, le macchioline di pelle, per me del tutto insignificanti, erano diventate quattro e formavano una specie di piccolo trapezio.
Gongolante ed eccitato si allontano da me, raggiunse il mio accappatoio blu e nella tasca lasciò cadere un piccolo, insignificante ragno nero, l’ animaletto era completamente addormentato, come se fosse morto. >

Mi recai in camera di mia madre, lei era allo specchio del comò a sistemarsi un poco il viso col fondotinta.
Senza parlare, presi la crema alla calendula da un cassetto e le scoprii le spalle, lei non si ribellò, ma una lacrima le solcò il volto.
– Smettila, – le dissi, poi sussurrando ‘ verranno tempi migliori! ‘
Cominciai a spalmarle la crema sulla schiena ferita.
Con le braccia mi premetti sugli occhi per schiarirmi la vista, avevo le traveggole … eppure era evidente che quando la mia mano passava sui segni delle scudisciate, questi regredivano a vista d’ occhio, facendo tornare la pelle sana, quasi normale.
Impossibile pensai … sarà effetto della luce … non potei approfondire la cosa, perchè entro mio zio, lasciando la porta aperta dietro di lui.
Io mi distaccai automaticamente da mia madre, ma lui senza guardare, disse: – No, continua a massaggiarla, così capisci cosa ha sofferto per colpa tua e della tua ingratitudine. ‘ intanto si tolse il pantalone, la canottiera e le mutande, piazzandosi sul letto.
Col telecomando accese la TV a voce bassa, fingendo di interessarsi al telegiornale, ma sott’ occhi seguiva i miei movimenti delicati sulla schiena di mia madre.
Infatti dopo pochi minuti disse: – Massaggiala anche davanti, Giovanna, anche lì si è fatta male ‘
Porco, pensai, parla come se la mamma avesse avuto un incidente. Ma lo sentii aggiungere: – E togli l’ accappatoio, sarai più libera nei movimenti … ‘
Mia madre sussultò, voleva cercare di difendermi ancora, ma sarebbe stato inutile. La zittii, con un pressione di intesa sulla spalla.
Mi lasciai scorrere addosso l’ accappatoio, fino a restare completamente nuda … era la prima volta che ero nuda davanti a un uomo.
Poi, con delicatezza estrema, aggirai i fianchi di mia madre con le braccia e le presi i seni tra le mani, massaggiandoli delicatamente in senso circolare.
Lei stava per svenire e si appoggiò con le mani al comò, io da dietro continuavo a palparle i seni, la pancia i fianchi, ero dietro di lei, e mi appoggiai al suo corpo, come se volessi possederla.
Mia madre, suo malgrado, sospirò, mentre i suoi capezzoli si indurivano sotto le dita.
Sott’ occhi vidi il cazzo dello zio saltare sull’ attenti, colto di sorpresa.
Continuai a dedicarmi a mia madre, con la mia azione fisica, incestuosa, ma carica di tutta la mia pietà per quella povera donna e di tutto l’ amore possibile.
Incredibile a dirsi, ma per un attimo fui grata a quella carogna di mio zio, imponendomi quel rapporto così intimo con mia mamma, mi permetteva di dare sfogo a una passione che, altrimenti, non avrei mai potuto esprimere.
Lei si lasciò andare, lo sentii … e vidi i peli del suo collo rizzarsi, mentre le massaggiavo la schiena, giù e giù, fino all’ osso sacro …
allora invogliata dal suo inarcarsi, scesi con la mano tra le natiche, superai il buchetto bruno del suo culo e raggiunsi la vulva della mamma, di conformazione gonfia e paffuta: carnosa
Era un piacere tenerla in mano, tutta nel palmo.
Per fare del mio meglio mi posi sul suo fianco, di modo che, comodamente, potevo raggiungere sia i seni che la schiena con le mani.
Mi feci coraggio, e baciandole il viso, cercai col dito medio la sua fessura sotto il pube completamente rasato.
Mi inoltrai di pochi centimetri in quello spacco caldo e mi ritrovai con le dita nel bagnato, dentro la figa infatti, mia madre era già in un lago di piacere.
La feci voltare verso di me e, e facendo in modo che lo zio vedesse bene, la baciai in bocca, la lingua apriva le labbra di lei e cercava la sua, il bacio più dolce della mia vita.
Le esploravo la bocca con la lingua, godendomela tutta, le passai sui denti, sulle gengive, le trovai la lingua e appiattii la mia sulla sua, come per assaggiarla.
La costrinsi a produrre saliva e la bevvi come un liquore ardente …
in figa intanto avevo inserito due dita e tiravo verso l’ alto, come se l’ avessi presa all’ amo.
La mia mamma, per assecondare la penetrazione delle mie dita, si sollevava sulle punte dei piedi e apriva le cosce … ero in sollucchero, e anche lei …
– Falla sedere sul letto ‘ ordinò mio zio in preda al piacere, col cazzo tra le dita – … e leccala …
Sei brava, Giovannella! ‘
Mia madre ebbe un sussulto, ultimo tentativo di ribellarsi all’ incesto, ma soprattutto cercando di evitarmi il rapporto con lo zio.
Non voleva che fossi deflorata da quel maiale e facessi la sua stessa fine di succube. Usata come una puttana per il suo piacere.
Delicatamente la accompagnai sul letto e lei si sedette, come quando qualche volta le avevo visto fare quelle sere che dormivo in camera sua: recitava le orazioni mentre si toglieva le calze e la biancheria intima, seduta proprio come adesso.
Mi inginocchiai a suoi piedi, e le poggiai la testa sulle gambe, che lei mi accarezzò con gesto materno, poi delicatamente, come se chiedessi la sua collaborazione, le allargai le cosce il più possibile, per farmi spazio fino alla sua fessura.
Era troppo, non ce la facevo più, e affondai la faccia nella sua figa
baciando, leccando, succhiando gli umori di mamma, ritrovando tutti i profumi e le gioie dell’ infanzia perduta, lei mugolava di piacere.

Per un poco mi misi le sue gambe sulle spalle e l’ attrassi a me con le mani, tirandola dalle natiche verso la bocca, per affondarle in vagina.
Poi, diventando sempre più porca, la feci alzare e voltare …
Lei capì le mie intenzioni e porgendomi ancora la figa, spalancando le gambe, si chinò e prese in bocca il cazzo dello zio, per fargli una pompa.
Dimenticai tutti i miei guai, avevo solo voglia di sesso e di sfrenarmi come una cagna in calore.
Ricordai il sapore delizioso della sborra del vecchio notaio, bevuta poche ore prima e assatanata pensai che ne volevo ancora.
Dopo averla slinguata per molti minuti, io e mamma salimmo sul letto …
Lei non mollò il cazzone dello zio nemmeno mentre si spostava, io mi misi a quattro zampe, dal lato opposto, con la bocca aperta e la lingua pronta, come un cucciolo che aspetta l’ osso.
Mia madre mi vide e capì la mia voglia, si tolse il pene di bocca e con la mano me lo accompagnò tra le labbra, masturbandolo un pochino.
Lo zio era al settimo cielo e sussultava sul letto ad ogni colpo di lingua.
Tirai la testa di mia madre dalla nuca costringendola a prendergli in bocca la sacca dello scroto con le palle.
Lei mugugnava, mentre per lo sforzo la saliva scorreva copiosa.
A sua volta, come volesse affogarmi nel piacere, tirava il mio viso verso lo zio, di modo che il suo cazzo mi soffocasse, facendomi quasi lacrimare.
Mio zio non si trattenne più e volle chiavare.
Mia madre gli offrì il suo corpo mettendosi a quattro zampe sul letto, con la figa in posizione.
Lui me lo tirò dalla bocca, per poi abbassarsi e baciarmi, disgustandomi.
Per fortuna, il bisogno di fottere prese il sopravvento, è si mise a chiavare mia mamma, da dietro.
Non ero esperta, ma capii che un uomo così eccitato sarebbe venuto presto, così mi misi sotto di loro, infilandomi come un anguilla.
Mia mamma mi fece spazio …
Sottosopra, raggiunsi con la faccia la figa di mamma.
Ringraziai il cielo che la luce fosse rimasta accesa.
Vidi il palo di carne, accompagnato dalla sacca delle palle, che oscenamente pompava nella figa di lei… e spingeva, spingeva a più non posso.
Lei, intanto, abbandonata ogni remora, si convinse ad assaggiare la mia farfallina, che tante volte aveva pulito e lavato.
Adesso mi faceva la minetta, impazzendo di quel nuovo piacere, mai provato in vita sua: stava leccando la figa di una donna, a quarant’ anni suonati, e come non bastasse era la figa virginale di sua figlia Giovanna.
Io contrastavo la lingua di mi madre, che si spingeva in me ad ogni botta di cazzo che prendeva.
Vidi che il clitoride della mamma era grosso, eccitato e libero e lo presi in bocca, succhiandolo.
Sollevai ulteriormente la testa e con la lingua spiattellai anche il cazzo e lo scroto dello zio, che ballonzolava impazzito ad ogni colpo.
Venivo schiaffeggiata sul mento dalle sue palle pieni di sperma … ci pensai un attimo e decisi che quella sborra doveva essere mia.
Passarono solo pochi attimi e vidi lo zio inarcarsi e mugolare di piacere … era pronto, presi il suo cazzo con la mano e lo tirai fuori dal buco di mia madre, per portarmelo tutto in bocca.
Il cane se ne accorse e spinse ancora più forte, tremando sulle gambe tese e con uno spasimo violento, cominciò a venirmi in bocca, gonfiandola di sborra come un palloncino.
Gli svuotai i testicoli per benino, ma bevvi solo le gocce spruzzate in gola, il resto della sborra lo condivisi con mamma, dopotutto era anche sua.
Ci baciammo a lungo, languidamente, passandoci lo sperma con la lingua, l’ una con l’ altra, bevendolo pian piano, misto alla dolce saliva delle nostre bocche, piene d’ amore.

Lo zio zoppo restò per quasi mezz’ ora esausto e allibito dalle mie performance.
Era contento e sorpreso, allo stesso tempo, anche perché vedeva mia madre in una nuova luce, molto più arrapante.
Lei era stata sempre uno statico oggetto di piacere e lui non immaginava nemmeno di poter ottenere di più di una comoda scopata di routine.
Ora invece scopriva la libidine che si nasconde in ogni donna, se sollecitata nel modo giusto, nel lasciarsi completamente andare.
Noi eravamo al suo fianco, ancora sporche di sborra.
Mia madre sperava che prendesse sonno, ma non fu così.
Era troppo arrapato e voleva me.
Ignorando mia madre, cominciò a carezzarmi e a toccarmi, poi a spostarmi … fino a quando mi fece voltare sule letto, col culo all’ aria.
Nella stanza c’ era silenzio e la luce era stata spenta, la TV a basso volume, illuminava lievemente l’ ambiente.
Lentamente l’ uomo mi venne addosso, sedendosi sulle mie gambe senza pesarci troppo.
Mi carezzava le natiche con un mano vogliosa e lasciva, mentre con l’ altra si masturbava metodicamente.
Ogni tanto col pollice mi premeva sul buchetto del culo.
– Adesso lo zio ti insegna chi comanda in questa casa ‘ disse con voce rotta dall’ eccitazione ‘ ti marchierò, figlia mia, così ti ricorderai chi è il padrone. ‘ e stringeva le chiappe tra le mani, come fossero gote.
Io non ero venuta, prima, ed ero ancora eccitata, ma onestamente avevo paura … non avevo capito dove lui volesse andare a parare.
Ma mia madre aveva capito bene … e fingendosi eccitata disse:
– Dai, lasciala perdere, ti prego … incula me, lo desidero tanto. ‘
Ma lui la zittì, spingendola, nervoso.
– Deve imparare un po’ di rispetto, imparare a obbedire e a servirmi … io non vi mantengo per farvi fare solo la bella vita. ‘ poi più torvo ‘ e se non mi servite a niente ve ne caccio e andate a fare le puttane, che solo quello sapete fare. ‘
Si vedeva che parlava in quel modo, perché oltre ad essere veramente un essere spregevole, provava maggiore eccitazione se ci schiacciava. Forse proprio perché nella vita sociale era vigliacco e meschino.
Mia madre aveva ottenuto l’ effetto contrario, risvegliando le sue manie di potenza.
Io ero bloccata sotto l’ uomo e aspettavo il mio destino, lui mi massaggiava le natiche e continuava a menarsi il cazzo per farlo ancora più grosso, ancora più duro.
– Vieni qua ‘ disse ‘ aprile il sedere con le mani. ‘
Mia mamma si avvicinò disperata, ma non osò contraddirlo: fece del suo meglio per aprire al massimo le natiche, poi all’ orecchio mi sussurrò: – Rilassati, amore mio, rilassati completamente … e quando il cazzo spinge, tu spingi come se volessi fare cacca, ti aiuterà ad aprirti … ‘
Lo zio si spazientì, ma quel sapore di violenza e di sottomissione lo eccitò ancora di più:
– Basta chiacchierare adesso, subisci il cazzo e impara a rispettare chi ti vuole bene. ‘ Poi stendendosi su di me aggiunse:- Adesso te lo devo mettere tutto nel culetto, sei pronta? ‘
Ma non aspettò nessuna risposta.
Sentii il cazzo dietro, tra le chiappe, che cercava il foro del mio ano, e il cuore iniziò a battermi forte.
Mia madre, lesta, si sputò in mano e mi bagnò il culo di saliva.
Poi lei stessa, mise in collegamento il glande di mio zio col mio buco.
Lui non usò alcun accorgimento, che porco, appena trovò il budello tra le natiche ci si infilò, facendomi strillare dal dolore.
Una fitta secca e spietata mi raggiunse il cervello, una sensazione lancinante di spacco nella carne … ma lui non si fermò.
Senza pietà me lo mise tutto in culo, fino alla radice.
Poi, per fortuna, si fermò.
Restammo attaccati come due cani, come collegati da un bullone robusto, lui infisso in me, dilatandomi le natiche.
Mia madre umettava con le dita la zona dolorante e mi carezzava il viso. Ero voltata dalla sua parte e lei cominciò dolcemente a baciarmi la bocca, ancora attaccaticcia di sperma umano.
Lo zio stette fermo in me alcuni, interminabili minuti, intanto il mio culo si abituava alla dilatazione.
Il dolore era quasi del tutto passato e la libidine del gesto mi procurava un piacere incredibile.
Allora il porco, facendo leva sulle braccia iniziò a fare delle vere e proprie flessioni, pompandomi il suo attrezzo nel culo, lentamente e profondamente: – Questo è perché sei una troia ‘ e giù, tutto il cazzo nel culo; – e questo è per essere andata dal notaio senza il mio permesso … ‘ e via, un altra tremenda inculata.
– E questo è per le botte che ha preso tua madre a causa tua ‘ continuava ad accusarmi e a fottermi tra le natiche, a ritmo serrato facendomi venire voglia di andare in bagno, tanto mi sentivo lo sfintere aperto e cedevole.
Ormai sembrava rilassato e mi pompava di gusto, io stessa mi lasciai andare a quella strana forma di piacere … e mi preparava alla prima sborrata che mai avessi ricevuto dentro di me.
Ma lo zio si infervorava sempre di più, vagheggiava, finché decretò:
– E adesso voltati, devo sverginarti anche la figa, troia ‘ era un dannato ‘ sei troppo una zoccola, devi essere tutta mia. ‘
Mia madre sussultò, ma lui le diede uno schiaffo e mi fece voltare, togliendomi il suo cazzo dal culo, con un ‘plop’ sonoro e improvviso.
Con gli occhi da pazzo, invasato, mi alzò le gambe tenendomi per il culo, e si bagnò il membro pronto a penetrarmi, strappandomi anche l’ ultima verginità …

Ma da dietro l’ armadio qualcuno aveva disegnato un ghirigoro nell’ aria e l’ onda provocata raggiunse il piccolo ragno nero, addormentato nella tasca del mio accappatoio, che immediatamente si risvegliò, e partì veloce sulle sue otto minuscole zampette.
Lo zio si ergeva su di me, mi aprì le cosce e mi piazzò il pene tra le grandi labbra:
– Sei pronta, Giovannella, ora sarai tutta mia. ‘ rise
‘ Si, zoccola mia, sarò io il primo … dopo il culo la figa … sono io il tuo padrone. ‘
Non volevo andasse così, no, non volevo e mi ribellai scalciando, terrorizzata da quanto mi voleva fare … ma lui mi picchiò.
Uno schiaffo tremendo sul lato della bocca mi fece trasalire e dopo sanguinare …
Lui sorrise maligno e disse:
– Buona, buona , che ti spacco anche la figa … ‘
E cominciò a premere il cazzo con tutto il suo peso.
Il peso aumentava, ma all’ improvviso saltò dal letto, urlando di dolore, nudo e squallido, come un dannato.
Saltava per la stanza, tenendosi le palle, finché non stramazzò per terra sfinito.
Il piccolo ragno si allontanò veloce verso l’ angolo più buio della stanza da letto.
Aveva compiuto diligentemente la sua missione.

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