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Il Nipote Perfetto – Parte Nona (La Nuova Maestra)

Sentì la televisione in cucina, aprì gli occhi improvvisamente. Mi sembrò passato un minuto da quando mi ero messo sotto le coperte, ero rimasto nella stessa posizione. Sentivo i rumori della domenica fuori dalla finestra, il quartiere stava iniziando a svegliarsi lentamente. Guardai l’ora e mi resi conto che erano quasi le otto, avevo dormito per quasi sette ore, mi sentivo completamente stordito e con un leggero mal di testa. Mamma e papà erano in cucina a fare colazione, li sentivo già attivi. Mi alzai subito per andare in bagno, il culetto aveva riacquistato la sensibilità ma ovviamente non sembrava per niente felice di ciò che Domenico gli aveva fatto, al contrario di me. La stessa cosa valeva per la prostata. Volevo rimettermi a dormire ma sulla porta trovai mamma con l’aspirapolvere in mano, aveva iniziato a pulire casa e di certo non mi avrebbe lasciato riposare in pace. In cucina papà mi aveva lasciato la colazione pronta mentre lui aveva iniziato a cucinare il pranzo.
“Buongiorno, allora com’è andata la cena di ieri?” mi chiese.
“E’ andata bene papà, forse ho solo mangiato un po’ troppo, mi sento ancora pieno… Mi passeresti la bottiglia d’acqua?” dovevo bere assolutamente, la sera prima mi ero buttato a letto senza lavarmi i denti, sentivo la bocca asciutta e il sapore dello sperma su tutto il palato. Papà mi passò la bottiglia, con una bella sorsata ne bevvi quasi metà ma ancora sentivo in minima parte il sapore della sborra.
“Ci voleva proprio…” presi la tazza con il caffè macchiato. Papà mi fece la classica battuta sull’essere un leone la sera, poi iniziò a chiedermi della cena; chi altro c’era, che cosa avevamo mangiato e chi avesse cucinato, che cosa avessimo fatto dopo la cena, ecc.
“Oh eravamo sempre noi, i soliti…” risposi in automatico, “Dopo cena ci hanno raggiunto dei compagni di università di Francesco con le fidanzate, alla fine saremmo stati una decina, abbiamo chiacchierato e bevuto qualche birra.” mentre inventavo l’ennesima risposta mi mossi più del solito sulla sedia, colpa del culetto che si lamentava, mi strusciai sul cuscino e una fitta mi colpì arrivano fino al ventre. Papà se ne accorse e mi chiese se mi sentissi bene.
“Oh si papà sto bene, forse stanotte ho dormito male, mi da un po’ fastidio la schiena, mi sono svegliato tutto piegato…” con una mano mi toccai l’osso sacro, tirai su i pantaloni della tuta facendo attenzione a non far vedere le mutandine rosse, intanto già sentivo i vuoti d’aria dentro di me, quella sensazione continua di dover espellere qualcosa… Finì in fretta la colazione e poi andai in bagno.
“Ci sei oggi a pranzo si? Non è che devi uscire? Sto preparando il sugo di funghi.” mi disse papà.
“Si papà ci sono a pranzo, credo uscirò nel pomeriggio…” corsi in bagno, oramai erano abituati alle mie uscite, erano felici che la mia timidezza e insicurezza dei tempo della scuola stesse iniziando a svanire.
Rimasi in bagno per un po’, non riuscivo ancora ad abituarmi a quella sensazione, i colpi del cazzo di zio Domenico mi avevano lasciato dentro tantissima aria e perdevo tantissimi succhi anali. Dovetti mettermi l’anima in pace e aspettare che il tutto passasse da sé. Quando mi lavai, sentì quanto succo usciva dal mio culetto, l’ano era ancora aperto, misi due dita dentro, facendo attenzione a non toccare il bordo dolorante dell’ano. Dio quanto mi piaceva quella sensazione…
A pranzo non mangiai molto, anche se il sugo di funghi di papà mi faceva impazzire, cercavo sempre di stare attento alla linea, volevo provare a dimagrire un po’ per cercare di essere più attraente e femminile. Ovviamente la cosa fece insospettire mamma e papà ma diedi la colpa alla cena della sera prima dicendo che avevo lo stomaco un po’ sotto sopra. Dopo pranzo papà andò a riposarsi e mamma lavò i piatti per poi andare a vedere la sua soap opera preferita. Mi chiusi in camera e presi il biglietto che mi aveva dato Monica, dopo aver salvato il suo numero di telefono, lo nascosi di nuovo nel cassetto. Mi spogliai, cambiai le mutandine (mi ero accorto che si erano macchiate per via delle perdite anali che stavo cercando di trattenere) e misi il completo nero. Allacciai il reggiseno in fretta, oramai ci avevo fatto l’abitudine a quei movimenti, presi un fazzoletto e lo misi nelle mutandine come fosse un assorbente sperando mi aiutasse a trattenere le perdite anali. Mi rivestì in fretta mettendo la mia solita tuta da ginnastica, dissi a mamma che uscivo per fare una passeggiata. Andai al solito parco, era una bella giornata ma le temperature avevano iniziato ad abbassarsi, mi pentì di non aver messo la giacca, iniziavo a sentire un po’ freddo. Il parco stranamente era ancora semi vuoto. Trovai una panchina al sole e mi sedetti sperando di scaldarmi un po’. Presi il telefono, nella confusione della mattinata mi resi conto di non aver nemmeno attivato la connessione, appena lo feci, il telefono iniziò a vibrare senza sosta, cancellai le solite notifiche mentre ancora vibrava impazzito finchè non vidi un messaggio di zio.

“Buongiorno cucciola! Immagino che oggi ti sveglierai tardi, te lo meriti un po’ di riposo dopo ieri sera. Tua zia tornerà oggi pomeriggio, ho sistemato tutto non preoccuparti, sono felice che ieri sera ti sia divertita, un po’ mi dispiace tornare ai soliti ritmi…Dovrò cancellare come al solito la nostra chat, non preoccuparti, non importa se non rispondi. Riposati tesoro, te lo sei meritato!”

Avrei voluto rispondere, ma capito le sue difficoltà. Ora che era tornata zia Maddalena nella sua vita io dovevo tornare al mio posto, quella volta ci pensai su più del solito, quasi facevo fatica ad accettare la cosa. Mi resi conto che iniziavo a vedere la situazione dal punto di vista di un’amante, in verità dentro di me sognavo di avere Domenico solo per me, il doverlo dividere con mia zia, con sua moglie mi dava fastidio. Sognavo di vivere con lui, di vestire i panni della classica moglie casalinga che attende il rientro a casa del marito dopo il lavoro. Volevo fargli trovare il pranzo e le cena pronti, avere cura della casa e di me stessa per fare in modo che quando sarebbe tornato a casa si sarebbe rallegrato di avere una bella moglie che lo aspettava perché lo amava e lo desiderava. Forse era un po’ arcaica come visione, di certo non sarebbe stata in linea con il pensiero di molte donne d’oggi, ma a me piaceva, non potevo farci niente. Ripensavo spesso alle parole che mi aveva detto nel bagno della casa di Daniele, quando ebbi quella piccola crisi, aveva dimostrato di volermi bene, in un certo senso di amarmi… E forse, anzi sicuramente, anche io lo amavo, me ne stavo rendendo conto in quel momento, su quella panchina. Capì di essere finito in un bel guaio, ma era un guaio bellissimo.
Con ancora il telefono in mano, cercai il numero di Monica, volevo provare a mandarle un messaggio, sperando mi rispondesse. Immaginavo che probabilmente sarebbe stata impegnata, una escort come lei sicuramente aveva un’agenda piena zeppa di impegni a giudicare da quello che mi aveva detto lei e da quello che avevano detto Daniele e Giovanni. Con il cuore che batteva iniziai a scrivere il messaggio, ma non sapevo cosa aggiungere al classico saluto. Scrivevo e poi cancellavo subito, mi sembrava tutto fuori luogo e inadatto. Alla fine presi coraggio, chiusi la chat e la chiamai. Ad ogni squillo il mio cuore accelerava i suoi battiti, pochi secondi di attesa e sentì la sua voce che rispondeva.
“Pronto…?” era una voce leggera, quasi diversa da quella carica di sensualità che avevo sentito dal vivo la sera scorsa.
“Ehm, pronto Monica… Sono… Ehm, sono Luana…” esitai. Dire quel nome che avevo scelto ad alta voce mi fece quasi sentire colpevole.
“Luana! Amore! Come stai tesoro? Ti sei ripresa da ieri sera?” improvvisamente divenne radiosa.
“Tutto bene Monica grazie. Si mi sono ripresa, questa mattina ho dormito fino a tardi.” era strano parlare al femminile ad alta voce, continuavo a guardarmi intorno per paura che ci fosse qualcuno che potesse sentirmi. “Tu invece come stai?” chiesi.
“Oh amore io sto bene, anche io ho dormito tanto oggi, mi sono svegliata poco fa. Che stai facendo tesoro?”.
“Oh nulla di che, ho pranzato e sto facendo una passeggiata al parco. Oggi zio non c’è purtroppo…” dissi sospirando.
“Ma sei da sola amore? Dove sei?” mi chiese.
“Sono in un parco vicino casa…”.
“Dammi l’indirizzo amore, vengo a farti compagnia io!” non mi fece nemmeno finire la frase.
“Ma sei sicura? Non voglio disturbarti…” risposi.
“Amore mi sono svegliata poco fa, oggi è il mio giorno libero. Mi fa piacere venirti a trovare, sempre se non hai da fare eh.”.
“Oh no Monica, non ho nulla da fare, ve bene ti mando l’indirizzo, è vicino casa di zio.”.
“Ah! So dov’è non preoccuparti, mi vesto di corsa e vengo da te, ho capito dove sei. Fatti trovare all’ingresso del parco. Tra una mezz’ora sarò lì!” le risposi affermativamente e ci salutammo. Andai subito all’ingresso del parco, non sapevo come comportarmi, non le avevo detto che ovviamente ero in abiti maschili, lei mi aveva visto solo una volta en femme… mi avrebbe riconosciuto così, in tuta per di più..? Provai a sciogliere i capelli, cercando di sistemarli sperando che almeno riconoscesse il mio viso anche senza trucco e senza occhiali da vista. Mi feci prendere dall’entusiasmo, mi accorsi che mancava ancora più di un quarto d’ora all’appuntamento. Restai all’ingresso del parco, camminando avanti e indietro. Ogni tanto passava qualche macchina, notai che un paio di macchine accostarono leggermente, erano quasi tutte guidate da vecchi pensionati. Uno di loro mi guardò a lungo, facendomi sentire a disagio. Forse sperava che mi avvicinassi alla sua macchina, credendo che fossi lì per fare qualche marchetta. Ignorai entrambe le auto che sparirono subito dopo. All’improvviso arrivò una Smarth bianca, riconobbi Monica alla guida, indossava un paio di occhiali da sole scuri e grandi, mi guardò e mi riconobbe subito, salutandomi e invitandomi a salire a bordo.
“Tesoro eccoti qui finalmente!” mi diede un bacio a stampo.
“Scusa Monica, non credevo mi avresti riconosciuto così… Avrei dovuto dirtelo.” provai a scusarmi ma lei non sembrò affatto offesa.
“Ma amore guarda che lo sapevo, non ti preoccupare. Sai quante mie amiche trans si cambiano e sono maschili nel tempo libero? All’inizio anche io facevo così.” si sistemò i capelli e gli occhiali, indossava anche lei una tuta da ginnastica grigia con un piumino smanicato rosso, “Ti va un caffè, uno spritz? Conosco un bel posticino aperto anche la domenica… Offro io!” annuì e lei mi diede un altro bacio a stampo. La Smarth partì velocemente, dopo appena dieci minuti di tragitto eravamo quasi fuori città, in una zona residenziale di periferia. Le strade erano semi deserte, ogni tanto si vedeva qualche famiglia a spasso, un silenzio surreale. Monica parcheggiò davanti ad un bar piuttosto anonimo con tanti tavoli fuori sul marciapiede, solo pochi erano occupati, da dentro il bar proveniva una musica elettronica di sottofondo, molto lounge.
“Eccoci arrivati.” disse mentre chiudeva la Smart, “Non farti ingannare, dentro è meglio tesoro!” disse ridendo. Entrammo e Monica salutò la barista, una bella donna bionda di mezz’età vestita di nero. “C’è posto per due nel cortile?” chiese Monica, la barista rispose di si e ci fece strada, passammo per una saletta interna con alcuni tavolini e alla fine sbucammo in un piccolo cortile all’interno del palazzo. I muri erano tutti decorati con piante rampicanti e vasi con piante fiorite, al centro c’era un grande gazebo con sotto meno di una decina di tavolini. C’era un silenzio d’oro. La barista ci indicò un tavolino e ci fece accomodare. Monica la ringraziò ed ordinò due spritz. La barista se ne andò in silenzio e tornò dopo qualche minuto con i calici pieni e qualche salatino.
“Allora tesoro, brindiamo a… Alla nostra prima serata insieme, abbiamo fatto un bel lavoro di squadra!” facemmo suonare i calici e bevemmo un primo sorso di spritz, Monica si tolse gli occhiali e si sistemò i lunghi capelli scuri dietro le orecchie, aveva appena un filo di trucco ed era bellissima. Portò la cannuccia alla bocca e succhiò il primo sorso.
“Insomma, ieri è stata la tua prima volta… Come ti è sembrata?” mi chiese.
“Bhè, non me la immaginavo proprio così se devo essere sincero, credevo che, ecco… Si credevo che avrei potuto prepararmi meglio! Non so se capisci…” risposi.
“Lo so amore… Ho capito benissimo, anche per me fu così la prima volta con altre persone. Avevo la tua età più o meno e facevo proprio come fai tu.” bevve altro spritz “Figurati che ancora non avevo queste due amiche..!” si toccò i seni scherzando. Mi fece ridere.
“Ma… ma tu come hai iniziato? Se posso chiedertelo…” azzardai timidamente.
“Bhè, diciamo che ho iniziato un po’ come te, era una passione. Era una cosa che faceva parte di me. Purtroppo non era ben vista da tutti nel mio paese tanti anni fa.
Non so se lo sai, ma in Brasile noi donne trans non siamo molto ben viste anche se in un certo senso facciamo quasi parte di una specie di… identità… del paese. Se così possiamo chiamarla, anche se non credo sia il termine giusto. Comunque, è un fenomeno molto più comune di quanto possa sembrare, se siamo costrette a metterci in vendita da sole o per conto di qualcun’atro è solo perché non riusciamo a trovare la nostra strada tra la gente normale. Per questo tante di noi sono costrette a fare questa vita, anche se può avere i suoi vantaggi se fatta in un certo modo e se si è portate per certe cose.” la vidi cambiare espressione completamente. Riprese gli occhiali e giocò con le stecche, forse per rilassarsi, bevve un altro sorso abbondante di spritz e sembrò calmarsi.
“Mi sembra di aver capito che, ecco… che tu hai trovato un tuo equilibrio.” azzardai di nuovo.
“Bhe si, diciamo che l’ho trovato. Faccio questo lavoro da quasi vent’anni, sono in Italia da quasi quindici anni e in tutto questo tempo sono riuscita a farmi una reputazione nel mio ambiente, poi ho anche conosciuto tante belle persone come tuo zio. Quelli come lui mi hanno aiutata molto, mi hanno sempre fatta sentire apprezzata, hanno sempre dato un senso a tutto il mio lavoro e non mi hanno mai fatta sentire inutile, disprezzata o sbagliata. Tu sei molto fortunata ad avere uno zio così.”
“Già, hai ragione… Lo so che zio è una brava persona, io non credevo che fosse, che fosse… Così.” mi resi conto che non riuscivo a trovare le parole per esprimere ciò che avevo realizzato seduto su quella panchina al parco appena un’ora prima.
“Fate proprio una bella coppia insieme! Non si direbbe che siete zio e nipote sai?”.
“Si…” bevvi un sorso dal bicchiere “A me, ecco, a me piacerebbe… ma lui ovviamente non può perché…” dissi timidamente.
“Lo sapevo..! Ti sei innamorata!?” esclamò Monica sottovoce. Mi prese la mano sotto il tavolino e si avvicinò a me. “Lo avevo capito tesoro..!”. Rimasi spiazzato, provai a chiederle come avesse fatto a capirlo… “Ho avuto una sensazione…” mi rispose sorridente.
“Ti prego non glielo dire…” la supplicai, lei mi tranquillizzò dicendomi che avrebbe tenuto la bocca chiusa. “Non ho idea di come comportarmi con lui, dopo questa settimana e soprattutto dopo ieri sera, non so come potrei far finta di niente e tornare alla vita di tutti i giorni come se niente fosse…” dovevo proprio essere disperato per parlare così e credo che Monica se ne accorse. “Vorrei tornare a casa da lui… ecco tutto.”.
“Tesoro mi dispiace, so come ti senti. La… diciamo la prima volta, è capitato anche a me nello stesso identico modo, tanti anni fa… Immagino che vuoi solo tornare da lui ed essere te stessa, come piaci a lui e nel modo in cui lui ti fa sentire speciale. Da quanto ho capito, purtroppo il tempo non è proprio dalla vostra parte, spero che tu riesca a trovare almeno il tempo per te stessa.”.
“Lui purtroppo è… è sposato.” dissi timidamente.
“Lo so, purtroppo so cosa vuol dire anche questo.” sentì la voce di Monica molto cupa. “Se posso darti un consiglio, cerca di non farti coinvolgere troppo… Si vede che sei molto intelligente tesoro, sarebbe un peccato se ti andassi a perdere in questo modo. Come ti ho detto ieri sera, sono felice per voi due perché mi fa piacere che riusciate ad essere voi stessi, ma non dimenticarti mai che il tuo benessere viene prima di ogni altra cosa, quindi per favore, stai attenta.” mi prese la mano sotto il tavolo e la strinse sorridendomi. Bevemmo un altro sorso insieme.
“Grazie Monica, davvero…” mi fece un occhiolino. “Comunque, ecco, sai io vorrei ehm… ecco vorrei continuare a fare quelle cene tra amici. Pensi che sarà possibile?” domandai.
“Oh tesoro ma certo!” mi rispose, “Però, scusa se te lo dico, sarà meglio che le fai solo con noi quelle cene. Non è il caso che tu le faccia con altre persone.” questa volta usò un tono di voce più fermo del solito.
“Ma perché scusa, dici che io potrei farle anche con altre persone? Non capisco…”.
“Capisco io amore, sei giovane, bella, hai molte abilità da quanto ho visto ieri sera e soprattutto sei… sei una ragazza fresca, se capisci che intendo… Non hai idea di quante persone pagherebbero oro per una come te! Dai retta a Monica, rimani te stessa e non provare a fare certe cose con degli sconosciuti, non sai mai chi puoi incontrare!”.
“Ho capito Monica, credo proprio che tu abbia ragione…” finì di bere il mio spritz.
Il locale era ancora vuoto, sembrava che fosse aperto solo per noi due. Continuammo a parlare, Monica mi raccontò in breve la sua vita, come immaginavo non era stata facile. Omise molti dettagli ma mi fece capire che non se l’era vista per niente bene, essere una ragazza trans in Brasile non era per niente facile trent’anni fa, era stata fortunata ad aver imparato l’italiano tramite un’amica di sua madre che molti anni prima aveva sposato un ingegnere di Milano che spesso andava in Brasile per lavoro. Quando si accorse di essere diversa dagli altri ragazzi iniziarono i problemi veri, non fu facile per la sua famiglia accettarla ma alla fine se ne fecero una ragione, riuscì a venire in Italia dopo aver fatto un provino con un noto regista pornografico italiano che all’epoca andava in Brasile per fare il talent scout, a quei tempi la pornografia transessuale in Italia era quasi agli albori e in questo modo molte ragazze come lei riuscirono ad andar via dal Brasile per girare i primi film pornografici made in Italy. Quella fu solo una breve parentesi però, nonostante Monica fosse appena maggiorenne non riuscì a costruirsi una carriera in quel settore, che tra l’altro a lei non piaceva, e lo abbandonò dopo aver girato pochissimi film. Riuscì ad entrare nel giro delle escort tramite uno degli attori con cui aveva lavorato, uno che l’aveva aiutata molto ad ambientasi qui in Italia. Da lì in poi, dopo una serie di alti e, soprattutto, di bassi Monica riuscì a farsi un nome nell’ambiente, riuscì a vendersi bene come si dice… I suoi genitori, che ancora vivevano in Brasile, avevano accettato da tempo la sua transessualità, nonostante non sapessero nulla del suo lavoro, lei non riusciva a confessarglielo che si guadagnava da vivere in quel modo. Gli aveva detto che da anni oramai lavorava in un’azienda tessile. Riusciva ad andare a trovarli quasi ogni due anni, il lavoro non le mancava mai ovviamente, girava per tutta l’Italia, fermandosi per un mese in ogni città dove di solito aveva un appartamento in affitto. Faceva tutto da sola, gestiva il suo sito web dove pubblicava le date delle sue tappe in giro per il paese e curava i suoi appuntamenti. Ogni tanto dava una mano ad una sua amica e collega trans che aveva alcuni clienti che preferivano fare le cose a tre, erano dei favori che le fruttavano parecchio… Mi mise di nuovo in guardia alla fine del suo racconto, non voleva che tutto questo mi affascinasse al punto di convincermi a provare ad intraprendere quella strada, la tranquillizzai dicendole che anche se avessi voluto, non avrei mai saputo da che parte iniziare, e poi, cosa più importante di tutte, ero troppo timido per farmi vedere en femme da un completo sconosciuto che non avevo mai visto prima. Monica si rallegrò della mia risposta, mi chiese se volevo un altro spritz dato che oramai i nostri bicchieri erano completamente vuoti.
“No grazie Monica, non sono abituato a bere a dire la verità, ho paura che mi giri troppo la testa se ne bevo un altro.”.
“Allora se non hai da fare, ti andrebbe di venire a casa mia? Credo di avere qualcosa per te… qualcosa che ti piacerà!” mi chiese.
“A casa tua? Dici davvero Monica? No, io non ho nulla da…” non riuscì a finire la frase, non mi aspettavo minimamente un’offerta del genere. Chissà cosa aveva Monica per me…?
Ci alzammo, Monica pagò il conto e uscimmo velocemente, per strada incontrammo solo alcune coppie che portavano i cani a spasso, il quartiere sembrava deserto. Salimmo in auto, tornammo in città e Monica si diresse verso il centro, c’era poco traffico e riuscimmo ad arrivare a casa sua in meno di una mezz’ora. Mi resi conto che non era troppo distante da casa mia, la Smarth bianca entrò nella rampa di un garage, mentre aspettavamo che il cancello si aprisse, mi resi conto che ero già passato molte volte davanti a quel palazzo, chi se lo sarebbe mai immaginato che ci sarei tornato con Monica… Entrammo nel garage, Monica parcheggiò in un posto a spina, scendemmo e la seguì verso la porta di accesso alle scale. Subito nella rampa c’era l’ascensore, Monica premette il pulsante e pochi secondi dopo eravamo dentro mentre aspettavamo di arrivare al quinto piano. Le porte dell’ascensore si aprirono e ci trovammo in un pianerottolo con i muri bianchi e il pavimento in marmo nero, ad ogni angolo c’era una pianta ornamentale, tutto era pulito e silenzioso. Seguì Monica verso una porta senza il nome sul citofono, fece scattare la serratura e mi fece entrare.
“Benvenuta a casa mia tesoro!” disse. L’appartamento era molto grande, non sembrava per nulla esserci tutto quello spazio da fuori. Ci trovammo in un grande salone con una vetrata enorme che ci separava da un balcone che sembrava correre per quasi tutta la fiancata del palazzo. “Mettiti pure comoda Luana, fa come se fossi a casa tua, vuoi qualcosa?” mi chiese.
“Un bicchiere d’acqua grazie Monica.” mi sedetti sul divano. Monica mi diede il bicchiere e poi si scusò dicendo che andava a cambiarsi per mettersi un po’ più comoda. Dopo qualche minuto tornò da me, si era cambiata, indossava una vestaglia nera di raso e aveva ai piedi dei sandali di sughero con una zeppa di circa dieci centimetri. Si sedette accanto a me e con un telecomando accese un condizionatore, impostando la temperatura per scaldare la stanza. In effetti con quella vestaglia sentivo freddo solo a guardarla.
“Mi piace stare al calduccio tesoro…” disse ammiccando “Allora, che ne pensi? Ti piace la casa?” mi chiese prendendomi la mano.
“Si Monica, è bellissima! Non pensavo fosse così grande dal pianerottolo…”.
“Oh sono stata fortunata a trovare un buon annuncio, è ottima per ricevere i clienti, come hai visto c’è l’ascensore, inoltre qui quasi tutti gli appartamenti sono affittati a persone che per lavoro girano spesso, un po’ come me! Perciò non rischia di dare nell’occhio un via vai di persone continuo dal mio appartamento.” accavallò le gambe e notai i suoi piedi, curati, lo smalto nero, la cinghia di velluto scuro che fasciava il collo del piede.
“Hai altri appartamenti come questo nelle altre città dove lavori?” chiesi.
“Bhè proprio come questo no, diciamo che questo è il più bello, gli altri sono carini ma non come questo, sono più piccoli. Questo è il mio preferito, infatti lo considero casa.” sistemò la scollatura della vestaglia, vedevo chiaramente la forma dei capezzoli sotto al raso scuro.
“Spero che un giorno riuscirò anche io ad avere una casa come questa…” sospirai.
“Oh tesoro te lo auguro tanto!” mi diede un bacio sulla guancia e mi accarezzò il viso. Mi guardai intorno, appese ai muri c’erano un sacco di fotografie di Monica in giro per l’Italia, se non in giro per tutto il mondo, molte foto però sembrava venissero dal Brasile, la ritraevano su spiagge, insieme ad altre donne (intuì che molte erano sue colleghe di lavoro) dalla carnagione color oliva, alcune invece sembravano foto di famiglia. Non sembrava esserci nemmeno una foto che la ritraesse prima della sua transizione.
“Vuoi qualcos’altro?” mi chiese.
“Oh, no Monica grazie.” mi prese il bicchiere vuoto dalla mano e lo poggiò per terra. “Se vuoi metterti comoda non fare complimenti.” disse. Io non sapevo che rispondere, mi sentivo in imbarazzo. Avrei voluto mettermi comodo come lei, con la vestaglia di zia oppure con uno dei suoi body che indossavo spesso. La temperatura della stanza stava iniziando a salire.
“Vieni con me…” mi prese per mano e mi fece alzare, trascinandomi in camera da letto. “Aspetta un attimo, ho una cosa per te!” aprì un armadio dalla parte opposta della stanza, accanto al grande letto matrimoniale, cercò tra le stampelle appese e tirò fuori un kimono in raso nero, simile alla sua vestaglia ma ovviamente molto più corto con delle maniche a tre quarti, i bordi lunghi in pizzo sembravano arrivare a compensare la parte mancante della manica. Mi passò la stampella con il kimono e mi indicò un’altra anta dell’armadio. “Li dentro ci sono alcune scarpe, credo ti staranno bene, mi sembra che abbiamo quasi lo stesso numero. Se ti dovessero servire delle mutandine puoi aprire quel cassetto lì in alto.” indicò una cassettiera vicino all’armadio. “Mettiti pure comoda amore, io ti aspetto di là sul divano!” mi lasciò da solo in camera.
Rimasi a bocca aperta, non mi sarei mai aspettato che mi offrisse qualcosa da mettere. Guardai il kimono ancora sulla stampella, riuscivo chiaramente a sentire il profumo di Monica, il kimono ne era impregnato. Mi spogliai velocemente liberandomi dei vestiti maschili, tolsi il kimono dalla stampella e lo indossai, sentì il raso freddo sulla pelle, provai un brivido di piacere, sistemai la cintura in vita e la allacciai, chiudendo il kimono con la scollatura leggermente aperta. Sembrava arrivarmi a circa metà coscia, pensai che fosse normale visto che Monica era molto più alta di me. Aprì l’armadio, che invece si rivelò essere una scarpiera. Mi cadde l’occhio su dei sandali quasi identici a quelli che indossava Monica. L’unica differenza era il materiale, questi erano in plastica trasparente, ma l’altezza della zeppa sembrava essere la stessa. Notai anche un bellissimo paio di sandali neri, con un tacco ed un plateau trasparente, il tacco era altissimo, sarà stato almeno di quindici centimetri se non di più. Non resistetti alla tentazione, li provai al volo e quando mi alzai in piedi mi sentì altissimo, feci qualche passo e mi sembrò di stare sui trampoli. Mi accorsi che non era facilissimo camminarci, chissà Monica come ci camminava bene invece… Feci qualche passo avanti e indietro per la stanza, preso dall’emozione. Improvvisamente mi ricordai che Monica mi aspettava nell’altra stanza, immediatamente tolsi i sandali e li rimisi al loro posto. Indossai i sandali che avevo scelto, sciolsi i capelli, lasciandoli liberi sulle spalle e con passi decisi e lenti andai verso il salone. Monica sentì il suono dei sandali e si girò a guardarmi.
“Wow Luana! Come stai bene così!” esclamò. Tornai a sedermi sul divano accanto a lei, subito le sue mani mi sistemarono i capelli, mi accarezzarono il viso e la scollatura del kimono.
“Grazie per avermi prestato queste cose.” le dissi, intanto lei mi ammirava dalla testa ai piedi, mi accarezzava e non la finiva di ripetermi quanto stessi bene con quel kimono e quei sandali. Io iniziai ad arrossire dall’emozione, Monica se ne accorse, mi abbracciò e mi baciò. Fu un bacio lungo, sentì le sue labbra premere più volte sulle mie, le sentivo morbide, azzardai a muovere un po’ la lingua. Appena se ne accorse la sentì ridere, subito dopo sentì anche la sua lingua, premeva sulle mie labbra, la lasciai entrare.
“Piano tesoro altrimenti finisce che mi eccito troppo…” si staccò da me, con un braccio mi prese attorno la vita, restammo così, uno accanto all’altra mentre ci accarezzavamo e ci baciavamo. Monica mi chiese quando avessi capito di sentirmi più donna che uomo, le raccontai tutto. Le raccontai dei pomeriggi passati da solo a casa dopo la scuola, dei body e dei collant che rubavo a mamma, delle prime volte che misi le sue scarpe e di quando imparai a camminare sui tacchi, delle prime depilazioni, delle prime volte che provavo ad abbinare una gonna ad una camicetta, delle prime volte che misi lo smalto… finchè non arrivai a raccontarle della rima volta con zio Domenico.
“Cavolo Luana, immagino… deve essere stata una doccia fredda per te… ma poi quei soldi, che cosa ci hai fatto?” mi chiese Monica.
“In realtà non ci ho fatto ancora nulla, li ho messi da parte. Il fatto che mi avesse offerto dei soldi per vedermi in quel modo all’inizio mi ha scioccato ma poi…” Monica mi interruppe all’improvviso.
“Ma perché continui a parlare al maschile Luana?” la domanda mi lasciò spiazzato, non sapevo come rispondere.
“Io… non lo so, forse è solo abitudine.” dissi.
“Bhè, non pensi sarebbe meglio parlare al femminile? Dici che vorresti tanto sentirti donna, comincia da questo!” capì che aveva ragione.
“Hai ragione Monica, dovrei farlo…” ammisi.
“Ma invece il nome? Come mai hai scelto proprio Luana? Insomma, è un bellissimo nome, ti sta molto bene… ma perché proprio quello?” mi chiese.
“Ecco, è il nome di mia mamma. Te l’ho detto che avevo iniziato ad indossare i suoi vestiti perché lei ed io abbiamo un fisico abbastanza simile, poi l’ho sempre considerata una bellissima donna quindi non lo so… mi è sembrato spontaneo scegliere di chiamarmi come lei. Insomma, mi piace pensare di essere un po’ come lei.” ammisi.
“Amore ma è una cosa bellissima! Da quello che mi hai detto tua mamma deve essere proprio bella, spero che da grande sarai come lei allora..! Devo dire che sei già a buon punto!” mi toccò le cosce “E poi hai anche qualcosa in più…” la sua mano arrivò sotto il kimono, in mezzo alle mie gambe.
“Oh… Monica non…” provai a dirle di non toccarmi, la verità era che il mio cazzo era già quasi del tutto duro. Quelle carezze, quei baci e tutta quella situazione mi avevano eccitato da morire.
“Accidenti… cosa abbiamo qui Luana?” mi chiese divertita Monica.
“Scusa ma tutta questa situazione… Insomma non mi è mai capitato e mi sono eccitata molto…” ammisi.
“Lo vedo…” slacciò la cintura del kimono per aprirlo, con un movimento rapido fece scivolare fuori dalle mutandine il mio cazzo duro. Delicatamente lo prese con la mano ed iniziò un massaggio lento, toccandolo dolcemente e scappellandolo appena. “E’ davvero bello sai… A guardarlo così bene mi viene da pensare che un cazzo così bello sia quasi sprecato con te. Sei sempre stata passiva Luana?” mi chiese.
“Bhè con zio si, praticamente quasi sempre passiva. Ogni tanto gli piace succhiarlo, ma credo lo faccia solo per darmi più piacere, non ci faccio molto a dire la verità con questo coso tra le gambe…” le risposi mentre lei continuava il massaggio, lo stava scappellando sempre di più. Aveva fatto scivolare fuori anche le mie palle e con le sue unghie rosse accennava un lieve grattino sul mio scroto completamente arricciato e ritirato per via dei brividi che mi stava facendo correre lungo tutto il corpo. Sentivo il solletico, piacevole e leggero. Monica si chinò per darmi un bacio leggero sulla cappella, poi prese a masturbarmi con un po’ più di forza.
“Allora facciamo un patto tesoro, quando saremo sole tu ed io e non avremmo nessuno tra i piedi, potrai essere attiva con me, così fai un po’ di pratica…” disse sorridendo e poi si piegò subito su di me per prenderlo in bocca. Dopo qualche colpo di lingua si staccò. “Allora che ne dici eh?” chiese.
“Oh Monica… S… Si va bene… Grazie.” ero scosso dai brividi, Monica mi stava facendo impazzire lentamente. Non la smetteva di segarmi, soprattutto adesso che aveva bagnato la cappella e aveva iniziato a stringerla con la mano, mentre con l’altra accarezzava le mie palle
“Molto bene, allora adesso per prima cosa impara ad usare la mia bocca. Usala come vuoi, deve darti piacere…” riprese in bocca il mio cazzo, mi prese le mani e le portò sulle tempie, in mezzo ai suoi capelli. “Dai… Ora muoviti, fai quello che senti…” le parole le uscirono quasi strozzate per via del mio cazzo nella sua bocca, riuscì a capirla solo perché interpretai il gesto delle mie mani.
Lentamente iniziai a muovermi dentro la sua bocca, Monica faceva attenzione a non toccarmi con i suoi denti, cercava di avvolgermi il più possibile con la lingua e le sue labbra si allentavano e si stringevano quasi a comando ogni volta che accennavo ad entrare o ad uscire. Sentì la sua lingua che correva lungo tutto il mio cazzo, quasi fino alle palle, mi ricordò zio Domenico, ma lei sapeva usarla molto di più. Sentivo che mi avvolgeva con più delicatezza, non si stancava mai. Non mi avevano mai succhiato il cazzo così. Iniziai ad ansimare mentre tenevo ferma la sua testa per muovermi a mio piacimento. Lei mi guardava negli occhi, fissa, senza quasi mai sbattere le palpebre. Ogni tanto quando affondavo troppo ed arrivavo alla gola sentivo un suono strozzato. Monica come al solito era bravissima, le riusciva di succhiarlo e di arrivare fino alle palle con una naturalezza assoluta, aveva una gola accogliente. Stava attenta a non far uscire nemmeno un goccia o un filo di saliva. Quando si staccava per riprendere fiato, lasciava il cazzo completamente ripulito da saliva superflua, ingoiava tutto e lasciava il minimo indispensabile per lasciarlo umido e bagnato quel tanto che bastava per poterlo masturbare senza il minimo attrito… Mi stava facendo impazzire, la sua mano scivolava sulla mia cappella sempre più bagnata, gonfia e rossa. Più strofinava le sue mani su di me e più ansimavo, lei lo sapeva e, ovviamente, se ne approfittava. Ansimavo, mugolavo di piacere. Il formicolio di piacere e le contrazioni si stavano diramando in tutto il mio corpo, iniziavo a non resistere più.
“Oh Monica non… non resist… ti prego!” ansimai mentre chiudevo le gambe, lei non smetteva di massaggiarmi la cappella sempre più rossa e bollente. Mi concesse qualche secondo di tregua, lasciò la presa e si concentrò sulle palle, massaggiandole e baciandole.
“Luana sei buonissima…” disse mentre ingoiava le mie palle. “Ti piace così vero amore?”.
“Oddio Monica si… Oddio non pensavo fossi così brava!” ero completamente andato, credo che iniziassi a buttare gli occhi all’indietro per il piacere. Tornò subito sul cazzo, ingoiandolo completamente. La testa faceva su e giù in maniera ritmica. Mi fece allargare le gambe, sentì un suo dito che premeva contro il mio buchetto, entrò lentamente, appena una falange, quel tanto che bastava per farmi sentire che c’era qualcosa dentro di me. Sentivo che ero arrivato al limite. Ansimai sempre più forte mentre i suoi occhi erano incollati su di me.
“Monica sto per… Oddio non riesco a tratt…” appena capì che intendevo dire succhiò più voracemente, arrivando quasi fino alla base. Scaricai tutto dentro la sua bocca mentre le contrazioni mi facevano vibrare. Due, tre, quattro schizzi. La sua lingua non si fermava mai, mi stava facendo impazzire sul serio. Le sue labbra erano strette attorno al cazzo, non avrebbe fatto scappare nulla alla sua bocca, nemmeno per scherzo. Appena sentì che non avevo più niente da darle, rallentò fino a fermasi. Facendo attenzione si staccò, non fece uscire nulla, lasciando il cazzo pulito mentre lentamente iniziava ad ammosciarsi. Mi guardò, facendomi un occhiolino ammiccante. Feci fatica a guardarla, ero ancora sconvolto dall’orgasmo. Salì sopra di me, arrivò a pochi centimetri dal mio viso e con le labbra mi fece segno di darle un bacio. Ubbidì, completamente stremato. Appena le nostre labbra si toccarono, Monica mi prese la testa e facendo entrare la sua lingua, mi riempì la bocca con il mio sperma che aveva trattenuto fino a quel momento. Sentì il palato riempirsi di sperma caldo, ancora un po’ denso e cremoso. Quando finì di svuotarsi la bocca, me la chiuse con un dito, passandolo delicatamente sulle labbra bagnate, baciandomi le guance.
“Sei soddisfatta Luana?” mi chiese.
“Si Monica. Oddio non… non pensavo fossi così brava…” ansimai dopo aver ingoiato tutto il mio seme.
“Ho solo più esperienza di te tesoro, ma tu hai un bel potenziale sai..?” mi disse mentre accarezzava il mio pisellino oramai a riposo, ancora umido.
Ripresi lentamente fiato, non riuscivo a muovermi per quanto ero esausto. Monica mi rimise il cazzetto nelle mutandine e mi chiuse il kimono. Si alzò per prendere due bicchieri d’acqua. Bevvi tutto d’un fiato. Lentamente mi ripresi, mi alzai e andai in bagno per darmi una rinfrescata. Quando uscì trovai Monica sulla porta, mi baciò e ci stringemmo l’uno nell’altra. La sentivo sempre più protettiva nei miei confronti.
“Grazie Monica, grazie di tutto. Sei così premurosa con me, non ho mai conosciuto una donna come te. Sei.. speciale.” dissi timidamente.
“Sei tu ad essere speciale tesoro. Mi ricordi molto me alla tua età.” rispose.
“Mi piace stare con te Monica, sei come una sorella maggiore.” azzardai, ma preso dall’imbarazzo poi mi scusai subito per quello che avevo appena detto.
“No tesoro, non devi scusarti di nulla. Sei dolcissima. Te l’ho detto, mi ricordi molto me alla tua età. Non smettere di essere così,per nessun motivo al mondo. Te lo chiedo per favore…” mi abbracciava e sentivo la sua mano sulla mia testa, in una specie di gesto materno, esattamente come la sera prima nel bagno della casa di Daniele. “E guarda che anche senza occhiali sei bellissima..!” mi misi a ridere. Teneva la mia testa contro i suoi seni, sentivo il calore del suo petto e il suo profumo che non avrei mai più dimenticato.
“Monica io vorrei che tu… mi insegnassi come si fa ad essere così. Mi è piaciuto molto quello che abbiamo fatto ieri sera e vorrei continuare a farlo con voi, voglio imparare ad essere una donna come te. Voglio che Domenico sia orgoglioso di me. Per favore…” dovetti farle molta tenerezza.
“Va bene Luana, sarò la tua maestra allora. Ti insegnerò tutto amore..!” rispose in modo amorevole. Rimasi abbracciato a lei, non volevo andarmene per nessun motivo, sentivo un’attrazione sempre più forte verso Monica. In quel momento mi resi conto per davvero quanto fosse speciale.
“Monica io credo sia tardi, dovrei tornare a casa.” dissi trattenendo un singhiozzo.
“Oh amore ma certo, aspetta mi metto qualcosa addosso e ti riaccompagno io, ci vorrà un attimo!” corse a cambiarsi. Le dissi che non era necessario, sarei tranquillamente potuto tornare a casa da solo anche se molto probabilmente ci avrei messo un po’ con i mezzi pubblici, oltretutto era anche domenica. Erano quasi le sette di sera, non mi ero roso conto di quanto fosse volato il tempo insieme a lei. Monica uscì pochi minuti dopo dalla camera da letto con addosso gli stessi vestiti di prima. Andai a cambiarmi anche io, rimisi il kimono sulla stampella e lo chiusi nell’armadio, rimisi il reggiseno e mi rivestì completamente, a malincuore. Uscimmo di casa e salimmo in macchina. Mi godetti il viaggio di ritorno, tenendo Monica per mano, ogni tanto mi accarezzava una gamba e poi tornava a stringere la mia mano. Non dissi nulla, rimasi in silenzio a guardarla, sorridendo tutto il tempo. Lei se ne accorse ovviamente ma ogni volta ricambiava i miei sorrisi.
Le dissi di lasciarmi davanti l’ingresso del parco, dove ci eravamo dati appuntamento. La salutai con un bacio e tornai a casa ancora con la testa tra le nuvole. Rientrai a casa e salutai mamma e papà, cercai di non dare troppo nell’occhio, sprizzavo gioia da tutti i pori. Mamma mi abbracciò, ovviamente sentì il profumo che avevo addosso e non poté non chiedermi dove e con chi fossi stato.
“Ho fatto una passeggiata al parco e ho incontrato alcune ex compagne di scuola. Ci siamo fermati un po’ a parlare del più e del meno, una di loro credo si fosse rovesciata addosso un secchio di profumo! E’ meglio che vada a farmi una doccia mamma.” ridemmo entrambi di questa mia scusa.
“Si è meglio che vai tesoro, con questo profumo addosso ti si sente da cento chilometri!” corsi subito in camera a spogliarmi, tolsi le mutandine e il reggiseno, le nascosi dentro l’armadio e misi degli boxer, uscì dalla mia stanza e corsi in bagno senza farmi vedere da nessuno. Mi misi sotto la doccia e ripensai alla settimana che proprio in quel momento era arrivata alla sua fine. Non riuscivo a non sorridere mentre l’acqua calda scorreva sul mio corpo, intanto che il sapone scivolava via, pensai che dovevo assolutamente comprare un kimono come quello di Monica.

(Racconto tratto da una storia vera. I nomi dei personaggi e alcune vicende sono stati modificati per proteggere la privacy dei diretti interessati. Per qualsiasi informazione, suggerimento o domanda potete scrivere a: forbidden.fantasy@outlook.com)

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