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Il potere del fratello maggiore

By 27 Gennaio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao a tutti, so che è noioso ma un prologo è fondamentale per spiegare ciò che è successo. Questa è la narrazione di una storia che fino a 2 anni fa non avrei ritenuto possibile. Sarà postato in diverse sezioni di capitolo in capitolo, per raccontare tutte le sfaccettature della storia. Per evitare di anticiparvi nulla, narrerò il tutto (eventi, situazioni ed età dei protagonisti) direttamente come erano 2 anni fa.

Protagonista di questa storia ovviamente sono io, Marco, ho 20 anni. Sono un ragazzo molto molto molto sportivo, basti dire che gioco a calcio, faccio kung fu, judo e vado anche in palestra appena ho tempo libero. Sono ragazzo normale, alto 1e80, capelli e occhi castani. Carino, ma non un figo allucinante. Siamo una famiglia benestante, con i loro problemi, genitori in carriera sempre in viaggio e poco presenti in casa. Da un lato è anche meglio così. Penso che mia madre nutra per noi, i suoi figli, solo una profonda indifferenza, mentre mio padre non perde occasione di alzare le mani al minimo sgarro che facciamo. Non sono figlio unico, ho una sorella, Angela, 24 anni, che un anno fa, dopo aver trovato lavoro, è già fuggita di casa, andando a abitare con 3 sue amiche. E’ una ragazza mora, molto bella, che sa di esserlo e sfrutta queste doti a suo vantaggio. Anche per questo non ha una gran fama ma, dato il numero di ragazzi che ho visto entrare in camera sua, è una fama motivata. Ho anche un fratellino, Mario, che frequenta ancora le superiori. Mario, è un ragazzo fragile in tutto, sia fisicamente che caratterialmente. E’ alto 1e74, lunghi capelli mori lisci da metallaro tutto borchie e pelle, quale è. E’ un ragazzino esile, che pratica nuoto per rinforzarsi un po’, ma senza tanto successo. Lui, più di tutti, ha sofferto la poca presenza dei genitori e le loro sfuriate ogni volta che tornavano. E’ molto timido e insicuro e per ogni cosa corre subito in cerca di aiuto da me o dalla sua amica del cuore, Marta. Lei è un angelo sceso dal cielo. Ha solo un anno in più di Mario, ma ha già la testa e il carattere di un adulta. Forse perché anche lei non ha una situazione familiare delle migliori e essendo figlia unica ha potuto contare solo su se stessa. E’ stata lei, “reginetta della scuola” a prendere Mario sotto la sua ala protettiva e a stringere con lui una profonda amicizia che assomiglia più a un legame sorellona-fratellino. Marta è bionda e ha due favolosi occhi grigi, un 1 metro e 70 di pura dolcezza e bellezza, ma forse non sono molto imparziale. Infatti, lei è il mio angelo, il mio amore, stiamo assieme da 2 anni. A volte, i nostri caratteri autoritari cozzano un po’ ma siamo felici e ci amiamo molto.

Con questo la parte noiosa è finita, scusate ma era un introduzione doverosa e necessaria per capire la storia, che è iniziata un giorno come tutti gli altri: io in palestra, i genitori via per lavoro e Mario a casa da solo con la governante che tanto non fa altro che guardare la TV tutto il giorno. Contrariamente alle altre volte che mi prendo il mio paio d’ore per allenarmi e sfogarmi, oggi non mi sento bene e dopo neanche mezz’ora di allenamento sono già in macchina sulla via del ritorno a casa. Tornato a casa, saluto la governante, immancabilmente sul divano davanti alla TV, svuoto la borsa e mi avvio verso camera mia e di mio fratello, per mettermi al computer. Arrivato in camera ero già pronto a dover sfrattare mio fratello che non perde occasione di usare il mio PC, ma stranamente non lo trovo. Penso possa essere in bagno, ma venendo in camera avevo visto il bagno vuoto. Mi metto così a cercarlo, per pura curiosità su dove si sia cacciato. Giro diverse camere prima di entrare nella camera armadio dei miei genitori. Entrare in quella camera è stato davvero un forte shock, sia per me che per Mario. Entrando rimango impietrito, i lunghi capelli mori di mio fratello, scendono mossi e ondulati oltre alle spalle e lungo la schiena lasciata scoperta da un vestito nero da sera dai riflessi brillanti. Lasciate scoperte dal vestito solo un paio delle vertiginose scarpe col tacco, molto costose, di mia madre. Devo ammettere che dalle spalle, non avrei mai distinto Mario da una stupenda ragazza se non fossimo stati in casa e non lo avessi visto riflesso nello specchio intento a passarsi il lucida labbra, dopo essersi già truccato finemente gli occhi. Anche lui mi vide dallo specchio riflettendoci una strana espressione di sorpresa e terrore allo stesso tempo a cui segui un suo maldestro scatto per nascondersi dietro l’anta dell’armadio. Ma finendo per caderci dentro inciampando nel vestito con i tacci e facendo cadere l’appendi abiti interno e le pile di scarpe di mia madre. Inutile dire quanto rumore provocò questo maldestro tentativo di fuga. Tanto da allarmare la governante, che a passo svelto si diresse verso di noi. Rimasi interdetto ancora qualche secondo a vedere mio fratello rialzarsi e guardarmi con due occhi da cerbiatto impaurito, prima di chiudere velocemente a chiave la porta della stanza. Appena un paio di secondi prima che la governante bussasse.

“Cosa state combinando li dentro? uscite subito!! Aprite immediatamente la porta o farò rapporto ai vostri genitori quando torneranno e…”
“Stai zitta!!”, le ribattei io, “non sei nostra madre e non puoi dirci cosa possiamo o non possiamo fare, quindi tornatene davanti alla TV a rubare un altro stipendio!!”
“Maledetto, ragazzino presuntuoso, chi ti credi di essere!? Giuro che la pagherai appena tornerà tuo padre, questo è certo e lo sai anche tu. Comunque mettete a posto quel che toccate o sarà peggio per voi.” detto questo la sentii ritornare verso il salotto, un problema era risolto.
“Lo sai…cosa ti farà papà per…esserti comportato così con la vecchiaccia!?” disse timidamente Mario.
“Fidati, non è niente in confronto a quello che capiterà a te per esserti conciato così. Se ti uccide velocemente ti va di lusso!! Come minimo poi ti nasconderà in qualche collegio militare, dove si dimenticherà di te.” risposi un po’ seccato io per la situazione che aveva creato.
“No, ti prego, no…non dirglielo. Metto in ordine camera nostra per i prossimi 5 anni e ti darò parte delle mie paghette settimanali ma ti prego qualunque cosa ma non dirlo a nessuno…”
“ok, sta zitto ora. Poi vediamo, rimetti in ordine, datti una pulita e vieni in camera che dobbiamo parlare…vederti così mi fa senso” ed è vero, quasi non lo riconoscevo, sarà stato il trucco ad addolcire quei suoi lineamenti o i capelli ondulati, ma quasi mi sembrava di guardare una ragazzina invece che Mario. Mai avevo notato questo suo lato androgeno.

Coricato con le mani in volto sul mio letto, ripensavo alla situazione creatasi, cercavo una via di fuga, ma per me la punizione ormai era inevitabile. Parlammo a lungo io e Mario, mi raccontò tutto, mi disse che solo Marta sapeva di questa cosa ed ad incoraggiarlo a capire cosa voleva o provava. Da un po’ era affascinato dalla cosa, ma aveva trovato il coraggio e l’opportunità solo quando nostra sorella se n’era andata. Infatti, con mia sorella fuori di casa, io ad allenamento e una governante che faceva di tutto tranne che badare a lui aveva la privacy necessaria a sviluppare questo interesse, che nell’ultimo anno si era spinto sempre più oltre. Gli chiesi se ciò significasse che era gay, ma lui mi rispose di non saperlo con certezza, nonostante ultimamente facesse fantasie erotiche su un suo compagno di classe, si sentiva interessato anche all’universo femminile. Pensava di essere bisex, ma non avendo mai provato a fare niente ne con ragazze ne con ragazzi non poteva esserne sicuro. Alla fine ci accordammo, su metà della sua paghetta settimanale e il suo ruolo di schiavetto domestico in cambio del mio silenzio e come risarcimento per la mia futura punizione. Niente di sessuale, come molti di voi si aspetterebbero. Io sono etero, mi piacciono solo le ragazze e nonostante il suo apprezzabile aspetto in versione femminile, per me rimane un ragazzo. Inoltre, come già detto ero già felicemente fidanzato con Marta e non desideravo altro. Marta era molto autoritaria e poco incline a soddisfare il mio desiderio di dominazione sessuale, ma anche se nutrivo la speranza di un suo ripensamento futuro, ero disposto a rinunciare a quel mio profondo desiderio per lei.

Il tempo trascorse velocemente e felicemente, era il periodo migliore della mia vita: studiavo; tornato dall’università andavo dritto ad allenarmi; tornato a casa non dovevo più muovere un dito, mio fratello faceva tutto, compreso svuotarmi la borsa; e la sera vedevo il mio amore che potevo viziare e coccolare meglio con il mio “bonus” di paghetta. Il problema è che quando tutto va troppo bene, tutto è pronto ad andare in rovina in un istante solo, o meglio, in un giorno solo. Tornato dall’università, invece di dirigermi ad allenamento, andai da Marta che voleva vedermi quel pomeriggio. Non voglio dilungarmi in dialoghi spiacevoli e poco significativi per la storia ma fatto sta che Marta mi lascio, perché nonostante tenesse a me, aveva capito di essere innamorata di un altro e, prima di dichiararsi, voleva essere sincera e onesta con me. La sorpresa più grossa fu il “lui”, quel “lui” infatti mi disse essere mio fratello, Mario. Mi stava, lasciando per mio fratello…non ragionai molto, mi alzai e me ne andai sbattendo la porta di camera sua dietro di me dicendo un unica frase.

“Spero siate felici tu e quel frocetto”

Arrivato a casa mi chiusi in me stesso tutto il tempo restante, non guardai, ne tanto meno mai rivolsi la parola, a Mario, che inizialmente non ne capì il motivo ma poi doveva aver parlato con Marta. Come temevo quel frocetto e la sgualdrina cominciarono a frequentarsi e fare coppia. Io uscii con un paio di ragazze per non farmi più sentire dopo essermele fatte, una di queste la migliore amica di Marta, forse per far ingelosire Marta o vendetta verso il mondo femminile. Andai avanti a riempirmi d’odio per la felice coppia, fino ad arrivare al limite. Limite che sorpassai il giorno del ritorno dei miei genitori.

“wow, di bene in meglio” pensai tra me e me. Ben sapendo quello che mi aspettava mi alzai in piedi davanti al mio letto. Mario tentò di andarsene, ma gli intimai di rimanere dov’era perché era tutta colpa sua. Sentivo ancora in lontanaza, le voci dei miei e della governante chiacchierare. Sapevo bene, che questo era l’inizio del solito copione. Il silenzio delle loro voci segno l’inizio. Passarono pochi secondi prima che mio padre aprii la porta e ancora meno fu il tempo prima che un violento ceffone mi fece crollare a terra dove mi chiusi a uovo. Non dovevo difendermi o reagire per non peggiorare le cose. Sentii calci arrivare da tutte le parti. Presto tutto finii con un ironico “ciao a tutti. Siamo tornati” di mio padre. Prima picchia e poi saluta.

Ero una bomba pronta a esplodere. Tant’è che la miccia fu accesa da un semplice “come stai?” di Mario.

“Come cazzo vuoi che stia, deficiente? Ma certo non potevo aspettarmi domande più intelligenti da un frocetto del cazzo che non sa far altro che rubare le ragazze al fratello. Ma vedrai come ti pianterà in tronco quando verrai spedito in una cazzo di scuola militare in Svizzera o chissà dove, quando papà saprà di avere un figlio ciuccia-cazzi…”
Era intontito e con le lacrime agli occhi dopo la mia improvvisa sfuriata. “Cosa…Mah, avevi detto che avresti mantenuto il segreto!”
“Certo prima che il frocetto mi fottesse la ragazza…ma vedrai…”
“No no ti prego…non dire niente e, ti prego, non chiamarmi così è offensivo”
Non vado fiero di me, ma questa è la verità e non posso che narrarvela come è accaduta. Mi sono avvicinato a Mario e senza dire niente gli ho tirato un ceffone in pieno viso, per poi fare partire un paio di pugni che sono caduti sulle sue piccole spalle. Quando l’ho visto chiudersi a riccio, non ho dovuto fare altro che mettergli una mano in testa e afferrargli i capelli per trascinarmelo dietro per la stanza, mentre mi supplicava di fermarmi. Gli ho sbattuto la faccia, appiccicandola allo specchio.
“Lo vedi il tuo viso!?!” Fece un cenno affermativo con la testa. Il viso era molto sofferente e percorso da fiumi di lacrime. “Bene, perché non puoi dirmi che questo non è un viso di un frocetto…lo stesso frocetto che le pagherà tutte per mano mia, di papà e di non so chi, ma giuro che me la paghi”
Non avevo compassione dentro, in quel momento. Intere giornate di rabbia covata dentro di me, erano esplose in fiume di violenza e cattiveria.
“Ti prego, smettila, non è così…basta. Cosa vuoi da me?”
“Semplice che almeno ammetti la verità. Che la smettiate di prendervi tutti gioco di me e che paghi i tuoi errori in prima persona. Dai, dillo che se solo un lurido frocetto. Dillo e tutto finirà…almeno fino a quando non arriverà a saperlo pure papà”
“No, ti pr…” La frase fu interrotta da un mio calcio nel fianco di Mario, che aveva ancora il viso piantato contro lo specchio. Non cedette, tento varie volte di supplicarmi, finché non la smise e si limitò a subire le mie violente “incitazioni” in silenzio. Ma ciò non mi bastava, più ostinava più cresceva rabbia e desiderio di umiliarlo e farlo soffrire. Il potere mi stava dando alla testa e non solo. Tutta questa situazione mi provocava scosse di adrenalina paurose e un erezione di marmo. Non era un impulso sessuale e fisico…mi ha sempre colpito la frase, “Il potere è meglio del sesso”, ma il potere nel sesso supera ogni confine del sesso stesso. Non capivo più nulla, come se fossi in trance. Fu un attimo, in una frazione di secondo avevo la patta slacciata e il cazzo che si ergeva possente fuori dai miei pantaloni. Non si accorse di nulla Mario, intento a piangere com’era, si senti finalmente staccare il viso dallo specchio. Ritrovandosi la bocca completamente invasa da un oggetto sconosciuto e inatteso. Non potete neanche immaginare che goduria furono i suoi occhi sgranati quando realizzo l’accaduto. La presa salda nei suoi capelli gli impedivano di fuggire e mi davano il completo controllo della sua testa e quindi della sua bocca. Non avevo mai infilato il cazzo così profondamente in una bocca. Avevo solo ricevuto timidi pompini fatti da ragazzine alle prime armi, molti anni prima. Marta non ci si era manco mai avvicinata con la bocca, talmente le faceva ribrezzo l’idea, nonostante le mille volte in cui le ho chiesto di farlo. Comunque è una sensazione stranissima, ho potuto percepire chiaramente il cazzo sbattere in fondo alla su bocca e conficcarsi forzatamente nella sua gola. Inoltre, sembrava di stare su un toro meccanico, con lui che si dimenava e io che lo seguivo con i fianchi e la presa fra i capelli. Violentemente lo avevo infilato e violentemente lo tolsi dalla bocca di Mario, che ormai aveva un colore paonazzo in viso. Come fui fuori, cominciò a tossire violentemente e a rigurgitare una quantità allucinante di saliva. Respirava forte come per inghiottire tutta l’aria della stanza per poi tornare a tossire. Fu durante uno di questi colpi di tosse che utilizzai nuovamente la mia salda presa della sua testa per rimpadronirmi della sua bocca. Il colpo iniziale fu meno profondo, ma a quello ne seguii un altro e un altro ancora. Fino a trasformare i colpi in una scopata di bocca, o meglio, in una scopata della bocca di Mario. Tutto continuava ad evolversi una manifestazione di puro potere, onnipotenza e cattiveria. Non mi sentivo quasi più io, ma di una cosa ero sicuro, era tutto talmente inebriante che mi sembrava di sognare. Pompai in quella bocca ancora per diversi minuti. Godendomi quella sensazione, rotta dai rumori animaleschi di Mario, quasi come se stessero sgozzando o annegando un maiale. Rumore che si interruppero improvvisamente quando affondai nuovamente completamente il mio cazzo nella sua gola per spararci dentro quintali di sperma che non scaricavo da ormai settimane. Restai fermo a godermi quel momento, apice della situazione creatasi, ancora per un po’. Quando ritrassi il cazzo, Mario era quasi cianotico, ma si dimenava ancora quindi non era svenuto. Ancora colpi di tosse prima che Mario vomitasse in terra. Gli ripresi la testa schiacciandogliela a terra, vicino il vomito. 
“Allora ti è bastato? che cosa sei?”
“Un frocetto, un stronzo, un gay…quello che vuoi ma ti prego basta!!”
“Vedo che hai capito. Ti ci è voluto il tuo primo pompino per farti capire che sei solo un succhia-cazzi. Anche se onestamente devi migliorare un po’, non sei un gran che…ahahahahahahah!! Ma ora devo andare, ne riparliamo, vado a salutare la mamma e scappo in palestra, tu sistemati e dai una pulita alla stanza. Che forse aspetterò ancora un po’ a parlare con papà del suo figlio frocio, ma neanche una parola con Marta altrimenti sei finito, ok!?!?!”
Non attesi risposta, infilato il cazzo nei pantaloni, presi la borsa da palestra e uscii la stanza. Mi fermai in corridoio a parlare con mia madre ancora 5-6 minuti, prima di vedere Mario uscire dalla nostra stanza con degli asciugamani in mano e ancora palesemente in lacrime. Corse in bagno sbattendo e chiudendo la porta a chiave dietro di se. Mia madre fece per andare da lui, ma la fermai dicendole.
“No, stai tranquilla, ha solo litigato con la ragazza, lo sapevo che quella ragazza gli avrebbe creato solo problemi. Ci penso io a lui.”
“Ahh, grazie Mario. Pensaci tu che a me le scaramucce tra fidanzatini mi hanno sempre infastidito”
Salutai mia madre e uscii, la palestra e molto altro mi aspettava. Questo era soltanto il prologo.

 

Furono ore molto produttive quelle in palestra, non per la loro abituale funzione anti-stress, avevo già scaricato su Mario le mie tensioni, ma per decidere il da farsi. Non volevo pentirmi in seguito di non aver riflettuto meglio sulle mie scelte e tattiche. Tornato a casa, stranamente non trovai molti segni di vita, solo la governante che si affacciò dalla cucina per vedere chi fosse rientrato. Non mi aspettavo di trovarla ancora qui, ma capii poco dopo che le era stato chiesto di fermarsi ancora una sera in modo che i miei potessero passare da soli una tranquilla serata fuori. Entrato in camera mia, controllai che tutto fosse ok, il pavimento era stato pulito e non vedevo altri segni di ciò che era avvenuto. Appoggiai la borsa sul mio letto e cominciai a cambiarmi. Solo allora mi accorsi di un altra presenza nella stanza, Mario era rannicchiato nel suo letto dalla parte opposta della stanza. Mi dava le spalle, volgendosi verso il muro. Era nervoso, lo vedevo ad occhio nudo, quando è molto agitato ha forte scariche di tensione che gli generano tremolii di mani e piedi, una sorta di minuscolo tic da stress. Potete definirmi come meglio credete ma voi non potete neanche lontanamente capire il male che lui e Marta mi avevano fatto, proprio da loro, le uniche persone di cui mi fidavo e per cui avrei dato un braccio, per questo non potevo perdonarli. La mia rabbia per lui era ancora sconfinata e ancora molta dovevo sfogarne per calmarmi un po’.

“ehi, puttanella, come mai così nervosa? Che fai? Ti ecciti pensando al mio cazzo!?!ihihih” il mio intento era chiaramente umiliatore e provocatorio. Cercavo solo un pretesto per essere cattivo con lui, come se me ne servisse uno. “Maria, ecco si, un frocetto puttanella come te ha bisogno di un nome e nomignolo adatto. Che ne dici di: Maria la puttanella. Fate una bella coppia lesbica tu e la tua ragazza: Marta puttana traditrice e Maria puttana ciccia-cazzi”

Ero finalmente riuscito a colpirlo nell’orgoglio. La sua reazione arrivo come previsto, tento di lanciarsi addosso a me, ma la differenza fra il mio fisico palestrato e il suo da ragazza minuta era troppa. Sollevandolo di peso lo schiacciai a terra, bloccandolo al suolo. 

“Vedo che non hai ancora capito qual è il tuo posto, ora ti alzi e fai la brava puttanella, altrimenti ti massacro di botte fino a quando ritorna papà e poi ci penserà lui ad andare avanti, dopo che gli avrò parlato” detto questo mi rialzai mollandolo.

Mario rimase coricato a terra ancora qualche istante prima di rialzarsi in piedi di fronte a me, ma senza avere il coraggio di incrociare il mio sguardo. Non disse nulla, ma sapevo di averlo in pugno, lo conoscevo fin troppo bene. Per il corridoio echeggio un urlo della governante “E’ pronto…a tavola!!”. Continuai a fissarlo, Mario non muoveva un muscolo, solo il soliti tic di tensione alla mani. 

“Ora ascoltami attentamente. Andremo a mangiare, io non dirò niente su di te. Quando la cena sarà finita, me ne tornerò in camera, ma tu no. Tu andrai ancora nella cabina armadio, ti concerai da vera gnocca come l’altra volta, mi da il voltastomaco il tuo aspetto maschile. Voglio che entro mezz’ora da quando me ne sarò andato entri Maria in questa stanza. Ah, vero, d’ora in poi, dimentica Mario, tu sei Maria. Dopo di che riceverai altri ordini che eseguirai senza fiatare.

“…” non ebbe il tempo di pronunciare neanche una lettera. Appena apri la bocca per obbiettare, un pugno lo colpi in pieno stomaco, Maria si accasciò. “Bravo vedo che cominci a capire la tua posizione, visto che sei già in ginocchio baciami le ciabatte e i piedi come segno di sottomissione” Tra un colpo di tosse e l’altro si forzo di trattenersi per baciarmi il collo del piede nudo dentro la ciabatta, ma come lo fece scalciai colpendolo in piena guancia. Lo avevo visto fare in più film e avevo sempre sognato di farlo. Andai a tavola prima che la governante cominciasse a darmi noie per il ritardato arrivo a tavola. La cena con la governante, non fu molto diversa dal solito, io e Mario non parlavamo con la governante ne tanto meno avremmo parlato dei fatti nostri davanti a quella spia. Quindi tutti zitti, rimanemmo a tavola solo il tempo necessario per finire tutti di mangiare. La prima ad alzarsi fu la governante che cominciò a sparecchiare la tavola. Io me ne andai praticamente subito, giusto il tempo di lanciare un occhiata polare a Mario. Mi sono seduto sul letto e ho cominciato ad accarezzarmi il cazzo attraverso la stoffa dei pantaloncini da calcio che indossavo sempre in casa come pigiama, rigorosamente sempre senza mutande, non le porto mai in casa. Ero in trepidante attesa di ottenere un altra mia vendetta su quello stronzetto. Ma più ci pensavo più mi incattivivo, perché mi rendevo conto io stesso che per quanto cattivo potessi essere, ciò non mi faceva sentire meglio, non mi ridava la mia amata Marta. Tutto ciò invece di farmi ragionare mi faceva impazzire di rabbia. Perso nei miei pensieri il tempo trascorse. A riportarmi alla realtà fu la porta che dopo essersi aperta si è rinchiusa immediatamente e velocemente, non prima di aver fatto entrare una ragazza dagli stupendi capelli mori, che contrastavano con i suoi occhi tendenti al grigio-verde. Era ansiosa, le sue mani tremavano tutte e il petto si contraeva affannosamente per il respiro agitato. Aveva chiaramente avuto paura di essere stata vista per il corridoio. Solo io sapevo della presenza nella casa di quella cerbiatta dagli occhi verdi. Indossava un leggero vestitino giallo acceso che si concludeva con un gonnellino le cui pieghe arrivavano a malapena fino al ginocchio. Un cerchietto che richiamava il vestito le scopriva le orecchie a cui erano appese delle perle. Niente tacchi, ma delle eleganti ballerine ai piedi. Non era molto truccata, solo un leggero velo su tutto il viso e sotto gli occhi. Una volta che si è ripresa dal nervosismo di non essere scoperta, comincia a guardarmi timidamente.

“Così va bene?” bisbiglia una vocina flebile in un sussurro che a malapena arriva alla mie orecchie.

“Sei bellissima, Maria, mai avrei pensato che fossi così bella. Saresti una reginetta in qualsiasi scuola andassi.” non riuscivo veramente a staccarle gli occhi di dosso, era una vera attrazione per lo sguardo. La mano che massaggiava il mio cazzo non smetteva di muoversi, senza rendermene conto lo avevo tirato fuori dai pantaloncini mentre continuavo a menarmelo.

“Grazie, ma non esagerare, non è così” Maria era chiaramente imbarazzata dal mio sguardo che sembrava spogliarla con gli occhi. A peggiorare la sua situazione era il suo sguardo attirato magneticamente dal mio cazzo.

“Su dai non fare la modesta, non saresti la mia schiavetta se non fossi stupenda. E non vergognarti a guardarmi il cazzo, lo hai già potuto vedere da molto vicino, non fare finta che non sia così. Su via, vieni a sederti al mio fianco”

Era aggraziata nei movimenti, sembrava che quel corpicino avesse sempre contenuto un immensa femminilità ed eleganza. Il gonnellino svolazzava ogni colpo che la sua anca dava verso i lati. Mai come in quel momento avrei voluto saltare addosso a una ragazza, strapparle i vestiti e stuprarla, fregandomene delle conseguenze. Una volta al mio fianco, si è seduta sul letto. Il gonnellino a cominciato a scorrerle sulle cosce scoprendogliele gradualmente. Purtroppo una mano l’ha fermato troppo presto, prima che le sue grazie potessero essere esposte. Aveva delle gambe lisce, che erano perfettamente depilate. Scorrevo ricordi nella mia memoria, ma mai mi ricordo di aver visto le gambe di Maria in precedenza, possibile che si tenesse costantemente depilata!? La studiai. Mentre le accarezzavo il braccio verso l’alto, osservai le sue ascelle, neanche li l’ombra di un pelo. Dal braccio feci scorrere la mano dietro la testa. Maria capi subito, ma già lo sapeva cosa sarebbe accaduto. Un lacrima le ha rigato la guancia dopo aver sbavato il trucco.

“Marco, ti prego, no”

“Maria, lo sai di non aver altra scelta che assecondarmi. Se mi arrabbio divento cattivo e allora è peggio per te”

Le spinsi la testa verso il basso. E fu in quel momento che capii veramente Maria, le persone mentono spesso, ma i piccoli gesti non lo fanno mai. Mentre la sua bocca veniva obbligata ad avvicinarsi al mio cazzo, il suo corpo reagi di istinto. Con la sua mano si percorse la fronte portandosi i capelli dietro la fronte. Fu un attimo, un gesto semplice di poco conto, ma inusuale per una ragazza forzata. Maria in fondo era eccitata tanto quanto me da quella situazione, ma lei era anche molto spaventata, e faceva bene ad esserlo. Ma andando per gradi, inizialmente tutto sembrava la prima esperienza sessuale di una giovane coppietta, la sua bocca si schiuse per cingermi l’uccello tra le labbra, adoro la sensazione che il lucidalabbra mi da, quando me lo succhiano. Vedo solo una parte del suo tenero viso, l’altra è coperta dalla sua lunga chioma corvina, ma è abbastanza per vedere gli occhi chiusi di Maria, concentrata totalmente nel suo lavoro di bocca e si sentiva. La sua bocca ingoiava il mio cazzo leggermente andando sempre non molto oltre alla mia cappella. Non ho un pene mostruoso come la maggior parte degli utenti del sito, ma sono in possesso di un normalissimo pene nella media, 18-19 centimetri che mi sono sempre bastati. Pur non inghiottendo molto del mio cazzo, non potevo che apprezzare l’impegno che ci metteva con la lingua. La mia cappella veniva dolcemente massaggiata da quella lingua che sembrava voler studiare ogni millimetro dell’estremità del mio cazzo. La lingua più di una volta mi ha massaggiato il foro sulla punta della cappella per poi tornare ad avvolgermela in un movimento vorticoso. Lo so che doveva ancora imparare molto su come si succhia un uccello, ma apprezzavo l’impegno e di certo era comunque un lavoretto piacevole. Percorsi il suo fianco fino posare una mano sulla sua coscia, poco dopo la fine del vestito e poco sopra al ginocchio. Aveva delle gambe veramente lisce, vellutate anche se pallide, ma d’altronde era anche pieno inverno. Comunque non persi tempo, facendo risalire la mano in una lenta ed infinita carezza, che con se sollevava anche il gonnellino del vestito. Nonostante la sua concentrazione nel lapparmi il cazzo, Maria si rese conto presto delle mie intenzioni. Cercò di alzare la testa per protestare, ma con la mano la bloccai subito con ancora il cazzo in bocca. 

“Non osare smettere o lamentarti, non ho voglia di continuare a ripeterti cosa stai rischiando e che il tuo futuro è nelle mie mani…e dipende soprattutto dalla soddisfazione che darai al mio cazzo, puttanella. E poi lo so che ti piace e stai fremendo di voglia.”

Istintivamente cercò di lanciarmi un occhiata feroce, ma appena incrociò i miei occhi dallo sguardo rimproveratorio, richiuse gli occhi e ricominciò a muovere la lingua sul mio cazzo. Io tornai ad armeggiare con il suo vestito, che ormai stava scoprendole le natiche. Lo feci risalire fin sopra al sedere che era coperto da delle culotte nera in pizzo, che lasciava tutto in trasparenza.

“Ma brava, sapevi che saremmo andati fino in fondo e ti sei messa in ghingheri. Insalivami per bene le dita” le dissi, mettendole la mano a fianco al viso. Granò gli occhi, scuotendo la testa come per supplicarmi, senza però mollare mai il mio cazzo. “Stai sicura che ora esplorerò ogni tua cavità, sta a te decidere se devo farlo a secco o vuoi lubrificarmi le dita con la saliva” Maria lascio per un secondo il mio pene, che ricadde poco sotto il mio ombelico, infradiciandomi la pancia. Aveva prodotto molta saliva, che mi era colata tutta, dal pene giù fino al bacino.

“Wow, che salivazione, spero ti sia rimasta della saliva per le mie dita. Ti piaceva così tanto il mio cazzo?” 

“No, mi fa schifo e poi ha un gustaccio e puzza da fare schifo. Ho la nausea.”

“Zitta puttanella lo so che sei eccitata dalla situazione, sto cominciando a pensare che te le stai godendo più tu che io. Comunque è vero, dimenticavo di dirti che è da ieri mattina che non mi faccio una doccia e sono andato in palestra un paio di volte.”

“Non è vero, mi fa schifo. Sei uno stronzo e lo faccio solo perché mi stai ricattando e sono obbligato…”

“Obbligata, non obbligato, ricorda che da oggi in poi sei la mia puttanella…Maria. E ora lubrificami le dita non abbiamo tutta la notte”

Mi prese in bocca le dita, impegnandosi a lubrificarle, doveva essere terrorizzata da quello che avrei fatto con il suo culetto e da quanto avrebbe sofferto.

“Bene, tempo scaduto, torna al tuo cazzo, non vorrei andassi in astinenza. E mi raccomando mettici più impegno, più risucchio e più ingoio o sarò costretto a scoparti la bocca come sta mattina.”

Non le diedi il tempo di rispondere ficcandole il cazzo in bocca e schiacciandole la testa verso il basso. Il mio cazzo sparii per metà nella sua boccuccia. Con la mano fradicia della sua saliva mi intrufolai nelle sue mutandine, fino a raggiungere la sua rosetta dell’ano. Dire che era rigida era poco, sembrava un culo fatto di cemento armato. Ma ‘a mali estremi, estremi rimedi’, dopo aver bagnato un po’ il suo buchino posteriore, premetti forte. Trovai resistenza, allora cominciai a premere molto forte. La mia falange faceva fatica ad entrare, Maria si irrigidiva sempre di più man mano che spingevo e più si stringeva più io spingevo. Dopo che la mia falange superò l’anello dello sfintere, la resistenza cessò di colpo e la forza con cui stavo spingendo fece penetrare il mio dito medio fino alle nocche. Maria, si stacco dal cazzo e tirò un urlo straziante “Aaaaaahhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!”

“Ehi, che state combinando di li? non fatemi venire fino a li altrimenti grossi guai per voi”…la governante urlò, per il corridoio echeggiando fino a camera nostra. Era una vecchiaccia, ma anche un sordo avrebbe sentito l’urlo di Maria. Fortunatamente lo avevo mezzo smorzato rinfilandole il cazzo in gola.

“Niente, Mario è inciampato nei mie pesi, ma non si è fatto niente e ora li metto via” risposi alla governante, per poi rivolgermi a Maria “stai buona, non vorrai mica farti scoprire conciata così e poi è solo colpa tua che non ti rilassi”

Ammetto di essere stato un po’ cattivo, che una reazione di Maria era preventivabile e che forse, in fondo, era quello che volevo…avere una scusa per poter essere ancora più cattivo. Fatto sta che Maria, mi tirò un morso al cazzo che teneva in bocca.

“Brutta stronza, ora sono cazzi tuoi!”

Con la mano destra le afferrai i capelli e cominciai a guidarle il cazzo in bocca, profondamente, non come la mattina, ma comunque attivando spesso a riempirle la bocca col mio uccello. La mano sinistra che aveva il medio affondato nel suo ano, cominciò a muoversi e senza perdere molto tempo estrassi il medio per infilare brutalmente 3 dita. Questa volta avevo il controllo completo della situazione e con il mio cazzo bene piantato in bocca il suo urlo risultò essere strozzato, diventando un mugugno incomprensibile. “Uuuhhmmggggg!!!” La sua bocca si spalancò nel tentativo di urlare e un altra ondata di saliva mi è colata lungo il cazzo. La lubrificazione di quella saliva e la bocca spalancata nel tentativo di urlare, fecero scivolare la testa di Maria verso il basso, sospinta dalla mia mano. Il mio cazzo, per la seconda volta nella giornata le si conficcò in gola e una volta entrato non volevo più uscirne. Tutte le spinte successive riaffondarono nella sua gola il mio cazzo, nonostante Maria avesse cominciato a tossire convulsivamente e a salivare all’inverosimile. Il suo corpo aveva ovviamente scambiato il mio cazzo per un intruso incastrato in gola e tentava di espellerlo senza successo. Con il ritmo della sua testa aumentavo anche il ritmo della mia mano che le profanava l’orifizio anale. Il suo viso era chiaramente sconvolto dal dolore atroce che doveva provare. Mi aveva piantato le unghie nella gamba tentando di divincolarsi, ma preso dall’adrenalina del momento quasi non ci feci caso. Ero in estasi!! Stavo per godere, ma per farlo mi alzai dal letto, scaraventandoci Maria. La tenevo ancora saldamente per i capelli e le tenevo il viso verso l’alto. Non so come potervi ben descrivere lo stato in cui era ridotta Maria, ma infondo mi importava ben poco. Mi presi in mano il cazzo, che era talmente insalivato da scivolarmi dalle mani. Mi masturbai per concludere l’orgasmo sborrandole sul viso. Le ficcai solo un momento il cazzo in bocca e strusciandolo sulla lingua per ripulirmi dalle ultime gocce di sperma, prima di mollarle la testa e lasciarla cadere sconvolta sul letto. Maria era ridotta una straccio, il viso era appoggiato di lato, respirava affannosamente continuando a tossire regolarmente mentre la saliva le colava dalla bocca e lo sperma le era caduto ovunque: occhi, bocca, guance e capelli. Era rivolta con la pancia verso l’alto e il vestito le era salito sopra l’ombelico. Nelle culotte nere era ben visibile il suo cazzo eretto e una grossa macchia bianca. Non so se davvero le era piaciuto essere maltrattata in quel modo o semplicemente le avevo stimolato la prostata, ma tutto ciò mi provocava solo rabbia. Lei non doveva godere, doveva solo soffrire, voleva dire che avrei dovuto farla soffrire molto di più!

 

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