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Racconti 69Racconti erotici sull'IncestoTrio

Lei e lui, lei e lei, lui e loro.

By 16 Febbraio 2013Febbraio 9th, 2020No Comments

Mi ci ha trascinato Fannì in questo posto, un ‘Frusta Party,” piantandomi poi in asso appena oltre il cancello della vecchia cascina ed appena dopo aver pagato l’ingresso. Si è dileguata con il suo amico dopo avermi spiegato come, secondo lei, avrei potuto avere un passaggio e tornare a casa. Con mia sorella cose del genere capitano non spesso ma…Comunque sono letteralmente imbestialita. Due parole con la signora del botteghino mi tranquillizzano, ci penso io, carina, a farti avere un passaggio per casa, se non sono qua, cercami in Direzione, ed indica un camper poco distante. Goditela intanto. Mi mette in mano qualche rivista ‘specializzata’ e dell’altro materiale, mi appunta alla camicia una coccarda con cui accedere, senza garanti o pagare altri biglietti d’ingresso, alla zona riservata. Mi congeda con una pacca sul sedere per dedicarsi ad altri arrivi. Mi avvio tutto sommato più tranquilla. Da tempo volevo venire a curiosare in un posto del genere. Ed è anche una bella giornata di primavera inoltrata, calda ma leggermente ventilata Con mia meraviglia sono parecchie le donne, di tutte le età, a girare tra i banchetti. Una fiera più che altro, almeno qui fuori. Vendono di tutto: Libri, DVD, abbigliamento, strumenti di tutti i tipi e di cui spesso non capisco la funzione ma certo tutto in tema. La zona riservata è una delusione. Altri banchetti, molta gente che chiacchiera in attesa dello spettacolo. Come me. Tutto sommato è per questo che mi sono ‘fatta convincere’ tanto facilmente da Fannì. Certo non appartengo a questo genere di persone e sono arrivata ai miei quasi trent’anni, bé, 26 e mezzo soltanto, senza sentire la necessità di frustare nessuno e neppure di essere legata e frustata io. Però sono curiosa di questo mondo di cui di tanto in tanto leggo qualcosa. Un’occhiata in tralice allo specchio di un banchetto che vende indumenti in lattice.. Sono più che in ordine e non sono neppure male, forse meglio della media. Lo pensa anche il giovanotto, uno mica male che per la terza o quarta volta mi trovo vicino e cerca di attaccare bottone. Dal palchetto al centro hanno illustrato in cosa consisterà la sessione. Sono stufa, assetata, fa un caldo tremendo sotto il tendone e decido di andarmene. Prima però vedrò la parte iniziale, dico a Peter, si, alla fine ci siamo presentati. Lui da subito mi chiama per nome ed io faccio altrettanto. Il nome solo, mi dice, si usa così. Sbaglio od è la prima volta che vieni a vedere cose del genere? Mi ci ha trascinata mia sorella, rispondo, e poi son stata mollata, non so neppure come tornare a casa. Mi sento furba, ha abboccato. Mi chiede di dove sono e si offre di accompagnarmi in città dopo aver passato le ‘consegne’. Lui deve assistere alla prima fustigazione: sono un medico, sostituisco un amico. Tra qualche decina di minuti possiamo andarcene. Non mi aspettavo una decapottabile sportiva, una macchina che non ho mai visto ma che deve costare un patrimonio. Il collega di Peter non è arrivato, e solo dopo le sette passate usciamo dal parcheggio. E’ stata tutta una farsa, lui me lo aveva detto prima ancora che cominciassero e forse l’avrei capito da sola. Fruste taroccate’ perchè disegnino striature che andranno via con l’acqua o l’alcool, svenimenti altrettanto fasulli. Potevo salire benissimo anch’io sul banchetto gli dico, sono molto delusa. Se salivi tu che non sei del giro usavano una frusta vera, non l’avresti gradito per niente. Dopo una pizza mi scarica davanti a casa. Non chiede di salire, niente avance, neppure chiede il numero di telefono. Temevo il contrario ma ci resto male. Non che sia a caccia disperata di uomini, anzi ho quasi smesso di crucciarmi per non averne ancora trovato uno. Uno di giusto almeno, di quelli che ti fanno sentire le farfalle nello stomaco, come dice Fannì che di uomini ne ha trovati fin troppi. Fannì è la mia gemella. Mi somiglia molto, normale direte . Invece no, siamo gemelle per modo di dire, anche se siamo nate dalla stessa pancia a meno di mezz’ora di distanza. Eterozigote, cioè duo ovetti di mamma e due spermatozoi di papà. Ancora al ginnasio, quando mi limitavo a lumare, inutilmente speranzosa, questo o quel ragazzo, Fannì ne aveva dietro una fila. L’ha buttata alle ortiche il penultimo anno del liceo e non se ne è mai pentita. Io invece mi pento sempre od almeno spesso, per non aver…concluso. Non ho mai concluso!
Ci pensi ancora al tuo bel Peter? Fannì ha insistito fino all’ultimo perchè uscissi con lei, ma non ne ho voglia. E’ bella Fannì, più di me. In quello ha una marcia in più. Per vivere, e viviamo più che decorosamente, illustro libercoli per bambini e ne scrivo anche. Fannì mi aiuta anche se in questo le manca il mio tocco. Guadagna e bene con altri lavori. Come me poliglotta, di volta in volta è traduttrice simultanea, hostess, organizzatrice di eventi ed è abilitata come Guida Turistica. Sul lavoro è inappuntabile, non da corda a nessuno. Niente avventure estemporanee, il lavoro è lavoro, solo lavoro sia con maschietti che femminucce. E si! Fuori del lavoro, con discrezione, svolazza ‘di fiore in fiore’ per coglierne ‘il nettar soave’ ed indulge ad entrambe i sessi. Predilige comunque almeno di norma i maschietti. Da quella sera vado spesso a mangiare una pizza dove mi ero fermata con Peter. Non penso di incontrarlo anche se mi piacerebbe. Era la prima volta che ci entrava anche lui. Ma ci si mangia veramente bene senza spendere poi molto. C’ è…c’ è anche Peter.

Tengo il suo numero di telefono nella taschina del portafoglio. Che giornata! Non sono astemia ma quel mezzogiorno ho bevuto troppo di quel vinello rosato di Marsala. E’ bello, Peter, è simpatico, mi piace. Sono entrata dopo la mezza e ne siamo usciti alle tre passate, cortesemente buttati fuori. Normalmente non sono una chiacchierona e se uno mi piace poi, mi chiudo come una ostrica, non spiaccico una parola. Ho parlato quasi solo io. Gli ho raccontato tutto di me e molto di Fannì, troppo anche di lei. Mi strozza, ed a ragione, se mai lo viene a sapere. Lui ha detto che sa parecchio sul mondo che sono andata a spiare quando ci siamo incontrati ed alla mia lampante curiosità ha detto di telefonargli se ne volevo sul serio sapere di più. Quello non era il posto adatto e dovevamo andarcene. Mi ha portata a casa con la sua macchina perchè era evidente che non potevo guidare.
Guardo quel cartoncino col nome ed il numero tanto spesso che ormai è un poco frusto. Una volta lo ho persino composto il numero, interrompendo prima della risposta.

Ti sei decisa, non ci facevo più conto. Si ero indecisa, non è che quella roba sia il mio primo interesse, e per vivere devo anche lavorare. Sono state due settimane impegnative anche per me. Tra lezioni, esami e clienti è stato un inferno, ma oggi non ho preso impegni, non ho lezioni e ho finito, almeno per un po’ di dover ascoltare asinate dagli studenti. Perché non vieni adesso?
Una casa della vecchia Milano vino ai Navigli. Un bel portoncino sistemato da poco che stona con il muro di mattoni sbrecciati e solo parzialmente coperti di vecchio intonaco. Un solo campanello sopra la targhetta in ottone lucido. Nessuna finestra a pian terreno, e più su un balconcino e due finestre per lato. Un bel posto che non avevo mai visto, ben nascosto e persino isolato. Un caso o ci tiene alla privacy? Non importa. Mi accoglie in cima alla ripida scala, passatoia rossa bordata crema, passamani in velluto rosso, luce tenue ma sufficiente. Ciao, vieni, sto facendo il caffè, se vuoi, per due basta ed avanza. I soliti convenevoli tra conoscenti, cordiale senza eccessi, giusto come piace a me e come lo ricordavo. Un salotto piuttosto ampio, arredato con gusto ma che manca della mano femminile. Lo noto con piacere. Un ottimo caffè, gli dico. Sono curiosa ma un poco tesa, in fin dei conti sono a casa di un tizio che conosco appena a parlare di frustate, piacere fisico, orgasmi. Non poco per una ragazza di ventisei anni che al massimo e raramente, diciamo una mezza dozzina di volte ha baciato un uomo, scappando poi di corsa. Ascolto attenta ma ne capisco poco. Di neuroni ed endorfine non ne so nulla e neppure del resto. In pratica tra dolore e piacere il meccanismo si differenzia poco, si può persino dire… e qui mi perdo perchè ascolto la sua voce più di quel che dice. Un bell’uomo, si, mi piace. Guardo appena le fotografie. C’è anche lui, in camice; per ogni gruppo di foto, una ragazza diversa, sei in tutto forse sette. Nude ma irriconoscibili, mascherate. Sullo sfondo, in ogni foto le stesse tre figure in camice, tre donne anziane che prendono appunti, serie serie. Si può arrivare all’orgasmo attraverso il dolore. Ne parla a lungo, me lo propone quasi per scherzo. Ho accettato. Poi mi do della scema ma…non scappo anche quando dice di riflettere, si può fare un’altra volta, magari con tua sorella presente. E’ questo che mi fa decidere del tutto. Se Fannì lo conosce addio. Se lo prende e se lo tiene. In questo non è mai stata generosa. Si prende sempre tutto anche se, a dire il vero a me, non ha mai avuto occasione di rubarmi un uomo. Indosso un camice che so mi toglierà di dosso subito; mi ha spiegato tutto. Sono stranamente presente a me stessa mentre entro nello studio. Mi aspettavo una stanza stile sadomaso come nei racconti che sia pur raramente leggo. Raramente leggo e spesso neppure finisco, pur incuriosita dall’argomento, li trovo sciatti per lo più. Lui mi sta aspettando. Indossa un camice simile al mio e so che non indossa altro…In terra linoleum, plastica o qualcosa del genere, a sinistra, in angolo una scrivania e per completare l’arredamento una specie di lettino, simile a quello degli studi medici, con lenzuola di carta ed un armadietto a due ante scorrevoli, oltre la testata. Non è proprio quello che mi aspettavo. Siediti per piacere. All’inizio sentirai male, anche molto. Poi se reagirai come penso, verrà il resto. Quello che hai firmato mi impegna a non pubblicare nulla su quanto faremo senza una tua autorizzazione esplicita e nella forma prescritta dalla legge. Mi impegna inoltre…Capisco che la tiritera è necessaria e la ascolto fino in fondo. D’altronde avevo firmato capendo si e no un decimo di quello che c’era scritto. Seguendo le sue indicazioni slaccio e sfilo il camice, altrettanto fa lui, mi siedo sul lettini e mi lascio abbracciare. Aveva anticipato tutto questo, ma per me è la prima volta che sto nuda tra le braccia di un uomo. Non mi bacia, mentre me lo aspettavo. Mi carezza, delicatamente ed i brividi che provo sono di fastidio e di…no, paura no, al massimo un poco di apprensione, ma certo non di piacere. Però un poco per volta, almeno il fastidio diminuisce. Stringe con più forza di quel che amerei i seni, mentre sugge i capezzoli, le mani tiepide sono…non lo so cosa siano e cosa facciano. Sa per certo dove premere, carezzar, e…mi abbandono, mi perdo un poco finché non vellicano, i polpastrelli, l’interno delle cosce, la fessura del sesso. Stringo le gambe ed incrocerei le ginocchia. Si ferma. Vuoi che smettiamo? La mia risposta è un no deciso, proferito senza esitazioni, senza pensare. Di nuovo le mani percorrono il mio corpo. Non sapevo di essere così sensibile dietro la nuca…ed altrove. Ora ti farò male. Mi mostra un ferretto, spiega che è una molletta chirurgica, mi tendo tutta, la dovrò sopportare dieci minuti circa. Non è l’inferno ma fa male, sempre di più. Il peggio viene quando applica la seconda. Su, su, che mai è, solo altri dieci minuti. L’inferno è poi la terza sul clitoride. Come sia riuscito a stimolarlo tanto da permettergli…ma fa male, molto male. Serro i denti, mi do della cretina, ma sono testarda. Mi unge l’orifizio anale e vi introduce il pene di plastica. Le sue dimensioni sono la metà o poco più di quelle di un maschio bianco adulto, aveva detto, tranquilla. Lo introduce lentamente, poi mi imbavaglia e mi unisce i polsi con le manette imbottite. Stretti nei due pugni i fazzoletti. Basta che li faccia cadere e lui smette e mi libera. Un altro cazzo di plastica, più grande, sostituisce il primo e vengo accompagnata, sospinta, quasi di peso trasportata verso il muro. Sono di nuovo ben presente, conscia dei dolori lancinanti eppure… incerta sopratutto quando un terzo cazzo, ancora più grande, sostituisce il secondo, dilatandomi tanto da farmi credere…Per allargarti un poco per volta e non farti soffrire inutilmente. I polsi, le manette anzi sono unite al muro. E’ questo il peggio da superare mi aveva detto mostrandomi lo scudiscio prima di cominciare. Sentilo, è leggerissimo e ti colpirò solo col cimino, Questo rettangolo morbido. Al primo colpo avrei gridato, grido anzi ma il bavaglio lascia passare ben poco e la stanza, tutta la casa è insonorizzata. Ad ogni colpo grido, poi tutto diventa evanescente. La testa mi gira e temo di venir soffocata dal bavaglio. Un caldo piacevole…Dio, mi sto facendo la pipì addosso! Un altro colpo. Quasi non percepisco che un…non so, mi sta riportando indietro alla vita a…sono sul lettino. Sei stata bravissima. Ero quasi sicuro che li avresti gettati a terra. Spingi cara, come per andare al gabinetto. E’ bello, e’ bellissimo spingerlo via, fuori di me. Ora devo togliere le mollette e farà più male che mai. Si fa male la prima, meno la seconda, un inferno la terza e grido, mi divincolo vorrei morire quasi ma invece vivo. Vivo squassata da qualcosa che non conosco e non so cosa sia, non mi è mai successo prima. Lui, Peter sorride, mi stringe a lui. Mi culla quasi e cullandomi rinnova quello che ho provato e grazie a lui continuo a provare. A lungo. Sono io a stringerlo, a cercarne le labbra, a baciare per la prima volta un uomo con passione, con tutta me stessa non per…per cosa? Lo voglio, ti voglio, gli dico, voglio fare l’amore. Dovrai insegnarmi anche quello, dovrai insegnarmi tutto. Allora facciamoci la doccia, risponde serio serio. Sono leggera come una libellula, mi sento, non so neppure io. Mi ha portata in camera sdraiandomi sul letto prima di tornare in bagno a radersi. Mi dolgono i seni, mi fa male dove ha applicato le mollette, i capezzoli ed il clitoride, mi fa male il sedere sopratutto dove mi ha colpito non so quante volte. Sto aspettando l’uomo che mi ha fatto tutto questo e con cui farò l’amore per la prima volta. L’uomo che mi avrà per primo. Potrebbe essere anche l’ultimo, l’unico. Non penso a cose come alla morte, o sedotta ed abbandonata si chiude in convento. Per un attimo, più di un attimo mi vedo vestita di bianco…mi do della scema e vado all’armadio. Si, c’è. Come in molti casi una delle ante , due nel caso specifico, sostengono uno specchio. Credevo di essere piena di segni. Ne ho uno solo, Rosso viola, anche con la crema che ha spalmato, in alto sul lato della natica destra. Piuttosto ho due occhiaie da film dell’orrore. Mi giro sentendolo tornare. Faccio paura, gli dico. Sei bellissima replica Peter. Vieni, ti voglio. Che c’è., non hai mai visto un uomo nudo? No. Lo mormoro piano, vergognandomene quasi. Ti ho detto che io, esito, non so come dirlo, sono vergine. Dall’espressione capisco che non ero stata abbastanza chiara. Ride. Questa poi…mi stringe e per la prima volta mi bacia con foga vera. Però qualche bacio l’ho dato, dico poi, per ripicca alla sua risata ed ancora trasognata, fuori di testa. Credevo di aver dato qualche bacio, non così, però. Non così come? MI solleva da terra e mi depone sul letto. In pratica non esco da casa sua per i tre giorni seguenti. Il lavoro? E chi se ne frega! Sono con il mio uomo e solo questo conta! Ho qualche linea di febbre, normale, dice. Non me ne frega niente. Fa venire due volte il pasto da una trattoria vicina, due volte usciamo a cena, mentre per il resto traffico io con i fornelli e quanto offre il frigorifero di uno scapolo. Vorrei chiedergli il permesso…perchè dovrei chiedere il permesso per raccontare a Fannì…poi lo capirebbe al volo. Facciamo l’amore come furetti ed io godo da morire. Mi sorprende mentre stiamo per salutarci. Lo racconti a tua sorella? Perché no, non dovrei? Ci siamo sempre dette tutto. Raccontale pure tutto, se mai farò l’esperimento anche con lei. Porco gli dico, ma rido. Non sei gelosa? Di Fannì. Non so… Non credo. Fanniì invece sta via ancora quasi una settimana ed io passo le ore,i giorni e le notti con il mio Peter. Ho un uomo, sono di un uomo che amo. Lo amo? E lui mi ama?
Come sono scema! Domani Peter parte per qualche giorno e tra qualche giorno torna Fannì; torna Fannì che già qualcosa sospetta. No continuo, non è per questo che mi sento scema. Ho perso quindici anni di scopate. Sei decisamente stata scema, mi dice, dai che recuperiamo.

Mi sono chiusa in casa per due o tre giorni, devo lavorare ed ho anche le mie cose, quindi sono contenta di essere sola. In situazioni del genere mordo. E finalmente vedo uscire Fannì dal settore chiuso dell’aeroporto, più bella e pimpante che mai. Mi racconta del lavoro, andato bene, delle prospettive di un altro lavoro che è certa di ottenere, meno certa che le paghino quanto ha chiesto. Forse troppo, dice, ma voglio sfondare , lavorare di meno e guadagnare di più, e continua su questa falsariga parlando quasi sempre lei per un’ ora, fino a casa. Un’ora o poco più tardi la valigia è già sul soppalco e facciamo la doccia. Mi sei mancata mi dice poi. Abbiamo mangiato un boccone e siamo andate a riposare, in camera di mamma. E’ normale dopo una separazione come alla
fine è stata questa, più lunga del previsto, oppure quando abbiamo qualcosa da dirci. E’ lei che ha in genere qualche novità. Con Maurizio è finita e male. Lo dice con voce priva di qualsiasi inflessione, atona. Ci resto male anch’io sapendo quanto ci tenesse a Maurizio. A te non è piaciuto sin dall’inizio, dice pianamente, esita un attimo, più di un attimo. Avevi ragione tu, è uno stronzo, un grandissimo stronzo. Mi spiega cosa l’abbia fatta imbufalire sino a questo punto e capisco di aver sbagliato nel giudicarlo. E’ peggio di quello che pensassi. Sto in silenzio, non so cosa dirle ed allora l’abbraccio. Piangiamo una nelle braccia dell’altra, ma sento una disperazione grande, immensa anche per lei che spesso ha avuto da superare simili crisi. Ricorro all’unico sistema che conosca e che funzioni fin da quando ho cominciato a dover lenire le sue ‘pene d’amore’. La stringo forte, la coccolo, le copro il viso di baci mentre i suoi singhiozzi si fanno violenti per poi scemare in un lungo pianto quieto, liberatorio e lei si abbandona tra le mie braccia. Non è la prima volta e non è sempre così. Se la cosa è particolarmente grave per lei, e non lo so mai prima, ad un cero punto ne vengo quasi aggredita. Invece che accontentarsi dei miei abbracci e di quanto stia facendo da brava sorella, quasi mi aggredisce, mi bacia, mi carezza, e non sono le normali affettuosità tra sorelle. Come sempre cerco di calmarla, di ricondurla alla ragione e come quasi sempre, fallisco. Mi abbandono alla sua furia, quasi un rictus erotico, uno sfogo per lei forse indispensabile. Forse cedo più in fretta del solito, forse reagisco in modo diverso, ed il mio corpo ed anche la testa stessa reagisce prima del solito ed in maniera diversa. Dopo un sonno ristoratore che ci porta sino all’ora di cena, dopo una rapida doccia, mangiamo in cucina in perfetta allegria. Alza il bicchiere di birra brindando alla faccia di tutti gli stronzi della terra, e sono tanti, afferma convinta. Al mio assenso finisce l’ultimo boccone della pizza che abbiamo scongelato per cena e fissandomi negli occhi, ‘spara’, mi dice. Adesso tocca a te, non fare la santerellina, hai un mucchio di cose da raccontare. Tu prepara il caffè che io lavo i piatti, sono solo due, viva le tegliette usa e getta. La solita Fannì. Che cosa posso fare? Il solito, raccontarle tutto come sempre. Solo che le altre volte raccontavo come avessi fatto a scappare da situazioni intricatissime salvando la mia preziosa purezza e Fannì si sbellicava dal ridere dandomi al tempo stesso della fanatica. Ma eri andata a casa sua, sei stata tu a…ma allora sei tutta scema…Allora, racconta. No, io… Non fare la scema, sai che alla fine mi racconti tutto. Già muori dalla voglia di dirmelo quello che è successo. Fannì è un gatto ed io il classico topolino in cerca, disperata, di una inesistente via di fuga. Dopo poco siamo a letto. Adesso cara dimmi tutto, e non inventare palle. Una volta di più mi convinco abbia poteri medianici, mi legge nella testa, stavo appunto cercando di costruite una palla credibile. Mi carezza come solo lei, no, adesso solo lei e lui sanno fare. Ma è diverso, la sua mano di donna è più dolce e tenera di quanto mai possa esserlo la mano di un uomo per quanto sapiente. Sa da sempre, sente come è fatto un corpo di donna,non ha dovuto leggerlo in un libro. Mi sento debole ed in pochi attimi mi sfila la camicia da notte senza le mie solite proteste. Me lo fa notare. Ma allora hai veramente parecchio da dire! Serro ostinatamente la bocca e non mi lascio baciare ma non posso impedire mi baci i seni, mi titilli i capezzoli e faccia le mille deliziose cose che mi fanno impazzire e sottomettere, per farmi giurare il giorno dopo che mai più, eccetera eccetera. Ci impiega poco, solo un poco più del solito, ecco tutto. Io che resto immobile fingendo una insensibilità che sono ben lontana dal provare. Una serie di no, non voglio, siamo sorelle, siamo due donne, mentre dentro di me vengo presa da un tepore crescente che dolcemente mi scalda smantellando piano piano ogni più fermo proposito. Serro ancor più le labbra per vietarne l’accesso. Mi carezza il ventre e bacia i seni mentre mormora mille piacevoli sciocchezze. Serro le ginocchia in una difesa che so vana. Attacca di nuovo la bocca e schiudo le labbra ma non la saracinesca dei denti. E poi mi abbandono, la mano calda ed esperta risale l’interno delle cosce raggiunge la mia fessura ormai un poco inumidita. Le nostre lingue si incontrano e si intrecciano ed io sospiro. Copro con la sinistra la mano che è risalita carezzevole, la voglio imprigionare li, sul mio seno, non farla di nuovo scendere…potrebbe scoprire… Al tempo stesso le cingo il collo, la stringo a me, come sempre quando mi vuole e ormai arresa la voglio anch’io. E la mano scende, si, è bello, me ne pentirò ma, domani, adesso..mi inarco e le offro i seni da lappare, i capezzoli da suggere, e grido, non so cosa dico ma qualcosa dico. La mia sorellina verginella, mormora. Il dito di lei percorre su e giù la fessura del sesso, mi manda fuori di testa quando la prima falange entra nel mio buchetto posteriore. è peggio quando si avvicina. Sempre più all’altro buchetto, ma non lo forza. Sono salva, mi dico più tardi, non a mente serena ma un poco meno rincoglionita.

Meno rincoglionita? Forse, ma ancora abbastanza fuori di testa da dirle che non sono più vergine. Lo mormoro a me stessa etanto piano da non pensare che possa sentire. Lo sente. Mi guarda esterrefatta, poi lo stesso dito scivola leggero sulla vulva, preme proprio sul buchino, entra un poco come fa talvolta ed attende il mio grido di protesta che vorrei emettere ma che non esce dalla strozza. A che pro poi? Preme ancora, entra timidamente e con delicatezza lo muove un poco, lo rigira. Pensavo avrebbe riso o che so, persino mi avrebbe sgridata. Mi abbraccia con una dolcezza che non riconosco neppure a lei che pure dolce lo è tanto spesso. Non mi sgrida. Perché mai dovrebbe! Non mi prende in giro. Mormora solo una domanda: ne è valsa la pena, è stato bello, sei felice? Non me lo sono domandato…non ci avevo pensato, rispondo. Però sono felice di averlo fatto e spero, spero non sia una cosa così, qualche giorno e via. Lo dico improvvisamente spaventata al ricordo di troppe situazioni analoghe vissute e sofferte da mia sorella. Non sarà facile andare avanti, raccontarle tutto, rispondere al mare di domande che mi farà, ripetere le cose a lei poco chiare. Chi è, lo conosco? Scuoto il capo. Si chiama Peter, non puoi conoscerlo, non credo proprio. Parlo senza essere quasi mai interrotta, a lungo, descrivo il dolore ed il piacere che ho provato. E’ un bell’uomo, e… ma ti ha scopata alla faccia della ricerca scientifica. L’ho chiesto io , l’ho voluto io. Si è rasato per venire a letto. Ma no! Un gentiluomo vecchio stampo. E poi? E poi mi ha fatto tutto. Mi guarda perplessa. Stiamo mangiando spaghetti aglio olio e peperoncino, più pecorino abbondante. Cosa intendi per tutto? Ti ha scopata, sverginandoti e che altro. Mi ha fatto il culo e poi abbiamo scopato di nuovo. Caspita! Ti ha fatto molto male? Male si, un poco, poi però mi è piaciuto e mi è piaciuto, prima di dormire fargli un pompino. Ci impiega parecchio prima di poter dire qualcosa…quasi si strozza con il boccone di pasta per il gran ridere. Batte la mano aperta sul tavolo, si riprende un poco. Hai aspettato un mucchio di tempo ma credo ti rifarai in fretta. Sono io che rido. Sarebbe la mia intenzione. Hai preso le tue precauzioni? E’ un medico, te l’ho detto. Più tardi nel letto, al buio mi fa un mucchio di domande cui rispondo serena, senza omettere o mascherare nulla. Ero quasi ubriaca di carezze e dei suoi baci quando ho capito che era arrivato il momento. Naturalmente, senza problemi, senza paure. Ero anzi calda, letteralmente fremevo di desideri repressi per troppo tempo, con le ginocchia piegate e lui mi ha…fatta donna. Male? Si un poco, niente di più ed anzi meno di quanto temessi, poi non ero più vergine ed abbiamo giocato. Si avete giocato al gioco del cazzo. Un gran bel gioco. Non credevo proprio che l’avresti mai preso un cazzo lungo e duro nel tuo bel popò.. Non si tocca! Le dico cercando di allontanarla. Invece lo tocca e tocca, carezza e bacia tutto il resto. Non mi spiace per niente. Tocco anch’io anzi, per la prima volta prendo l’iniziativa per un sessantanove indiavolato. Non eri mai stata così. Così come? Così. Poi tace e pian pino si addormenta. Mi addormento anch’io, finalmente senza preoccupazioni o vergogne e rimorsi per aver lesbicato con mia sorella. Ed ho un amante. Mi piace il mio amante. MI piace scopare e mi piace fare l’amore con Fannì, lo ho scoperto questa sera.

E ti è piaciuto anche prenderlo nel sedere. E’ questo che le rode. Più ancora le rode che sappia fare, a detta di Peter, ottimi pompini anche se sono una neofita dell’arte. E’ tornato e ci siamo rivisti. Non passo tutte le notti con lui solo perchè lei è chiaramente gelosa, in un modo che non le conoscevo. Mai una parola malevola e neppure frasi acidule del tipo, hai fatto tardi ieri sera, oppure: vi vedete anche oggi? Quando ho detto che sarebbe venuto da me a dormire, durante un viaggio di lavoro di lei però, per un attimo ho pensato che stessimo per litigare. Ha detto un ‘va bene’ che, che mi ha pugnalata. Cosa cazzo posso fare. Da ragazzine ero anch’io così e capisco cosa provi lei ora. Ma soluzioni non ne vedo. A me è passata col tempo, anni di tempo. Sono da lui che è un’ altro problema. Si sta chiedendo perchè non lo abbia mai portato a casa mia, per una cena almeno, per una specie di presentazione ufficiale. Abbiamo scopato e faremo l’amore ancora. Per adesso voglio farglielo tirare ancora per impalarmici. Mi piace da morire e piace a Peter tenermi stesa su di lui col suo cazzo ben confitto nella fica. E’ il modo migliore per fare delle belle chiacchierate, magari in attesa d’altro.

Un poco per volta le cose si quietano. Mia sorella ammette di essersi comportata da stronza rompiballe, parole sue, ed accampa come scusa, e col cazzo che è valida, la rottura col suo uomo. Invitalo venerdì, se può a mezzogiorno. Ci conosciamo e più tardi io vado e lui si ferma. Torno lunedì sera o martedì mattina.
Finalmente qualche giorno sereno. Con Fannì tutto a posto, sembra aver superato bene il brutto momento col suo ex, ed io finalmente riesco a lavorare senza trovarmi ogni cinque minuti a guardare nel vuoto. Il mio amante, no, lui dice che sono la sua donna, non la sua amante, dice anzi, quando siamo insieme, a letto insomma, che sono il suo donnino. Mi piace sentirmelo dire, sopratutto se ho il suo coso dentro di me. Mi piace lui, il mio Peter, è bello, è infinitamente caro. Non ho detto a mia sorella quanto sia bello. Ma lo vedrà ed un poco mi preoccupa. Prende sempre tutto quello che le piace e Peter le piacerà di sicuro. Peter torna venerdì mattina e gli ho detto al telefono che non potrò venirlo a prendere all’aeroporto. C’è l’incontro conclusivo con il vecchio Rompipalle. Ha fondato lui la Casa Editrice, quasi sessanta anni fa ed ancora comanda lui nonostante la presenza di tre nipoti in gamba. Il problema è il pranzo. Volendo una specie di pranzo ufficiale per la sua presentazione in famiglia, cioè tra Peter e Fannì, ho comprato un mare di roba per una serie di piatti lunghi da preparare ed ora è tutto sulle spalle di lei. Fannì però in cucina se la cava molto bene anche se preferisce sedersi a tavola e chiedere cosa ci sia da mangiare. Lavoro fino a tardi e temendo di non dormire per l’ansia prendo un tranquillante.

Sto tornando a casa, è andato tutto bene e le poche cosette da rifinire non mi preoccupano. Dovrei decidermi a comprare uno di quei telefoni, cellulari li chiamano, sarebbe una gran comodità. Sull’autostrada un traffico accettabile, niente fila al casello. Inutile fermarsi per telefonare e chiedere se tutto è a posto. E’ tutto a posto di sicuro. Alla porta mi accoglie Peter, un bacio da lasciarmi senza fiato, un abbraccio che ancora un poco mi rompe. Mi sei mancata amore, tua sorella, continua strizzandomi un occhio, mi ha chiesto di aprirti la porta perchè non può staccarsi dai fornelli. Siamo in sala ormai, mi tiene per il fianco e la mano mira, salendo, a qualcosa d’altro. Vorrei scostarmi imbarazzata all’idea che lei si affacci, poi lascio perdere, al diavolo, è il mio uomo. Devo però andare io in cucina per salutarla e vedere se serva aiuto. Tutto a posto, sorellina, vatti a fare una doccia, hai giusto il tempo, qui ci penso io. E ci ha pensato. A tavola tutto è perfetto, neppure una sbavatura. Lentamente l’atmosfera si scalda, l’inevitabile leggera tensione si allenta e scompare del tutto. E’ Fannì che sopratutto mi meraviglia, sembra felice, allegra ed infinitamente felice. I due sembrano legare immediatamente.Ridono e scherzano ma quel che mi fa felice è non vedere in lei la minima traccia di quell’interesse particolare che mi avrebbe fatto male. Brindiamo, poi i piatti finiscono in cucina ed il tavolo sgombro mostra nel vaso tolto dall’armadio per l’occasione, il mazzo di fiori che Peter mi ha portato. Giusto, a me od a entrambe? Stiamo bevendo il caffè e Peter racconta un aneddoto quando suona il telefono. E’ per me dice Fanni’ schizzando verso l’apparecchio. Poi qualcosa mi allarma. Ci volta le spalle non prima di mostrarsi terrea in volto, il tono della voce si abbassa, diviene prima tagliente, poi un bisbiglio inintellegibile. La conversazione viene a cessare. Io non parto, scusate, si dirige verso la cameretta poi si gira e marcia come una sonnambula verso la sinistra del corridoio. Vi preparo il letto grande mi aveva detto stamane con un sorriso malizioso, il tuo ed il mio non serviranno, risparmio del tempo. Mi alzo per seguirla e Peter propone di andarsene, meglio siate sole, io sarei di troppo. Ha capito come me che è successo qualcosa, una brutta notizia per mia sorella.

Un pianto disperato, folle anzi e chiamo Peter ad assistermi. Mentre ripulisco il vomito e contemporaneamente la spoglio per metterla a letto, Peter cerca una farmacia. Con meraviglia di Peter la puntura la acquieta appena. Non oso, dice, iniettarle altro, meglio si sfoghi, falle dire cos’è successo. Parla Fanni, tesoro, butta fuori quel che ti è successo proseguo io. Un gesto di diniego ma subito comicia raccontare. L’uomo per cui stravedeva, che poco tempo prima le aveva fatto uno scherzo da prete ora si era ripetuto alla grande. Le ha chiesto di sposarla, le ha telefonato questa mattina… dall’albergo in cui festeggiava le nozze appena celebrate con una tizia. Peter gli dà del bastardo. Io scuoto la testa incredula. Fannì, innamorata ma non scema ha contattato un’amica comune perchè chiedesse chiarimenti. Li ha avuti. Lentamente chude gli occhi, si assopisce. Io vado a casa. No Peter, per piacere resta. Perchè? Non posso fare altro per lei. Ti credo ma per piacere resta. Devo aver usato un tono brusco, me ne scuso. Resta qui, te ne prego, se non puoi far niente per lei resta per me. China un poco il capo. Si certo cara, resto. Lei sembra addormentata, porto Peter nella mia camera e gli dico di fare la doccia, non è passato per casa e non ha potuto rinfrescarsi. Mettiti comodo, riposa, poi se mai raggiungici, non bussare, potresti svegliarla. Una piccola discussione su cosa gli convenga indossare e lo lascio. Pure io mi metto comoda prima di raggiungerla di nuovo. Dorme. Un’ora più tardi dorme ancora. Peter ci ha raggiunte in pigiama e vestaglia. Una occhiata alla mia disgraziata sorella mentre gli faccio posto di fianco a me. Lui esita si stende. Non succede altro se non le nostre mani che si incontrano e si stringono. Forse ci siamo adormentati. Fannì si è destata di colpo, un grido strozzato, singhiozza ed invano cerco di calmarla. Si dibatte, sembra impazzita. Aiutami Peter perdio. Lentamente si quieta di nuovo, mi carezza e cerca i miei baci, non so cos’altro fare e rispondo, la bacio, poi non son sicura del resto perchè sto baciando Peter, in ginocchio sul letto, strettamente abbracciati da Fannì, con una forza che non è la sua. Non andiamo oltre a qualche bacio e qualche carezza, ma tanto basta a quietarla un poco. Troppo poco. Spingo Fannì tra le braccia di lui. Ne ha bisogno gli dico. Esita, poi la stringe a sé baciandola su una guancia. Questo solo pare già funzionare, far effetto, e convinto dalle mie insistenti parole, la bacia veramente con quell’esperta sapienza che ha sedotto me. Non abbiamo la scusa di essere ubriache, eppure dopo poco Peter è braccato da due donne; mentre Fannì lo strige e lo bacia, gli carezzo attraverso il pigiama il pene turgido. Non sono molti gli uomini che resisterebbero. Peter non è tra questi e va via di testa. E’ bella Fanni e sono bella io. Mi fissa negli occhi però, cercando spiegazioni o che altro non so. Ha il respiro affannoso ed io gli dico di si. Come, perchè? Non lo so. Per prima lei, dico. Fannì incredibilmente non vuole, per me non vuole. Sei il suo uomo, non voglio, Ely, diglielo tu! Non dico nulla, solo le sorrido. Ha tanto amore da bastare per tutte e due e ne avanza. Gli slaccio la giacca del pigiama e letteralmente lo sospingo tra le braccia di Fannì. Mi stringo a lei quasi immobilizzandola, e la sento cedere. E’ bellissima Fannì, stesa sul letto, l’avambraccio sinistro a coprirle gli occhi, vestita ormai solo di un ciuffetto di vello pubico, si abbandona alle sensazioni che sembrano annichilirla. Peter la prende tra le braccia, esita ancora e mi guarda. Si, gli dico di nuovo e contemporaneamete mi do della pazza, felice però di esserlo, per mia sorella qualsiasi cosa. Esita ancora, poi fa quello che gli sto chiedendo. Ormai è solo un maschio sovreccitato con una donna che con qualche ripulsa, le solite menate di noi donne, lo ha accettato. A poco a poco la porta in alto la fa spasimare, volare, quello che ci voleva per lei. Per tutto il tempo non stacco gli occhi, non ho la minima decenza, ma non me ne vergogno. Non ho la minima ripulsa o gelosia. Il mio uomo sta facendo l’amore con mia sorella e ne sono felice. Forse non ha goduto, non ha sparso il suo seme perchè subito dopo stringe me, vuole me, prende me. Non Basta. A turno ci dedichiamo a lui, non stacchiamo le nostre bocche e le nostre mani da lui. Non che protesti molto mi sembra.

Stai scappando? Si sta vestendo in camera mia e sussulta. Cos’altro posso fare? Tu hai fatto tutto quello che potevi, e con successo, gli dico tutta seria. Temo di leggere nei suoi occhi disgusto o peggio, ma è freddo e neanche molto, forse è lui che si vergogna. Ma è tua sorella, siete sorelle! Borghese, penso, Lei ne aveva troppo bisogno. Ora ha una valida ragione per sperare, per continuare a vivere. Non penserà più a quel bastardo. Le solite frasi fatte. E come penserà a me, come ad un tizio che ha approfittato di lei, della situazione? No, come ad uno che l’ha aiutata nell’unico modo posibile in quel momento. Caro, caro. Perchè non vuoi capire? Sei tu che avresti diritto di essere offeso, di sentirsi usato, violentato. Ma noi ti amiamo, non volevamo farti del male, anzi abbiamo chiesto il tuo aiuto. Ma io amo te, sei tu quella che voglio. Non puoi avere me sola ora. Cosè, paghi uno e prendi due? Rido, non sono offesa ma convinta che questa sia l’unica soluzione per non perderla e perderlo. Proprio cosi! Hai me ed hai anche lei. Caro, amore, sono cose che non si possono cancellare. Lei potrebbe decidere diversamente, non voler più niente a che fare con entrambe, noi no, non ora, dobbiamo. Ha troppo bisogno di te e di me. Anch’io ho bisogno di te, ti amo, ma non posso rinunciare a lei, l’hai detto, è mia sorella, siamo gemelle. E’ bello Peter anche, ora. Mi fissa immobile scuotendo il capo impercettibilmente. Solleva la valigia e si avvia. Sono disperata, forse persino sollevata, non lo saprò mai. Hai proprio deciso? Forse apre la bocca per dire si ma lo abbraccio e lo bacio. Lo stringo, cerco di impedire…siete qui, vi ho trovati. E’ livida e nell’avvicinarsi incespica e quasi cade. Volete mangiare qualcosa, io ho fame. Questa è la mia Fannì. Vorrei ridere e battere le mani. Non mangiate nulla allora? La abbraccio, sento per lei una tenerezza infinita, e la sospingo tra le braccia di Peter. Esitano entrambi ma uno, chi dei due? bacia sulla bocca l’altro o l’altra. Poi si stringono, un attimo dopo vengo attirata nella loro stretta. Pérchè tante storie, mi chiedo. MI chiedo anche come la sottoscritta sia passata da timida verginella ad assatanata in così poco tempo. Dieci giorni.
Ceniamo in cucina degli avanzi di oggi, sono più che sufficienti anche per voi due domani. Perché, vai via? Non ha senso, partiva per raggiungere lo stronzo, prima di sapere. Non ha senso. Peter che conosce solo un poco le cose, lo stesso si oppone. Montare in macchina in questo stato? Lei è matta, non se ne parla neanche. Qualche parola basta a chiarirgli le idee. Fanni vuole togliersi dalle scatole, non ha impegni di lavoro od altro. Non la lascerò andar via così, tantomeno guidare, piuttosto la lego. La guarda fisso, deciso e, ne sono contenta, da sola non riuscirei a fermarla in nessun modo, invece il “maschio” cerca di prendere in pugno la situazione. Il nostro maschio, ma perchè le da del lei? Dottore, lei non ha il diritto…Piantatela tutti e due, non fate i bambini! Mi riferisco a quel ‘lei’ del cazzo, ma fraintendono. Non può assolutamente guidare con il farmaco che le ho iniettato. Sto benissimo, mi ha dato un’ottima medicina, poi diventa rossa paonazza. Arrossisce come una mammoletta anch Peter, io invece scoppio a ridere. Vorrei suggerire che la cura debba continuare, ha fatto miracoli ma meglio tacere, una cosa sola ripeto, di non fare gli scemi, è il caso di continuare a darvi del lei? L’imbarazzo dei due è più che evidente. Si spiano a vicenda e spiano me. Se temono qualcosa da parte mia, se pensano di leggere nel mio viso qualche dubbio, recriminazioni, gelosia od altro si sbagliano di grosso. Vorrei anzi proporre di andare a dormire tutti e tre insieme, ma cosa inventare come scusa non so proprio. Mi sembra di essere un domatore con due animali che vogliano scappare ognuno per la sua strada, ma non voglio permetterlo. Lo amo. Non voglio assolutamente rinunciare a Peter, neppure però posso tollerare di creare fratture, divisioni ed incomprensioni con mia sorella.
Il silenzio tra loro continua in soggiorno bevendo il caffè. Vado a dormire a casa mia. E perchè mai? Ero io che dovevo andarmene. Lo pensavi cara, ma ora resti qua anche tu. Eravamo daccordo così. Si, ma, però…Ognuno dice la sua, lentamente la tensione cala un poco, tanto da spingermi ad un certo momento a sedermi sul divano di fianco a lui. Lo bacio, sfiorandogli appena le labbra. Resta immobile, mentre mi scosto delusa, una carezza, e tanto basta a rincuorarmi. Bacio anche lei un attimo dopo. Pensi pure che siamo lesbiche incestuose, vabbè, un poco lo siamo. Se non gli sta bene vada pure…Non è ancora scomparsa la tensione che ha accompagnata questa serata ma certo scemata, e molto. Non so come scusarmi, gli dice quando ci salutiamo per coricarci, avevo perso la testa. Lui la abbraccia, un gesto solo di tenerezza. E chi non avrebbe perso la testa con quel bastardo? A letto in camera di mamma, la nostra camera in futuro, spero, temo di non riuscire ad addormentarmi. Lui tace, steso sul fianco. Non abbiamo in pratica parlato.

E’ bello emergere dal sonno lentamente, sentendosi bene. Tranquilla perchè va tutto bene, non c’è nessun problema, cuore, salute, soldi, va tutto bene. Poi un improvviso senso di vuoto, di freddo. Allungo la mano ed il letto di fianco a me è vuoto, vuoto e freddo. Tendo le orecchie, niente, nessun rumore. L’orologio mi dice l’ora. Un sospiro di sollievo, Lui è già già per strada, è di turno all’ospedale, e Lei arriverà a Milano questo pomeriggio. Sono ben sveglia e tutto va bene. Il mio amante, Peter, il nostro amante, signore e donno torna fra due giorni, da me, da noi. Pochissimo tempo fa avrei riso o mi sarei incazzata se mi avessere detto che al secondo appuntamento avrei buttato alle ortiche la mia preziosa verginità. Invece l’ho data a Peter, al dottor Peter; gli ho dato anche il culo imparando a fare pure ricchi pompini. Pensare poi diventasse anche l’amante di Fannì! E son stata io a costringerlo a farsela. Una pratica terapeutica, mia sorellla ne aveva bisogno. Una scusa o che altro? Lei ne aveva bisogno, per forza. Adesso non è più una pratica terapeutica ma continua a scoparsela con mia soddisfazione anche od almeno mi sta bene.
Mi crogiolo nel letto, impigrita e sazia del troppo cibo di ieri sera al ristorante. Troppo cibo ed un bicchiere di troppo. Mi scappa la pipì ma non ho voglia di alzarmi. Ieri sera abbiamo cenato molto presto, ospiti degli amici di Peter che stavano per partire, gente simpatica ma erano appunto di partenza. Poco dopo le dieci eravamo a casa e subito anzi a letto. Devo essermi addormentata immediatamente. Era forse mattino o quasi quando ci siamo svegliati, volevo dormire ancora io. Lui no. Non facevamo l’amore da tempo e dopo qualche carezza ero ben sveglia, dopo qualche altra carezza, dispostissima come sempre a collaborare. Porto la mano dietro, al buchetto stretto che gli piace così tanto, e che… mi sono addormentata con il suo coso tutto dentro? Sarebbe la prima volta. Sei una gran puttana, mi dico soddisfatta anche di esserlo sul serio, almeno secondo il metro comune. E’ ora di alzarsi. Qualche tempo in bagno e poi in cucina per il caffè. Fame? Non scherziamo, dopo la cena di ieri, nel caffè metto un biscotto solo. Pantofole e vestaglia son più che sufficienti. Attraverso la casa silenziosa, pulita ed in ordine, la squadretta dell’agenzia al solito ha fatto un buon lavoro. La prossima volta farò pulire anche la parte della casa che teniamo sempre chiusa. Ma non ci penso oltre perchè sul tavolo ci stanno due biglietti. Uno è di Peter: ti ho lasciata dormire, ci vediamo tra due giorni, telefonami se…L’altro di Fannì. Ho potuto prendere il volo notturno…sono le sei, lasciami dormire…Nessun problema. In frigorifero ho la cena non consumata ieri sera, basta ed avanza. Sistemo la camera da letto. Ci siamo nate su questo letto, a mamma si son rotte le acque e siamo nate qui, assistite da un medico condotto in pensione, non era possibile portare mamma in ospedale. Le lenzuola sono ancora in ordine, faccio prendere aria al letto ed alla stanza, poi metto in ordine. Rassetto quel che devo e vado a fare un poco di spesa, frutta e poco altro, siamo quasi a picche di vino ma pesa troppo, ci penserà Lui quando finisce il turno all’ospedale. Il sedere mi dà un poco fastidio, bruciore e prurito. Poco male. Faccio una lavatrice e stiro, poi vado a far la doccia. Un rumore di là. Indosso la vestaglia sulla pelle e trovo Fannì, anche lei in vestaglia. I soliti convenevoli poi chiede quando si mangia, ho fame, da morire, mi dice. Stiamo per sederci, ti prude così tanto? Inavvertitamente mi sono grattata il sedere. Un poco. Un poco tanto direi e di famiglia non dovremmo avere così presto le emorroidi. Inutile contradirla, lo diceva sempre nostra madre, se ne vantava. Neanche dopo il parto diceva. Mi sta ridendo in faccia. Più tardi vado in farmacia. Ride ancora di più. Lascia perdere, l’ho io una crema adatta, fa miracoli. E si, sorellona, l’ho comprata all’aeroporto, partendo. Sono io che rido adesso, in parte curiosa ed in parte preoccupata. Come mai…lascia perdere, Ely, dimmi, è stata una bella notte…a parte quello? No che non lascio perdere, con chi? Mi guarda sorpresa, si incazza anche. Con chi? Ma sei scema? Con Lui no? Per chi mi prendi? Adesso è offesa ed ha ragione. Fannì è molto correta nelle sue relazioni. Un uomo per volta. Peccato li cambi con una frequenza notevole ma Peter è speciale anche per lei, le chiedo scusa, facciamo pace e…mi presta il tubetto di pomata, insiste anzi per mettermela lei. Normale tra sorelle.

Una giornata tranquilla. Un paio d’ore di lavoro a riguardare dei testi con calma mentre Fannì riposa. Fa bene, son stati giorni duri ha detto. La sera una cena consumata parlando di noi in cucina, poi a nanna. Sono io stanca. Mi son lavata bene e cedo alle sue insistenze, di nuovo le mostro la parte dolente. Meno dolente di poche ore fa però. Sei meno gonfia, appena un poco. Mi unge il buchetto ancora, poi va a lavarsi le mani.
Racconta. Ma dai, mi vergogno. Ma so già che di ieri notte le racconterò tutto, come sempre, la spunta sempre. In questi anni, anche quando ero troppo grandicella per credere ancora alle favole, avevo immaginato molte cose su un mio possibile uomo, un marito, pensavo. Un amante io? Possibile ma improbabile diceva mia sorella. Solo dopo la firma in sacrestia ed il ricevimento di nozze dovrai a malincuore farlo, non potrai scappare proprio. Invece non solo mi son fatta l’amante ma l’ho pure diviso con lei. Lo divido con lei anzi come fosse la cosa più naturale del mondo. E’ stata Fannì la più ritrosa delle due. Cosa direbbe se scoprisse che ci raccontiamo queste cose? Fannì ride. Tu non dirgliele, io tengo la bocca chiusa. Comunque forse si incazzerebbe ma probabilmente ci riderebbe sopra. Si scopa regolarmente te e me, sorelle gemelle. Qualche volta scopiamo tutti e tre insieme e sa di noi due, qualcosa almeno. Anche quindi lui ha la coda di paglia. Allora, ti decidi? Racconta di ieri sera. No spiegami come mai hai dovuto comprare quella crema contro le emorroidi. La ammazzerei quando fa così. Piega il cuscino per avere la testa più in alto, poi scosta dalla sua parte la copertina di piquet e dice di aver sete e va a bere in cucina. Ha un bel culo e vederla scodinzolare mi fa passare la stizza. Quando torna guardo le tette, molto belle anche loro. Siamo gemelle ma eterozigote, è un caso che ci rassomigliamo così tanto. Un caso ed un bene. Pure io ho un bel culo e due belle tette oltre ad un bel musino. Questa casa è stato un porto di mare nelle ultime settimane mi dice. E’ stato a becco asciutto per un bel po’. Il mio volo è stato spostato e lui arrivando a casa mi ci ha trovata ma…Ma cosa? La dottoressa mi ha detto di interrompere la pillola. Non me l’hai detto. Tu non c’eri. E ti è saltato addosso lo stesso? Certo che no. L’ho visto però teso, le lenzuola sembravano aver sotto il palo di una tenda e volevo fare qualcosa per sollevarlo, un pompino pensavo. Uno non gli basta dico io. Neanche due qualche volta, lo so anch’io, cosa credi. Comunque una cosa tira l’altra e sono andata in cimbali, non so neppure io come mi son trovata a circondargli il collo con le caviglie e lui che me lo spingeva dentro il sedere. Niente pompino? Nel sedere in diretta come prima cosa? No, niente pompino, nel sedere in diretta. Peter era eccitato da morire e mi ha fatto anche male ma non se ne è accorto, io non ho detto niente, povero caro, ma proprio non la finiva più. All’aeroporto, la mattina dopo, sono andata in farmacia. Le brillano gli occhi, sorride. E tu vorresti averlo qui al mio posto, dice maliziosa. In parte è vero, ma non lo ammetto neanche morta. Ha infilato la mano sotto il lenzuolo e mi carezza il petto. Solo all’idea i capezzoli ti diventano duri. Si un poco, sono una troietta. Siamo due grandi troie risponde seria. Ci dividiamo lo stesso cazzo e ci piace. Pensa, continua, cosa direbbero i vicini, ma devi dirmi qualcosa tu adesso. Va bene, ci siamo svegliati o mi ha svegliata. Avevo sonno ma…ma, prosegue, ti ha fatto passare il sonno.
Abbiamo scopato e dopo poco, stavo per riaddormentarmi, me lo ha messo nel popò. E ti è piaciuto. Anche a te ormai piace sostengo piccata. Fannì non lo aveva mai mai fatto prima, nonostante fosse molto ‘sportiva’, aveva il sederino vergine prima di conoscere Peter, non ne avevamo mai neppure parlato di queste cose. Vedendo me che lo prendevo a bottega non aveva saputo dirgli di no. Quante volte figliola? Imita un prete nel confessionale così bene che scoppio a ridere. Una volta, credimi, una volta sola. Lo abbiamo fatto a seggiolino e a seggiolino a me piace. Forse ci siamo addormentati così. Così come? Con lui dentro. Ma va, con il cazzo nel sedere? E ti sei addormentata? E’ lei a ridere. Si stende bene risistemando il cuscino, mi abbraccia sfiorandomi la bocca con la sua. Il seggiolino non l’ho mai fatto, riprende. Come mai? E’ bellissimo. E’ Peter a scegliere la compagna di letto il sessanta per cento delle volte. Non ha preferenze a dire la verità. Grosso modo una volta una e la volta dopo l’altra. Incide ovviamente il mestruo e spesso il lavoro di mia sorella, le sue assenze. Spesso, il sabato e la domenica facciamo la doppia in contemporanea. A me non spiace di tanto in tanto, ho detto a Fannì e lei ne ha convenuto. Mi piace fare l’amore insieme, tutti e tre insieme. Mi piace anche farlo da sola con lui e da sole noi due. Chiudo gli occhi quando sento la sua mano scorrermi addoso lieve, aspetto, spero si decida in fretta, ne ho voglia ma non oso dirlo. Non ho mai avuto il coraggio di prendere l’iniziativa, è sempre lei a cominciare ma ora ne ho voglia, tanta voglia. Mi scopre il petto e si china a baciare i seni. La mano scende pian piano e mi fa sentire debole, ansiosa e felice. Ho le gambe ben unite ma un dito sbarazzino non fatica a raggiungere il pistolino dopo essersi bagnato. Si perchè sono già bagnata. Sei una carogna. Perché mai? Lo sa benissimo. Ci gira intorno, lo sfiora di tanto in tanto, scende al buchetto che preme soltanto senza entrarci finchè in pratica esplodo e le cingo il collo pretendendo la sua bocca. E’ inutile, mi tiene sospesa, quasi sulle nuvole ma senza arrivarci. Siamo di traverso e mi succhia il pistolino e la fica di nuovo. Raccontami tutto su ieri sera e sul seggiolino, voglio tutti i particolari. Più particolari racconti e più ti faccio impazzire.
Non ho ragione di tacere, solo che non è facile parlare mentre la lingua più dolce del creato ti ‘distrae’. Aspetta. Mi mette un cuscino sotto il sedere e mi fa aprire bene le gambe al massimo. Così sto comoda, racconta, deciditi. Mi decido, è inutile fare diversamente. E poi adesso son contenta di raccontarle tutto. Forse stavo per addormentarmi di nuovo, non so, qualche carezza e sono ‘partita’. Il seggiolino bella. Lasciami dire. Mi mordo le labbra, faccio fatica a cominciare, mi eccita però raccontare a Fannì queste cose e lei lo sa. Mi sta alitando sulla micina, qualche tocchetto con la lingua, un dito mi fruga. Allora? Voleva mettermelo nel culetto. Non è che ne avessi particolarmente voglia ma…Prima il solito, se lo è fatto bagnare in bocca, poi in ginocchio, dietro, lo ha poggiato spingendo piano, con delicatezza come sa fare lui. Ormai io so come fare, continuo. Ride. Sappiamo tutte e due come fare, hai spinto. Si ho spinto per allargarmi. Prima la testa del cazzo, qualche momento di sosta e poi sempre lentamente, senza grandi colpi lo ha spinto tutto dentro tenendomi per i fianchi. Altra sosta, al solito mi tira e sembra mi spacchi, brucia anche. Ti brucia? Si. A me no, un poco, le prime volte, adesso basta. Basta? E prima di partire, quando hai dovuto comprare la pomata? Va bè, vai avanti. Mentre parlava ha distolto la bocca ma torna a farmi impazzire. Poi è un poco roba da contorsionisti. Sempre tenendolo dentro ci stendiamo sul fianco, il sinistro. Mi regge e finisco sempre con la testa sul suo omero sinistro, il coso sai tu dove sta. A questo punto con la sinistra mi può carezzare le tette e con la destra mi tiene ferma, evita di farmi allontanare troppo quando spinge, almeno all’inizio. Quando non serve più è libera di arrivarmi alla cosina, liberissima. E’ bello credimi. Ormai sei bella larga, va dentro e fuori senza problemi, per lui almeno ma anche per me a dire la verità, non solo non fa più male ma pure mi piace. Tra tette e capezzoli stretti tra le dita a pinza che però non fanno troppo male ed anzi ti fanno sentire un certo non so che e le carezze li in basso più il cazzo dentro, vai fuori di testa, e non una volta sola. Devo aver goduto due o tre volte almeno, forse di più, te l’ho detto, ero fuori. Lui non so. Mi sono addormentata, forse l’avevo ancora nel sedere. Forse no ma… si cara si adesso non f,ermarti ancora…lei ride a lungo poi però riprende a baciarmela e…poi io…

Ci svegliamo tardi. Abbiamo gli occhi pesti e mi vergogno come sempre. Lei lo sa e mi carezza, mi bacia, mi fruga ma non voglio più. Lasciami in pace, le dico. Quando torna? Stasera. Bene, ci serve proprio un uomo, continua lei. Un uomo che il mattino dopo non abbia le paturnie. Ha ragione ma quando mi girano mi girano.
Fannì mi cammina davanti, regge come me una sacchetta del supermercato ma anche la borsa della boutique con il suo acquisto. E’ dimagrita, meglio, si è asciugata, il culo bello da sempre sta tornando meglio del mio, favoloso anzi, probabilmente era solo ritenzione di liquidi per lo stress. Adesso che non pensa più allo stronzo che quasi la ha fatta ammattire, è più rilassata e serena. Conta anche la presenza quasi costante di Peter ed il fatto che ci siamo chiarite. Prima facevamo l’amore, lei ed io, quasi solo in ‘stato di necessità’, quasi fosse una medicina per risollevarla dai suoi guai. Poi erano, almeno da parte mia, pianti di vergogna, giuramenti di non ricascarci. Non sono lesbica per metà od un quarto come lei che pur sempre preferisce gli uomini, ma me ne vergogno sempre meno e mi piace sempre di più, anzi, non me ne vergogno più assolutamente. Peter è di turno all’ospedale, torna nel tardo pomeriggio. Cazzo Ely, non hai messo l’allarme. La discussione su chi sia uscita per prima e chi per seconda dimenticando di inserirlo dura fino in cucina e la concludo dicendo che dobbiamo fare entrambe più attenzione. Mattinata faticosa. Con la ex portinaia, due delle figlie ed un genero abbiamo sgobbato per sistemare la parte della casa che teniamo chiusa. Troppo grande, non ci serve. Una pulizia che facciamo tutti gli anni. Mai così a fondo però. Stiamo finendo di sistemare gli acquisti e compare in cucina un uomo nudo, Peter ovviamente. Non del tutto nudo. Sta asciugandosi la testa con una salvietta. Il cazzo gli dondola tra le gambe e cerca di coprirsi mentre si scusa. Non vi ho sentite arrivare, facevo la doccia…inutile coprirti l’aggeggio gli dice ridendo Fannì, lo conosciamo bene. Peter fugge poco dignitosamente, rincorso da una bella risata. Poco dopo, con una vestaglia di spugna siede con noi in cucina a bere un caffè. Hai la faccia stanca, gli dico carezzandogli la guancia. Al pronto soccorso è arrivata una marea di gente, mi hanno svegliato appena addormentato dopo un turno faticoso al reparto ed ho lavorato tutta la notte e la mattina in pronto soccorso appunto. Mi hanno mandato a casa in anticipo poi, passata la emergenza.
Vuoi mangiare qualcosa? Ci pensa su un attimo poi da solo si prepara un panino. E’ bello Peter, il mio amante, molto bello, mio, si mio, ma anche di Fannì, nostro quindi. Spalle larghe e fianchi stretti, un bel viso sempre sorridente, regolare, e due occhi neri. Non so giudicare se il pisello sia piccolo o grande. Secondo mia sorella è nella media ma lo usa molto bene, resistente e pronto a ricominciare in fretta, meglio di chiunque… Mi fido del suo giudizio, ne ha visto almeno qualcuno, mentre per me è il primo. Sei stanco amore, vai a riposare, ti chiamiamo per cena, cosa vorresti mangiare? Non risponde perchè suona il telefono. Ed è un problema. I due cugini, medici come lui, già specializzati, vengono in Italia nell’ambito di uno scambio tra università ed Ospedali. Il suo padrone di casa telefona che non gli rinnova l’affitto. Peter intendeva alloggiarli appunto a casa sua. E’ vero che Peter ormai passa molti più giorni e notti da noi che a casa sua ma la cosa lo imbarazza, lo imbarazza non poco. Cercherò una altra casa, per lo studio non c’è problema, me lo offre da tempo all’interno della struttura, l’ Ospedale stesso. Fatturerebbero loro per me tenendo anche la contabilità. Devo trovare in fretta, in qualche giorno solo, una casa per me e per loro, ma adesso devo dormire almeno un poco.

Ci guardiamo in faccia Fannì ed io. In genere ed anche adesso basta uno sguardo per capirci ma su una cosa del genere è meglio parlare, chiarirci. Peter si è comportato sin dall’inizio con un tatto squisito. Bisogna vedere se i cugini sono altrettanto educati. educati ed anche molto discreti. E poi continuo, possiamo dar loro le due stanze che abbiamo sistemate oggi per il tempo necessario a sistemarsi, lo spazio c’è e poi…non vorrei che lui decidesse per cortesia nei loro riguardi, di… farsi vedere meno. Giriamo attorno anche a questo che non è il fatto meno importanre. Ci piace averlo costantemente…per usare un eufemismo,per casa. Sentiamo cosa dice lui, dice di conoscerli a fondo, inoltre possiamo offrire una sistemazione provvisoria per il tempo necessario a trovare una buona sistemazione e decidere poi.
Peter ricompare poco prima delle otto. Su su cosa fate ancora in vestaglia! Anche tu sei in vestaglia. Sul serio volete fare la carne alla tartara? Prosegue. Avete…abbiamo quasi tutto, manca soltanto la salsa inglese. Se ne può fare a meno, decide. Sembra sapere quel che dice e dopo aver preparato il tavolo in sala scompariamo a farci belle. Non belle, vi voglio perfette in una sola ora.
Quando ricompariamo in sala ci stupisce. Elegante in un abito di mezzo peso col gilet, la cravatta è la unica cosa un poco stonata. Sta disponendo salatini, sottaceti e patatine sul tavolino basso per l’aperitivo. Qualsiasi cosa sia è ottimo. Eccezionale la ‘tartare’, lui lo chiama ‘americain’ con l’insalata mista.
Ci sta abituando a bere e gustare il vino. Mentre beviamo il caffè gli portiamo i regali del suo compleanno che sarà tra due giorni. Una bottiglia di whisky irlandese molto vecchio che guarda con malcelato sospetto, è abituato al bourbon americano. Abbiamo anche confezionato tre 33 giri che sappiamo gli piaceranno. Sta cominciando ad amare la musica classica e questa è musica ‘facile’: Sinfonia del nuovo mondo, La Moldava, autori detti nazionalisti, orecchiabili e dei pezzi scelti da opere italiane come la Marcia Trionfale della Aida…Brindiamo, dice, alla faccia di tutti i razzisti idioti. Penso parta con la solita sparata, la razza umana è unica eccetera eccetera. Il suo padron di casa dopo aver concordato a parole il rinnovo del contratto, saputo dei cugini lo ha disdetto. Segue raccomandata R.R. Gli ho fatto vedere questa fotografia e gli ho parlato della nostra famiglia. Ha deciso che siamo meticci, razza mista. Lo guardiamo perplesse. Vi ho detto che mia madre è polinesiana? Bene, sua sorella ha sposato un discendente dei Papua. Nella fotografia compare Peter, forse ventenne, due ragazzi di qualche anno più giovani e tre ragazze. Belli i ragazzi senza niente di insolito come la coda o due teste. Molto belle e molto giovani le ragazze. Quella abbracciata a Peter dimostra al massimo quindici anni forse meno. In riva al mare con qualche palma, in costume da bagno. Chiaramente le tre hanno usato come parte superiore del costume, per la foto, dei fazzoletti. IO NE SONO PER UN ATTIMO GELOSA! Possibile? Passa subito, sono sue cugine ed a fare la foto è appunto la madre della piccola.

Io sono stanca, domani mattina ho un appuntamento, dice Ely. Capisco la dolce sorellina. Abbiamo deciso di festeggiare il compleanno di Peter questa sera e vuole darmi via libera. Mi piacerebbe ma mi piacerà ancora di più festeggiare Peter tutti assieme. Un filo di condizionatore e la Sinfonia di Smetana che parte allegra per farsi languida, suadente ed insinuante. Ascoltiamo ad occhi chiusi, lui nel centro del letto con la nostra testa sulle sue spalle. Le sue mani ogni tanto ci cercano i seni, le nostre il suo grosso pisello che comincia prendere nota della cosa. Qualche bacio lento e languido e poi meno languido, qualche carezza che si fa sempre più eccitante, prorompente come le note che descrivono le acque della Moldava che superato il ponte della città si mescolano al Grande Fiume. Lo bacio e poi bacio Ely. Ely ci bacia entrambi e gli succhia il cazzo mentre con la lingua passo e ripasso lungo la fessura di lui tra le natiche. Gli piace, e come che gli piace. Ci scopa entrambe con dolce foga. Un intervallo della musica, ricomincia tutto da capo con l’altra sinfonia. Più tardi, molto più tardi mi fa sedere di schiena sopra di lui. Non dice niente ma è chiara l’intenzione. Il glande poggia sul buchetto più stretto, ed io mi calo affidando alla gravità il resto. Mi dilata appena e spingo per dilatarmi, lo sento entrare, lentamente. Mi sto abituando, comincia a piacermi, mi piace già anzi. Lo ho tutto nel popò allenato che protesta appena. Smette del tutto ogni protesta quando stesa sul corpo muscoloso del mio amante, a gambe aperte e sempre impalata, sussultando per i colpi di reni che mi sollevano un poco, ricevo felice le attenzioni di Fannì che in ginocchio tra le nostre gambe aperte mi carezza dolcemente la fica, la sfiora con la lingua, cerca e trova il pistolino orgogliosamente eretto, presente e sensibile. Me la lecca a lungo come solo lei sa fare. Vado fuori di testa. Vengo tanto e tante volte da impazzire, mugolando di dolore e di piacere anche per come lui mi tortura i seni ed i capezzoli. Batto i palmi sulle lenzuola in un insensato susseguirsi di ‘smettetela, basta’ e ‘cosa fai, continua per piacere, continua’. Sono arrivata ad oltre venticinque anni ancora vergine. Scema, scema, scema! Ne avevo quindici quando sono scappata di casa di un ragazzo più vecchio di me con le mutande in mano…Ho perso dieci anni di sane e belle scopate. Meglio così dico per consolarmi, ho potuto, Peter insomma, fossi stata una gran chiavona con lui poteva essere diverso, sarei stata una qualsiasi e lui uno di passaggio, uno dei tanti. Lo amo? Lui mi ama? Non lo so, od almeno non ne sono certa. Gli voglio bene, questo è indubbio, voglio anche bene a Fannì, ma lei è la mia gemella, è diverso. Con lui però non ne ho mai abbastanza e cosa strana, non sono gelosa di lei e lui. Persino quando so che stanno insieme ed io non sono con loro. Fannì si è già alzata per l’appuntamento di lavoro e noi ci siamo svegliati nonostante cercasse di far piano. Stiamo rincattucciati uno contro l’altra, cerco il pisello ovviamente ai minimi termini. Ride. Provaci cara. Lo vuoi sul serio? E tu? Lo stringo, servirebbe un mezzo miracolo, penso. Prima, sotto la doccia, avevo già fatto un miracolo, succhiando il cazzo moscio fin a farlo tornare duro, se la era scopata nel box ed io avevo quasi goduto con loro. Ci riprovo. Lo carezzo, lo meno, lo succhio e gli succhio le palle con scarsi risultati. Gioco l’ultima carta, pericolosa. Non sai mai, non ne capisco la ragione, ma a volte gli piace un dito nel sedere. Più spesso basta sfiorarglielo e se ne infastidisce. Mi sposto di lato, premo sul buchetto col polpastrello tenendogli il cazzo poco più che appena sveglio in bocca. Non reagisce né in un modo né nell’altro. Premo ancora, entro un poco e continuo. Non è semplice o breve, ma pian piano si sveglia, si gonfia ed allunga. In modo percepibile, lo succhio ancora, vuole un pompino o? O! Stesa sulla schiena chiudo gli occhi in attesa mentre sfrega il glande sulla fessura, carezza il pistolino e dintorni, morde i capezzoli e me lo spinge in fica piano, con amore, tenerezza, foga, passione…a lungo. Gli avvinghio i fianchi con le gambe ed il collo con le braccia, mi offro, protendo il bacino per prenderlo meglio, rido ad un certo punto, grido senza neppure cercare di trattenermi per il piacere che cresce, urge, prorompe inarrestabile. Mentre sussulta dentro di me mi mordo le labbra fin a farmi male. Mi piace il cazzo e mi piace lui, da morire. Dovevamo parlare di come e se alloggiare oltre lui i cugini ma siamo stati zitti ed adesso proprio non me la sento.
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Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richieda, quelle che possono essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare e provare una donna nelle mille situazioni in cui può venirsi a trovare. Per questo ho abbozzato questo spunto. Per far capire con un semplice esempio questa mia difficoltà.
Vorrei entrare in contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Milu e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Milu sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzosamente vostro

Chiodino.

I RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Padrone di schiave per forza?
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto.
Le mie bambine ed io, rapite, addestrate per…

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