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Racconto scritto per un concorso di narrativa erotica (che non si è mai svolto) che aveva come richiesta una lunghezza massima di 12.000 parole e il tema del bondage; fatemi sapere voi cosa ne pensate: scrivetemi a william.kasanova@hotmail.com o raggiungetemi su Telegram

Avrei dovuto lasciare quando la fortuna era dalla mia parte… perché ho voluto continuare con il poker? Le carte coperte facevano schifo, e lo scollo delle mie tette e il passare la lingua sulle labbra, ammiccando come una cagna in calore, non sono bastati a distrarre quei tre, che si sono presi fino all’ultima mia fiche.
Se avessi abbandonato non mi troverei qui, davanti a loro, nella suite di Liam, nuda e con una fune che mi lega le braccia dietro la schiena, divide in due il seno e gira attorno ai fianchi. Curioso come tutte le volte mi ritrovi a ripagare i miei debiti di gioco in questo modo, con i miei avversari pronti a rompermi il culo. Letteralmente. Per lo meno, non ho una gag ball in bocca, stavolta…
Ethan si avvicina a me, nel suo metro e novanta, appoggia il bicchiere di whisky sul tavolino accanto al divano grigio. Non indossa più cappello e stivali da cow boy, ma al posto della pistola mi punta contro il suo cazzo in erezione. Il suo sguardo continua a cadere sulle mie grosse bocce. Sorride lo stronzo, pregustando ogni mio buco. Mi prende il mento con la mano. «Allora, Elena, sei sicura di non avere i nostri centomila dollari».
Sorrido a mia volta. Non so nemmeno come siano fatti tutti quei soldi, ma so come trattare la gente come voi. Dopotutto, ho consigliato io di risolvere così il nostro problema, visto che anche in passato sono riuscita a cavarmela nello stesso modo. «Davanti a dei cazzoni simili, giurerei di non averli anche se mi spuntassero dalle tasche dei pantaloni». Faccio l’occhiolino a Hiroshi, che se lo sta menando con una mano mentre con l’altra accarezza affascinato i miei lunghi capelli rossi.
Il bastardo sorride. È quello a cui devo meno soldi…
«In tal caso, possiamo cominciare». Liam è a braccia conserte contro una parete. L’irlandese ha più muscoli degli altri due messi insieme, e li sta mostrando tutti, così come il boa che ha in mezzo alle gambe. A lui devo la metà della somma, ma è quello più calmo della banda. Fa un cenno all’americano. «Prima tu, che sei del posto».
Ethan ringrazia con il capo. Veloce come un serpente a sonagli, mi afferra i capelli alla nuca e mi strappa dalle mani di Hiroshi. Devo correre per non cadere fino a quando non mi trovo contro il finestrone che dà sulla Strip: le luci di Las Vegas lampeggiano e brillano per chi vince e chi lo prende in culo.
Quindi anche per me.
Ethan mi blocca la testa con una mano contro il vetro e infila l’altra tra le cosce. Mi sfiora la fica con la punta di un paio di dita. «Apri le gambe, troia».
Obbedisco e lui infila indice e medio fino alla seconda nocchia. «Non sei ancora bagnata? Non preoccuparti, ci penso io».
Ritrae la mano e ci sputa nel palmo, si prende il cazzo e se lo mena fino a quando non luccica di saliva.
Discosta una mia chiappa e si avvicina con la testa alla mia. Stringe una mano sulla mia gola e mi blocca contro il vetro della finestra con il suo corpo. «Adesso mi prendo i miei trentamila, troia…»
La cappella bacia il buco del mio culo, che si apre ad un colpo di bacino del bastardo. Il fiato mi si mozza e gli occhi si spalancano nell’irruenza dell’inculata.
Ethan tira i miei capelli. «E allora, piaciuto?» ringhia.
Gli occhi mi bruciano quasi quanto il buco del culo, ma non voglio dargli soddisfazione. Sorrido solo con le labbra. «Bel… bel colpo… l’ho quasi sentito…»
Lui esplode una risata sguaiata. Inizia a spingere e a ritrarre, mi fa sbattere contro il vetro, il suo cazzo che si scopa il mio culo, infilandolo dentro per tutta la sua lunghezza. Boccheggio, stringo i denti, le mie tette gelano contro il vetro su cui stanno scivolando le prime gocce di pioggia. Il mio profilo nudo dev’essere visibile dagli hotel sull’altro lato della Strip. Qualcuno si farà una sega guardandomi mentre vengo scopata?
Il riflesso di Hiroshi compare sul vetro, si ingrandisce finché non è davanti a me. Si sta ancora menando l’uccello.
Gli faccio il sorriso meno falso che riesco a trovare. «Sei qui anche tu per il tuo debito?»
Ethan mi afferra per i capelli e strattona il volto dal vetro. «È inutile lasciare i tuoi altri buchi vuoti». Con la stessa forza mi spinge avanti, mettendomi a pecora e mancando con la faccia il cazzo di Hiroshi di pochi centimetri. «Succhiaglielo».
Il giapponese non si fa invitare due volte e si avvicina di un passo. «Fammi godere, puttana».
Ethan mi prende per le anche e ricomincia a scoparmi il culo. «Ehi, c’è ancora la fregna della troia libera…»
Liam non si è mosso dal muro. Sotto un pacco di addominali, dal cespuglio di peli rossi, pende il suo cazzo, in erezione solo a metà ma già grosso e lungo più dei due che ho davanti e dentro. Fa un cenno con la mano come a scacciare la proposta. «Sbattetevela voi, per ora. Quando avrete finito, ci penserò io».
Pianta i suoi occhi nei miei per la prima volta in tutta la sera. La figa inizia a prudere e a bagnarsi, ma lo stomaco mi si annoda…
«Ehi, puttana,» Hiroshi mi assesta una pacca alla tempia, «pensa alla mia, di nerchia».
Deglutisco a vuoto e allontano l’attenzione dall’irlandese per porla sul giapponese. Il glande libera un leggero afrore di eccitazione maschile e una goccia trasparente sgorga dal meato. Protendo la lingua oltre le labbra e la lappo, assicurandomi di scivolare con la punta lungo il piccolo solco.
Hiroshi lancia un grido vibrato e ansima. «Continua…» Mi afferra i capelli sulla testa.
La sua cappella è salata e la pelle è liscia come seta. La passo tutta con la lingua, come se volessi pulirgliela, mi fermo sotto, mi protendo e lecco con delicatezza il filetto.
Il bastardo lancia un grugnito ed un brivido lo scuote. «Vali fino all’ultimo dollaro che mi devi… Spero vorrai fare una nuova partita e perderla anche domani sera».
Fingo un sorriso. «Vediamo se ne vale la pena, perdere di nuovo…»
«Per noi, sì di sicuro». Ethan mi afferra di nuovo per la gola e mi solleva il busto. Torna a palparmi una tetta, diventata dura come marmo.
Hiroshi succhia il capezzolo dell’altra, prende a palparla. «Belle bocce…» Con la mano libera si afferra il cazzo e me lo infila tra le piccole labbra, turgide e violacee. Mette la mano sulla mia nuca, spinge la mia testa sulla sua spalla e muove il bacino: la sua cappella scivola nella mia vagina fino in fondo.
«Sei bollente e bagnata, puttana». Il giapponese spinge fino in fondo, la sua nerchia riempie la mia passera. «Fantastica!» Mi bacia sul collo.
I due cazzi si muovono dentro di me, uno davanti e uno dietro… mi sfugge un gemito, una sensazione di piacere sale alla mia mente… adoro essere la troia di due uomini arrapati e irruenti, decisi a prendersi tutto il piacere possibile dal mio corpo. L’odore di sesso che sprigioniamo mi inebria, i due bastardi, che sembravano volessero riempirmi di botte, mi stanno possedendo come meglio non avrei voluto. «Non fermatevi…» Gemo e sospiro.
L’americano mi stringe la tetta. «Puoi giurarci che non ci fermiamo».
L’altro ride e continua a fottermi, la sua cappella che fa pressione contro l’altra nel mio retto. Se avessi le mani libere pianterei le unghie nella schiena di Hiroshi mentre ansimo e gemo.
«Senti come gode la puttana!»
Ethan ghignazza. «Voglio vederla venire! Con tutti i soldi che mi deve, questa troia voglio deve godere davanti a me!». Il bastardo infila la mano tra me e il giapponese, afferra con due dita il mio clitoride e lo massaggia, lo tira, lo solleva.
Il piacere esplode nella mia mente, lancio uno strillo contro la spalla di Hiroshi. Comincio a colare sul suo cazzo.
Lui ride e io vengo. Solo essere schiacciata tra loro due mi impedisce di cadere a terra per l’orgasmo che mi devasta.
Ansimo, la testa mi gira. Il giapponese esce dal mio corpo e l’altro mi fa inginocchiare. «Apri la bocca», mi ordina Ethan.
Obbedisco, e il suo cazzo mi finisce nelle fauci. Mette le mani sulle mie tempie e continua quanto ha iniziato nel culo. La sua cappella arriva fino in fondo alla gola, scivola fuori del tutto e rientra. Gli bastano pochi colpi per venire anche lui e mi inonda la bocca di sborra calda e collosa.
Tossisco e chiudo gli occhi, gocce di sperma mi escono dalle labbra, mi colano dal mento sulle tette.
Riapro le palpebre e l’americano è inginocchiato davanti a me, con una bottiglia di birra stappata in mano. Me l’avvicina alla bocca. «Bevi un sorso».
Inghiotto la bevanda che si porta via il seme rimasto in gola. Sospiro. «Grazie».
Lui annuisce. «Ma non farti idee: non ho ancora finito con te».
Sorrido. Fino ad ora non è andata affatto male…
Hiroshi si schiarisce la voce. «Io non ho ancora nemmeno cominciato».
Mi stende a terra, mi infila il cazzo in bocca e pompa ancora più forte dell’americano.
Due mani mi afferrano le gambe, me le aprono e, invece della nerchia di Ethan, a toccarmi la figa è la sua lingua: si muove tra le piccole labbra, gira attorno all’apertura della vagina, lecca il mio piacere. Due dita iniziano a fottermi, la lingua stuzzica il mio clitoride.
Una stilettata di piacere sfreccia lungo la mia schiena e si conficca nel mio cervello.
Questa sera voglio sfidarli di nuovo a poker. E perdere il doppio.

***

L’inguine di Ethan puzza di sborra da dare il voltastomaco. O forse sono io: lui e il giapponese mi sono venuti non so quante volte addosso e dentro; la figa e il culo mi colano imbrattando il divano. Le gambe dell’americano sono scomode come cuscino, ma adoro come mi accarezza i capelli e condivide con me una birra; Hiroshi ha il mento appoggiato al petto e russa, stava giocando con un suo dito e il mio buco del culo quando si è addormentato: è un peccato, perché stavo per vincere io…
Sgranchisco le spalle. Non mi libereranno finché tutti e tre non avranno avuto la loro parte.
Liam, che ha passato l’ultima ora a guardarci seduto sulla poltrona accanto al divano, esamina l’orologio a parete. «Tra tre ore ho un volo». Mi lancia un’occhiata. «Ti sei riposata abbastanza?»
Si alza. Il boa che pende dal suo inguine si ingrossa mentre lui mi osserva.
Si allunga quanto il mio sorriso all’idea di averlo dentro di me…
«Certo, sono pronta a fare qualsiasi cosa per ripagare il…»
Le braccia muscolose si protendono verso di me e le mani afferrano la fune all’altezza della mia vita. «Non preoccuparti, faccio da solo».
Mi solleva dal divano sotto lo sguardo attonito degli altri due come se non pesassi nulla. Mi è impossibile non cadere in avanti con il busto e trovarmi con le gambe in su. Finisco con la faccia sul tappeto peloso, appoggiata con l’inguine contro il busto di Liam.
«La posizione perfetta per un’immatura zoccoletta come te». Mi afferra le cosce e si sposta leggermente indietro. Punta la sua cappella contro la mia figa, afferra meglio la corda e, di colpo, mi strattona verso l’alto.
Resto a bocca aperta, un grido strozzato esce dalla mia gola. Se non fosse caldo quello che ho dentro, penserei che mi sta fottendo con la bottiglia di birra tanto è grosso.
Mi abbassa lentamente, il lato destro del mio viso sbatte sul tappeto, e di nuovo mi tira verso l’alto.
Un alito di fiato sibila dalla mia bocca. «Cazzo…»
La mano che tiene la mia gamba destra mi lascia e due dita penetrano il buco del culo per tutta la loro lunghezza, l’altra si appoggia sui miei lombari e comincia a muovere il mio bacino contro quello di Ethan. Gemo quando il cazzo sprofonda di nuovo e le dita mi fottono l’ano.
Ethan, seduto davanti a me, manda giù un sorso di birra e sorride, guardando con partecipazione la scopata come se giocasse la sua squadra del cuore. Hiroshi si afferra il cazzo mezzo moscio e se lo mena.
L’americano solleva la bottiglietta come a festeggiare. «Non sfondarla del tutto, eh!»
L’irlandese spinge a fondo, si blocca e grugnisce. Una pisciata colma la mia figa.
«Adesso siamo pari».
Mi lascia e cado sul tappeto. La sborra esce a fiotti tra le mie cosce.
Liam se ne va in bagno senza aggiungere una parola.
Alzo lo sguardo sugli altri due. Sogghignano.
«Riposa un momento,» Ethan appoggia la bottiglia sul tavolino, «che poi voglio vedere se ci riesco anch’io».
Il giapponese annuisce. «Spero che quella fune non sia troppo stretta».
Luridi bastardi… Io, con il poker, ho chiuso.

FINE

Racconto scritto per un concorso di narrativa erotica (che non si è mai svolto) che aveva come richiesta una lunghezza massima di 12.000 parole e il tema del bondage; fatemi sapere voi cosa ne pensate: scrivetemi a william.kasanova@hotmail.com o raggiungetemi su Telegram

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