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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

La Signora O – Collana Detective per caso – cap. II

By 4 Aprile 2022No Comments

– Si accomodi signora. –
Erano passati solo tre giorni dalla prima seduta e Magdalena era di nuovo dallo psicologo.
La donna si accomodò nella sedia davanti alla scrivania del dottore invece che sul lettino. In questa posizione si trovava comoda e più sicura, accavallò le gambe.
Lo psicologo esordì con una domanda sconcertante e brutale. – Signora lei fa sesso regolarmente? –
“Il dottore voleva sapere,” pensava la signora Ortis, “ma aveva attinenza con quanto le era successo? E perché essere così poco delicato?”
Arrossì e balbettò – mio… mio marito non è più giovane ed è spesso fuori casa per lavoro… non molto. Per la verità non lo facevamo spesso neanche prima. Forse sono frigida, ma il sesso non mi interessa molto. –
– Cosa vuol dire non molto? – l’incalzò il dottore.
Magdalena arrossì ancora di più. – Direi… Un paio di volte al mese. –
– E non ha un amante? –
Magdalena stava per rispondere “ma che cavolo c’entra”. In effetti ne aveva avuti due in quei venti anni di matrimonio. Amanti molto insoddisfacenti, forse era davvero frigida, non le interessava neanche indagare. Comunque, ormai da cinque anni non aveva nessun amante, aveva raggiunto la pace dei sensi e avere un amante poteva essere pericoloso, se suo marito la scopriva… Rispose semplicemente – no, non ho amanti. –

A Magdalena in effetti il sesso non interessava molto, tutto quello strofinarsi non la eccitava e poi, dopo, si sentiva sporca, nel vero senso del termine, correva a farsi una doccia. Ma, come donna, le piaceva farsi ammirare, gli sguardi concupiscenti degli uomini la gratificavano, la eccitavano, e in parte l’appagavano. Si bagnava, il suo corpo si riscaldava e fremeva. Il piacere fisico era molto lieve, in compenso quello mentale poteva durare ore.
Era la ragione per cui era sempre elegante, curata, ben truccata, anche se in modo castigato. Al marito piaceva che vestisse così e lei l’accontentava con piacere. Anche l’autoerotismo non le dava molte soddisfazioni, mentre lo sguardo di un passante, anche di un ragazzo, la eccitava, per questo le piaceva mostrarsi, non era audace, ma se le capitava accavallava le gambe e soddisfatta mostrava le cosce e la sua costosa e fine biancheria. Anche le sue scollature erano molto profonde. Il sesso non le interessava, ma gli sguardi degli uomini sì, appena poteva, perché non era una scapestrata, si mostrava. Una esibizionista moderata. In tutto questo non era molto cosciente di quello che faceva e più che esibizionista era vanitosa.
Si domandava se con il tassista non avesse esagerato, se se la fosse andata a cercare come dicevano alcuni quando c’era una violenza sessuale. Anche dopo lo stupro la sua natura esibizionista non si era quietata, l’ultima volta era stata proprio sul lettino del dottore.
L’aveva capito, anche senza vederlo, che lui le aveva piantato gli occhi sulle cosce, quando la gonna era risalita, e nello spacco del seno. Con la scusa delle palpitazioni aveva slacciato un bottone e quel seno mezzo scoperto che andava su e giù e provocava il dottore le piaceva.

Il dottore la guardò con un ghigno beffardo e non perse altro tempo, tirò fuori da un cassetto un mazzo di fotografie e le sparse sulla scrivania a ventaglio. Erano una dozzina, tutte esplicite. Magdalena sbiancò, poi diventò paonazza. Era lei mentre il tassista abusava del suo corpo. Provava una indicibile vergogna.
Quando ritrovò la parola chiese – come le ha avute? –
– Tu non sei molto intelligente – esordì brutale Ferretti dandole del tu, sminuendola, offendendola e degradandola, – potevi cercarlo tu questo stronzo di tassista e invece ti sei messa a piangerti addosso, potevi dargli qualche migliaio di euro come ho fatto io e avere queste foto e non l’hai fatto. –
Magdalena cercò di intromettersi in quel profluvio di parole offensive.
– Perché mi tratta così? Cosa le ho fatto? Le rimborserò quello che ha speso. – Il tono era lamentoso, sulla difensiva.
– Sei stupida e sei anche una puttana sottomessa. –
A quel punto anche per Magdalena, donna mite e generalmente accomodante, era troppo, non poté far altro che alzarsi per andarsene.
– Dove vai vacca? Guarda bene queste foto, dicono che non c’è stata nessuna violenza, ma che tu eri consenziente. Sottomessa, sì, ma consenziente e ti sei offerta come una vacca. –
Magdalena non poteva più stare a sentire, stava per mettersi a piangere, doveva fuggire, ma quando aprì la porta si trovò davanti un armadio nero che la spinse di nuovo dentro.
– Siediti troia e ascolta quello che ha da dirti il dottore. Te ne potrai andare solo quando lui ti dirà che puoi andare. – Jim incombeva su di lei.
Magdalena piangeva e si disperava. Era sequestrata. E odiava, quelli che lei chiamava negri, ma non poteva certo dirlo in quel momento.
Ferretti, non si era mai alzato dalla sua poltrona, ma si spinse in avanti e non disse niente fino a quando non ebbe l’attenzione di Magda. – Guarda le foto stupida. – Il nero alle sue spalle, la spinse per la schiena e Magda si curvò sulla scrivania e guardò. – Guarda bene – l’incalzò Ferretti. La donna guardava, ma non capiva cosa volesse il dottore. Alzo gli occhi verso di lui, erano vacui e confusi. In alcune foto lei ce lo aveva in bocca, in altre veniva presa davanti o di dietro. In tutte quelle foto il suo viso era riconoscibilissimo.
– In nessuna c’è violenza stupida. Ed è anche quello che dice il tassista, che tu eri d’accordo volevi essere chiavata e ti sei concessa in modo abietto perché sei sottomessa e puttana di natura. –
– Noooo… – fu la reazione isterica della donna.
Quello che Ferretti non disse era che c’erano altrettante foto in cui si vedevano atti di violenza e segni sul corpo di Magdalena, ma la povera donna non lo poteva sapere. Non sapeva quando il tassista aveva scattato le foto. Magdalena si ricordava di aver ricevuto schiaffoni, pugni in pancia, calci e morsi. Ma di quello non c’era traccia nelle foto che stava guardando. In quei momenti aveva ben altro a cui pensare, si era accorta che le venivano scattate delle foto, ma non quando e in che situazione.
Ferretti continuò imperterrito umiliandola. – Quel panzone del tassista ci ha detto che appena salita sul taxi ti sei posizionata al centro del sedile e hai allargato le cosce come una troia, facendogli vedere le mutandine e le giarrettiere, le calze nere, velate, il bianco delle cosce, ti sei sbottonata tre bottoni della camicetta e gli hai mostrato quelle mammelle da vacca che ti ritrovi, le tue mammelle che debordavano dal reggiseno di pizzo nero, i capezzoli scuri e puntuti, ti sei passata la lingua sulle labbra. Tutti segni inequivocabili di seduzione. Lo volevi troia. –
Magdalena era senza fiato, stava piangendo, – non è vero, non mi insulti, ero accaldata, avevo portato il trolley dal binario al marciapiede dei taxi, ero stanca… –
– Eri stanca e accaldata troia. E quando il taxi ha fatto una deviazione incomprensibile non hai detto niente… –
– Non è vero, ho protestato. Lasciatemi andare, siete anche voi degli stupratori, vi denuncerò, stavolta vi denuncerò, lo giuro. – Magdalena piagnucolava, il suo incubo era appena iniziato.
– Senti caldo ora? Sei stanca? Fammi vedere come hai allargato le cosce e sbottona la camicetta. Su troia, fai come se fossi sul taxi quella sera e vediamo cosa io e Jim possiamo dedurre dal tuo comportamento. –
Magdalena rimase senza fiato, istintivamente strinse le cosce l’una all’altra e si rattrappì sulla sedia diventando piccola, piangeva, singhiozzava.
– Se non fai quello che ti ordino farai una brutta fine. –
Ferretti premette un pulsante e qualche secondo dopo apparve la segretaria che gli porse un foglietto. Il dottore mise anche quello sul piano della scrivania, c’erano gli indirizzi di mail dei figli e del marito di Magdalena.
– Vuoi andare? Vai! Prima che tu arrivi a casa queste foto saranno nelle caselle postali indicate su questo foglietto e chiederemo centomila euro per non farle girare su internet. Sappiamo come fare per impedire agli inquirenti di risalire a noi, e analogamente ad incassare senza che ci scoprano, abbiamo scoperto anche noi i bitcoin. Penso che tuo marito pagherà, ma chi sa cosa dovrai raccontare ai tuoi giovani figli. –
Magdalena era inebetita, frastornata, annichilita. Cercava di pensare, ma non vedeva nessuna via d’uscita. Impaurita, in ansia, in agonia disse le parole magiche che quelli intorno al tavolo volevano sentire. – Che volete? –
Si era arresa e si era accasciata sulla sedia, ma per Ferretti non era ancora pronta.
– Ti ho ordinato di allargare le cosce e di sbottonare la camicia. –
Magdalena si guardò alle spalle, dietro il nero che era una statua di ebano, non muoveva un muscolo, ma, lo si capiva, era pronto a scattare, più in là la segretaria. Era molto umiliante, non c’era solo Ferretti, c’erano anche quei due che avevano gli occhi puntati su di lei, apparivano totalmente inespressivi, ma invece la guardavano con cupidigia.
Magda allargò le cosce, la sua era una gonna al ginocchio che risalì solo un paio di centimetri.
– Tira quella gonna in su, troia. Voglio vedere bene, come ha visto il tassista. –
Magda era in ambasce, chiuse gli occhi e tirò su la gonna.
– Brava, così, puttana. Ancora un pochino. –
Magda ad occhi chiusi sentì un paio di tacchi, la segretaria si stava spostando, probabilmente per vedere meglio. Si morse le labbra e tirò la gonna ancora in su. Indossava una giarrettiera nera, calze e mutandine dello stesso colore. Si vedeva bene, in alto, il bianco delle cosce.
– Che ne dici Marta? E tu Jim? E’ una troia sottomessa come vi avevo detto? Ovvio che al tassista gli è venuto duro. Sbottona la camicia, voglio vedere quelle mammelle da mucca da latte. –
Marta fu la prima a pronunciarsi mentre le mani di Magda tremavano e le rendevano difficile sbottonarsi. – Bisogna dirlo, è una bella troia, di classe. –
Jim aggiunse – mi è venuto duro. Marta ha ragione, è una troia raffinata, ha classe. –
Magdalena vibrava, era rossa, ed era annientata. Era in mano a tre stronzi e non vedeva via d’uscita. Era finalmente riuscita a sbottonare la camicetta.
Le sue grosse tette, premevano ancora sulla camicia, desiderose di liberarsi. Marta si avvicinò e aprì il quarto bottone e le tette uscirono di fuori ancora trattenute dal reggiseno e si adagiarono sul ripiano della scrivania.
Marta era una bella bionda, occhi blu, anche lei un seno da capogiro, belle gambe. Nonostante la confusione che aveva in testa Magda si rese conto che la segretaria aveva due bocce grosse, un po’ più piccole delle sue, una quarta, mentre lei aveva una quinta. La segretaria era una vamp, il look ed il trucco erano da donna aggressiva, labbra rosse, occhi celesti truccatissimi, camicetta bianca strizzata, con quel seno pronto ad esplodere, tacchi alti e gonna nera, intransigente. Forse il viso era un po’ cavallino, ma le dava un tono severo. Marta collaborava con Ferretti da più di dieci anni, era una quarantenne in ottima forma. Per Magdalena, era una donna perversa, anche più dei due uomini.
Erano minuti che Magda non riusciva a spiccicare parola.
– Mettiti in piedi troia. –
Magdalena non ci riusciva. Il nero la prese da sotto le ascelle e fu in piedi. Era passiva e inerte, come una bambola.
– Vai dietro la sedia e poggia le mani lì, quindi chinati, vediamo meglio come ballano queste tette e apri gli occhi. –
Il tocco del nero l’aveva turbata infinitamente, sentiva repulsione, non voleva che lui la toccasse, quindi fece subito quello che Ferretti le aveva ordinato.
Si chinò e richiuse gli occhi, non voleva vedere, si illudeva che se non vedeva non succedeva niente. Sbagliato. Appena si chinò il nero si accostò a lei trattenendola, con le sue gambe massicce, nella posizione assunta e soprattutto facendole sentire il pacco, enorme, sulle natiche.
Le grosse e bianche tette danzavano, nonostante il reggiseno per le palpitazioni. Poi, velocemente Marta le sbottonò i rimanenti bottoni, Jim le sfilò la camicetta e infine Marta le slacciò il reggiseno liberando il seno che, finalmente libero, si espresse al meglio, danzando sotto gli occhi compiaciuti dei tre pervertiti. – Per favore… noooo… non mi fate niente… vi pregooo. –
Marta le ordinò – guardami baldracca. – Istintivamente Magdalena guardò verso la segretaria, orripilata vide che la segretaria le puntava addosso il cellulare e le scattava una foto, si vedeva solo lei con le tette al vento e una smorfia di vergogna in viso. Marta era soddisfatta di averla messa in ambasce.
Ferretti rise. – Mammelle da vacca. Qui, in ginocchio di fronte a me. Subito. Ma prima leva quella gonna. –
Magdalena non si mosse, ma quando la segretaria e il nero la presero una da un braccio e l’altro dall’altra parte, i suoi piedi si mossero, come un automa e così fu quando il nero la spinse in giù premendo su una spalla.
Ferretti si sbottonò la patta e lo tirò fuori. Magda lo guardò stranita e disgustata, era un cazzo, ma lei non si mosse, le faceva schifo. Il pene svettava, rigido e duro, ma lei non si chinava, fino a quando Marta non le mise una mano sulla nuca e quasi teneramente non l’accompagnò all’altezza giusta. Per Magdalena fu dura, ma non poteva rimanere inerte, ormai sapeva di essere condannata. Tirò fuori la lingua e leccò. – Brava – grugnì Ferretti, – guardami mentre mi lavori. Magdalena non ci riuscì, Marta le mise due dita sotto il mento e le sollevò il viso in alto. – Ubbidisci quando il tuo Padrone ti dà un ordine. – Magdalena non aveva smesso di imboccare il cazzo di Ferretti, ma sollevo gli occhi verso di lui che la guardava beffardo, voleva morire.
– Pompa troia. –
Per Magdalena era tutto sempre più assurdo, lei seminuda, inginocchiata davanti allo psicologo che gli stava facendo un pompino, mentre due sconosciuti osservavano le sue prestazioni e la incoraggiavano. Incredibilmente l’avevano chiamata, puttana, troia, vacca, schiava, sottomessa, e forse avevano ragione perché mentre leccava e pompava la sua fica si era inumidita, niente di ché, ma la sua eccitazione non andava oltre. Anzi, si era meravigliata di sentire quell’umido, raramente succedeva con suo marito. Forse il dottore aveva ragione a dire che non era altro che una sottomessa e una vacca. La sua mente ora vagava incontrollata mentre le sue labbra si davano da fare e il degrado, orribilmente, sentiva che non le dispiaceva. Orribile, ma era così.
Marta l’incoraggiò, quando Ferretti venne, muggendo come un toro, le sussurrò – bevi tutto. – Magda non ci riuscì, una parte le colò per il mento fino al solco del seno, ma non fu rimproverata per quello. Non ce ne fu neanche il tempo. Il cazzo di Jim era già pronto per essere imboccato. Il nero si era abbassato i pantaloni ed ora era davanti a lei. Quello di Jim era un cazzo molto più grosso, il più grosso che Magda avesse mai visto.
Non che avesse molta esperienza, Magda era vergine quando aveva sposato suo marito, ma in quei venti e più anni di matrimonio qualche fugace scappatella se l’era concessa, non che ci tenesse più di tanto, ma pensava che dovesse provarci, se non altro per vedere se era proprio frigida. Ma un cazzo così grosso e per di più nero, non l’aveva mai visto. Fece per ritrarsi, ma Ferretti le diede un ceffone su una guancia. – Lecca cagna – intimò e Magdalena non poté, frignando, fare altro. – Sei stupida – aggiunse Ferretti, – non hai ancora capito che ogni volta che disubbidisci sarai punita. E le punizioni saranno sempre più severe. Ancora non hai visto niente, ma forse è quello che cerchi, essere punita. – L’annientamento psicologico continuava e Magdalena subiva.
Magda piangeva e pompava, quelle parole le aveva capite ed ubbidiva, ma non ci riusciva sempre. Doveva cercare di ubbidire, essere sottomessa, se non voleva soffrire.
Il fiotto caldo di Jim fu ancora più potente e abbondante di quello di Ferretti, Magdalena cercò di bere, ma anche questa volta non ci riuscì, molta sborra scivolò fuori imbrattando il suo corpo, soprattutto il seno, una parte le finì anche tra i capelli e su tutto il viso o per terra.

Stavolta Marta non sorvolò e aveva un frustino in mano. – Ti ho spiegato che devi bere tutto e tutto vuol dire tutto. Ora lecca con la lingua quella roba che ti sei rifiutata d’ingoiare. Pulisci bene. – Lo sguardo della segretaria le fece capire che se si fosse rifiutata l’avrebbe pagata cara. Si chinò sulle tette, che sollevò verso di sé con le mani, tirò la lingua di fuori e iniziò a lappare la sborra ormai fredda, voleva vomitare, ma dopo alcuni minuti le tette apparivano pulite e lucide.
– Sei incapace – l’incalzò la segretaria, – mi fai perdere un sacco di tempo, se sbagli ancora ti frusto. – Magdalena si spaventò a morte, non poteva permettersi di avere segni sul corpo. Era vero che ormai suo marito, più vecchio di ventidue anni, la usava saltuariamente, ma la usava e se si accorgeva che era stata frustata qualche domanda se la sarebbe fatta. La segretaria non le dava tregua.
– Ora che ti sei ripulita vediamo di utilizzare queste mammellone che ti ritrovi. – Marta infieriva con sarcasmo, Ferretti stava ancora cercando di farlo ritornare ritto, ma Jim era già di fronte a lei col cazzo pronto. – Forza bella, ho un cazzo magnifico dovresti essere onorata di poterlo servire. Prendilo in mezzo a quelle grandi tette e masturbamelo, sembra che siano state create per questo scopo. – Magda esitò, un attimo, solo un attimo e Marta la frustò sulle chiappe. Magdalena doveva dirglielo che non la potevano segnare, ma non era quello il momento. Sentì che tutti stavano perdendo la pazienza e si spaventò, Marta le urlò spazientita. – Fallo troia. Non importa se ti piace, fallo perché io lo voglio e sappi che è quello che d’ora in poi sarai chiamata a fare notte e giorno. –
Magda tremò e socchiuse gli occhi, desiderava scomparire, ma non era possibile, allora si prese le tette tra le mani e strinse tra loro il gigantesco uccello di Jim. Quelle ultime parole di Marta l’avevano turbata moltissimo, la faccenda non sarebbe finita quel giorno, ma, ancora una volta, non era quello il momento per pensarci. L’uccello del nero fuoriusciva di tutta la cappella dalle grandi tette di Magda e lei, che ormai non voleva più sentire le urla della segretaria, si prodigò attorno a quell’immenso uccello. Con la bocca e con la lingua si prese cura anche della cappella, se la ciucciò come un gelato. Il nero apprezzò le soffici mammelle e la dolce bocca della schiava. Jim stava gemendo soddisfatto di quel lavoro e Magda si convinse che quello che stava facendo se lo meritava. Era la sua punizione. La segretaria apprezzò il suo sforzo e l’incoraggiò. Gli elogi le fecero piacere, ormai era diventata succube, in meno di un’ora, ma non sapeva più quanto tempo era passato, la manovravano come volevano e le facevano fare di tutto. Insieme alle tette iniziò a dimenare il culo. Il nero non riuscì più a trattenersi, venne di nuovo e un fiotto di sborra si riversò sulla schiava. La segretaria l’incitò nuovamente. – Brava, ora prendiglielo in bocca e succhia. – Lo fece obbedendo prontamente e, a parte il fiotto iniziale che le era schizzato in faccia, perfino tra i capelli e di nuovo tra le mammelle, non perse più una goccia.
Da ragazza quelle grandi mammelle, che si erano sviluppate già giovanissima, erano sempre state motivo di turbamento per Magdalena. La maggior parte delle ragazze non vedeva l’ora che si sviluppassero e diventassero grosse, avevano capito che attiravano moltissimo i ragazzi. Viceversa Magdalena, che le aveva belle grosse, ne era complessata. Per cercare di non far vedere quanto erano grosse usava reggiseni di una misura più piccola cercando di strizzarle. Quel turbamento e quel complesso la perseguitavano anche da adulta, gli uomini ne erano attratti, ma spesso usavano quell’abbondanza per umiliarla e degradarla come aveva appena fatto il nero.

– Vuoi il culo o la fica – chiese instancabile Jim a Ferretti. Magda era rotta, ormai eseguiva meccanicamente ogni ordine.
– Prenderò la fica – rispose Ferretti.
– Ok, io le faccio il culo e poi tu la prenderai davanti. –
– Noooo, ti preeegooo, non l’ho mai preso di dietro. Mi farai male – implorò Magdalena.
– Rilassati troia – lo prenderai in tutti i buchi e ti farò il culo spesso.
– Piano, pianooo, ti pregoooo. –
Jim le fece appoggiare le mani alla parete e piegare. Il suo cazzo l’accarezzò sulle chiappe e poi sprofondò in quel culo di burro. Magda gridò e pianse, ma il nero implacabile cominciò a stantuffarla dandole pacche sul culo e tirandola per i capelli. Magda si lamentava e frignava, ma ormai era rassegnata. Ogni tanto, quando il nero forzava, guaiva. Ferretti osservando rizzò, quando Marta glielo prese in bocca era già bello duro.
Jim vide che il suo capo era pronto, uscì dal culo e spinse la schiava in ginocchio mettendola a pecora. Passò davanti e glielo diede da ciucciare.
Ferretti, fece invece il giro inverso, si inginocchiò dietro Magdalena e la penetrò nella fica. Ormai Magdalena Ortis era tutta un buco.

Un’ora più tardi, mentre Jim si era rinchiuso nel suo ufficetto, il dottore stava ricevendo un cliente, Magdalena era nell’ufficio della segretaria. In piedi, ancora seminuda, la segretaria la stava interrogando. Marta venne a sapere che Magdalena non lavorava ed era sempre libera, ad eccezione di qualche sera in cui il marito, che viaggiava spesso per affari, era a casa.
– Ti vogliamo qui domani alle quattordici, non ritardare neanche un minuto, il dottore ha i suoi appuntamenti e non pensare di sfuggire, non ci sono solo le foto, se non vieni o ritardi sarai punita. –
– Quando finirà? – chiese piagnucolosa Magda.
– Quando il dottore si stancherà di te. Ma è inutile che ti fai illusioni, abbiamo appena cominciato. –
– Se mio marito vede segni di frustate o di altro tipo vorrà sapere… –
– Non ti preoccupare, oggi ti ho dato qualche frustata che non lascerà nessun segno, ma ci sono molti altri modi per punirti, molto peggiori della frusta. Quindi non pensare di scamparla con questa scusa. –

Jim l’accompagnò a casa, la fece sedere accanto a lui. Era umiliante. – Il dottore è il tuo Padrone – le spiegò, – ma devi chiamare Padrone anche me e Padrona pure la segretaria. Ti è chiaro? –
Magda rispose – sì. – E Jim, tenendo il volante con una mano le diede una sberla con l’altra.
– Riprova troia! –
Magdalena riprovò. – Sì Padrone. –
Jim si fermò due traverse prima di casa sua. – Se devo venire a prenderti voglio che tu sia già qui all’ora che ti dirò. –
Aveva imparato e rispose – Sì Padrone. –
Stava per aprire la portiera e finalmente guadagnare casa quando Jim la tirò per i capelli scoprendole la gola. Le diede un bacio che le mozzò il fiato e poi la lasciò andare. Magda dovette ammettere, suo malgrado, che il Padrone nero ci sapeva fare. Era l’unico dei tre che l’eccitava davvero, ed era nero. Che le stava succedendo?

La signora Ortis si trascinò in casa, si sentiva tutta rotta, si spogliò e si controllò il corpo, aveva molti segni, ma giudicò che entro qualche ora sarebbero spariti. Sentiva male soprattutto di dietro, quel nero, Jim, il suo Padrone numero due, l’aveva spaccata in due.
La cameriera, per fortuna non c’era, “sarà andata a fare delle commissioni” pensò.
Vedeva il suo futuro nero con quel nero che avrebbe spadroneggiato sul suo corpo per sempre, non aveva voglia di pensarci. Mise i suoi vestiti nel cesto dei panni sporchi, si fece un bagno nella vasca e se ne andò a letto. Suo marito sarebbe rientrato dopo qualche ora e lei voleva, almeno nel fisico, se non nella mente, essere pronta, non doveva farlo sospettare di niente.

Per chi mi vuole scrivere in privato: Koss99@hotmail.it
Qui pubblico solo anteprime. I miei racconti completi sono pubblicati su:
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Per la traduzione dei miei racconti in inglese cerco un traduttore o una traduttrice. Se qualcuno si ritiene all’altezza mi scriva: koss99@hotmail.it Riceverà una proposta che penso sia interessante.

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