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Lezioni_1°capitolo

By 30 Dicembre 2021No Comments

Forse sono lezioni di piano, di flauto, di algebra o di inglese.
Una cosa è scontata: qui si puniscono le indisciplinate che non hanno imparato la lezione.

Entro nell’aula di soppiatto; chiudo la porta alle mie spalle bloccandola con una sedia.
I docenti sono andati via, nessuno ci importunerà.
Il colletto della camicia comincia a stringere dannazione; sento il caldo avvamparmi la faccia, ma non posso aprire le finestre.
Melania è nell’angolo: come da accordi, ingessata in un tailleur, in equilibrio sulle sue décolleté, le mani dietro la nuca, in attesa del maestro.
La guardo, fingendo indifferenza: ha un tono muscolare impeccabile: merito della danza.
Mi guarda timidamente. Sospira.
Vederla lì, in riverente attesa, mi mette a disagio. Non ho mai punito una schiava: non immaginavo avrei subíto la pressione di questo momento. Ho lambito questo desiderio per molto tempo, dominare una donna, usarla per il mio piacere ma ora non so se sarò all’altezza di questo ruolo.
Le si legge in faccia la paura: il suo sguardo esitante cerca di squadrarmi, quei suoi occhioni verdi sono il paese delle meraviglie.
Mi avvicino lentamente: a ogni mio passo il suo petto ha un sussulto. Con lo sguardo indico il banco alla mia destra.
Lei indugia, alza lo sguardo e mi pianta gli occhi addosso: mi sta sfidando.
Il gioco è mio!
Con sadismo le torco i polsi dietro la schiena, li unisco con le manette estratte dalla giacca; nell’altra tasca ho un collare in cuoio.
Prima di cingerglielo al collo, lascio che lo osservi: sentirla fremere mi eccita.
L’afferro per la vita e la piego in avanti, costringendola a poggiare il seno sul banco. Premo contro il suo fondoschiena e infilo una corda dentro l’anello del collare; faccio passare l’altro capo della corda oltre il banco, e avvolgo le sue caviglie.
Ora è in trappola: la certezza della sua impossibilità a difendersi mi dà un infinito piacere, lo stesso del lupo che sa di stare per divorare il suo agnello.
Il volto, rivolto al pavimento, è occultato da una cascata rossa dietro la quale si celano due guance paonazze e labbra vogliose di baci violenti: le accontento.
Il mio bacio aggressivo la fa barcollare. Scavo nella sua bocca: fatica a respirare.
Voglio vedere quanto è eccitata: le infilo una mano tra le cosce e il perizoma è completamente bagnato.
Melania stringe istintivamente le gambe serrando la mia mano al loro interno.
E sia! Strofino il medio sul clitoride turgido col sublime risultato di un improvviso sussulto di ribellione.
– Non puoi arrivare all’orgasmo prima del maestro. Ti è proibito!
Respira affannosamente e anch’io ansimo dall’eccitazione: temo quasi lei possa sentire il rullante battito del mio cuore.
Tenta di parlare ma non funziona così: non può nulla senza il mio permesso: una sonora sculacciata sovrasta le sue lamentele.
Ho raggiunto il mio scopo, zittirla. Non ho mai provato un piacere simile: il piacere del potere. Una scarica di adrenalina mi attraversa. Sapere di potere qualsiasi cosa su quel magnifico corpo inerme nelle azioni ma vibrante nelle sensazioni, mi dà un senso di onnipotenza. Melania ansima.
– Dicono tu sia brava in matematica.
– Io ho… – le stampo un’altra sonora sculacciata che interrompe le sue farneticazioni.
– Ti ho detto che non hai il permesso di parlare! – sono nato per rivestire questo ruolo e finalmente le mie fantasie si stanno materializzando.
– Scusami, maestro – una terza sculacciata si abbatte sulla natica destra, risuonando nell’aere.
– Sei indisciplinata! Sono costretto a imbavagliarti, piccola strega impertinente.
Trattiene a stento una protesta, ma l’unica cosa che compie è mezzo giro del collo per provare a guardarmi.
Le do ciò che vuole: le afferrò con decisione i capelli e la forzo a guardarmi. Immobilizzata, non può sollevare il busto ma sostiene con arroganza il mio sguardo: intrigante nella sua ingenuità.
Le infilo una palla in lattice tra i denti, raccolgo i capelli in una coda: finalmente resterà in silenzio evitando di tediarmi con i suoi tentativi di ribellione.
Quando ha varcato l’ingresso dell’aula aveva già abdicato alla sua volontà, aveva accettato il suo ruolo: non rifiuterà nulla di ciò che le infliggerò; la mia certezza colpisce anche me, mi sento spinto da una forza dal sapore sadico e cattivo.
Devo punirla!
Sento un ghigno affiorarmi sulle labbra.
Gli esami di maturità incominceranno a breve e vedere i numeri sul calendario mi fa balenare un’idea crudelissima.
Mi abbasso all’altezza dei glutei di Melania e sollevo la gonna in tweed. Percorro con un unghia la pelle arrossata: sussulta, contorce la schiena facendo ondeggiare il sedere.
Continuo, ancora e ancora: si contorce disperatamente, ruota il collo cercando di supplicarmi con lo sguardo, mi implora.
Continuo a raspare lungo le cosce, tra le gambe e lungo le costole.
I suoi mugugni sono cibo per la mia anima assettata.
Sbatte ripetutamente il seno sul banco, torce il collo, contorce i polsi provando a liberarsi delle manette: uno spettacolo sublime.
Decido di darle tregua.
– Respira, riprendi fiato, ti servirà.
Melania ridacchia,riesco a percepirlo.
Una sonora sculacciata la riporta sulla sua dimensione di schiava: lei non deve avere una volontà, la mia volontà sarà la sua. Mi sorride, supplicandomi di liberarla, biascicando qualche incomprensibile consonante.
– Quando comincerai a parlare correttamente, prenderò in considerazione le tue rimostranze.
Dei mugugni rabbiosi si sollevano: dev’essere frustrante voler provare a parlare avendo una palla gigantesca tra i denti.
Rido perfido. I miei occhi ritornano sul calendario. La data di quei dannati esami è vicina: invece di essere al mare, la scuola ci impone di stare in questo afoso caseggiato.
– Melania – cerco la sua attenzione – penso che una brava schiava debba intuire ogni pensiero del suo padrone – faccio una piccola pausa per carpire le sue sensazioni. È visibilmente stanca ma non sembra disposta ad arrendersi: ha i pugni serrati.
– Dovrei chiederti di indovinare quale numero del calendario sto fissando – la donna mugugna qualcosa di incomprensibile e la cosa mi infastidisce, in primis perché mi ha interrotto, e in secondo luogo perché si ostina a voler provare a parlare senza il mio permesso.
– Ho capito che il calendario non è di tuo gradimento, e la cosa mi infastidisce. Convengo però che essendo molto brava in matematica, possa avere la possibilità di redimerti: se indovini la radice quadrata di 225000 fino alla seconda cifra decimale, ti concederò il mio perdono.
Melania torce il busto per potermi guardare in volto, sgrana gli occhi: ha probabilmente intuito la mia determinazione.
– Se sbaglierai cifra, riceverai tante sculacciate quanto è la cifra esatta dell’operazione da svolgere.
Ride e scuote la testa ironica.
– È vero, non puoi rispondere correttamente – aggiungo – stai ferma, ti tolgo la ballgag.
Le sfilo il bavaglio: ha la mascella indolenzita.
– Finalmente… – una sculacciata risuona nella stanza.
– Non puoi parlare per dire cose a caso – la donna annuisce mansueta. Che dolce. Sta imparando la lezione.
– La radice quadrata di 225000 – chiedo secco.
Sgrana gli occhi – Ma dai, non scherziamo.
– Se sbagli, il risultato sarà moltiplicato per tre.
– No, dai ti prego – piagnucola ingenuamente
– Sarò moltiplicato per cinque
– Ma come..
– Elevato cinque
Melania sgrana gli occhi – No – sospira – non puoi farmi questo.
– Comincia a rispondere, o verrai sculacciata per tutta la settimana.
Melania comincia a riflettere sul numero del quesito e io mi avvicino ai suoi glutei.
Mi appoggio con il fallo ormai duro per l’eccitazione che a fatica trattengo dentro i pantaloni. La prendo per i fianchi e comincio a solleticarla.
Melania ride scompostamente – Fermo, fermo ti prego, ti prego no no no. Il solletico no.
È una vera delizia: vederla fremere e contorcersi è uno spettacolo sublime e posso disporre di lei per tutto il tempo che voglio: sono solo le 16.30 e fino a domattina non verrà nessuno in quest’aula: ho sentito il personale abbandonare la scuola.
– Fermatiii – urla scompostamente.
– Rispondi alla domanda o continuerai a danzare per me.
Melania è paonazza: cerca di resistere, freme, grida, sbraita, si dispera, alla fine urla un numero più per disperazione che per convinzione: 325.
Rido satanicamente: estraggo il cellulare e lo piazzo davanti al suo naso.
Lei ha ancora il fiatone, ansima, cerca di fuggire all’imbragatura che la tiene prigioniera, ma poi ride dalla disperazione quando capisce che il numero da lei fornitomi era sbagliato.
Non grida, prende fiato e si prepara mentalmente a ricevere le meritate sculacciate.
– Il numero era 474,34 lo sai, vero?
– Ti prego, ti prego, fai piano.
– Ho detto elevato cinque, te lo sei scordato?
– No no, ti prego – piange, si dispera.
Prendo una sedia e mi accomodo davanti ai suoi glutei.
– Comincia a contare – le ordino, prima di somministrarle la severa ma giusta punizione.
La mano destra accarezza con violenza la natica della donna, innescando una sequenza di sculacciate. Tiene il conto, obbediente.

Melania pronuncia il numero 379 e apre la mano destra.
Un fazzoletto rosso cade a terra.
Rallento, massaggio il sedere rossissimo.
Le libero le caviglie e il collo, poi i polsi, quindi l’aiuto a rimettersi in posizione verticale; si mantiene a me sfinita.
– Andiamo?
Mi guarda sorniona e mi spinge sulla sedia alle mie spalle – Eh, no, ora è il mio turno.
Mi sale a cavalcioni senza indugi sfilandosi lo striminzito perizoma e si impala sul mio cazzo ormai impaziente di esplodere.
– Ti consiglio di resistere almeno dieci minuti perché altrimenti domani, alla prova di matematica, ti metto un tre senza nemmeno correggerlo e proporrò la tua bocciatura.

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Ryw Gekido

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