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IDA ~ VII ~ La punizione

By 20 Luglio 2020Agosto 25th, 2020No Comments

LA PUNIZIONE

Altamira osservò di sottecchi il primo ministro: parlava in modo concitato, visibilmente infastidito dalla situazione. In effetti fare una riunione politica di prima mattina, con il caldo soffocante era alquanto indisponente.

D’intorno a un tavolo rettangolare erano riuniti i dodici ministri, il reggente e cosa alquanto insolita la favorita dell’imperatore. Iris era totalmente coperta da capo a piedi di stoffa pregiata, che la celava fino alle caviglie; le sue forme erano completamente nascoste dai panneggi del velo preziosamente ricamato e persino un paio di guanti di cotone sottilissimo le ricopriva le mani.

Altamira si compiacque pensando quanto potesse essere grondante di sudore sotto alle vesti dalle quali la gelosia dell’imperatore la voleva coperta; invece lei era coperta da una leggera tunica smanicata di colore rosso, forse il vestiario più sobrio in quella sala ma che si intonava perfettamente con il suo carattere spartano e lapidario.

La sorella dell’imperatore era una delle migliori strateghe che l’impero avesse mai avuto e la discussione in atto riguardava proprio lei.

“È un inutile, dispendioso, stupido progetto!” Strillò Kant “E l’imperatore non sarebbe comunque ancora pronto a guidarci, lo dico e lo ripeterò infinite volte: addestrare i soldati a combattere contro armi terrestri è assolutamente inutile!”

“Non possiamo sapere per quanto ancora i barbari resteranno ignari della nostra esistenza, dobbiamo assolutamente essere preparati alle circostanze” ribatté Kassandros raccogliendo alcuni cenni di assenso dagli altri ministri.

Altamira a quel punto si alzò in piedi battendo i palmi sul tavolo e facendo ammutolire completamente la platea “Signori. Ministro dell’economia Kant. Le vostre preoccupazioni sono lecite, ma anche le mie. I terrestri sono una minaccia da sempre e noi dobbiamo sottometterli prima che loro stessi ne abbiano l’opportunità. Millenni or sono è stato commesso un grave errore da noi, lasciare delle creature prive di ragione e accecate dall’avidità a sé stesse. Il nostro dovere è rimediare, conquistare e controllare la Terra dovrà essere il nostro obiettivo negli anni a venire e questo è impossibile se i nostri soldati ignorano come proteggersi dalle loro armi!”

“Si…ma…” Azzardò timidamente Kant “NIENTE MA!” Esclamò lei “Volete forse soccombere sotto il tiro di un kalashnikov o l’esplosione di una granata? Volete che depredino le nostre case, uccidano i nostri uomini e incendino i campi? La miglior difesa contro di loro è l’attacco, cerchiamo di non perdere il nostro vantaggio derivante dalla conoscenza.”

Hudes in quel momento decise di conciliare le due parti “Non scaldiamoci vi prego, Altamira avrai i fondi te lo assicuro, nel mentre sarebbe meglio concentrarci sul fare uscire le doti del nostro illustre imperatore, proprio qui accanto sta meditando guidato dal più anziano ed esperto Athanatos che esista. Secondo me stiamo procedendo nella giusta direzione”

“Beh potrebbe comunque aver esaurito il suo potere nella battaglia delle fiamme di ghiaccio.” Esordì una donna molto in carne mentre si rinfrescava con un grosso ventaglio. Era Jane, di genitori originari dell’impero, ma in realtà aveva vissuto gran parte della sua vita in America, conosceva 29 lingue e aveva tre lauree. Tuttavia sicuramente una qualità che le difettava era il tatto, una qualità che forse la ministra degli affari esteri avrebbe dovuto avere.

Gli astanti rabbrividirono, nessuno a palazzo parlava mai di quel terribile episodio, la battaglia risaliva a quando l’imperatore aveva circa quattro anni. I pensieri dei ministri andarono ai tempi della Cospirazione, durante la quale l’imperatrice madre di Alhamba aveva messo a ferro e fuoco l’impero e ucciso il marito, ne era scaturita una guerra civile tra i fedelissimi dell’imperatore assassinato e il popolo di lei che sperava d’insediarsi al potere.

Hudes lo ricordava bene, era stato lui a dare la caccia all’imperatrice in modo assolutamente feroce, eppure la notte si svegliava tormentato dagli incubi, egli sognava quello sguardo vacuo, freddo e senza emozioni di colui che allora era solo un bambino, nessuno aveva mai capito come, ma il piccolo imperatore si era trovato sul campo della battaglia decisiva, e mentre passeggiava impunito in mezzo ai congiurati, lunghe fiamme di fuoco blu erano scaturite da lui, come fosse stato fonte inesauribile di energia e potere.

Era stata una morte orribile per la congiura, per uomini e Athanatoi, i quali bruciavano impotenti di fronte a quel bambino con la morte negli occhi, Alhamba non si era fermato nemmeno dinanzi alla propria madre e l’aveva guardata bruciare fino all’ultimo, per poi avvicinarsi a lei per baciarla sulle labbra ormai secche e nere. Non aveva mai più fatto magie, né incantesimi, né aveva dato dimostrazione di talenti particolari e le malelingue volevano che avesse perso tutti i propri poteri in quel macabro episodio.

“Dichiaro la riunione conclusa” esordì il reggente fulminando con lo sguardo colei che aveva rimembrato quei dolorosi ricordi.

I presenti si dileguarono velocemente, ma prima che Altamira e Kassandros potessero squagliarsela Hudes li fermò e poi volgendosi alla favorita disse “Tu tieni d’occhio i progressi di Alhamba, mi raccomando” le intimò.

Nessuno lo vide ma Iris arrossì abbassando lo sguardo “In verità, ecco, non vedo l’imperatore da più di due settimane” farfugliò.

“Beh, se non sei più la favorita non ci sei di alcuna utilità. Non venire più a queste riunioni” fece il primo ministro quasi seccato.

“Tu non sai proprio cosa significhi avere un briciolo di delicatezza?! Vero?” Lo redaguì Altamira

“Ma quale delicatezza, Alta, è una schiava.” Si difese lui “lo sapeva che prima o poi non sarebbe più stata nelle grazie di Alhamba”

Lei in tutta risposta scosse la testa indispettita per poi alzarsi e uscire, seguita a ruota dagli altri.

Si recarono a vedere l’allenamento dell’imperatore, osservavano in silenzio, seminascosti dal colonnato che dava su di un’ampia corte. Alhamba e il vegliardo sedevano l’uno di fronte all’altro con le gambe incrociate e le mani giunte sopra la testa, ormai era la decima volta che riprovavano un semplicissimo esercizio per canalizzare l’energia senza alcun risultato.

L’Athanatos con voce resa fievole dalla vecchiaia guidava l’imperatore nella respirazione, tuttavia quando fu il momento decisivo per scoprire se l’esercizio era riuscito o meno Alhamba nel constatare che sostanzialmente non era riuscito a fare alcun progresso si alzò nervosamente stringendosi il capo tra le mani ed esclamando “NON CI RIESCO!”

L’altro ancora con le mani giunte e gli occhi socchiusi gli rispose “Tu non vuoi. Anzi non ti impegni abbastanza nel volerlo. L’essere rimasto traumatizzato per quello che hai fatto a tua madre non giustifica la tua pigrizia. Adesso siediti”

“Cazzo.” Si lasciò sfuggire Altamira portandosi una mano alla bocca.

Alhamba sentendo quelle parole divenne di un pallore cadaverico e barcollò come colpito da una stilettata in pieno petto, poi furioso fuggì via, rintanandosi nelle proprie stanze e dicendo di non voler vedere nessuno.

~ ~ ~

Alhamba sentiva un disperato bisogno di chiudere il ricordo dei propri genitori in un angolo buio della coscienza, calcando ogni passo con permalosa rabbia giunse infine alle sue stanze e una volta entrato non poté fare a meno di constatare che Atos e Macarena ancora dormivano avvolti l’uno all’altra in un tenero abbraccio. Li guardò e si maledì per non essere rimasto tra le loro amorevoli braccia quella mattina, si tolse i sandali e si sdraiò accanto a loro intrecciando le dita tra i capelli biondi del ragazzo, tirandoli leggermente fino a quando egli non lanciò un timido e assonnato gemito e Alhamba riuscì a strappargli un umido bacio.

Quando i due si finalmente si ridestarono Alhamba li fece vestire e ordinò loro di seguirlo, li condusse nelle segrete, un luogo umido e fresco che rimbombava dei gemiti degli schiavi che venivano rinchiusi per lì per punizione.

Scendendo la gradinata che li avrebbe portati giù l’imperatore incontrò un soldato di guardia “Sai cosa fare” gli disse. Parole emblematiche che lanciarono Maca e Atos nell’inquietudine.

Giunsero infine in una grande stanza con le pietre che stillavano umidità. Una sedia troneggiava in fondo alla sala arredata nel modo più spaventoso che Atos avesse mai visto, tre schiavi erano incatenati alla parete destra e alla sinistra era appeso ogni sorta di oggetto maligno, fruste e verghe, corde e catene, al centro troneggiava un tavolo basso sormontato da lunghe catene che pendevano dal soffitto.

Per un attimo i due schiavi furono terrorizzati, evidentemente era stato tutto predisposto per una punizione esemplare, si chiesero chi di loro due avesse fatto adirare a tal punto l’imperatore, indecisi se buttarsi ai suoi piedi per implorare perdono o meno.

Alhamba tuttavia si comportò come se i due non esistessero affatto, e andò a sedersi sull’unica sedia che ci fosse, il momento era arrivato, lo preparava da settimane, eppure rimandava sempre quell’evento oramai diventato improrogabile. Istantaneamente la sua mente si svuotò da ogni pensiero mentre con lo sguardo accarezzava le pareti della sala, godendosi l’impagabile sapore del controllo della situazione.

I due schiavi completamente inebetiti e impauriti si lasciarono cadere in finocchio ai lati della sedia, abbastanza lontani da non intralciarlo e abbastanza vicini da non infastidirlo. Macarena in totale paranoia seguiva le mosse di Atos copiandolo come fosse la propria ombra.

La porta della sala si aprì dopo qualche minuto e il soldato che prima avevano incontrato si fece innanzi seguito da un’Iris completamente coperta da metri di stoffa pregiata “Come da vostre disposizioni, Altezza” si congedò la guardia uscendo velocemente.

“Vieni” le comandò Alhamba facendola avvicinare a sé per poi toglierle uno dopo l’altro tutti i vestiti, li buttava in terra, dividendoli tra la destra e la sinistra della sedia. Nessuno osava fiatare, né lei né i tre incatenati né i due ai lati della sedia, l’imperatore non aveva detto ad alcuno di poter aprire bocca.

Sempre in silenzio prese Iris e la fece salire sul tavolo incatenandole i polsi in modo che le braccia fossero completamente alzate ma che lei potesse stare in ginocchio, prese poi una lunga bacchetta di metallo dalla parete e tenendola tra le mani si avvicinò alla rossa “Ti concederò di farmi tre domande. Scegli bene”

Iris sgranò gli occhi sorpresa “Quanti colpi mi darai, padrone?” chiese abbassando lo sguardo.

“Nessuno” la risposta le arrivò decisa, implacabile. Poi toccandola con la punta della verga la corresse delicatamente separandole le gambe e raddrizzandole la schiena, poi soddisfatto le chiese ancora “Altro?”

“Ti prego perdonami, solo per una volta, perdonami…” Sussurrò lei con la paura che le spezzava il fiato.

Sembrò che lui non l’avesse nemmeno sentita, si voltò e raggiunti i tre prigionieri li liberò dalle catene, erano tre energumeni, in particolare uno di essi era tanto enorme, alto e muscoloso, che al suo cospetto sembrava poco più di un fanciullo.

La pelle arsa dal sole, i rozzi collari di pelle e l’odore di sudore e di terra lasciavano chiaramente presagire che fossero schiavi delle piantagioni. Spesso questi ultimi erano condannati a lunghi periodi di astinenza che li rendevano più simili a bestie che a uomini. Iris non poté fare a meno di provare un misto di timore e disprezzo per loro, ampliato ancor di più dalla propria superiorità nei loro confronti, la favorita infatti, e tutti gli schiavi destinati a servire persone di alto rango, venivano istruiti sin dalla tenera età, oltre che da grande bellezza erano caratterizzati da una vasta cultura, grande intelligenza e un addestramento assolutamente impeccabile.

“Non vi ho detto che potete guardare la mia schiava” li rimproverò l’imperatore, gettando loro una terribile occhiata. I tre già da qualche tempo infatti se ne stavano con i membri completamente ritti, riempiendosi gli occhi della visione celestiale che Iris poteva essere per loro.

Era evidente che fossero stati scelti proprio per i loro attributi sessuali, il più grosso di tutti ne aveva uno equino, ritto e nodoso che emergeva da una folta foresta nera come un grosso demone. Il secondo invece era alto e magro con un pene di lunghezza normale, ma eccezionalmente tozzo e sormontato da una grossa cappella che aveva raggiunto le sembianze di un grosso fungo rosso. Il terzo invece aveva il membro storto verso destra, talmente tanto che Iris nel vederlo non sapeva se preoccuparsi o ridere.

E avrebbe fatto decisamente meglio a preoccuparsi viste le successive parole del suo padrone “Da ora tuttavia potrete fotterla come meglio desiderate”

La favorita fece un verso inorridito quando i tre si avvicinarono a lei sghignazzando, per prima cosa ricevette il pene storto in bocca, aveva un odore fortissimo e nauseabondo, con le lacrime agli occhi lanciò un lungo sguardo implorante ad Alhamba il quale le sorrise come a incoraggiarla.

All’inizio Iris non fece alcuna resistenza, sebbene il membro le urtasse dolorosamente le pareti della gola, nonostante l’indifferenza dell’uomo che amava, malgrado le lacrime, che disegnavano incessanti lunghe righe di trucco nero sulle sue gote continuava ad avere la limpida speranza che da un momento all’altro lui avrebbe mandato via tutti e l’avrebbe abbracciata, dandole di nuovo quell’affetto e quella considerazione che non aveva mai dato ad alcuno se non a lei.

Purtroppo le speranze della favorita erano destinate a essere disattese, Alhamba sembrava del tutto indifferente a quello che le accadeva, anzi guardava con morbosa curiosità le mani dei tre che la tiravano da tutte le parti, contendendosi i suoi orifizi senza riuscire ad accordarsi. Quando il gigante infine riuscì ad accaparrarsi la figa della ragazza e sdraiatosi sotto di lei, cominciò a spingere contro l’apertura asciutta, fu come se la favorita si risvegliasse improvvisamente da uno stato di trance, si divincolò con forza, con un verso terrorizzato; era quello un grido che fece rizzare i capelli sulla nuca dell’imperatore, come una stretta improvvisa al cuore, la lunga frusta che egli aveva preso prima di sedersi schioccò in aria, minacciosa “Iris ti stai ribellando al mio volere per caso?”

La favorita si placò immediatamente e rassegnata porse il sedere candido all’aggressore, ormai rassegnata all’umiliazione che avrebbe dovuto subire, lo schiavo si riscosse e le infilò il membro dentro, dando piccoli colpi per affondare sempre di più dentro quelle carni soffici.

Gli altri due aspettavano impazientemente il proprio turno, sbuffando, poi il secondo schiavo salì anch’egli sul tavolo provando senza successo a forzarle l’ano con la grossa nerchia fungina, ci provò più volte aggiungendo di tanto in tanto copiose quantità di saliva.

Quando infine la grossa cappella riuscì a farsi strada Iris contrasse i lineamenti in una smorfia di dolore, guardandosi bene però dal dimenarsi per sfuggire all’assalto. Aveva ormai perso ogni cognizione del tempo e del dolore, veniva tirata e sballottata dai tre come se fosse una bambola, essi avevano preso gusto nel fotterla a sangue facendola piagnucolare, e ormai persa ogni cognizione del suo padrone poco distante le urlavano ordini e insulti, le tiravano i capelli rossi fino a strapparle urla di dolore, e ormai aveva le guance e le natiche illividite dai loro schiaffi.

Erano tutti vicini a un orgasmo devastante, pronti a scaricarle dentro il proprio sperma quando Alhamba presagito quello che stava per avvenire ordinò con un tono che non ammetteva repliche “Basta così.”

I tre si fermarono più per la sorpresa che per effettiva intenzione di ubbidire, poi il gigante indignato urlò “Eh no! Ora ci lasci finire bastardo” condendo l’affermazione con un poderoso schiaffo sul culo della rossa e continuando nell’opera di sodomizzazione che stava portando avanti ormai da una buona decina di minuti. Gli altri due si staccarono dal corpo di Iris malvolentieri per dare manforte al compagno che si era messo a capo della rivolta e, completamente invasati, si gettarono sull’imperatore.

Iris ebbe attimi di terrore, chiedendosi se egli da solo sarebbe riuscito ad avere la meglio su entrambi, momenti di puro panico condivisi anche da Atos e Macarena. Tuttavia prima che si potesse riuscire a capire cosa fosse successo Alhamba aveva atterrato il ragazzo magro con un montante e spezzato il collo all’altro con un calcio poderoso.

Sembrava un angelo della morte, visibilmente furioso e con una luce macabra nello sguardo, il gigante sbiancò, mollando immediatamente le carni della favorita. Non fece in tempo a chiedere nemmeno perdono che già era stato atterrato e una stretta poderosa alla gola lo soffocava, l’energumeno tentò invano di liberarsi con entrambe le mani lanciando urla disperate, ma non c’era nulla da fare. Alhamba aveva una forza spaventosa e, nonostante l’evidente differenza di stazza tra i due, gli sforzi erculei dello schiavo sembravano del tutto inutili, come se l’imperatore stesse facendo fronte ai tentativi di un bambino capriccioso.

“Ti darò una possibilità” sibilò “se uno dei miei schiavi lì seduti sceglie autonomamente di succhiarti il cazzo e riesce a farti venire prima che io ti soffochi potrai vivere.”

Atos guadò Maca attraverso il velo, era visibilmente sconvolto e indeciso, sicuramente reputava una grande umiliazione avere a che fare con altri schiavi, specialmente con quelli che erano universalmente considerati dei bruti privi di qualsivoglia attrattiva. Macarena invece nella sua innocenza terrestre era totalmente sconvolta, non avrebbe mai creduto che il suo padrone potesse diventare così crudele se provocato, e vedeva solo la possibilità di salvare una vita umana che altrimenti sarebbe perita irrimediabilmente.

Si alzò, tremante, buttando a terra il velo e avvicinandosi allo schiavo, il quale era già rubicondo in volto. Alhamba la guardò a lungo sorpreso e quasi soddisfatto mentre lei si chinava sul membro dell’energumeno il quale vedendo un barlume di speranza lanciò un lungo rantolo.

I successivi minuti furono concitati, Macarena si affaccendava sul lungo membro come se ne dipendesse dalla propria vita, sapeva che se l’uomo fosse morto lei non si sarebbe mai perdonata l’accaduto, l’imperatore invece modulava la pressione sul collo dello schiavo in modo che potesse respirare a fatica, in modo da non fargli perdere l’erezione, in fondo era curioso di vedere se la sua nuova schiava altruista sarebbe riuscita ad andare fino in fondo.

L’uomo era diviso tra il terrore e il piacere, un piacere che non avrebbe tardato molto a scoppiare poderoso in bocca alla schiava, lei dopo qualche minuto aveva già la mascella dolorante a causa delle misure importanti del membro, tuttavia era decisa a non arrendersi, le mancava il fiato e aveva la gola in fiamme. Si staccò solo un attimo per respirare e quando lo fece Alhamba l’afferrò per i capelli, piegandosi verso di lei e lasciando un attimo di respiro alla sua vittima, quel gioco continuò per ben una quindicina di minuti, solo quando Macarena sollevava il volto con le labbra infuocate e il fiato corto, l’imperatore allentava la presa sulla gola del malcapitato.

L’epilogo di quel gioco fu emblematico la ragazza ormai esausta presagì l’orgasmo dell’uomo, avrebbe voluto prendere aria, tuttavia decise di resistere ancora un po’, il membro le pulsava in bocca, sull’orlo dell’orgasmo, poi sentì gli schizzi dritti in gola, caldi, potenti, tossì staccandosi dal glande e il resto dello sperma le finì sulle vesti e in volto, quasi in contemporanea anche lo schiavo tossì, respirando rumorosamente l’aria che gli era scarseggiata nell’ultimo quarto d’ora.

“Vattene e porta con te i tuoi compagni, probabilmente quello magro è ancora vivo.” L’energumeno non se lo fece ripetere due volte e sgattaiolò via di fretta e furia trascinandosi i corpi inermi dei due.

“Macarena tu sarai la mia favorita d’ora in avanti” annunciò poi Alhamba rivolgendosi alla schiava

Iris lanciò un lungo verso di disapprovazione “Non ti bastava punirmi così vero? Ora mi rimpiazzi con una barbara…” Si lamentò.

Ricevette in risposta solo risa sinceramente divertite “Questa non è stata una punizione Iris, è una lezione, devi capire che non ti devi mai ergere al di sopra dei tuoi pari”

“Atos, tu ti occuperai dell’addestramento della mia nuova favorita, hai due settimane di tempo e se lei sbaglia sarai tu a essere punito” l’interpellato si riscosse dal proprio torpore per annuire, stava anche per dire qualcosa quando il soldato di guardia entrò interrompendolo.

Alhamba fissò qualche minuto il militare, poi si diresse verso la rossa e prese a liberarla dalle catene “Ho bisogno che tu faccia una cosa per me” disse al soldato il quale rispose affermativamente “Prenderai questa schiava con te e la affitterai al bordello peggiore che riesci a trovare in città; dirai al proprietario che il prezzo deve essere il più basso per il quale si fa pagare, può tenere l’intero guadagno per sé e per far fronte al mantenimento della schiava in questione. Non ci sono pratiche vietate su di lei, l’unica condizione è che sia viva. È tutto” concluse facendo scendere Iris dal tavolo e legandole le mani con una grossa corda di canapa.

Mentre la legava si avvicinò all’orecchio di lei e sussurrò “Questa è la tua punizione.”

La ragazza singhiozzò, non si sarebbe mai aspettata un simile rovesciamento della propria sorte “Ci rivedremo?” Bisbigliò piangendo

“No. Questa è la prima e l’ultima volta in cui mi sono riservato di vederti nelle condizioni che la vita da puttana ha in serbo per te”

“Per favore, non farmi questo, io ti amo, tu…non mi ami?”

“Avevo detto solo tre domande Iris” fece Alhamba dando la fune al soldato e guardando mentre la portava via.

Io sono Fairy Land e questa è la mia storia di fantasia, tutti i riferimenti a persone, luoghi o eventi realmente esistenti sono puramente casuali.Lasciatemi un commento una critica o un suggerimento all’indirizzi email: landfairy117@gmail.com su telegram @fairyland5 e passate, se vi va sul mio blog imperodellalba.blogspot.com.

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