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Nelle puntate precedenti:
Nonostante quanto lasci credere a Tania, autonominatasi sua insegnante nell’arte della fellatio, Linda prende la decisione di non voler partecipare affatto alla gara di pompini organizzata da alcuni ragazzi della sua scuola e alla quale si è ritrovata iscritta in seguito ad un perfido scherzo. Il motivo per cui non lo confessa è a causa di un altro segreto: è innamorata di Tommaso, il trombamico di Tania, che lui ricambia con fervore. Purtroppo, i suoi propositi si scontrano quotidianamente con i continui insulti e soprusi di Francesca, bulla della scuola, e il pomeriggio in cui incontrerà da sola Tommaso e che le donerà le ore più belle della sua vita, la ragazza, spinta dalla rabbia di essere stata maltrattata davanti a tutti, decide non solo di presentarsi alla gara e vincere dimostrando di essere la migliore spompinatrice che abbiano mai visto, ma anche dare vita a quella che, nelle sue intenzioni, dovrà essere l’inizio della sua vendetta su chiunque le abbia fatto del male nella sua carriera scolastica.

Capitolo 11

      Poco dopo essere arrivata a casa da scuola, Linda aveva dovuto prendere a piene mani il coraggio ed era andata da sua madre, in cucina a preparare il pranzo, dicendole che quel pomeriggio aveva un incontro con una sua amica verso le tre per studiare, e che non avrebbe fatto ritorno prima di sera. Mentre pronunciava quelle parole, la ragazza sentiva il cuore batterle nelle orecchie con una tale intensità che quasi non sentiva la sua voce.

La donna, a cui la figlia doveva la propria bellezza, sebbene un paio di centimetri più bassa e con un seno leggermente più grande, sorrise senza guardare Linda ma continuando a muovere la pasta nella padella.

– Un giorno, poi, me la presenterai questa “amica”, che sembra davvero simpatica considerando quanto tempi passi con lei. – disse la madre. Il tono di voce fu l’equivalente di una strizzata d’occhio verso la figlia, facendole comprendere che aveva capito benissimo che l’amica fosse in realtà un amico e che, al posto, dei libri avrebbe aperto le gambe.

Linda non disse nulla. Non faticava a comprendere che sua madre, negli anni che aveva passato sulla Terra prima della sua nascita, avesse acquisito abbastanza esperienza per comprendere che ciò che poteva rendere improvvisamente felice una ragazza di diciotto anni che era sempre depressa fosse trovare un ragazzo che l’amasse, e probabilmente un giorno le avrebbe ripetuto il discorso sul sesso che le aveva fatto a quattordici o quindici anni riguardo il rispetto che doveva pretendere dal suo partner. Sorrise dentro di sé, pensando a Tommaso che la possedeva con un amore che fino ad una settimana prima lei non avrebbe mai nemmeno sognato.

Fu comunque felice nel sapere che sua madre credesse andasse a fare l’amore con un ragazzo. Quel pomeriggio, comunque, pensò Linda mentre percorreva una strada nella zona periferica di Caregan, tra le ultime case prima di entrare nel bosco, avrebbe avuto a che fare con un cazzo sì, ma non quello amato di Tommaso, bensì l’uccello di quello stronzo di Michele.

Era agitatissima. Aveva quasi creduto che, sforzandosi, il giorno della sua gara non sarebbe mai arrivato ma, dopo aver fatto l’amore con Tommaso nella sua stessa cameretta, si era resa conto che non era un evento quasi mitologico, disperso in un futuro troppo lontano da preoccuparla davvero come il collasso del sole in una stella nana, ma qualcosa che stava per piombarle addosso all’improvviso, quasi volesse scovarla impreparata.

Mentre imboccava il sentiero dove l’asfalto terminava, subito dopo l’ultima abitazione, la sua memoria tornò al fine settimana appena passato. Tommaso e Tania l’avevano amata come al solito, assecondando le loro personalità e lo scopo per cui la volevano nel loro letto. La seconda, poi, aveva voluto darle gli ultimi consigli su come migliorare il suo pompino, spiegandole come far impazzire un uomo lavorando di lingua sul suo frenulo. Doveva ammettere che, almeno su Tommaso, la cosa aveva funzionato davvero bene. E così anche il suo trucco per rimandare l’eiaculazione ma non l’orgasmo, cosa che aveva fatto chiedere alla sua insegnante dove l’avesse imparato. Linda aveva tergiversato, sostenendo che l’aveva letto da qualche parte su Internet; all’inizio Tania l’aveva guardata con vaga incredulità, mentre il ragazzo aveva trattenuto il fiato, poi lei aveva alzato le spalle e consigliato di provare anche ad afferrare le palle e tirarle dolcemente verso l’esterno, spiegandole che in vista della sborrata tendevano a ritirarsi.

Ma a parte questo, il resto del tempo che aveva passato con loro era avvolto in una nebbia mentale, in cui la principale sensazione era la preoccupazione per quanto sarebbe accaduto quel pomeriggio: l’idea della sua partecipazione alla gara le toglieva la possibilità di godere il sesso con Tommaso e Tania. Il suo umore oscillava dall’eccitazione della sicura vittoria guastata dall’incognita di cosa sarebbe successo al domandarsi perché stesse andando lì, in mezzo a gente che l’aveva sempre presa per il culo, a mettersi davanti a loro con un cazzo in bocca, magari sbagliando tutto, magari sprofondando ancora più nel ridicolo, a livelli che, nonostante tutto ciò che aveva subito in quegli anni, non aveva mai neppure lontanamente immaginato.

E poi, cosa avrebbe detto Tommaso? Non le importava dei suoi genitori: era ovvio che gli adulti non l’avrebbero mai dovuto sapere, genitori ed insegnanti in primis, o tutti loro sarebbero finiti nei guai. Non c’era stato un contratto scritto da firmare, o un giuramento da pronunciare, ma era ovvio che nessuno ne avrebbe fatto parola. Non lei di sicuro, soprattutto con Tommaso.

Ma se lui avesse scoperto che aveva tradito la sua fiducia? Quella era la domanda che aveva invaso la sua mente, impedendole di apprezzare le braccia del suo amato attorno al suo corpo, che avrebbe dovuto fremere di passione sotto i colpi della lingua o delle pelvi del suo uomo. Lui se n’era accorto, senz’altro, ma probabilmente aveva pensato fosse stato per quanto avevano fatto venerdì e che lei non aveva ancora assimilato, o forse si sentiva imbarazzata a fare sesso sotto lo sguardo di Tania, dopo aver squirtato in segreto senza che lei ne fosse informata.

Ormai era fatto, e Linda sapeva di non potersi più tirarsi indietro. Mentre imboccava il sentiero 277, che dal centro di Caregan portava fino alla Malga del Larice, da qualche parte in una valle di alta montagna, la ragazza volle illudersi che si stava avvelenando la mente con problemi inesistenti. Mentre percorreva una stretta striscia di terra contornata da felci e che sembrava perdersi nel buio del bosco, accompagnata dal canto di uccelli e da fruscii prodotti da qualche sciocco animale spaventato dalla ragazza, lei sperava che la sua mente, abituata ad una vita deprimente, in cui tutto sembrava andare sempre peggio, con nessuno che l’apprezzava, elaborasse scenari ben peggiori di quanto sarebbe stato il futuro che l’aspettava.

Le sovvenne alla mente che sabato e domenica, via WhatsApp, mentre era intenta a non perdersi in pensieri che le impedivano di godere del suo uomo, le erano giunti un paio di aggiornamenti della gara di pompini. Il primo giorno si erano scontrate a colpi di lingua Marianna, la sua vicina di banco, Alessia, una mora rimandata e che stava frequentando la quarta da geometra, Caterina, una ragazza che lei non aveva idea di chi fosse, e Pamela, la rossa amica del cuore di quella stronza di Francesca. Dalle voci che giravano in mensa durante la settimana, Alessia era data per vincitrice, sebbene Linda si fosse domandata su quali basi si basasse quell’opinione. Di certo la ragazza non poteva aver dato prova delle sue capacità con la bocca a destra e a manca, o almeno pensò lei. In ogni caso, quelle voci facevano imbestialire Marianna, che spergiurava, con una rabbia impossibile, che sarebbe stata lei la migliore. Beh, per la sorpresa di tutti, la bionda aveva dimostrato di non parlare a vuoto, e Adriano, il suo giudice, aveva in seguito dichiarato, in un commento nella discussione all’interno della pagina dell’evento in Facebook, che quello era stato il miglior pompino della sua vita. Linda immaginò che non avesse tenuto conto anche di quelli che gli erano stati donati da Tania. Il fatto che quella stronza fosse così brava un po’ le dispiacque, ma ebbe soddisfazione quando qualcuno, un ragazzo della terza informatica, aveva risposto al commento lamentandosi che poteva succhiare bene quanto voleva, ma il carattere era proprio di merda. Linda aveva sorriso malvagia nel notare che il secondo commento aveva ricevuto più apprezzamenti della stessa dichiarazione di Adriano.

Domenica, invece, la ragazza che si pronosticava vincitrice era proprio quella stronza di Francesca e, in questo caso, Linda non si sarebbe meravigliata se chi lo dichiarava parlasse per esperienza. E, infatti, la stronza aveva vinto o, per essere esatta, stravinto su Alessandra, Michela e Luisa, facendole passare per delle verginelle cresciute con le suore orsoline. E la cosa che faceva davvero arrabbiare Linda era il fatto che Francesca aveva avuto la possibilità di succhiare il cazzo di quel figo di Daniele, mentre a lei toccava la nerchia di quel bastardo di Michele…

La ragazza non riuscì a trattenere un moto di dolore al pensiero di dover dare piacere a uno che non perdeva occasione per prenderla per il culo. Michele, poi, oltre ad essere una persona disgustosa a livello comportamentale, era anche oggettivamente brutto, e non era lei l’unica a crederlo. Aveva il volto che sembrava fatto con la motosega come certe statue di legno tanto i lineamenti avevano un aspetto grezzo, spigoloso; la bocca dalle labbra fini era continuamente declinata in una smorfia di disgusto, e lo sguardo non spingeva maggiormente la gente a fare la sua conoscenza. I capelli neri, del medesimo colore degli occhi, apparivano sempre ribelli, in ciocche che ricordavano i raggi del sole ritratto in certi disegni. Era alto e magro, ma a quanto pareva, lì sotto, da quanto aveva letto nella pagina dell’evento, parecchie ragazze erano rimaste stupite da quanto avevano visto; qualcuna aveva addirittura accennato a provarci con lui per scoprire com’era trovarsi dentro un pene di quelle dimensioni. Linda avrebbe scoperto com’era trovarselo in bocca, ma la cosa non la entusiasmava quanto quelle oche…

Si fermò davanti a un cartello segnaletico al bivio del sentiero, studiandolo: una freccia puntata a nord indicava la malga, oltre ad un paio di altre località, mentre quella rivolta a est poneva la Segheria Mavallini a 20 minuti a piedi da lì. Non era pratica della zona, ma immaginò che il rischio di perdersi fosse minima, anche considerando che la strada statale non sembrava distante, al punto che riusciva a sentire i camion sfrecciare. Il percorso le era stato spiegato da Tommaso, dopo che aveva ricevuto il messaggio la prima domenica che avevano passato insieme a fare l’amore a casa sua, quando lei aveva confessato di non sapere dove si trovasse il luogo. Da quanto le aveva riferito, anche lui, come Tania, era passato spesso a piedi per la zona ma, a differenza della sua trombamica, non si era nascosto con qualche ragazza a farle scoprire a cosa servisse il suo clitoride, bensì proseguiva lungo qualche percorso escursionistico per raggiungere contrade di montagna abbandonate o laghetti sconosciuti ai più. Questo, per lo meno, aveva aggiunto, lanciando un’occhiata divertita alla mora a letto con lui, finchè qualcuno non aveva iniziato a lasciarlo costantemente senza forze.

Magari, quando si sarebbero fidanzati ufficialmente, avrebbe cercato di lasciare qualche stilla di energia a Tommaso per raggiungere qualcuno di quei luoghi che tanto apprezzava con lei. Contemplò con maggiore interesse il percorso che stava seguendo all’idea che anche il suo uomo l’aveva calcato tempo prima. Anche lui aveva visto quel tronco d’albero spezzato ad un paio di metri di altezza, coperto da rampicanti? Quella radura nel bosco piena di fiori viola e bianchi? E quell’area picnic, con tavolo in legno e un caminetto dove grigliare il cibo? Avrebbero potuto fermarsi un giorno e pranzare lì.

Certo, in quel momento, comunque, se avesse avuto un motorino avrebbe inforcato quello per raggiungere la segheria, ma non ne possedeva nessuno. I suoi compagni si erano riuniti per arrivarci in macchina, ma lei non era stata invitata, e comunque non avrebbe accettato nessun passaggio: se la sua esibizione fosse stata del livello per il quale si era allenata, sarebbe stato meglio non restare sola con maschi con una quantità di ormoni in circolo troppo elevata.

Per passare un po’ il tempo che mancava alla sua destinazione, ripensò alle informazioni che aveva trovato riguardo a quell’edificio abbandonato cercando qualche giorno prima su Internet. A quanto aveva capito, alla fine del diciannovesimo secolo il taglio degli alberi nella zona era una delle principali fonti di reddito, anche grazie a delle politiche adottate per la conversione di estese porzioni di territorio in campagna dove produrre cibo in vista della migrazione di operai dal meridione alle nuove aree produttive nel Regno d’Italia ed un aumento della popolazione locale. Uno degli effetti collaterali fu la creazione di diverse segherie in zona, dove portare le piante abbattute e realizzare assi di legno, in località che potevano vantare un fiume in cui installare un mulino che avrebbe fornito l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari. Nel 1899, nei pressi di Caregan, un imprenditore decise di sfruttare il torrente Silso, che scorreva in mezzo ai boschi, avendo quindi a portata di mano la materia prima.

Per sua sfortuna, prima un incendio, a quanto pare provocato da un fulmine, che distrusse parte del bosco, poi una frana che deviò il fiume, negli anni ’30 del ventesimo secolo portarono alla bancarotta e alla chiusura della segheria, che rimase un edificio abbandonato per tre decenni, quando un nuovo imprenditore, un certo Mavallini, acquistò il terreno e ricostruì la segheria, modernizzandola, sperando di fare un capitale. Per sua sfortuna, non furono gli elementi atmosferici a ostacolarlo, quanto, aveva scoperto la ragazza, il mercato: legname di buona qualità ma a prezzi minori proveniente dall’estero e l’uso della plastica per la produzione di mobili aveva fatto fallire di nuovo la segheria, riportandola ad essere un rudere.

“O, come lo chiamano adesso”, pensò la ragazza, ricordando il termine letto su Internet, e che aveva trovato decisamente pomposo, se riferito a quanto compariva nelle foto del sito, “un esempio locale di archeologia industriale.”

Il suono di voci le fece comprendere che era ormai arrivata. Appena oltre un ultimo muro di piante e grosse felci si aprì una spianata coperta da erba alta e punteggiata da alcune piccole betulle, al centro della quale si ergeva la segheria. Appariva proprio come nelle foto su internet: un vecchio edificio dai muri scrostati e con una sezione di tetto collassata; un anello di asfalto univa un lato della segheria all’altro, e da questo si staccava una strada che doveva raggiungere la statale e che aveva permesso ai camion di portare il legname grezzo e ritirare quello lavorato. La piazzola con il fondo in cemento, delle dimensioni di un campo da tennis, che probabilmente era servito da luogo di stoccaggio del materiale, vedeva la presenza di diversi ragazzi che chiacchieravano eccitati. La pavimentazione era percorsa da crepe dalle quali crescevano coraggiosi e testardi fili di erba e ovunque erano presenti cumuli di legno marcio e calcinacci prodotti dalla mancata manutenzione degli edifici attorno. Una smorfia di disgusto salì sul viso di Linda a quella vista, ma non ebbe dubbi che l’interno della segheria la situazione sarebbe stata ben peggiore, anche solo tenendo conto della condizione dei macchinari che poteva vedere abbandonati all’esterno.

Uscendo dal bosco qualcuno la vide ma non la salutò. Forse un paio risero vedendola, la nerd vergine che andava a fare figuracce ad una gara di pompini, ma la maggioranza non la considerò nemmeno. Anzi, no: quando si avvicinò al gruppo, improvvisamente incerta, con una mano che teneva l’altro braccio, lo sguardo basso, si accorse che Enzo, un ragazzo di diciassette anni, salutò alzando una mano e sorridendo.

– Ciao Linda, – disse, educato. Non si erano mai frequentati, sapevano forse solo il nome l’una dell’altro e i rispettivi studi, ma lui era forse l’unico che si comportava educatamente con lei in quella massa di stronzi. Non si poteva definire bello, poco più basso di lei, con un aspetto da bambino, ma era spesso circondato da ragazze anche più grandi di lui. Linda si chiese se, qualora non avesse mai conosciuto Tommaso, avrebbe provato con Enzo. No, probabilmente no, almeno a livello sessuale, ma forse avrebbero potuto essere amici, anche considerando che in quel momento sembrava insieme a due ragazze, le quali la guardarono con evidente astio.

Le sue avversarie erano già pronte, ognuna con una o due amiche accanto a farle forza, e qualche ragazzo alle spalle che inneggiava a loro. Conosceva tutte e tre, per lo meno di vista. Adriana era una mora che faceva girare la testa agli uomini grazie alle sue labbra e ai suoi seni, e che avrebbe dimostrato le sue capacità su Enrico, il ragazzo che aveva raccolto le iscrizioni due venerdì prima. Piera non poteva vantare il fisico della mora, ma i suoi occhi azzurri e i capelli biondi la rendevano comunque un soggetto interessante; si era presentata con indosso uno di quei completi sportivi, composti da un paio di short morbidi ed un reggiseno che mettevano in risalto gli anni passati in piscina, magari cercando di ammorbidire un po’ il giudizio di Adriano. Infine, c’era Nadia, la rossa, che forse proprio grazie al fatto dei capelli di quel colore che la rendevano automaticamente un sogno erotico per ogni uomo, era spesso trasandata nell’abbigliamento. Lei era quella che veniva indicata come la vincitrice della giornata, e proprio il bel Daniele avrebbe fornito il necessario per dimostrarlo. Linda ebbe un principio di invidia che sfiorò l’odio.

Lei, ovviamente, era considerata perdente a prescindere, un asino zoppo ad una corsa di stalloni arabi.

Beh, avrebbe cercato di dimostrare il contrario, si disse. No, anzi: avrebbe cercato di non fare troppo il culo a strisce a quelle tre, si promise, osservando il gruppo di ragazzi riuniti e le sue avversarie.

Dall’altra parte dell’area di stoccaggio, vicino al muro della segheria, sbrecciato e con la base invasa dalle erbacce, si trovavano riuniti i quattro giudici. Linda vide Enrico scorgerla e poi dare una gomitata ad Adriano, accanto a lui, indicandola. Il capo del gruppo annuì, poi batté le mani, richiamando l’attenzione.

– Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo dare inizio alla terza giornata di gara. – annunciò ad alta voce, mentre Daniele si allontanava, raggiungeva uno zaino e vi cavava quattro oggetti, che poi distribuì ai tre compari: erano cuscini, si rese conto la ragazza.

Preso il suo, Adriano indicò agli altri di prendere posizione, poi proseguì: – Quindi, per favore, chiedo alle quattro ragazze di raggiungere i rispettivi giudici e prendere posto sul cuscino.

I quattro giudici si erano posti ad un paio di metri l’uno dall’altro davanti al muro diroccato. Ognuno appoggiò a terra il morbido cuscino davanti ai propri piedi, poi aprirono la zip dei jeans e si abbassarono i pantaloni. Un attimo dopo anche le mutande erano accasciate sopra le scarpe: i loro cazzi pendevano, più o meno in erezione, tra le loro gambe.

– Vi ricordo che le ragazze possono usare solo la bocca e le mani, – disse ad alta voce Adriano, il primo a sinistra dei giudici, – non possono mostrare le tette e la loro gara finisce quando ha eiaculato il…

Un vociare divertito si levò dal pubblico, fischiando.

Adriano sorrise. – Sborrato, sborrato! Ma siete un branco di bestie scurrili! – sbottò ridendo e alzando le braccia come se li stesse mandando al diavolo. – La gara della tipa finisce quando il giudice sborra. Va bene, così? Ora: a voi, ragazze.

Linda vide le altre tre avviarsi verso il rispettivo giudice: la bionda Piera si inginocchiò davanti ad Adriano, sorridendogli mentre gli afferrava il pene, probabilmente desiderosa di averlo anche in altri orifizi; Nadia ebbe Daniele come giudice, sputandosi sulle mani prima di prendere il suo cazzo; infine, Adriana prese posto davanti a Enrico, quello più imbarazzato di tutti. Poi la ragazza pose il suo sguardo sul suo, di giudice.

Michele. Linda occultò con uno sforzo un’espressione di astio. E non solo per il brutto volto del ragazzo, ma anche, e soprattutto, per il disprezzo che lo rendeva ancora peggiore.

Michele aveva diciannove anni, era ripetente e stava seguendo l’ultimo anno da meccanico. Vestiva sempre con stile, spendendo per le sole scarpe quello che molti altri studenti non potevano permettersi nemmeno per tutti gli abiti che indossavano, zaino compreso, ma questo non nascondeva comunque che avesse un carattere che faceva allontanare gli altri nemmeno fosse velenoso.

Le sue labbra, distorte in una smorfia di disgusto, vibravano come se a stento riuscisse a trattenere un insulto nei confronti di Linda. – Beh, vuoi darti una mossa? – la esortò con un sussurro che aveva la stessa delicatezza di un treno merci in corsa. – Sbrigati, che non voglio il mio cazzo nella tua lurida bocca per più del necessario.

Linda abbassò lo sguardo, avvicinandosi a lui, la testa tra le spalle. Si inginocchiò sul cuscino e strinse le dita sul cazzo. Doveva essere più lungo di quello di Tommaso di almeno un paio di pollici, pensò la ragazza, studiandolo, ma non molto più grosso. Nonostante questo, non le sembrò affatto più invitante di quello del suo ragazzo. Anzi, avrebbe preferito di gran lunga i quindici centimetri che le donava tutti quei fantastici orgasmi al pezzo di carne attaccato a quello stronzo.

– Non hai mai visto una nerchia in vita tua, deficiente? – sibilò il giudice, dimostrando di non essere più professionale di quanto fosse ospitale. – Perché devo perdere il mio tempo prezioso con una merda come te?

Linda non fece nemmeno finta di ascoltarlo. Tenendo quel pezzo di carne caldo tra le dita, mosse la testa controllando come si stessero comportando le altre partecipanti. Piera dimostrava di essere cresciuta guardando pessimi filmati porno, attaccando con voracità il cazzo di Adriano: lo aveva messo subito in bocca, muovendo la testa avanti e indietro, facendolo scomparire completamente tra le sue fauci per poi farlo quasi uscire. Non richiedeva un grande sforzo: come aveva sostenuto Tania quando le aveva raccontato di esserselo fatto, il ragazzo non era particolarmente dotato.

Adriana, visibile girando la testa a destra, non mostrava delle capacità maggiori. Era una gran bella ragazza, con un grosso seno e dei begli occhi neri, e questo poteva essere uno svantaggio, eccitando troppo il giudice e facendolo venire prima del necessario. In più, Adriana suggeva la punta di Enrico con troppa aggressività: il ragazzo non avrebbe resistito a lungo.

In fondo, dopo la mora, era inginocchiata Nadia, facilmente riconoscibile dalle sue chiome rosse, davanti al bel Daniele. Lui la guardava con quella che sembrava venerazione, accarezzando le ciocche di fiamme, e lei rispondeva con un contatto visivo mentre teneva il cazzo con un paio di dita e faceva scorrere avanti e indietro la lingua, facendo brillare di saliva l’asta.

La ragazza comprese subito che l’unica che avrebbe potuto essere una minaccia era Nadia, sebbene non credesse avrebbe potuto fare molto di più che leccare e succhiare. Le altre due non avrebbero concluso nulla, se non fare numero e dare un appena passabile orgasmo ai propri partner.

Ma a Michele non importava nulla dello studio di Linda delle sue avversarie. – Succhiamelo, o te lo pianto io in bocca, imbecille.

La ragazza sbuffò, trattenendosi appena dallo scuotere la testa. “Che povero idiota.”, pensò disgustata, chiedendosi perché non le fosse capitato un altro giudice, magari un po’ carino come Daniele. “Non si meriterebbe nemmeno una pessima sveltina, e invece… Che spreco.”

Staccò il pollice dall’asta, appoggiandolo sulla cappella. Vi aveva notato una goccia di liquido precoitale sgorgare dall’uretra, probabilmente per l’eccitazione che Michele aveva provato nel vedere quelle tre belle figliole succhiare i suoi amici. Il dito si piegò, schiacciando la goccia e muovendosi per spanderla lentamente sul glande. Il ragazzo sobbalzò, stupito da quella strana mossa. Abbassò lo sguardo su Linda, che trovò intenta a lasciare umidi baci sul suo pube depilato nei pressi della base del cazzo. L’altra mano scivolò attorno alla gamba sinistra, rientrando poi dal dietro e iniziando ad accarezzare l’interno coscia, che sembrava vibrare di brividi sotto il tocco delle sue falangi.

La ragazza sollevò lo sguardo verso di lui, scoprendolo irato, gli occhi che scagliavano fulmini.

– Sai cosa cazzo è un pompino? – sbraitò lui, scandendo le parole.

Lei non rispose. In realtà avrebbe dovuta essere lei a chiederlo a lui, a giudicare dalla sua profonda ignoranza nelle tecniche di piacere. Ma avrebbe imparato, si disse la ragazza, avrebbe imparato nel peggiore dei modi…

A giudicare dalle grida che si sollevarono dal pubblico, Linda comprese che non era solo Michele quello che dimostrava la necessità di un paio di ripetizioni di educazione sessuale. “Educazione sessuale avanzata”, si corresse la ragazza, con un sorriso, mentre attaccava con la bocca le palle, succhiandole e leccandole, tastando con le labbra le ghiandole all’interno, immaginandole mentre impazzivano sotto il tocco delle sue labbra, sfornando sborra dieci volte più velocemente del solito.

Alle sue spalle qualcuno urlò di portare via quella incapace da lì, qualcun altro rise sostenendo che Linda non aveva trovato un libro che le avesse spiegato dove si trovasse esattamente il cazzo in un ragazzo. Gli insulti iniziarono a levarsi dai presenti, ma ciò non demoralizzò affatto la bionda: anzi, ogni sberleffo la faceva sentire sempre più carica, sempre più decisa a dare una lezione a tutti loro.

Imbarazzato al posto suo, con un sorriso che avrebbe impietosito chiunque, Michele guardò il pubblico, dicendo: – Eh, che volete farci, la puttana non ha idea di cosa stia facendo.

Linda smise di succhiare le palle, alzando lo sguardo verso lo spiacevole volto del ragazzo. Lui, quasi fosse stato attratto da quelle pupille azzurre che brillavano di desiderio, abbassò a sua volta le sue, e i loro sguardi s’incrociarono. Gli occhi della ragazza lo aggredirono al cuore con quella profonda espressione di sottomissione che la bionda vi aveva profuso.

– Io sono solo la tua, di puttana, – gli confidò con una voce che solo una donna davvero capace sapeva emettere, – e voglio darti il miglior orgasmo della tua vita.

Dal viso di Michele disparve ogni possibile traccia di acredine, sostituita all’istante da un’espressione di incredulità che a stento celava un più profondo desiderio verso quella che fino ad un attimo prima considerava una merdina bionda.

Anche Linda riuscì a stento a dissimulare un sorriso nell’avere la conferma che Michele era solo uno stronzo senza palle, nonostante quei due rigonfiamenti in mezzo alle gambe. “Ora sei mio, pezzo di merda!”, pensò, mentre la mano che stava spandendo la goccia di precoito risalì tutta in cima alla nerchia, cominciando a massaggiare la cappella con i polpastrelli con delicatezza, come se stesse facendo le coccole sulla testa di un gatto. Sentiva sotto le dita la morbida pelle del glande umida divenire sempre più calda, bollente.

Michele la stava ancora fissando, imbambolato, incapace di comprendere che fine avesse fatto l’incapace che fino ad un attimo prima gli stava facendo perdere tempo. La ragazza sentiva il cazzo del ragazzo rispondere alle sue mosse come previsto, studiate una per una nei giorni precedenti. Si era esercitata su Tommaso nel weekend, sebbene lui ne fosse stato ignaro. Si domandò se il suo amato le avrebbe perdonato quanto stava facendo, quando del movimento alla sua destra la distrasse dai suoi pensieri; lanciò una sbirciata e scorse Adriano alzare la testa verso il cielo sereno e lanciare un grido di piacere, mentre una mano poggiava sulla testa di Piera. La ragazza, comprese, era fuori, come aveva previsto. E se non sembrava aver eccelso nel pompino, gettò ogni sforzo profuso fino a quel momento letteralmente alle ortiche sputandoci il seme appena eiaculato dal giudice.

Lui non ebbe il tempo di dire nulla, perché il pubblico spostò il suo sdegno da Linda al gesto di Piera, sollevando grida di disapprovazione e versi che non vennero molto apprezzati dalla bionda, che si girò mostrando i medi agli astanti, consigliando loro di andare a fare in culo.

Dimostrando di avere una mente sveglia e pronta, Linda decise di sfruttare quell’occasione per attaccare di nuovo Michele. Sollevò di nuovo lo sguardo su di lui, sul suo splendido viso un’espressione profondamente remissiva che avrebbe stretto il cuore di chiunque in una morsa di commozione. Allungò la lingua, passandola sulla cappella ormai viola per il congestionamento e l’eccitazione, tenendo l’asta con la punta delle dita. – Il tuo grosso cazzo mi fa bagnare tutta, padrone. Dissetami con la tua calda sborra.

Giudicando il colore rosso mattone che aveva assunto il brutto volto di Michele, ormai incapace di proferire parola, la ragazza pensò che più che vincere la gara facendolo sborrare, sarebbe stata arrestata con l’accusa di aver ucciso il suo giudice con un embolo. Scosse la testa, chiedendosi perché dovesse perdere il suo tempo prezioso con una merda come lui.

Non importava, comunque: per quanto avrebbe preferito avere tra le sue mani e labbra i cazzi dell’affascinante Daniele o di Adriano, il pupillo di Tania, il destino le aveva appioppato quello, più lungo, di quell’antipatico di Michele, e da quell’uccello di venti centimetri e dal suo schizzo di sborra sarebbe iniziata l’ascesa di Linda nella scala di popolarità della scuola.

Continuando ad avere un contatto visivo con gli occhi, ormai privi di astio di Michele, Linda fece scivolare la cappella oltre le sue labbra. Cominciò a muovere la testa lentamente a sinistra e a destra, lasciando che la lingua facesse il suo lavoro sul frenulo, leccate lente intervallate da colpi più decisi. Lui cominciò a respirare con maggiore difficoltà quando lei aggiunse un leggero movimento di mano sull’asta, su e giù, da un lato all’altro.

Un verso di piacere alla sua destra le annunciò che qualcun altro aveva completato la sua gara. Non voleva distogliere il suo sguardo da schiava implorante pietà da quello che, in realtà, era il vero prigioniero di quella pompa, ma non ne ebbi bisogno: la voce di Adriana risuonò nel piazzale.

– Porca puttana, non sulla maglietta! – sbraitò. – Sborra di merda!

Qualcuno nel pubblico sembrò non apprezzare l’opinione della mora e la fischiò. Anche Enrico, il suo giudice, non apparve particolarmente soddisfatto, a giudicare dal tono delle sue parole, quando annunciò che Adriana aveva finito.

“Un’altra in meno”, pensò soddisfatta Linda. Ora mancava solo Nadia, la rossa. “Ma è davvero così brava o è Daniele ad essere meno recettivo?”, si chiese.

Un sommesso vociare alle sue spalle fece comprendere che la gara stava dividendo il pubblico. Mentre Adriano, probabilmente curioso di scoprire come spompinasse una nerd, si avvicinava a loro e osservava l’impegno della bionda, qualcuno gridò il suo nome.

Il cuore di Linda ebbe un sobbalzo, più un riflesso condizionato scolpito nella sua mente più primitiva da anni di bullismo subito, per poi accorgersi che non la stavano insultando.

– Vai Linda! Wooo! – gridò una ragazza.

– Mitica Linda! – si aggiunse la voce di un ragazzo. Le sembrò quella di Enzo.

Qualcun altro preferì la rossa, iniziando ad incitare Nadia. In pochi istanti il pubblico si separò in due fazioni, acclamando una o l’altra delle due contenditrici, applaudendo e gridando.

Linda si trovò spiazzata da quella situazione completamente nuova. Gente che le faceva il tifo? Fare sesso in pubblico era appena diventata la seconda esperienza più strana della giornata, si rese conto sorridendo, concedendosi per un attimo il piacere di quella sensazione così aggradante.

Poi riprese con il suo pompino, perché era lì per quello. Fece uscire il glande dalle labbra lentamente, come se fosse lei a provare il vero piacere in quell’atto. Guardò Michele, sottomessa.

– La tua piccola puttana è brava? – domandò con una vocina flebile. Gli occhi dei due giudici presenti si sbarrarono, impallidendo. Adriano deglutì rumorosamente: di certo si stava pentendo di non avere avuto lui la verginella incapace al posto di Piera.

Senza distogliere lo sguardo, Linda passò la lingua sulla cappella. – Ti fa godere abbastanza, la tua piccola puttana? – aggiunse con una voce da gattina.

Probabilmente quando Michele lanciò un grido che sembrava un misto di piacere fisico e dolore psicologico modulato come il suono di una lamina di metallo che vibrasse fu il momento che perse completamente la sua dignità davanti a tutti i presenti. Ma quello venne probabilmente riconosciuto dalle loro menti solo molto più tardi, quando gli ormoni nei loro organismi sarebbero tornati a livelli normali. Il grido fu comunque paragonabile a quello di un leone, perché il pubblico improvvisamente tacque, Linda che li immaginava con i volti basiti, confusi, le braccia rimaste alzate, mentre si guardavano l’un l’altro. Ma la cosa ebbe vita breve: in pochi istanti dalle gole cominciarono a prorompere grida di incoraggiamento. Qualcuno fece un apprezzamento volgare, una ragazza implorò Linda di insegnarle, promettendole di ricompensarla con un cellulare di ultimo modello, ma in pochi istanti ogni vibrazione sonora sembrò allinearsi in un unico suono, ritmato, semplice ma che riempì il cuore della bionda più di quanto lei stessa stesse facendo con le palle di Michele.

– Lin-da! Lin-da! Lin-da!

La ragazza dovette trattenere le lacrime.

Michele, al contrario, non sembrò dello stesso avviso riguardo al proprio seme. Linda se ne accorse grazie alla mano che aveva tenuto appoggiato sulle palle del ragazzo ancora prima che lui inclinasse la testa all’indietro, rattrappendosi nelle spalle, biascicando senza fiato che stava per venire.

Non l’avrebbe fatto, o almeno non fino a quando Linda non glielo avrebbe permesso: non sarebbe arrivata seconda ad una stupida gara di pompini, battuta da una zoccola il cui unico pregio erano i capelli rossi. Stringendo la base del cazzo come gli aveva insegnato Tommaso il venerdì precedente, al termine della migliore sessione d’amore della storia dell’universo, la ragazza sperò di non essere arrivata troppo tardi. Abbandonò la cappella, per non stimolare troppo il ragazzo, e cominciò a baciare il lato sinistro dell’asta dell’uccello come se lo stesse venerando, come se nel momento dell’eiaculazione fosse ancora più prezioso.

Il suo giudice lanciò un paio di grida che zittirono il tifo da stadio che si alzava dagli spettatori. – Sì, cazzo, sì! – urlò al cielo con tutta la sua voce. Lo strillo si spense in una serie di rochi ansimi e qualcosa che sembrarono un paio di singulti di pianto.

Linda continuò a baciare e leccare l’asta con l’espressione di qualcuno che stesse gustando un eccellente ghiacciolo, sorridendo soddisfatta. Il cazzo ormai aveva iniziato già da qualche secondo a spandere nell’aria un odore di sesso pesante, qualcosa che aveva sentito solo quando passava le ore a fare l’amore con Tommaso, sebbene l’olezzo di Michele fosse più fruttato, più delicato di quello del suo amato. Non avrebbe voluto ammetterlo nemmeno con sé stessa, ma il respirare quei feromoni iniziò a farla bagnare e l’immagine di lei sdraiata su quel pavimento di cemento lurido e Michele sopra che la scopava cominciò a non provocarle tutto quell’orrore.

Forse poteva metterci un po’ più di passione con lui, dopotutto.

Adriano era rimasto a pochi passi da loro, fissando l’atto come se i suoi occhi fossero stati incatenati al cazzo del suo amico e alla bocca della nerd. Sembrò balbettare qualcosa, quasi il suo cervello si stesse riavviando dopo essere andato in tilt per la contemplazione di quell’orgasmo mai nemmeno sognato. Si avvicinò appena e proclamò, con voce confusa: – Linda ha fini…

Michele gli si scagliò addosso, sollevando le mani e spingendolo con violenza. Nonostante ci fossero almeno quindici chili di differenza tra i due, e a favore di Adriano, quest’ultimo dovette fare un paio di passi a destra, incespicando per non cadere a terra.

– Linda non ha finito un cazzo! – sbraitò Michele, mostrando letteralmente i denti, le mani come artigli pronte a dilaniare pur di difendere il suo diritto ad avere la bionda inginocchiata davanti a lui a dargli piacere. – Non ho sborrato! Porca puttana!

Linda si scostò leggermente dal pube del ragazzo, mostrando ad Adriano che il suo volto non portava segni di una eiaculazione, poi aprì la bocca per assicurarlo che non lo aveva nemmeno nascosto. Adriano la osservò con un misto di desiderio ardente e invidia lancinante. Probabilmente solo la sua volontà di apparire virile non gli permise di mettersi a piangere, perché a giudicare dall’espressione doveva avere un groppo alla gola stretto come il mitico nodo gordiano.

La ragazza tornò sotto il cazzo, passando lentamente la lingua dalle palle alla cappella, per poi fermarsi con un sorriso diretto al suo giudice. Sfoderando di nuovo la voce da schiava, sebbene meno impaurita, gli disse: – Gli altri vogliono portarti via la tua piccola puttana. – poi baciò con passione il frenulo, facendo fremere il ragazzo. – Dimostra loro che sono solo di tua proprietà e guidami verso il tuo piacere. – aggiunse e, allungando una mano, afferrò quella sinistra di Michele e se la posò sulla testa. Lui la guardava sconvolto, incapace di pronunciare una sola parola intellegibile: lei sorrise, soddisfatta dentro di sé.

Il pubblico aveva smesso di fare schiamazzi, troppo preso da quello spettacolo sconvolgente e coinvolgente. Dalle grida di qualcuno, Linda suppose che una coppia o due avesse abbandonato ogni decenza, travolta dalle emozioni di quello spettacolo, e avesse cominciato a fare sesso dietro di lei.

Ironicamente, Michele aveva appena avuto l’orgasmo ma a venire fu Daniele. Linda lanciò un’occhiata verso il volto di Daniele per scoprire come fosse mentre godeva, ma rimase delusa: a quanto sembrava il bel ragazzo non ricevette molto piacere dalla bocca di Nadia, la quale cercò di giocare un’ultima carta facendosi sborrare in faccia, ma fu fatica sprecata. Enrico, accanto a loro, probabilmente riconoscendo la deludente esecuzione della rossa, magari ancora disgustato dalla vista del suo seme sputato nelle erbacce, dichiarò il termine della gara di Nadia con lo stesso piatto entusiasmo con cui si constaterebbe l’ennesimo ritardo dei mezzi pubblici.

Qualcuno, più per educazione che per altro, o magari un parente o le sue migliori amiche, applaudì per la ragazza, che si alzò in piedi e se ne andò senza spiccare una singola parola, la testa abbassata, cavando da una tasca un fazzoletto e pulendosi il volto.

In fondo, riconobbe Linda, lei aveva vinto comunque. La gara non consisteva nel durare più a lungo, ma nel far godere maggiormente il proprio giudice e, da come aveva gridato Michele quel pomeriggio, lei aveva stracciato le altre tre. Probabilmente aveva battuto chiunque si fosse presentata in quel piazzale, e di diverse lunghezze, ma non voleva ancora fermarsi: la sua sete di vendetta non era ancora stata spenta. Perorò la sua causa proprio alla vittima che aveva designato.

– Michele, mio padrone, – gli sussurrò, umile, afferrandogli il cuore e la mente con il suo sguardo e stritolandoli come uova marce dal guscio guasto, – loro vorranno farmi smettere, ma io voglio sentire la tua sborra calda scivolare nella mia gola…

Le narici del ragazzo si espansero quasi a sembrare quelle di un cavallo a quell’implorazione, poi guardò con profondo astio prima Adriano, poi gli altri due. Nessuno avrebbe dovuto toccare la sua piccola puttana o avrebbe trovato la morte.

Mentre un senso di soddisfazione montava in Linda, così come il desiderio verso quel cazzo, la ragazza tornò a suggere il glande, baciandolo e succhiandolo con delicatezza. Si accorse dopo qualche minuto che dalla gola emetteva un gemito di apprezzamento, che non era affatto intenzionale: in realtà stava davvero gradendo la sensazione che gli donava passare la lingua sulla mucosa della cappella di Michele, il sapore che le stava invadendo la bocca e l’afrore di maschio che solleticava il suo olfatto. Sì, aveva voglia di cavalcarlo, farsi riempire la passera dalla sborra di quel ragazzo. Peccato dovesse umiliarlo davanti a tutti.

Ormai i tre giudici che avevano già eiaculato giravano attorno al loro compare e la ragazza che lo stava facendo impazzire, incerti se essere invidiosi, spaventati o eccitati. Non avevano mai visto una ragazza fare qualcosa di simile se non in un filmato pornografico, e mai se lo sarebbero aspettati da Linda. Guardavano il pubblico, poi i due intenti in un rapporto che aveva orma superato ogni senso, quindi tornavano con il loro sguardo sugli astanti, sorridendo imbarazzati, provando a lanciare qualche battuta che però non sembrava venire colta da nessuno, tanto erano intensamente coinvolti in quell’atto sessuale.

Le dita di Linda si chiusero delicatamente sull’asta, iniziando a masturbarlo, gli occhi chiusi perché gli altri sensi potessero aumentare il piacere che stava godendo. Se non avesse indossato i pantaloni e le mutandine, e inginocchiata su un cuscino, gli spettatori avrebbero assistito anche alla formazione di una pozza sul cemento tra le sue gambe, alimentata dal desiderio liquido che avrebbe stillato dalla sua fica che aveva cominciato a pruderle insistentemente. Quanto cazzo ci voleva ancora per farlo sborrare, si chiese con rabbia. Aveva assoluto bisogno di soddisfare quel fastidio… Magari con Daniele. Lei lo avrebbe fatto godere, altroché quella troia incapace di Nadia.

Michele dimostrò che con il grido precedente non aveva raggiunto il massimo volume sviluppabile dalla sua voce quando afferrò i capelli di Linda, quasi temesse che, dopo un tempo indefinibile passato a succhiarglielo e sussurrandogli che non avrebbe potuto più vivere se non avesse inghiottito la sua sborra, avesse voluto interrompere quel pompino sul più bello. O forse il piacere era talmente elevato che, se avesse saltato anche questa eiaculazione, quella successiva sarebbe stata troppo intensa per il suo cuore.

Mentre nei boschi si levavano grida che solo il più feroce dei lupi mannari avrebbe potuto eguagliare, Linda chiuse gli occhi, assaporando la sborra di Michele riversarsi in caldi, impetuosi fiotti nella sua bocca, riempiendola. Aveva un gusto diverso da quello di Tommaso, speziato e forte, come voleva che fosse il suo uomo: quello che stava colando nella sua gola era più fruttato, quasi sciapo. Che mezza sega Michele…, concluse la ragazza, lasciando scendere nel suo esofago il seme del ragazzo. Una delusione.

Nonostante questo, sorrise di nuovo, guardando verso gli occhi neri del suo giudice. – Grazie, padrone, non ho mai…

Ma la mezza sega non la poteva sentire, stordito com’era dall’orgasmo che l’aveva colpito come una stangata diretta alle tempie. Lo vide boccheggiare afono, il volto rosso quasi quanto la cappella che era scivolata fuori dalle labbra della ragazza, cosparso di pesanti gocce di sudore, gli occhi che mostravano solo il bianco. Barcollò qualche passo all’indietro: Enrico, alla sua destra, lo vide e provò a prenderlo, ma non ne ebbe il tempo. Michele mise un piede in fallo e cadde supino come un sacco di patate nella sterpaglia con un suono di rametti che si spezzavano e qualcuno che rideva nervoso nel pubblico, un paio di gocce di sperma che non si erano scaricate nella bocca della bionda che schizzavano sulle ortiche.

I tre giudici, storditi da quello che era appena accaduto, rimasero qualche istante immobili, indecisi su cosa fare. Poi Adriano, quasi ricordandosi all’improvviso per quale motivo fossero lì, si avvicinò a Linda per prenderle un braccio e sollevarlo in aria, come si fa nella boxe con il vincitore di un incontro.

Ma la ragazza lo precedette di un mezzo secondo, alzandosi da sola, voltandosi verso il pubblico, passando il retro di una mano sulla bocca per pulirsi una goccia di sborra che sapeva benissimo non esserci, e li fissò per un istante, guardata a sua volta da una trentina di ragazzi e ragazze allibiti, muti. Un paio di coppie stavano davvero facendo sesso sul pavimento, incapaci di trattenere il loro desiderio alla vista dello spettacolo della sua performance, fermi anche loro a metà di una penetrazione; un ragazzo aveva in mano uno smartphone e stava filmando, gli occhi pieni di stupore puntati sulla vincitrice e non sullo schermo.

Poi Linda pose un braccio davanti al seno, diventato fastidiosamente duro e sensibile per l’eccitazione che l’aveva invasa negli ultimi minuti, allungò verso l’esterno l’altro e si esibì in uno di quei profondi inchini che si potevano vedere solo nei vecchi film.

Improvvisamente il pubblico esplose in un’acclamazione, applausi e grida che quasi poterono competere con la dichiarazione di orgasmo di Michele. Alcune ragazze cominciarono a saltare sul posto, estasiate e desiderose di imparare a dare piacere come Linda, altri le gridarono il loro eterno amore, altri ancora le corsero incontro, pregandola di essere in un selfie con lei. La ragazza scorse in fondo al gruppo Pamela, la migliore amica di Francesca, applaudire senza convinzione, anzi con un certo disprezzo facilmente leggibile sull’espressione che animava il suo volto; si guardava attorno, chiedendosi come tutti fossero così felici per quella stupida ragazzina. Linda ricordò che la rossa aveva partecipato alla gara un paio di giorni prima, perdendo sotto i colpi di lingua e labbra di Marianna.

Ma quello non aveva importanza, si disse: l’unica cosa che contava in quel momento era godersi l’acclamazione del pubblico. In realtà, Linda fu felice che Tommaso l’avesse fatta squirtare un paio di giorni prima, o, considerando come si sentiva in quell’istante, il piacere più intenso della sua vita non sarebbe giunto da lui.

CONTINUA…

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