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L’innocente Cappuccetto Rosso e il Lupo Cattivo

By 17 Luglio 2021No Comments

Ero carina, ma la mia timidezza e l’insoddisfazione per il mio aspetto fisico – peraltro ingiustificata, – il perfezionismo che mi faceva rilevare mille difetti e mi rendeva scontrosa non incoraggiavano gli approcci dei ragazzi nei miei confronti. Il mio moralismo derivante da un’educazione un po’ rigida faceva il resto. Così le mie pulsioni di adolescente che si avvicinava ad essere donna, rimanevano frustrate. Sognavo quel momento in cui mi sarei data completamente fra le braccia di un ragazzo. Ma al momento rimanevano sogni e a parte qualche bacetto rubato, nulla.
In preparazione all’esame di maturità per perfezionare un rendimento scolastico già soddisfacente, decisi in coppia con una compagna di scuola di prendere qualche lezione privata a domicilio. L’insegnante, un quarantenne di gradevole aspetto, un bell’uomo, insomma. Notai ben presto che guardava in maniera particolare, con un’attenzione che andava al di là di una preoccupazione didattica. Frasi buttate qua e là, qualche contatto o sfregamento apparentemente casuale. La cosa, se mi turbava, al tempo stesso mi incuriosiva e mi attirava, come una falena lo è dalla luce. Nel mio letto una notte che fantasticavo sul sesso con lui e quasi senza averne intenzione, le dita si affacciarono alla mia fessura e la esplorarono facendomi provare un piacere inedito. Tale pratica mi accompagnò da allora e nella mie fantasie il professore era spesso protagonista. Ma mi rendevo conto che una relazione del genere sarebbe stata riprovevole ed io soprattutto sognavo un giovane principe azzurro e relegavo tali fantasie erotiche in un cassetto dove si rinchiudevano pensieri inconfessabili. Qualche giorno prima dell’appuntamento per la solita lezione, la mia compagna mi comunicò che per quel giorno avrebbe avuto un impegno. Telefonai al mio insegnante per disdire la lezione; lui insistette per svolgerla egualmente.
– No, conviene riprendere le ultime cose, con la tua amica recupererò in seguito.
Sapevo che saremmo stati soli, visto che la compagna del professore era impegnata tutto il giorno fuori città – non l’avevo mai vista, infatti – e la cosa mi destava una certa ansia, ma capivo che la mia fantasia aveva galoppato troppo.
Arrivai trafelata a casa del professore direttamente da scuola, dopo aver mangiato un panino in un bar. La lezione si svolse normalmente tanto che io ridevo dentro di me delle mie fantasie, vogliose e timorose ad un tempo. Ma durante una pausa che di solito ci si prendeva – e in cui mi offriva una bibita e qualche dolcetto, – diresse la banale conversazione che solitamente seguiva averso argomenti piuttosto piccanti, scabrosi. Nel frattempo mi si strusciava addosso sempre più intraprendente e i toccamenti si facevano più audaci
– Hai un ragazzo Giorgia? Hai fatto mai sesso?
– N…no.
Rise beffardo.
– Ma dai, non ci credo…..un bel bocconcino come te!
Le domande imbarazzanti con cui mi incalzava produssero un forte senso di calore accompagnato da una sudorazione evidente. Lui non perdeva nessuna occasione.
– Hai caldo cara? In effetti la temperatura è piuttosto elevata. Perché non ti togli la felpa?
Rimasi in tal modo con la mia leggera t-shirt attillata che non riusciva a nascondere la rotondità dei miei deliziosi, tonici seni e su cui si disegnavano in rilievo i miei capezzoli.
– Penso che i tuoi coetanei faranno fantasie su di te e magari, pensandoti, si segheranno. Stento a credere che tu non l’abbia mai fatto sesso; alla tua età di solito i rapporti vengono consumati.
– Ma no, nessuno mi considera.
– Che strano! Ma non ti piacerebbe…davvero…ehm…scopare?
Rimasi muta fissandolo con labbra dischiuse, mentre lui si divertiva del mio imbarazzo.
Il professore, mentre mi parlava, fissava con occhi ardenti il mio petto dal respiro sempre più frequente, poi guardando le mie gote infuocate:
– Hai ancora caldo? Su mettiti comoda; forse quelle scarpette che hai indosso da tutta la giornata ti faranno bollire i piedi. Perché non le togli?
Vista la mia riluttanza, impaziente, mi scalzò.
Continuando a fissarmi le estremità, esclamò:
– Sai che hai veramente dei bei piedini, posso accarezzarli?
So bene che miei piedi tendono a essere odorosi nonostante li tratti con cura e sono stati talvolta motivo di imbarazzo, ma l’uomo sembrò addirittura compiaciuto del pungente caldo effluvio che promanavano una volta denudati, tanto che non solo li prese in mano, li accarezzò ma addirittura premette il suo naso sulle loro piante annusandoli con la stessa voluttà con cui li baciò, leccò e succhiò prendendoli in bocca.
– Lo sapevo che i tuoi piedini dovevano essere fragranti e saporiti, oltre che belli.
Mi abbandonai a quel gioco, che non solo contribuì a sciogliere i miei complessi di fronte a quell’uomo capace di valorizzare perfino particolari che mi avrebbero creato non poco impaccio, ma fu persino in grado di suscitare anche un innegabile piacere.
La mia agitazione cresceva insieme alla mia voglia, anche se dentro di me si svolgeva una lotta. Era giusto il sentiero in cui mi stavo incamminando? Quell’uomo era un adulto e la cosa non era conveniente, ma nondimeno la mia eccitazione era ormai al calor bianco. Lui, nel frattempo. continuava nella sua azione, mentre mi parlava con tono mellifluo.
– Me lo dai un bel bacetto? Me lo merito sai?
Gli scoccai un bacio su una guancia.
Rise – Adesso te lo do io un vero bacio.
Chiusi gli occhi e attesi: ricevetti sulle labbra un bacio, poi la sua lingua mi si insinuò in bocca giocando con la mia. Mi abbandonai a quel gioco ormai cotta a puntino e quando il professore mi sbottonò i Jeans e scostandomi le mutandine, esplorò la mia fighetta bagnata, lo lasciai fare arrendevole, tutta presa dal piacere. Gemevo e miagolavo come una gattina. Succhiai le sue ditta intrise del mio piacere quando me le portò alle labbra. Si divertiva, forte della sua superiorità acquisita, a usarmi come puro strumento per le sue voglie.
– Sei una deliziosa figa.
Mi sfilò la t-shirt. Nell’alzarmi le braccia, nell’atto di togliermi la maglietta, mi scoprì le mie ascelle roride di sudore. Avido le leccò facendomi il solletico e sollecitandomi risatine divertite.
Sotto il suo sguardo lascivo e compiaciuto, con le mani provai a coprire le mie tette.
– Sei un fiore pronto per essere colto. – Poi incalzò. – Sei curiosa di vedere il mio cazzo?
Avevo le labbra serrate dall’emozione, incapace di rispondere, fingendomi ritrosa ma senza esagerare gli scoccai un sorriso invitante e feci un cenno di assenso col capo. Rassicurato dalla mia volontà, si spogliò completamente e mise in mostra il pene già eretto, gonfio, percorso da un reticolo di vene dilatate. La cappella violacea, lucida e tirata era scoperta del tutto. Non avevo mai avuto l’occasione di vedere un uomo nudo dal vivo e il mio cuore batteva all’impazzata. Quel cazzo mi affascinava e lo guardavo con occhi spalancati.
– Ti piace? Da come lo guardi non ci sono dubbi. – Lo vuoi toccare?
Me lo mise fra le mani che lo palparono, costrinsero dolcemente.
– Bacialo – capiva bene che stavo cedendo su tutti i fronti e poteva chiedermi tutto.
Avvicinai le labbra al pene inalando il suo afrore, lo baciai e lo leccai esitante. Il professore mi spronò vedendomi incerta.
– Su coraggio, leccalo fin dalle palle, introducilo in bocca, succhialo. Fammi un bel pompino.
Lo presi avvertendone, per la prima volta in vita mia, il sapore acre: mi piace subito e iniziai a succhiarlo goffamente ma volenterosamente. Lui, afferratomi il capo con le mani, mi guidava nei movimenti e così il cazzo mi veniva spinto sempre più in gola stimolando la produzione di saliva che mi riempiva la bocca fino a tracimarmi sul collo e sul seno.
– Molto bene, continua a succhiare. – Mi incoraggiò scostando la cascata dei miei riccioli scuri che gli limitava la visione della mia prima fellatio.
Contemplando con ammirazione, prima di risucchiarmelo in gola, quel bel pene eretto reso lucido dalla mia saliva, ebbi modo di vedere qualche goccia di liquido spermatico fare capolino dall’apertura del glande ed io curiosa le assaggiai: era buono e mi leccai le labbra.
– Così va bene puttana, – mi ferì essere chiamata in questo modo – stai diventando brava e si capisce che hai stoffa. Adesso, però, fatti vedere anche tu tutta nuda.
Ubbidii e mi tolsi i jeans, poi lui stesso provvide a sfilarmi le mutandine zuppe e profumate. Certamente il professore traeva un piacere supplementare constatando, pur nella resa completa, la mia pudica timidezza residuale.
Sentii le mie gambe indebolirsi fin quasi a cedere e la mia giovane figa sgocciolare.
Si, è vero che avrei desiderato una storia romantica con un ragazzo della mia età – e ce n’erano che mi piacevano – ma ora c’era lui che mi sovrastava con la sua personalità ed esperienza ed io, comunque, ero persuasa a cedergli, travolta ormai.
Ero completamente nuda, fanciulla inviolata davanti a un uomo adulto ed esperto, feroce predatore sessuale. Mi prese in braccio trasportandomi nella sua alcova, accarezzò prima con gli occhi e poi con le mani, libidinosamente, il mio corpo da adolescente. Le mie acerbe, deliziose tette, furono oggetto delle sue palpate, i miei capezzoli turgidi furono strizzati. Mi leccava tutta, in particolare, ricordo che indugiò sulla roseola anale, provocandomi gradevolissime sensazioni. Il professore si dedicò infine con cura meticolosa a quella delizia, a quel dolce burro fuso che fuoriusciva dalla mia vagina di ragazza, quasi di bambina, dalle delicate grandi labbra contornate da una bruna peluria. Era un porco, anzi un Lupo mannaro cattivo che stava divorando sessualmente Cappuccetto Rosso, che io impersonavo. Con occhi sognanti, abbandonata sul letto a braccia aperte, in atteggiamento arrendevole e sottomesso, bramavo che lui disponesse completamente del mio corpo che, nudo e indifeso, si offriva come primizia alle sue voglie oscene di possesso. Mi allargò le cosce: ero pronta, pur scossa da brividi, per essere chiavata. Si posizionò accuratamente un profilattico sul cazzo, mentre io osservavo ammaliata la scena, sempre più impaziente; si buttò su di me. Schiacciata dal peso del professore che mi immobilizzava i polsi, iniziai ad essere penetrata. Il suo eretto, durissimo uccello, si fece strada piuttosto irruento nella mia figa e mi fece male da principio: mi sentii lacerare, bruciare ma rimasi silenziosa trattenendo a stento un urlo; poi lentamente, lubrificata dagli umori e dal sangue del mio imene violato, il piacere prese il sopravvento. La mia fighetta si dilatò al passaggio di quella massa di carne, la abbracciò contraendosi su di essa.
Sentivo un calore ardermi dentro e diffondersi dal basso ventre a tutto il corpo. Il mio piacere si estese al perineo, ai recettori sensitivi anali. Mi sembrava tutto irreale, ero come avvolta in una nuvola, in un sogno fantastico, in trance, travolta in quella mia prima estasi. Ero ad occhi chiusi e ripetevo fra gemiti e ansiti:
– Si. È così bello, ancora, ancora…..stupendo….meraviglioso… – urlai – scopami più profondamente, ti prego non fermarti.
Ero infine stata ammessa al meraviglioso mondo di una completa, gratificante sessualità e il sangue che segnava l’addio alla verginità, si mischiava agli umori vaginali. Lui, dopo un tempo che non saprei definire, venne urlando con il pene scosso da spasmi di godimento. La mia soddisfazione fisica era stata piena, ma al fondo persisteva un retrogusto amaro per l’assoluta assenza di una componente affettiva. Il professore, ottenuto ciò che aveva fortemente voluto, ora desiderava mettersi in sicurezza, evitare possibili complicazioni.
– Giorgia, ci siamo proprio divertiti, non trovi? È stato un rapporto consenziente che tu stessa hai incoraggiato e provocato….ricordi sicuramente. Non ti ho certo obbligato e se tu non ti fossi concessa fino a travolgermi – e qui sta la mia debolezza – non sarebbe successo proprio nulla. Infine so che hai raggiunto, anche se di poco, la maggior età. Conserveremo sempre questo segreto fra noi, un piacevole, meraviglioso segreto. Anzi….potremmo anche rivederci. Ci sono ancora tante altre cose che potrei insegnarti.
Annuii col capo, guardandolo ancora in preda alla forte emozione appena trascorsa.
Certo, ne convenni, il professore non si stava comportando da gentiluomo per usare un eufemismo, alterando la realtà e cercando di farmi passare da ninfetta perversa e ammaliatrice ma, in fondo, non mi interessava. Il godimento intenso provato faceva passare in secondo piano la sua infima qualità d’uomo e volevo ancora il suo grosso cazzo..
Mi rivestii e tornai a casa, senza dire una parola. Lavai di nascosto le mie mutandine intrise di sangue, compiendo un rito liberatorio che segnava il passaggio a un’altra fase della mia vita. Era stata un’esperienza salutare che mi fece superare tanti complessi e aumentò la mia autostima e considerazione dei miei mezzi. Decisi freddamente di ricavare dal rapporto col professore tutto ciò che mi potesse piacere ed essermi utile. Lo rividi ancora qualche volta, fino alla conclusione – brillante – del mio esame di maturità, in lezioni private individuali in cui, con bollenti insegnamenti, arricchì e maturò la mia sessualità.
Ma quelle volte fu Cappuccetto Rosso a dirigere le danze fino a che il lupo cattivo, divenuto non più funzionale e del tutto inutile, fu messo definitivamente a cuccia.

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