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Storie virtuali – cap. 1 parte 1 – La segretaria

By 16 Agosto 2022No Comments

1 INTRODUZIONE

Sono un Master, con qualche anno sulle spalle, si potrebbe dire, senza sbagliare, che sono un uomo maturo. Ho qualche account di chat e di mail in cui compare questa parola: “Master”. Periodicamente vengo contattato da qualcuna. Molto spesso si tratta di maschietti che si fingono donne, mai capito il loro divertimento, visto che la prima cosa che faccio è chiedere qualche prova della loro identità e assisto a penose contorsioni di questi omuncoli che iniziano a mandarmi foto delle loro mogli o, peggio, prese da internet. Più spesso si tratta invece di trav che si dichiarano trasparentemente tali e a cui rispondo “mi dispiace, ma non fai per me”. A volte sono donne biologiche vere, possono essere semplici curiose o donne che vogliono provare ad essere dominate che per svariati motivi non possono o non se la sentono di farlo dal vivo. Oppure questa modalità, detta virtuale, a loro piace. Anche perché, a volte, contatto fisico a parte, non c’è niente di virtuale, ma è tutto molto reale.

Lo scambio iniziale avviene sempre per iscritto, qualche volta con messaggi vocali, in genere questi scambi finiscono rapidamente. Qualche volta si va avanti, fino ad arrivare ad una dominazione a distanza vera e propria che può avvenire nei modi più disparati: per mail, in chat, per telefono, in cam, con un insieme di questi strumenti… Le nuove tecnologie offrono molte possibilità.
In questo volume sono raccolte e raccontate alcune di queste esperienze.

2 LA SEGRETARIA – EMMA
Come nella roulette, è questione di fortuna, quella volte uscì croce e la sorte di Emma diventò un inferno.
La mia prima esperienza significativa, in questo campo, partì dalla mail di un Padrone. Stavo per cestinare, ma lessi la mail a cui era allegata la foto di una bella venticinquenne, molto formosa, ma non proprio una bbw come la definiva lo scrivente.
“Buongiorno Master, le chiedo se vuole darmi una mano con la mia schiava, una bella bbw di venticinque anni, come da foto allegata. Lei è da un mese la mia schiava e anche la mia segretaria. Ha bisogno di continue attenzioni per completare la sua educazione. Devo confessare che da solo non ce la faccio. Lei è disponibile a impartirle qualche lezione da remoto? Stiamo a Roma.” Seguivano una serie di modalità con cui contattarlo. La ragazza, da quello che si vedeva nella foto, lo meritava. Nella foto indossava uno striminzito abitino rosso, smanicato e scollacciato, corto, che copriva a malapena l’inguine e pensai anche le natiche, anche se la foto era scattata di fronte. Un vestitino che lasciava poco all’immaginazione. Probabilmente sotto non indossava niente perché, anche se sode, le tette, avendo una attaccatura non molto larga per tutto quel ben di dio, erano leggermente cadenti. Era abbastanza alta, centosettantacinque centimetri, formosa, molto formosa, bionda, tette notevoli, occhi miti e celesti, cosce piene, si può anche dire grasse, queste si vedevano bene, erano burrose e tremolanti. Il trucco era grottesco, le labbra di un rosso vivido, le gote pesantemente imbellettate, l’immagine di una troia. Guardava la fotocamera e, probabilmente su ordine del suo Padrone, aveva portato le braccia dietro la schiena spingendo di conseguenza il generoso petto in avanti. L’espressione era abbattuta, sconfitta, non c’era nel suo sguardo né accettazione, né ribellione, il sorriso era bello, ma rassegnato. Sicuramente era mite e tristarella, sottomessa. Non riuscivo neanche a capire se era intelligente o stupida, il viso era lievemente bovino, ma negli occhi c’era uno scintillio ironico, forse. E se era ironico, chi stava prendendo per i fondelli? Il suo padrone o il destinatario della foto, cioè me? Mi domandavo, poi, se quella sottomissione veniva da una sua libera scelta o se in qualche modo la schiava era stata costretta o comprata. Più una puttana che una schiava, una che aveva bisogno di lavorare.
Quella era la prima cosa che dovevo sapere e quindi contattai Romolo in videochiamata, così si chiamava il suo padrone cinquantenne. Era un avvocato, un uomo grande e grosso, fisicamente pesante, con i capelli neri pieni di brillantina, la mascella grassa e una bella panza. – Emma, la troia, è una schiava riluttante – mi chiarì. – E’ intelligente e stupida allo stesso tempo, puritana, va a messa, e troia. Vuole e non vuole. Per farmi fare un pompino, a volte, la devo prendere a schiaffi o tirare per i capelli, ma quando la toccò tra le cosce cola come una baldracca. E’ per questo che ti ho contattato. Ho bisogno da un lato che si sciolga e dall’altro un aiuto a tenerla sotto pressione. Tra l’altro io ho famiglia e quindi fuori dall’orario di ufficio non la posso controllare e lei ne ha bisogno. –
– Come l’hai conosciuta? – chiesi.
– Ho messo un annuncio dicendo esplicitamente quello che volevo, una segretaria e una schiava, e lei, tra quelle che si sono presentate, era la migliore, sia professionalmente che come schiava, anche se non lo era mai stata. Mi è piaciuto tutto quel ben di dio che ha. Professionalmente poi è eccezionale, è quasi laureata in legge, ma da sei mesi non studia più. Posso dire che come segretaria è sprecata. Non è qui per i soldi, come alcune che si sono presentate e che per uno stipendio avrebbero fatto di tutto. Lei viene da una buona famiglia. Ho capito da subito che era combattuta, come detto, ubbidiente e riluttante. Le piace e non le piace, vuole e non vuole. –
– E come l’hai educata, punizioni, umiliazioni… –
– Non molto – rispose, qualche frustata, delle sculacciate… la chiamo troia e vacca… Non ubbidisce e mi fa saltare i nervi… allora la schiaffeggio. –
– Va educata – affermai, – non so che dirti, ma mi sembra che non la controlli. –
– E’ vero. E’ per questo che ho bisogno di aiuto, però non la vorrei dare in mano a qualcuno. E’ per questo che ho pensato a questa cosa del virtuale. –
Capivo, ma ancora non ero convinto.
– Ho dei limiti in quel che posso fare? –
– Se la mandassi da te, per un incontro reale, qualche limite te lo metterei, ma in virtuale puoi fare quello che vuoi, credo che tu abbia la testa sulle spalle e sappia da solo cosa non va fatto. Solo che, se non ti ubbidisce o la devi punire seriamente, me lo devi dire. Se non ubbidisce intervengo, se la devi punire seriamente lo faccio io per te e ti documento la sua punizione con delle foto. –
Ci pensai, ma non c’era molto da pensare, Emma mi incuriosiva e fisicamente mi piaceva.
– Fammi chiamare stasera su skype, quando è sola. Ci voglio parlare direttamente, poi ti farò sapere. – Gli lasciai il mio indirizzo skype e quella sera ricevetti la videochiamata di Emma.
– Buonasera Signore, sono Emma, la schiava di Master Romolo, il mio Padrone mi ha detto che devo ubbidire ai suoi ordini. – Aveva una bella voce e da come parlava si sentiva che era istruita. Indossava il vestitino della foto. Era seduta, il vestitino tirava e le sue grazie premevano da tutte le parti. Probabilmente era stato il suo padrone a dirle di presentarsi in quel modo. Umiliante e degradante, soprattutto di fronte a uno sconosciuto. Era imbarazzata, ma anche spigliata, l’ennesima contraddizione. Cercava di apparire più piccola e più brutta con le braccia che tentavano di coprire il seno, mentre provava a tirare il vestitino in giù. Un miscuglio di emozioni. Il viso rosso, leggermente balbettante, ma precisa nel linguaggio e nell’espressione.
– Ciao Emma, sono Master Daniele, rilassati se puoi, se tutto va bene ci conosceremo meglio, molto intimamente. Quel vestitino ti imbarazza? –
La schiava deglutì e riprese a respirare. – Me lo ha comprato il mio Padrone, è di due taglie più piccolo del necessario, me lo fa indossare in ufficio quando siamo solo io e lui, per umiliarmi. Credo sia la ragione per cui me lo ha fatto indossare anche stasera. –
– E se arriva qualcuno? In ufficio intendo. –
La schiava si stava sciogliendo. – Difficile, lui riceve per appuntamento, in questi casi dipende da chi arriva. Se arriva un cliente mi manda a cambiarmi e mi vesto da segretaria castigata, coperta dal collo a sotto le ginocchia, anche se mi fa indossare sempre vestiti molto attillati che esaltano le mie forme e i clienti, a volte, mi trapassano con gli sguardi, mi sento sempre una puttana. Se invece arriva qualcuno che lui conosce mi fa tenere questi vestitini che mi fanno sentire una grande troia. E lui se la ride con i suoi amici. –
– Ti ha mai dato a qualcuno di costoro? –
– Fino ad ora solo pesanti apprezzamenti, ma temo che presto possa succedere. Direi che è questione di tempo. –
– E’ un suo diritto, di padrone. Non pensi? Da quanto tempo sei la sua schiava? –
La schiava arrossì di nuovo e abbassò gli occhi, si scosse – credo di sì, non sono esperta di queste cose. Per me è la prima volta, sto con lui da un mese. –
– Com’è che hai preso questa decisione? Ti piace il tuo Padrone? –
– Mi sento goffa, le cosce grasse, questo seno troppo grosso e pendulo, alta, grossa, materiale… i miei ex mi hanno sempre sbattuta come un passatempo, le mie amiche… lasciamo perdere… tutte magre, come modelle… Molto umiliante, ma la cosa, da tempo, provocava in me una strana eccitazione e mi sono convinta che sono solo un buco da riempire, la cosa più utile che possa fare. – La schiava era a disagio, ma coraggiosamente, come a volersene liberare continuò. – Così ho iniziato ad avere queste fantasie, se devo essere umiliata e la cosa mi piace anche se mi fa vergognare, allora… facciamo una cosa per bene mi sono detta. Quando ho visto quell’annuncio ho voluto anche unire l’utile al dilettevole, rendermi utile e guadagnare qualcosa. Non mi interessava neanche chi era, almeno sul momento non era importante, comunque Master Romolo mi piace. E’ un buon padrone. Da allora non vedo praticamente più nessuno, vivo per lui, per soddisfarlo. –
– capisco – ma non capivo del tutto.
– Il tuo Padrone però dice che spesso ti deve prendere a schiaffi per farti fare qualcosa. –
Emma ebbe un guizzo di rabbia. – A volte sono pigra, o mi dimentico quello che sono e della mia missione. Sì, le punizioni mi fanno capire che devo fare il mio dovere. Come, penso, sto facendo ora con lei. –
– Ti ha punito per costringerti a parlare con me? –
– No, ma mi ha detto che se lei non fosse rimasto soddisfatto l’avrebbe fatto. Ha detto “trasformerò quel seno da vacca in un puntaspilli. È talmente grosso che ce ne posso appuntare un centinaio.” Ho un corpo grosso, mi faccio schifo, sono grassa, ho provato con le diete, non ci riesco. –
Cambiai registro. – E’ vero hai un corpo importante, diverso dai canoni…, forse ti senti brutta, ma non lo sei. – Lei non disse niente, mi guardò dall’altro capo del video con gli occhi miti e una certa rassegnazione, arrendevole. Potevo farne quello che volevo, ma non volevo fare niente di banale. E mi dava da pensare il fatto che avesse un’autostima così bassa. L’ideale per essere condotta al degrado totale, in una china sempre in discesa, era quello che lei voleva e si aspettava, crogiolandosi nella sua inutilità di donna. Ma forse da lei si poteva ottenere altro.
– Sei a disagio in quel vestitino? –
– Sì Signore, ma mi sto abituando. –
– Puoi fare due cose schiava. Puoi spogliarti e rimanere nuda, oppure puoi andare fuori dal campo visivo e cambiarti. A me vanno bene entrambe le scelte, potrei ordinarti di spogliarti, ma ti lascio decidere. –
Emma ci pensò, aggrottò la fronte, si domandò perché quel bastardo invece di darle degli ordini la tormentava. – Mi spoglio Signore. –
La schiava non attese che parlassi. Si mise in piedi e si sfilò il vestito dalla testa, quasi se lo strappò di dosso. Sotto era nuda, non indossava biancheria, ed era magnifica, tanta roba e quelle tette dall’attaccatura un po’ stretta che scendevano a campana, erano meravigliosamente sode, areole grandi, capezzoli imbronciati. Cosce burrose e abbondanti, un po’ di pancetta. Era scalza.
– Vai a mettere le scarpe con il tacco più alto che hai. –
– Ho delle décolleté che ho indossato pochissimo, tacco dodici. –
– Metti quelle. –
Emma accolse l’ordine con sollievo, stava per vergognarsi del suo stato e quell’ordine le permise di muoversi e di allontanarsi dalla cam. La guardai sculettare fuori dal mio campo visivo, anche il culo era importante e faceva un figurone.
La vidi ritornare incespicando sui tacchi dodici delle décolleté. – Fermati – le gridai mentre si avvicinava. La volevo vedere a figura intera. Si bloccò. Era davvero tanta imbranata quanto magnifica. Già sui tacchi era migliorata moltissimo. I polpacci si erano induriti e anche le cosce. Slanciata dai tacchi appariva più snella. – Allarga le gambe. –
Abbassò gli occhi arrossendo, ma ubbidì. Era depilata completamente e le labbra della fica erano sigillate, Emma non si eccitava se non la forzavi. Bisognava cambiare marcia. Non lo volevo fare, mi stavo convincendo che la schiava poteva essere trasformata in altro, con molto più valore. Dovevo decidere, non potevo stare lì a pensare, presi la decisione, ma la lasciai ancora a gambe aperte facendo crescere la tensione ed il suo imbarazzo, appariva fragile ed indifesa nonostante fosse robusta, alta e immensa. Iniziò ad agitarsi, si imporporò, cercava di non muoversi, i piedi inchiodati al pavimento e anche gli occhi, ma altre parti del suo corpo iniziarono a fremere, fianchi, cosce, il seno trepidante, ed infine la fica sbocciò e le labbra di sotto, ma anche quelle di sopra, si dischiusero. Sorrisi.
– Sei una vacca, una cagna, una troia. – Ad ogni insultò, per lei, fu come ricevere una frustata. Faceva sempre più fatica a non muoversi, le labbra dischiuse iniziarono ad emettere un mugolio quasi inavvertibile e quando le dissi – prendi quelle mammelle da vacca in mano e leccatele – lei come in trance eseguì. Succhiava, leccava, passando da un capezzolo all’altro e stringeva con le mani, concentratissima. Due minuti dopo sotto l’incalzare di altri insulti non riuscì più a stare ferma, iniziò a ringhiare e mordersi i capezzoli… ed ebbe un orgasmo. – Rimani in piedi e ferma troia, e guardami. –
Cercò di ricomporsi rimanendo a gambe larghe. – mani dietro la schiena e porta il sinistro in avanti, mettiti comoda puttanella. –
– Sì Signore! – parlò, sollevò il mento e mi guardò, lo sguardo vacuo, velato, il corpo molle, fece uno sforzo per tenersi in piedi, ma desiderava lasciarsi andare e crollare sul pavimento per assaporare il piacere.
– Sei una cagna, mi è bastato insultarti per farti godere. –
– Sono una puttana Signore. –
– Vai a farti la doccia, rinfrescati, poi indossa una vestaglia e torna qui, tieni le scarpe con il tacco, ti migliorano molto e levati tutto quel trucco. –
Ubbidì e scomparve dallo schermo.

(continua)

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