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OrgiaRacconti 69Racconti di DominazioneTrio

Voyage au Maroc

By 21 Novembre 2010Febbraio 9th, 2020No Comments

Cominciò così, quasi per caso. Carla e Paolo avevano invitato a cena Susy e Corrado, i loro migliori amici, tradizionali compagni di scorribande, per mettersi d’accordo su dove andare a trascorrere le vacanze tutti e quattro insieme. Paolo era passato in un’Agenzia e si era fatto dare un depliant contenente tutte le destinazioni a disposizione. La maggior parte erano abbastanza scontate: Santo Domingo, le Maldive, la Cechia, l’Ungheria’
‘No, l’Ungheria no’ disse Carla, ‘ in quel posto scopano tutti a ruota libera. Non hanno le nostre stesse remore morali e quindi, per loro, una scopata è solo ed esclusivamente una scopata. Figurati,’ disse rivolta al marito, ‘ tu passeresti le tue giornate ad andare a caccia di figa, ed io mi incazzerei dalla mattina alla sera”
‘Ma fammi il piacere’ Anzitutto, lo sai che le corna non te le metto. Non per adesso, perlomeno”rise Paolo, ‘E poi, tra l’altro, anche se fosse, sai che non sono geloso, per cui potresti darti da fare pure tu’.’.
‘Si, come se non vi conoscessimo’. Susy sorrise, ‘tra te e quest’altro bel tipo di amico che ti ritrovi, riempireste tutta Buda ed un bel pezzo di Pest di preservativi di tutti i colori.’
‘Ho trovato un film sensazionale in eMule’ disse Corrado che sino a quel momento si era limitato ad ascoltare le chiacchiere degli altri, ‘due ragazze ungheresi abbordate per strada da un cameraman che le convince a seguirlo in uno studio per fare un book fotografico, con la promessa di una carriera in tivvù. Quando arrivano, c’è il suo Capo che le fa spogliare sempre più. Poi ne scelgono una a testa e con la solita scusa della carriera cinematografica se le fanno sino a farle andare fuori di testa. Ed è chiaro da come si muovono che per loro, se non è una cosa normale, poco ci manca’. Bone, ma bone, tutt’e due, che non ve lo potete nemmeno immaginare!’
‘Scordatevelo, voi maschietti arrapati!’ Carla scherzava, ma nemmeno troppo. ‘Non penserete mica di prenderci in giro, concedendoci, bontà vostra, di ricambiarvi combinando le stesse cose! Figurati se mi salterebbe per la testa di cercarmi un Magiaro! Se avessimo voluto, bastava che ci mettessimo in caccia qui da noi, ed avreste già un’impalcatura, tutti e due, che nemmeno dei cervi festanti’. A me ‘ste cose proprio non mi vanno. Grandi minestroni che poi ti lasciano a bocca amara. E poi,’ disse maliziosa, ‘c’è sempre il rischio che mi piaccia: ci faccio l’abitudine, e poi sono cavoli amarissimi. Tuoi, naturalmente” sghignazzò la ragazza, rivolta al marito. Susy aveva un vago sorriso sulle labbra. Sapeva che Carla era sempre stata sostanzialmente fedele, ma anche che il rapporto di sesso tra la sua amica ed il compagno non era certamente da urlo, anzi. Pensava che la colpa, se di colpa si poteva parlare, fosse di Paolo e di alcune scorribande scoperecce in giro per la loror città, ma fuori dalle mura di casa. Visite ‘extra moenia’, come quelle di molti medici ospedalieri, ma on esattamente dello stesso tipo. Ed alcune personali esperienze dirette le garantivano di non star sbagliando. Lei, invece, qualche piccolo divertimento se l’era preso, di tanto in tanto, e se lo prendeva ancora. L’indomani, ad esempio, aveva un appuntamento con Sergio, un genovese biondo piuttosto intrigante, che quando la scopava riusciva sempre ad emozionarla, ciò che, da qualche tempo, con Corrado le accadeva sempre più raramente.
Mentre chiacchieravano, continuavano a sfogliare il depliant. Paolo continuava a girare pagine dopo pagine con occhio, abbastanza distratto, tutto sommato.
‘Aspetta, aspetta” disse Carla ad un certo punto, ‘torna indietro un momento. Ecco, vedi, questa è una cosa che potrebbe essere interessante.’
Le due foto mostravano un paesaggio chiaramente Magrebino. Ed in effetti, la pubblicità riguardava Rabat e Marrakech: Marocco, uno dei Paesi de Nordafrica più ricco di tradizioni e di ricordi del passato.
Carla si era eccitata immediatamente. Mandò un piccolo strillo d’entusiasmo.
‘Dai, Susy, andiamo là. C’è tutto, ma proprio tutto quello che ci piace, lo sai. Monumenti, deserto, cammelli. E poi mi hanno detto che ci sono hotels che te li sogni, ed i Souk di Marrakech sono tra i più intriganti dell’intero Continente. Ragazzi, andiamo là, vi prego’.’ disse, con una vocetta petulante ma adorabile.
Ambedue le ragazze erano delle fighette molto, ma molto carine. Due biondine, una di ventidue, l’altra di ventitré anni, ambedue con un viso d’angelo piazzato su corpi da diavole irresistibili. Bellissimi seni, ed alti, più da donne da letto che da madri. Ed infatti nessuna delle due avrebbe rinunciato alla libertà piena che la comparsa di bambini avrebbe decisamente limitato. Le tette di Carla non erano grandissime, anzi. Susy ce le aveva un po’ più abbondanti, ma senza esagerare. Le gambe lunghe, due bei culetti rotondi e sporgenti: chiunque le incrociasse per strada, singole od associate, non poteva evitare di appiccicare gli occhi addosso ai loro due splendidi corpi. Discussero ancora un po’ ‘ i ragazzi avrebbero preferito l’Est europeo ‘ ma poi, ammesso che ci fossero mai stati dubbi, decisero per il Marocco, come volevano le loro mogli.

* * *

Una settimana più tardi un aereo li depositò a Marrakech verso le nove di sera. Un taxi scassato e traballante li portò sino all’albergo. Avevano scelto il ‘Guest House Riad Al J”, consigliati dall’Agente di viaggio:
‘Ci sono stato l’anno scorso’ aveva detto, ‘E’ molto bello,’piccolo, riservato ed al Centro della Città. Se volete gustare davvero il Marocco fin dal primo momento, questa è la location ideale. Tra l’altro non è molto distante dal Souk. E’ il più grande mercato dell’Africa ed è pieno di roba molto bella, e di colori. Dovete andarci: è un’esperienza indimenticabile, davvero.’
Durante il tragitto, Susy continuò a lamentarsi con una vocina da bambina capricciosa:
‘Vedrai, sarà una fregatura. Sicuramente l’Agente cerca di consigliare questo albergo perché ha un accordo con il proprietario. Chissà che schifo di stanze ci daranno. Io voglio tornare a casaaa’.’ Carla aveva avuto la tentazione,un paio di volte, di mollarle un cazzotto sul nasino, per fargliela piantare, anche perché quelle proteste continue avevano cominciato a provocarle un senso di angoscia. Poi s’era trattenuta, perchè la vacanza non poteva cominciare con una litigata. I ragazzi, invece, sin dal momento in cui avevano toccato il suolo marocchino, sembravano trasformati: non facevano che ridere e scherzare su tutto. Sin da quando gli sportelli dell’aereo si erano aperti, le loro narici erano state invase da un odore, una specie di profumo strano e pesante, gradevole e sensuale. Molto sensuale.
Finalmente arrivarono in D’ M’., la via dell’Hotel. No, il suggerimento dell’Agente non sarebbe potuto essere migliore. La Guest House andava oltre le migliori aspettative. I quattro si registrarono e filarono verso le loro camere, accompagnati da uno splendido ragazzo dalla pelle ambrata, vestito di un Omīŝ ed un Seruel, un Fez rosso in testa. Il loro accompagnatore si presentò: ‘Mi chiamo Ahmed’ disse, ‘e sono addetto al vostro servizio. Qualsiasi cosa dovesse servirvi, suonate il campanello ed io arriverò immediatamente. Il nostro Hotel desidera che i suoi ospiti siano completamente, assolutamente soddisfatti.’ Guardava alternativamente Carla e Susy con un leggero sorriso sulle labbra. Le due ragazze sentivano su di sé, pungenti, quegli occhi scuri come ossidiana, che sembravano vedere sotto le loro T-shirt. Carla distolse lo sguardo, imbarazzatissima ma anche eccitata. Lo guardò, anche se di sfuggita, poi si girò verso Paolo, quasi a fare un paragone dal quale, nella sua testolina, il marito usciva terribilmente perdente.
Visitarono ambedue le camere, i ragazzi entusiasti, le loro donne lanciando strilletti di meraviglia per arredamento e servizi. Posarono i bagagli a mano, ciascuna coppia nella camera che aveva scelto senza problemi. Erano stanze gemelle e nessuna delle due aveva qualcosa da invidiare all’altra. Paolo dette ad Ahmed una banconota da dieci euros ed il ragazzo andò via, non senza aver incollato ancora una volta le pupille sui seni velati e sui posteriori delle due ragazze.
Avevano mangiato qualcosa durante il volo. Ed ora, avevano trovato in ciascuna stanza un bellissimo cestino pieno di frutta. Spilluzzicarono un po’ di datteri e delle fette di ananas. I cestini contenevano anche banane, manghi ed alcune altre varietà che loro non avevano mai visto e che non sembrava consigliabile assaggiare alla cieca. Carla, secondo un’abitudine consolidata, andò a lavarsi i denti e bevve anche a lungo. Poi raggiunse gli altri. Paolo era seduto sul letto e lei si accomodò vicino al marito, accucciandoglisi addosso come una piccola gatta. Susy e Corrado avevano occupato le due comode, morbidissime poltrone. Chiacchierarono per una buona oretta, scambiandosi le loro prime impressioni. Svuotarono il frigobar da ogni tipo di bevande, alcooliche e non. Provarono anche a guardare la televisione, ma fu allora che si accorsero che tutto sommato il panorama televisivo italiano è meno peggio di quanto può apparire a chi ci si è dovuto abituare per forza, in mancanza d’altro. L’eccitazione, la stanchezza e l’alcool bevuto cominciarono a fare il loro effetto. Susy e Corrado salutarono e si trasferirono nella loro camera dopo che le due coppie si erano date appuntamento per l’indomani a colazione.
Carla e Paolo si buttarono all’indietro sul letto. Lei allungò languidamente una mano sino a carezzargli il petto per poi scendere sin sopra il cavallo dei pantaloni. Si rese conto che da quelle parti il silenzio era profondo ed, in effetti, il respiro pesante del marito le disse che Paolo si era addormentato di schianto. Molto delusa, ed anche un po’ perplessa, raccolse le sue ultime forze per riuscire a togliere al suo compagno la camicia ed i pantaloni e lo fece rotolare sino a vederlo steso in una posizione possibile, con la testa sul cuscino. Poi si spogliò anche lei, si infilò un baby doll rosa ridottissimo composto da una specie di minuscolo tanga e da una camicina trasparentissima che la copriva sin sotto le natiche. E finalmente seguì il suo compagno nel mondo dei sogni.

* * *

Si svegliò quasi un’ora dopo, con un orribile mal di pancia. Cercò di resistere ma poi dovette andare in bagno per forza. Ricapitolò ciò che aveva mangiato e bevuto durante il viaggio, senza ricordare una sola cosa che avesse potuto farle male. Poi le venne in mente l’acqua che aveva bevuto quando si era lavata i denti. Glielo avevano detto in tutti i modi, che nei Paesi Arabi bisognava evitare di bere o mangiare roba della quale non si fosse assolutamente certi. E lei, invece, certo per la stanchezza, ci era caduta come un pollo. Per fortuna, pensò, nell’elenco delle medicine da portarsi dietro per le emergenze, aveva inserito anche un gastroprotettore. Non voleva svegliare il suo uomo ‘ ‘si, uomo” pensò, malgrado il dolore, pensando al sonno che l’aveva steso senza scampo poco prima, malgrado la sua vicinanza e l’offerta esplicita di collaborazione, per così dire, che le sue manine gli avevano offerto -: lui, il cui tasso di testosterone era evidentemente ai limiti storici, in quel momento, l’avrebbe certamente rimproverata per essere stato svegliato. E lei di tutto aveva bisogno in quel momento, tranne che di reprimende. In punta di piedi si avvicinò alla sua valigia e stando attenta a non fare il minimo rumore prese il tubetto delle pillole e con l’aiuto di un succo di frutta, l’ultima bevanda sopravissuta nel frigobar al saccheggio di un paio d’ore prima, ne inghiottì un paio. Le visite al bagno si ripeterono per quattro o cinque volte. Poi, finalmente, il dolore si attenuò e Carla pur se estenuata, riuscì a prendere sonno.

* * *

Uscì ancora una volta dal sonno, sentendo Paolo muoversi per la stanza. Il dolore si era attenuato, anche se non scomparso del tutto, ma lei si sentiva ancora debole. Tentò di tirarsi su, ma fu assalita da una sensazione di stordimento che la costrinse a sdraiarsi nuovamente.
‘Dai, pigrona, alzati e preparati, che usciamo a goderci il primo giorno di vacanza. Gli altri due mi hanno detto che sono già pronti.’ Carla fece un altro tentativo, ma la spossatezza ed un accenno di nausea le fecero capire che non era cosa.
‘Chicco, non ce la faccio proprio. Non te l’ho voluto dire, ieri sera, ma qualcosa mi ha fatto male. Un po’ mi è passato, ma non completamente. Vai tu, assieme a Corrado e Susy. Io rimango ancora un po’ sdraiata, poi vedo di riuscire ad alzarmi. Domani usciamo insieme, quando le gambe riusciranno a reggermi”
‘Dai, mi dispiace lasciarti qui sola. Ti rompi le balle da morire! Bell’inizio di vacanza” Nonostante le parole di conforto Paolo era chiaramente seccato per l’inconveniente. ‘Resto con te per aiutarti, se hai bisogno di qualcosa”
‘No, tesoro, lascia perdere ed esci, altrimenti mi fai sentire in colpa. Tanto sono sicura che di qui a poco mi sarà passato tutto. Magari, se ce la faccio, più tardi vado a farmi un giretto anch’io, tanto per rendermi conto di come è fatta ‘sta città. Tranquillo.’
La porta si aprì per fare entrare i loro amici.
‘Allora?! Ancora a letto! Lo sapevo che sei una dormigliona, ma non sino a questo punto. Quanto ci metti a prepararti?’
‘Ragazzi, abbiate pazienza, m’è successo un guaio.’ Carla spiegò qual’era il problema ed insistette perché gli altri tre se ne andassero in giro per conto loro. Ci furono i soliti scambi di convenevoli, poi Paolo si chinò e le diede un bacio. Lui, assieme ai due amici, la salutarono con la manina agitata e se ne andarono. Carla sapeva che li avrebbe rivisti solo per l’ora della cena, perché già prima di partire avevano deciso di non perdere troppo tempo per mangiare, soprattutto se avessero trovato qualcosa di particolarmente interessante. Chiuse di nuovo gli occhi per qualche istante pensando, con una punta di divertimento, che farsi alcune migliaia di chilometri per finire a dormire in un letto straniero, poteva essere considerato uno strano esercizio di masochismo psichico. Si accorse che sul comodino accanto al letto era poggiato un libro che illustrava le bellezze di Marrakech e del Marocco in generale e si mise a sfogliarlo. Sentì la bocca asciutta. ‘Mmmmh’ pensò ‘ questi sono i soliti frutti dei problemi di pancia. Provò di nuovo ad alzarsi e le sembrò di riuscire a rimanere in verticale un tantino meglio di prima. Si trascinò sino al frigobar appoggiandosi a qualsiasi punto che potesse sostenerla. Aprì la portina e solo in quel momento ricordò che la sera prima avevano dato fondo, tutti insieme, alle provviste liquide. Naturalmente, di attingere al rubinetto del bagno non c’era nemmeno da parlarne. Si dette una lavata approssimativa ‘ la faccia e poi i denti, stando bene attenta a non inghiottire acqua, per finire con un bidet. Grazie a Dio, pensò, quell’Hotel non seguiva le abitudini di quelli francesi dove i bagni ignorano seraficamente, quasi sempre, l’esistenza di quel tipo di apparecchio. Infine tornò a letto, si distese e chiamò la Reception.
‘Bonjour, madame’, disse la voce baritonale del Concierge ‘come posso esserle utile?’ Malgrado l’accento e la ‘r’ arrotata, il tono era gentile, quasi amichevole.
‘Bonjour, monsieur’, rispose mettendo in pista tutto il suo migliore francese ‘vuol farmi portare una bottiglia d’acqua minerale, per favore? La migliore che avete, se non le dispiace.’
‘Tout de suite, madame. Le serve altro?’
‘No, grazie. Anzi, si: per favore, me ne mandi due, se non le dispiace.’
‘Ma certamente! Le saranno portate subito.’
Mentre aspettava Carla sollevò i cuscini appoggiandoli alla spalliera del letto. Poi prese il libro e cominciò a sfogliarne le pagine ammirando le bellissime fotografie. ‘Immergetevi nella città dell’abbondanza’ gridavano le pagine, ‘vivete delle esperienze insolite, tra le mille possibilità che Marrakech offre ai propri visitatori. Vibrate al ritmo della città leggendaria, che ha dato il nome al Marocco.’ Mentre era assorta nell’ammirazione delle immagini offerte dall’opuscolo sentì bussare alla porta. Un tocco di grande discrezione, che indicava come il visitatore non potesse essere altro che una persona di servizio dell’Hotel.
‘Avanti’, disse. Poi, per essere sicura che il bussante comprendesse l’invito, ripeté: ‘Recettes, veuillez!’ La porta si aprì. Alzò lo sguardo dalle foto, sorridente, ma rimase di stucco. Si era aspettata di vedere comparire una ragazza, ma la figura che entrava con passo sicuro, era quella di Ahmed. Carla entrò in agitazione. Il ragazzo era ancora più bello di quanto ricordasse. E, soprattutto, lei era sostanzialmente nuda. Aveva tenuto addosso solo il camicino trasparente del baby doll, ma aveva tolto le mutandine: era abituata a dormire nuda, ed anche quel minuscolo indumento le procurava un senso di fastidio.
Ahmed portava in mano un grande vassoio istoriato, che reggeva due bottiglie di ‘Perrier’ infilate dentro dei cilindri isolati termicamente, ed un bel bicchiere di cristallo. Carla tentò di spegnere in qualche modo il suo viso diventato rosso come il fuoco, con risultati, bisogna dire, assolutamente scarsi. Anche se non se ne rendeva conto, difficilmente sarebbe potuta apparire più bella e soprattutto sexy. Si distese del tutto coprendosi sino al collo col lenzuolo, con lo sguardo di una cerbiatta impaurita. Il ragazzo, professionalmente impassibile, si avvicinò al letto, le sorrise e le chiese con un Italiano piuttosto approssimativo: ‘La signora vuole servirsi da sola, o preferisce che lo faccia io?’
‘Grazie, versi pure’, rispose Carla. Si era tirata il lenzuolo sin sotto il mento, nel tentativo di evitare lo sguardo di Ahmed, che si era posato con nonchalance sui suoi seni. Impallata com’era, non le passò nemmeno per la testa che la cosa più logica sarebbe stata quella di chiedergli di posare il vassoio sul comodino , per poi congedarlo con un ‘Grazie, mi basta così’. Ed infatti, le uniche parole che riuscirono ad uscirle dalle labbra con voce abbastanza tremula furono:
‘Si, grazie, faccia lei.’ Un attimo dopo, Ahmed stava porgendole il bicchiere colmo di acqua. Gelata, evidentemente, considerate la rugiada che copriva il cristallo.
‘Oh, mi dispiace, mi scusi, ho dimenticato di chiedere che l’acqua non fosse troppo fredda.’
‘La Signora sta forse poco bene?’ L’espressione del ragazzo sembrava preoccupata.
‘Si, forse qualcosa, ieri sera, mi ha fatto male’
‘Desidera che chiami un medico? O posso aiutarla in qualche altro modo?’
‘No, grazie, non ho bisogno di nulla. è solo un po’ di mal di pancia, null’altro.’
Mentre parlava, Carla si rese finalmente conto che avrebbe dovuto, probabilmente, chiudere la conversazione, in modo che Ahmed comprendesse che il suo lavoro era concluso e che era arrivato, per lui, il momento di andarsene. Ma Carla era assolutamente imbambolata, e non solo. Quella figura la cui virilità esplodeva da tutto il corpo, il viso molto maschio dagli occhi neri ed assai profondi, l’agilità felina con la quale si muoveva, la facevano sentire paralizzata come solo gli occhi di un serpente avrebbero potuto fare. Guardava le lunghe mani brune del ragazzo, le sue dita affusolate dalle unghie curatissime, la chiostra candida dei denti esposti da un sorriso involontariamente, forse, sensuale e sentiva crescere dentro di se, malgrado il dolore non fosse ancora completamente passato, delle sensazioni inequivocabili. Aveva sperato di far l’amore con Paolo la notte prima, ma lui aveva trovato rifugio tra le braccia di Morfeo, lasciandola con una sensazione d’urgenza tra le gambe. Aveva anche tentato di far da sola, ma la stanchezza aveva colpito anche lei e una botta di sonno l’aveva colpita senza pietà, sino al momento spiacevolissimo in cui il mal di pancia l’aveva risvegliata dal letargo.
Ora però, si rese conto confusamente, nulla, nel suo corpo, sembrava dormire ancora. Anzi, le endorfine che il suo corpo stava producendo assieme a molti ormoni di diverso tipo, dal momento in cui Ahmed era entrato nella camera, avevano ridotto il dolore ad un semplice accenno impercettibile. Sentiva l’addome contrarsi autonomamente in un modo che si rifletteva sulla vulva, sulla vagina e sui seni, diventati improvvisamente duri, mentre i capezzoli le si erano irrigiditi tanto da farle male. I palpiti che avevano cominciato a tormentarle tutta la pelvi,interessando grandi e piccole labbra e la piccola, rosa clitoride, si diramavano sino al forellino posteriore che sentiva sensibile e desideroso di carezze come sino a quel momento, in tre anni di matrimonio, non le era mai successo.
‘Mi dispiace, che la Signora non stia bene, davvero! Noi teniamo molto ad una buona, divertente permanenza dei nostri ospiti nel nostro Paese.’ Esitò un attimo, poi proseguì.
‘Se la Signora me lo permettesse, forse potrei applicarle qualche piccolo massaggio. Per poter lavorare in questo Hotel mi è stato richiesto un diploma di pronto soccorso. E così ho appreso anche un poco di nozioni di medicina olistica e di riflessologia.’
Carla tentò di rammentare il significato delle parole ‘olistica’ e ‘riflessologia’ . Si trattava, ricordò, di applicazioni quasi sempre manuali che agivano mediante la stimolazione di certe parti del corpo con lo scopo di ottenere reazioni positive da parte di organi situati in tutt’altra location grazie alle connessioni nervose che univano punti diversi.
Ancora una volta la parte razionale della mente di Carla cercò di indurla a rifiutare quella proposta che tuttavia, di momento in momento lei trovava sempre più affascinante, anche per via della voce profonda e suadente di Ahmed. Ma ormai gli istinti basici andavano prendendo il sopravvento, diventando sempre più incontrollabili.
Fu in quel momento, che il cellulare poggiato sul comodino iniziò a suonare. Carla si scosse, ringraziò mentalmente la buona sorte che le aveva improvvisamente arriso, e rispose.
‘Si, chi è?’
‘Amore mio piccolo’ le rispose la voce dell’amore suo piccolo, ‘ come ti senti?’ e senza darle la possibilità di rispondere, ‘Carletta, volevo dirti che ci stiamo divertendo come pazzi, povera piccola che deve stare buttata in un letto! Se ce la fai, a reggere senza di me, tornerei stasera. Altrimenti, dimmelo, mollo Susy e Corrado e torno di corsa da te.’
La ragazza conosceva bene i suoi polli. Paolo stava col fiato sospeso, dall’altra parte della linea, aspettando ad occhi stretti la sua risposta. Ci pensò un momento, poi lo sguardo le ricadde su Ahmed che stava là, vicino al letto, in paziente attesa, con le mani conserte sul grembo e qualcosa di folle esplose dentro di lei. ‘Ora o mai più!’ pensò.
‘Carla, ci sei od è caduta la linea?’ la chiamò Paolo dal telefono. Era in ansia. Avevano chiesto, lui e Corrado, ad un poliziotto, di indicare loro un locale od un club dove poter vedere un bello spettacolo e lui aveva suggerito un posto, un hammam, l’equivalente marocchino del bagno turco nel quale si svolgevano ‘anche danze e alcune altre cose interessanti….’ aveva detto con chiarissimo atteggiamento ammiccante. Ora erano fermi davanti all’ingresso e Paolo sperava che la moglie non gli ponesse problemi. Non poteva saperlo, ma anche Carla era sull’orlo di un’esperienza del tutto nuova, anche per lei. Aveva resistito per anni, alla tentazione di andare a letto con una quantità di uomini chiaramente attratti da quella ragazza straordinariamente bella. Ora non ce la faceva più. Eccitata dalla situazione, dal viaggio, dalla novità rappresentata da un modello d’uomo molto distante da quelli ai quali era abituata, frustrata dal comportamento di un marito che già da un bel po’ sembrava incomprensibilmente non avere più molto interesse per lei, Carla aveva i capezzoli ormai troppo dritti, l’incrocio tra le gambe troppo bagnato, per riuscire a conservare il senso di una morale che sbiadiva un attimo dopo l’altro, sempre più velocemente. E così, rispose:
‘ Si, tesoro mio, sono qui. No, non mi sento più troppo male, è inutile che tu torni e che smetta di divertirti. Resta pure con Corrado e Susy. Poi ci vediamo stasera e domani comincia davvero la nostra vacanza, ok?’
Paolo alzò gli occhi al cielo. Alzò anche il braccio destro piegato, il pugno chiuso:
‘Siiiii!’disse dentro di se. Gli altri due capirono che il passo era fatto e gli sorrisero maliziosi.
‘Va bene, cara’ disse nel microfono con rassegnazione ipocrita quant’altre mai ‘allora ci vediamo stasera. Cerca di divertirti, se puoi. Guarda che il televisore ha anche un bel po’ di Canali internazionali. Qualcosa per passare il tempo lo trovi di sicuro. Un bacio. Te ne mandano un altro anche Susy e Corrado.’
In albergo, Carla poggiò il telefono sul comodino. Poi si rivolse ad Ahmed:
‘Ecco, se lei fosse così gentile da massaggiarmi un po’ il collo e le spalle, credo che mi sentirei sicuramente meglio. Sono così contratta, dopo una notte come quella che ho passato”
Aveva gli occhi fissi sul ragazzo che era restato là, in piedi, con tutta la pazienza di un arabo che conosce bene, per insegnamento ed esperienza, la scarsa importanza del trascorrere del tempo.
‘Come lei desidera, Signora. Se volesse alzarsi e sedersi qui” disse indicandole un pouf posto in mezzo alla grande stanza. Carla fece per alzarsi. Poi ricordò di essere senza mutandine e con le tette praticamente nude. Con tutta la dignità che le era rimasta – pochissima, bisogna dire – chiese ad Ahmed:
‘Le dispiacerebbe porgermi un accappatoio, per favore?’
Imperturbabile, lui fece un breve inchino con la testa, prese l’indumento dal bagno e glielo porse.
‘Le dispiacerebbe voltarsi un attimo?’ A parte che non era il momento di usare un italiano di pregio particolare, le parole le uscivano dalla bocca, basse, un po’ incasinate e soprattutto pochissimo desiderose di evitare le ripetizioni. La sua lingua, in quel momento, era assorta in tutt’altre considerazioni.
Senza batter ciglio l’arabo si girò il tanto da porsi davanti ad un grande specchio che rifletteva il letto in ogni particolare. Assistette così allo splendido spettacolo di Carla che scostava le coperte, si alzava in piedi senza nascondere, il baby doll le si era attorcigliato attorno ai fianchi, nemmeno un solo centimetro di pelle dalla cintola in giù ed esibendo la meravigliosa pienezza dei suoi seni nella parte alta. Poi la ragazza infilò l’accappatoio ed affondò sul morbidissimo pouf.
‘Ecco, ora può girarsi.’ Notò che al ragazzo tremavano le mani, per quanto lui cercasse di controllarsi, ne immaginò il motivo e si eccitò ancora di più di quanto fosse stata sino a quel momento. Lo sentì portarsi alle sue spalle, slargarle un pochino il collo dell’indumento e finalmente appoggiare le mani sulla sua pelle morbidissima. Erano ancora meglio di quanto avesse immaginato. Mani gentili, ma dure nello stesso tempo, benché tutt’altro che ruvide. Ahmed tolse il tappo di una bottiglietta conservata in una tasca del suo indumento e si versò un poco di olio profumato sui palmi. Poi poggiò le mani, quasi esitando, sul collo della ragazza. Appena lui strinse appena le dita sui cucullari, Carla sentì che le forze l’abbandonavano del tutto e si abbandonò a quel tocco deciso ma carezzevole. Continuò ad assaporare la delicatezza ed insieme la forza del tocco dell’arabo per qualche minuto. Poi, d’un tratto, lui premette i pollici su due punti ben precisi posti sotto le orecchie. E Carla sprofondò improvvisamente nel sonno.

Videro un bel Bazar, Susy Corrado e Paolo. C’erano in esposizione delle cose molto attraenti: vestiti, tappeti e molto artigianato d’argento rame ed ottone. Susy era in grande spolvero: aveva messo una minigonna minuscola ed una T-shirt che nascondeva ben poco del suo seno che, come era abituata a fare, aveva lasciato libero, senza nulla che lo sorreggesse. Non aveva scelto un perizoma, né un tanga, ma solo perché aveva pensato che camminando a lungo, quel tipo di mutandine le avrebbero potuto procurare dei fastidi. Aveva optato, allora, per uno slippino, per quanto ridotto, di pizzo e molto trasparente, come era nel suo modo di vestirsi. Il risultato era decisamente piuttosto sconvolgente, per coloro che se la vedevano passare vicina. Ma d’altra parte, Suzy era convinta che il suo bel corpo, di cui era molto orgogliosa, fosse solo suo e che nessun altro, men che meno un uomo che non fosse stato scelto ed autorizzato da lei, avesse il diritto di contattarlo con qualcosa di più di un’occhiata molto attenta.
C’era tre o quattro uomini, nel Bazar, nessuno dei quali aveva l’aspetto di un turista. Sembravano, come dire, gente di casa, tutti marocchini o quanto meno arabi. Tutti gli sguardi degli uomini in djallaba si erano appuntati subito sulle gambe nude e sulle visibilissime tette di Suzy, che aveva cominciato a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a coprirsi un po’ di più. Le tornarono in mente, come un lampo, tutti gli avvertimenti che amici più esperti le avevano dato, dopo aver conosciuto la loro destinazione, circa le attitudini ideologico-maschiliste dei marocchini ‘La donna’, le avevano detto, sia pure con diverse variazioni sul tema, ‘per moltissimi arabi non è altro che un’urna per lo sperma. C’è scritto anche sul Corano.’ Carla non aveva guardato se un passo così nobile e pregnante fosse davvero contenuto nel Libro Sacro degli Islamici. Tuttavia, quelle parole le erano rimasta impresse. Non è che i suoi amici le avessero potute inventare di sana pianta’
Il padrone del Bazar li fece sedere. Era un uomo corpulento, con barba e baffi nerissimi, che gli davano un’aria vagamente feroce. Tuttavia si dimostrava sempre più gentile, man mano che il tempo trascorreva.
Erano rilassati, e stavano sorbendo lentissimamente un caffè nerissimo, ottimo, malgrado che non somigliasse nemmeno un po’ all’espresso al quale erano abituati. Khalid, così aveva detto di chiamarsi il padrone, prese da uno scaffale una bella teiera d’argento, un pugnale Kumiya ed un coltello Mous a puta curva che Corrado gli aveva chiesto di mostrargli. Nel frattempo era arrivata anche sua moglie, Zahra, che con un bel sorriso prese Susy per una mano, la fece alzare e la portò vicino ad una rastrelliera sulla quale erano appesi moltissimi vestiti, altrettanti foulards ed alcuni mantelli, soprattutto bianchi con ricami in oro. Era una donna davvero bellissima, con una incredibile cascata di capelli corvini che le arrivavano sino alle natiche. La bruna e la bionda, una in versione casual, l’altra vestita con abiti tradizionali splendidi, formavano una coppia davvero fuori dal normale, straordinariamente attraente.
Mentre le due donne scambiavano commenti sugli indumenti esposti, in un francese che, per quanto riguardava Carla, appariva abbastanza maccheronico, uno degli arabi che si erano messi a chiacchierare tra loro in disparte, senza mai togliere gli occhi dalla bella bionda italiana, si avvicinò a Khalid e gli fece cenno di alzarsi. Gli disse alcune cose in arabo, alle quali Khalid replicò, evidentemente imbarazzato. L’altro ripetè grossomodo le parole di prima, ma con un tono imperativo ed aggressivo la sua parte. Alzò anche un dito, a minacciare il suo interlocutore, almeno così sembrò a Paolo e Corrado.
Paolo l’aveva già notato entrando nel Bazar. Era un bell’uomo, forse attorno ai cinquant’anni, con addosso l’immancabile djellaba, bianco con ricami rossi. Se anche in Marocco il modo di vestirsi era un segno di distinzione, doveva trattarsi di una persona importante. Khalid cercò ancora di resistere alle sue insistenze, poi annuì, come rassegnato, e si rivolse a Paolo, reputandolo, evidentemente, il più qualificato dei tre:
‘Il Signor Youssef’ disse ‘è un nobile di una città distante circa trecento chilometri da Marrakech. è arrivato ieri sera, per motivi di affari. Ha visto la signora qui presente e vorrebbe farvi una proposta.’
I due si scambiarono un’occhiata perplessa. Paolo ricordò che si trovavano in territorio ignoto. E lo sguardo del VIP o presunto tale non sembrava per nulla incoraggiante.
‘Se possiamo essere utili al signore, ne saremo molto lieti! Vuole dirci, per gentilezza, cosa desidera?’ Nuovo confabulare tra i due marocchini.
‘Sheik Youssef, che Allah grande e misericordioso lo protegga, si è invaghito della donna che sta con voi e vorrebbe chiedervi se siete disposti a vendergliela.’
La mascella di Paolo cadde sino a terra. Guardò l’arabo con gli occhi fuori dalle orbite.
‘Siamo grandemente onorati dall’offerta dello Sheik. Tuttavia, gli dica per favore che nel nostro Paese le donne non si vendono”
‘Certo!’ sorrise Khalid, ‘Infatti non siamo in Italia ma in Marocco. Qui forse è possibile, non credete?’ Il ragionamento, tutto sommato aveva una sua logica, riconobbe Paolo dentro di se. Il proprietario del Bazar, comunque, riferì il messaggio. Nuovo scambio di opinioni e di istruzioni.
‘Il Signor Youssef è molto generoso’ disse poi ‘vi offre una vacca incinta, due pecore e” esitò un attimo, rivolse uno sguardo di muta richiesta al suo compagno che rispose mormorando una sola parola e poi proseguì ” e diecimila Dirham!’
Corrado era fuori dalla grazia di Dio: ‘Ma che se li tenesse lui, le bestie ed i suoi quattrini!’ La rabbia crescente lo induceva a parlare in dialetto veneto stretto, ‘Quella è mia moglie, e non gli basterebbe tutta l’Africa del Nord, per comprarla. E soprattutto, che se li ficcasse in culo!’
Di tutto ciò gli arabi non capirono niente, per fortuna degli italiani. Compresero solo che il marito della donna si era arrabbiato, ritennero, per l’esiguità dell’offerta.
‘Capisco che la nostra proposta possa esservi sembrata offensiva, ma l’annata è stata cattiva, il pascolo si è seccato troppo presto e molte bestie sono morte. Tuttavia a Youssef la donna piace molto ed ha deciso di fare una pazzia: ti darà quattro vacche incinte e dieci pecore. Inoltre, aggiungerà ben ventimila Dirham. Ma ad una condizione: quando lui deciderà di ripudiarla ( lo farà di certo perché non è che uno possa tenersi per sempre una donna bionda, sia lode ad Allah grande ed onnipotente) potrai tenere il denaro, ma dovrai restituirgli il bestiame. Come vedi, stavolta l’offerta è generosissima.’
La misura era colma. Ignorando del tutto gli usi ed i costumi locali, Corrado gridò alla moglie:
‘Dai Susy, è ora di andarcene!’ La ragazza non aveva seguito lo scambio di battute precedente. Si rese conto tuttavia che doveva essere accaduto qualcosa di serio, corse vicino al marito ed all’amico ed insieme uscirono dal negozio a passo veloce, inseguiti da urla, strepiti e, molto probabilmente, anche insulti. Quando i due suoi compagni le raccontarono cosa fosse successo, Susy dette fuori da matta. Pronunziò alcuni commenti ed insulti sanguinosi e molto immaginifici, nei quali entravano un paio di animali locali (‘Perché non si fanno inculare tutti da un paio di cammelli?!’) oltre ad antenati di circa venti generazioni, risalenti almeno, se non di più, all’epoca di Maometto, che Allah grande e misericordioso lo benedica, e ad alcuni altri grandi Saggi della Storia dell’Islam. La fanciulla divenne talmente esagerata che ad un certo momento a Paolo scappò da ridere seguito a ruota dallo stesso Paolo e, dopo un attimo di sbalordimento, anche da Susy.

* * *

Continuarono a vagabondare e pian piano l’incazzo passò, sostituito da ironia e battute feroci nei confronti di tutti gli arabi del mondo. Infine, decisero che tutto considerato quelle erano evidentemente consuetudini di quei posti e che non era giusto indignarsi più di tanto.
Passarono di fronte ad un Bar e si sedettero ad un tavolino. Chiesero per Susy un succo di mele, che sembrava essere un po’ una bevanda nazionale e della birra per gli altri due. Mentre riposavano, osservando il traffico variopinto che passava loro davanti, Susy si rivolse al marito.
‘Senti, posso farti una domanda?’
‘Ecchemelochiedi?! Certo che puoi! Quando mai chiedi il permesso, per dirmi una cosa?’
‘Si, ma questa è un po’ particolare.’ Esitò ancora. ‘M’è venuto un dubbio. Se invece di due capre, quel tizio ti avesse offerto un’automobile, per esempio, gli avresti dato retta?’
Corrado la guardò con gli occhi fuori dalle orbite.
‘Ma ti sei impazzita? Ma quando mai’. C’è mancato poco che gli mollassi un cazzotto, a quello stronzo ‘ Che cavolo ti è venuto in testa?!’
Si sentì la voce di Paolo che si stava strozzando nel tentativo di frenare le risate.
‘Si, raccontamela bene’ E se oltre l’auto ci avesse messo anche una sedicenne disposta farti da schiavetta?’
‘Dai, Pa’ non prendere per il culo!’
A Susy era parso che la tensione tra i due uomini stesse salendo un po’ troppo, nonostante l’amicizia che li legava.
‘Vabbè, vabbè, ho capito. Non ho speranze. Mi tocca di restare tua moglie, senza rimedio” disse a Corrado con un sorriso molto tenero.
‘Però adesso mi piacerebbe vedere qualcosa di divertente ma anche riposante. Sapete, essere stata al mercato delle vacche, dove l’unica vacca, al momento, ero io, adesso mi diverte, ma sino a poco fa mi ha fatto andare fuori giri e basta”
‘Che ne direste di un hammam?’ propose Paolo.
‘Eccheè?’ chiesero assieme gli altri due, poco abituati ai termini del luogo. Paolo, al contrario, un’infarinatura se l’era data con libri, interviste ad amici che conoscevano gli usi e costumi locali, e con opuscoli vari.
‘Una specie di bagno turco. Qua li chiamano così. Rilassante, è rilassante. E poi ti fanno dei massaggi che lévati’.’
Corrado non era molto convinto. Fu Susy, che con la curiosità tipica delle donne si scaraventò dritta verso l’ostacolo.
‘Dai, andiamo! Dev’essere una grande figata! Che è, una specie di sauna, no?’
‘Si, da come me l’hanno descritta è proprio così. Dice che è una meraviglia e che non si può fare a meno di provarlo”
In quel momento, senza saperlo, i due uomini partivano da due presupposti tanto simili da sembrare, in certi passaggi, anche uno solo, per arrivare ad opinioni opposte.
Paolo era in assoluta malafede. Sapeva benissimo che spesso in quei locali ci si lasciava, per così dire, un po’ andare. Al caldo, con l’aiuto, anche, di alcune altre componenti più o meno ludiche, era abbastanza frequente, così gli avevano detto, che i freni inibitori si allentassero un po’. E lui, di mollare i freni, cominciava a sentirne un certo bisogno. Da quando aveva conosciuto quella Roberta, in una città vicina alla sua, aveva leggermente sbarellato, malgrado la moglie fosse una bellezza da sballo. Ma si sa, molti uomini stufano facilmente la minestra di tutti i giorni e se si trovano davanti una bella pastasciutta all’arrabbiata preparata con molto peperoncino, ci si buttano sopra con notevole entusiasmo. Ecco, Roberta era stata, per lui, una pastasciutta di quel tipo. E si era scaraventato a pesce su quel piatto delizioso. Non che non continuasse a piacergli Carla, beninteso: e come avrebbe potuto non vedere che razza di ben di Dio avesse a portata di mano. Però ‘l’altra’ era pure lei uno schianto di figa eccezionale. Nel loro ambiente non c’era uomo che non se la sarebbe fatta con grande esultanza. Solo che Roby non era tipo da darla al primo incontrato. Ma al secondo, si. E lui, Paolo, era stato così fortunato da scoprirsi esattamente quel secondo. La storia era stata sempre la stessa: una festa tra amici, lui e la moglie insieme, come di consueto. Poi un primo ballo con Roberta appena conosciuta ‘ anzi, era stata proprio quella, l’esca: ‘Ti va di ballare con me tanto per fare due chiacchiere in pace? Oh, sempre che tu non sia già impegnata’.’: il tutto, naturalmente ad almeno una decina di metri da Carla che chiacchierava, a sua volta, con un paio di amiche ‘ poi il secondo ballo, le sensazioni notevolmente sconvolgenti causate da due tette dure e non enormi, proprio come piacevano a lui, premute sul suo petto; il senso del calore che aveva invaso una sua coscia a contatto con il pube della ragazza; un sensualissimo profumo della Maison Dior – una Casa che non si smentisce mai, quanto alla produzione di strumenti di seduzione – mixato ad uno stupendo odore di femmina, autoprodotto, quest’ultimo; due occhi azzurri grandi come fanali, su una bocca che diceva senza muovere le labbra un ‘Baciami, baciami’ che in certi momenti dava la sensazione di trasformarsi in uno ‘Scopami, scopami’. Tutto questo ed altro ancora avevano portato i due verso un’altra sala, dove il ballo c’entrava, si, in qualche modo, ma danzato su di un letto morbido e condìto con una quantità di carezze e di baci e di aromi sempre più intriganti, di pelle, di figa ed anche di cazzo, ambedue vogliosi l’uno dell’altro sino al parossismo.
Carlo era un po’scemo, come la stragrande maggioranza degli uomini. Non aveva capito che la moglie, pur senza comprendere a fondo ciò che stava accadendo, aveva percepito chiaramente il calo del desiderio di Carlo nei suoi confronti. Aveva reagito tentando di fargli ritrovare l’eccitazione di un tempo, a forza di baci, carezze, offerte esplicite che più esplicite non si può di ogni parte del suo corpo. Ogni parte, anche alcune che Paolo non aveva ancora esplorato. Ma il fisico pur forte dell’uomo non era riuscito a gestire due impegni contemporanei, considerato anche che quello, come dire, aggiuntivo, era alimentato dalla sensualità devastante di Roberta che non lo mollava, ogni volta che stavano insieme, sino all’esaurimento più completo. Ed il guaio aveva superato ogni limite quando Paolo, incoraggiato dal successo, aveva iniziato a stropicciarsi ogni fighetta che gli capitasse a portata d’uccello, anche nei brevi interludi tra una scopata e l’altra con la Dea dell’Olimpo che gli era improvvisamente comparsa durante quel primo ballo.
In questo clima un po’ folle, di sensualità straripante, Paolo si era trovato a pensare con sempre maggiore intensità ad un’altra Dea che aveva abbastanza a portata di mano e che si chiamava Susy. Per giunta, lui era abituato alle tette, deliziosissime ma piccoline, sia della sua ‘legittima’ che della nave d’appoggio. Susy, invece, le aveva grandine: nulla di eccezionale, beninteso: ma d’altra parte, al piccolo satiro non piacevano nemmeno i mammelloni straripanti, più adatti a chi abbia complessi antichi ‘ la mancanza del seno materno, ad esempio ‘ che a quanti, ed egli era tra questi, che preferisse abbandonarsi ad un eros intenso. La sua amica sembrava essere calibrata attorno alla terza ‘ quarta ridotta. E lui, Paolo, aveva già immaginato un notevole repertorio di fantasie sessuali che avevano al centro le tette, e non solo, di Susy. Sino ad allora aveva resistito eroicamente alla tentazione, unicamente per motivi di lealtà nei confronti di Corrado, suo amico sin dai tempi del liceo. Ma adesso, la diga sembrava presentare alcune falle ed ora ‘ l’occasione, si sa, fa l’uomo ladro ‘ in quella situazione tanto particolare gli era venuto in testa che un hammam avrebbe anche potuto essere un luogo adatto per riuscire, se non proprio a toccare, perlomeno a vedere con maggiore chiarezza, per così dire, se nella sua collezione potesse essere compreso anche un altro corpo da favola. D’altra parte sapeva, un po’perché glielo aveva confidato Carla, un po’ perché qualche altro amico si era lasciato andare un po’ troppo, magari con l’aiuto di un’ombretta o due, ad interessanti confidenze che dimostravano come la bimba non fosse esattamente un campione di fedeltà. E quindi alcune chances, probabilmente lui le aveva. In ogni caso, valeva la pena di provarci. Quello di cui aveva certamente bisogno era di trovare una giustificazione al tradimento ai danni di Corrado. Ma come si sa, ‘tira più un pelo di figa che una gomena di transatlantico’. Ed infatti, nel giro di pochi secondi erano venute fuori almeno quattro scuse plausibili.
Corrado, invece, era perplesso. Nella sua mente aveva preso forma un’equazione elementare: hammam uguale bagno; bagno, uguale spogliarsi; spogliarsi, uguale Susy abbastanza nuda. Risultato: se nel Bazar erano successe cose di quel genere, cosa mai sarebbe potuto avvenire in un posto come quello verso il quale si stavano dirigendo?
Naturalmente, quando trovarono qualcosa di simile ad un Ufficio Turistico, Paolo, che era il portavoce ufficiale del gruppetto, non chiese, non esplicitamente, di essere indirizzato ad un luogo di piaceri perversi. Ed infatti, le informazioni che gli vennero date da una hostess molto carina ‘ ‘Cazzo, devo essermi ammalato’.Possibile che non abbia altro in testa, se non la figa?’ ‘ riguardavano un hammam di buonissimo livello. Qualche piccolo dubbio gli venne, quando colse un piccolo sorriso divertito che era comparso sul viso della ragazza. Ma non ci fece caso più di tanto. E così, avendo ottenuto un itinerario, si incamminò verso il suo obiettivo, seguito dal resto della squadra.
Entrarono nell’hammam. Ognuno di loro fu fornito di un’attrezzatura completa, dall’accappatoio alle ciabatte da bagno, passando per un panetto di un sapone nero fortemente profumato all’eucalyptolo, per un bel pareo e per una serie di altri piccoli supporti, shampoo compreso.
Corrado era stato più di una volta in saune di diverso tipo e conosceva il metodo di utilizzo, simile in tutti i luoghi dove vengano praticate cure basate sul caldo intenso. Lui aveva sempre fatto una doccia, appena arrivato, e poi era stato introdotto nella sauna vera e propria. Alla fine era stato sottoposto a massaggi di vario tipo, sempre operati da uomini. Le donne venivano massaggiate, invece, solo da altre donne. Quindi, sapeva almeno approssimativamente quale sarebbe stato il trattamento al quale lui, sua moglie e Paolo sarebbero stati sottoposti.
In effetti, la prima parte si svolse come previsto. Con alcune variazioni, si, ma sostanzialmente secondo lo stesso schema. Che ci fosse qualcosa di piuttosto differente dalle sue esperienze passate cominciò a percepirlo quando tentarono di entrare in sale del vapore diverse per maschi e femmine. Susy aveva addosso il pareo che faceva parte dell’attrezzatura fornita dalla Casa, e che copriva il suo perizoma nero ed il reggiseno, mentre i due uomini avevano anche loro un pareo a coprire la parte inferiore del corpo, dalla pancia in giù, mentre sotto avevano conservato gli slip. Vennero bloccati da degli addetti che con un accattivante sorriso sulle labbra, spiegarono a gesti che era stata loro assegnata una sala unica, ma non riservata. Abituati alla promiscuità delle spiagge italiane i tre non ci trovarono nulla di strano. Paolo, anzi, sembrò abbastanza eccitato dall’idea, chissà perché’ Corrado non si faceva troppi problemi, visto il livello del locale che sembrava davvero altissimo, e Susy pensava che tutto sommato, esibire un po’ le sue bellezze non sarebbe stata una cosa così spiacevole, dopotutto. Era assieme a due uomini e questo la faceva sentire abbastanza sicura. C’era anche un’altra cosa, che le frullava per la testa: le era sembrato di aver colto, nello sguardo di Paolo qualche accenno di particolare interesse nei suoi confronti, ed il suo istinto di femmina le diceva che forse, da quel bagno in comune, o quello che era, sarebbero potute derivare alcune conseguenze interessanti, da gestire, tuttavia, con grande attenzione e prudenza, per via dell’esistenza non trascurabile di due altri personaggi, un marito ed una moglie.
La cosa assunse connotazioni un po’ diverse quando capirono che sarebbero dovuti entrare nella sala completamente nudi. A questo punto, i loro schemi consuetudinari venivano leggermente stravolti. Il primo a sbottare fu Corrado.
‘Ma cosa cazzo pensano di fare?! Figurati se faccio entrare Susy là dentro, con tutta la gente che ci sarà! Non se ne parla proprio. Dai, bimba, che ce ne andiamo.’
Peccato che la ‘bimba’ non avesse alcuna voglia di rinunciare. Le era capitato un paio di volte di stare nuda su alcune spiagge isolate, frequentate da pochissima gente, tutta nelle sue stesse condizioni, e la cosa non l’aveva turbata nemmeno un po’. Dei suoi due compagni, uno era suo marito, mentre l’altro era un amico sul quale, peraltro, aveva fantasticato più di una volta, tanto che le era capitato, mentre scopava con suo cugino Mario, di pronunciare senza volerlo coscientemente, il nome di Paolo. Mario s’era anche un po’ incazzato e lei aveva dovuto arrabattare una spiegazione, anche se, alla fine era ricorsa ad un argomento ineccepibile: ‘Ma cosa mai mi vieni a controllare! Cos’è, non ti ricordi che stiamo cornificando mio marito senza pensarci nemmeno?’ Per la verità, la frase, con il suo errore di nome non c’entrava poi un granchè. Però Mario si era bloccato per via di un complesso di colpa che l’aveva improvvisamente assalito, e pensandoci bene si era convinto che una così bella scopata con sua cugina poteva compensare una quantità di problemi etici. Anzi, pensare che Susy potesse essere stata, come dire, festeggiata anche da un altro uomo (nel senso che non era lui solo, a farle la festa’.) gli aveva regalato immagini molto eccitanti alle quali aveva reagito sbattendola sino a farla urlare di dolore e di gioia. Per ciò che riguardava Paolo, invece, Susy si era fermata in passato a delle fantasie, per quanto ricche e piacevoli, solo perché Carla era una sua cara amica, ed aveva deciso di non farle un torto. Si era limitata ad un po’ di masturbazione sotto la doccia, ricorrendo all’immagine idealizzata di un pene che naturalmente non conosceva. Tuttavia era da molto che aveva voglia di vedere Paolo nudo, per constatare direttamente se i racconti di Carla circa la dotazione del suo compagno corrispondessero alla realtà. Ed anche se in modo molto latente, le era rimasto sempre il desiderio di un’esperienza reale da affrontare con il contributo essenziale del compagno occasionale. Aveva creduto alla sua amica, naturalmente, data l’intimità che le legava e che le induceva ad uno scambio di notizie molto, ma molto approfondite. Talmente approfondite che qualche volta ambedue avevano avuto perfino la tentazione di scambiarsi qualche effusione particolare, nei momenti nei quali le confidenze dettagliate provocavano inondazioni robuste delle loro vagine. Si erano limitate, però, ad alcune carezze che tutte e due avevano cercato di far passare per casuali, e ad un bacio mascherato per manifestazione di grande affetto. Negli ultimi tempi, tra l’altro, la sua mente era ossessionata da una confidenza di Carla, circa la scarsità di prestazioni sessuali da parte di Paolo. Considerando che l’amica era senza dubbio una bonazza di notevoli proporzioni, Susy era giunta alla conclusione tutt’altro che errata, che Paolo pascolasse fuori di casa con notevole appetito. E, sapete, in fin dei conti, quando si scopre una fontana che offra grande abbondanza d’acqua, che ci si dissetino in venti od in cinquanta, la sostanza non cambia un granchè. E quindi la sua fantasia aveva cominciato a correre ancora più di prima.
Paolo, anche lui, non aveva problemi. L’avventura l’aveva intrigato non poco e stava aspettando, eccitatissimo, gli sviluppi di una situazione che gli sembrava molto, ma molto interessante. D’altra parte, certi sguardi di Susy gli avevano fatto intuire di non esserle affatto indifferente. E siccome la fedeltà matrimoniale gli interessava solo in un’ottica piuttosto maschilista, una volta stabilito che Carla non l’avrebbe mai tradito lui, invece, si dava da fare abbastanza da compensare anche la fedeltà della moglie.
Corrado si rese conto di dover fare buon viso a cattivo gioco. Se si fosse messo a fare casino avrebbe fatto la figura del geloso stupido e retrogrado. Finirono di spogliarsi del tutto. Susy riuscì a dare un’occhiata tra le gambe di Paolo, costatando la presenza di un pendolo, che nemmeno quello di Focault, e di due palle molto più attraenti, e presumibilmente dolci, delle caramelle che era abituata a succhiare. Poi si riavvolsero con il pareo ed, in fila, si avviarono la sala del vapore, il vero hammam. Corrado era incazzato e taciturno. Paolo, invece, che aveva ricambiato, non visto, le occhiate indaginose di Susy, aveva il suo daffare per nascondere in qualche modo la crescita velocissima che il suo uccello aveva subito per via dell’immagine di lei nuda.
Entrarono timidamente. Sulle panche in pietra disposte attorno alla stanza, attaccate alle pareti, erano accosciati una decina di arabi, tutti uomini, rigorosamente nudi. In mezzo alla sala, da un grande recipiente pieno d’acqua uscivano enormi sbuffi di vapore che avevano già saturato l’aria. I tre provarono immediatamente un senso di calore quasi insopportabile. Sedettero anche loro sulle panche. Uno degli arabi, un uomo fornito di baffi e barba bianchi, il cui membro era languidamente appoggiato sulla panca, tra le sue gambe raccolte, fece loro un cenno accompagnato da un sorriso sdentato, invitandoli a togliersi i teli che li coprivano.
‘Non diamogli retta!’ sussurrò Corrado, rivolto al bene di suoi occhi ed all’amico seduto vicino a loro due. Susy e Paolo annuirono con un breve cenno del capo. L’arabo ripetè il suo gesto e loro risposero con un sorriso ed una scossa del capo, in segno di rifiuto. L’uomo, allora, fece un gesto di rifiuto con la mano, si girò verso un suo vicino e gli disse alcune parole che provocarono l’ilarità di ambedue. Continuavano a guardare verso i tre italiani e dalle loro espressioni era evidente che li stavano sfottendo a sangue approfittando della incomprensibilità, per moltissimi stranieri, della loro lingua,. La faccenda andò avanti così per alcuni minuti. Poi dalle labbra della ragazza uscirono un paio di parole sussurrate:
‘Volete vedere, brutti stronzi?’ mormorò a fior di labbra, ‘ed allora riempitevi gli occhi!’. Con un gesto rapido si levò di dosso il pareo, restando splendidamente nuda. Paolo la seguì un attimo dopo. Corrado si rese conto del ridicolo offerto dal suo corpo coperto, l’unico, ormai, e si denudò anche lui. Dalle banchine si sollevò un mormorio di sorpresa e di inconfondibile ammirazione. Tutti gli arabi avevano appiccicato gli occhi addosso a Susy e scambiavano commenti eccitatissimi. Alcuni fecero anche alcuni gesti inequivocabili utili per esprimere in modo evidente la loro ammirazione, ma non solo, per quel corpo di donna nudo.
Due degli arabi, il cui uccello sfiorava ormai la stratosfera, si alzarono pigramente dirigendosi verso il gruppetto italiano. Gli Italiani cominciavano a rendersi conto di essersi cacciati in una situazione molto difficile. Stavolta fu Susy, a reagire. Beh,adesso stiamo esagerando! Prima quel tizio nel Bazar, adesso questi due. Ora gliela insegno io, la buona educazione” Prima che Paolo riuscisse a fermarla, sparò un paio di ‘Stronzi’ e ‘Coglioni’ in faccia ai due arabi sbalorditi e fece anche un gestaccio internazionale, con il dito medio alzato.
I marocchini erano impietriti. Che una donna potesse comportarsi così, senza che il marito le riempisse la schiena ed il culo di frustate, era per loro assolutamente incomprensibile. Guardarono Corrado con disprezzo evidente, mentre Susy, afferrato il pareo, si era ricoperta e si stava avviando verso l’uscita, seguita sempre più rapidamente dai due arabi. Corrado e Paolo si posero tra lei ed i suoi, beh, ammiratori, ai quali si erano aggiunti alcuni altri dei presenti. In quel momento la porta si aprì per fare entrare un uomo gigantesco. Pronunciò delle frasi in tono interrogativo. La risposta non dovette piacergli molto, perché si rivolse ai suoi connazionali e li riempì di male parole. Mentre i due tornavano mogi mogi ai loro posti, il gigante si rivolse in francese a Susy ed ai suoi compagni:
‘Buongiorno, sono Noureddine Choukri, il padrone di questo hammam. Spero che vogliate perdonarmi, Signori. Sapete, questa non è l’Italia (siete italiani, vero?) e le abitudini sono molto diverse. Per i miei conterranei, una donna nuda è una bagascia per definizione, da usare e poi buttare via. Non sapevate queste cose, quando avete deciso di venire in Marocco?’ Il tono, per quanto cortesissimo in apparenza, rivelava però ad orecchie sensibili, una leggera vena sarcastica e sprezzante.
‘Beh,’ rispose Paolo,’ce l’avevano detto, per la verità, ma noi pensavamo che si trattasse di esagerazioni. Ci sembrava impossibile che nel 2009 si verificassero ancora cose di questo genere’.’ In modo più o meno velato, aveva ricambiato il padrone con la stessa moneta.
‘Mah, sapete, il Marocco è all’avanguardia, nell’Africa del Nord, ma certe abitudini sono dure a morire. Mi dispiace davvero che sia successa una cosa del genere. Vorrei che mi permetteste di offrirvi un massaggio gratuito, per farmi perdonare’.
Intanto l’uomo li aveva guidati verso un Bar all’interno dello stesso fabbricato. ‘Ordinate pure tutto ciò che desiderate. è un omaggio della maison.’ Evidentemente timoroso per una cattiva pubblicità, l’uomo tentava di ingraziarsi quei tre stranieri.
‘E adesso, che facciamo?’ chiese Paolo retoricamente agli altri.
‘Ah, basta, mi sono proprio rotto i coglioni!’ disse Corrado, scolandosi il terzo Laphroaig consecutivo. ‘Questi cazzi d’arabi!’ pensava, in un pezzetto del suo cervello, senza far troppo caso alle implicazioni razzistiche, ‘Magari avranno anche idee discutibili su alcuni argomenti, ma in materia di whisky, alla faccia delle prescrizioni del Corano, se ne intendono, eccome!’, ‘Secondo me, ce ne andiamo e che vadano tutti a prendersela nel culo!’ E tirò giù il quarto bicchiere di liquido ambrato.
Susy era pensierosa. Il suo primo piano era saltato, ma l’offerta di un massaggio le avrebbe permesso ugualmente di soddisfare molte delle sue curiosità.
‘Sentite’ disse’ va bene, non vale la pena di rischiare la terza guerra mondiale per un po’ di vapore. Ma il massaggio, perché no? è riservato, e sicuramente quel tipo non permetterà che accadano altri incidenti, non vi pare?’
Corrado, praticamente non connetteva più, anche perché mentre la moglie parlava, dal suo esofago erano transitate altre due dosi abbondanti di liquore. Paolo invece, che si era mantenuto sobrio, guardò verso la ragazza, lesse nei suoi occhi un lampo inequivoco di interesse ed assentì, rivolto al Signor Choukri.
‘Va bene, grazie. La ringraziamo molto. Però, per piacere, dopo quello che è accaduto, preferiremmo che la Signora restasse vicino a noi anche durante il massaggio. Sa, tra noi c’è un grande rapporto d’amicizia: vederci nudi reciprocamente non ci fa nessun effetto.’ Si rendeva conto di risultare un tantino contraddittorio, rispetto alle proteste di poco prima, ma francamente non gliene fregava niente: ormai il suo animo nobile era giunto assai oltre il desiderio di vedere Susy nuda; in effetti ormai aveva puntato la preda grossa e non intendeva lasciarsela sfuggire od assaggiarla solamente.
Noureddine si alzò:
‘è un piacere per me! Seguitemi, se non vi dispiace.’ Li accompagnò sin davanti ad una porta. Corrado barcollava senza ritegno.
‘Voi sapete, come ci si deve comportare, per il massaggio, vero?’ disse l’arabo’Anzitutto è necessario farsi una doccia. Poi si entra nella sala massaggi e ci si stende sul lettino lasciando in evidenza la parte da massaggiare. Ma per questo aspetto, continuò con voce serafica,’ non poniamo limiti. Magari, è molto probabile, i primi massaggi vi piaceranno molto e vi verrà la voglia di farvene fare anche su altre parti del corpo. Al resto ci pensa il mio Personale: tutta gente esperta e di grande livello professionale. Vedrete che sapranno darvi tutto il piacere che si può ricavare da un massaggio ben fatto.’ Aprì la porta ed i tre si ritrovarono in una piccola bussola coi vetri trasparenti, che dava accesso ad un altro locale molto più grande con il pavimento inclinato verso il centro, dove si apriva un foro di scarico. Ad una parete della bussola due attaccapanni erano attaccati alla parete ed in un angolo era poggiato uno sgabello. Dalla parte opposta della stanza più grande si apriva un’altra porta verso l’ignoto. Dal soffitto sporgeva almeno una mezza dozzina di docce piuttosto grandi.
‘Di solito, utilizziamo sale diverse, a seconda del sesso. Ma visto ciò che mi avete detto sul vostro rapporto di amicizia, penso che avrete piacere di lavarvi tutti insieme.’ Rivolse, mentre parlava, un sorrisino d’intesa a Paolo che ebbe anche l’impressione di vedergli strizzare lievemente un occhio.
‘Questo ha capito tutto.’ pensò l’italiano, a disagio per un attimo, ‘Ma si, chi se ne frega”
Choukri uscì. Paolo e Susy si tolsero i pareos ed aiutarono Corrado a farlo anche lui, malgrado lo sguardo pressochè vitreo ed il sorriso idiota che portava stampato in faccia. Paolo guardava ormai apertamente Susy che lo ricambiava con la stessa attenzione. Aveva già visto la ragazza nuda prima, quando lei si era spogliata di fronte agli arabi, nella sala del vapore, prima della fuga precipitosa. Quando aveva avuto davanti a sè la visione di quelle splendide tette sode e dritte, sormontate da delicati capezzoli rosa, aveva provato un brivido improvviso. Il suo uccello aveva immediatamente cominciato ad irrigidirsi, anche sotto lo stimolo della vista del grembo totalmente depilato di Susy. I fianchi della ragazza erano torniti e connessi armoniosamente all’inizio delle lunghe cosce affusolate, lisce ma insieme toniche. La vita era snella, le braccia facevano desiderare spasmodicamente di abbandonarsi entro la loro stretta. Le manine piccole ‘ lui le ‘aveva viste’, rammentò, con un improvviso spasmo ulteriore di desiderio, stringere il suo pene -, il collo era lungo, da cigno. Quando parlava o sorrideva apriva un po’ le labbra piene che rivelavano una splendida chiostra di denti dalla quale, ogni tanto, guizzava fuori una linguetta saettante. Quando gli arabi avevano cominciato ad avvicinarsi, Susy aveva avuto un moto istintivo di difesa e si era racchiusa su se stessa, seduta e con le ginocchia all’altezza del mento, le braccia che circondavano, trattenendole, le gambe per impedire ai talloni di scivolare. Non si era accorta di avere offerto in quel modo, alla vista di tutti i presenti, uno spettacolo di eroticità senza pari, la tenera figa ed il culetto totalmente esposti, sormontati dal corpicino rosato e dalla sua testina bionda, gli occhi azzurri chiaramente spaventati.
Quando la ragazza sciolse il pareo per poi attaccarlo ad uno degli appendiabito, Paolo si sentì nuovamente assalito da un’eccitazione travolgente. La sua preda, una sorta di Venere sorgente dalle acque in tutta la sua sensualità incontenibile, era ormai alla portata dei suoi denti (denti?!) aguzzi. Sentì il membro innalzarsi prepotentemente dal suo pube esponendosi alla vista della donna in tutto il suo vigore prorompente. Lo sguardo di Susy, i suoi occhi già lucidi di desiderio, gli dissero che il traguardo non era più troppo lontano. Aprì i rubinetti, miscelando l’acqua sino a che Susy gli fece un cenno con la testina bionda, la sua bella bocca leggermente aperta in un dolce sorriso carico di promesse. Corrado era appoggiato alla parete. Non sembrava proprio che l’acqua gli servisse per riconquistare almeno un pizzico di lucidità. Susy e Paolo terminarono di lavarsi e poi, sorreggendo Corrado alla bell’e meglio, sia avviarono verso la porta misteriosa. Paolo veleggiava tra l’imbarazzato, per via di quel palo che gli era cresciuto improvvisamente tra le gambe, ed uno stato di eccitazione folle che si acuiva momento dopo momento, allo spettacolo stupendo dei seni di Susy che sobbalzavano leggermente mentre lei camminava. Aveva manovrato per avvicinarsi a lei sino a sfiorarle il seno e la pancia, ed in ambedue le occasione l’aveva sentire fremere senza alcun dubbio. Vedeva le due gambe superbe avanzare passo per passo, stranamente strette dagli inguini sino al ginocchio e si chiedeva confusamente il perché. Lei, quel perché lo conosceva benissimo: poche volte si era sentita così eccitata, in vita sua e le sembrava di potersi difendere solo in quel modo dalle sensazioni stravolgenti che provava dall’inizio del pube sino allo stretto buco del suo incantevole culetto passando per tutta la cuffietta di carne che avvolgeva la clitoride eretta e sensibilissima, per le labbra, tutte, grandi o piccole che fossero e per il perineo. Tutta quella sua carne aveva acquisito una sensibilità assolutamente esasperata, acuita dalla consapevolezza di starsi avviando verso un cantuccio mai visitato, incredibilmente, della sua sessualità, in presenza, per di più, del marito, di colui al quale pensava come ‘il suo uomo’, esattamente nel momento in cui desiderava spasmodicamente un altro cazzo, quello che vedeva, dritto come una freccia, in suo onore, procedere impavido verso un possibilissimo campo di battaglia.
Aprirono lentamente la porta”

”..E Carla sprofondò improvvisamente nel sonno.’

Si risvegliò lentamente. Percepiva delle dita che le massaggiavano delicatamente le tempie. Le davano, quelle dita, una sensazione di benessere infinito.
Si rese conto di essere distesa sul letto, ma non riusciva a ricordare come ci fosse finita. Aprì faticosamente gli occhi e vide davanti a sé una specie di lenzuolone bianco che ondeggiava leggermente. Ci mise qualche secondo, a capire che non si trattava di un fantasma ma di un essere umano con un djellaba addosso. A quel punto scattò un interruttore mentale: Carla ricordò dov’era ed intuì anche che in cima a quell’indumento e fuori dalle sue maniche dovevano esserci le testa e le mani nervose e dolcissime di Ahmed. Riabbassò le palpebre. Le sensazioni che le trasmettevano quelle dita erano incredibilmente piacevoli. Quando Ahmed comprese che Carla si era svegliata abbassò le mani ed il delicato massaggio si trasferì sui lati del collo e sulle spalle, spingendosi episodicamente anche un tantino più giù, verso il seno, ma tornando poi più in alto a carezzare quella pelle così tenera e delicata.
Ora le mani brune si mostravano capaci di esaltare ancor di più le sensazioni terribilmente piacevoli che Carla aveva provato al risveglio. La prima volta che esse cominciarono la loro lenta discesa la ragazza, ancora un tantino torpida, non pensò ad altro se non ad assaporarle. Quando Ahmed tentò una seconda escursione verso le colline, nella mente della sua’ – vittima? paziente? oggetto di desiderio? ‘ sprizzò un lampo: era ancora vestita o no? E se lo era, aveva solo la camicina del baby, od in qualche modo aveva recuperato anche il tanga? Se era distesa sul letto mentre prima di addormentarsi era semiseduta sul pouf, non poteva essere successo altro se non che Ahmed l’avesse presa in braccio per operare il trasferimento. Non sentiva più l’accappatoio con il quale, ricordava, si era coperta all’inizio di quella strana avventura: il ragazzo arabo stava guardandola, quindi, in tutta la sua nudità, parziale o totale che fosse. Eseguì una rapida esplorazione con la mano destra. Si, la camicina c’era ancora, abbassata a coprire il suo pube. No, le mutandine non erano tornate ancora al loro posto. Carla avvampò: questo significava che quando era stata tra le braccia di Ahmed, lui aveva potuto vedere e forse anche sfiorare i suoi seni ‘ la camicina era rimasta trasparente, ovvio – mentre le sue braccia avevano sentito il tocco delle sue cosce e, con ogni probabilità, lui si era potuto beare anche della vista,e forse non solo, della sua fighetta, del suo tenero pancino, del suo culetto. In qualche modo, pensò la ragazza, Ahmed l’aveva già posseduta. Per un breve attimo si vergognò orribilmente. Poi, istintivamente, quell’idea divenne sempre più piacevole, nei suoi pensieri, e Carla si abbandonò del tutto a quella magia.
Ahmed continuava il suo lento viaggio sempre più in basso, dentro la scollatura del baby doll. Carla sperimentava una straordinaria alternanza di sensazioni opposte: i percorsi delle mani di Ahmed la rilassavano meravigliosamente quando sostavano sulle spalle e sul collo, sulla nuca e dietro le orecchie, laddove il tocco diventava leggerissimo, una carezza dolce ed irresistibile, sulla fronte e sulle sue palpebre abbassate; ma quando lei si sentiva talmente in pace con se stessa e col mondo, al punto da cominciare a sprofondare di nuovo nel sonno, quelle stesse mani riprendevano a scendere verso i suoi seni. Le carezze diventavano tremendamente sensuali e lo stesso andamento delle dita ‘ un centimetro più in basso, uno verso l’alto; i polpastrelli che nel momento in cui nel corpo della ragazza cominciavano a manifestarsi i primi sintomi di godimento si fermavano proprio quando tutto il suo essere anelava sempre più ad un tocco più sicuro e deciso, facendola morire di frustrazione; i seni induriti, i capezzoli allungati e dritti, incredibilmente sensibili anche al solo tocco del tessuto del suo impalpabile indumento ‘ quel sensualissimo andamento, quel procedere lentissimo ed inesorabile, stavano facendole perdere progressivamente il suo contatto con la realtà, spostandola in un mondo dove esisteva solo un incontrollabile desiderio di sesso. Desiderava con tutta se stessa il tocco, sulle sue, delle labbra del ragazzo che stava usando ‘ si, usando, ma certo non per farla soffrire – il suo corpo con un’incredibile abilità Ed aspettava anche, con ansia, degli stimoli dolorosi che, lo sentiva istintivamente, non avrebbero potuto che sommarsi al piacere che andava montando sempre più. La clitoride aveva assunto una sensibilità esasperata, oltre ogni possibile immaginazione: il desiderio di essere sfiorata là, su quel tenerissimo lembo del suo corpo, diventava ogni momento che passava sempre più frenetico, irresistibile. Le mani brune scendevano ancora una volta, con un movimento lentissimo, lungo la dolcissima curva che portava ai capezzoli,
senza alcun riguardo per il desiderio ormai contenibile che emanava da ogni poro di quello splendido corpo di ragazza. Carla, per l’ennesima volta, tratteneva il respiro in attesa del primo, sensualissimo tocco. Si fermarono, quelle mani, ed ancora una volta presero a risalire. Carla non resistette più. La sua manina destra si portò tra le sue stesse gambe strette, e cominciò a carezzarsi, dal monte di venere in giù. L’altra mano infilò due dita nella vagina non senza aver prima sfiorato la clitoride, facendo sussultare tutto il corpo. Un attimo dopo, il tocco sul suo petto si arrestò ed i suoi polsi vennero catturati e legati con due foulards di seta azzurra attorcigliati, per poi venir fissati alla spalliera del letto. Carla spalancò gli occhi spaventata:
‘No, la Signora non deve temere! Ahmed desidera solo che la Signora tragga dal suo massaggio ogni benessere possibile’.’ Un, nel quale la sua vista era del tutto nulla. Subito dopo le sue orecchie vennero chiuse da due morbidissimi tappi che tuttavia, impedivano completamente ai rumori circostanti di giungere fino al suo cervello. Aprì la bocca:
‘No, Ahmed, ti prego! Cosa mi stai facendo?’
Non sentì, naturalmente una qualsiasi risposta da parte dell’arabo, il quale aveva però alzato la cornetta del telefono, per poi premere il tasto che corrispondeva all’office dell’hotel. La risposta giunse immediata: un sorriso comparve sul volto del ragazzo, dolcissimo.
Trascorsero pochi attimi, lunghissimi per Carla, che non riusciva a immaginare il perché di quell’improvviso arresto del suo compagno di qualche ora. Vedeva Ahmed immobile, le mani, quelle mani dal tocco meraviglioso unite sul suo grembo. Lo vide girare la testa verso la porta e la sua bocca pronunciare una sola parola. L’uscio si aprì per lasciar passare una forma femminile, dai lunghi capelli neri, vestita di un kafthan giallo ricamato di rosso. La ragazza, dal viso bellissimo, si avvicinò al letto e sfiorò la fronte dell’italiana con un tocco forse ancora più delicato di quello di Ahmed.. Da una tasca dell’abito prese un terzo foulard che prese le funzioni di una benda sugli occhi, ciò che sprofondò Carla in un mondo nero e privo di luce.
Ora Carla era totalmente isolata. Il tocco della punta di un dito sulla sua pelle le fece comprendere come l’averla privata dei sensi fosse servito tuttavia ad acuire la sua sensibilità ben oltre il limite della tollerabilità. Non potè sentire la voce di Ahmed rivolgersi alla sua compagna:
‘Karima, ora, assieme, faremo in modo che la Signora italiana possa conoscere quanto noi abbiamo a cuore la sua felicità per essere ospitata da noi.’
‘Oh, Ahmed, ne sono felice’ Era molto, molto tempo, che desideravo passare dei bei momenti con una donna dai capelli biondi” Tirò via il lenzuolo che copriva Carla:
‘Ah, è già pronta!’ disse, ammirando la nudità del pube della ragazza distesa ‘è una vera bellezza. Anche il suo vello, pare d’oro. Prepariamoci, ti prego.’
Si tolsero ambedue il vestito sotto il quale non portavano nulla. Il bellissimo fisico atletico del ragazzo faceva splendido pendant con il corpo pieno e voluttuoso di Karima. I due si avvicinarono, le mani dell’uno poggiate sul corpo dell’altra e viceversa. Cominciarono ad accarezzarsi, lui sui seni di Karima e sul suo ventre, lei sui fianchi del suo compagno e subito dopo sul suo pene già svettante in tutta la sua magnificenza di maschio potente. Le loro labbra si unirono per qualche istante e le lingue esplorarono reciprocamente le bocche per qualche minuto. Poi le dita che stringevano fortemente i capezzoli di Karima, sporgenti dai seni saldissimi e dalle punte che puntavano verso l’alto, allentarono la presa. I suoi gemiti, i suoi ansiti di dolore, di piacere, diminuirono di intensità, ma per poco: quanto occorse perché le mani di Ahmed spingessero il corpo di lei contro un muro, per poi scendere a carezzarla tra le gambe, facendola sospirare ancora profondamente. Il dito medio dell’uomo prese a carezzare piano le grandi labbra e poi la clitoride erta della ragazza che tentò di portare la vulva verso la mano che le stava procurando un enorme piacere, ma senza successo. Il tocco delicato ma deciso, che non si interrompeva neppure per un attimo, cominciò a provocarle sensazioni stupende ma che divennero presto insopportabili per intensità. Piegò d’istinto il corpo. La sua bocca, abbassandosi, si trovò quasi all’altezza degli inguini del suo compagno. La mano che teneva il pene lo condusse tanto vicino da poter essere lievemente toccato dalla lingua di Karima dopo che il culmine, col meato dilatato, era stato spogliato dal prepuzio circonciso. La punta della linguetta saettò sul buchino e dentro di esso, per poi percorrere lentamente tutto il glande e procurando all’uomo un’eccitazione sempre crescente, alla quale egli non cedeva solo grazie all’addestramento al quale era stato sottoposto dai suoi Maestri di sesso.
Ad un solo attimo dall’orgasmo Ahmed sollevò Karima ponendole le mani sotto le ascelle madide di sudore profumato di donna e la guardò negli occhi:
‘Sei pronta?’ le chiese, carezzandola piano dietro le orecchie. Lo sguardo annebbiato dal piacere, lei assentì lentamente. Con grande sforzo si staccò dal suo compagno e si fece accompagnare sino al letto. Le carezze che si erano scambiati sino a quel momento erano servite ad eccitarli senza più limiti, né freni.
Carla percepì il peso dei due corpi che andavano ad aggiungersi al suo, sul letto. I suoi sensi bloccati non le consentivano di sfiorarli né di vederli. Poteva sentire solo il suo stesso ansimare in trepida attesa unita ad un vago timore per ciò che, fuori ormai da alcun dubbio, stava per accadere.
Il primo tocco fu delicatissimo, subito sotto l’attaccatura dei capelli. Per quanto leggero fosse stato il contatto delle dita di Ahmed con la sua pelle, il tocco attuale le pareva simile a quello di una piuma. Non c’era dubbio che si trattasse delle mani di Karima. Sentì un dito comporre dei circo letti sulla fronte per poi esplorarla lentamente in tutta la sua lunghezza, con una carezza simile a quella di una madre che vuole addormentare il suo piccolo. Un senso di calma e di sonnolenza si diffuse nella mente di Carla le cui palpebre, coperte dalla seta, andavano abbassandosi sempre più, in preda ad un torpore crescente ma che lasciava inalterate le sue percezioni tattili.

Karima era sdraiata a destra di Carla, su di un fianco. Il suo braccio sinistro poggiava sul materasso, e lei poteva ammirare dall’alto il corpo della splendida bionda. La sua pelle ambrata sembrava essere stata abbronzata dal sole del suo Paese. I seni pieni, solidissimi e dritti, mostravano il rigonfiamento del capezzolo in cima al quale le punte sporgevano aggressive. Le gambe, molto lunghe, erano poggiate una sull’altra, la destra piegata sulla sinistra. Il pube ne veniva occultato, ma a chi avesse potuto guardare con attenzione, non sarebbe sfuggito un piccolo rivolo che sgorgava dalla sua sorgente pulsante. Karima considerava la sua premura nei confronti del corpo dell’altra ragazza, come un’estensione dell’emotività suscitata in lei, poco prima, dalle carezze di Ahmed. I suoi sensi continuavano ad essere infiammati al massimo e, se possibile, risultavano ancor di più esasperati dalle sensazioni di possesso di quel corpo di donna che giaceva vicino a lei. L’indice della sua destra continuava a percorrere con estrema lentezza il viso dell’Italiana, soffermandosi su ognuno dei sensualissimi particolari a cominciare dai bei capelli, chiari quanto erano scuri i suoi, altrettanto attraenti. Il suo polpastrello carezzava il nasino, le guance, per poi scendere verso le orecchie. Vellicò pigramente il padiglione di quella destra e si infilò con estrema delicatezza al suo interno. Carla si inarcò, sotto lo stimolo irresistibile, ma subito la mano di Karima si spostò per portarsi sul collo della sua bella vittima, sino alla fossetta sulla gola. Fece una breve sosta e si diresse verso il seno destro della ragazza distesa vicino a lei. Carla respirava sempre più pesantemente. Non avrebbe ormai rinunciato a quelle carezze, a quelle delicatissime mani, a quegli odori di femmina e di maschio, conditi da profumi quanto mai sensuali, anche se pesanti e penetranti, nemmeno per tutto l’oro del mondo. Non l’avrebbe distratta neppure l’ingresso improvviso, quanto improbabile, di suo marito e dei suoi amici. Non l’avrebbe turbata neppure l’invasione da parte di un battaglione di Carabinieri a cavallo, lanciati in una folle corsa, in gara con altrettanti tuareg. La sua vita, tutto il suo essere era ormai impegnato in una frenetica attesa di nuovi contatti sempre più intimi e coinvolgenti dei quali, tuttavia, non sapeva immaginare la natura e la piacevolezza.
Sul lato sinistro del suo corpo, Ahmed cominciò a seguire le orme della sua compagna araba. Il suo, era uno splendido corpo atletico, ramato, asciutto, capace di dare una sensazione di potenza senza limiti assieme ad una straordinaria dolcezza. Seduto sul letto in una posizione simile a quella del loto, osservava le reazioni di Carla alle carezze di Karima, intento a comprendere quali fossero i suoi punti erotici più sensibili. Era stato iniziato ed addestrato all’arte del sesso da Maestri arabi le cui conoscenze affondavano nelle esperienze di secoli e secoli, nelle quali entrava a buon diritto anche qualcosa di più della Magia elementare. Aveva appreso a controllarsi anche nei momenti di maggiore eccitazione. Aveva imparato l’utilizzo dell’attesa come strumento di piacere quanto mai raffinato. Conosceva perfettamente l’anatomia del corpo di una donna e, naturalmente, anche di quello di un uomo: in ambedue, Ahmed sapeva suscitare vertici impareggiabili di piacere. Non aveva limiti, nella conoscenza di diverse sostanze capaci di esaltare le sensazioni e di provocare eccitazione persino in corpi che avessero perso per qualche motivo ‘ chirurgico; fisiologico ‘ quelle capacità. In segreto, era stato chiamato a far parte di un Gruppo, una Setta di cultori della sensualità, nella quale era giunto ad un alto livello di specializzazione e di Grado iniziatico. Egli provava piaceri sconosciuti ai più, di enorme raffinatezza. Godeva contemporaneamente col corpo e con la mente, in maniera totale.
Finalmente si mosse’ Dal ventre incavato, dai suoi lombi, si ergeva un’asta armoniosa, di normali proporzioni, sormontata dal glande che fuoriusciva da un prepuzio circonciso. La ridotta sensibilità dovuta all’esposizione costante aveva tuttavia l’effetto di consentirgli una inusuale resistenza all’eiaculazione, ciò che ovviamente aveva sempre suscitato grande soddisfazione nelle sue partner. Karima, che sentiva sotto le sue dita le vibrazioni sempre più incontrollabili dell’italiana, lo guardò e gli fece un breve cenno d’assenso. Ahmed sfiorò la pelle della sua vittima, felice di essere tale, sul punto, vicino al fianco, nel quale il seno nasce, per poi risalire, pianissimo, verso l’alto. Il secondo tocco scosse Carla in modo frenetico. Capiva di essere ormai l’obiettivo di un gioco tanto perverso quanto piacevole. Quando le due mani, quasi contemporaneamente, giunsero sui capezzoli per poi esercitarsi in una stretta sempre più decisa, la ragazza si contorse come colpita da una scossa elettrica Fitte di desiderio si propagavano a macchia d’olio nel suo corpo, giungendo sino ai nervi più periferici ed insospettati. Gli epicentri situati nelle collinette che i due arabi andavano sollecitando, infrangevano le proprie onde contro quelle provenienti dal suo basso ventre, creando uno tsunami travolgente e devastante che le toglieva ogni possibilità di utilizzare in qualche modo la ragione e la razionalità. Quel picco di piacere risultava per di più acuito in maniera quasi insopportabile dalla concentrazione sensoria derivante dalla privazione di quasi tutti i sensi, salvo il tatto e l’odorato, che al primo era strettamente collegato. Quegli odori, oh, quegli odori’. Un misto di profumi acri e dolci assieme, un mix straordinario e naturale che le essenze di cui gli altri due corpi erano cosparsi servivano ad esaltare ed a completare. Ahmed si curvò il tanto da recuperare il suo abito..I capelli, trattenuti sino a poco prima dal fez, ricadevano ora, corvini, sulle sue spalle possenti. Estrasse da una delle tasche un nastro di tessuto nero col quale li legò a formare una morbida coda di cavallo. Frugò ancora sino a trovare una bustina di stoffa arabescata dalla quale emersero alcuni bastoncini di incenso, un fiammifero e qualche frammento di legno di sandalo: ne accese uno per poi trasmetterne la fiamma ai bastoncini. Carla, che pure aveva l’abitudine di usare l’incenso a casa sua per profumare l’aria, fu sconvolta dalla diversa natura dell’odore che proveniva dalle volute di fumo che si alzavano pigramente in aria. Sulle bustine che lei acquistava normalmente in Italia c’era scritto ‘Cannabis’, ‘Oppio’, ma quegli aromi, per quanto gradevolissimi, non avevano nulla a che fare con l’intensità e la particolarità di quelli che approdavano ora alle sue narici. La sua mente perse completamente il contatto con la realtà, e la ragazza si abbandonò del tutto alle straordinarie sensazioni tattili che i due marocchini le procuravano senza interruzioni.
Il tocco maschile sul suo petto si spostò, sostituito da quello femminile. I due seni, ora, erano ambedue nelle mani di Karima, che se ne era impossessata dopo un brevissimo sguardo d’intesa con il suo compagno. Quella di Ahmed scivolò pigramente sullo stomaco e poi ancora più giù. Si soffermò sull’ombelico che vellicò con delicatezza per qualche istante. Tutta Carla era tesa sino allo spasimo. Il desiderio di essere presa, amata, usata, violentata, se i due dolcissimi torturatori l’avessero desiderato, deciso, era ormai incontrollabile. Il ragazzo riprese la lenta discesa ed arrivò al delicato boschetto chiaro, un piccolo, delizioso giardino impiantato sul monte di Venere, dove diede inizio ad una carezza circolare, molto delicata, avendo cura di non spingersi più oltre. Quando sentì quella mano arrestarsi, Carla pensò di essere giunta vicinissima alla follia. Tutto il suo corpo era pervaso dolorosamente da un senso di bisogno irrefrenabile. La sua bocca era aperta, ormai, senza un attimo di interruzione e la stanza era pervasa dai suoi lamenti. La schiena inarcata, il suo bacino si sollevava alla ricerca di qualcosa che avesse la capacità di soddisfare la sua voglia.
Ahmed continuò la sua lentissima, esasperante esplorazione, senza curarsi dell’evidente sofferenza della sua vittima: ormai dalla bocca di Carla uscivano di continuo piccoli gemiti, inframmezzati ad intervalli da implorazioni sempre più pressanti: ‘Prendimi” dicevano quelle bellissime labbra piene tra le quali si intravvedeva la punta della linguetta rosa che le leccava di continuo. A tratti, i piccoli denti stringevano una delle labbra, sino a farla quasi sanguinare.
‘Prendimi, ti prego’, prendetemi, sto impazzendo’.’ Ahmed e Karima si scambiarono uno sguardo e sulle loro bocche apparve un sorriso d’intesa. Finalmente il ragazzo si spinse fino a sfiorare la protuberanza posta al vertice delle grandi labbra. Bastò che egli la sfiorasse appena, e Carla gridò senza ritegno. Un attimo dopo Karima strinse violentemente i polpastrelli, schiacciando le piccole punte, durissime, dei seni mentre, cogliendo l’attimo, Ahmed faceva lo stesso con la clitoride gonfia. L’urlo della ragazza italiana sembrò bucare i vetri delle finestre insonorizzate. Ma dalla sua bocca non uscirono, come sarebbe dovuto essere, grida e lamenti di dolore, bensì un’altra invocazione:
‘Si, vi pregoooo, continuate così, sto impazzendo, ancora, ancora di più, per favore’., no, non ti ferm’non ti fermare, fammi godere quanto è possibile” Malgrado le richieste spasmodiche della ragazza si facessero più impazienti attimo dopo attimo, Ahmed lasciò la clitoride, ma solo per infilare le prime due dita della mano dentro la vagina. Anche il solo tocco sulle grandi, e poi le piccole labbra, acuirono ancora di più, se possibile, l’eccitazione di Carla. Ma quando quelle dita, arcuate, carezzarono da dentro le pareti della sua zona più segreta, trovando senza esitazione il punto capace di suscitare nella donna il massimo del piacere mentre Karima continuava a strizzarle i capezzoli, ora piano e con dolcezza, l’italiana non resistette più ed esplose in un orgasmo devastante unito a veri e propri ululati che sgorgavano dalla sua gola, soffocati tuttavia alternativamente da due paia di labbra, diverse, ma ugualmente meravigliose.
E tuttavia, i due bellissimi ragazzi arabi non sembravano avere alcuna intenzione di darle respiro. Continuarono a carezzarla, ed appena le reazioni del suo corpo dimostrarono la sua natura poliorgasmica, ricominciarono a tormentarla deliziosamente e senza un attimo di tregua. A gesti, il maschio chiese alla sua compagna di inserirsi nel gioco che si svolgeva sulla parte bassa del corpo di Carla. Karima si passò lentamente la lingua sulle labbra sorridenti. Poi si sdraiò tra le gambe aperte dell’italiana e cominciò a leccarla, carezzandola, contemporaneamente dentro e fuori la vulva rosata e gonfia di piacere. Malgrado la straordinaria abilità del suo compagno, risultò subito evidente quanto fosse vero che nessuna bocca, nessuna mano maschile è capace di dare tanto piacere ad una donna, quanto la mano, la lingua, di un’altra. E tuttavia, quella valanga infinita di piacere che scuoteva il corpo di Carla non le provocò alcun nuovo orgasmo. La sua dolcissima albicocca pulsava senza sosta ed il ventre era percorso da ondate continue, che mostravano senza alcun dubbio come al suo interno si stessero verificando fenomeni sconvolgenti. Ma il piacere che sommergeva Carla con un’intensità sconosciuta, non oltrepassava mai una sottilissima, impalpabile soglia che la separava dall’orgasmo. Supplicò, gridò, implorò: o meglio, si illuse di farlo, perché la sua bocca era tappata da un bavaglio che Ahmed aveva applicato appena lei aveva cominciato a gemere convulsamente. Fu presa da un accesso di rabbia disperata, pianse, si torse. Le mani legate le impedivano di portarle la dove avrebbero potuto lenire il tormento. Tentò di offrire persino la sua stessa dignità ‘ se avesse avuto voce avrebbe detto di essere disposta a finire la sua vita in un bordello di Marrakech – in cambio di un solo orgasmo, in quel momento. Nel silenzio più assoluto, ognuno dei suoi nervi dolorosamente eccitati, le mani dei due suoi torturatori continuavano a distruggerle la sua stessa coscienza.
Carla era ormai semicosciente. Era in preda ad una specie di torpore rotto solo dal folle godimento. In alcuni momenti perse i sensi, risvegliandosi solo al sopraggiungere di nuove ondate di piacere mai, però, concluse.
Ahmed controllava il suo stesso desiderio che però diventava sempre più impellente. Karima, straordinaria donna di piacere, ma troppo giovane, ancora, per aver assimilato tecniche di autocontrollo sufficientemente efficaci, cominciava a non ragionare più con lucidità. Sotto le sue abili mani percepiva le sensazioni che attraversavano il corpo della sua incantevole vittima i cui odori, suscitati da un sistema ormonale impazzito, esprimevano una carica erotica senza limiti. Davanti ai suoi occhi, il corpo bellissimo del suo compagno appariva immobile in una posizione assai simile a quella del loto, mentre le dita correvano veloci come sulle corde di un’arpa birmana, traendo, in una sonata a quattro mani, intere sinfonie da quel corpo bianco e biondo disteso in mezzo a loro. Chiese disperatamente con lo sguardo un’autorizzazione ad Ahmed, che assentì ancora una volta. Abbandonò il corpo di Carla, mentre il ragazzo, pescando ancora una volta nelle inesauribili tasche del suo abito, traeva alcuni oggetti. C’erano due coppe trasparenti che vennero applicate sui seni dell’italiana. Al loro interno si trovavano delle specie di pinzette fissate a dei micromotori. Con l’impiego di una manopolina esterna Ahmed fece in modo che le piccole morse, fornite di dentini affilati si fissassero sui capezzoli, penetrandoli come in un morso piacevolmente doloroso. Molto, doloroso. Lo scatto di due minuscoli interruttori fece si che le pinzette cominciassero a ruotare aumentando moltissimo la loro azione sui seni. Alcune gocce di sangue, quasi invisibili, macchiarono il rosa delicato dei seni. Poi l’arabo estrasse da una scatolina due piccoli ovuli che egli infilò con grande delicatezza fin dentro la vagina di Carla. Prese poi uno strumento molto simile ad un telecomando ed attivò un movimento vibratorio che cominciò a stimolare dall’interno le pareti della vagina. Infine, un altro piccolo vibratore venne fissato in modo che una linguetta si agitasse ritmicamente sulla clitoride. I movimenti dei sex toys erano leggeri ed il loro effetto si limitava a mantenere viva l’eccitazione che pervadeva quel corpo nudo, sul quale, addirittura, la pelle si aggricciava per l’intensità del piacere.
Karima, ad un altro cenno di Ahmed, gli si era avvicinata sino a sfiorarlo con le gambe seriche e con le punte dei seni. Quando lui aprì le braccia, lei si rifugiò all’interno di quel nido, raggomitolandosi tra le gambe nude del ragazzo che aveva conservato la sua posizione, seduto sul letto. Lo baciò, giocò con la sua lingua, mentre il lenzuolo sul quale era poggiata si imbeveva dei suoi succhi abbondanti. Lui le carezzò i seni e strizzò i capezzoli con decisione non priva di crudeltà sino a strappare anche dalle sue labbra gemiti senza freni, di dolore e di piacere fusi assieme. Poi la sollevò ed infine la depose lentamente sul suo membro durissimo. Karima lasciò che il maschio la penetrasse sino al fondo della sua intimità più segreta. Gemette ancora quando il pene del suo amante batté sul fondo della sua vagina. Ahmed si muoveva piano dentro il suo corpo: ogni volta che Karima tentava di accelerare il ritmo per soddisfare il bisogno impellente. La portò più volte sull’orlo del precipizio, senza mai decidersi a lasciare che lei vi sprofondasse, per poi seguirla nel vortice turbinoso. La loro unione continuò per alcuni minuti, troppo brevi, troppo lunghi, troppo estenuanti, troppo pieni di gioia e di desiderio. Ad un tratto il corpo della femmina venne alzato e lei si sentì penosamente svuotata. Guardò Ahmed con gli occhi spalancati e dolorosamente stupiti, ma quando vide l’espressione che aveva modificato persino i lineamenti del viso del suo compagno, comprese che la fine, ancora, era ben lungi dall’approssimarsi.
Carla, intanto, ignara di ciò che accadeva vicino a lei, si era abbandonata agli effetti degli oggetti che avevano invaso il suo corpo. Ogni pochi attimi si sentiva trasportata sull’orlo di un orgasmo, senza mai riuscire a raggiungerlo: le contrazioni stesse del suo ventre producevano il rallentamento della vibrazione che tormentava la sua vagina, mentre le minuscole punte che perforavano i suoi capezzoli le procuravano dolore, ma in misura sopportabilissima, salvo che in alcuni momenti nei quali le pinzette mutavano improvvisamente il loro moto circolare, accelerandolo sino a causarle delle fitte lancinanti che però ‘ e lei, nella sua semincoscienza, se ne chiedeva il motivo ‘ la portavano ad un solo leggerissimo alito dall’orgasmo tanto inutilmente invocato.
Sentì le mani dei due liberarla dalle coppe sui seni, con delicatezza, per non procurarle delle lesioni importanti. La benda che l’aveva privata dalla vista, i tappi inseriti nelle orecchie vennero rimossi. Sbattè gli occhi come le ali di un uccello sino ad adattare le pupille alla luce, per quanto soffusa. Le giunsero le voci dolci, carezzevoli dei suoi due compagni, pur senza comprenderle. Si abbeverò a due splendidi sorrisi nei quali c’era sensualità, ma anche amicizia, desiderio di lei ed, in qualche modo, anche amore. Finalmente i suoi polsi si ritrovarono liberi da vincoli. Istintivamente portò una mano verso il pube, per ripararlo dagli occhi dei due ragazzi, ma subito l’abbandonò lungo il corpo, rendendosi conto di quanto quel gesto potesse apparire ridicolo, dopo ciò che era avvenuto su quel letto nelle ultime ore.
Tuttavia il suo corpo tremava per il desiderio insoddisfatto. Un desiderio che i non molti uomini della sua vita non erano mai riusciti a destare in lei. Sentì gli occhi di Karima fissarla e percepì, stupita, come le stesse urgenze premessero anche nel corpo della splendida araba. Tese una mano verso Ahmed, sempre accosciato vicino a lei e, con esitazione, prese in mano il membro irrigidito come un obelisco che nascesse dal pube del maschio. Anche lui, d’altronde, si avvicinava irrefrenabilmente al traguardo finale. Tese le mani verso l’italiana e la sollevò a sedere. La fece girare e stendere di traverso sui materassi. Poi chiamò Karima e la fece disporre di fianco a Carla, i corpi che si toccavano. La prima passò un braccio sotto le spalle di Carla e la strinse a sé, ciascuna godendo profondamente del contatto con l’altra. Le bocche bellissime e profumate si accostarono e diedero inizio ad un bacio profondo, sempre più imperioso e frenetico mentre la mano di Karima per prima, subito imitata da quella di Carla, si portavano reciprocamente sulle due clitoridi per una prolungata carezza, prima delicata, poi, con l’aumentare dell’esigenza, sempre più frenetica.
Ahmed pensò che fosse arrivato il momento di rilasciare i suoi freni inibitori. Ormai anche il suo desiderio era arrivato al’apice e non gli consentiva più margini di controllo sufficienti per andare avanti in quel gioco sottile, per quanto piacevole. Ora era arrivato il tempo dell’istinto. Abbandonò la posizione conservata sino a quel momento. Si pose in ginocchio, le gambe ripiegate sotto il corpo. Si avvicinò alle due ragazze, aprì le gambe di Karima e la penetrò con una lentezza esasperante. Carla emise un gemito profondo, dove si mischiavano il desiderio profondo ed incontrollabile, il bisogno sempre più urgente, la fame di sesso acuita dal suo assistere allo spettacolo stupendo dei due corpi dei ragazzi arabi avvinghiati, le gambe di Karima alzate sino a portare le ginocchia a toccare il petto, le braccia di Ahmed a tenerle bloccate con una presa sotto le ginocchia. La testa della ragazza bruna sbatteva da una parte all’altra del letto, le sue narici fremevano come quelle di un cavallo berbero eccitato dalla corsa. Le mani sottili artigliavano la pelle della schiena di Ahmed, il cui corpo reagiva al dolore aumentando la potenza ed il ritmo della penetrazione. Carla sfiorò con una mano il corpo liscio del maschio, mentre con l’altra artigliava un capezzolo di Karima, infliggendole una sofferenza capace di esasperare il suo piacere già incontenibile. L’urlo liberatorio dei due amanti fu la conseguenza naturale di quell’amplesso regale.
Karima si abbandonò esausta sul materasso. Il suo compagno si sollevò sulle mani, uscendo progressivamente dal corpo aperto e fragrante di profumi ed odori, di donna e di sesso. L’eccitazione di Carla era alle stelle, insoddisfatta, parossistica. Portò una mano sul seno e l’altra sul pube, mentre rimirava, stupefatta l’asta di Ahmed che emergeva dalla vulva di Karima senza che un solo palpito della sua eccitazione fosse venuto meno. Anzi, sembrava quasi che quel glande gocciolante di sperma, lucido di umori vaginali avesse acquistato ancora più consistenza e vigore. Sentì le mani del maschio bloccarle i polsi. Tentò di opporgli una qualche resistenza, ma lui la obbligò a tenere le mani abbandonate sul letto. Poi Ahmed si curvò sul suo viso e posò la bocca sulla sua, aprendola senza alcuno sforzo ed invadendola con la lingua grande, morbida, sino quasi a sfiorarle il velo pendulo, laggiù, al limite con la gola.
Karima, intanto, si era rialzata. Ancora una volta dialogò con gli occhi assieme a quel meraviglioso arabo. Assieme, spostarono Carla sinchè il suo corpo risultasse a ridosso della testiera. Ella sentì che le sue caviglie venivano legate e fissate alla testiera, in modo che le gambe, i cui muscoli fremevano senza controllo, risultassero un poco aperte. Anche i suoi polsi vennero nuovamente immobilizzati dalle morbidissime fasce di seta blu. Il cuscino fu tolto da sotto la sua testina bionda, per venir posto, piegato in due, a sorreggere verso l’alto il suo bacino. In questo modo, la figa ed il culo della ragazza apparivano totalmente esposti e disponibili.
Ahmed prese un piccolo oggetto cilindrico, premette l’interruttore collocato sulla sua superficie e lo passò delicatamente sulla vulva di Carla e sul suo ano. Si fermò sulla clitoride,premette appena e dalla bocca della sua vittima uscì un urlo incontrollato, per l’accesso improvvisamente di piacere che le procurò un forte orgasmo. Le sembrò, per un attimo ‘ lei, che con suo marito non era mai andata oltre un unico accesso di voluttà, due, forse, in un’unica occasione che aveva supposto irripetibile ‘ di essere stata tradita. Credette che quell’esperienza tanto lunga e piacevole, l’avrebbe tuttavia lasciata, alla fine, in uno stato di enorme insoddisfazione. Ma bastò che il vibratore toccasse il pertugio anale, per poi spostarsi nuovamente sul suo sesso, perché una nuova, frenetica ondata di desiderio la invadesse come una tempesta. Ahmed giocò a lungo, con le sue labbra, le grandi e le piccole. Sfiorò, premette piano ed anche con durezza sulla clitoride. Si avventurò dentro i primi centimetri della sua vagina, ritraendosene per passare sull’ano che fu leggermente forzato, offrendole sensazioni alle quali non era assolutamente abituata. Perse di nuovo il senso della realtà. Urlò forte tutto il suo enorme piacere. Poi il vibratore si arrestò, improvvisamente lontano dal suo corpo. Sentì una mano di Karima insinuarsi tra le sue cosce piegate ed il suo torace, sino a raggiungere i seni, di cui l’araba afferrò i capezzoli, pizzicandoli con le unghie che si infilarono dentro la carne tenera, ancora sensibile per le minuscole punture procuratele poco prima (ma le sembrava un’eternità’) dalle pinzette che Ahmed le aveva applicato. Una contrazione quasi involontaria, causata da un misto di piacere e di dolore fece contrarre il tenero corpo indifeso. L’araba, in ginocchio, si scuoteva freneticamente mentre carezzava con la destra il suo sesso senza posa, cercando l’appagamento che tuttavia tratteneva, spesso stringendo le cosce. Ahmed si accostò al corpo chiaro, sino a sfiorare la vulva con la punta del suo pene. Poi, senza esitazione, affondò nella vagina aperta di Carla che con un gemito intenso spalancò gli occhi per richiuderli un solo attimo dopo. La posizione del suo corpo fece si che il duro pene invadesse tutta la cavità. Carla apprezzò quelle dimensioni che non le erano apparse, fino ad allora, particolarmente grandi. L’asta strofinava sulle sue morbide pareti, le pieghe alla base del glande, quella formata dal margine superiore del prepuzio che la circoncisione aveva costretto sino alla sua metà, le provocarono sensazioni senza uguali. Poi Ahmed raggiunse il fondo e cominciò a martellarlo senza pietà. Per quanto morbida fosse, quella carne, Carla aveva la sensazione di un prossimo, inevitabile sfondamento. Sentiva spostarsi, contrarsi, alcune zone interne al suo corpo delle quali non aveva mai percepito l’esistenza. Sotto i colpi del ragazzo arabo, ebbe inizio il dolore. Prima sopportabile, divenne sempre più intenso dopo alcuni minuti. Carla prese ad urlare, invocando il suo torturatore, supplicandolo di fermarsi, ma senza successo. E lei sentiva, tuttavia, che tutto avrebbe voluto, piuttosto di interrompere quel magico momento che sperava senza fine, nel quale tutto il suo essere era pervaso da un piacere che la portava sino al più alto dei cieli. Ebbe una serie ininterrotta di orgasmi, sempre più intensi e tumultuosi. Stranamente, non si sentiva stanca. Protestò, sentendo Ahmed uscire dal suo corpo. Ma un attimo dopo, sobbalzò, sentendo il membro bruno appuntarsi sul suo ano, totalmente lubrificato dagli umori vaginali, per poi cominciare a spingere. Aveva creduto, sino a quel momento, di provare dolore, per via delle spinte sulla sua cervìce: dovette ricredersi, urlando fuori controllo, mentre quell’asta, che adesso le sembrava enorme, la penetrava piano, ma con progressione inesorabile. La sua testa sbatteva da una parte all’altra, mentre Karima le carezzava alternativamente i capelli ed il seno, come per confortarla ed aiutarla a sopportare il dolore. Le sue mani tentarono di respingere il suo amante, ma senza alcun successo. Il pene di Ahmed continuava a trafiggerla senza sosta e senza pietà alcuna, sino a quando non ebbe riempito tutto il primo tratto del canale, per una lunghezza ragguardevole, tanto da carezzarla, da dentro, attraverso una delicata membrana sino a punti collocati ben al di sopra del suo utero. Il dolore andò sempre più attenuandosi sin quasi a scomparire. Qualche filamento di un piacere sconosciuto fino ad allora, cominciava ad insinuarsi nel suo corpo, facendosi sempre più intenso. I sospiri che avevano gradualmente sostituito le sue urla strazianti divennero sempre più pesanti. Carla respirava ormai a bocca aperta. Le nuove grida non portavano più alcuna traccia di sofferenza, ma di godimento totale. Un tipo d’orgasmo differente da quelli che l’avevano pervasa sino ad allora, ma altrettanto potente, e forse ancora di più, la fece giungere a nuove, inesplorate frontiere di sensualità. Fu allora, cha Ahmed frugò per l’ultima volta nelle inesauribili tasche del suo abito, traendone due fialette di cui spezzò i colli per poi porle contemporaneamente sotto le narici della ragazza e sotto il proprio naso. L’adrenalina fece esplodere immediatamente l’orgasmo più devastante, nei corpi dei due splendidi esseri. Anche Karima afferrò un minuscolo contenitore, spezzò il collo, lo annusò e li seguì nell’estasi, accarezzandosi freneticamente ed infine penetrandosi con metà della sua stessa mano. Gli orgasmi non conobbero limiti. Infine, esausti, i tre amanti si abbandonarono al riposo.

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Susy, Paolo e Corrado tornarono in albergo all’imbrunire”

Susy, Paolo e Corrado passarono la porta dell’albergo. Tutti e tre, ma soprattutto la donna, sembravano trasognati, quasi in un uno stato stuporoso che li tenesse fuori dal mondo reale. Il più soddisfatto sembrava Paolo, mentre Corrado dava la sensazione di dormire da sveglio. Tutti avevano lo sguardo stravolto, come se stessero riprendendosi dopo essere stati drogati. Erano stati drogati. Anche. Ma quella giornata, cominciata in maniera certamente strana, sviluppatasi in modo non facile, tra una serie di esperienza inconsuete, si era conclusa in una specie di turbine dei sensi del quale le loro coscienze, ancora intorpidite, non riuscivano a valutare appieno le dimensioni.

Susy era stata la più provata dagli avvenimenti. Il suo corpo, per quanto stanco, non dimenticava nulla, ma proprio nulla di ciò che aveva subìto per ore, tra piacere senza limiti sofferenza altrettanto intensa. Una sorte simile era toccata a Paolo, mentre Corrado, che aveva bevuto più di tutti, non era mai uscito del tutto da uno stato semicomatoso nel quale le percezioni si erano affievolite, tanto che di quelle ore non rammentava praticamente nulla. Tra l’altro, aveva la sensazione che qualcuno, approfittando della sua sbronza, avesse continuato a farlo bere sino ad eliminare quasi ogni traccia di coscienza. L’unica cosa che lo teneva ancora attaccato alla realtà era un senso di dolore diffuso ed ovattato, di difficile localizzazione ma la cui fonte era certamente situata nella parte bassa del suo corpo. Qualcosa gli faceva certamente male, e tuttavia se solo si soffermava a riflettere un attimo sulle sensazioni che il corpo trasmetteva al suo cervello, si scatenava in lui un’eccitazione che sfociava in un’erezione notevole, malgrado che il molto alcool mischiato a rari globuli sanguigni, che gli scorreva nelle vene, riducesse fortemente la sua sensibilità.

Incapaci ancora di reagire compiutamente, prede della quiete che era succeduta alla tempesta, appena entrati nella hall i tre si buttarono sui vasti, morbidissimi divani e rimasero lì, tentando di riprendere un tantino delle forze che li avevano abbandonati, gli occhi vitrei e persi nel vuoto. In silenzio, Paolo e Susy ricapitolavano gli avvenimenti succedutisi da quando avevano oltrepassato la porta che dava alla sala massaggi. Di tanto in tanto, sollevavano gli occhi e li fissavano l’uno in quelli dall’altra, per poi distoglierli rapidamente quando quello scambio di sguardi regalava loro un barlume di consapevolezza della realtà. Appena i primi flash back avevano preso forma nei loro cervelli, Paolo aveva avuto un’erezione da paura, mentre Susy si era ritrovata con le mutandine totalmente zuppe, nonostante che qualche mano misericordiosa avesse provveduto, prima che loro lasciassero per sempre l’hammam, a tamponare la sua fighetta con un assorbente molto spesso.

Difficile, descrivere ciò che avevano vissuto in quella presunta sala per massaggi. Susy ricapitolò gli avvenimenti per inciderli bene, in maniera indelebile, nella memoria. Non avrebbe mai voluto dimenticare neppure una virgola di ciò che il suo corpo aveva subito, per poterne viverne e goderne ancora per anni ed anni.

 

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Attraversarono dunque la porta che era stata loro indicata e si trovarono in un’ampia sala le cui pareti erano ricoperte sino al soffitto di piastrelle colorate e decorate con grande finezza. Ampie finestre davano la vista su di un bel giardino, pieno di alberi e di fiori variopinti. Non c’era alcun fabbricato di fronte, e la sala-massaggi era collocata al primo piano, per cui nessuno, dall’esterno, potesse spiare. Del resto, anche agli angoli della stanza trovavano posto dei vasi, posti su dei sostegni di legno decorati con arabeschi, pieni di felci ed altre piante verdi. Nel rivestimento uniforme delle pareti, era incastonati alcuni riquadri, composti in un mosaico che rappresentava delle scene notevolmente erotiche, raffigurazioni simili a quelle del Kamasutra. In mezzo erano stati collocati tre lettini vicino ad ognuno dei quali erano collocati tre tavolinetti, dei ‘servi muti’ sui quali erano collocate in ordine parecchie boccette il cui misterioso contenuto aveva colori diversi. C’erano poi delle piccole spazzole, tovagliolini di lino ricamati,  piccoli strumenti dalla destinazione incerta ed anche delle specie di piumini, formati da ciuffi di setole piantati su dei manici d’avorio che lo sguardo distratto di Susy interpretò, divertito, come molto simili a dei peni artificiali.

Vennero accolti da due donne, due ragazze molto giovani coperte da vestagliette immacolate. Si rivolsero ai tre nuovi ospiti, in francese e con un gentilissimo sorriso, invitandoli a stendersi sui lettini a pancia sotto. Paolo aiutò Corrado, che comincio subito a ronfare sonoramente, senza riprendere alcun contatto col mondo che lo circondava. Qualcuno si preoccupò di disporre sui bacini nudi dei panni tiepidi che ricadevano ai lati dei lettini, coprendo i tre culi e poco, pochissimo altro. Le teste risultarono poggiate su delle specie di rotoli assai simili a quelli che si trovano quasi sempre in Francia, al posto dei nostri cuscini dalla forma tradizionale.

Le due fanciulle si posero a fianco dei lettini di Paolo e di Susy; aprirono, ognuna delle due, una boccetta, e versarono sul palmo delle mani qualcosa che sembrava dell’olio profumato. Cominciarono a massaggiare con delicatezza la schiena e le spalle dei due, che si sentirono pervasi, quasi subito, da una sensazione di benessere e di rilassamento. Susy, ad occhi chiusi, stava godendosi quella carezza forte, a momenti anche dura, e tuttavia piacevolissima, quando ebbe la percezione di nuove presenze. Aprì gli occhi e vide che in effetti, nella stanza erano entrati tre ragazzi coperti solo da candidi perizoma che avvolgevano i loro fianchi senza permettere di comprendere se sotto vi fosse qualche altro indumento. Uno di essi si accostò al lettino sul quale era sdraiato Corrado, sempre sonoramente addormentato, ed uno, dalla pelle molto scura, vicino a quello di Susy. La ragazza guardò per un attimo l’uomo che, in piedi vicino a lei a braccia conserte, bello come un Dio africano, la guardava soffermandosi sulle belle cosce nude e sul fianco da cui sbordava una generosa porzione del suo seno, con un sorriso incredibilmente tenero. Fasce di muscoli emergevano dal suo torace e dalle braccia. Le gambe, lunghe e potenti le fecero tornare in mente una canzone di Ornella Vanoni che, nelle vesti di una femmina desiderosa ammirava i due copertoni esibiti dall’oggetto del suo interesse. Tentò di coprirsi i fianchi con le braccia, ma la ragazzina che la stava massaggiando gliele scostò gentilmente per riposizionarle sopra la testa. A quel punto, Susy ripensò a tutto il tempo ch era stata nuda, quella mattina, di fronte ad una quantità di uomini di tutte le razze ed i colori, e si rassegnò, anche perché aveva percepito chiaramente un lieve, piacevole fremito all’intersezione delle sue cosce. Il terzo uomo, un ragazzo inconfondibilmente arabo, il cui fisico non aveva nulla da invidiare a quello del nero, restò ai piedi dei lettini, a braccia conserte, in una posizione che rendeva evidente la muscolatura potente ed armoniosa, così come quelle dei suoi colleghi.

Le mani delle fanciulline si spingevano sempre più in basso, sino a spinger via il panno posto sul suo posteriore, che ormai copriva si e no la zone nella quale si apriva il suo pertugio anale. Il fatto di essere esibita di fronte al ragazzo nero, di cui non comprendeva la presenza, le procuravano, tuttavia, sensazioni di piacere sempre più intense, fino a quando si accorse che la sua fighetta cominciava a scolare sempre più abbondantemente, man mano che seducenti visioni della pantera nera che stava ora in piedi vicino a lei, sdraiata sul suo corpo arreso, diventavano sempre più vive. Sembrarono materializzarsi sino a che lei, Susy, prese quasi a considerarle parte della realtà, il bacino percorso da ondate sussultorie molto simili a quelle suscitate da un coito. Si accorse che la massaggiatrice s’era spogliata del tutto, imitata dalla sua collega che andava occupandosi di Paolo che giaceva accanto a lei. Dall’altra parte, Corrado continuava a dormire beatamente. Il suo russare era l’unico rumore fastidioso che invadeva la stanza sovrapponendosi alla lenta musica erotica che proveniva da qualche ‘cassa’ ben nascosta. La ragazza che si occupava di lei – capelli neri, occhi di giaietto, seno piccolo e perfetto, ventre piatto che faceva da pendant ad un culetto prominente quanto provocante, dimostrava non più di diciotto anni giusti, ma ne dimostrava anche di meno – la lasciò il tempo necessario per afferrare una delle boccette poste sul tavolino, aprirla e farla annusare a Corrado, il cui respiro divenne prontamente regolare. Poi la fanciullina tornò vicino alla bionda e continuò il suo lento, sensuale massaggio.

Susy continuò a fantasticare su possibili acrobazie e contorcimenti in coppia col ragazzo nero. Lo scorrere della mani femminili sulla schiena e sulle gambe, l’insistenza del massaggio sui lati del collo indussero in lei uno stato di torpore molto simile al sonno, nel quale le sensazioni di piacere arrivavano al suo cervello attenuate ma tuttavia coinvolgenti.

Il nero fece un cenno alla ragazzina che si concentrò subito sulla parte alta del corpo della ragazza italiana. Lui prese a carezzarne sensualmente le cosce ed i polpacci con le sue mani  assai più grandi di quelle della sua giovanissima collega, ma non per questo meno dolci. Susy si irrigidì un attimo, sentendo altre due mani su di se, ma subito dopo si rilassò nuovamente, ormai immersa in una piacevolezza che le impediva qualsiasi movimento. Non si oppose quando le quattro mani la costrinsero con ogni delicatezza possibile, quasi con tenerezza, a girarsi sulla schiena. La ragazzina portò la sua attenzione sui seni e sul ventre, spingendosi tuttavia, verso il basso, sino a sfiorare il monte di venere. Il suo compagno si occupò dei quadricipiti, ma poi spinse il massaggio anche all’interno della coscia, salendo sempre più su, centimetro dopo centimetro. Tutta la sensibilità del corpo di Susy si concentrò soprattutto nella zona tra l’ombelico ed il perinéo, laddove le quattro mani si sbizzarrivano in carezze indirizzate sempre più verso le zone di eroticità più grande, pur senza distaccarsi troppo dai seni duri per il desiderio che ormai dilagava. Quelle del ragazzo nero avvolgevano la coscia sino a sfiorare anche il solco tra le natiche, per poi spingersi nell’esplorazione di quel meraviglioso canyon al centro del quale si trovava l’entrata di un pozzo delle meraviglie ancora serrato ma già palpitante.

 

*   *   *

 

Alla destra di Susy, anche Paolo provava sensazioni di piacere indicibili. La ragazzina che lo aveva preso in consegna guardava, nuda ed in piedi vicino al lettino, verso la parte bassa del suo corpo, continuando a massaggiare muscoli che l’uomo conosceva bene, ma anche altri dei quali non aveva mai neppure sospettato l’esistenza. Ogni tanto le piccole dita toccavano un nervo profondo, e Paolo reagiva immediatamente. Lei si era concentrata su di una zona posta sotto lo sterno: l’uomo aveva sussultato per una fitta di dolore improvvisa e lancinante ma stranamente piacevole. Ed infatti si era accorto che il suo pene aveva avuto una reazione improvvisa, facendo sollevare il panno posto sul pube. Assaporava il tocco che sollecitava l’addome, ma ad un tratto ebbe la sensazione nettissima di una bocca che gli stesse leccando, un tantino rasposa, il glande mentre gli sembrava che una bocca morbida gli leccasse l’asta sino alla base. Aprì un attimo gli occhi: la ragazzina aveva infilato la mano destra sotto il panno bianco. Era lei che con la punta delle dita gli carezzava la pelle delicatissima, dandogli l’impressione che si trattasse, appunto, di una lingua e riuscendo, contemporaneamente, a massaggiargli l’asta con il palmo cosparso di olio. Paolo vedeva la schiena, i fianchi, ma anche il culetto della ragazza a portata di mano. Resistette alla carezza per un paio di minuti, ma poi il suo desiderio divenne imperioso ed irresistibile. Temeva una reazione della piccola, e tuttavia non resistette alla tentazione di carezzarla sulle natiche. Non ci fu alcuna reazione di rifiuto, nemmeno quando la sua mano si intrufolò tra le cosce tornite ed un dito puntò dritto verso la fighetta. Il massaggio del glande e di tutto il cazzo continuò senza interruzioni, mentre il medio di Paolo si avventurava in esplorazioni sempre più profonde dentro quel pertugio ricolmo di succhi. Il palmo della mano era appoggiata sul culetto prominente, ed il dito indice masturbava piano la clitoride della ragazzina della quale, pensò fugacemente, non conosceva neppure il nome. La piccola figa tenerissima si bagnò ogni attimo di più, mentre la manina accelerava progressivamente il ritmo della sua carezza sul pene di Paolo. Divenne frenetica, così come  le dita dell’uomo, sino a quando, contemporaneamente, sopraggiunse un orgasmo violento. La piccola piegò le ginocchia, mentre le sue cosce si stringevano. Paolo inarcò la schiena tentando di resistere al piacere dilagante. Proprio alle prime vibrazioni del suo bacino, la carezza della ragazza era diventata lentissima, facendolo avvicinare moltissimo alla perdita totale del controllo. Venne copiosamente, riversando lo sperma nella bocca  della giovanissima masseuse che gli aveva avvolto improvvisamente il pene.

 

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Susy si sentiva sospesa tra la terra ed il cielo. I due ragazzi continuavano a far salire sempre più la sua eccitazione ormai incontenibile, ma mai sino al punto da farle superare la soglia di un orgasmo al quale tendeva con ogni nervo, ogni muscolo del corpo. Di colpo, portò la destra sul pube, iniziando a masturbarsi furiosamente. Venne bloccata dalla ragazzina che prese ambedue i suoi polsi tenendoli bloccati dietro le spalle. Fu allora che l’italiana sentì due forti, poderose mani trarre il suo corpo sino a che il bacino venne a trovarsi sul bordo del lettino. Guardò di fianco, ma solo per vedere Corrado ancora sprofondato nel sonno, mentre due mani maschili gli massaggiavano le natiche e le cosce, spingendosi sempre meno casualmente sino all’orifizio anale. Le sue ginocchia furono divaricate, e con esse le sue cosce lisce come la seta. Susy sentì la lingua del ragazzo prendere possesso della sua figa palpitante, gocciolante. Le labbra si strinsero sulla clitoride, stringendola con delicatezza ma con decisione, in un massaggio irresistibile. Una mano della ragazzina, insospettabilmente forte tenne ferme le sue braccia mentre l’altra si spostava sui seni, stringendo alternativamente i capezzoli sino a farla urlare per un meraviglioso dolore. Il suo bacino cominciò a muoversi senza controllo, protendendosi verso il giovane uomo che non smetteva un attimo di tormentarla con le sue carezze devastanti. Un attimo prima dell’orgasmo, il nero si liberò con un solo gesto del panno che gli cingeva i fianchi per poi sprofondare con un cazzo bello, ben formato, ma soprattutto molto grande, nella figa di Susy sino alla radice, invadendola con una presenza appagante quant’altre mai. Il grande membro del ragazzo riusciva a farla sentire piena e carezzata dall’interno regalandole lunghissimi momenti di piacere assoluto, tanto intensi che la ragazza cominciò a gemere sempre più forte. Pochi attimi, e dalla sua bocca uscirono vere e proprie urla che raggiunsero il loro apice nel momento di un orgasmo sconosciuto sino a quel momento. Quell’incredibile botta di piacere la fece scuotere fuori da ogni controllo in un tremito convulso, mentre le mani piccole continuavano, implacabili, a stimolarle i seni ed i capezzoli. Le venne improvvisamente in mente l’ultima volta in cui aveva scopato col marito ed in cuor suo si disperò al pensiero che dal giorno dopo avrebbe dovuto far l’amore con membri assolutamente non paragonabili con quello che le riempiva in quel momento non solo il corpo, ma perfino l’anima. Continuò a passare da un orgasmo ad un altro ad un ritmo impressionante per i successivi venti minuti, e cioè per tutto il tempo che occorse al ragazzo per arrivare al limite della sua incredibile resistenza. Il suo cazzo ogni tanto sembrava irrigidirsi, come se fosse arrivato anche lui al limite: ma ogni volta, con un autocontrollo invidiabile, egli si fermava per pochissimi secondi e poi l’incredibile chiavata riprendeva forza e vigore. Fu bellissimo, per Susy, giunta ormai sull’orlo del collasso, sentirsi invadere dallo sperma che la colpì con una serie di schizzi inarrestabili sin sul collo dell’utero. In una nebbia ovattata, percepì appena l’urlo di Corrado, nel momento in cui un pene di dimensioni fuori del normale, quello del terzo ragazzo, in mancanza di meglio penetrava nel suo culo. Il dolore durò pochi attimi: poi la sua mente ancora assente per via della più straordinaria sbronza della sua vita (ma Susy cominciò a pensare che dentro il vino fosse stata sciolta qualche altra sostanza) sprofondò in una profonda valle di piacere, senza che però nemmeno quelle sensazioni riuscissero a farlo emergere dal sonno.

 

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Paolo e Susy, seduti vicini sul divano nella hall dell’albergo, si guardarono ancora increduli. Quella giornata avrebbe lasciato un segno indelebile nella loro esistenza, per i ricordi che ognuno dei due avrebbe conservato dentro di sé ed anche per le nuove sensazioni che avevano sentito nascere. Sia l’uno che l’altra avevano goduto immensamente per tutto ciò che era accaduto ai loro corpi; ma una nuova consapevolezza era germogliata dentro le loro menti mentre guardavano, ciascuno, il godimento dell’altro, udendone i lamenti, seguendo i movimenti spesso convulsi. Si rendevano conto, pur senza dirselo, che ormai non esisteva più alcun dubbio, sul fatto che al ritorno a casa si sarebbero ritrovati per ripercorrere insieme le strade di un piacere appena assaggiato. Paolo non resistette: infilò una mano sotto la T-shirt della ragazza e le carezzò un capezzolo, stringendolo sino a farla gemere, mentre i suoi occhi cominciavano di nuovo ad appannarsi. Corrado, su una poltrona vicina a loro, guardava ma, semplicemente, non vedeva. Nel rincoglionimento post-sbronza, tentava solo di ricordare e di capire perché, nella sua mente, il forte dolore, il bruciore che continuava a tormentargli il culo si associassero tuttavia a sensazioni piacevoli come gli sembrava di non averne mai provato….

Il mondo riprese piano piano le giuste proporzioni. La stanchezza mortale li abbandonò gradualmente, bevvero qualcosa e finalmente ricordarono che Carla era rimasta in albergo e che loro non sapevano neppure se stesse bene o male. Si alzarono e si diressero verso l’ascensore.

 

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            Carla stava, non bene, ma benissimo. I due arabi se ne erano andati, non senza averla lavata ed asciugata amorosamente. Si era sentita carezzata ancora una volta, ma in maniera diversa. Non le avrebbe dimenticate mai più, quelle ore trascorse sotto le loro mani.

Era distesa sul letto tutta nuda, sulla pancia, un braccio sotto il cuscino e l’altro la cui mano circondava un seno continuando a titillare, piano, il capezzolo ancora dritto come una piccola pietra incastonata nell’areola. Una gamba ripiegata mostrava la sua fighetta ed il suo culetto in tutto il loro splendore.

‘Ancora qualche minuto, a godermi questo benessere troppo bello,’ pensava ‘poi mi alzo e mi vesto, perché tra un po’ quelli ritornano…” Nello stesso momento, quelli, invece, stavano già uscendo dall’ascensore. Aprirono la porta senza bussare e…..

 

 

 

 

 

 

La porta si aprì senza fare alcun rumore e di fronte agli occhi dei tre apparve il magnifico spettacolo di un letto disfatto sul quale giaceva uno splendido corpo, giovane e biondo, esposto in tutta la sua prorompente femminilità. Il viso era seminascosto nel cuscino, ma ciò che fece sobbalzare i nuovi entrati fu la vista delle bellissime gambe di Carla, che facevano da cornice alla sua fighetta semiaperta, di un rosa carico ed evidentemente umida, ed al suo culetto dalla natiche perfette. Da sotto il fianco esposto, il sinistro, faceva capolino un accenno del seno, circondato da una piccola mano che tuttavia, nonostante che le proporzioni del tenero monticello non fossero particolarmente pronunciate, non riusciva a prenderlo tutto nel suo palmo.
La ragazza aveva gli occhi chiusi. Non si accorse subito dell’ingresso di suo marito e dei due amici. Paolo, pur essendoci abituato, non poteva che ammirare la bellezza luminosa della moglie. Susy l’aveva vista nuda più di una volta. Anche lei trovava Carla molto bella. Non aveva motivo per invidiarla, conscia di esserlo altrettanto. Ed infatti, era solo ammirazione, quella che riempiva i suoi occhi in quel momento, accompagnata tuttavia da un fremito ben conosciuto che le aveva agitato l’addome sin da quando il suo sguardo si era poggiato sull’amica così totalmente esposta in tutta la sua bellezza. Susy non era propriamente lesbica: adorava scopare con gli uomini, ma non era insensibile all’eroticità che emana dal corpo di una donna. Aveva scoperto una sua tendenza bisex sin da quando si era accorta di quanto fosse forte l’attrattiva che la sorellina di qualche anno più giovane esercitava su di lei. Non le era stato sufficiente, valutare la grazia di quel fisico quasi impubere: aveva provato il desiderio di sfiorarlo, esplorarlo a lungo, seguirne le pieghe e le cavità ed i promontori. D’altra parte, aveva compreso da certe occhiate e da accenni velati, che anche lei godeva dell’ammirazione della sorella. Era stata trattenuta a lungo, perlomeno tre o quattro mesi, da mille freni inibitori: il senso del peccato, inculcatole dal Sistema nel suo complesso ma in particolare dagli insegnanti di religione; il timore che i genitori potessero accorgersi del nascere di un rapporto particolare tra le due sorelle; il timore di dover accettare la propria omosessualità. Era stata combattuta fortemente tra un desiderio che diventava ogni momento più spasmodico e la razionalità che agiva da freno. Aveva sofferto molto, in quei giorni, e non era bastato a blandire la pena neppure il ricorso ad incontri clandestini con dei compagni imbranati la cui inesperienza li rendeva maledettamente insoddisfacenti.
Poi il destino ci aveva messo del suo. Dormiva serena, in una notte di novembre. Nel lettino accanto al suo, Claudia si era addormentata leggendo un pocket ‘Harmony’ che lei, Susy, si era già bevuto qualche mese prima. Era della serie rossa, quella che camuffava dei contenuti piuttosto erotici sotto l’aspetto di romanzi storici. Era piuttosto esplicito, e stimolante, e lei si era accorta che la sorellina, ancora a corto di esperienze nel mondo reale, si abbeverava a quella fonte semiproibita, dopo essersi fatta promettere che Susy non l’avrebbe tradita.
Il sonno era sopraggiunto mentre la pioggia battente le faceva da ninnananna Era stata svegliata improvvisamente da un tuono violentissimo al quale aveva fatto da contrappunto un salto di Claudia che si era scaraventata nel suo letto, coprendosi poi con le coperte sino ai capelli, dei quali un solo ciuffo biondo era rimasto fuori, appoggiato sul cuscino. Clo tremava come una foglia, e piangeva sommessamente, senza singhiozzi. Susy le aveva fatto una carezza sulla testolina.
‘Chicca, ma sei matta?! Ti spaventi in questo modo per un tuono? Dai, tornatene nel tuo letto, che questo è stretto e siamo attaccate e come vuoi che possiamo dormire così”
‘Tienimiquatienimiquatienimiqua!’ aveva implorato la sorella, ‘non voglio stare da sola, ho troppa paura, troppa”
‘Ma cosa cavolo dici! Io sto qui, ad un metro di distanza, non sei sola proprio per nulla’.’
‘No, no, non me ne frega niente! Adesso resto qui e non me ne vado neanche a cricco!’ intendendo, con quell’espressione di slang, che nulla l’avrebbe fatta muovere, nemmeno a colpi di un cric da automobili.
Susy si era rassegnata: aveva passato un braccio attorno alle spalle della sorella e se l’era stretta vicina, continuando a carezzarla teneramente sulla testa sepolta sotto le lenzuola e sulle braccia, mentre Claudia si era immobilizzata in posizione fetale.
La casa era ben riscaldata, e le due ragazzine erano cresciute con la sana abitudine di non andare a letto troppo rinfagottate. Quella sera Susy aveva addosso una romanticissima camicia da notte di pizzo San Gallo che era appartenuta alla nonna Carlotta. Claudia, trascurata come sempre, aveva lasciato che le sue camicie finissero una dopo l’altra nel cestino della roba da lavare, senza mai provvedere ad occuparsene. Alla fine, si era ridotta a dormire con addosso un baby doll rosa, concepito per l’estate. Piano piano, sotto l’azione delle mani di Susy, Claudia riprese sonno. Susy, invece restò sveglia. Il nuovo profumo che il suo naso percepiva, un misto del suo e di quello della sorellina, il tocco serico della pelle che continuava a carezzare, il silenzio della notte che acuiva le sensazioni, agirono su di lei come un afrodisiaco irresistibile. La sua mano, le sue dita abbandonarono il collo per spingersi più giù, lungo quella distesa di tenerezza infinita, sino ad urtare contro un piccolo ostacolo. L’improvvisa consapevolezza che si trattava del capezzolo della sorella, la eccitò subito a dismisura. Di punto in bianco le tornarono in mente tutte le volte che l’aveva guardata, spiata facendo finta di nulla, confidando sulla consuetudine derivante dalla costante promiscuità che se a volte le aveva dato fastidio, nei momenti in cui avrebbe preferito una stanza tutta per sè, consentiva però di coltivare segretamente piccoli piaceri segreti. Alcune volte le era successo di tentare di masturbarsi pensando alle mani di un ragazzo sul suo corpo, ma senza successo. La sua fantasia aveva fatto allora alcuni salti in libertà, andando a concentrarsi su Claudia, ciò che le aveva sempre scatenato orgasmi molto intensi. Tra le sue belle gambe distese cominciò a colare un succo chiaro, mentre tutto il suo pube si contraeva e la sua vulva si contraeva per tentare di alleviare il bisogno che sentiva aumentare progressivamente. Cominciò a carezzare piano il capezzolo attraverso il tessuto sottile, godendo nel sentirlo irrigidirsi sempre più sotto il suo tocco. Claudia si mosse nel sonno e la sua gola emise un piccolo lamento. Susy bloccò per un attimo la lentissima progressione della sua mano, per poi riprenderla quando il respiro della ragazzina distesa vicino a lei tornò regolare. Allora riprese l’esplorazione di quel delizioso corpicino le cui carni tenere ma salde ed elastiche reagivano inconsciamente alle carezze leggere. Percorse, Susy, luoghi da sogno, centimetro dopo centimetro, a lungo, dominando con difficoltà crescente l’onda di piacere che sentiva invaderla senza tregua. In alcuni momenti il corpo della sorellina vibrò, come ad esempio quando la mano indugiò nel seguire la fossetta dell’ombelico per poi vellicare piano la zona compresa tra quest’ultimo e l’inizio della peluria bionda, già fitta come in una donna del tutto adulta.
Ormai il respiro di Clo, della sua tenerissima Clo era profondo, molto diverso da quello di prima, quando era sembrato appena un alito. La sua bocca dalla piega deliziosa era leggermente aperta e rivelava una corona regolarissima di bei denti bianchi. Si agitava nel sonno, la ragazzina: i suoi sogni dovevano regalarle immagini degne di un film di Tinto Brass.
Le dita di Susy si infilarono tra l’elastico delle mutandine e la pelle, fino a portarsi sul monticello ancora non rasato. Era prominente, e Susy ricordò che qualcuno le aveva detto, qualche tempo prima, che questa caratteristica ha la capacità di dare molto piacere ad un uomo perché comprime, durante la scopata, l’ultima parte dell’addome prima del pene, creando una reazione a catena che arriva sino alla prostata, in una collana inesauribile di compressioni e di rilassamenti. Si era esaminata attentamente, Aveva fatto anche dei confronti con amiche con le quali era molto in confidenza, approfittando delle volte che si era ritrovata assieme a loro, nella stessa cabina al mare, nude mentre si mettevano il costume addosso. Le aveva guardate con la coda dell’occhio, per non dar loro la sensazione di un’attenzione sulla quale avrebbero potuto equivocare. Non è che l’equivoco le creasse dei problemi, come aveva scoperto quando la sua fighetta aveva reagito piuttosto entusiasticamente alla vista delle passerine giovani e molto carine; ma non sapeva chi, tra le altre, potesse condividere le sue sensazioni. E d’altra parte, non voleva proprio che si diffondessero chiacchiere ed illazioni. L’esame volutamente distratto, le aveva detto che il suo monte di venere era sicuramente uno tra i rilievi più alti in quel panorama di dolcissime, sensuali colline. Allora si era sforzata di usarlo adeguatamente durante gli incontri con i fanciulli nerboruti che le stavano continuamente addosso come le api sui fiori ed ai quali Susy permetteva di accedere al suo calice profumatissimo. Con una lieve – ma non tanto ‘ variazione sul tema: mentre loro suggevano il suo nettare, lei non si faceva certo pregare per ricambiarli con entusiasmo, tanto da essere nota, tra gli intenditori, come una delle maggiori Ditte di produzione di pompe del loro entourage che pure, quanto a stazioni di pompaggio, non era secondo neppure a quelle della diga sul Lago Vittoria. Quando lei aveva inserito il nuovo optional ‘ quello della supermungitura che lei aveva provato e riprovato, utilizzando l’efficientissimo strumento che aveva scoperto di avere – le api che chiedevano di essere ammesse alla sperimentazione erano diventati grandi sciami. E Susy aveva approfittato dell’abbondanza, ma solo, sia ben chiaro, per perfezionare la qualità del prodotto. Aveva modificato il vecchio aforisma cattolico: ‘Non lo fò per piacer mio, ma alla gloria del buon Dio’, sostituendo alla parola ‘Dio’ un’altra, che suonava come ‘sesso’. In effetti, aveva imparato a far l’amore proprio come una Dea. E basandosi sul grande spirito di sacrificio e dedizione che la pervadeva, era riuscita, in breve tempo, a diventare una tra le ragazze più popolari della scuola e delle discoteche della sua città.
Ora, la cauta esplorazione del corpo di Claudia le rivelava che un monte così sporgente doveva avere una matrice genetica, per quanto somigliava, nelle proporzioni, al suo. E ne era felice per la sorellina adorata, per il successo, il grande successo che quel particolare anatomico le avrebbe procurato tra tutti gli uomini della sua città. No, della sua regione. No, dell’intero Paese. Forse, con un po’ d’impegno, utilizzando al meglio tutto il suo armamentario, si disse, Clo avrebbe potuto perfino conquistare il mondo, con grande gioia e fierezza dei loro genitori per il successo internazionale della loro bambina. Intanto, però, quel gioiellino era là, alla portata delle sue mani che infatti non si risparmiavano, nel valutarne la caratura, certamente molto elevata. Susy aveva paura di farle involontariamente male. Per la verità era combattuta: da una parte, la foia che l’aveva invasa la spingeva a strapazzare con violenza quel giovane corpo tanto delicato, per dargli piacere non solo con la tenerezza, ma anche con un poco – appena un poco ‘ di violenza. Le passavano per la mente immagini di Claudia urlante, sotto l’azione dura, implacabile, delle sue unghie ficcate nei piccoli, delicati capezzoli. Le sarebbe piaciuto prendere tra due dita la clitoride, che forse non aveva ancora conosciuto il tocco di una mano, per strizzarlo d’improvviso, udendo gemiti sempre più profondi scaturire dalla boccuccia simile ad un bocciolo di rosa. Sarebbe andata quasi fuori di testa, se avesse potuto premere con forza sempre maggiore la carne rosa tra le pieghe delle piccole e grandi labbra, sino a far piangere Clo, la sua adorata Clo, godendo dei succhi che sarebbero sgorgati, ne era certa, dalla sua seconda bocca. Avrebbe desiderato portare la ragazzina all’estremo delle sue capacità di sopportazione, sino a farla implorare di smetterla, di non farle più tanto male. E solo allora, le sue mani avrebbero saputo mutare repentinamente la loro azione per trasformarsi in qualcosa di straordinariamente simile a dei petali di rosa: l’avrebbe confortata con le sue carezze sulla testina d’oro, avrebbe lenito il dolore con la lingua e con dei tocchi leggeri, cosicchè dopo poco i gemiti avrebbero perso ogni traccia di sofferenza per acquistare quelle, altrettanto inconfondibili, di un piacere crescente che avrebbero condotto la sorellina verso cime ancora sconosciute di un piacere senza limiti.
Le sarebbe piaciuto. Molto. Ma non poteva.
Non sapeva come Clo avrebbe reagito. Non voleva che le sue grida, i suoi lamenti troppo profondi destassero i genitori che dormivano o che vegliavano; o che forse godevano, anche loro al ritmo della pioggia battente. E non voleva che per sua colpa Claudia confondesse, non prematuramente, il piacere col dolore. Sarebbe potuto accadere ‘ sarebbe accaduto: Susy glielo augurava ‘ più in là, quando la vita l’avesse resa più matura. Adesso, no. Quello che stavano vivendo, le due sorelle, era il momento di una lenta, delicata iniziazione.
La mano di Susy scostò il lembo delle mutandine rosa. Le sembrò di vivere, come attrice attiva, ciò che lei stessa aveva provato spesso, per merito di mani maschili: era la sensazione di una nuova ‘prima volta’, la prima violazione della sua intimità, il momento nel quale aveva provato il senso di una donazione, il piccolo dolore della rottura del suo sigillo di garanzia seguita da un’onda di piacere quasi insopportabile. Le era parso che quella stoffa leggerissima fosse un secondo imene che, infranto, l’avrebbe portata oltre la soglia di un mondo nuovo ed affascinante, là, sul Pianeta Sesso.
Clo sembrava ancora immersa nel sonno. Come succede ad ogni essere umano sollecitato durante il sonno da carezze, baci od altre sensazioni molto sensuali, il suo corpo reagiva d’istinto e la sua tenera fighetta imperlava di gocce di preziosa rugiada la piccola foresta ancora intonsa che cresceva sul suo culmine. Piano, con estrema lentezza, il medio caldo e privo di unghia quasi del tutto (era lo stesso che Susy usava per masturbarsi senza rischiare di ferirsi nel momento del furore) oltrepassò la magica soglia. Esplorò pigramente, così sembrava, la carne morbidissima, che reagiva ormai anche a tocchi simili a quelli di una piuma, e poi si avventurò all’interno, sempre più in fondo. Clo aprì improvvisamente gli occhi, già torbidi per il godimento che la invadeva sempre più. La sua sensibilità virginea la rendeva enormemente reattiva al sia pur minimo tocco. Solo per caso, Susy sfiorò quel piccolo lembo di mucosa interno, posto sul davanti della vagina, conosciuto come ‘punto G’. Le gambe di Clo si ritrassero improvvisamente, la ragazza venne invasa da un tremito irrefrenabile. Girò la testina, guardò per un attimo il dolce, sensuale sorriso di Susy e compresse su di esso le sue labbra. La sorella reagì d’istinto: la sua lingua scattò e s’infilò alla ricerca dell’altra linguetta. Senza un attimo solo di sosta, il ventre di Clo si contrasse e lei gridò, sotto il tocco delle implacabili dita che le infliggevano quella meravigliosa tortura, soffocata dalla bocca di Susy la cui mano teneva la sua nuca fortemente compressa. Tuttavia, l’urlo era troppo alto, per poter essere soffocato del tutto: passò attraverso la parete e venne udito dalla mamma che si alzò di scatto, sfilandosi dal cazzo del marito che aveva inghiottito del tutto nella sua potente figa, per precipitansi a controllare. Aprì la porta, ma solo per vedere le due figliette stese una accanto all’altra, strette in un abbraccio affettuoso, Clo con gli occhi chiusi, mentre Susy guardava la madre sorridendo.
‘Che è successo?’ chiese quest’ultima, la voce carica di preoccupazione.
‘Macchè, niente, mamma’ rispose calma la figlia più grande, ‘è solo che è scoppiato un altro tuono e Clo si è spaventata. Lo sai, com’è”
La porta si richiuse e la mamma tornò a letto, accolta da una mano del marito che in un solo attimo, andò ad attaccarsi ad una sua natica, sotto la camicia da notte. Si dedicò subito a ricambiare quelle dolci attenzioni. Ma un dubbio continuò a tormentarla per alcuni minuti: per quanto si sforzasse, non riusciva a rammentare un tuono così forte da spaventare Clo sino a farla strillare in quel modo. Poi il marito infilò un dito nel suo buco di dietro, e lei si perse immediatamente nel suo personale oceano di piacere.
Ora non era il corpo di Claudia, davanti agli occhi ammirati di Susy, ma quello, altrettanto bello, di Carla……

Ora Susy aveva di fronte il corpo di Carla, non quello di Claudia. Le mancava la componente incesto, che però era sostituita validamente dalla situazione particolare: la nudità conturbante dell’amica; i piccoli, ricorrenti spasimi che colpivano il suo addome (ancora una conseguenza di ciò che era avvenuto nell’hammam solo un paio d’ore prima; il singolare profumo di uno strano incenso che aleggiava nell’aria della stanza; tutto ciò contribuiva a far si che il desiderio, accompagnato da sua sorella, la lussuria, la pervadesse nuovamente, come era accaduto quando si era trovata sdraiata su di un lettino mentre due ragazzi, un uomo ed una donna, si erano avvicendati nel darle il massimo del piacere possibile, un piacere che, per quanto grande, non l’aveva saziata del tutto.
Sentì la sua stessa voce che diceva:
‘ Ragazzi, che ci state a fare, lì, incantati?! Sono quasi le nove. Se vogliamo mangiare un boccone e poi andarcene un po’ in giro, bisogna che ci diamo una mossa. Andate a sistemarvi nell’altra stanza, io e Carla ci prepariamo qui, e poi ci rivediamo. Su, su, belli di mamma, fuori di qui”
Luigi uscì, seguito da Corrado. Quest’ultimo sembrava che si fosse finalmente ripreso dalla sbronza storica iniziata nell’hammam; tuttavia continuava a non ricordare niente, di ciò che era successo dopo che Morfeo l’aveva accolto nelle sue braccia. Ed aveva attribuito ad un leggero attacco emorroidale la sensazione di dolore blando che ancora si faceva sentire nel suo culo. Adesso non riusciva a togliersi dalla mente lo spettacolo più recente, quello della moglie del suo amico, nuda. Per quanto facesse appello al suo senso dell’etica, gli era rimasto addosso un improvviso accesso di libidine che non riusciva a controllare. Carla, è vero, si era coperta immediatamente, ma nella memoria di Corrado erano rimaste le immagini di due seni bellissimi e delle cosce della ragazza, affusolate e lisce; del culo che era rimasto in vista ‘ grande ma non troppo, estremamente invitante ‘ per alcuni secondi di troppo.
Entrarono nell’altra stanza.
‘Chi va a farsela prima, la doccia, tu od io?’ chiese Luigi. Corrado si stava levando le scarpe.
‘Vai prima tu, che intanto io mi preparo la biancheria di ricambio.
Lesto, Luigi si spogliò e si avviò verso il bagno. Corrado, senza rendersene conto, lo guardò mentre si toglieva gli slip. Non era la prima volta, ovviamente, che vedeva un altro uomo nudo: era accaduto di frequente durante il servizio militare, e poi anche negli spogliatoi della squadra di calcetto nella quale giocava da parecchi anni. Stavolta, però, quando lo sguardo gli cadde sul pene dell’amico, ne restò quasi ipnotizzato. Quel paletto abbastanza lungo, con delle grosse venature lungo l’asta, gli aveva dato una strana sensazione di deja vu, il ricordo vago di una situazione già vissuta nella quale il dolore si era confuso inestricabilmente ma anche incomprensibilmente, col piacere.
La voce di Luigi riuscì a sovrastare il rumore dell’acqua che usciva dalla doccia.
‘Corrà, ma lo sai che io non ce ne ho proprio voglia, di andare a girare ancora.’
‘Davvero?! Chè, sei già stanco?’
‘Ma no, manco per niente. Solo che m’è bastata la mattinata che abbiamo fatto e non voglio rischiare di ricominciare tutto un’altra volta’.’
‘Si, vabbè, ma è presto’. Io non c’ho voglia, di andare a letto, adesso!’
Bisogna capirlo, Corrado. Aveva già dormito qualche ora, e non si sentiva gli occhi pesanti, nemmeno un po’.
‘Senti Corrà, facciamo una cosa: adesso andiamo a mangiare, poi decidiamo che fare.’ Tacque un momento, imitato dall’amico, assorto in pensieri tutti suoi.
‘Per la verità, un’idea ce l’avrei pure” continuò.
‘Cioè?’
‘No, dai, era una cosa così, che m’era venuta in testa, niente d’importante.’
‘Eh, no, adesso tiri fuori tutto. Non mi ci lasci proprio, così. Siamo in vacanza, e se c’è qualcosa di particolare,da fare, non ho capito perché dobbiamo rinunciarci”
‘Ma poi, magari, ti incazzi’.’ Corrado, ormai, era incuriosito al massimo
‘Dai, sciogliti. Al massimo ti dico di no”
‘Vabbè, te lo dico. Però non t’incazzare, capito? Se non ti va, lascia cadere il discorso e la piantiamo lì.’ L’amico assentì senza parlare. Gli occhi erano spalancati, nell’attesa. Ormai aveva capito che nell’aria c’era un forte odore di trasgressione.
‘Che ne diresti, di un piccolo party a quattro? Scusami se te lo dico, ma a me Susy mi piace un sacco, da sempre. Se non fosse stata tua moglie, ci avrei provato già da un sacco di tempo, ed ho l’impressione che lei ci sarebbe pure stata. Te, ti ho visto prima, quando hai visto Carla nuda. Si vedeva benissimo che la bava ti stava colando dalla bocca a litri. Metti che ci sistemiamo in una stanza ed organizziamo una bella orgetta. Tanto, siamo lontani da casa, non lo saprebbe mai nessuno. E poi, ormai abbiamo cominciato, stamattina. Tanto vale andare avanti”
La ragione diceva a Corrado che l’unica cosa possibile da fare, a quel punto, sarebbe stata quella di rifilare all’amico un cazzottone in faccia, caricare bagagli e moglie su un taxi ed andare a cercarsi un altro albergo. Però qualcosa lo tratteneva. Carla gli piaceva davvero, e molto. Somigliava a Susy, ma lui le vedeva qualcosa di particolare che lo attraeva moltissimo. La situazione complessiva lo intrigava come poche altre volte, ed il profumo d’incenso, straordinariamente erotico, che pervadeva, a quanto sembrava, tutta l’atmosfera respirabile dell’Hotel, contribuiva a sbiadire il senso della realtà. Ed anche le normali regole di morale e di convivenza. Si rese anche conto di una cosa che non lo aveva nemmeno mai sfiorato, sino a quel momento. Pensare all’ipotesi prospettata da Luigi, gli aveva fatto comparire in mente alcune immagini virtuali. Uno di queste gli faceva vedere Susy sotto il corpo di Luigi, col suo pene infilato profondamente nella figa. Nella sua immaginazione, sua moglie gemeva e godeva intensamente mentre il suo corpo si dimenava come quello di una piccola anguilla. Questa cosa, lungi dal farlo infuriare, lo eccitava in modo incredibile. Sentì che il cazzo gli si ingrossava, irrigidendosi repentinamente. E la sua bocca, che si era aperta per esprimere un rifiuto indignato, disse invece, un po’esitante:
‘Beh, perché no?’ Un attimo dopo gli venne un dubbio: ‘No, Luigi, non si può. Lo sai, il casino che faremmo, tutti e quattro? Poi ci sbattono fuori dall’albergo’. Lascia perdere, va’! Usciamo come avevamo detto e ci facciamo un paio di monumenti, ok?’
L’amico ci ponzò su un momento. L’idea gli era venuta in testa, ed ormai non riusciva più a levarsela. L’immagine dei corpi delle due ragazze avvinghiati, mentre lui e Corrado se le lavoravano per benino, era troppo vivida ed invitante. E poi, l’eccitazione accumulata durante la mattina, non gli era ancora passata.
‘Aspetta un momento, Corrà. Forse, una soluzione c’è’.’
‘Ma no, dai’ Certo, che quando ti ficchi in testa una cosa, non ti va via nemmeno a cantonate’Che cavolo vuoi fare, adesso?’
‘Lasciami provare. Tutt’al più va buca e non se ne parla più.’ Corrado sperò ardentemente che’andasse buca. Però, non voleva mettersi a litigare.
‘Vabbè, forza. Però se non ti riesce subito, lasci perdere e finisce là, d’accordo?’
Luigi si fiondò sul telefono più vicino. Premette il nove e dopo un attimo parlò con la hall.
‘Il Signore desidera?’ disse la voce del concierge.
‘Buonasera, avrei bisogno d’aiuto. Mi può mandare qualcuno?’
‘Mais oui, certainement! Arriva subito un cameriere.’
Passò solo qualche minuto, e sentirono bussare.
‘Avanti’, disse Luigi. La porta si aprì per far entrare un bel ragazzo arabo, vestito con un djellaba bianco. Portava i capelli lunghi, riuniti in una coda di cavallo. Sul petto era appuntato un badge con su scritto ‘Ahmed’.
‘In cosa posso servire i Signori?’, disse il giovane con una voce bassa e roca.
‘Oh, senta’ lo apostrofò Luigi ‘avremmo voglia di fare un po’ di festa con le nostre Signore e volevo chiedere un consiglio.’ Era un po’ imbarazzato, malgrado un certo atteggiamento di superiorità troppo ostentato, ciò che gli causava, tra l’altro, alcuni problemi, sia per ciò che riguardava l’uso della lingua che per la cortesia, bisogna dire.
‘ Per ciò che posso, Signore’.’ Ahmed aveva il cuore un po’ in tumulto. Sapeva benissimo che l’uomo che aveva davanti era, con ogni probabilità, il marito della bionda che lui aveva generosamente aiutato qualche ora prima. Il timore era che ci fosse stata qualche fuga di notizie e che il marito tradito fosse leggermente, ma solo leggermente, incavolato. Ciò avrebbe potuto provocare due conseguenze, ambedue sgradevoli: la prima, che lui, Ahmed, fosse costretto a difendersi fisicamente dalle reazioni di un marito offeso. L’altra, che la cosa esplodesse ad un punto tale da non poter essere ignorata dal proprietario dell’albergo, sempre molto comprensivo, in casi simili, purchè però restassero nell’ambito del più assoluto riserbo. Una cosa era l’incentivare all’estremo ogni azione dei dipendenti tesa a soddisfare le esigenze della Clientela, di qualsiasi tipo e genere; un’altra, lo scandalo che sarebbe potuto derivare dalla possibilità che fosse reso pubblico il fatto che i dipendenti stessi spingessero la loro disponibilità sino al limite di sane – entusiastiche perfino – scopate con la Clientela stessa, soprattutto con quella di genere femminile. Egli, esperto nel mestiere di albergatore, sapeva quanto gli occidentali tendessero a drammatizzare i rapporti sessuali, reagendo ai tradimenti in modo tale da far impallidire persino la sana abitudine araba di lapidare i fedifraghi. Questa cosa avrebbe potuto anche procurargli danni economici considerevoli. E naturalmente se la sarebbe presa col povero Ahmed, scordandosi del tutto degli accordi permissivi statuiti in precedenza.
Non aveva motivo di preoccuparsi: l’obiettivo di Luigi era di natura diversa.
‘No, sa, volevo chiedere se le camere sono ben insonorizzate” si bloccò un attimo, vedendo la faccia perplessa del ragazzo, che quella parola italiana non l’aveva proprio mai sentita ”oh, scusi, volevo dire se si sentono molto i rumori, da fuori: non vorrei che magari dessimo fastidio ad altri vostri clienti. Sa, un bicchierino in più, un po’ di eccitazione’ Non è che ci limiteremmo a bere un po’ di più” strizzò l’occhio al ragazzo, con aria complice.
Questa, Ahmed, l’aveva capita benissimo. Non era la prima volta, che i clienti decidevano di divertirsi in albergo, anche in maniera un tantino esagerata, a volte tra di loro, uomini e donne, altre ‘ più spesso ‘ con affascinanti accompagnatrici, od accompagnatori, forniti dall’Hotel, contro un piccolo (piccolo?!) supplemento del prezzo della stanza.
‘Non si preoccupi, Signore’, disse sorridendo ‘ognuna delle nostre stanze è come un piccolo mondo privatissimo. Potreste anche organizzare una carica di cavalli bérberi, e nessuno sentirebbe nulla.’ Poi non seppe trattenersi: aveva ancora il sangue bollente per ciò che era avvenuto, nell’altra stanza solo un paio d’ore prima.
‘D’altra parte, capisco perfettamente il vostro desiderio: le vostre donne sono straordinariamente belle. Se posso permettermi, ho ammirato moltissimo la Signora che è rimasta in albergo, oggi’.’
Per quanto tentasse di controllarsi, lo sguardo del ragazzo si appannò visibilmente. Sul momento, Luigi non lo notò.
‘Ah, grazie. Allora, sia gentile: ci faccia avere nella mia camera, l’altra, due bottiglie di Laphroaig, (ti va bene il whisky, si, Corrado?) ed una di Perrier molto fredda, grazie.’
Ahmed mise a tacere la voce di Allah che lo minacciava di sprofondarlo nel fuoco dell’inferno per il solo fatto di aver pensato, solo pensato, ad un liquore. Ed infatti, quando lui, Ahmed, beveva con gli amici, stava molto attento che le finestre fossero ben chiuse per evitare che qualche Arcangelo di passaggio potesse vederlo, per poi andare a fare la spia all’Altissimo.
‘Certo, Signore. Subito, Signore. E, se mi permette, passate una buona serata: nessuno vi disturberà.’ Salutò toccandosi il cuore, la bocca e la fronte, ed uscì dalla stanza.
‘Evvai!’, disse Luigi a Corrado, che sorrise a mezza bocca, dandogli il cinque a mano alzata. ‘Stasera si, che ci divertiamo! In vacanza ci sta tutto, ma proprio tutto, trasgressione compresa.’ Pensò un attimo: ‘Dì, Corrado, non è che tu sei geloso, vero?! Non ti importa, se vedi tua moglie con un altro’ Poi, dopo tutto, non si tratta di estranei, no? Noi siamo amici” Sorrise, mentre gli comparivano davanti agli occhi le immagini di Susy distesa sul lettino dell’hammam, sovrastata da un corpo eburneo che la sbatteva come un lenzuolo lavato a mano.
‘No, non è questo’Beh, sai, per la verità, pensare a tua moglie tra le braccia di un altro, anche se si tratta di un amico, insomma’.’ Poi sorrise anche lui: ‘Ma si, dai, questi sono giorni fuori dal tempo: succeda quel che vuole succedere. Tanto, ti ricambio con la stessa moneta, che ti credi?’ Si misero a ridere assieme. Finirono di prepararsi e tornarono nella stanza dove li aspettavano le due ragazze. Le quali ragazze non erano restate, come dire, con le mani nelle mani. Per la verità, non erano rimaste nemmeno con le lingue nelle lingue, come poterono constatare i due uomini quando entrarono nella stanza: Susy era sdraiata supina nel letto e Carla la sovrastava, in uno splendido, arrapantissimo sessantanove. Gemevano ambedue, mentre una mano di Carla stringeva fortemente un capezzolo dell’amica, facendolo rullare e tirandolo verso l’esterno. L’altra mano si occupava di uno dei suoi stessi seni. La scena era decisamente sconvolgente per i due maschietti, già in tiro per via dei progetti costruiti poco prima. Si bloccarono a rimirare le fanciulle, con lo sguardo basito e la bocca semiaperta. Non si erano nemmeno accorti di aver lasciato la porta semiaperta, ciò che permise ad Ahmed di entrare liberamente fin sulla soglia, spingendo un carrello che trasportava i drums dalla delicata forma di tulipano, le bottiglie poste dentro i contenitori termostatici ed alcune coppette di piccoli divertissement arabi, l’equivalente delle nostre arachidi, da accompagnare al liquore. Al ragazzo si spalancò improvvisamente davanti agli occhi un meraviglioso scorcio del Paradiso delle Urì, le splendide fanciulle selezionate Lassù, per allietare le giornate degli uomini giusti, ancorchè morti. Rimase immobile, intento a guardare quei due corpi stupendi che, avvinghiati, si davano reciprocamente piacere. Le due lingue frugavano tra i delicati tessuti rosa arancione ricercando i punti più sensibili per lambirli, carezzarli, con tutta la sapienza femminile per ciò che riguarda il corpo della donna. Ognuna delle due leccava, stuzzicava, penetrava avendo ben chiaro l’obiettivo da raggiungere per suscitare il massimo del piacere nella partner. Le due lingue venivano coadiuvate dalle dita, soprattutto l’indice ed il medio, che esploravano con grande delicatezza l’interno delle vagine, alla ricerca del punto di maggiore sensibilità di ognuna. A volte lo sfioravano, provocando delle forti contrazioni accompagnate da gemiti intensi. Ma, quasi per un tacito accordo, le dita si ritraevano subito, per prolungare quanto più fosse possibile uno scambio di godimento sempre più vicino ‘ ma senza mai oltrepassarlo ‘ al punto di non ritorno. A volte, le dita bagnate dagli umori che uscivano dalle due vulve si portavano appena più su per carezzare sfiorandolo, per poi entrarvi con decisione, nei piccoli, stretti buchi posteriori, strappando dalle bocche sospiri più intensi e pesanti.
Susy teneva il viso basso, schiacciato sul pube di Carla, ed era concentrata fortemente sul tentativo di bloccare l’orgasmo che sentiva sempre più vicino ed impellente. L’altra bionda, pur persa dentro un piacere quasi insopportabile, non aveva perso tuttavia il controllo. Non del tutto perlomeno. Non il tanto che le impedisse di rendersi conto dell’aumento delle presenze nelle stanza. Riuscì, contorcendosi un poco, a sollevare gli occhi al di sopra di una coscia di Susy, occhi appannati, le palpebre semichiuse. L’angolo visuale non le consentì di vedere subito Luigi e Corrado. Vide benissimo, però, fermo sulla soglia, il viso del bellissimo arabo che l’aveva portata ben oltre il settimo cielo solo pochissime ore prima.
‘Ahmed’..’ , disse rapita, mentre un fiotto di liquido profumato di donna usciva improvvisamente dalla sua vulva riempiendo la bocca di Susy.
Luigi girò lo sguardo, tra lo stupito e lo stravolto:
‘Perché, lo conosci?!’ Carla si rese conto della gaffe e rinfilò rapidamente la lingua nella figa della sua amica. Fu l’arabo, a rispondere molto impacciato.
‘Ssssi, Signore, ho portato dell’acqua a madame, che me l’aveva chiesta’.’
Ora, Luigi non possedeva l’intelligenza di Einstein, ma non era nemmeno scemo del tutto. Ora capiva anche cosa volesse dire Ahmed prima, confessando quanto gli era piaciuta Carla. In quella stanza, prima che lui arrivasse doveva essere accaduto qualcosa di molto particolare. Per un attimo gli salì il sangue alla testa, ma si controllò d’istinto, rendendosi conto che se avesse dato la stura alla sua reazione di maschio tradito avrebbe fatto una figuraccia di fronte a Corrado e, soprattutto, a Susy. Una cosa era progettare e, possibilmente, realizzare un partouze con due amici di vecchia data; e poteva starci anche, come dire, uno scambio di affettuosità tra due amiche, sia pure molto intenso come quello a cui stava assistendo. Ben altra cosa, quella di accorgersi di essere stato cornificato a sua insaputa: quella piccola perdita di controllo di Carla gli aveva prospettato qualcosa di molto, ma molto diverso e difficilmente sopportabile, per il suo orgoglio di vero macho quale egli si reputava.
Tuttavia, l’uomo possedeva anche un forte senso della giustizia. Non era colpevole lui stesso, pensò, dopo tutto ciò che era successo durante la giornata? Che diritto aveva di colpevolizzare la moglie, quella dolce Carla che lui aveva lasciato sola ‘ troppo sola, evidentemente – benché sapesse che non si sentiva troppo bene?
Si calmò improvvisamente. Abbastanza. Non del tutto. In fondo ‘ la natura maschilista degli uomini non si tradisce mai completamente ‘ Carla, comunque, si era fatta scopare dal primo cameriere, per quanto obiettivamente bello, che si era trovata a portata di’beh, diciamo ‘mano’. E per questo doveva ricevere una punizione, riflettè, mentre il cazzo gli si induriva improvvisamente come una barra d’acciaio.
Corrado, che nel frattempo si era risvegliato del tutto, capì anch’egli la situazione e ridacchiò tra sè e sé, pregustando le conseguenze. Ma noi sappiamo che aveva davvero poco da ridere, considerando che mentre quelli di Luigi erano non più che un paio di cornetti di capretto appena nato, il palco che ornava la sua fronte poteva confrontarsi tranquillamente con quello di un alce finlandese.
Sia pure con fatica, Luigi riprese del tutto il controllo.
‘Grazie, ora può andare’, disse rivolto ad Ahmed, come se la situazione complessiva fosse la più normale del mondo. Il ragazzo deglutì in un solo colpo il groppo di saliva che gli aveva riempito la bocca. Diede un’ultima occhiata a quella specie di Paradiso che stava perdendo, fece un breve inchino impacciatissimo e se ne andò.
Alle due bionde, era passata improvvisamente la voglia. Susy aspettava, un po’ incuriosita, un po’ preoccupata, gli sviluppi della situazione. Carla era divisa tra una buona quantità di paura ed un’attesa sempre più ansiosa, ma anche spasmodica, della reazione del marito. Luigi andò al carrello, prese la bottiglia del whisky, ne tolse la stagnola, la aprì e riempì i quattro drums dalla delicata forma a tulipano. Si volse verso le ragazze e chiese:
‘Lo volete liscio, o con un po’ d’acqua e ghiaccio?’
Le due voci delicate si sovrapposero: ‘Liscio, grazie” disse Susy. ‘No, grazie, non mi va”, disse Carla.
‘Credo proprio che dovresti bere un poco, invece!’ insistè Carlo.
‘Ho la gola chiusa, Carlo, per favore’.’ ribattè la moglie, gli occhi chiusi ed abbassati, mentre alcune lacrime le bagnavano le guance.
‘Ed io ti dico che lo berrai!’ La voce di Luigi sembrava calma, ma Carla vi colse un tratto duro che non aveva mai percepito prima di allora. Inghiottì il liquore con un solo sorso, dette un paio di colpi di tosse e si asciugò la bocca col dorso di una mano. Luigi riempì di nuovo il bicchiere, e quando lei sollevò gli occhi per rifiutarlo, vide in quelli del marito un’espressione dura che la convinse immediatamente a prenderlo in mano.
‘Allora, Corrado, Susy, cominciamo la festa?’, disse Luigi’.

‘Ed io ti dico che lo berrai!’ La voce di Luigi sembrava calma, ma Carla vi colse un tratto duro che non aveva mai percepito prima di allora. Inghiottì il liquore con un solo sorso, dette un paio di colpi di tosse e si asciugò la bocca col dorso di una mano. Luigi riempì di nuovo il bicchiere, e quando lei sollevò gli occhi per rifiutarlo, vide in quelli del marito un’espressione dura che la convinse immediatamente a prendere, invece, in mano, il tumbler quasi colmo che lui le porgeva.
‘Allora, Corrado, Susy, cominciamo la festa?’, disse Luigi’.

Fu Susy, la prima a reagire: ‘Di che festa parli? Non dovevamo andare a mangiare?’ Era seccata, un po’ per il cambio di programma, un po’ perché era stata interrotta mentre si stava godendo un rapporto lesbico di alta qualità.
‘Mbeh, mentre stavamo di là, con Corrado, ci è venuto in testa di stare un po’insieme noi quattro, a divertirci senza uscire. Il whisky l’abbiamo ordinato per questo’. Solo che poi, quand’è arrivato il cameriere mi sono accorto di qualcosa di strano’.’
Corrado lo guardò sornione ‘Cos’è, hai pensato di invitare anche lui, a festeggiare?’, disse, con una mezza risatina sulle labbra.
‘Non proprio. Ho avuto la sensazione che lui lo avesse già fatto prima che noi tornassimo, e non da solo, e per di più proprio in questa camera’.’ Puntò lo sguardo sulla moglie, che spalancò subito gli occhi: ‘Carla, non è che hai sentito bisogno di qualcosa, mentre non c’eravamo?’

‘Di che parli, Chicco,’ la voce di Carla tremolava leggermente ‘a che ti riferisci?’ Adesso, gli occhi della ragazza erano davvero spalancati e le labbra, appena aperte, lasciavano passare un ansito troppo frequente, per essere casuale.

‘Ah, niente, niente! è solo che ho notato uno scambio di sguardi tra te ed il cameriere – Arud, Ahmed, come si chiama ‘ mi sono accorto di come ti guardava, poco fa, quando è entrato e siccome non sono ancora del tutto rincoglionito, ho fatto due più due ed ho capito che in effetti avevi sentito qualche mancanza, mentre io non c’ero. Sai, avevi quel mal di pancia noioso, quando siamo usciti” Ora, non foss’altro che per spirito di giustizia, bisogna riconoscere che il ragionamento di Luigi qualche dubbio lo lasciava pure: come si può pensare che un ragazzo nel pieno delle sue facoltà amatorie, non si incanti nel vedere due sberle di donne come Carla e Susy, nude e distese su di un letto, e per di più con una mano di una piazzata sulla tetta dell’altra, un capezzolo ancora stretto tra i due polpastrelli del pollice e dell’indice, in atteggiamento che non lasciava molti spazi a dubbi? Quindi il fatto in sé non dimostrava di per sé che ci fosse, per così dire, del marcio a Marrakech, tanto per parafrasare uno scrittore inglese abbastanza noto per via di certe sue commedie. Tuttavia, noi sappiamo che il marcio c’era, almeno dal punto di vista di Luigi, e nemmeno poco odoroso. Quindi ci corre l’obbligo, per così dire, di compiangere Luigi, almeno un po’. Ma non del tutto, come vedremo tra poco.

Carla si raschiò un po’ la gola: ‘Beh, si, mi è venuta sete, e siccome l’acqua dei rubinetti non mi sembra sicura, ho chiesto che me ne portassero una bottiglia. Adesso che mi ricordo, è venuto proprio Ahmed, a portarmela”
‘Si, che Ahmed (ma come te lo ricordi bene, il suo nome’) sia venuto, in mia assenza, ne sono praticamente certo, ma non solo per portare una bottiglia. Dai, Carletta,’ disse con voce suadente e calma, ‘puoi pure dirlo senza problemi, tanto io non mi incazzo: te lo sei scopato, il cameriere?’

In effetti, a Luigi non è che interessasse molto, che Carla si fosse versata al marocchino. Passati, i tempi in cui uno si arrabbiava molto se scopriva che qualcun altro si fosse scopato sua moglie, o che gli piacesse mangiare nouvelle cuisine o che sniffasse una striscia: tutte cose abominevoli, naturalmente, ma la vita cambia col cambiare delle stagioni, come disse un Poeta. Quale? Beh, non esageriamo’ Anzi, l’idea del corpo della moglie sovrastato da quello di Ahmed, quella dello sguardo della ragazza stravolto dal piacere, gli procuravano anche una certa eccitazione, benché la parte più razionale del suo cervello rifiutasse istintivamente l’idea della perdita irreparabile dell’esclusiva. Per di più, l’uomo sapeva perfettamente di non avere molto diritto di mettere in scena accessi otelliani di gelosia, dopo quello che lui, assieme a Susy e, seppure con qualche trascurabile variazione, anche a Corrado, aveva combinato durante l’intera giornata. Per trovare una spiegazione razionale al suo atteggiamento fiero ed oltraggiato bisogna quindi ricercare altre motivazioni. Ed a giudicare dagli avvenimenti che seguirono questo drammatico preludio, si può ben supporre che Luigi stesse imbastendo una specie di sceneggiata tale da consentirgli di ottenere qualcosa di più della sana scopata a quattro prevista in partenza.
Carla pensò intensamente per alcuni secondi. Aveva ogni buon motivo per ritenere che Luigi stesse andando davvero fuori di testa per quell’innocente (innocente?!) divertissement che si era concessa sino ad un’oretta prima con quel gran figo di marocchino. Temeva per un matrimonio, il suo, in procinto di andare in fumo per ‘una distrazione’, come diceva Lucio Battisti in una bella canzone dei suoi primi anni. Era evidente, che quel po’ di tempo passato a giocare con Ahmed e Fatima era stato ‘un giuoco e non un fuoco’! Ma vaglielo a spiegare, a Luigi! Comprensibile, il suo panico: avesse saputo che tipo di relax si era concesso il marito nell’ hammam, avrebbe potuto anche ribattere. Solo che, appunto, non lo sapeva. In un lampo pensò alla possibilità di mettersi a strillare che lui l’aveva tradita, in Italia, più di una volta, senza che lei gli dicesse nulla. Di fare un po’ di teatrino, insomma. Però avrebbe dovuto ammettere una cosa così davanti agli amici, e questo le dava non poco fastidio. ‘Come faccio, adesso?’, pensò tra sé e sé. Poi le venne un lampo. La soluzione era lì, a portata di mano: Ahmed l’aveva costretta all’amplesso, lei aveva tentato di difendersi, ma senza successo ed aveva dovuto soggiacere, (‘Mmmmhhh, che bello”, diceva una parte del suo cervello, quella collegata per direttissima con l’incrocio delle sue cosce, con le sue tette e con la sua bocca) era stata costretta a subire, ripeteva l’altra parte, l’attacco sessuale di un giovane arabo violento.
E così Carla si comportò come quasi ogni altra donna farebbe, in quelle condizioni: scoppiò in lacrime, abbattendosi sul cuscino, con un braccio davanti al viso. La voce soffocata e rotta dai singhiozzi, spiegò a Luigi quanto grande fosse la sua sofferenza per il terribile oltraggio che le era stato inflitto e quanto lei desiderasse redimersi, a qualsiasi costo, purchè lui la perdonasse per quella colpa, disse senza arrossire, che certamente non era sua.
Susy cercò di dare una mano, per così dire, all’amica. Invocò la comprensione che ognuno di noi deve al suo compagno di vita; si disse certa che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta; suggerì che forse, una piccola, misurata punizione avrebbe potuto lavare l’onta. Non aveva idea, la poverina di quanto fosse grande il guaio in cui si stava cacciando. A Luigi tornò in mente un’altra cornificazione alla quale aveva assistito direttamente, relativamente pochi attimi prima. Proprio Susy si era contorta come un’anguilla sul lettino dell’ hammam, sotto le sapienti mani, il sapientissimo membro di un presunto massaggiatore, ben coadiuvato da una giovane fanciullina che, malgrado l’età ancora molto giovane, aveva dimostrato di saperne una più del diavolo, in materia di sesso. Questo, per di più era successo mentre Corrado era presente, anche se perso in sogni etilici che gli avevano impedito di prendere atto della progressiva ramificazione della sua fronte che, per la verità appariva già piuttosto ben ornata. Del resto, non aveva nemmeno percepito, il meschino, l’oltraggio (oltraggio?!) che era stato perpetrato ai danni del suo posteriore.
Il pene di Luigi, a quel pensiero, subì un’ulteriore impennata: c’erano due punizioni, da impartire, non una sola. Sentì appena la voce di Corrado:’ Dai, Lui’, non fare una tragedia. Non siamo mica nell’800, eh?! Un po’ di libertà non è una nulla di che. Anzi, se ci pensi bene, una cosa di questo tipo può anche dare una mano al rapporto matrimoniale” Era del tutto in malafede: dentro di sé si sganasciava dalle risate, a pensare che Luigi era entrato a far parte della nobile Associazione dei cocus, alla quale lui, Corrado, non era iscritto. Così credeva. Ma la mente del suo amico ormai galoppava: eccitato com’era, non voleva, proprio no, che Corrado gli rovinasse la giornata tenendosi fuori della storia che si andava imbastendo, restando, a torto, semplice spettatore.
‘Corra’, ma c’hai capito?! Guarda che ci stiamo dentro tutti e due! Ma ti sei rincoglionito del tutto, nell’ hammam! Quello che stava facendo tua moglie, là dentro, proprio non c’hai fatto caso” Era partito, ormai, del tutto. Anche il suo italiano, normalmente assai forbito, era andato per direttissima, a signore di facili costumi, sostituito da dialettismi di bassissimo profilo. ‘Scommetto che non ti sei accorto nemmeno che mentre dormivi te l’hanno messa nel culo”
Corrado accusò le due botte contemporanee. Il suo sguardo si fece vitreo. Di primo impulso si indignò: ‘Ma in culo l’avrai pre’.’ Si bloccò improvvisamente, mentre gli tornava in mente quel fastidioso dolore al posteriore che adesso si era attenuato, si, ma senza scomparire del tutto. E la rivelazione improvvisa, gli offrì l’immagine di Susy sdraiata sul lettino vicino al suo, strapazzata in tutti i modi da un nerboruto masseur assieme ad una eccitantissima masseuse. Sbottò improvvisamente: ‘Ma brutta puttana che non si altro’ Non mi posso addormentare un momento, senza che tu ne approfitti’ Ma te la faccio vedere io, adesso, altro che Carla!’
Susy era divisa tra l’aspettativa di una situazione certamente interessante ‘ il suo addome si contraeva di già, un ruscello di liquidi le colava sulle cosce ‘ ed un incazzo furioso per quello che considerava un tradimento di Luigi (‘Brutto bastardo,’ pensava, ‘così, si tradisce un’amica! Non ti ricambio solo perché se lo faccio finisce il divertimento. Ma mi devi capitare tra le gambe, tu e quella specie di pisellino che ti ritrovi tra le gambe’). Poi decise che era arrivata l’ora di un decisivo salto di qualità:
‘Si, stronzo, mi sono fatta scopare alla grande. E mi hanno anche leccata, e l’ho fatto anch’io: cosa c’è che non ti va? Anzi se lo vuoi proprio sapere, non è nemmeno la prima volta, che succede!’ La ragazza, ormai, era del tutto fuori controllo:
‘Cosa c’è, adesso che lo sai non mi vuoi più? Guarda qua, guarda che tette e che figa e che culo. E pensa a quanto ti piace, la mia bocca, quando te lo succhio! Dai, dillo che non esisto più, per te. Dimmi che me ne posso andare e che non te ne frega niente, se non scoperai più con me’. Dai, Corrado, dillo” In effetti, Susy, travolta dalla rabbia e dalla paura era diventata un po’, ma solo un tantino, scurrile. Non si ribellò quando, d’improvviso, il marito l’acciuffò per le braccia, la sbattè sul letto e le infilò due dita nella vagina, penetrandola sino a farle male. Tutto il suo corpo era diventato improvvisamente un laboratorio chimico in eruzione: Le sue ghiandole facevano a gara nel produrre anfetamine, endorfine ed una quantità di altri sconosciuti ormoni. Le dita di Corrado, strofinando sulla vulva e sulla clitoride, le procuravano un’eccitazione incontenibile. Strillava come un uccello ferito. Una mano corse su un capezzolo, l’altra sulla vulva. In pochi istanti la ragazza fu scossa da un orgasmo devastante. La ‘festa’ era cominciata, del tutto fuori dagli schemi previsti. Carla, gli occhi belli sgranati, guardava rapita la scena che si svolgeva a pochi centimetri da lei. Non per molto: Luigi, nel momento stesso nel quale aveva sentito il primo strillo di Susy, aveva cominciato a strapparsi i vestiti da dosso, sino a rimanere nudo come un verme, l’uccello eccitatissimo che sfiorava l’ombelico. Si bloccò un momento, solo per rivolgersi a Corrado:
‘Corrado,’disse col tono a con l’applombe di un membro della Casa Reale Inglese, ‘Corrado, ti prego, calmati! Adesso sistemiamo mia moglie. Alla tua ci pensiamo quando torniamo a casa, sei d’accordo?’
L’amico aveva tute le buone intenzioni di continuare. Poi si rese conto che una scorpacciata in quel momento gli avrebbe tolto buona parte del gusto. Capì che era meglio rimandare di qualche giorno. ‘Ma poi sarebbero stati’, pensò, ‘cazzi di Susy! E non per modo di dire’. Forse avrebbe potuto organizzare persino una specie di session, invitando a parteciparvi anche un po’ di amici fidati. Susy era ancora più arrabbiata ‘ Ma guarda un po’ ‘sto stronzo di Luigi! Prima mi combina un casino, raccontando tutto a mio marito, e poi mi rovina anche le conseguenze, porcaccia miseria”. Comunque, già che c’erano, continuarono a scopare alla grande.

Intanto, Luigi, appena si era accorto che Corrado era riuscito a calmarsi, si era gettato sul letto, vicino alla moglie: ‘Adesso sarai punita anche tu!’ le soffiò in un orecchio, con accento’beh, si, feroce. ‘Se vuoi essere perdonata, dovrai subire ciò che io vorrò. Altrimenti, chiudiamo qui la nostra storia, se lo preferisci. Torniamo in Italia e ci dividiamo. è questo, che vuoi?’
‘No, ti prego, non dirlo nemmeno per scherzo!’ Carla piangeva come una vite tagliata, stavolta seriamente. Si era messa in ginocchio sul letto, accosciata, ma con una mano ed un braccio puntati sul materasso, per sostenere il corpo proteso verso Luigi. I seni, dritti, ondeggiavano appena, i capezzoli rigidi, la pelle rosata. ‘Non posso nemmeno pensare di continuare a vivere senza di te. Ho fatto una scemenza, ma ora non potrei più’ Anzi, ti dico tutto: assieme Ad Ahmed c’era anche una sua compagna, Fatima, si chiama, ed ho fatto l’amore con tutti e due insieme’ Ora fammi quello che vuoi, ma non lasciarmi, ti prego” Luigi la guardava attonito. Non l’aveva vista mai così bella, così affascinante, così desiderabile. Si sentiva anche colpevole, per come la stava trattando: pure lui aveva mancato, ed in maniera grave, doveva riconoscerlo, benché non fosse disposto ad ammetterlo, per una quantità di motivi. ‘Ma si, non fa niente, in fondo’ Sai, tutto sommato mi eccita pensarti scopata da un altro e da un’altra, anche. Però devi ricordartene bene, di questa giornata, Carla, amore mio. Ora lo faremo noi due insieme, l’amore. E faremo partecipare anche Susy e Corrado. Ti darò, ti daremo molto piacere, ma ti faremo male. In qualche momento, molto male. Siamo d’accordo, piccola?’
‘Oh, si, ti prego, Luigi mio’ Ti desidero da impazzire. Sono tua e tu puoi usarmi come ti pare.’ Gli si buttò addosso e lo baciò con una foga tale da spaccarsi un labbro contro i denti del marito. Il sapore del sangue fece da stimolo folle per tutti e due. Istintivamente, Luigi le infilò tutta la lingua in bocca riempiendola sino all’ugola. Carla soffocò, ma non si sottrasse a quella prima, leggera tortura. Un attimo dopo una mano del marito le artigliò un seno torcendole dolorosamente la carne. Carla gemette per il dolore unito ad uno strano piacere, che faticava a comprendere. Sentì afferrarsi il capezzolo che venne torto, tirato in avanti e poi morso sino a far uscire una stilla rossa come l’amore che in quel momento provava per Luigi. Si rovesciò all’indietro, sino a sdraiarsi sul letto, attirando a sé il corpo dell’uomo che le aprì brutalmente le cosce, penetrandola poi con violenza. Se la sua vagina non fosse stata colma di succhi che si riversavano all’esterno inzuppandole la clitoride oltre alle grandi ed alle piccole labbra, scivolando per di più sul perineo per poi incanalarsi tra le natiche per finire sul buco del suo culetto, l’impeto incontenibile di Luigi l’avrebbe indubbiamente spaccata. Fu un attimo. Poi Carla sentì il pene abbandonarla, mentre il suo amante le si stendeva vicino e prendeva a carezzarla in ogni dove, nei più riposti recessi del suo corpo. Nessuna parte, veniva risparmiata da quelle carezze: le dita si infilavano in bocca, per poi passare improvvisamente alla figa che rispondeva contraendosi spasmodicamente. Uscivano dalla grotta incantata per poi infilarsi rudemente nell’orifizio anale, strappandole gemiti di dolore. La lingua di Luigi la percorreva senza posa, intrufolandosi in ogni angolo, lambendo zone sensibilissime, tanto da procurarle spasmi di piacere che, a loro volta, estraevano dalla sua gola dei lamenti che diventavano sempre più profondi e sensuali. Ormai, tutto il corpo di Carla vibrava come un’unica corda, suonata con enorme maestria da chi desiderava trarne gli accordi più armoniosi e coinvolgenti.

Sull’altro lato del letto, le cose si erano svolte in modo molto più veloce. Corrado, sotto lo stimolo meraviglioso delle pareti della vagina di Susy, non aveva resistito un granchè: un orgasmo terrifico aveva squassato i due corpi nello stesso momento lasciandoli poi vuoti di energie. Appena ripreso un minimo di contatto con la realtà, Corrado e Susy si erano accorti di quanto, a rendere irresistibile il loro furioso rapporto, avessero contribuito i gemiti, le urla, provenienti dall’altra coppia. Carla e Luigi continuavano ad esplorarsi senza che la loro tensione cadesse neppure per un attimo. Ora, il loro piacere proveniva da carezze profondissime. Carla stringeva nella sua manina il pene di Luigi, gli masticava il capezzolo destro che ‘ lo sapeva per lunga esperienza ‘ era fornito di una sensibilità pari, se non superiore, a quella dei suoi. Luigi, per parte sua, tentava di resistere al dolore che aveva invaso i suoi testicoli per il desiderio folle che lui continuava a reprimere, controllandosi tuttavia in maniera davvero invidiabile. Una sua mano, la sinistra, continuava a carezzare dentro e fuori la figa della sua compagna, senza trascurarne neppure un centimetro. Ogni tanto scostava la piccola mano che gli carezzava il pene per potersi piegare sino ad attaccare le labbra alla vulva della moglie, lambendola poi in tutti i punti che lui sapeva particolarmente sensibili. Ad un certo punto si era sollevato un poco, sino a mettersi in ginocchio per poter infilare due dita dentro quella tenerissima, dolcissima figa sino a sfiorare il punto più sensibile posto a circa cinque centimetri dall’ingresso della grotta fatata, sulla sua parete anteriore. Tutte le sue carezze risultavano enormemente efficaci. Ed infatti, Carla passava senza stanchezza da un orgasmo all’altro, sempre più intensi, sempre più esaltanti.
In un momento di relativa calma, lo sguardo di Luigi si incrociò con quello dei due amici. Bastò un lieve battere di ciglia, accompagnato da un cenno d’assenso e da un breve sorriso, per far comprendere a Susy e Corrado che era giunto il momento di intervenire. Si avvicinarono al corpo dell’amica, Susy vicino alla testa, Corrado accosciato sul letto, dalle parti della metà del corpo. La mano della prima iniziò una lenta carezza sull’oro dei capelli di Carla, mentre il suo compagno cominciava a sfiorare con grande leggerezza un seno, partendo dall’attaccatura al torace, per poi proseguire molto lentamente verso il vertice. Carla aprì gli occhi per un attimo, vide i volti degli amici curvi verso di lei, le loro mani intente a carezzarla, ed un dolce sorriso le fiorì sulle labbra. Richiuse le palpebre e si abbandonò del tutto al tocco di quelle mani sapienti.

Susy si abbassò sino ad avere la bocca dell’amica alla portata della sua. Estrasse la punta della linguetta rosa e sfiorò le labbra invitanti, appena socchiuse dal piacere che invadeva sempre più il corpo dell’altra biondina. La bocca di Carla si aprì un po’ di più, mostrando la chiostra dei denti bianchissimi e regolari. La lingua di Susy batté delicatamente contro la seconda barriera, che scostò i propri battenti sino a consentirle l’ingresso. La punta delicata iniziò un’esplorazione accurata, senza trascurare alcun lembo, sia pur minuscolo, di quell’ìncavo tanto simile ad una vagina morbidissima e profumata. Quel tocco si accompagnò a quello di Luigi che continuava a sollecitare il punto ‘G’ con due dita, mentre un altro carezzava piano la clitoride ed un quarto esplorava il forellino anale. I gemiti di Carla si fecero ogni momento più intenso, sino a diventare un urlo irrefrenabile e continuo nel momento in cui Corrado, afferrato un capezzolo tra il pollice e l’indice, cominciò a farlo rollare, scatenando un orgasmo quasi intollerabile. Improvvisamente, appena precedute da un cenno quasi impercettibile rivolto da Luigi ai suoi due complici, le sue amorose, sensualissime dita si trasformarono in una morsa durissima. Le due situate all’interno della vagina artigliarono la delicatissima mucosa, provocando un inatteso, lacerante lampo di dolore; quella poggiata sulla clitoride premette con straordinaria forza, sino a schiacciare violentemente la piccola protuberanza, suscitando un ulteriore spasmo. Il dito che carezzava l’accesso posteriore si scansò di lato, per consentire all’indice dell’altra mano, che Luigi aveva preventivamente ricoperto di saliva, di infilarvisi d’un sol colpo. Carla urlò, ma non più di piacere. O per lo meno, non del tutto, perché il suo corpo cominciò a sperimentare la strana eccitazione causata dai sapori del piacere e del dolore fusi assieme. Tentò di sollevarsi, ma le mani di Susy le tennero ferma la testa sul cuscino. Quelle di Corrado si impossessarono dei seni della ragazza comprimendo il torace mentre ambedue i capezzoli venivano artigliati. Le grida vennero soffocate dalla bocca di Susy premute, sino a sigillarla, su quella dell’amica. Carla soffrì intensamente per qualche minuto. E tuttavia, dalla sua figa tormentata scaturì improvvisamente un lungo getto di liquido trasparente, che giunse sino a circa un metro di distanza, mentre il suo ventre si contorceva nell’ennesimo orgasmo di quell’incredibile giornata.

Luigi si fermò, e con lui anche gli altri due amorevoli torturatori. L’uomo si girò e baciò dolcemente la moglie.
‘è stata dura, vero?’ Carla, sfinita, annuì.
‘Lo sai, che devo farlo?!’ La ragazza piegò ancora il capo in cenno di assenso. Poi un lampo le attraversò la mente: ‘Perché ha detto devo farlo e non ho dovuto?,’ si chiese affannosamente. Possibile che non fosse ancora finita, che Luigi non si sentisse ancora appagato?

La risposta arrivò subito, benché per un momento Carla non riuscisse a comprenderla.
‘Infilati le mutandine.’ Allora si, allora era proprio finita, se il marito voleva che si rivestisse! Scese dal letto, recuperò l’indumento abbandonato su una poltrona e se lo rinfilò, senza rendersi conto di quanto quel movimento risultasse attraente per coloro che le stavano attorno e che avevano conservato tutta la propria eccitazione, evitando di sfiorarsi, nemmeno con un solo dito; non comprese neppure quanto apparisse incomprensibile il comando di Luigi, visto che tutti e quattro giacevano del tutto nudi fin dall’inizio di quella storia sconvolgente.

‘Brava, adesso torna qui.’ Si scostarono tutti, in modo da consentirle di sdraiarsi di nuovo tra di loro. Pigramente, una mano di Luigi ricominciò a sfiorarla, ridestando tutte le sue risposte sensuali. Anche l’altra coppia aveva ripreso le sue lente esplorazioni di quel bellissimo corpo abbandonato nella ricerca del riposo. Carla lo sentì riaccendersi, la sua figa riprese a contrarsi ritmicamente. Sfiorò senza accorgersene, con un polpaccio, la zona umida formata dai liquidi prodotti dal suo squirting di poco prima. Appena rammentò da cosa fosse causata la sensazione di bagnato, quell’ inizio di una nuova eccitazione subì un balzo improvviso: Carla era nuovamente in piena attesa di un rapporto sessuale ancora più intenso, se possibile, di quello di poco prima.

La mano di Luigi si portò sul suo addome, sulle sue mutandine. Prese i lembi tra il pollice da un lato ed il resto delle dita dall’altro. Strinse il tessuto trasformandolo in una sorta di corda sottile e poi tirò bruscamente verso l’alto. La stoffa si infilò nel solco inguinale, premendo contemporaneamente, con grande violenza, sulla vulva, sulla clitoride ed in mezzo alle natiche, sul culo della donna che urlò di dolore. Luigi non si limitava a tirare, ma muoveva l’indumento da destra sinistra e viceversa. Quel movimento torturava terribilmente le parti più delicate, procurando a Carla un dolore difficilmente sopportabile. L’uomo stava bene attento a non esagerare. Voleva solo dare alla moglie un pochino di dolore, ma solo un pochino, come avviene spesso quando si fa l’amore. ‘Forse’, pensò, ‘un po’ di più, ma solo un poco’.
‘Basta!’, gridò, mentre l’urlo aumentava di intensità, per via di una mano di Corrado che aveva ricominciato a strizzare un capezzolo, mentre Susy le mordeva l’altro ‘Bastaaa, ti prego, mi stai facendo troppo male’.non ce la faccio più’.’ Sentì l’alito di Luigi sfiorarle l’orecchio e la sua voce sussurrare una frase che le sembrò incredibile:
‘Ti piace, Susy? Ti piace, amore mio?’ Fu sul punto di urlargli contro tutto il suo odio: non un sentimento autentico, ma suscitato dall’oceano di dolore che la pervadeva. Invece si bloccò, perché si rese conto, stupefatta, che vicino alla sua sofferenza c’era, vivissima, un’incredibile piacevolezza. E così la voce di Carla soffiò un flebile ‘Si, mi fai male, ma mi piace da morire”

Mentre Susy mordeva la carne tenera del’amica, la sua mente vagava, eccitatissima, tra i ricordi. Le venne in mente una cosa accaduta ad una sua cuginetta poco più piccola di lei, appena dopo aver preso la patente: diciott’anni o poco di più’.

Mentre Susy mordeva la carne tenera del’amica, la sua mente vagava, eccitatissima, tra i ricordi. Le venne in mente una cosa accaduta ad una sua cuginetta poco più piccola di lei, appena dopo aver preso la patente: diciott’anni o poco di più’.

* * *

Susy faceva parte di una famiglia piuttosto vasta: suo padre, Marco, aveva tre fratelli, tutti sposati e con figli. Susy, stravedeva per Claudia, la sua sorellina, ma anche per Paola, detta Pauly, una sua cuginetta che aveva solo otto mesi meno di lei. Erano assai più che cugine: Susy aveva passato una buona parte della sua vita a casa dello zio Giorgio, posta a circa cento metri dalla sua, dove addirittura c’era un lettino in più nella stanza di Paola, sempre pronto per lei. Il resto della loro esistenza l’avevano passato, sempre insieme, a casa di Susy. Anche là, c’era un lettino in più, e le due sorelle ‘si litigavano’ la cugina: Susy e Clo avevano rinunciato alla sovranità assoluta sulle rispettive stanze, per avere la possibilità di usare alternativamente la stanza a due e quella singola, posto che per ambedue Pauly era diventata un’amica perfetta, con la quale poter condividere tutto, a cominciare dalle confidenze, sempre più, prima, da bambine grandi e poi, più decisamente, da giovani donne. A volte, dopo aver doverosamente chiesto il permesso alla mamma, smontavano il lettino della stanza singola, composto dalla rete e dai piedi separati che la sostenevano, e lo portavano nell’altra stanza, per poter chiacchierare tutte e tre insieme. Erano stati, all’inizio, giochi innocenti, quelli che avvenivano tra loro, mutati tuttavia, dopo quella notte di tempesta durante la quale Clo si era rifugiata nel letto della sorella maggiore. Dal giorno dopo era cominciata una lenta opera di iniziazione della cugina ed era successo che molto spesso i tre lettini venissero affiancati per accogliere assieme le tre ragazze. Il terreno sul quale le due sorelle avevano seminato si era dimostrato molto fertile, vuoi per via dell’affetto che legava tutte e tre le ragazzine da sempre, vuoi per una evidente, naturale predisposizione di Pauly che aveva imparato fulmineamente a prendere ed a dare. L’unico problema era stato quello di evitare rumori troppo intensi, durante le notti arroventate. Avevano ovviato quasi del tutto, con un espediente tanto semplice quanto piacevole e divertente ma, soprattutto, efficace: due si tappavano reciprocamente la bocca con le loro stesse labbra e con le lingue che guizzavano come piccole lucertole una nel cavo orale dell’altra; nel frattempo, la terza, a turno, si esercitava a baciare, leccare, succhiare tutto il ben di Dio che riempiva quel letto a tre piazze, soffocando i propri gemiti di goduria, vuoi su capezzoli, vuoi su fighette tenerissime e dolci come il miele. Il tutto era coperto da musica non troppo alta ‘ avrebbe disturbato le effusioni ‘ né troppo bassa, per evitare che qualche lamento incontrollato riuscisse a passare attraverso le pareti creando qualche problema all’attenzione di una mamma certissima dell’innocenza delle tre ragazzine, assolutamente sicura della tenera amicizia, null’altro che amicizia (oh, si’) delle sue figliette e della loro piccola, innocente cugina.

Pauly, la dolce Pauly era molto bella, ciò che le consentiva di stare esattamente alla pari con le altre due fanciulline, nelle opinioni di tutto l’universo maschile all’interno del quale le tre stelline si muovevano. Ed anche di larghissima parte di quello femminile nell’àmbito del quale, tuttavia, la sconfinata ammirazione maschile ben infarcita di desiderio, assumeva le sembianze di un’invidia serpentina. Tra lei e le altre due c’era solo una differenza: mentre Susy e Clo erano bionde come l’oro, caratteristica costante, questa, delle donne dell’intera famiglia, Pauly era tutta un ricciolo bruno, proprio tutta. Ed il contrasto tra l’unica parte dei riccioli visibile, quella che portava in testa, e gli occhi di cristallo verde, pieni zeppi di pagliuzze dorate, faceva si che la bimba non avesse nulla, ma proprio nulla da invidiare alla sinfonia di colori dorati e blu che costituivano una delle maggiori attrattive ‘ ma non certamente l’unica’. ‘ delle sue due cugine.

* * *

(Sudatissima, il cuore che batteva a mille, Susy guardava stupita Luigi scendere dalla sedia sulla quale era salito, apparentemente per smontare la tenda della finestra, ciò di cui la ragazza non comprendeva il senso. Carla seguiva il marito con lo sguardo attento, chiedendosi anche lei cosa intendesse fare. Tuttavia taceva, ancora spaventata per il lampo freddo e duro che gli aveva colto nello sguardo.)

* * *

C’era anche un’altra differenza, per la verità: Susy e Clo, senza essere grasse – proprio no! ‘ erano però, come dire, piuttosto sostanziose. Le loro forme piene attiravano irresistibilmente gli sguardi dei ragazzi ed anche di altri maschi, molti maschi, che ragazzi non erano più. Pauly, invece, aveva preso le caratteristiche della sua mamma, piacevolmente sottile, dl fisico delicato, anche se solo apparentemente. Un amico di casa aveva detto di lei che la trovava molto simile ad un giunco, un bellissimo giunco lungo, flessibile e molto fragile, ma allo stesso tempo pieno di una forza indomabile, quella che consente ad una pianta tanto delicata, all’apparenza, di rialzarsi ogni volta che il vento la fa incurvare sino a terra. In effetti, l’ ‘amic de cas’ aveva tentato con grande buona volontà di assumere la parte del vento, tentando in tutti i modi di trovare l’occasione buona per stendere Paola. Per terra od anche su di un letto. Ma la ragazza, aveva scoperto il tizio, non aveva solo una estrema flessibilità fisica, ma anche una straordinaria forza di carattere. Nel momento in cui il vento aveva tentato di soffiare un po’ troppo forte, si era ritrovato lui, piegato in due, per via di una ginocchiata che aveva messo a dura prova la sua sensibilità. O meglio, la sensibilità di due parti gemelle del suo corpo particolarmente delicate. I suoi occhi bovini si erano chiusi bruscamente, per riaprirsi solo quando lo zio Giorgio, informato dalla sua dolce figlietta, lo aveva buttato per sempre fuori da casa sua.

Però, l’appellativo di ‘giunco’ era rimasto meritatamente attaccato a Pauly la quale, a quella pianta rassomigliava per davvero. Il fisico sottile; due gambe lunghe lunghe, ben proporzionate ma sostanziose, per così dire; le mani affusolate e piccoline, suonavano tutti insieme un’affascinante, sensuale armonia assieme al viso incantevole, ad un seno deliziosamente piccolo sormontato da due stupende fragoline rosse e ad un culetto che si formava all’attaccatura delle cosce, senza alcuno stacco, non grande, non piccolo: solo da baciare. O forse, non solo. Insomma, Pauly era proprio bella. E quando si aggirava per la cittadina nella quale abitava non c’era uomo, singolo od associato, che resistesse alla tentazione di girarsi al suo passaggio.

C’era un gruppetto di una decina di ragazzi che avevano preso l’abitudine scema di rivolgerle apprezzamenti sempre più pesanti, quando lei passava di fronte al Bar che sembrava diventato la sede di una loro associazione. Passavano il tempo a non far niente, soprattutto d’estate, a Scuole chiuse. Ogni tanto saltavano sulle loro moto, alcune più potenti, altre meno, a secondo dei soldi che riuscivano a strappare a padri più o meno facoltosi. Facevano un giro di esibizione, sgommavano un po’, producevano cinque inuti di caino infernale e poi tornavano a parcheggiare di fronte al Bar. C’erano, tra loro, un paio di bei ragazzi. Niente di eccezionale, per intendersi, ma in quella piccola città non è che ci fosse un granchè, quanto a fauna maschile. Per uno di costoro, Pauly nutriva una certa attrazione, in mancanza di meglio. Ci era uscita un paio di volte, ma non era andata mai oltre ad un po’ di strofinatine molto soft e qualche bacetto, le poche volte che si erano incontrati nell’unica discoteca decente della città. Quando passava di fronte a quel Bar, Pauly non lo faceva con piacere. Quei commenti la imbarazzavano sempre di più. Ma la collocazione del locale era tale per cui era ben difficile, per lei, sottrarsi a quella specie di Forche Caudine.

Il giorno del suo diciottesimo compleanno Pauly ebbe una bella sorpresa: quando s’era alzata, di mattina, il padre le aveva dato un profumo e la mamma un altro pacchetto contenente un bel completino composto da reggiseno e perizoma che sembrava una nuvoletta. Non è che i regali non le fossero piaciuti, anzi. Solo, era rimasta un po’ delusa perché s’era aspettata qualcosa di più importante: tutto sommato, in quel giorno lei stava facendo l’ingresso nel mondo dei ‘grandi’. All’ora di pranzo andò a tavola ed aprì il tovagliolo dal quale scivolò fuori un oggetto che non riconobbe subito. Dopo un attimo, tuttavia, capì di cosa si trattasse ed il cuore le fece un salto nel petto. Corse fuori dal balcone e lei era lì, parcheggiata proprio sotto la sua finestra: una ‘500’ rossa, nuova di zecca, da aprirsi con la chiave che era stata nascosta nel tovagliolo. Ci mancò poco che svenisse. Diventò rossa come un peperone, si girò e si buttò addosso ai genitori, stringendoli e baciandoli tanto forte da toglier loro il respiro. Poi si scaraventò fuori da casa per andare a rimirare quella bellezzina che ormai era sua. Il papà aveva fatto le cose in grande: la macchina era di una serie sportiva e superaccessoriata. Aveva persino il navigatore satellitare ed il tachimetro portava, come velocità massima nientedimeno che duecentoventi chilometri all’ora. Poche volte in vita sua, la ragazza era stata così felice. (”però, Paola, parliamoci chiaro: non azzardarti ad andare a più di settanta, sinchè non avrai imparato a guidarla in maniera perlomeno decente. E soprattutto, ti ho preso l’appuntamento con la Scuola Guida per farti portare a prendere la patente. Quindi,sino a fra due settimane, di guidarla da sola non se ne parla proprio’.’) Giorgio le aveva dato lezioni di guida già da quando aveva sedici anni, proprio per farla trovare pronta quando fosse arrivata ai fatidici diciotto. Per lei, quindi, l’ottenimento della patente diventava un fatto formale. Il peggio era aspettare che passassero quelle lunghissime due settimane che la separavano dall’esame. Sarebbero stati i quindici giorni più lenti da trascorrere della sua vita.

Eppure, come Dio volle, il giorno dell’esame arrivò. Nel frattempo, sempre con il padre vicino Pauly aveva preso confidenza con la sua bellissima automobile. Beh, si, non si trattava esattamente di una Porsche Carrera, ma per lei quella 500 era il massimo della vita e dintorni. Però, guidare sotto tutela, con vicino un papà che era diventato ansioso in maniera perfino patologica, era ben diverso dal poter essere sola al posto di guida. Giorgio era stato un esempio raro di padre-istruttore, capace di insegnarle a guidare senza farsi venire crisi isteriche al minimo sbaglio dell’allieva. Adesso, invece, gli era piombata addosso, senza alcun preavviso, una fifa gialla. Saliva in macchina, vicino alla figlia, in uno stato di tensione terribile. Quando Pauly, dopo aver spuntato, arrivava ad ingranare la terza, Giorgio andava in deliquio: puntava i piedi sul pavimento, nel disperato tentativo di azionare un freno il cui pedale era sistemato, invece, proprio sotto i piedi della figlia che, secondo lui, aveva dimenticato del tutto la sua funzione. In città, sbarellava quasi del tutto, se appena la velocità superava i quaranta chilometri all’ora: ‘Piantala, dove credi di essere,a Monza, per caso? Vuoi andare a schiantarti su un muro? Ah, se l’avessi saputo’ La patente te la saresti scordata sino a sessant’anni”

Quindi, Paola fu felice, quando potè guidare finalmente da sola. Non faceva pazzie, perché tutto sommato era una brava ragazza prudente.

* * *

(La figa di Susy scolava senza ritegno, mentre le sue labbra, la sua lingua, con la preziosa collaborazione di tutte le sue dieci dita nessuna esclusa, continuavano ad esplorare senza sosta il corpo di Carla, i cui gemiti erano ormai ininterrotti. Sentiva, Susy, che Corrado era intento a carezzare assieme a lei lo stesso splendido corpo in ogni cantuccio entrando, anche con un solo dito, tra le pieghe e gli anfratti. Nel frattempo, Luigi continuava a tormentare la vita della povera tenda che nulla aveva fatto di male se non essersi trovata casualmente in quella stanza d’albergo in infelice coincidenza con la presenza dei quattro italiani. Cosa stesse facendo esattamente il suo amico, questo Susy non lo sapeva. E, distratta dal suo dolcissimo lavoro, non si poneva neppure il problema di quale potesse essere un’ impegno tanto essenziale da tenere Luigi lontano così a lungo da quel gioco tanto bello al quale, per di più lui stesso aveva dato inizio……)

* * *

Il primo giorno che passò per la strada del Bar, Pauly ebbe un piccolo moto di paura mentre si avvicinava al solito gruppetto. Poi si rese conto che adesso era protetta dall’abitacolo della sua meravigliosa macchinetta, ed accelerò per passare loro davanti. Guardava fissa davanti a sé, mentre il cuore batteva forte, un po’ per un residuo di timore, un po’ perché era straordinariamente eccitata da quella sensazione di potere nuovo. I ragazzi non si resero subito conto, di chi fosse l’autista di quella macchinetta sportiva, che proprio per questo era già diventata un oggetto di culto. Strabuzzarono gli occhi, quando si accorsero chi la guidava. Quello che era stato il suo ragazzo, divenne rosso come il fuoco. In lui, la meraviglia ebbe un effetto terribilmente eccitante. Il pene gli si indurì istantaneamente, e davanti agli occhi gli balenarono le immagini di quel corpicino flessuoso che lui, solamente lui, aveva potuto carezzare sotto i vestiti. Quando avevano dovuto smettere, gli era rimasta un desiderio pazzesco. Non è che avesse grande esperienza di donne, nemmeno lui. Ma Pauly, la splendida Pauly, avrebbe fatto dannare anche il più santo dei Santi. Guardò quella testina bruna passare lentamente, al volante della sua automobile, quasi in parata, mentre si godeva il gusto dell’esibizione e della superiorità su tutti loro che avevano, si, delle belle moto, ma mai paragonabili ad un’auto sportiva, Regina del momento assieme alla sua trionfante padrona.
Pauly si esaltò e decise di prendersi la sua rivincita sino in fondo: fece il giro dell’isolato e tornò a passare lentamente di fronte ai ragazzi, in modo evidentemente provocatorio. Sembrava che qualcuno le avesse stampato sulla fronte uno slogan del tipo: ‘Women power’. Dal gruppo partirono un paio di fischi ed un commento che non le arrivò per via del finestrino chiuso. Tuttavia, sentì perfettamente le risate un po’ sguaiate che avevano accolto la battuta. Evidentemente non poteva trattarsi di un complimento. Ed allora, Paola reagì d’istinto: la sua manina destra si contrasse, esponendo il medio dritto tra indice, anulare e mignolo ripiegati. Glielo mostrò con un bel sorriso, infilò la marcia inferiore come le era stato insegnato, sgommò e se la filò fregandosene del fatto che la macchina aveva fatto uno zompo in avanti e che il tachimetro aveva superato di un bel po’ il segno dei cinquanta chilometri all’ora. Le arrivò da dietro una bordata incredibile di fischi che riuscirono solo ad esaltare al massimo il suo senso di esaltazione e di trionfo su quella piccola massa, ma significativa, di maschi immaturi. L’episodio fu l’argomento di punta delle discussioni tra i ragazzi sino a tarda sera. Dovettero fischiare, le orecchie di Paola, a causa dei commenti pesantissimi che i giovani leoni si alternarono ad esprimere senza mezzi termini. La ragazza tanto ammirata e desiderata da ognuno di loro anche per via della sua riconosciuta purezza che ciascuno avrebbe desiderato tanto liquidare, era diventata tutto d’un tratto un cocktail con tre parti di Messalina, due di Taide – la fanciulla conosciuta nel mondo antico come ‘la gran puttana’ – uno schizzo di Mata Hari, ‘Anna la Rossa’ q.b.
Alex, quello di loro che era andato più vicino al cuore, per così dire, di Paola, era chiaramente in difficoltà. Non aveva affatto dimenticato la bellezza di quel corpicino, la tenerezza delle sue carni, la durezza dei seni e la dolcezza dei piccoli capezzoli che aveva sperimentato quando lei gli aveva permesso di succhiarglieli. Aveva sulla lingua la morbidezza della piccola, delicatissima fighetta della ragazzina. Ed il suo pene rabbrividiva ancora, per poi drizzarsi come un palo della luce, quando la memoria tattile gli riportava alla mente il tocco della manina di Pauly che lo carezzava sino a farlo venire, blandendo così il dolore infernale alle palle causato da un petting parecchio spinto, nel quale lui si era tuffato con tutto l’entusiasmo dei suoi venti anni. Le immagini, il ricordo, le sensazioni di quei momenti erano così coinvolgenti, a distanza di alcuni mesi, da fargli provare un senso di sofferenza, costretto com’era ad ascoltare i compagni, i cui commenti sembravano pensati apposta per lordare tutto ciò che di bello lui aveva vissuto con la ragazzina. Da quei giorni d’inverno, da quegli incontri rubati tra una lezione e l’altra, lui non era mai più riuscito a liberarsi dal desiderio di odorare di nuovo, dal vivo e da molto, molto vicino, il profumo del corpo di Pauly, di sentire sulla lingua il sapore terribilmente eccitante, la sericità della pelle, il calore emanato dalla vulva e dalla vagina della piccolina tra e nelle quali continuava ad immaginare di passare, per trovarsi dentro quel bellissimo corpo ancora inesplorato, con tutta la sofferenza di una voglia parossistica ed insoddisfatta.

I ragazzi discutevano molto animatamente su quell’incredibile, inammissibile situazione, su quell’inversione di ruoli neppure proponibile: erano loro, i maschi, loro che, soli, avevano il diritto di attacco. E quella stronza aveva avuto il coraggio di rispondere ai loro commenti, di fare un gestaccio, addirittura. ‘Lo avevano sempre detto, loro’ uno alla volta, s’intende, ‘ che Paola era una troietta da quattro soldi. Una reazione come quella che aveva avuto dimostrava senza alcun dubbio, che era una di quelle che ‘la dava senza problemi anche al primo idiota in transito ‘. Alex aveva le palle che strisciavano per terra. Sentir parlare di quella ragazza – quasi la reincarnazione, per lui, della Beatrice di Dante, mista alla Laura del Petrarca, con un pizzico, ma solo un pizzico, della disponibilità di Nina Senicar – come di una qualsiasi di quelle bamboline compagne di scuola che avrebbero dato chissà che per una fugace passata d’uccello nei gabinetti se solo i loro professori, retrivi e fascisti, non avessero organizzato un sistema di sorveglianza bidellare degno della peggiore Gestapo nazista, tutto questo, ad Alex, spezzava il cuore. E per la verità gli suscitava di continuo delle immagini che non spezzavano, anzi rafforzavano, le sensazioni tormentose ma molto eccitanti che si formavano a circa quaranta centimetri più giù del muscolo cardiaco.

In ogni caso, a sera, ormai era trascorsa del tutto. Ed in corpi giovani e prestanti come quelli, la fame aveva preso il sopravvento sugli orgogli feriti. Per cui, conclusero la session, rimuginando sull’impazzimento dei costumi ‘ si erano trasformati tutti in Cicerone -, ed al grido muto che risuonava nei loro animi fieri, “o tempora o mores!” ( oh che tempi, oh che mori!, traducevano istintivamente, col risultato di provocare un’immediata, sanguinosa sommossa ad Harlem ed anche nel quartiere Esquilino, a Roma, sperando che, perlomeno, il loro prof di latino non venisse mai a conoscenza di questa loro straordinaria esibizione culturale) se ne andarono ognuno a casa sua in attesa che il nuovo giorno consegnasse nelle loro mani, nuove, più esaltanti avventure.

* * *

(Luigi, il pene splendidamente eretto al pensiero di ciò che sarebbe avvenuto tra poco, aveva già staccato dalla tenda i cordoncini che servivano per farla scorrere, ed era intento, ora, a staccarne anche le mollette dentate che servivano per tenerle attaccate ai bastoni di supporto. Quando si rese conto di quali fossero le intenzioni del suo amico, a Corrado si intorbidirono gli occhi. E del resto, anche Susy, che continuava ad assaporare, goduriosa, i succhi che uscivano copiosi dalla fighetta eccitatissima di Carla, sollevò pigramente per un attimo lo sguardo, il tanto da consentirle di comprendere il senso del lavoro di Luigi: un attimo più tardi, una vibrazione fortissima partì dal suo stomaco e si propagò come un fulmine sino alla sua clitoride, obbligandola a porci una mano sopra per confortarla con le sue dolci carezze’)

* * *

Non dormirono molto, quella notte. Rimuginavano tra loro gli avvenimenti di qualche ora prima, e progettavano terribili vendette. Qualcuno, la maggior parte, pensava alla cosa più ovvia: ‘le spacchiamo le ruote di quella macchinetta del cazzo ‘; ‘gliela riempiamo tutta di vernice verde marcio e marrone cacca’; ‘ ficchiamo uno straccio dentro il tubo di scarico ‘. Due fratelli si fecero tornare alla testa un racconto del padre, che quando era molto più giovane, una notte, dopo aver giocato a carte a casa di un amico, uscendone verso le due di mattina aveva visto parcheggiata là davanti l’auto di un politico assai poco amato, che portava il simbolo del Partito attaccato sul lunotto posteriore; lui ed i suoi amici si erano arrampicati a turno sul cofano della Mercedes ed avevano pisciato sul simbolo, sino a che si era staccato. Poi avevano ripetuto l’impresa, annaffiando stavolta le maniglie sulle quali, la mattina dopo sarebbero rimaste appiccicate le mani dell’Onorevole e di buona parte della sua famiglia,ed infine si “erano passati” velocemente. Esempio molto discutibile di democrazia ma, aveva detto quel genitore, maledettamente divertente. Uno o due, invece, ricordarono alcune descrizioni lette su racconti rimediati in un paio di siti porno: ‘ la prendiamo e la scopiamo tutti, uno dopo l’altro, così impara, ad atteggiarsi a ‘principessa sul pisello’: sul ‘pisello’ ci finirà e di brutto, pure”. L’unico a rivoltarsi nel letto per tutta la notte fu Alex, che aveva capito quanto i compagni fossero assetati di rivalsa, e che non riusciva ad immaginare cosa avrebbe potuto fare, lui da solo, per allontanare il calice amaro dalle labbra della sua amata, qualsiasi fosse il fiele di cui la coppa sarebbe stata riempita.

Quando si ritrovarono al Bar, il pomeriggio successivo, i piani di vendetta presero non più di due o tre direzioni. I due sessuomani, che si erano scambiati le rispettive opinioni, avevano già concordato il da farsi. Lasciarono che gli altri farneticassero a lungo su feroci, disumani danni da apportare alla 500, sino all’ incendio, senza arrivare ad alcuna decisione definitiva. Poi uno dei due cominciò a parlare e tracciò le linee di un possibile attentato alla integrità sessuale di Paola. Dopo un attimo di sconcerto, molti occhi presero a brillare, molte fronti ad imperlarsi di sudore. Ciascuno espose per larga sintesi (‘La scopiamo sino a farla sanguinare’) od in maniera più dettagliata (‘La spogliamo pezzo per pezzo, poi giochiamo con le tette e poi ci facciamo succhiare il cazzo, tutti quanti. Dopo la infilziamo a turno, prima nella figa, poi nel culo. Alla fine la rimettiamo in macchina, e vediamo se domani sfotte ancora.’). Il tema, comunque, verteva sempre sull’argomento ‘sesso’.

Rovinò tutto il solito guastafeste: ‘Ma siete andati tutti fuori di testa?! Questo si chiama ‘stupro di gruppo’ e, se ci va bene, ci troviamo tutti sputtanati di fronte alla città intera. Se invece ci va male, ci schiaffano tutti in galera e buttano le chiavi in mare.’ Si gelarono tutti. Un altro disse: ‘Minimo minimo, se Paola parla, anche se non ci denuncia, ci scordiamo che i nostri genitori ci scuciano un euro perlomeno sino all’anno prossimo’.’ L’idea della prigione non aveva fatto grande presa, ma quella che riguardava i soldi, oh, beh, quella si. Però, d’altra parte, non gliela si poteva nemmeno far passare liscia, a quella stronzetta.

Pensa che ti ripensa, qualcuno ricordò che Alex gli aveva confidato le sue pomiciate con Pauly. Se fosse stato lui, lui solo, ad assumersi l’onere della punizione, probabilmente la ragazza non avrebbe opposto grande resistenza. Avrebbe provato piacere anche lei, certo, – “lo sanno tutti, che la donna gode, ad essere violentata: non ce n’è una che non lo voglia…” – ma il risultato più importante, quello di sverginarla, sarebbe stato raggiunto. E, soprattutto, loro, tutti gli altri, avrebbero potuto scatenarsi con i telefonini e le macchine fotografiche, per poi poterla obbligare al silenzio, in tutti i sensi.
Di primo impatto Alex rifiutò recisamente di collaborare. Poi, la voglia di Paola prese il sopravvento e, sia pure dopo molte esitazioni e distinguo, finì per dire sì, anche se temeva che tra emozione, eccesso di brama e fotocamere puntate su di lui e l’ oggetto del suo desiderio, avrebbe finito, magari, per fare cilecca.

Solo che per un’impresa di valore così grande non si potevano certo usare piccoli mezzi: avrebbero voluto che la’cosa’ accadesse in una situazione di tranquillità, ma nessuno di loro disponeva delle chiavi che davano accesso, ad esempio, alle seconde case di famiglia. E là, in quella cittadina, non c’era alcun luogo nel quale realizzare il loro disegno senza rischiare fortemente di essere visti da qualcuno di passaggio. Altri pensieri, altri ragionamenti ed infine arrivarono ad un compromesso: a circa cinque chilometri dalla città, sulla strada che andava verso un paese vicino, passando in mezzo ad un bosco, a mezzo chilometro dall’asfalto c’era una radura isolatissima, dove non passava praticamente mai nessuno. Se fossero riusciti ad attirare Pauly in quel posto’
Il piano si precisò lentamente, anche nei particolari.

Un paio di giorni dopo ‘ i ragazzi si erano dati il turno, per tenerne le mosse costantemente sotto controllo ‘ Paola prese proprio quella strada. A Crestia, il paesino vicino alla sua città, abitava Valentina, la sua compagna di banco, quella con la quale spesso studiavano assieme. Quando aveva trovato la macchina, Vale era stata la prima ragazza, dopo Susy e Clo, alla quale Pauly aveva telefonato. L’amica, felice per lei, malgrado un piccolo tarlo d’invidia che aveva cominciato a rosicchiarla, le aveva detto che sperava di poter vedere presto la 500 nuova, ma che non poteva venire in città perché suo padre era fuori e la mamma lavorava tutto il giorno. E così, Paola aveva deciso di andare lei, ad esibire il suo stupendo giocattolo.

Appena Riccardo, il turnista di quel martedì, si accorse della direzione che Paola aveva preso, chiamò gli altri. L’eccitazione, nel gruppo, fece un improvviso balzo in avanti. Si affollarono attorno ad un Alex improvvisamente impaurito e tremante, lo caricarono in un modo o in un altro su una delle moto e partirono all’inseguimento: la lepre non lo sapeva, ma la caccia era iniziata. Giunsero in vista della 500 in un paio di minuti, anche perché Paola, tanto per non correre troppi rischi, andava effettivamente piano. Era allegrissima, felice di poter esibire quella che per lei era il più bel regalo che mai avesse potuto desiderare. Siccome era sicura che Vale le avrebbe chiesto di fare un giro per il paese assieme a lei, la ragazza si era vestita con una mini di jeans che valorizzava ulteriormente le sue gambe, già assai belle di per sé. Sopra, portava una T-shirt scollatissima e molto morbida, che faceva intravvedere le punte dei suoi piccoli seni deliziosi, liberi da ogni costrizione. Ad evitare un eccesso di esibizione, aveva rinunciato per una volta al tanga, scegliendo, invece, un paio di mutandine di pizzo San Gallo traforate. In effetti, non si rendeva conto che l’eventuale osservatore sarebbe stato eccitato da quell’indumento vedo-non vedo assai più che dal filetto di un tanga o di un perizoma, pezzetti quasi inconsistenti di stoffa, incapaci di coprire del tutto persino la fighetta, ma che lasciavano sin troppo poco all’immaginazione.

Le moto, ormai, si trovavano tutte dietro la 500. Le si disposero tutte attorno, costringendo Pauly a diminuire ancora la velocità. Riconobbe i ragazzi e si arrabbiò di brutto. Non poteva credere che stessero continuando a tormentarla. Possibile che non avessero ancora capito la lezione? Stavolta si era rotta veramente. Appena tornata avrebbe parlato con sua mamma e le avrebbe chiesto di raccontare alle madri di quella banda di sfigati le loro smanie di persecuzione nei suoi confronti. Suonò il clacson, prima un colpo e poi due, per finire attaccata al pulsante senza interruzione.

I ragazzi non se ne davano per inteso: se la ridacchiavano sotto i caschi ed ogni tanto le facevano con la mano il segno di accostare, ciò che la ragazza si guardava bene dal fare, naturalmente. Il cerchio, allora, le si strinse attorno ancora di più. Arrivarono così ad un punto nel quale una deviazione si apriva verso il bosco. Le moto si accostarono alla fiancata, obbligando l’auto ad uscire dall’asfalto. Paola, cominciava ad essere davvero spaventata. Tentò di frenare ma venne dissuasa da alcuni colpi sul paraurti posteriore. Percorse così una ventina di metri sulla stradina sterrata. A quel punto la paura si stava trasformando in terrore vero e proprio. Le moto non le lasciavano tregua e continuarono ad incalzarla sempre più verso il folto, sino a quando si arrestarono tutte, contemporaneamente, costringendo la ragazza a fare altrettanto. Si accorse di essere stata spinta sino all’orlo di uno spiazzo non molto grande, circondato interamente da cespugli ed alberi. Le moto erano state disposte un po’ più distanti, sulla strada, in modo da bloccarla ed impedire così l’eventuale arrivo di estranei.

Riccardo, noto per essere il leader del gruppetto si avvicinò alla portiera, la aprì senza che Pauly, adesso davvero terrorizzata,trovasse la forza di opporsi.
‘Scendi.’, disse con voce piatta e gli occhi freddi, privi di qualsiasi scintilla.
‘Non me ne passa neanche, stronzo!’ La voce di Paola era strozzata e stridula. Si era irrigidita sul sedile, le mani strette al volante, i piedi che spingevano violentemente su due dei pedali, senza che lei se ne rendesse nemmeno conto. I suoi occhi erano dilatati e le labbra illividite tremavano.
‘Forse non hai capito, Paola. Ti ho detto di scendere”
‘Ed io ti dico di andare affanculo, pezzo di merda!’ La ragazza non era abituata a parlare in quel modo, ma in quel momento il suo cervello era ormai del tutto fuori controllo. Stava aspettando, senza riuscire a ragionare, ciò che, temeva, sarebbe successo molto presto. Aveva letto spesso, sui giornali, storie di stupri di gruppo: ora, temeva di essere costretta a subire quella stessa cosa tanto terribile per una donna qualsiasi, ancora di più per lei che non aveva mai avuto un rapporto completo, avendo solo praticato del petting non più di una decina di volte, e sempre con lo stesso ragazzo, Alex il quale, proprio in quel momento, venne spinto in avanti da un paio dei suoi compagni. ‘No, non posso crederci,’ pensava Pauly in maniera confusa, presa com’era dall’altra, più terribile idea, ‘c’è perfino lui, in quel gruppo di porci”. Lo aveva sempre considerato un ragazzo buono, pulito, e per questo aveva scelto lui, quando si era trattato di imbastire le sue prime storie, piccole storie d’amore. Se lo ritrovava davanti, adesso, parte del branco di lupi che la circondava. In qualche modo, quella presenza la fece sentire del tutto persa. E così non riuscì ad opporre troppa resistenza quando le dure mani di Riccardo la tirarono fuori, a forza dall’abitacolo. Nella breve lotta, che lotta, tuttavia, non poteva essere per via dell’evidente differenza di dimensioni, la T-shirt le si era abbassata da una parte, ed una delle sue tettine era rimasta scoperta. Gli occhi di tutti i ragazzi, eccitatissimi, non si staccavano da quella visione splendida, vagando incessantemente tra quel tenerissimo seno e le mutandine traforate, poste in vista quando la minigonna le si era sollevata per via dello strattone di Riccardo che l’aveva fatta cadere, scomposta, per terra. Paola si sentiva ‘ era ‘ praticamente nuda di fronte a dieci ragazzi furiosamente arrapati, alcuni dei quali stavano addirittura carezzandosi i cazzi da sopra i pantaloni, senza riuscire a controllarsi. L’eccitazione sgorgava, sia dalla pelle nuda del tutto visibile ‘ oh, la bellezza di quel piccolo capezzolo rigido che dominava, stupendamente rosa, la tettina delicatissima -, sia dalla situazione stessa: Paola era la volpe ormai priva di difesa ed in balia dei cacciatori. Uno sguardo al centro della radura le rivelò un telo grezzo verde steso e fissato sul terreno e, sopra di esso, un materassino da campeggio, di quelli gonfiabili.

Le si strinsero attorno. Molte mani si stesero verso quel corpo in loro balìa, ma la voce del capo li bloccò:
‘Il primo che la tocca, gliela faccio pagare di brutto. Ricordatevi il patto e, soprattutto, la galera” Le mani tornarono immediatamente a poggiarsi sulle varie patte, tentando, con carezze varie, di lenire il dolore che aveva preso tutti quei veri uomini, sia sulle cappelle tesissime che sulle palle gonfie.
Quando il tumulto si fu calmato abbastanza, Riccardo si rivolse nuovamente a Paola:
‘Spogliati!’ I ragazzi si bloccarono immediatamente come statue di sale. Paola fissò il ragazzo, la faccia stravolta:
‘Ma siete impazziti?!’, credeva di gridare, ma la voce usciva dalla sua gola quasi in un sussurro. ‘Lasciatemi andare, vi prego’ Vi giuro che non dirò niente. A nessuno.’
‘Piantala, Pa’! L’hai combinata grossa, lo sai benissimo, ed ora ce la devi pagare. E ti va ancora bene, perché abbiamo deciso che siccome è la prima volta, la punizione non sarà poi così terribile. Su, spogliati!’
‘No, non voglio, brutti bastardi che non siete altro! Sapevo che eravate dei porci, ma non credevo sino a questo punto. Io non mi spoglio, non ci penso proprio’.’ Le arrivò uno schiaffone fortissimo. ‘Adesso basta. O lo fai tu, o lo facciamo noi, ed in questo caso, la faccenda non sarà molto piacevole, per te”
Paola tentò ancora:
‘No, vi prego’ Cosa vi ho fatto, in fondo? Pensavo che scherzassimo tutti. Perché ve la siete presa così?’ Piangeva. I singhiozzi la squassavano e i suoi begli occhi erano pieni di lacrime che scivolavano lungo le sue guance rese rosse dalla paura. Non sapeva che comportandosi così, l’eccitazione dei maschi che le si stringevano intorno diventava sempre più impellente. Riccardo non le rispose nemmeno, un po’ perché non aveva molti argomenti, un po’ perché aveva paura che la luce scendesse troppo per consentire di fare le foto. Se avesse fatto buio, avrebbero dovuto liberare la ragazza e sarebbero rimasti senza la documentazione che faceva parte del loro progetto. Ed allora sarebbero stati guai grossi, ma proprio grossi. Fece un cenno ed un paio dei suoi colleghi si avvicinarono a Paola e la afferrarono per le braccia, malgrado che la ragazza tentasse in tutti i modi di difendersi. Due mani prepotenti le strapparono di dosso gli ultimi brandelli di vestiti. Fu portata di peso sino al lettino e quattro ragazzi le tennero completamente aperte le braccia e le gambe. Paola gridava, piangeva, si dibatteva, ma non aveva alcuna possibilità di liberarsi da quelle strette.

Riccardo si rivolse ad Alex.
‘Eccotela qua, è tutta tua! Sbattila per bene, così impara a rispettarci’.’
Alex era rosso e sudatissimo. Restò a guardare con gli occhi sgranati lo spettacolo di quel corpo stupendo, che lui aveva desiderato spasmodicamente sino a farne il fulcro essenziale di tutte le sue masturbazioni.
‘Beh, che aspetti? Non era questo, che volevi da una vita? Dai, scopatela, e senza pietà”
Esitò ancora un momento. Il desiderio era grande, ma c’era qualcosa di ancora più forte che lo tratteneva. Trovò una giustificazione plausibile, con se stesso, rendendosi conto che, tra l’altro, la cosa sarebbe dovuta avvenire sotto lo sguardo di una ventina di altri ragazzi.
‘No, Rik, così non ce la faccio proprio. Le farei male, e questa è l’ultima cosa che voglio. E poi”
‘E poi, che cazzo?! Certo, che le devi far male! Devi farla urlare sino a che le manchi la voce, altrimenti che lezione è?’
‘Senti, fallo tu, se vuoi. Io non ci sto. Così, non mi si addrizza nemmeno.’
‘Ma porca puttana, abbiamo fatto tutta ‘sta fatica per niente?! Lo sai, che se lo faccio io, poi tutti gli altri vogliono la stessa cosa! Allora si, che sarebbe uno stupro di gruppo! Abbiamo detto che te la saresti scopata tu, e così deve essere! Su, levati i pantaloni e datti da fare. Sarai mica diventato un frocio tutto in una volta, per caso?!’
Alex, ormai, era ostinato. Pauly, così distesa, indifesa, bellissima, era una tentazione terribile. Ma il ragazzo si accorgeva solo ora che la sua non era solo voglia di scoparsela. In effetti, l’avere sempre davanti agli occhi l’immagine di quella stupenda ragazza aveva fatto si che dentro di lui si agitasse, ora, qualcosa di molto simile all’amore.
‘Mollatela. MOLLATELA, avete capito? Lasciatela andare e restituitele i vestiti. Via, fuori dai coglioni tutti quanti!’
Riccardo capì che ormai, tutta la storia buttava male, malissimo. Sarebbe bastato che da quelle parti fosse passato qualcuno, anche a distanza, perché in un attimo si scatenasse il finimondo. Si avvicinò ad Alex:
‘Questa me la paghi, sta’ tranquillo! Non finisce qui! E tu, piccola troia, levati immediatamente di mezzo, prima che ci ripensi!’ Fece un cenno ai quattro che tenevano ancora la picola, e lei si trovò libera, improvvisamente. Tentando alla meglio di coprirsi con le braccia le tette ed il pube, raccolse i pochi straccetti da terra e si rivestì in qualche modo. Poi salì in macchina e tentò di avviare. Il motore le si spense due volte mentre il branco la guardava torvo ed in silenzio. Finalmente l’auto si avviò e Paola corse via.

* * *

Quando Pauly le aveva raccontato tra le lacrime, l’aggressione che aveva dovuto subire, Susy si era fieramente indignata. Le erano passate per la testa le idee di vendetta più sanguinose. Le idee. Perché un attimo di riflessione l’aveva giustamente convinta che né lei, né Pauly avrebbero avuto la minima chance di successo: l’amica non aveva addosso alcun segno che non potesse essere attribuito a casualità ordinarie. Tra l’altro, appena tornata a casa aveva buttato via i vestiti stracciati, la cui sola vista le aveva procurato disgusto sinchè non se ne era liberata definitivamente. Per giunta, si era fatta una lunga doccia, senza pensare che in quel modo lavava tutto, dal suo corpo, compreso ogni possibile cenno di contatto con estranei. Restava la macchina, ma anch’essa non poteva risultare di grande aiuto: chiunque avrebbe potuto sostenere che eventuali impronte digitali potessero essere giustificate in mille modi diversi. Di affrontare il gruppo a faccia aperta, non ce n’era neppure da parlarne, vista l’evidente disparità di forza fisica, tra loro due – anche se assieme – ed una dozzina abbondante di ventenni maschi ed integri. Anche Clo, quando era arrivata ed aveva preso parte alla discussione, non era riuscita a pensare una qualsiasi ritorsione praticabile. E così avevano finito a piangersi reciprocamente sulle rispettive spalle per poi finire a darsi conforto, tenerissimo, piacevolissimo conforto, sul lettone che si erano preparate per ogni evenienza. E la faccenda era finita lì.

Ora, Susy, in quella stanza di un hotel marocchino, si trovava per la seconda volta, nella sua vita, di fronte al binomio sesso-violenza. Ma la situazione era del tutto differente. Ed era una diversità che provocava ‘ pensò, vergognandosene anche un pochino ‘ sensazioni straordinariamente piacevoli, al solo immaginarle. Un po’ perverse, forse, ma piacevoli. D’altra parte, ricordò per un solo, fugace attimo, sensazioni dello stesso tipo l’avevano pervasa quando Pauly le aveva raccontato la parte finaledi quell’episodio. E forse era proprio per questo, che il suo ricordo non l’aveva mai abbandonata del tutto. Non sapendone nulla, aveva ascoltato il racconto dell’amica in lacrime, immaginando che l’epilogo consistesse in una robusta quanto involontaria scopata. E quando Pauly era arrivata alla fine, per qualche attimo, prima ancora che l’indignazione la sopraffacesse, qualcosa, in quel racconto, aveva fatto si che lei, Susy, si sentisse molto eccitata, il cuore impazzito, la lingua secca, i capezzoli dritti, la fighetta allagata di umori. Cose delle quali poi ‘ ma solo poi’ – si era vergognata moltissimo. Quasi, moltissimo.

Adesso la sua mente aveva subìto una strana metamorfosi: quello di fronte a lei non era più il corpo della più cara amica che avesse mai avuto. Quel corpo era diventato una preda, a disposizione di un gruppo di cacciatori di cui lei faceva parte. Carla era lì, a disposizione delle loro mani e delle loro bocche. E per quanto riguardava gli altri due membri del gruppo, a disposizione, anche, dei loro cazzi. Potevano, tutti e tre, farle quello che volevano. Potevano stringerla, carezzarla, percuoterla, leccarla, procurarle dolore in ogni parte del corpo. Potevano scoparla selvaggiamente, ognuno secondo i propri desideri, anche i più perversi, ciascuno con gli strumenti che aveva a propria disposizione: loro, i due uomini, con i loro peni; lei, Susy, con le dita, con una spazzola, con una grossa banana scelta tra le frutta contenute nel vassoio che aveva decorato la stanza. Uno alla volta. Due. Tre tutti assieme. Potevano farle anche altre cose. E non aveva grandi scrupoli, non provava alcuna esitazione. Perché sapeva, ne era certa, che Carla avrebbe goduto di quel trattamento, come loro, assieme a loro. La cosiddetta ‘punizione’ si sarebbe trasformata in un lungo, lunghissimo momento di piacere collettivo. E nessuno sarebbe penetrato in quel loro sancta sanctorum a turbare quel rito stupendo dedicato ad Eros, il lussuriosissimo Dio dell’amore.

Uno spasmo al basso ventre costrinse i dentini di Susy a conficcarsi ancora più a fondo nel capezzolo di Carla, dalla cui bocca uscì un urlo in cui si mescolavano strettamente il dolore ed il piacere più intensi, mentre le pareti della sua vagina si contraevano sulle tre dita che Luigi era riuscito ad infilare nella sua figa sino alle nocche, il pollice dedicato ad allargare l’altro forellino. L’altro fiorellino’.

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