Skip to main content
Racconti 69Racconti di DominazioneRacconti Erotici Lesbo

Desiserio esaudito

By 29 Aprile 2013Febbraio 9th, 2020No Comments

 

 

Patrizia stava toccandosi mentre era intenta a leccare la sua amante padrona, era così presa e godeva non poteva esimersi dal toccarsi ogni volta oramai che era costretta a sottomettersi alle voglie di Pamela.

Eppure questa situazione la eccitava, ma continuava a dirsi che lo faceva a causa del ricatto che la donna le aveva prospettato.

Quelle foto erano troppo compromettenti, se suo marito le avesse scoperte sarebbe stata la fine del suo matrimonio.

Pamela godette nella sua bocca scaricandole i suoi succhi di piacere, e lei aspirava e bevevo con avidità.

Eppure si sentiva assetata, appena smesso di leccare sollevò la testa per vedere il volto disfatto di godimento di Pamela, ma sorpresa il volto era quello di Yvana la sua giovane cameriera.

Patrizia si svegliò. Aveva sognato, ancora quel sogno che le ritornava ogni notte da quando si era trasferita.

Era sudata ed era bagnata di piacere nel sonno si masturbava ma non raggiungeva l’orgasmo, si alzò e andò in bagno, si masturbò ferocemente sotto il getto della doccia per darsi piacere, ogni volta doveva rievocare quelle immagini e si vergognava moltissimo, ma era solo così che arrivava all’orgasmo.

Appena ebbe goduto si sciacquò e tornò a letto, sperando di dormire, ma adesso che era sveglia soffriva, perché il suo matrimonio era finito, suo marito e suo suocero avevano scoperto la sua relazione con quella donna, che l’aveva ricattata.

Avevano messo a tacere tutto lo scandalo non era emerso ufficialmente ma certo delle voci correvano, lei era diventata troppo amica in apparenza di quella donna uscivano troppo spesso assieme frequentando i locali notturni della regione.

In ogni modo suo suocero che era molto amico di suo padre, le aveva detto che per la saluto del padre che era già ammalato di cuore era meglio che non sapesse niente.

Ma lei doveva rinunciare alla custodia dei figli, li avrebbe visti una volta al mese, in famiglia.

Loro s’impegnavano a portarli dai nonni materni settimanalmente, e lei doveva trasferirsi.

E così fu! Lei  si era trasferita, aveva riaperto una piccola attività una boutique di “souvernirs” oggettistica regalo, e antiquariato anche se in misura minore purtroppo non poteva investire grossi capitali.

Ad ogni modo aveva una piccola rendita e la casa era di sua nonna che gliela aveva lasciato in eredità. Suo marito le aveva garantito qualcosa anche se non se lo meritava, in questo modo era coperta economicamente.

Pamela le aveva istillato il gusto di godere perversamente, erano cose alle quali lei mai avrebbe pensato di potersi prestare, aveva avuto una vita così semplice e banale si era sposata vergine, e alla fine quella donna dopo il loro primo incontro n’aveva approfittato dopo averla fatta ubriacare a fare l’amore con lei, e l’aveva fotografata.

Il suo infame ricatto aveva funzionato egregiamente, anzi di più perché adesso era schiava, pensava solo a come poter soddisfare i suoi desideri proibiti.

La sua padrona, l’aveva portata a pensare alla sua giovane cameriera voleva coinvolgerla, ma lei era riuscita a rifiutarsi e ad evitare che quella ragazza così giovane venisse usata da Pamela.

Eppure dopo che gliene aveva parlato l’aveva attentamente guardata con altri occhi cercando di spiarla nella sua intimità, la ragazza era bella ma a venti anni chi non è bella a meno di essere un rospo.

Yvana era bella, giovane e sana, lavorava come cameriera da lei dall’età di quattordici anni, appena finita la scuola dell’obbligo, purtroppo rimasta orfana di padre aveva dovuto lavorare per aiutare i suoi fratellini a crescere e aiutare la madre a mantenerli, aveva rinunciato a molte cose, compreso lo sport, suo padre le aveva fatto prendere lezioni di arti marziali e lei avrebbe potuto diventare una campionessa, già aveva vinto numerose gare per la sua categoria ed era una delle più giovani cinture nere della provincia.

Doveva abbandonare questi pensieri, non poteva fare nulla con la cameriera, e sarebbe stato meglio che si trovasse un uomo che magari potesse ridarle la voglia di amare normalmente.

Dove lo trovava la sua vita sociale adesso era molto ridotta, non usciva più la sera, andava al negozio al mattino per le nove a volte le dieci perché aveva assunto un collaboratore, un bravo ragazzo molto competente, e così poteva permettersi anche di fare tardi al mattino.

Dalle nove a mezzo giorno in negozio poi il pomeriggio dalle sedici alle diciannove e trenta, poi tornava a casa e si facevano compagnia a vicenda con Yvana che aveva preparato la cena.

Da quando si era trasferita e Yvana che le voleva bene l’aveva seguita cenavano assieme per combattere la solitudine, erano due donne sole.

Quella mattina Yvana quando le portò il caffè a letto visto che tardava si inquietò di chiederle se stava male. Ma non stava male, le disse che aveva qualche difficoltà a dormire, niente di più.

Allora come spesso accadeva Yvana cercava di farle coraggio, dicendole che era la fine del mese e sarebbero tornate a casa, così lei si sarebbe tirata su vedendo i ragazzi e lei sua madre e i suoi fratelli che oramai erano diventati grandi.

“Sa una cosa signora? Io quando ero ancora a scuola e avevo delle malinconie scrivevo pagine e pagine sul mio diario e poi tutto mi passava”.

“davvero?” rispose Patrizia, “ e lo fai ancora?”.

“no, perché non ho tempo, però adesso che ci siamo sistemate e siamo tranquille magari lo trovo il tempo e mi rimetto anche a studiare”.

“ fai bene, lo studio è sempre importante e non è mai troppo tardi”.

Quel week end tornarono assieme alla loro cittadina di origine, Yvana andò a trovare i suoi e Patrizia poté rivedere i suoi figli sotto la stretta sorveglianza dei suoceri.

 

 

 

Il lunedì mattina rientrarono, sempre assieme, Patrizia decise che non era il caso di andare a casa, potevano andare direttamente al negozio assieme poi Yvana poteva stare lì e dare una mano com’era già accaduto.

Alla sera sarebbero rientrate assieme e magari potevano permettersi anche di fermarsi a mangiare una pizza.

A Yvana piaceva cambiare un po’ dalla solita routine, e disse che le andava benissimo come programma.

Alla sera prima di andarsene, Patrizia parlò con Stefano il suo collaboratore, e gli chiese se era in grado di mandare avanti il negozio da solo per alcuni giorni, lei sapeva che ne era capace, ma voleva comunque chiederglielo.

Stefano disse che non c’erano problemi, e che se la sarebbe sbrigata benissimo da solo.

Patrizia aveva iniziato il suo diario in cui metteva per iscritto tutta la vicenda che aveva vissuto con Pamela, e ogni volta mentre scriveva si eccitava, lo aveva cominciato quel week end alla sera quando era sola in camera, con i genitori nella stanza vicina, più e più volte si era masturbata rivivendo le sue avventure.

Adesso sentiva il desiderio di proseguire a scrivere tutto il resto e per questo voleva stare tranquilla a casa.

Si fermarono a cenare in una trattoria lungo la strada di ritorno, poi terminata la cena non c’era nulla da fare in quella zona isolata di lunedì sera rientrarono nella loro casa.

Patrizia disse a Yvana che avrebbe voluto fare dei lavori rimettere a posto la scuderia, e magari comperare un cavallo, insomma un po’ di lavori erano necessari, era una bella casa colonica molto grande e una volta c’erano i cavalli le cantine per i vini che venivano prodotti da suo nonno, la vigna adesso era stata data in affitto ad un vicino, e in cambio dava a sua nonna un decimo della produzione di vino.

Adesso la cantina era piena con bottiglie che avevano anni di invecchiamento perché la nonna non consumava e da vecchia non riceveva più molte visite.

Era deceduta da dieci anni e suo padre non aveva mai verificato se il vicino aveva pagato regolarmente. Avrebbe dovuto parlargli e sentire com’era la situazione.

Rientrate Yvana fece una camomilla anche per lei e poi si mise a guardare la televisione.

Patrizia invece era presa dalla strana frenesia di scrivere le sue avventure e perciò si ritirò in camera, disse però a Yvana di non disturbarsi a svegliarla l’indomani mattina che sarebbe rimasta a casa.

Appena entrata nella sua camera da letto, tirò fuori dalla borsa il diario che aveva comperato, era un bel diario con la copertina in pelle.

Si sedette al suo tavolo da toilette spostò i vari effetti che stavano sopra, quel tavolo sarebbe stato il suo scrittoio.

Rilesse parte di quanto già scritto e si eccitò a rileggerla, comunque proseguì non voleva cedere subito al desiderio.

Proseguì da dove aveva interrotto, si ricordava bene quando Pamela l’aveva costretta per la prima volta a subire sodomia, aveva invitato un suo amico, e le aveva imposto di vestirsi da puttana, con calze rosse reggicalze dello stesso colore, scarpette con il tacco di almeno dodici centimetri, le aveva lubrificato l’ano con una crema e l’aveva frustata per bene e lei aveva quasi goduto sotto le sferzate allora quando fu eccitata, l’uomo la penetrò dietro le fece male all’iniziò ma poi arrivò improvviso un orgasmo che l’aveva lasciata sfinita.

L’uomo aveva preteso che glielo succhiasse dopo aver finito di sodomizzarla, e lei lo fece con abietto piacere, si vergognava al pensiero ma aveva goduto ancora perché aveva visto il pene dell’uomo gonfiarsi nella sua bocca, più sentito che visto, e questo l’aveva eccitata nuovamente.

Poi l’uomo l’aveva presa ancora e ancora, per il resto della notte, come aveva voluto la sua padrona.

Mentre scriveva queste cose si eccitò nuovamente, e alla fine decise di spogliarsi, mise le gambe sui braccioli  della sedia fece correre indietro la sua immaginazione e si toccò con dolcezza all’inizio accarezzando i petali della sua passera, che erano bagnati e le sue dita percepivano il calore che emanava dal suo sesso schiuso che colava dei suoi umori di piacere, poi raggiunse la clitoride la toccò con delicatezza e poi invece sempre più violentemente fino a quando non si sentì squassare dal piacere, aveva raggiunto l’orgasmo.

Si fermò era appagata solo in parte, non era come quando si masturbava davanti alla sua padrona si vergognava certo ma erano orgasmi molto più appaganti.

Decise di farsi una doccia e poi di coricarsi, ma dopo la doccia aveva perso la voglia di dormire era ancora più desta.

Ricominciò a scrivere in modo frenetico, quasi come se le bruciasse di portare a compimento la sua opera e che così potesse ottenere l’appagamento che stava cercando.

Scrisse per parecchio tempo restando nuda allo scrittoio, alla fine dovette arrendersi e coricarsi.

Si addormentò di un sonno agitato popolato d’incubi o sogni a seconda delle opinioni.

Sempre ad un certo punto prosternata a soddisfare la sua padrona terminata la suzione alzando lo sguardo vedeva il volto di Yvana.

Cosa fare o cosa non fare, quella ragazza era diventata un’ossessione, avrebbe quasi voluto non fosse venuta con lei, ma non osava licenziarla, in fondo la colpa era sua non della fanciulla era lei che aveva delle ossessioni, e se doveva prendersela con qualcuno era solo con se stessa e con la sua libidinosa perversione.

Al mattino ricominciò a scrivere non si rivestì, rimase nuda, e scrisse dalle nove a mezzo giorno, poi si fermò perché Yvana stava bussando insistentemente, non se ne era accorta subito, ma appena si rese conto che la ragazza la chiamava con voce preoccupata rispose.

Si infilò l’ accappatoio, e andò ad aprire la porta, disse a Yvana di scusarla, si faceva una breve doccia e sarebbe venuta a tavola.

Non voleva che la ragazza avesse preparato per niente, si sciacquò velocemente e poi sempre in vestaglia andò in cucina era tutto pronto sul tavolo.

Si accomodarono tutte e due e parlarono del più e del meno, Patrizia si chiese se Yvana immaginava che lei si era masturbata varie volte dalla sera precedente e se aveva sentito l’odore di sesso quando aveva aperto la porta.

Ma forse era lei che essendo eccitata si immaginava cose che non esistevano, doveva smetterla di immaginare queste cose.

Ad ogni modo terminato di pranzare Patrizia volle a tutti i costi preparare il caffè e servirlo di persona a Yvana. Sparecchiò la tavola e mise tutto nella lava stoviglie, questo suo modo di essere servizievole le faceva vivere le sue fantasie erotiche immaginando che era la schiava di Yvana e che la serviva, e già si sentiva bagnare sotto, appena bevuto il caffè si ritirò nella sua stanza per continuare a scrivere. Lo stesso avvenne il giorno successivo.

Alla fine del suo racconto che era terminato vi inserì la parte in cui da allora faceva quei sogni in cui si immaginava di essere la schiava di Yvana, e di come a volte a tavola si dimostrava servizievole agendo sulla propria immaginazione e poi ritirarsi nella sua stanza a masturbarsi.

L’ultima frase era in maiuscolo “IL MIO DESIDERIO E’ CHE YVANA SIA LA MIA PADRONA”.

Poi spossata, si coricò, e dormì come se quella confessione le avesse dato un po’ di sollievo.

L’indomani mattina si alzò presto preparò la colazione e andò, a svegliare Yvana, portandole il caffè a letto.

La ragazza si mostro imbarazzata della cortesia che le faceva Patrizia, però si riprese subito, infondo da quando erano sole si davano del tu e la confidenza era quella di amiche e non di datrice di lavoro e dipendente.

Patrizia le diede un bacio sulla guancia come tra amiche e disse che andava in ufficio.

Si sentiva più leggera prese l’auto e si avviò verso la città, lungo la strada prese una deviazione, sapeva che Stefano se la cavava, e comunque non si sarebbe preoccupato non vedendola, sapeva che avevano aperto un sex shop in una zona periferica della città, le era capitata la pubblicità in mano su dei volantini lasciati nella cassetta della posta del negozio, e lei aveva memorizzato l’indirizzo.

Si fermò a qualche distanza, e poi ci andò a piedi, era un portone anonimo c’era solo il nome sul campanello, suonò e la porta si aprì, con uno scatto automatico.

Dietro al bancone nell’ingresso c’era una donna più o meno della sua età, che l’accolse con un sorriso, le chiese se desiderava qualcosa di particolare, e Patrizia disse che desiderava dare un’occhiata a quello che avevano. La donna sorrise e disse prego se vuole le faccio strada tanto a quest’ora non c’è mai nessuno.

Patrizia ringraziò e si aggirò per il negozio seguita dalla donna che era alta come poté constatare almeno dieci centimetri più di lei aveva dei capelli rossi e una pelle bianca come il latte corpo statuario sottolineato da un vestito aderente che la fasciava facendo risaltare le curve.

Guardò con curiosità i vari accessori, falli di tutte le misure, pompe per agevolare l’erezione, poi si spostò verso dove aveva visto  le video cassette, si fermò e ne vide alcune sado-maso.

Prese una che aveva la copertina che l’attirava,perché una donna bionda vestita da dominatrice teneva al guinzaglio una coppia un uomo e una donna e la donna era una castana piuttosto bella che poteva assomigliare a lei, mentre sia Pamela che Yvana sono bionde.

La prese, poi rivolta alla donna che le sorrideva, le chiese se avevano un catalogo di accessori da poter eventualmente ordinare per corrispondenza.

La donna le disse se le piace il genere sado-maso, dietro a questo scaffale ci sono vari accessori, inoltre se lo desidera possiamo fornire su ordinazione qualsiasi cosa.

si spostarono nella parte posteriore del negozio e dietro una tenda c’era il resto della merce esposta, c’erano fruste varie mutandine di plastica alcune munite di falli interni per la vagina per l’ano e anche doppi, manette e qualche collare.

Patrizia pareva delusa, allora la commessa le disse teniamo poca merce in negozio perché stiamo attendendo delle forniture ma se desidera le posso dare un nostro catalogo completo e così potrà consultarlo, facciamo consegne anonime anche per posta, o per corriere.

Patrizia prese il catalogo e acquistò la cassetta, e se ne andò, arrivò al negozio e iniziò la sua giornata.

Alla sera fu con soddisfazione che chiuse, e che rientrò a casa, trovò tutto già pronto per la cena, e Yvana in splendida forma, vestita con una certa eleganza, anche quella sera finita la cena disse che avrebbe sparecchiato e Yvana contrariamente alle altre volte non disse nulla, la lasciò fare, si alzò e andò a sedersi sul divano, poi le buttò con tono allegro “fai anche il caffè, io lo prenderei in salotto”.

Patrizia sentì un calore invaderle il ventre, ma si disse che in fondo Yvana non poteva sospettare nulla ma che aveva deciso di non insistere quando lei stava un po’ in cucina.

“Arriva il caffè signora” disse Patrizia con tono allegro entrando in salotto, e lo depose sul tavolino davanti alla sua amica oramai poteva dire così, non considerava Yvana come una sua dipendente.

Yvana sorseggiò il caffè guardando la televisione, poi togliendo qualcosa da sotto il cuscino del divano disse:”non trovi che questo programma sia noioso, preferisco leggere questa sera”.

Teneva in mano il suo diario, Patrizia arrossì, lo aveva lasciato sul letto, ed era stato lasciato aperto, adesso se lo ricordava, il suo subconscio aveva agito per lei, durante tutto il giorno non ci aveva pensato, ma non era una vera dimenticanza era inconsciamente che lo aveva lasciato lì nella speranza che Yvana lo trovasse, perché sapeva che avrebbe rifatto il letto.

Era diventata rossa, seduta accanto alla sua amica, e le tremava il labbro, non sapeva cosa avrebbe fatto Yvana, forse l’avrebbe disprezzata, derisa e lei magari ne avrebbe gioito, avrebbe potuto eccitarsi se la sua amica la derideva perché questi erano i suoi pensieri, e se avesse deciso di andarsene, e di lasciarla con i suoi incubi, anche questa possibilità era concreta rimase zitta ad attendere gli eventi.

Yvana le disse che voleva proprio leggerlo tutto, magari sarebbe rimasta sveglia tutta la notte per farlo, ne aveva già letto la metà, e anche l’ultima pagina dove il diario era stato lasciato aperto.

Disse che era molto curiosa, e sperava di capire meglio tutto, anche se adesso sapeva la verità sul perché se ne era andata e suo marito le aveva negato l’affidamento dei figli.

Yvana disse che non avrebbe preso nessuna decisione prima di aver letto tutto il suo diario, poi ne avrebbero parlato tra di loro, se raggiungevano un accordo forse avrebbe preso in considerazione il fatto di prenderla come sua schiava, nel frattempo continueranno a comportarsi come fino ad ora. Lei avrebbe assolto i suoi compiti ma quando per caso Patrizia vorrà svolgere qualche incombenza lo farà di sua iniziativa e lei la lascerà fare come questa sera.

Yvana si ritirò nella sua stanza, e Patrizia si guardò la video cassetta che aveva comperato, si mise a guardarla ed era la prima volta che vedeva un film di quel genere, infondo con Pamela aveva vissuto diverse situazioni ma un film di tipo sado-maso non lo aveva mai visto.

La storia era banale, perché non vi era alcuna trama solo delle immagini di una donna che veniva condotta legata in una stanza dove veniva sculacciata prima poi legata su un cavalletto e frustata dopo di che un uomo la sodomizzava e alla fine doveva partecipare ad un orgia con più persone compreso sottomettersi ad una donna, senza testa ne coda, non c’era una vera storia, le attrici erano belle ma senza esagerare, e gli attori discretamente dotati.

Appena finito si ritirò nel tentativo di riposare ma il suo sonno era disturbato cosa avrebbe detto fatto Yvana, era veramente inquieta, soffriva del dubbio di avere perso un’amica e se alla fine si fosse offesa e avesse dato quel libro a qualcuno poteva fare quello scandalo che suo suocero le aveva evitato, ma no come poteva pensare una cosa del genere di Yvana, le voleva bene in fondo, lei aveva solo avuto dei pensieri sessuali nei suoi confronti perché se la sarebbe dovuta prendere.

Patrizia continuava a torturarsi con questi pensieri e alla fine decise di calmarsi masturbandosi si accarezzò le grandi labbra cercò di concentrare il pensiero sui suoi pensieri più eccitanti ma si sentiva tesa, alla fine si masturbò con forza fino a quando non riuscì a godere facendosi male strizzandosi i capezzoli.

Godette ma non era appagata allora si fece una doccia e poi si prese una compressa ne aveva alcune che il suo medico le aveva dato,erano dei sedativi blandi, ma che le avrebbero permesso di dormire.

 

 

 

Patrizia si addormentò alla fine, di un sonno agitato, ma riuscì a dormire comunque un po’. Al mattino quando si alzò aveva la bocca impastata, non sapeva che ora fosse era ancora intontita.

Si fece una doccia poi vide che erano le sette, decise di andare in cucina e di andare a portare il caffè a Yvana sperando che le facesse piacere, adesso era molto emozionata, come l’avrebbe accolta, sarebbe stata fredda arrabbiata, si poneva questi quesiti, torturandosi nell’animo.

Bussò alla porta, e Yvana a voce alta le disse di entrare, appena dentro Patrizia notò che la ragazza era tranquilla e sorridente era ben sveglia, sul comodino accanto al letto il suo diario con un segnalibro che spuntava, lo aveva quasi finito.

“buongiorno Yvana” disse Patrizia, anche se dicendolo aveva pensato di dire buongiorno Padrona, “Buongiorno” rispose la fanciulla seduta sul letto coperta fino al ventre indossava una camicetta chiusa per cui nulla faceva pensare a qualcosa di erotico eppure l’immaginazione di Patrizia immaginò le giovani mammelle della ragazza che premevano sul tessuto della camicetta e dovevano essere molto desiderabili.

Le pose il caffè sul comodino vicino al suo diario e si piegò su di lei per darle un bacio sulla guancia che Yvana accettò con un sorriso.

Poi Patrizia le disse che andava al lavoro. E uscì in silenzio, Yvana non le aveva detto nulla e non l’aveva sputtanata ne presa in giro per le sue tendenze, e questo sperava fosse di buon auspicio.

Yvana si alzò con calma e iniziò la sua giornata come d’abitudine, però in camera da letto, il letto di Patrizia era stato fatto, sorrise, e continuò le sue incombenze.

Mentre spolverava trovò la video cassetta che Patrizia aveva comperato la sera precedente e anche il catalogo.

Inserì la video cassetta e accese il televisore, nel frattempo sfogliò il catalogo, vide che il film era proprio dozzinale, senza trama, allora guardò il catalogo, c’erano vari oggetti interessanti. Fruste, palette per sculacciare c’erano delle modelle che impersonavano delle donne sottomesse per fare vedere l’uso di cavalletti, gogne, bracciali, corsetti, palline da usare come bavagli , stivaletti indumenti vari, cinture di castità, mutandine munite di falli e di aculei probabilmente in plastica, indirizzi di inserzionisti. Schiavi che cercavano padrone/i, dominatrici che si offrivano per addestrare schiavi ecc.

Decise di andare a quel negozio per vedere se forse era il caso di acquistare qualcosa, voleva rendersi conto di persona e farsi un’idea di quel che c’era e se veniva stimolata in qualche modo.

Arrivata al negozio, le piacque il fatto che era abbastanza anonimo, suonò come aveva fatto Patrizia ed entrò era mattina e trovò la rossa, le si avvicinò si sentiva sicura, la donna era sorridente come una brava commessa che deve ingraziarsi il cliente.

Yvana disse che era interessata ad oggetti di tipo sado-maso, la rossa restò un po’ sorpresa era la prima volta che una cliente arrivava al dunque soprattutto se era la prima volta che veniva, ma sorridendo l’accompagnò fino al settore dove erano esposti gli articoli interessati.

Yvana diede un’occhiata, prese un gatto a nove code fatto con delle corregge di plastica, era molto coreografico ma sicuramente poco doloroso, si rivolse alla commessa e chiese se avevano gli stessi articoli in pelle.

La commessa le disse che li facevano pervenire solo su ordinazione, e se lo desiderava le avrebbe fornito un catalogo.

Yvana spiegò che aveva già il catalogo, la sua amichetta era venuta il giorno prima e lo aveva portato a casa.

Bene allora saprà cosa vuole se vuole ordinare io posso prendere l’ordinazione, lei disse si sono interessata a vari attrezzi anche di contenzione, ma però vorrei sapere se quegli annunci di dominatori e coppie varie sono reali, o non si tratta dei soliti perditempo o mercenari.

La giovane donna disse che gli inserzionisti erano pochi appunto perché erano seri, “ma dipende cosa cerca forse la posso aiutare nella scelta”.

Yvana spiegò che la sua amica aveva delle fantasie erotiche di sottomissione, desiderava essere sottomessa, ma lei in merito non aveva alcuna esperienza e avrebbe voluto sapere qualcosa da una persona che aveva esperienza nel campo della dominazione.

La rossa si chiamava Maria e si presentò dicendole, “guardi se vuole imparare a fare la dominatrice è possibile,  però non è gratis. Esistono alcune dominatrici e anche dominatori che s’incaricano spesso di addestrare gli schiavi per conto di master o Domine inesperti. Devo però avvisarla che vogliono essere pagati per le prestazioni, perché è come andare a fare un corso in palestra, ci vuole tempo e ci sono delle spese”.

Spiegò queste cose con un tono molto professionale come se stessero parlando di cose banalissime e non di sottomettere una persona ad un’altra, la rossa non aveva remore morali sull’argomento, la sessualità ognuno la vive come gli pare, purché sia fatta tra adulti consenzienti.

Le fornì un tariffario di una domina che addestrava schiavi e schiave, per conto dei loro padroni, o faceva dei corsi di training per padroni inesperti.

Per contattarla bastava telefonare lì al negozio e avrebbe potuto incontrare la signora e prendere accordi poi direttamente.

Yvana non voleva perdere tempo, e disse che desiderava fissare un incontro, la rossa telefonò e si misero d’accordo per il pomeriggio.

Yvana andò in giro per negozi, e si comprò un paio di camicette semitrasparenti e delle gonne carine da poter usare in varie occasioni.

Si fermò al negozio salutò Stefano e andò nell’ufficio di Patrizia, le disse che per quel giorno aveva degli impegni in città senza specificare di cosa si trattava e che doveva fare degli acquisti e le chiese di prestargli la carta di credito.

Patrizia non obiettò, se desiderava qualcosa lei sarebbe stata lieta di fargliela avere consegnò la carta di credito a Yvana.

Prima di uscire la ragazza voleva dare un contentino alla donna, le si avvicinò e Patrizia sentì che il cuore si accelerava, cosa avrebbe fatto Yvana, chiuse gli occhi e si distese sulla poltrona. Yvana le sfiorò un seno delicatamente le trovò il capezzolo e glielo strinse, Patrizia si contrasse, il dolore era forte ma stette ferma, solo un sospiro le usci dalle labbra, Yvana allora le diede un bacio sulle labbra socchiuse.

Patrizia aveva le lacrime agli occhi sia per l’emozione che per il dolore che provava al capezzolo e sussurrò “grazie”.

Yvana non aveva mai baciato una donna, sulla bocca, anche se non aveva infilato la lingua si disse che in fondo non era male, era turbata dalla remissività di Patrizia, e non si era sentita schifata come aveva immaginato.

Nel pomeriggio tornò al negozio, lì incontrò una donna vestita di nero accompagnata da un giovane uomo piuttosto carino.

Lei aveva i capelli neri raccolti dietro in un chignon, aveva un aspetto severo che incuteva rispetto, non bellissima ma interessante, un viso fino magro, lei era certo un atleta. Lui era proprio delicato e stava in silenzio tenendo gli occhi bassi, doveva essere il suo schiavo.

Parlarono poco, la donna le disse che lei poteva dare delle lezioni ma prendeva una tariffa di cinquantamila lire all’ora, per poche lezioni, a meno che non fissi un corso di una settimana o di una quindicina allora facciamo un forfait.

Yvana disse che aveva una certa fretta di imparare i rudimenti perciò un corso accelerato di una settimana le pareva indicato, ma anche di più ore al giorno. Si accordarono, avrebbe iniziato l’indomani, dalle 10 del mattino alle quattro del pomeriggio.

Versò con la carta di credito al negozio la cifra più un acconto per una serie di attrezzature consigliate dalla domina.

Restava solo il problema di portare la sua schiava a prendere le misure per alcuni indumenti, ma disse che per quelli non voleva fissare l’appuntamento prima di aver fatto quel corso,e perciò si accordarono per la settimana successiva alla fine del corso per avere un appuntamento definitivo in quanto era necessaria la schiava sulla quale prendere le misure.

Patrizia era ansiosa non sapeva cosa pensare, Yvana non le aveva più detto nulla, e lei cercava di dimostrarsi servizievole ma non un cenno alla decisione che avrebbe preso e questo la faceva stare in ansia.

Era passata quasi la settimana, quando una mattina, giunse una telefonata, era Pamela che cercava Patrizia.

Yvana le disse che non c’era, senza aggiungere altro, ma Pamela insisté voleva sapere a che ora rientrava dal negozio, e Yvana disse che non aveva orari fissi.

Appena depose il ricevitore però, indossò un jeans una maglietta e scarponcini ginnici, telefonò per spostare il suo appuntamento, e si diresse verso il negozio, era sicura che Pamela aveva rintracciato sia la casa che il negozio e rivoleva la sua preda ma questa volta c’era una concorrente.

Adesso che pensava che Patrizia poteva cadere nelle mani di Pamela si rese conto di considerarla già sua e non l’avrebbe permesso.

Arrivata al negozio, Stefano l’accolse con un grande sorriso, e lei gli chiese se Patrizia era sola in ufficio, lui disse che era appena arrivata una signora ed erano andate in ufficio assieme.

Gli fece cenno di seguirla, provò ad aprire la porta ma era chiusa dall’interno, gli disse:” bussa e di a Patrizia che c’è la Tributaria vedrai che aprirà”, “ma perché?” obiettò lui. “Fai come ti dico o rischi il licenziamento” aggiunse a mò di spiegazione Yvana.

Stefano bussò e annunciò che c’era la Tributaria la porta si aprì, Yvana spostò Stefano ed entrò richiuse la porta alle sue spalle a chiave e si mise le chiavi in tasca. Quel gesto fece un certo effetto su Pamela che non avrebbe temuto una piccola cameriera ma vederla chiudere la porta e mettersi la chiave in tasca significava che solo lei avrebbe potuto aprire e costringerla a questo punto non sarebbe stato facile, era troppo sicura di sé la ragazza per essere solo un bluff.

Yvana guardò fisso negli occhi Pamela e le chiese a muso duro cosa voleva da Patrizia.

Pamela cercava di fare la gagliarda e disse che la cosa non la riguardava, e allora Yvana proruppe in una risata dicendo che tutto ciò che riguarda Patrizia riguarda anche lei.

Patrizia era rossa di orgoglio di sentire Yvana che la difendeva, si disse che era una fortuna che era arrivata perché lei con i dubbi che aveva avrebbe ceduto al primo ordine che Pamela gli avrebbe dato.

Pamela non sapeva cosa pensare ma era ovvio che esisteva una complicità che non aveva ipotizzato tra Patrizia la sua ex schiava e la sua servetta, che lei a suo tempo aveva adocchiato.

In ogni modo non voleva rinunciare così, allora disse:” io sono qui per Patrizia e tu servetta è meglio che non t’impicci dei fatti non tuoi, e si avvicinò puntandole il dito minaccioso e toccandola sul petto”.

Yvana le prese la mano e la torse con una presa facendola inginocchiare, poi disse a Pamela che doveva scordarsi di Patrizia, che era roba sua e se la rivedeva ronzarle intorno, la faceva a pezzetti.

Poi rivolta a Patrizia le disse: ” perché non glielo dici anche tu che c’è tra noi”.

Patrizia abbassò la testa e rossa in viso disse in un soffio: ” Yvana è la mia padrona”.

Pamela tacque rimanendo con la bocca aperta, sorpresa di quella confessione, poi sorrise e disse: “Fammi alzare stando così le cose non ho nulla da avanzare diritti su di lei”.

Yvana la lasciò e lei le sorrise, “brava sei una tosta avevi qualcosa, infatti, ti avevo notato, ma non pensavo a te come ad una dominatrice e ad un’altra dominatrice non intendo pestare i piedi, spero invece che diventeremo amiche e che ci potremo incontrare con le rispettive schiave se sei d’accordo”.

Yvana le disse che ci avrebbe pensato, e di lasciarle un recapito forse l’avrebbe contattata per una serata e le avrebbe permesso di giocare un po’ con Patrizia.

Tutto era sistemato e una volta che Pamela se n’era andata Patrizia si avvicinò a Yvana e le disse: ”Grazie sei stata magnifica”.

Yvana le disse di non preoccuparsi, però lei non era ancora la sua padrona in modo definitivo, voleva che lei superasse delle prove e che le scrivesse una lettera per supplicarla di prenderla come sua schiava e di addestrarla a tale scopo, gliela darà questa sera quando tornerà a casa, e che la lettera sia di un tono rispettoso tipico di una supplica e articolata bene, non due righe.

Patrizia assentì con il capo e rimase nell’attesa, d’altri ordini, ma Yvana le disse che doveva andare aveva un appuntamento, le disse però di essere a casa per le otto di sera non prima e non dopo puntuale.

Se n’andò a finire l’ultimo giorno di lezioni, presso la domina ci stava prendendo gusto al suo nuovo ruolo.

 

 

 

Erano le otto meno cinque quando Patrizia arrivò a casa parcheggiò  l’auto in cortile, salì la scalinata che portava al portone e si fermò davanti alla porta, c’era un biglietto attaccato con del nastro isolante.

C’era scritto “Schiava, spogliati nuda, prendi la busta che si trova nella borsa di carta a fianco del vaso con la pianta grassa mettici dentro i tuoi indumenti e appena sei nuda allacciati il collare ed il guinzaglio che sono dentro la borsa, prendi la lettera di supplica e tienila tra i denti, inginocchiati e suona al campanello quando verrò a prenderti mi porgerai la lettera come farebbe una cagna”.

Patrizia si sentì tremare di paura e d’eccitazione, diede uno sguardo verso la strada, se qualcuno fosse entrato nella corte l’avrebbe vista se qualcuno si fosse fermato per un qualsiasi motivo. Non voleva rinunciare a vivere le sue fantasie e si sentiva eccitata all’idea di obbedire abbandonarsi all’obbedienza, nelle mani della sua padrona era lei che lo aveva chiesto e aveva una lettera dettagliata nella quale si offriva alla sua padrona.  

Si spogliò non aveva scelta, mise tutto nella busta che aveva trovato, poi si cinse il collo con il collare da cane che vi trovò al quale era agganciato un guinzaglio, si mise in ginocchio con la busta tra i denti, e suonò al campanello.

Ci volle parecchio tempo erano almeno dieci minuti che era lì a quattro zampe che attendeva la sera era fresca, e lei sentiva l’aria che le accarezzava il sesso bagnato.

Si apri la porta la luce dell’interno era accesa e più forte della lampadina del poggiolo, vide la sua padrona era vestita con un gonnellino nero di raso forse stivaletti neri con tacco da almeno dieci centimetri, un reggiseno di pelle nero. E teneva in mano una paletta di cuoio.

Allora che aspetti porgimi quello che hai in bocca le prese la busta che Patrizia le porgeva tendendo il collo, poi richiuse la porta.

Una lacrima le scese sulla gota si sentiva frustrata, doveva ancora attendere fuori come se fosse un’estranea a casa sua.

Ma poi disse come posso pensare così se lei vuole così io mi debbo sottomettere è lei la padrona.

Ci vollero forse altri cinque minuti prima che la porta si aprisse di nuovo e Yvana le ordinò di entrare, appena l’ebbe superata le diede una sculacciata con la paletta e le disse andiamo in salotto svelta. Patrizia si affrettò ad avanzare a quattro zampe nuda, si diceva che doveva essere ben ridicola se qualcuno l’avesse vista così, che terribile vergogna, ma pensando questo senti il sesso pulsarle, ebbe l’imperioso desiderio di toccarsi ma si trattenne.

Arrivate in salotto attese che Yvana prendesse posto sul divano accomodandosi , le fece cenno di avvicinarsi e le disse che aveva letto la sua letterina, ma che avrebbe potuto fare di meglio.

“Ad ogni modo da questo istante io non sono più la tua cameriera, sono la tua padrona, sappi che ti prenderò come schiava solo a titolo provvisorio, sei in prova, se non sarò soddisfatta di te ti lascerò libera, decideremo di questo alla fine dell’estate”.

Yvana voleva avere sotto mano i suoi impegni di lavoro, e decise che al mattino si sarebbe alzata un ora prima per poter preparare la colazione, perché una padrona deve essere servita,poi andrà al lavoro, e ritornerà subito a casa senza attardarsi in giro, se può delegare degli incarichi al suo dipendente lo faccia, e se si fida lo nomini gerente con delega per l’ordinaria amministrazione in questo modo avrebbe più tempo da dedicare alla sua padrona.

Yvana aggiunse:”d’ora in poi ti rivolgerai a me chiamandomi padrona, eccetto in pubblico se si tratta di persone che non conosciamo, in quel caso mi chiamerai Signorina Yvana, mentre io ti darò del tu sempre. Hai capito?”, “Sì Padrona” rispose Patrizia con prontezza.

Si sentiva emozionata ed eccitata, ma anche preoccupata, era lei che aveva voluto tutto questo e l’eccitazione che provava per questa sua situazione era reale, ma al contempo era preoccupata per le conseguenze, se si veniva a sapere questa sua vita segreta come avrebbe potuto presentarsi in pubblico.

Aveva dei pensieri anche per il fatto di essere in prova, forse Yvana non l’avrebbe voluta e lei sentiva di provare un sentimento di affezione nei confronti della sua ex cameriera, troppo a lungo l’aveva sognata, e l’idea di venire respinta le era intollerabile.

Per la prima sera di schiavitù, le venne imposto di preparare la cena, e di servirla come una provetta cameriera, sempre nuda mentre la sua padrona cenava lei si mise in ginocchio accanto alla sua sedie, e appena la padrona ebbe finito sparecchiò il tavolo lavò i piatti, nel frattempo aveva anche messo il caffè sul fuoco.

Servì il caffè a Yvana nel salotto, dove questa l’attendeva, appena iniziò a sorseggiare il caffè le chiese se aveva fame, e Patrizia rispose di sì.

Allora la sua padrona le disse che per quel week end forse non avrebbe mangiato, doveva verificare la sua capacità ad obbedirle anche in condizioni di tensione e di estremo disagio, le disse che però era importante che bevesse e le ordinò di andare a prendere una bottiglia di acqua minerale non gasata.

Patrizia obbedì e ritornata si versò un bicchiere e lo bevve d’un fiato, Yvana sorrideva soddisfatta, e le fece bere molti altri bicchieri fino a quando la bottiglia non fu vuota.

Patrizia però già dopo il primo bicchiere sentiva che era da quando era rientrata che non aveva potuto andare al bagno, e lo fece presente alla sua padrona.

Yvana le disse che avrebbe scelto lei il momento ed il luogo dove avrebbe potuto liberarsi, da quel momento solo a lei spettava decidere in merito anche alle sue funzioni corporali.

“L’unica autonomia che ti è concessa è quella di respirare, per il resto tutto verrà deciso da me” le disse Yvana.

Poi aggiunse” non mi ringrazi?”, “si, grazie padrona”.

Rimasero in attesa una decina di minuti durante i quali Patrizia aveva sul volto le tracce della sofferenza perché oramai da un po’ si stava trattenendo e con il litro di acqua che aveva bevuto si sentiva veramente sul punto di scoppiare, la sensazione era dolorosa, ne aveva le lacrime agli occhi. Nel frattempo Yvana spiava con la coda dell’occhio il volto di Patrizia continuando a sorseggiare il caffè con calma oramai era freddo, ma a lei non importava questo.

Quando si alzò e prese il capo del guinzaglio per farsi seguire da Patrizia sempre carponi, e si avviò verso l’uscita, malgrado la vergogna la schiava trotterellò dietro alla sua padrona felice, perché le avrebbe permesso di liberarsi, anche se all’aperto.

Certo si vergognava, ma il dolore alla vescica oramai era insopportabile e piuttosto di trattenerla l’avrebbe fatta anche in mezzo alla strada.

Scesero nella corte, il ghiaino sul quale camminavano feriva le ginocchia di Patrizia, ma lei aveva fretta di fare i suoi bisogni sperava di riceverne presto l’ordine.

Arrivarono al prato, e finalmente Yvana le permise di liberare la vescica, anche se doveva farla davanti a Yvana, nel suo nuovo ruolo di padrona, in una condizione che lei stessa aveva desiderato, sentì il suo volto imporporarsi di vergogna, era da un po’ che si tratteneva per questo inizialmente non ci riuscì, vedeva Yvana che si stava spazientendo e sentì tutto il disagio che provava in questa prova, l’umiliazione cocente di essersi sottomessa ad una ragazza molto più giovane di lei, anche se era un suo desiderio, le lacrime le bagnarono le gote e alla fine un getto le uscì inondando l’erba ai suoi piedi che teneva divaricati il più possibile.

Fu un getto lungo ed intenso, che durò per un tempo che le parve infinito, sotto lo sguardo di Yvana che la canzonò dicendole che pisciava come una vacca.

Rientrarono in casa dove Yvana fece fare una doccia a Patrizia, poi le fece indossare delle calze con reggicalze, una minigonna a portafoglio, con una camicetta quasi trasparente, e le disse che sarebbero uscite, Yvana indossò uno spolverino di seta sopra i suoi indumenti da padrona, allacciato in vita con una cintura di seta anch’essa.

“Dove andiamo?” chiese Patrizia che si sentiva peggio che nuda vestita così, Yvana le rispose che:”benché la cosa non ti debba riguardare perché si va dove ho voglia io, e non mi interpellare per fare domande oziose, se non sei autorizzata a parlare d’ora in poi, per questa volta sarò magnanima e ti dirò che andiamo in discoteca in centro”.

Presero l’auto di Patrizia e lei stessa si mise alla guida, mentre Yvana le disse di prendere la direzione della città.

 

 

 

Arrivate in città, Patrizia seguì le indicazioni di Yvana, e la fece parcheggiare in un vicolo buio, poi si incamminarono e Yvana si fermò davanti ad un portone di legno di un fabbricato piuttosto vecchio, suonò un campanello dando dei brevi colpi come se si trattasse di un segnale.

Dall’interno qualcuno aprì con un comando elettrico certamente, entrarono nell’androne e da una porticina sulla destra scesero una ripida scala, infine una porticina in fondo si aprì uno spioncino, Yvana fece vedere qualcosa un cartoncino Patrizia non poteva vedere bene, la porta si aprì, e dentro la luce era soffusa, comunque l’uomo che aprì indossava una livrea da servitore del settecento.

Yvana dopo essersi levata lo spolverino e averlo consegnato al cameriere, prese Patrizia per il  guinzaglio, e si incamminò lungo il corridoio. Era un corridoio lungo con le pareti tappezzate di una moquette di velluto rosso scuro, con delle luci simili ad abat-jour la cui luce non era sufficiente a schiarire l’ambiente ma solo a illuminarlo appena creando una atmosfera ovattata.

In fondo una tenda mascherava un ingresso che prendeva tutta la parete al di là si sentiva della musica soffusa.

Yvana aprì la tenda tirandosi dietro Patrizia, un salone enorme con in fondo un banco Bar, e una serie di divanetti e tavolini bassi disposti lungo il perimetro. Non c’era molta gente c’erano uomini e donne eleganti seduti ai tavolini e donne e uomini vestiti di cuoio alcune donne erano in ginocchio davanti ai tavolini, praticamente nude se non per orpelli che ne mettevano in risalto la nudità come cinture o calze con reggicalze, Patrizia rimase sorpresa che nel centro di una città ci fosse un ambiente simile, mai Pamela l’aveva portata in luoghi simili.

Visto l’ambiente e visto che non era la sola sottomessa, si tranquillizzò un po’ in fondo il luogo era fatto apposta per il loro tipo di rapporto, e questo la fece sentire meno timorosa anche se l’ansia non era scomparsa del tutto, soprattutto perché si avvide che tra un tavolino e l’altro vi erano delle pedane con degli anelli e delle fruste erano appese alle pareti, e anche dal centro della sala vi era una pedana e delle catene pendevano dal soffitto.

Yvana la condusse fino al bancone e si rivolse al cameriere il quale portava solo un perizoma rosso di pelle e un collare dello stesso colore, chiedendogli di una certa Domina Alexa, il cameriere rispose che non era ancora arrivata.

Yvana allora senza degnarlo di ulteriore attenzione si diresse verso un tavolino dove si accomodò, e ordinò a Patrizia di inginocchiarsi accanto a  lei ai suoi piedi, Patrizia aveva inizialmente sperato di potersi sedere al suo fianco, ma rassegnata obbedì.

Patrizia sentì una certa eccitazione nel trovarsi in un locale comunque pubblico visto che c’erano altre persone anche se sicuramente si trattava di un club, ai piedi della sua padrona, colei che lei stessa aveva scelto, il suo desiderio era stato esaudito, anche se non sapeva quale evoluzione avrebbe avuto.

Era desiderosa e timorosa allo stesso tempo di scoprirlo, ora l’incertezza la stava cogliendo nel suo animo, aveva un desiderio sessuale da soddisfare attraverso la

Sottomissione, ma questo desiderio di soffrire per raggiungere il piacere le faceva paura.

Era lì ai piedi di Yvana, la sua cameriera, stipendiata da lei, e si diceva che era veramente una situazione strana, la dolce e bella Yvana, una ragazza così per bene anzi aveva pensato che era troppo pura e invece si stava dimostrando all’altezza di dominarla, ed in brevissimo tempo aveva scoperto luoghi e conosciuto un locale per portarci la sua sottomessa.

Questo impegno faceva ben sperare a Patrizia che Yvana l’avrebbe tenuta come schiava esaudendo il suo desiderio di sottomissione, anche se aveva detto che era in prova.

Sentì alle sue spalle una presenza e una voce metallica di donna, che salutava Yvana, chiamandola mia cara, e poi la sentì dire “allora questa è la tua schiava?”

“si, questa è Patrizia, la mia schiava” rispose Yvana alla donna, Patrizia non osava muoversi sentiva come di un pericolo incombente su di lei.

La donna che era la Domina Alexa, come le si rivolse Yvana, aveva al guinzaglio un giovane uomo carino e nudo con solo una cintura intorno ai fianchi, era in ginocchio ai piedi della sua padrona, e Patrizia lo vide con la coda dell’occhio.

Era bello efebico, non aveva peli liscio, con un bel viso, dai lineamenti delicati quasi femminili resi ancora più gentili dai capelli lunghi castano chiari.

Domina ALexa si accomodò a fianco di Yvana, subito un cameriere si presentò per prendere l’ordinazione il quale si inchinò e chiese cosa desiderassero chiamandole mie Padrone.

Ordinarono da bere e l’uomo si allontanò, tutti i camerieri o le cameriere del locale erano selezionati e avevano accettato quel ruolo, di sottomesso rispetto nei confronti delle padrone o padroni, mentre erano indifferenti o apertamente ostili verso gli altri schiavi.

Spesso il personale del locale collaborava anche per sottomettere e punire degli schiavi su invito dei clienti padroni, stava spiegando tutto ciò a Yvana la Domina ALexa.

Poi disse:”vedrai questa sera, ci sarà una seduta di punizione di una schiava che non è stata molto ubbidiente in questa settimana, e il suo padrone mi ha chiesto di occuparmene personalmente”.

Yvana annuiva mentre ascoltava Alexa, poi le chiese se viene spesso interpellata per punire gli schiavi di altri.

Alexa disse che spesso un padrone o padrona inesperti hanno bisogno di infliggere una punizione esemplare allo schiavo a schiava e si avvalgono della collaborazione di Padroni esperti per non rovinare o ferire gli schiavi, non è una cosa facile usare la frusta e dosare i colpi, capire quando uno schiavo può sopportare un colpo e quando no.

“se usare la frusta fosse facile, allora tutti lo potrebbero fare senza bisogno di insegnamenti, ho visto padroni inesperti rovinare delle schiave sfregiandole a vita è una cosa inaccettabile se fatta per errore, se invece uno vuole lasciare un marchio definitivo è un ‘altra cosa, ma le cose fatte per rabbia o per errore o per stupidità e inesperienza rovinano i rapporti tra gli schiavi e i padroni, il sadomaso è un gioco sessuale, non ha lo scopo di uccidere o ferire le persone, io ho marchiato il mio schiavo, ma lui era consenziente di essere marchiato a vita”.

Strattonò il guinzaglio facendo spostare lo schiavo che si voltò porgendo le terga alla padrona, in quella posizione anche Patrizia poteva vedere le natiche dello schiavo, aveva un culo delicato ben rotondo quasi femmineo, e alla base della schiena proprio sopra a dove inizia il solco aveva un marchio fatto certamente con il ferro rovente, non si vedeva il logo , ma era il marchio della sua padrona. Alexa lo fece notare a Yvana la quale lo toccò passandoci sopra i polpastrelli accarezzando il segno e seguendone la traccia.

Poi si rivolse a Patrizia e le sussurrò all’orecchio “hai visto che sottomissione esemplare? Ti voglio così, adesso spogliati completamente”.

Patrizia malgrado la vergogna sentiva che era ciò che aveva desiderato, e iniziò a togliersi la corta gonna sotto la quale non portava nulla, e poi la camicetta restando in ginocchio davanti alla padrona che si era scelta liberamente. Una abbietta eccitazione si impossessò di lei, al momento in cui si ritrovò nuda, per quanto provasse vergogna e paura, si sentiva eccitata e questo la faceva vergognare ancora di più, perché non aveva alibi, era lei che era perversa e non la sua padrona, che stava solo facendo quello che lei si aspettava esaudendo i suoi desideri perversi.

Come era lontano il tempo in cui faceva l’amore con suo marito, e  lei arrivata vergine al matrimonio non osava nemmeno farsi vedere nuda da lui.

Attualmente era nuda in un locale sado-maso, divenuta la schiava della sua cameriera, si era tutto cominciato con Pamela, che l’aveva sottomessa ricattandola con le foto di un momento di debolezza, ma a lei era piaciuto tutto questo.

Adesso sapeva che era caduta nell’abisso della sua stessa perversione, lei per anni era stata una sposa e una madre, però davanti al piacere perverso e lubrico aveva perso la sua dignità ed era disposta a scendere  ancora più in basso fino a divenire un semplice oggetto di piacere.

Era assorta nei suoi pensieri e perciò non aveva sentito le parole di Yvana per questo le arrivò un ceffone che le fece perdere l’equilibrio. “Allora fai la bella addormentata? Sveglia schiava, vai a prendere da bere al banco”.

Patrizia arrossì, restare lì in ginocchio davanti a Yvana la faceva sentire protetta, ma doversi alzare muoversi camminare nuda attraversare la sala e andare a prendere da bere, questo era uno sforzo che non era certa di riuscire a fare, le gambe non rispondevano, Yvana le prese un capezzolo e lo strinse forte tra le sue dita, un gemito di dolore usci dalla bocca di Patrizia e delle lacrime le scesero lungo le gote rosse per la vergogna, doveva alzarsi e tirata per il capezzolo seguì il movimento della mano della sua padrona, alzandosi.     

Yvana si era alzata con lei, e fattala girare verso la sala si appoggiò alla sua schiena e le sussurrò all’orecchio “ vai bella mia, fammi vedere come obbedisci o ti appenderò al centro della sala e ti faccio frustare da un estraneo” e le diede una pacca sul culo per farla muovere.

Patrizia come una sonnambula, conscia della sua vergognosa nudità, avanzò in direzione del banco per andare a prendere da bere per al sua padrona.

Benché ci fossero altri schiavi e schiave nudi, aveva l’impressione che tutti guardassero lei.

Arrivò al bancone dove un cameriere la fissava rendendosi conto che per lei era la prima volta che si trovava in una situazione simile, le sorrise e le chiese cosa voleva, lei disse che doveva prendere da bere per il tavolo 28, per fortuna si ricordava il numero e le ordinazioni.

Una coppa di champagne per la Domina e un alexander per la sua padrona Yvana, appena pronto il cameriere le mise le due coppe su un vassoio e Patrizia ritornò verso il tavolo, dove si inchinò per servire le due donne, lo schiavo della domina era sempre in ginocchio ai piedi della sua padrona e pareva beato, da dietro così anche Patrizia poté vedere il marchio che aveva affascinato Yvana, uno schiavo marchiato come deve sentirsi un essere non più libero, il segno indelebile di proprietà, si rendeva perfettamente conto di come Yvana fosse rimasta affascinata dalla cosa ma quella sensazione che sentiva allo stomaco non riusciva a capire se si trattava di desiderio o di paura, era indefinibile.

Ad ogni modo s’inginocchiò anche lei ai piedi di Yvana, oramai le due padrone parlavano tra di loro ignorando totalmente gli schiavi né più né meno che se fossero stati oggetti.

Questa era una strana sensazione, esistere solo se la padrona lo vuole, essere un oggetto di cui la padrona può disporre o meno a seconda del suo capriccio, abbandonarsi totalmente al suo servizio, non essere nulla se non quello che vuole la sua padrona questi pensieri si accavallavano nella mente di Patrizia.

Però smise di pensare, si rese conto che pensare la distraeva, e non voleva farsi cogliere in fallo ancora una volta.

S’inginocchiò ai piedi di Yvana, con una sensazione di tranquillità perché lo stare in ginocchio davanti a quella che lei stessa aveva scelto come padrona, e non vedere ciò che la circondava, le permetteva di estraniarsi con la mente, si rendeva conto dei movimenti e degli sguardi che le venivano dati, per valutarla, ma come gli struzzi teneva la testa bassa e gli occhi puntati sulle scarpe di Yvana.

Yvana aveva appreso in pochissimo tempo come dominare, e aveva provato un gusto e un piacere intenso nel possedere la sua datrice di lavoro.

Patrizia era bella, sensuale, e poterne disporre a suo piacimento era sconvolgente, non avrebbe mai pensato di essere sadica, ma in lei c’era questa vena e visto che l’aveva scoperta adesso avendone l’opportunità ne avrebbe approfittato.

Fece girare Patrizia in modo che assistesse alla punizione di una schiava, era una ragazza piuttosto carina, bionda con un bel fisico asciutto, venne portata al centro della pedana e legata a delle funi che pendevano dal soffitto.

IL suo padrone le si avvicinò e le parlò all’orecchio, poi la baciò sulla bocca, un bacio lungo e voluttuoso, dopodiché si accomodò su un divanetto posto davanti alla sua bella.

Una donna piuttosto formosa si avvicinò, era vestita in modo assai normale visto il resto delle persone che frequentavano il locale, indossava un vestito molto semplice, e ampio con una cintura in vita, aveva scarpe di cuoio ma con i tacchi bassi, d’altronde era alta di statura. Aveva in mano una lunga frusta si posizionò dietro alla schiava e annunciò che le avrebbe inferto cinquanta colpi.

La schiava sentendola iniziò a tremare, per fortuna che le avevano legato anche le caviglie, altrimenti non sarebbe riuscita a restare in posizione.

La domina le si avvicinò e le accarezzò il corpo con la frusta, facendogliela sentire, e la giovane tremava vistosamente.

L’attesa della punizione era anche di per sé un supplizio. Poi postasi a distanza srotolò la frusta che era alquanto lunga, e la colpì sulla schiena con uno schioccò che rimbombò nel silenzio della sala, tutti gli astanti pareva avessero trattenuto il respiro per quel primo colpo, un segno rosso apparve in diagonale sulla bella schiena della fanciulla ed un urlo le sfuggi dalle labbra.

La punizione proseguì fino al cinquantesimo colpo, e almeno due volte venne sospesa per controllare la giovane che pareva in alcuni momenti priva di sensi.

Patrizia si rendeva conto che quella era una punizione severa, alla quale temeva non avrebbe potuto resistere, era scioccata da ciò che aveva visto, e Yvana di sicuro sapeva che effetto le avrebbe fatto assistere allo spettacolo, piegatasi sulla sua protetta le sussurrò all’orecchio che prima o poi l’avrebbe fatta punire pubblicamente per provare la sua sottomissione e dedizione, ma prima desiderava ancora prepararla per quella prova in privato.

Patrizia tremò a quelle parole della sua padrona, sapeva che le aveva dato lei stessa l’autorità di disporre del suo corpo a suo piacere ma lo spettacolo che aveva visto l’aveva terrorizzata.

Quella sera fini così senza colpi de scena rientrarono alla loro casa, dove Patrizia oramai non era più padrona di nulla e le fu ordinato di andare a coricarsi.

Fu una notte lunga e con un sonno agitato da incubi.

 

 

 

Al mattino come era stato disposto da Yvana, Patrizia benché ancora assonnata si alzò, preparò la colazione e indossò calze e reggicalze neri, una crestina bianca e grembiulino, così vestita, anzi svestita avrebbe dovuto portare la colazione alla sua padrona.

Aprì la porta di quella che era stata la sua camera e adesso era divenuta la stanza da letto della sua padrona, poggiò il vassoio sul comò, andò ad aprire le finestre, vide Yvana stirarsi come una gatta nel letto, le si avvicinò scostò le lenzuola e iniziò a leccarle le dita dei piedi, uno a uno, poi passò alla pianta del primo piede, fatto questo pediluvio con il sinistro, passò al destro.

Questo suo servilismo, la metteva in agitazione, si eccitava a umiliarsi così, questa giovane fanciulla che era stata la sua cameriera e anche un po’ la sua amica, era divenuta la sua padrona nei suoi sogni, e poi anche nella realtà, si odiava per essere fatta così, era schiava dei suoi sensi, eppure non poteva farne a meno, anche adesso che si umiliava a svolgere questo compito si eccitava, avrebbe desiderato toccarsi e godere, ma non ne aveva il permesso, le era stato proibito di auto-gratificarsi, e questo faceva aumentare la sua frustrazione.

Yvana si destò del tutto sotto il tocco della lingua servizievole della sua schiava, la allontanò con un colpetto del piede e si sollevò sistemandosi i cuscini dietro la schiena, poi rivoltasi a Patrizia le ordinò di servirle la colazione.

Patrizia sollecita prese il vassoio e lo depose sulle ginocchia della sua padrona, inginocchiandosi accanto al letto in attesa di ordini.

Appena ebbe finito di mangiare le tartine imburrate e spalmate di marmellata, e di bere il caffè, Yvana ordinò a Patrizia di riprendere il Vassoio e di appoggiarlo da parte.

Yvana si alzò, era nuda e per la prima volta Patrizia poté ammirarla nella sua totale nudità. Era proprio una bella ragazza, e a vent’anni si è in perfetta forma, provò il desiderio di baciarla, e spontaneamente le baciò un piede, poi risalì lungo la coscia, infine appoggiò la bocca al vello di peli che coprivano il pube della padrona, era un boschetto folto ma ben delimitato perfetto non avrebbe avuto bisogno di essere nemmeno toccato come altre che sono costrette a tagliarsi i peli che fuoriescono sulle cose e non possono indossare slippini ridotti senza curare la loro peluria.

Era una ragazza sana, Patrizia sentiva il profumo del suo sesso, e se ne trovava turbata, anzi inebriata, avrebbe desiderato leccarlo ma non osò.

Yvana la allontanò da se con una spinta, dicendole “ cagna, sei in calore, ma il piacere te lo dovrai guadagnare”.

Il tono di disprezzo che Yvana usò le fece male, e lacrime le colarono sulle gote, aveva solo desiderato qualcuno a cui dedicarsi, qualcuno da amare come schiava sottomessa, invece adesso che si era dimostrata schiava e pronta agli ordini della sua padrona, questa la respingeva con disprezzo.

Yvana la prese per i capelli la fece alzare e la costrinse a seguirla fino al bagno, entrarono nella vasca e attaccato all’apposito gancio il getto doccia, ordinò a Patrizia di lavarla.

Patrizia ingoiò i suoi singhiozzi e cercò di darsi da fare lavò con cura il corpo armonioso di Yvana.

Almeno questa operazione le permetteva di accarezzare il corpo della sua padrona e questo le dava piacere, poi appena Yvana decise che era abbastanza le disse di lavarsi e uscì dalla sala da bagno.

Patrizia si sbrigò a lavarsi, poi ritornò nuda in camera da letto, dove la sua padrona l’attendeva.

Yvana era vestita con una gonna nera semplice che le arrivava al ginocchio e una camicetta rosa, le porse un cuneo e le disse: “leccalo bene, quando sarà lubrificato te lo metterai nel culo, e ringraziamo del regalo che ti faccio”.

Patrizia: “Grazie padrona, sono grata che si preoccupi di farmi dei doni” e iniziò a leccare il cono, poi quando fu abbondantemente lucido di saliva cercò di infilarselo nell’ano, ma l’operazione le risultava difficile, al che Yvana perse la pazienza, e le ordinò di mettersi carponi, dopodiché impugnato il cono lo infilò senza troppa delicatezza nell’ano della sua schiava, la quale si era allargata le natiche e spingeva in fuori l’anello dell’ano per agevolare la penetrazione.

Appena fu ben tappata, Yvana le disse di non muoversi e di mantenere la posizione.

Pochi secondi dopo, Patrizia la vide dietro di lei guardando da sopra la spalla, aveva in mano un gatto a nove code. 

Yvana fece attendere un po’ la sua schiava in attesa, per gustare il suo imbarazzo e la sua paura, poi quando la vide che la tensione la stava per fare crollare iniziò a colpirla.

Le diede una decina di colpi, e istantaneamente i riflessi di Patrizia accolsero con sollievo la punizione, e lei si bagnò, esattamente come le accadeva con  Pamela, era eccitata e avrebbe potuto anche giungere all’orgasmo, con una frustata in più, ma Yvana si era accorta di quanto piaceva alla schiava essere punita, era una masochista totale, si fermò e le disse di andare a rinfrescarsi.

Patrizia obbediente andò rapidamente in bagno dove si mise a bagnarsi con l’acqua fredda per calmare i suoi sensi, e anche il bruciore alle natiche, pensando che doveva andare a lavorare.

Appena fu di ritorno nella camera della sua padrona, Yvana le fece trovare pronte una mini gonna rossa, e una camicetta bianco-rosa senza maniche, non proprio trasparente ma che contro luce avrebbe lasciato vedere le sue forme, le disse che avrebbe indossato quegli indumenti, per andata al lavoro, niente calze, e sandali con il tacco, anche i sandali erano rossi come la gonna.

Patrizia indossò gli indumenti che aveva stabilito la sua padrona, ma osò protestare dicendo che non era possibile che andasse a lavorare con degli abiti da teen ager, erano troppo succinti.

Yvana disse che per questa sua indocilità sarebbe stata punita quella sera stessa, adesso doveva andare a lavorare e poi anche lei aveva da fare, e non voleva sentire proteste. Patrizia abbassò la testa, si rendeva conto di non avere scelta, oramai il loro rapporto era regolato su una base di dominio e sottomissione, e lei come sottomessa non poteva ribellarsi, sospirò e uscì.

Durante il tragitto s’immaginava cosa avrebbe pensato Stefano il suo dipendente, e si sentiva piena di vergogna ad andare in negozio così vestita, ma questa sua vergogna le procurava una certa tensione al basso ventre che pareva eccitarla.

Si disse che era proprio una troia, e benché avesse trascorso otto anni di matrimonio andando all’altare vergine non c’era nulla da fare, la sua indole era proprio di essere troia.

Insultarsi da sola usando epiteti che fino ad un anno prima non avrebbe mai osato pensare a causa della morale cattolica che le era stata inculcata, adesso tutte queste parole la rendevano languida ed eccitata.

Quando arrivò al negozio ed entrò, lasciando Stefano senza parole, lei lo salutò gioiosamente, e passò diritta andando a chiudersi nel suo ufficio.

Non ce la faceva più tutto questo e la faccia di Stefano che aveva strabuzzato gli occhi vedendola, era stato troppo per lei stava per avere un orgasmo, inoltre il dildo che le teneva tappato il culo le dava fastidio ma contemporaneamente aveva accentuato il suo livello di eccitazione.

Si decise ad entrare nel piccolo bagno e mettersi seduta sulla tazza, si abbassò le mutandine e s’infilò le dita nella fica fradicia di umori, e si masturbò, accarezzando lentamente le grandi labbra per poi passare a infilare nuovamente le dita dentro il suo orifizio, poi si sfilò un po’ il cono per spingerlo violentemente nel suo retto, e con le dita mentre si masturbava davanti andando a stuzzicare la clitoride, pensava a Stefano che se fosse entrato e l’avesse vista così magari l’avrebbe violentata, tutto ciò la faceva fremere di piacere.

Aprì la porta del bagno interrompendosi e chiamò Stefano ad alta voce, quando lui aprì la porta dell’ufficio vide la titolare con le mutandine a mezza coscia e la gonna rialzata sul ventre, con una mano che copriva parzialmente il vello pubico, ma non per nasconderlo ma per tenere stuzzicato il suo piacere, e disse: “Stefano, lei mi trova una donna desiderabile?”. Stefano strabuzzo gli occhi ingoiò saliva e si vide che arrossiva eccitato dalla vista di quella stupenda femmina, e con fatica riuscì a dire solo: “Sssiii”.

“allora chiudi la porta del negozio ti prego e fammi qualcosa non ce la faccio più ho bisogno di fare l’amore”.

Stefano non se lo fece ripetere, si precipitò a chiudere la porta del negozio, e ritornò nell’ufficio della titolare che era sempre in piedi ma appoggiata alla scrivania, con la camicetta completamente sbottonata adesso e la gonna era per terra assieme alle mutandine.

Stefano le si avvicinò e iniziò a palparla senza delicatezza, le impastava le tette le stuzzicava i capezzoli con i polpastrelli, strizzandoglieli, le infilò le dita nel solco bagnato della fica, e un sospiro di voluttà uscì dalle labbra di Patrizia, che si attaccò al maschio abbracciandolo e baciandolo.

Stefano non poteva credere che una cosa simile gli capitasse, una donna bella e di classe come Patrizia che gli si concedeva, si slacciò i calzoni e la penetrò così in piedi come era.

Fece un po’ fatica, ma lui non era molto esperto, anche se si stupì di come era stretta, lei gli disse: “tesoro lo senti come sono bagnata? Lo sono per te, sai che mi piaci tantissimo, fottimi per bene, caro”.

E Stefano la prese per le natiche in modo da sollevarla, e infilarla meglio, e poi esplorò il solco delle natiche di lei che trovò occupato. Si stupì, e lei rendendosi conto che aveva scoperto che era tappata da quella parte, gli disse: “sì vedrai poi ti faccio vedere cosa ho nel culo, un cono, ed è così eccitante che non te lo immagini”, tutto questo era troppo per Stefano e venne inondando la fica di Patrizia la quale eccitata com’era, sentendolo godere venne anche lei, godendo e delirando iniziò a dire quanto era troia e quanto stesse godendo.

Stefano non ci credeva di avere scopato la sua datrice di lavoro, era esausto e stava su di lei che era distesa sulla scrivania, la quale alla fine gli chiese di sollevarsi, che desiderava andare al bagno, nel sollevarsi, il pene oramai semi afflosciato del ragazzo uscì provocando un rumore osceno a causa dell’aria che era entrata nella vagina.

Insieme entrarono nel bagno, e Patrizia si mise a cavalcioni sul bidè, dovette rinfrescarsi bene la passera, poi mentre si rialzava, Stefano la fece girare, e le aprì le natiche, lei cercò di respingerlo, ma lui la tenne ferma, con una mano sulla schiena costringendola a piegarsi, l’indole sottomessa di Patrizia la fece arrendere all’atteggiamento del ragazzo che aveva notato i segni della frusta sulle natiche, e volle sapere chi e com’era accaduto, quando Patrizia cercò di respingerlo lui la percosse con la mano aperta sulle natiche, intuendo che era una masochista, benché lui fosse un giovane con poche esperienze sessuali.

Le estrasse dal culo il cono che vi era infilato, e ammirò la rondella che rimase aperta, era uno spettacolo che non avrebbe nemmeno mai immaginato di vedere.

Nel frattempo si era eccitato e infilò Patrizia proprio da quella parte, entrando come nel burro. Lei però avrebbe voluto smettere conscia che stava disobbedendo alla sua padrona, di non godere e aveva goduto, adesso si stava facendo inculare dal suo assistente, e si sentì morire per non essere riuscita a resistere alla tentazione.

Però mentre lui la pompava con foga nel suo retto indolenzito dal prolungato periodo trascorso con il cono un certo piacere rifece la sua comparsa, era lì inculata appoggiata alla tazza del cesso, come una troia da marciapiede.

Il solo pensiero la fece godere, e sentì che godeva dal culo, come non le era mai accaduto.

Era una situazione che in altre circostanze l’avrebbe fatta morire di vergogna, ma in quel momento solo il piacere contava per lei, e soprattutto per il fatto che essendo già venuto precedentemente Stefano sembrava avere intenzione di durare, sentiva che ne avrebbe ricavato un piacere che quel mattino uscendo di casa nemmeno immaginava la sistuazione si stava evolvendo. Nulla di quello che le aveva ordinato Yvana al mattino era presente nella sua mente in quel preciso momento, la sua mente elaborava solo il godimento che provava.

Stefano pareva un toro imbestialito o una locomotiva, la pompava con energia, e pareva un tempo interminabile che le stava scanalando le viscere.

Fino a quando anche lui fu travolto dal piacere e lei sentì che stava accelerando sentiva che pulsava dentro di lei e lui glielo annunciò con le parole dicendole che stava per farle un clistere, e anche Patrizia stimolata da tutto ciò raggiunse un altro bruciante orgasmo.

Poi lui si accasciò sulla sua schiena era grondante di sudore e sfinito, erano nel bagno da oltre mezz’ora e appena il pene di Stefano si ridusse e lo sfilò dallo sfintere di Patrizia lei si sentì come vuota, orfana del suo ospite, sentiva che le colava il seme fuori sulle cosce, si svicolò dal peso di Stefano costringendolo a rialzarsi e si sedette sulla tazza del cesso per lasciarsi svuotare. Lui si mise cavalcione del bidè e si diede una sciacquata al pene oramai moscio.

Poi si sciacquò il volto e il torace si asciugò e rivoltosi a Patrizia le disse: “veramente è stato tremendamente piacevole per me, sei stupenda, e d’ora in avanti ci divertiremo assieme”.

Patrizia arrossì e non osò rispondere, adesso benché sfinita si rendeva conto che aveva disobbedito a Yvana, e se questa lo avesse scoperto? Sentì un brivido di paura che la percorreva, non avrebbe dovuto provocare Stefano ne concedersi in quel modo, come poteva rimediare, si stava chiedendo ma al momento non sapeva come comportarsi, si lavò e rimise dopo averlo unto bene il cono che le tappava lo sfintere per non fare altre disobbedienze.

Ritornò in ufficio, prese i documenti con i quali avrebbe dovuto andare in banca a fare dei bonifici di pagamento, prima delle vacanze doveva sistemare tutte queste cose.

Ci mise più di un’ora ad arrivare alla banca causa traffico e difficoltà di parcheggio, un’altra ora dentro per fare la fila, e poi riuscì a ritornare era oramai mezzogiorno passato, doveva ancora preparare l’inventario con Stefano e alle quattro essere a casa, quel giorno non sarebbe riuscita a finire e forse per fare il più lavoro possibile dovrebbe saltare il pranzo.

Entrò in negozio e Stefano la accolse con un sorriso che la diceva lunga, aveva lo sguardo ancora arrapato, si chiese se sarebbero riusciti a lavorare, ora che gli si era concessa non sapeva come respingerlo, soprattutto perché era piaciuto anche a lei.

In ogni modo avevano pochi giorni prima della chiusura estiva e dovevano finire l’inventario.

Decise che era meglio per lei telefonare per avvisare Yvana dei suoi impegni di lavoro e che sarebbe rientrata più tardi di quanto previsto.

Il telefono suonava dopo il terzo squillo sentì la voce di Yvana risponderle era la prima volta da quando avevano questa relazione che lei gli telefonava a casa e si sentiva estremamente imbarazzata, quando si dovette presentare:

“Sono io Patrizia, volevo avvisarla che non ce la faccio a rientrare per il pomeriggio arriverò questa sera verso le 20,00 perché  sono in ritardo con l’inventario”.

“ Va bene, però è chiaro che dopo sarai punita per questo, e d’ora in poi non dire io Patrizia, dirai sempre la sua cagna, hai capito cagna?”.

“Si Padrona” rispose in un sussurro Patrizia arrossendo benché nessuno la potesse vedere.

Yvana mise giù il ricevitore senza attendere altro, e Patrizia rimase per alcuni attimi in silenzio con la cornetta in mano come inebetita.

Si mise al lavoro anche per non pensare a niente e men che meno alla punizione che le sarebbe stata inflitta quella sera, cosciente che sarebbe stato anche peggio se Yvana avesse scoperto che si era fatta sbattere da Stefano.

S’immerse nel suo elenco per controllare le fatture emesse, quelle pagate registrarle e per vedere se le rimanenze di magazzino corrispondevano, verso sera Stefano le chiese se voleva una mano, stava per chiudere e quindi si sarebbe fermato ad aiutarla volentieri.

Patrizia non osò rispondere temeva quello che poteva accadere se si fermava il suo dipendente, oramai quello aveva ancora voglia di lei.

Però si strinse nella spalle, e Stefano prese il suo atteggiamento come un assenso, andò a chiudere la porta dell’ingresso abbassò la serranda anche se mancavano cinque minuti all’orario abituale di chiusura, e ritornò in ufficio passando dal retro.

Lì si impegnò a dettare l’elenco delle rimanenze e così procedettero molto più veloci oramai i controlli erano quasi finiti e Stufano disse: “non trovi che abbiamo già fatto parecchio, del lavoro oramai ci resta poco e potremmo finire domani, magari adesso che ne dici se andassimo a bere qualcosa insieme, ti va?”

Patrizia rispose che non poteva già sarebbe arrivata tardi a casa e non voleva fare inquietare Yvana.

Stefano sorrise, e ribatté con tono ironico “ la tua padrona si arrabbierà e ti scalderà le natiche se arrivi in ritardo”.

Il tono usato da Stufano ferì Patrizia che arrossì e con le lacrime agli occhi gli rispose sforzandosi che era uno stronzo.

Stefano si mise a ridere e le disse: “avanti troia, adesso fammi un pompino e poi ti lascio andare a casa dalla tua padrona, altrimenti le telefono e le dico di raggiungerci”.

Patrizia si sentì morire per le parole che le aveva rivolto ma capì che doveva cedere al ricatto ed era colpa sua, aveva sperato di trovare un po’ di comprensione in Stufano otre alla possibilità di soddisfare il suo desiderio represso ma rischiava di restare sfruttata da questa situazione, sconfitta con le gote in fiamme s’inginocchiò davanti a lui che la osservava con un sguardo di trionfo, assistendo alla sua sottomissione e lei sentì mentre gli apriva la patta dei pantaloni che cominciava a provare la solita sensazione di piacere in fondo al basso ventre per quello che era costretta a fare.

Aperta la patta e abbassate le mutande che gli comprimevano il fallo in erezione, il quale saltò fuori come una molla, Patrizia lo leccò dalla punta alla radice prima di prenderlo in bocca e di cominciare a pompare con maestria.

Stefano godeva di vedere quella bella donna considerata da lui inaccessibile inizialmente, così schiava dei suoi sensi da essersi messa nelle sue mani e voleva trarre il massimo vantaggio da quella situazione.

Lei comunque era così abile e il ragazzo così eccitato da quella situazione che malgrado avesse desiderato restare li a godersi il pompino indefinitamente dopo una quindicina di minuti non resse più all’abilità della pompinara ed eiaculò nella sua bocca, anche Patrizia godette stuzzicandosi il clitoride mentre ingoiava la cascata di sperma che il suo bel dipendente le riversava in gola.

Poi si alzò e disse: “adesso devo proprio andare ti prego”.

E lui le permise di andarsene dicendole che avrebbe chiuso lui l’ufficio.

Rimasto solo, volle giocare una partita rischiosa ma preferiva perdere tutto piuttosto che rinunciare a per mancanza di coraggio a quella situazione così piacevole per lui, estrasse dalla giacca da commesso un registratore tascabile e ascoltò parte delle cose sapute dalla signora compresa la sua sottomissione e la sua voglia di godere essendo umiliata, e fece una telefonata a Yvana.

 

 

 

Patrizia rientrò a casa, ed era terrorizzata perché pensava che Yvana l’avrebbe punita severamente, aveva goduto e si era concessa senza il suo permesso più schiava della sua libidine più che della sua padrona.

Per questo si aspettava di essere ricevuta in malo modo, invece trovò Yvana tranquillamente seduta sul divano, che guardava la televisione, e le disse solo che la cena era pronta in forno doveva solo mettersi a tavola.

Patrizia sorpresa dall’atteggiamento tranquillo di Yvana osò chiederle se aveva già cenato, e se voleva che le servisse qualcosa.

Yvana rispose che era a posto così, poi aggiunse che appena aveva finito di cenare di prepararle il bagno aveva voglia di farsi un bel bagno.

Patrizia era rassicurata non aveva fatto nessun cenno a telefonate quindi pensò che Stefano non le aveva fatto la carognata di informare Yvana della sua giornata.

Cenò con una bella insalata e del formaggio francese che comperava in un negozio al quale era affezionata solo lì si poteva trovare tutti i tipi di formaggi.

Le rammentava il suo periodo in cui si era recata in Francia da studentessa desiderosa di imparare la lingua, e affascinata dalla pubblicità di questo formaggio lo aveva comperato e le era piaciuto da morire cremoso con quel gusto di erbe era delizioso.

Terminato che ebbe andò in bagno e cominciò a preparare la vasca per la sua padrona, poi venne a informarla che il bagno della signora era pronto.

Yvana si alzò e le disse: “vieni mi laverai” e Patrizia la seguì era la prima volta che avrebbe svolto questa funzione la quale le avrebbe permesso un contatto con il corpo della sua padrona, non aveva capito perché ancora non le aveva concesso di soddisfarla e lei lo desiderava.

Arrivati nella stanza da bagno le ordinò di spogliarsi, che altrimenti si sarebbe bagnata perché per lavarla avrebbe dovuto entrare nella vasca con lei.

Yvana si spogliò anche lei senza nessun imbarazzo, tranquilla come se fosse un’antica matrona romana davanti ad una schiava che non contava nulla.

Patrizia era stata veloce a denudarsi non avendo biancheria intima, appena nuda guardava adesso avidamente da vicino il corpo interamente nudo della padrona ed era veramente una ragazza splendida.

Quando Yvana le parlò fu per ordinarle di girarsi e di chinarsi in avanti per aprirsi le natiche, le toccò la parte di dildo che era fermo intorno alla rondella dell’ano, e le chiese se era contenta che le stava aprendo il culo.

Patrizia oramai sapeva come rispondere, e disse subito “Sì padrona le sono molto grata”.

“Brava, quando sarai ben abituata ti farò montare da qualcuno a cui piace molto entrare dall’entrata posteriore”.

Le estrasse lentamente il cono usato per tenerle tappato il culo, e poi rimase a contemplare l’ano oscenamente spalancato di Patrizia, come se ammirasse un capolavoro, il suo capolavoro, infatti l’ano era rimasto aperto, e ci mise un po’ a riprendere una forma normale.

Patrizia durante quel tempo era rimasta leggermente piegata e offerta tenendosi da sola le natiche aperte, sentiva la vergogna di doversi esporre in quel modo che le bruciava le vampate di calore la invadevano incendiandole le guance, quella esibizione era molto oscena e serviva ad avvilirla, ma non osava disobbedire a Yvana conscia anche della sua stessa abiezione e della sua depravazione perché a ogni umiliazione che le veniva imposta lei sentiva uno strano piacere diffondersi nel suo ventre.

Yvana la fece raddrizzare con una leggera pacca sulla natica, e Patrizia fu sollevata di potersi mettere in una posizione più comoda.

Poi entrarono entrambe nella vasca da bagno e Patrizia iniziò amorevolmente a lavare Yvana con un spugna sulla quale aveva messo del bagno schiuma per il corpo carezzava delicatamente con la spugna tutto il corpo di Yvana.

Avrebbe desiderato provare a sentirne la compattezza e la delicatezza della pelle con le mani e andare a sentire la sua intimità, ma non osava farlo senza ordini.

Lavò accuratamente il corpo di Yvana sentendola fremere, perché aveva un tocco leggero ed era piacevole per entrambe quello strano gioco di seduzione tra la padrona e la schiava.

Alla fine Yvana mise fine a quella tentazione e le ordinò di sciacquarla. Patrizia aprì il getto della doccia e preso in mano il getto sciacquò accuratamente il corpo della sua padrona come spogliandolo dalla schiuma, il quale apparve lucido dello strato di acqua che pareva farlo risplendere ancora di più.

Yvana le disse di sciacquarsi anche lei cosa che Patrizia fece ma con molta più celerità, poi uscirono dal bagno e si avvolsero in morbidi teli da bagno profumati.

Patrizia si asciugò e fece cadere a terra l’asciugamano rimanendo nuda come Venere, e si dedicò ad asciugare la sua padrona.

Andarono in camera da letto dove Yvana si sedette e si fece asciugare i capelli e anche spazzolare poi appena fu pronta permise a Patrizia di asciugare i propri capelli, e appena ebbe finito l’invitò sul grande letto dove lei si era già stesa.

Patrizia non osava credere che la voleva a letto con lei ma senza indugio si affrettò a raggiungerla, mettendosi in ginocchio sul letto vicino ai piedi della sua padrona, nella speranza di udirla ordinarle di amarla.

Lo desiderava veramente era il sogno che aveva fatto venerare quella ragazza così bella e forte in grado di dominarla, lei che era la sua ex-datrice di lavoro sottomessa alla sua ex cameriera. Questa inversione dei ruoli era piuttosto eccitante.

Yvana le ordinò di baciarla e leccarla iniziando dai piedi e risalendo lentamente, cosa che Patrizia iniziò con dolcezza e passione, iniziò a leccarle i piedi dito per dito, poi passò alla pianta, passò all’altro, ed infine seguì la caviglia fino al ginocchio dell’una poi dell’altra.

Per Yvana era molto piacevole venire adorata in quel modo, sentiva il piacere che ne ricavava nel disporre di un’altra persona, possederla e farsi adorare come una dea, era inebriante e questo le dava una sensazione di potere tale che la sua eccitazione crebbe tanto che provava piacere anche se ancora Patrizia era lontana dal centro del suo paradiso, era bagnata e lo sentiva, ed era un fatto più cerebrale che fisico, non voleva più rinunciare a quel tipo di piacere tornare indietro per lei come per Patrizia era impensabile.

Si abbandonò a tutte quelle sensazioni, fino a quando Patrizia arrivò all’interno delle sue cosce, lì vicino al suo nido d’amore, sentiva il fiato caldo della sua schiava che lambiva la sua micina.

Era lì vicina e le disse: “adesso schiava adesso leccami bene sulla fica”, e Patrizia si tuffò obbediente e devota a rendere omaggio alla sua padrona, il suo profumo di donna eccitata la stava invadendo arrivandole al cervello ed eccitandola e si mise a leccare appiattendo la lingua lungo la fessura dal basso verso l’alto stirandole quasi le labbra della sua passera, poi arrivò al clitoride che si era drizzato lo fece uscire dalla sua guaina e lo succhio con avidità, facendo inarcare Yvana, la quale sentì delle scariche che le arrivavano al cervello dall’enorme piacere che stava provando con la lingua incredibilmente abile e dalla devozione che percepiva in Patrizia la quale ci metteva un ardore inaspettato nel servire la  sua padrona.

La portò così con la sua voglia di compiacerla al culmine dell’orgasmo e solo per questo, la sua mente fu gratificata nel soddisfare la persona che aveva scelto per padrona.

Aveva provato un’ orgasmo che la lasciò sfinita e ansante, Yvana faceva fatica a riprendersi, guardò Patrizia in ginocchio che la osservava compiaciuta di averla fatta godere, con uno sguardo da cerbiatta innamorata.

La prese per un polso e la fece stendere accanto a lei sentendo il calore della sua pelle che era a contatto con lei, e le infilò una mano prepotente trra le gambe, e sentendo che la schiava era bagnata le disse: “accidenti, puttanella, ti sei eccitata nel far godere la tua padrona, allora cosa provi per me?”.

“Sì, sono eccitata, perché Vi amo, adesso ne sono certa, e vedervi godere e provare piacere mi eccita. Oh, Yvana  mi piaci tanto sai”.

Le aveva dato del tu sperava che anche lei provasse qualcosa per lei, e si aspettava un po’ di comprensione o almeno sperava in questo.

Yvana la guardò con attenzione fissandola negli occhi fino a quando Patrizia li abbassò, per non sembrarle sfrontata, i loro ruoli erano ben definiti e non voleva certo fare arrabbiare Yvana.

“Allora mi ami?”,  “Sì, te lo giuro ti adoro , e ti venero, sei la padrona del mio corpo e della mia anima, io ti appartengo totalmente e con amore”.

“Mi ami, ma mi hai fatto le corna oggi, come lo giustifichi?”.

Patrizia rimase senza fiato e arrossì violentemente, adesso sapeva cosa aveva fatto, e non poteva negarlo, si mise a piangere, cercò di baciare la sua padrona, ma l’altra inflessibile voleva una risposta spostò la testa di lato e le disse: “piccola cagna, mi hai tradito, voglio che mi rispondi, perché lo hai fatto?”

Con le lacrime che le colavano sulle gote rosse di vergogna, Patrizia cercò le parole e alla fine non trovando nulla per giustificare il suo tradimento mettendosi a piangere più forte a causa della frustrazione che provava, non sapeva come rispondere inizio a dire tra i singhiozzi che le dispiaceva, era stata debole perché era eccitata dal mattino e non aveva resistito.

“Padrona mmh, padrona mmh la prego non sia arrabbiata con questa sua devota schiava che non ha saputo resistere ma che l’ama tanto, tanto mmh”

“ti punirò severamente per il tuo tradimento sia chiaro, e da oggi in poi per rivolgerti a me devi dire, la sua cagna, parlando di te, hai capito bene?”.

“Si padrona la sua cagna ha capito bene! Grazie padrona”.

 Poi le legò le mani sulla testiera del letto, e le spiegò che era per evitare che si toccasse, e le permise di dormire con lei e questo fu per Patrizia un premio che ne pianse di felicità.

L’indomani al mattino appena fu ora di alzarsi Yvana slegò Patrizia e la spedì a farsi la toeletta e poi a preparare la colazione, ordini ai quali Patrizia si affrettò ad eseguire per fare vedere quanto fosse devota e sottomessa desiderosa solo di compiacerla in ogni momento.

Yvana si era lavata fintanto che la sua schiava le preparava la colazione, poi appena sentì che entrava in camera uscì dal bagno nuda con la pelle fresca e umida dalla veloce doccia che aveva appena fatto.

Patrizia l’ammirava con un fondo di piacere, perché anche solo vederla nella sua nudità le dava le vertigini, posò il vassoio e attese che l’altra si sedette sul letto per metterle il vassoio in grembo aveva dei piedi in modo da non pesare sul corpo. Era fatto apposta per portare la colazione a letto.

Yvana dette un paio di colpetti sul materasso facendole segno di sedersi lì vicino a lei, cosa che Patrizia fu ben contenta di fare in attesa, e mentre Yvana imburrava un toast e lo spalmava di marmellata, rimase in silenziosa attesa.

Yvana mangiò una metà e porse l’altra metà a Patrizia che stava prendendola in mano ma, venne fermata dalla padrona che ritirò la mano, e le si rivolse così: “tesoruccio, vieni a prenderla con la tua boccuccia, a te piace essere trattata come una ragazzina, o come una cagnetta, su da brava” e Patrizia avvicinò il volto e prese dalle mani della sua padrona mezzo toast e lo divorò. Infatti aveva fame e aveva piacere di essere trattata in quel modo e presa come era dalla bellezza di Yvana avrebbe fatto di nuovo l’amore per come la trattava era proprio il loro rapporto di lei sottomessa che la eccitava sopra ogni cosa.

Finita la colazione, Yvana le disse che sarebbe andata con lei al lavoro quel giorno per essere certa che avrebbero ultimato l’inventario così ne approfittava per fare un paio di telefonate e organizzare le loro vacanze.

La fece vestire con un abitino corto senza maniche e con una scollatura normale, il solo fatto rilevante è che Patrizia sedendosi si trovava praticamente con le natiche mezze scoperte, solo stando in piedi e diritta non avrebbe fatto vedere nulla.

Purtroppo era di per se indecente andare in giro così, e lei si vergognava molto, quello era un vestitino da mettere al mare sopra il costume da bagno.

Arrivarono al negozio che Stefano era già al lavoro da un po’.

Non c’erano clienti a quell’ora, e Yvana diede una sculacciata forte su una natica di Patrizia, dicendole “e sbrigati a fare quell’inventario troia! Vai, su”

Patrizia arrossì violentemente di essere trattata così davanti al suo commesso anche se lui sapeva bene quale era il rapporto tra le due donne.

Patrizia ricacciò le lacrime e si recò nel suo ufficio, doveva darsi da fare per completare l’inventario, e certo poteva farlo in mattinata grazie al lavoro svolto il giorno precedente. E se non avessero usato il tempo per fare sesso, forse sarebbe già stato completato.

Patrizia si rimproverò per non essere riuscita a resistere, ed essersi concessa a Stefano, purtroppo questo adesso lo sapeva anche Yvana che non gliela avrebbe fatta passare liscia.

Yvana rimase con Stefano nel negozio e si impegnò ad aiutarlo a mettere in ordine le merci sugli scaffali, erano poche perché la chiusura era imminente, passarono alcuni clienti e siccome erano giunti in diversi contemporaneamente, si mise a servirli dimostrando una grande capacità di venditrice.

Passata la mattinata, andarono a pranzo in una tavola calda, dove la tenuta succinta di Patrizia attirava gli sguardi dei maschi presenti, con suo enorme imbarazzo, mangiarono un insalata per le due donne e una panino Stefano, con delle bibite analcoliche.

Poi rientrarono al negozio, dal momento che non era ancora ora di apertura, andarono nell’ufficio di Patrizia, dove controllarono assieme l’inventario per essere ceti che non ci fossero dimenticanze, e il lavoro era finito.

Yvana parlò di come a Patrizia era piaciuto  farsi sbattere da lui, e gli disse che se voleva farsela ancora lo avrebbe invitato a casa loro, così sarebbero stati più comodi.

Stefano accettò con entusiasmo, e così si accordarono per passare il week end insieme, l’indomani era l’ultimo giorno di lavoro e avevano messo l’avviso che chiudevano per ferie con l’apertura solo al mattino.

Yvana disse a Stefano che l’indomani pomeriggio se voleva accompagnarle dall’estetista doveva fare depilare la sua schiava e così avrebbe potuto assistere.

Anche questa proposta fu accettata con entusiasmo da Stefano.

 

 

 

Erano entrati nel negozio di estetista, Yvana si presentò alla titolare dicendo che aveva fatto una prenotazione, e quando la signora alla cassa verificò l’agenda notando che c’era una sigla ebbe un sorriso ironico e chiamò la titolare.

Una donna di circa quarant’anni molto alta, capelli scuri lievemente striati di grigio ma dai lineamenti belli ma severi, con uno sguardo da rapace, si presentò con il nome di Madame Claudia, e Yvana le porse la mano, dicendo in modo da farsi sentire anche da Patrizia: “ho qui la mia protetta, che deve fare una depilazione intima”, e indicò Patrizia volgendo la testa nella sua direzione.

La donna la guardò con attenzione e disse: “molto bene, un bel bocconcino, andiamo seguitemi volete assistere suppongo”.

“si grazie” rispose Yvana e s’incamminarono verso il fondo di un corridoio, arrivati all’ultima porta la signora l’aprì e fece accomodare gli ospiti. Vi si trovava un lettino ginecologico e delle poltroncine lungo le pareti.

Rivolta a Patrizia la donna con tono autoritario le ordinò: “su piccola mettiti nuda, non dormire che non siamo qui per i tuoi comodi”.

Patrizia sentì come un pugno allo stomaco sentirsi parlare così da una persona che lei avrebbe pagato per un servizio, ma uno sguardo severo di Yvana la fece obbedire e non disse niente, era sempre difficile essere trattati come una schiava in presenza di estranei, ma obbediente si piegò denudandosi non fu una cosa lunga aveva solo la gonna e la maglietta e null’altro.     

La domina commentò: “sempre pronta all’uso, bene è giusto, su da brava sopra al lettino, e piedi sui sostegni”, e le affibbiò uno sculaccione per farla affrettare, Patrizia a quel punto ebbe un crollo nervoso si mise a singhiozzare e si voltò verso la donna dicendole: “mi lasci in pace, non ha motivo di colpirmi ne diritto alcuno, adesso me ne vado”.

Yvana la guardava con uno sguardo ironico nemmeno arrabbiata più di tanto, la domina era tranquilla, e si rivolse a Yvana: “allora signora, cosa vuole lasciamo perdere?”.

“Sì, non c’è problema se non vuole che se ne vada, però tutto il disturbo che ci siamo presi per lei deve essere pagato ugualmente anche se non è stato fatto il servizio, allora Patrizia, paga la signora per il disturbo e poi vattene, comunque tu mi avevi chiesto di prenderti come mia schiava. Sappi che se te ne vai non mi  vedrai più, fai la tua scelta”.

“non vieni a casa con me?” chiese con tono flebile Patrizia.

“No, non mi interessa per niente, hai fatto la troia con Stefano, mi avevi giurato che mi veneravi e adesso mi fai queste sceneggiate da dama oltraggiata, devi fare una scelta, ultima occasione o segui le mie regole e ti sottometti a me e a chi voglio io e questo per soddisfare il tuo desiderio, oppure chiudiamo qui la nostra storia”.

Patrizia rimase senza fiato e lentamente si issò sul lettino e quando vi fu sopra si sedette e si rivolse a Yvana: “Padrona perdoni la sua cagna, che non sa comportarsi ma non mi lasci la supplico”.

“Chiedi scusa alla Signora Claudia e poi a Stefano per il tuo atteggiamento ribelle e poi vedrai che ti punirò severamente per questo e per quello che già ti sei meritata in questi giorni”.

Patrizia sempre con le lacrime agli occhi si scusò con la signora e con Stefano, poi si distese e mise le gambe nei sostegni aprendosi ed esponendo le sue parti intime, come non le era mai accaduto prima, chiuse gli occhi e attese il resto degli eventi.

Le fu fatta una ceretta togliendole tutti i peli fino a quelli intorno all’ano rendendola liscia e nuda come una neonata, aveva sofferto ad ogni strappo, ma aveva cercato di resistere, emettendo solo suoni indistinti soffocando le grida in gola.

Venne fatta scendere e messa davanti allo specchio, era proprio nuda più di così non si poteva, Yvana le ordinò di piegare un po’ le ginocchia e di aprire le gambe in modo da esibire il sesso in modo indecente, e commentò che aveva una bella fica: “Proprio una succosa passerina, che faremo vedere il più possibile per il piacere di uomini e donne, e queste vacanze te le ricorderai per un pezzo”.

Stefano si avvicinò e accarezzò anche lui la parte appena depilata facendo fremere Patrizia, che così si sentiva molto più esposta, la Signora chiese se doveva procedere con il resto della richiesta, e Yvana disse di sì, nel farlo si avvicinò a Patrizia, e le sussurrò all’orecchio: “se mi ami e vuoi essere mia totalmente adesso ti farò mettere degli anelli alle parti intime e ai capezzoli, così sarai molto più legata a me Sali sul lettino di nuovo, mia docile cagnetta”.

Patrizia che dopo la depilazione ne aveva ricevuto una specie di choc, che la rendeva ancora più incline alla sottomissione, non era la donna adulta ma solo una schiava un oggetto che apparteneva alla sua padrona, non le riusciva più di disobbedire, salì sul lettino senza fiatare, e si lasciò legare strettamente.

Il suo pelo essendo stato rimosso con esso se ne era andata anche parte della sua volontà nel voler essere una schiava adesso essa si sentiva come un oggetto senza alcuna volontà propria, era stato come avere una nuova identità, e stava pensando che sarebbe stata ferrata come segni delle sue catene, la catena della sua schiavitù, aveva perfettamente l’obiettivo della sua padrona e praticamente vi si abbandonava totalmente, con una serenità che fino ad ora non aveva avuto.

Con una apposita pistola per fare i buchi le forarono prima i capezzoli ai quali vennero applicati degli anelli di circa un centimetro di diametro.

Lo stesso fu fatto alle grandi labbra del suo sesso, gli anelli erano d’oro, e all’interno di ognuno c’era il suo nome e quello della sua padrona. Sopportò in silenzio il supplizio al quale fu sottoposta, solo il suo respiro e le lacrime che le colavano sulle gote erano i segni che soffriva, ma lo aveva fatto in silenzio, per omaggiare la sua padrona.

Completata l’operazione, la fecero scendere dal lettino, e lei rimase con le cosce aperte non osando avvicinarle. Yvana la prese per mano e la fece mettere di fronte allo specchio a muro che scendeva fino a terra, e le disse: “piega un po’ le ginocchia”.

Patrizia poté vedere bene le sue grandi labbra ingioiellate, un segno distintivo inequivocabile della sua schiavitù.

La fece rivestire, pagò lei stessa con la sua carta di credito, e se ne andarono, Stefano aveva confidato a Yvana che si era eccitato e che se la sarebbe scopata lì in piedi, era stato tutto così eccitante e soprattutto la sottomissione di Patrizia era una cosa incredibile non riusciva a crederci.

Rientrarono a casa, dove appena arrivati davanti all’ingresso Yvana ordinò a Patrizia di togliersi i vestiti e di varcare la soglia a quattro zampe come la cagna che era, cosa che fece con velocità lasciando cadere i suoi indumenti e disponendosi a quattro zampe.

Stefano li raccolse per permettere alla schiava di entrare senza pensare ai suoi vestiti.

Yvana appena vide che Patrizia era carponi aprì la porta e le ordinò di seguirla, la portò in cucina, e le disse di iniziare a preparare da bere e di servirli in salotto, poi si sarebbe data da fare per preparare la cena.

Patrizia che oramai era praticamente senza parola da quando erano usciti dal laboratorio di estetica, eseguì gli ordini e servì le bibite in salotto dove Yvana e Stefano conversavano amabilmente.

Poi tornò in cucina a preparare la cena,lavò l’insalata e preparò delle bistecche e quando fu pronto tornò in salotto per avvisare che la cena era pronta, Yvana e Stefano si accomodarono e Patrizia li servì nuda però con grazia come se fosse una cameriera con tanto di uniforme.

E per la durata del pasto rimase dietro alla sua padrona in attesa di ordini, ormai si poteva ritenere che quel piccolo cerimoniale presso l’estetista l’avesse cambiata nel suo intimo, non più per inseguire un desiderio, ma bensì era diventata una sua personalità come un marchio era solo una schiava.

Yvana durante la cena aveva detto a Stefano che avrebbe dovuto prendersi maggiori responsabilità e dirigere il negozio da solo ed eventualmente assumere un commesso o una commessa, perché era impensabile che la schiava potesse tornare al lavoro, aveva un suo ruolo molto impegnativo e non poteva venire distratta da quegli impegni, la voleva a sua disposizione a tempo pieno.

Fece inginocchiare Patrizia accanto a lei e le diede alcuni bocconcini di carne con del pane che la schiava prese dalle dita della sua padrona come un dono, poi Yvana le accarezzò la testa come con un cane e sentenziò: “è proprio una brava cagnetta”.

La serata proseguì e Yvana chiese a Stefano se desiderava servirsi della schiava, cosa che ovviamente desiderava da ore.

Allora Yvana si accomodò sul divano e invitò Stefano a fare altrettanto, e gli fece un semplice discorso, con il quale doveva essere chiaro che lei e solo lei era la padrona della schiava, si trattava di una sua proprietà, se gliela faceva scopare o se le concedeva potere su di lei, lui ne disponeva solo perché era lei a concederglielo, questo doveva essere chiaro.

Stefano prese atto che era la sua schiava e che non voleva portargliela via, ma se poteva soddisfare qualche sua fantasia o sfogarsi con la schiava glie ne era grato.

Yvana ordinò a Patrizia di inginocchiarsi ai suoi piedi, si era alzata la gonna e si sfilò le mutandine, e le impose di farla godere con la bocca, Patrizi in ginocchio iniziò a leccare la sua padrona con impegno.

Appena fu in posizione disse a Stefano che poteva prenderla da dietro ma doveva incularla, e se le faceva male era tutto un piacere per lei.

Proibì alla schiava di godere e le disse che questa volta doveva resistere, Patrizia alzò gli occhi sulla sua padrona per farle intendere che aveva capito ma senza smettere di leccarla.

Passava la sua lingua sulle labbra della fica di Yvana stirandole con il piatto della lingua, poi la faceva a cuneo e la penetrava aspirando e leccando il succo che Yvana stava emettendo, infine scendeva a stuzzicarle l’ano, e poi risaliva accarezzando con al sua lingua servizievole fino a raggiungere la clitoride.

Andò avanti con questa attività, mentre Stefano si era inumidito con la saliva un dito e glielo aveva ficcato nel buchetto posteriore, allargandolo per renderlo più accogliente, Patrizia si era offerta alla penetrazione delle dita di Stefano il quale visto che il buchetto era rilassato, passò il glande sulle labbra della fica di Patrizia per lubrificarlo e poi lo appoggiò allo sfintere, e lentamente ma inesorabilmente la penetrò fino in fondo sbattendo con le palle sulle natiche della schiava che si era offerta come solo una schiava può fare, con una arrendevolezza totale.

Iniziò a ritirarsi lentamente lasciando dentro solo il glande e poi penetrandola con un potente affondo per percepire le reazioni di Patrizia la quale emetteva gemiti non capiva se di dolore o di piacere o di entrambi.

Patrizia benché fosse oramai ben aperta sentiva i colpi con un certo dolore perché Stefano la penetrava brutalmente e lei era ancora un po’ asciutta, ma poi piano, piano si abituò all’intruso gustandolo con piacere, oramai le piaceva essere presa da dietro, e non pensava ad altro che a godersi il magnifico stallone che la montava, contemporaneamente cercava di dare il massimo piacere alla sua padrona cosa che le era gradita.

Yvana sentiva che la lingua della sua schiava si agitava sulle sue labbra seguendone il corso, fino a stuzzicare la clitoride, poi ridiscendeva e la penetrava frullandola e facendola tendere le anche dal piacere, Patrizia era molto abile, aveva avuto un buon insegnante in Pamela colei che l’aveva portata sulla strada del piacere, adesso però oltre alle leccate intense della lingua di Patrizia, dal momento che i colpi violenti di Stefano che la inculava oltre a fare gemere la sua schiava ad ogni affondo si ripercuotevano fino a fare sentire a Yvana i suoi affondi perché Patrizia non poteva rimanere immobile, la quale però malgrado la difficoltà non staccava la lingua dal servizievole omaggio che rendeva alla sua padrona.

Quando sentì che i colpi di maglio che riceveva nel culo si accelerarono segno del desiderio di Stefano di giungere alla conclusione, Patrizia malgrado che stesse ella stessa per giungere all’orgasmo si attacco alla clitoride di Yvana con una passione che non aveva mai espresso prima, desiderava che godessero tutti e tre, e si scatenò sul bottoncino prendendolo fra i denti e stuzzicandolo con colpetti di lingua, facendo perdere la testa alla bella Yvana, arrivarono così all’orgasmo tutti e tre, quasi contemporaneamente, e poi rimasero attaccati per un po’ sfiniti dalla lotta amorosa.

Gli ci volle un po’ di tempo per riprendersi ma appena Yvana si riebbe, si alzò e allontanò Patrizia, dicendole di tirarsi su.

Poi anche Stefano si tirò a sedere sul divano mentre Patrizia restava accovacciata a terra sul tappeto davanti al divano.

Yvana le disse di portare loro da bere, e così Patrizia benché desiderosa di riposo si alzò per servire i padroni.

Portò loro del cognac, e attese ai loro piedi, Yvana bevve un sorso poi le porse il bicchiere dal quale anche Patrizia bevve un sorso del liquido che le bruciò la gola ma le diede anche la sensazione di farle riprendere un po’ di energia.

Yvana la osservava attentamente poi decise e le si rivolse : “allora, mia fedele schiava, sembra che tu non sia poi così fedele, e io voglio essere certa che d’ora in avanti non ti concederai a nessuno senza un mio ordine, per questo sei stata ferrata, e presto ti farò un tatuaggio che indica che sei una mia proprietà, ma per il momento debbo punirti per il tuo tradimento, ti ho preparato una piccola sorpresa, andiamo”.

Si alzò e si fece seguire da entrambi scesero nelle cantine da una scala interna, e si avviarono lungo il corridoio, e giunti davanti all’ultima porta Yvana si fermò l’aprì, e accese la luce.

Quando Patrizia e Stefano poterono affacciarsi videro una stanza arredata di strumenti di tortura, un cavalletto, una gogna, una croce di Sant’Andrea, e alle pareti anelli e catene, e fruste varie appese alle pareti, su una mensola vi erano altri strumenti, manette falli artificiali, qualsiasi cosa potesse essere utile a punire una schiava.

Patrizia rabbrividì nel vedere che una stanza della sua cantina era stata trasformata in sala di tortura, vi era anche un letto di metallo, con un materasso ricoperto di pelle.

Immaginò come e con quale cura la sua padrona si era impegnata nel creare un simile luogo, e solo per lei, almeno un piccolo sentimento lo aveva nei suoi confronti, non poteva aver fatto tutto questo senza provare qualcosa per lei e per soddisfare il suo desiderio.

Yvana si rivolse alla sua schiava e le chiese se le piaceva la sua sorpresa, ma Patrizia era senza parole, fece un cenno affermativo del capo, anche se era però molto preoccupata per le conseguenze dei suoi desideri. Avrebbe sopportato tutto questo? In verità non lo sapeva e non sapeva cosa rispendere a se stessa.

Yvana la fece avanzare fino alla croce di Sant’Andre, e la costrinse a salire sui sostegni e le legò prima un polso agli appositi anelli ai quali delle polsiere di cuoio erano collegate, poi le caviglie.

Patrizia era stata docile non aveva alcuna intenzione di ribellarsi, e aspettava con un misto di ansi e di tensione quello che la padrona le avrebbe fatto, non sarebbe stata una punizione lieve di questo era certa.

Yvana le collegò delle pinzette alle labbra del sesso, e altre due ai capezzoli, collegò alle pinzette metalliche già di per se dolorose, avevano dei dentini aguzzi che  mordevano la carne, questi fili li collegò ad un piccolo congegno che Patrizia non vedeva ma si trattava di un trasformatore di corrente, perché vide che andava ad inserire una spina nella presa al muro.

Poi si piazzò dietro di lei e iniziò a girare una manopola e una leggera sensazione di vibrazione le si trasmetteva dai morsetti al corpo ma molto lieve, poi Yvana alzò la tensione e la scossa le arrivò diritta passando attraverso le parti intime fino al cervello facendola vibrare nei suoi legami.

Abbassava la tensione per farla riprendere e poi le ridava un’altra scossa e continuò così per un buon quarto d’ora, alla fine Patrizia piangeva e supplicava di perdonarla non avrebbe mai più avuto rapporti con nessuno senza il suo permesso, ma pareva che Yvana fosse pervasa dal demone della vendetta e continuava inesorabile.

Poi di colpo si fermò. Liberò Patrizia dai suoi legami e la fece scendere la poveretta non si reggeva in piedi e Stefano dovette sorreggerla per non farla cadere di peso a terra.

Una chiazza era a terra ai piedi della croce Patrizia aveva perso il controllo della sua vescica.

In quella sala riadattata c’era anche un frigo mascherato da un mobile di legno, che pareva un armadio d’altri tempi.

Lo aprì prese da bere e fece bere alla povera vittima una vodka fredda, poi la lasciò riposare un po’.

Nel frattempo Yvana si rivolse a Stefano, gli disse: “Stefano per favore la schiava non ce la fa proprio puoi pulire tu la sua pisciata?”.

Stefano andò a prendere un tubo di gomma attaccato ad un rubinetto era già stato di certo previsto da Yvana, e lo aprì, fece scorre l’acqua dove c’era la pozzanghera di urina e la fece scolare dentro un pozzetto di scarico previsto a tale scopo.

Appena vide che Patrizia si stava riprendendo la prese per un braccio e la fece mettere alla gogna le richiuse la parte superiore imprigionandole la testa e le fissò i polsi a dei bracciali predisposti all’uopo.

Poi prese una frusta e si portò davanti alla sua schiava, e le disse: “adesso riceverai la tua prima e vera punizione dalla tua padrona, dovrai supplicarmi di perdonarti e ti assicuro che non sono molto propensa a farlo considerato che il tradimento non si può perdonare”.

Patrizia riprese a piangere, era certo pentita sinceramente del suo tradimento, ma sapeva che non sarebbe bastato chiedere il perdono della sua padrona.

Yvana iniziò la fustigazione con un gatto a nove code, che lasciava dei segni rosa sulla pelle bianca di Patrizia, non era una frusta pericolosa le strisce erano di pelle morbida, ma riuscivano a colpire un ampia superficie delle natiche offerte e a volte arrivavano anche nel solco.

Patrizia era in una posizione in cui nulla del suo corpo era protetto, eccetto il volto, dalla schiena ai piedi era offerta all’offesa della frusta.

In ginocchio con le cosce ben divaricate, offriva lo spettacolo del suo magnifico culo aperto con il solco ben divaricato che lasciava vedere alla perfezione il taglio della fica depilata e l’ano leggermente più rosa scuro. Era uno spettacolo di un’oscenità magnifica, un piacere per gli occhi di qualsiasi amante dell’anatomia femminile, ma soprattutto di un corpo come quello di Patrizia una donna di grande beltà.

Se tutti quelli a cui piaceva la vedessero in quello stato, ridotta ad una schiava sottomessa e punita chissà cosa direbbero. Certo era stata iniziata da Pamela e si era trovata nelle condizioni di soggiacere con lei perché era ricattata, con la sua amica, e con altri quattro suoi amici.

Suo marito aveva scoperto tutto, ma nessun’altro lo sapeva per evitare chiacchiere e scandali si erano separati rapidamente e lei si era trasferita, ma certo nessuno immaginerebbe di poter vedere la Signora Patrizia, conosciuta come una piccola borghese, di buona famiglia, ridursi a farsi frustare e ridurre in schiavitù dalla sua cameriera e per di più di sua spontanea volontà. No nessuno ci crederebbe.

La frusta si abbatteva sulle sue spalle, sulle sue anche sulle natiche e scendeva sulle cosce, i polpacci.

Alla fine quando Yvana si avvide che le urla di dolore di Patrizia si stavano trasformando in un rantolo smise di frustarla, quella frusta era fatta per permettere delle punizioni lunghe, così da fare divertire la padrona, ma anche quella alla lunga poteva diventare insopportabile, tutta la parte posteriore del corpo della schiava era oramai rossa con dei segni violacei in alcuni punti in cui la frusta si era abbattuta più e più volte con accanimento.

Patrizia non era svenuta ma era in uno strano stato febbricitante, la punizione l’aveva fatta eccitare, l’aveva portata anche all’orgasmo e forse nessuno ci aveva fatto caso visto l’impegno della fustigatrice e lo stato di ipnosi quasi per lo spettacolo di Stefano, poi però essa aveva proseguito indebolendo Patrizia fino a portarla quasi allo svenimento.

La sciolse dalla gogna, Stefano l’aiutò a sollevarsi, e decisero di portarla di sopra era oramai stata punita a sufficienza.

Risalirono in casa portando praticamente Patrizia che non ce al faceva, la sostenevano da sotto le braccia cercando di non toccarle la parte dolorante, la misero sotto la doccia fredda, senza usare nulla poi le misero intorno un telo da bagno senza strofinare, solo il contatto sulla pelle del telo fece gemere Patrizia.

Poi la fecero sedere su uno sgabello, ma il contatto con il sedile strappò un urlo alla povera vittima.

Alla fine quando Yvana pretese che si sedesse con molte smorfie Patrizia si posizionò sullo sgabello.

Yvana prese una forbice e presala una ciocca di capelli la tagliò.

Stefano rimase stupefatto e Patrizia iniziò a piangere ma Yvana benché la sua schiava la guardasse come un cane ferito a morte, non volle desistere, stava facendo un soliloquio: “vedi mia piccola sgualdrina, alle adultere si rasa la testa, e una volta anche si marchiavano con il ferro, tu mi hai tradita e io ti rado come se deve la testa a tua vergogna e disonore e così imparerai spero la lezione”.

Quando ebbe finito di tagliare con le forbici i lunghi capelli di Patrizia, erano rimasti solo pochi ciuffi sparsi non si vedeva ancora la cute, ma prese un rasoio elettrico del tipo di quelli usati dai barbieri, e cominciò a rasare lentamente quanto le restava rendendola calva.

Per Patrizia era stato peggio della depilazione delle parti intime, peggio degli anelli, questa rasatura era una cosa che non si poteva occultare sotto i vestiti ne ebbe un crollo nervoso e si mise a piangere senza più fermarsi.

Yvana la fece alzare e tornare sotto la doccia, la lavò dei capelli residui che erano sulle sue spalle, e poi la fece asciugare.

La accompagnò nella sua stanza la fece distendere sul letto a pancia in giù e le applicò dell’unguento lenitivo.

Poi le disse: “adesso ti lascio dormire per questa notte, devi riprenderti dalle emozioni, spero che d’ora in avanti non mi tradirai più”.

“No mai più padrona lo prometto mai più e singhiozzò a lungo”. Yvana fece cenno a Stefano di allontanarsi e questi ottemperò subito doveva lasciare loro un po’ di intimità.

Yvana si mise a baciare Patrizia per tranquillizzarla, e le sussurrò, che anche lei aveva cominciato ad amarla dopo aver letto il suo diario ma doveva fare delle prove, e adesso sperava che lei veramente sarebbe stata una schiava fedele e doveva rendersi conto che una buona padrona non può perdonare senza fare espiare certe colpe: “Credo che la punizione che ti ho inflitto sia più che giusta e mi auguro che anche tu te ne renda conto, altrimenti questo rapporto non ha ragione di esistere ne di continuare”.

“Si padrona, la sua cagna è sua e ha disobbedito era giusta la punizione ma la sua cagna si sente così brutta senza capelli padrona”.

“Sei molto bella con o senza capelli, vedrai piacerai un mondo a coloro che inviterò per esibirti, e tu ti dimostrerai una schiava sottomessa e perfetta per non farmi fare brutte figure, ho ragione?”

“si padrona, le appartengo anima e corpo”.

 

 

 

Era mattina e data l’enorme stanchezza accumulata e a causa della punizione che l’aveva messa a terra, Patrizia dormiva, forse aveva incubi o sperava nel suo stato che tutto fosse stato un incubo.

Yvana si era alzata, aveva passato la notte con Stefano il quale si era dimostrato un discreto amante e poteva essere un aiuto nel processo di addestramento e di riduzione in schiavitù totale la sua ex datrice di lavoro, ora sua schiava.

Le piaceva l’idea di possederla le dava un senso di esaltazione che non aveva mai provato prima, nulla le poteva maggiore soddisfazione di avere la totale devozione di quella donna, soprattutto questo per lei era un motivo di rivalsa sociale, infondo la sua provenienza era di condizione modesta, e adesso aveva una donna che poteva avere come una proprietà e proprio una delle donne più belle della sua cittadina d’origine.

Certo provava dell’affetto per Patrizia, forse era anche una forma di amore, e si sentiva eccitata a saperla ai suoi ordini, ma era attratta anche dagli uomini, e quindi non avrebbe mai rinunciato alla sua sessualità per stare solo con Patrizia, e pensava che era necessario stabilire delle regole chiare in merito al loro rapporto, quali erano i limiti.

Si alzò lasciando Stefano addormentato, era stanco e lei lo aveva fatto galoppare per gran parte della notte come se dovesse recuperare il tempo perduto, in fondo era da tanto che non aveva un uomo con il quale dividere il letto.

Preparò il caffè, poi si recò nella stanza dove Patrizia stava ancora dormendo la osservò dalla porta malgrado i segni che le aveva lasciato era ancora bella da far arrapare, era proprio bella, e anche se era stata rasata non diminuiva la sua bellezza.

Le si avvicinò e le pose un bacio delicato sulla spalla, Patrizia si voltò sentendo il tocco delle labbra, e vide il volto di Yvana sopra di sé, mormorò “perdonatemi padrona non sono ancora pronta”.

“ssst, non fa nulla, devi recuperare amore, vedrai abbiamo del tempo adesso se vuoi alzarti e darti una rinfrescata poi vieni in cucina che ho preparato il caffè”.

“ma padrona doveva farlo io, mi perdoni sono una stupida non mi sono svegliata”.

“Va tutto bene, stai tranquilla, non ti punirò ne hai prese abbastanza ieri sera, adesso devi recuperare un po’ ”.

Patrizia si alzò che già Yvana stava uscendo, si fece una rapida doccia senza insaponarsi e si asciugò con molta attenzione aveva dormito sulla pancia perché tutta la parte posteriore era ancora indolenzita dalla cocente punizione che le era stata inflitta.

Si presentò in cucina, e s’inginocchio appena fu di fronte alla padrona, Yvana si compiacque per come aveva assimilato rapidamente al rispetto assoluto nei suoi confronti la fece sedere e le disse di prendere il caffè con calma.

Poi iniziarono a parlare, con calma degli ultimi avvenimenti, e in prima cosa c’era da stabilire che lei come padrona comunque le voleva bene, ma pretendeva una fedeltà assoluta, non poteva accettare di farsi mettere le corna da chi si era offerto in modo così chiaro di volontà di essere sottomessa come una schiava.

Il suo ruolo meritava un certo rispetto, voleva prendere la cosa sul serio, ma dovevano chiarire bene non solo i loro ruoli ma anche tutta la loro posizione sociale e patrimoniale.

Yvana le disse che voleva essere la sua padrona ma in modo totale e quindi non poteva essere una sua dipendente.

Patrizia era d’accordo, avrebbe fatto in modo di darle quanto le spettava come sua padrona.

Ossia la metà dei suoi beni perché al di la del ruolo in cui lei si sentiva la sua proprietà, doveva pensare la futuro suo e di quello che avrebbe lasciato ai suoi figli,ma certo metà delle sue sostanze erano per lei sua compagna di vita e sua padrona.

Stabilito definitivamente che la dignità di Yvana era importante quindi il suo ruolo di padrona ad un livello diverso e che avrebbero fissato con un notaio quanto prima per stabilire la cessione di parte della sua proprietà.

Patrizia le chiese perché l’aveva voluta privare dei suoi capelli adesso era così brutta che si vergognava.

“Prima di tutto chiariamo che anche così non sei per niente brutta, e poi io sono la tua padrona e ti faccio quello che voglio, soprattutto per quanto concerne la punizione per il tuo volgare tradimento”.

“Si padrona avete ragione avrei dovuto resistere, ma è stata una grande tentazione ed era tanto che non avevo un ragazzo così carino come Stefano, ero così eccitata per quello che avevamo fatto mi dispiace però di non essere riuscita a resistere, non succederò più lo prometto”.

“Te lo auguro, altrimenti la punizione che hai ricevuto ieri sera ti sembrerà leggera se mi tradisci ancora”.

“Ne sono consapevole, padrona”.

“Mi piace sentirmi chiamare padrona, lo sai?”

“Sono onorata di farle piacere mia signora e padrona”.

“Andiamo in camera tua, ti rimetto ancora un po’ d’unguento, così guarirai più in fretta, e continueremo le nostre attività, poi vai a telefonare al notaio”.

“Sì padrona, lo farò subito”.

Detto fatto.

Avevano fissato l’appuntamento per l’atto subito il notaio conosceva bene la bella Patrizia, ed era colui che si occupava di tutti i suoi atti catastali da sempre, rimase perplesso ma si adeguò agli ordini della cliente. Poteva fare l’atto subito ma poi per la registrazione ci voleva qualche giorno.

Yvana aveva procurato una parrucca con i capelli dello stesso colore dei suoi e Patrizia la indossò per andare dal notaio a depositare le firme, vestita per questa volta in modo assai sobrio.

Rientrati a casa, si spogliò e indossò un uniforme da cameriera che era stata della sua padrona, quando era la sua cameriera le aveva fatto modificare un po’ accorciando la gonna e scollandole in modo da rendere l’abbigliamento il più provocante possibile.

Le sequestro la parrucca, perché non voleva che ci prendesse l’abitudine, e iniziarono a comportarsi secondo i rispettivi ruoli.

Patrizia in capo a pochi giorni assunse il ruolo di cameriera in modo piuttosto naturale, impratichendosi, mentre la sua padrona ora era nell’ozio a parte occuparsi dei miglioramenti che intendeva apportare alla casa.

Voleva che la stalla fosse rimessa in ordine come si deve, tutte le stanze ritinteggiate, in modo da poter ospitare amici, preparò una sala da pranzo con un tavolo lungo dove potevano sedere una ventina di persone, un’altra sala per ballare e fare delle passerelle alla schiava davanti agli ospiti.

Ogni stanza aveva i letti con dei ganci per legare la o le schiave/i, chissà poteva avere la fortuna di trovare anche qualche maschietto.

In ogni caso doveva avere una casa adeguata per poter ospitare persone con gli stessi gusti.

Erano in campagna la casa era enorme in altri tempi era certamente magnifica ma era stata abbandonata da troppo tempo.

Prese contatti con un’impresa edile, e comunque riuscì a fargli fare dei lavori come quelli di ritinteggiatura delle stanze che non avevano bisogno di modifiche o interventi più intensi, e questo subito.

Il resto sarebbe stato fatto con calma perché si trattava anche di trasformazioni importanti, non fattibili in poco tempo, come la sala da pranzo e la sala per ballare si trattava di buttare giù un paio di pareti. Si misero d’accordo per fare quei lavori a settembre.

Nel frattempo la stanza della cantina era ottima per portare avanti un serio e intensivo programma di addestramento.

Era oramai passata una settimana dalla punizione e Stefano se ne era andato perché aveva pagato e prenotato in un albergo con degli amici, anche se a malincuore, ma promise a Yvana che dal suo ritorno non avrebbe più voluto andare via e se lei era d’accordo sarebbe andato a vivere con loro, in quei due giorni si era preso una cotta per Yvana, ed era attratto in modo incredibile da Patrizia per la sua docilità. A Yvana Stefano non dispiaceva, e forse sarebbe nata una storia intensa, ma non voleva affrettare le cose.

Si accordarono per sentirsi telefonicamente una volta alla settimana e poi al suo ritorno ne avrebbero riparlato.

Yvana era in cantina e Patrizia nuda fissata alla gogna subiva l’ennesima battitura, sulle natiche, oramai aveva imparato a resistere e a contare i colpi,presto  avrebbe subito le punizioni senza essere legata, perché questo voleva la sua padrona.

I colpi di frusta si abbattevano sul posteriore ben teso e Patrizia contava e ringraziava la padrona al trentesimo colpo le natiche erano stupendamente colorite dalle frustate “un culo fatto apposta per essere battuto” sentenziò Yvana.

Stavano risalendo in casa quando sentirono che qualcuno suonava, salirono e Yvana chiese dal citofono chi era.

“sono Sabina, la figlia del vicino, sono qui con mio fratello abbiamo portato il vino alla signora”

“Va bene vi apro”disse Yvana e pigiò il bottone per l’apertura del cancello, e ordinò a Patrizia di indossare la sua uniforme per ricevere gli ospiti.

Dalla finestra Yvana vide un camioncino che entrava nel cortile, c’erano due ragazzi sul cassone, forse per aiutare a scaricare.

Quando si fermò davanti alla casa scese una ragazza giovanissima con un vestitino estivo ultracorto, e un giovanotto vestito da lavoro, che chiamò gli altri due facendo loro vedere dove mettere i fusti che dovevano scaricare.

La ragazza salì e suonò alla porta mentre gli altri erano giù, aprì la porta Patrizia con il suo vestitino da cameriera e rasata com’era con un po’ di trucco, considerando che la ragazzina non la vedeva da almeno dieci anni, non poteva riconoscerla.

La cameriera la fece entrare, Sabina a diciottanni era una splendida e fresca fanciulla, e rimase un po’ sorpresa nel vedere la cameriera con un abito così succinto e provocante.

Lei non si faceva problemi aveva un vestitino azzurro che le arrivava appena sotto il pube, ma si ricordava che nella casa della Signora era sempre regnata una certa austerità.

Yvana era in salotto, e attese che la cameriera le presentasse l’ospite, e così ci fu un altro piccolo choc per la giovane udendo il tono umile e le parole della cameriera : “padrona, c’è la signorina che desidera conferire con lei”.

Nessuno si esprimeva più chiamando il proprio datore “Padrona”. Ne rimase assai turbata.

Sabina si presentò e disse che avrebbe voluto parlare con la signora Patrizia, e Yvana tranquillamente le disse che al momento non era possibile ma lei era la sua socia e quindi poteva dire a lei con tutta serenità.

Sabina si accomodò, sul divano e Yvana le chiese se desiderava qualcosa da bere, la fanciulla ringraziò e accettò una bibita fresca, così Patrizia s’incaricò di servire la giovane, poi ritornata in salotto trovò le due che parlavano di moda e di cose banali e sedendosi e ridendo la gonna troppo corta lasciava vedere le mutandine bianche di Sabina.

Patrizia rimase in piedi come da ordini vicino al divano ,e Sabina che si stava divertendo a parlare con Yvana come fossero vecchie amiche, le lanciò un’occhiata strana, chissà se Yvana le aveva detto qualcosa di lei si chiese.

Vennero al dunque e Sabina spiegò che suo padre che era stato il fattore della nonna aveva saputo che la signora Patrizia era ritornata e secondo il loro accordo avrebbe dovuto portarle una parte del prodotto della vendemmia.

Ma siccome non c’era mai nessuno, in questi quattro anni non aveva potuto ottemperare, poi c’era stata anche un po’ di crisi, perché la grandine due anni prima aveva rovinato il raccolto era stato un disastro, il crollo del mercato della carne e aveva anche subito una truffa sulla vendita del bestiame.

Perciò aveva portato solo quattro ettolitri di vino. E mentre parlava continuava a dare delle occhiatine verso Patrizia come se pensasse a qualcosa, ma senza darsi una risposta.

La ragazzina era molto sensuale, aveva diciott’anni e magari cercava di fare esperienze.

Pareva particolarmente interessata al fisico delle due donne piuttosto che a parlare di quello per cui era venuta perché appena assoldato il compito si mise a parlare di banalità e della sua cantante preferita madonna.

Yvana disse che anche lei adorava madonna perché sapeva rompere con certe convenzioni, e apparire sotto forme mutevoli.

Mentre parlavano intanto Yvana aveva appoggiato una mano sulla coscia di Sabina e la accarezzava dolcemente e subito si vide che la fanciulla sospirò, Yvana sali’ e andò a toccare il cavallo della mutandine e sentiva attraverso il cotone che bruciava e il tessuto si inumidiva.

Yvana la prese e la baciò, forse aveva intuito giusto alla ragazza non dispiaceva stare con le donne e da quando era entrata aveva sbirciato di sottecchi la cameriera che era vestita in modo molto eccitante.

Però si divincolò,allora Yvana le chiese: “non ti va?” lei rispose: “ma la cameriera ci guarda”.

“che t’importa, lasciala guardare, una schiava non conta nulla che veda o non veda”.

Patrizia si sentì un pizzico al cuore che la sua padrona parlasse così di lei come se fosse un soprammobile, ma sapeva che doveva restare in silenzio e soffrire, la fedeltà era solo lei che la doveva rispettare e non la padrona, una lacrima però le rigò il viso scendendo fino al mento e cadendo nella sua generosa scollatura, si trattenne non voleva crollare in singhiozzi.

Yvana se ne avvide sapeva che avrebbe sofferto ed era questo il suo intento.

Intanto stava baciando con passione la ragazzina infilandole le dita sotto le mutandine e facendola partire per la tangente.

Oramai la ragazza era carica, e sentiva il desiderio di godere, ma Yvana si fermò, e le disse: “perché non aspettiamo che abbiano finito e li mandiamo via ti riaccompagno io a casa stasera,  se vuoi?”.

“si va bene, non ci sono problemi” rispose Sabina eccitata di poter avere un diversivo, e si mise a lamentarsi perché a casa si lavorava adesso che dovevano pagare gli usurai, perché dopo la truffa suo padre aveva chiesto dei prestiti, una cosa assurda quando avrebbe potuto aspettare che la regione dopo un paio di mesi aveva decretato un rimborso per quei casi di calamità dell’anno prima e le cose si sarebbero risolte.

Adesso invece non potevano andare in vacanza perché per fare fronte al debito avevano dovuto fare delle rinunce non indifferenti. Comunque avevano pagato tutto fino all’ultimo,ma andare in vacanza non potevano permetterselo.

Quando suo fratello suonò lei andò a dirgli che si fermava per parlare con la Signora e sarebbe tornata a casa più tardi la signora la riaccompagnava.

Suo fratello non insisté e se ne andò.

 

 

 

Yvana aveva preso Sabina tra le braccia e aveva cominciato a spogliarla e alla ragazza faceva piacere, quando fu nuda le chiese se aveva già fatto l’amore con altre donne e alla risposta di conferma di Sabina, Yvana iniziò a baciarla rovistandole

la bocca, si era impossessata della sua bocca come se lei fosse un maschio, aveva voglia di sottomettere questa ragazzina ai suoi desideri.

Ordinò a Patrizia di spogliarsi e di portare loro da bere, mentre si sedeva sul divano attirava la ragazza sul suo grembo, e questa si sedette sulle ginocchia di Yvana, la quale emanava un fascino di dominio disponendo di una schiava sottomessa molto particolare agli occhi della ragazza, le toccava la passera in continuazione facendola inondare di umori, e quindi sguazzava con le dita in quel piccolo lago di piacere.

La portò così all’orgasmo che venne in pochissimi minuti, segno che era già molto eccitata da quando era entrata in casa.

Sabina si accasciò tra le braccia di Yvana ansante per il violento orgasmo che l’aveva squassata.

Nel frattempo arrivò Patrizia che guardò la sua padrona che si divertiva con quella ragazzetta che lei ricordava da quando era una bambina.

Sentì un profondo dolore un nodo alla gola, era gelosa e si chiedeva se per caso Yvana non volesse scaricarla adesso in fondo aveva avuto molto da lei, ma no si disse non mi lascerà le piace troppo umiliarmi, e si fece ancora più forte nel suo intento di dimostrarsi sottomessa e pronta a qualsiasi umiliazione pur di non perdere la sua padrona.

Yvana guardava con la coda dell’occhio la schiava, e ne percepiva la gelosia e la sofferenza, e le si rivolse con tono duro: “allora troia, portaci da bere o vuoi restare lì inebetita per il resto della giornata”.

Patrizia si scosse e si avvicinò porgendo le bibite alle due donne, con fare umile e sottomesso.

Sabina allora rivolgendosi a Yvana le chiese: “scusami, ma questa è la signora Patrizia vero?”.

“Sì tesoro, hai riconosciuto che era la signora Patrizia, adesso è la schiava Patrizia”.

Sabina sorrise, “si lo vedo, devi essere una donna formidabile per aver reso schiava questa bella borghese tutta casa e chiesa, ma perché le hai rasato i capelli?” E aggiunse prima che Yvana rispondesse “aveva dei capelli così belli lunghi e lisci di quel colore castano con riflessi rossi sotto il sole, io me la ricordo bene”.

Yvana allora raccontò a Sabina che aveva punito la schiava perché era una puttana che si era fatta scopare dal suo dipendente al negozio e lo fece con tale dovizia di particolari che la povera Patrizia era diventata rossa e due grosse lacrime le colarono sulle gote, venire svergognata in quel modo davanti ad una ragazzina le era particolarmente penoso.

Soffriva ma se questo voleva Yvana non poteva che da brava schiava restare lì in silenzio ad ascoltare la sua vicenda vergognosa.

Yvana le si rivolse alla fine del racconto: “allora dillo anche tu cosa sei a questa mia nuova amichetta”.

“Sono una troia e una puttana, che ha tradito la sua padrona ed è stata giustamente punita”.

Sabina aveva ascoltato con interesse la confessione della schiava, e alla fine disse a Yvana: “sei uno schianto, io ti ammiro molto sai?”.

“Davvero?”.

“Oh si, sei una donna che sa farsi rispettare io sono molto attratta da te, pensa io li odio gli uomini, e non permetterei mai ad un uomo di sottomettermi o di farmi scopare sarei molto fedele se avessi una vera padrona come te”.

“Ma guarda, vuoi dirmi che vorresti che ti prendessi come schiava?”.

“Io pensavo che magari, si ecco io sarei molto fedele, e ho sempre desiderato avere per amante una donna autoritaria”.

Yvana la osservava attentamente negli occhi e dalla sua espressione si rendeva conto che diceva sul serio, e sentì anche che mentre la ragazza aveva fatto questa confessione la fica aveva cominciato a colare abbondantemente, non mentiva era seria.

Si era accorta che aveva delle tendenze lesbiche, ma non aveva capito che potesse essere un tipo di donna desiderosa di venire sottomessa, non al punto di offrirsi come schiava.

“Non bisogna avere fretta piccola, vedremo cosa si può fare, ma sai non è così facile essere una schiava bisogna lavorare e sacrificarsi e subire le punizioni che il padrone stabilisce, e tu cosa ti fa pensare di avere la stoffa di una brava schiava?”.

“Io non so se sarò capace, ma sono pronta a provare, e desiderosa di imparare, e so che mia madre è masochista, e qualche volta ho sperimentato anch’io a farmi male mentre mi masturbo e godo di più”.

“Che ne sai di tua madre?” chiese Yvana incuriosita delle scoperte della giovane.

“ma sai ho sorpreso mia madre che scopava con un altro uomo, e non uno qualsiasi, era l’usuraio, che aveva prestato dei soldi a nostro padre, e lui le aveva messo un collare e l’aveva fissata ad una trave, e lei aveva la schiena e le natiche segnate, c’era un frustino a terra, e l’uomo le diceva che la settimana successiva l’avrebbe portata in una casa dove alcuni amici volevano avere una troia masochista a loro disposizione, e così fra un anno il debito di mio padre sarebbe stato saldato e lei doveva concedersi a tutti quelli che lui le avrebbe ordinato, mia madre godette dicendo di si, ma un si convinto lungo e gutturale era quasi un grido”. Tirò il fiato prima di proseguire, “sai mia madre si è dovuta sottomettere a quell’uomo molte volte, poi ho scoperto che le piaceva perché dopo un anno che lui veniva a prenderla quando voleva e a volte si fermava e lei lo raggiungeva nella soffitta, l’ho sentita richiamarlo e supplicarlo di non respingerla e di venirla a trovare ancora che voleva essere la sua schiava, è per questo che benché io sia masochista odio gli uomini, e detesto mia madre per essere pronta a vendersi tradendo ancora mio padre adesso che non è più necessario per tenere tranquillo l’usuraio”.

Yvana aveva ascoltato il breve e succinto racconto della ragazza, e allora spezzò una lancia in favore della madre: “sai non devi detestare tua madre per i suoi istinti, forse fino al momento di conoscere quell’uomo lei non conosceva questo lato oscuro della sua personalità, e ora non riesce a farne a meno e magari tuo padre non è disposto a soddisfarla in tal senso, una schiava si attacca al padrone che la percuote, non è facile se in qualche modo si è invaghita di lui che possa farne a meno se lui non la molla e solo allora magari può rassegnarsi”.

Nel frattempo la ragazza parlando si era eccitata perché Yvana aveva continuato a tenere le dita dentro la sua passerina calda.

Allora ordinò a Patrizia di spogliarsi e di venire a leccare la ragazza, obbediente la schiava si denudò dal momento che aveva solo il vestito da cameriera fu con un semplice gesto che si ritrovò nuda. E si avvicinò alle due donne inginocchiatasi davanti alla su padrona quest’ultima fece allargare le gambe alla ragazza e la mise a cavallo delle sue gambe in modo da presentarla ben spalancata, e allora Patrizia si tuffò su quella giovane fessura colma di umori che profumava d’amore era una ragazza deliziosa e ciò provocò a Patrizia un grande piacere nel leccarla le passò la lingua lungo tutta la fessura stirando le labbra umide, l’aprì come un calice e affondò con la lingua nel solco bevendo i suoi succhi, si concentrò sulla clitoride succhiandola con forza facendo gemere la ragazza, poi ridiscese lungo la fica fino all’ano, perché la padrona aveva alzato le gambe alla ragazza e così era perfettamente raggiungibile in ogni sua parte, la rosetta dell’ano più scura era deliziosa e palpitava sotto la stimolazione della lingua della schiava, la quale forzò l’apertura con la sua lingua appuntendola come un piccola cazzo, con le dita nel frattempo le toccava la clitoride, la ragazza alla fine esplose in un orgasmo che la lasciò semisvenuta nelle braccia di Yvana.

Poi per riprendere fiato si accomodarono sul divano e la schiava preparò del caffè e portò dei pasticcini e mangiarono per riprendersi anche la schiava venne autorizzata a rifocillarsi, ma stando seduta sul tappeto ai piedi della sua padrona, appena si furono riprese, Yvana propose a Sabina di scendere con lei nella sua cantina particolare per assistere ad una piccola esibizione avrebbe un esempio di come si punisce una schiava in addestramento come era Patrizia.

Scesero e una volta in cantina, entrarono nella sala delle punizioni, Patrizia si mise subito in ginocchio in attesa di un cenno della sua padrona, la quale appena le fece un gesto con la mano di avvicinarsi docile la schiava andò a prosternarsi ai suoi piedi premendo le labbra sulle scarpe della padrona.

Yvana le disse: “schiava, adesso faremo un piccolo passo avanti nel tuo addestramento per diventare una brava schiava, e voglio che dimostri a questa giovane che sei già capace di ringraziare la tua padrona per l’onore che ti concede di essere sua schiava e di addestrarti, ti ascolto”.

Patrizia era molto imbarazzata di doversi umiliare così di fronte alla ragazza, ma non aveva scelta perciò si accinse a fare una bella frase attese qualche secondo perché ingoiò la saliva che aveva in bocca e poi appena pronta: “mia venerata Padrona, la sua schiava indegna di tanta attenzione le è devotamente grata di venerarla e di ricevere le sue attenzioni, e di addestrarla per essere una schiava” e le baciò le scarpe restando prosternata ai suoi piedi, con la fica bagnata dal momento che la sua umiliazione coincideva con la sua eccitazione.

Yvana la fece alzare e la condusse ad una panca dove la fece distendere a faccia in giù con i glutei che stavano ben tesi dalla posizione a novanta gradi assunta le legò le caviglie agli anelli che erano sulle gambe della panca e poi le legò i polsi davanti ad altri anelli simili.

Le annunciò che le avrebbe dato cinquanta colpi di frusta, e che lei doveva contare e ringraziare la sua padrona con tono umile, felice di soffrire per lei e per il suo piacere, “sono stata chiara?” chiese Yvana.

“Si padrona, ho capito tutto, conterò i colpi e la ringrazierò con umiltà per la punizione che mi merito”.

Yvana fece avvicinare Sabina e le disse di toccare la vulva di Patrizia, e la ragazza non se lo fece ripetere, infilò le dita nella succosa fessura inondata di umori, perché l’esposizione a cui era sottoposta Patrizia benché la umiliasse come tutta la situazione, la eccitava e la ragazza adesso sapeva che si poteva godere sotto la vergogna e sotto la punizione.

Poi Yvana le chiese dimettersi di lato in modo da poter vedere bene cosa sarebbe accaduto.

Il primo colpo si abbatté sulla groppa della schiava, venne colpita sulle reni e sussultò ma non emise nessun grido, e contò il primo colpo e ringraziò la sua padrona come le era stato ordinato.

Poi il secondo il terzo e così di seguito ma alla fine era esausta perché a ogni colpo il dolore aumentava e le grida adesso si levavano forti sotto il dolore inflittole dalla sferza maneggiata con maestria da Yvana che era divenuta in breve tempo una padrona spietata e abile, con fatica durante gli ultimi colpi Patrizia con un filo di voce si fece sentire a contare e ringraziare la sua padrona, fino al cinquantesimo colpo.

Allora ordinò a Sabina di andare a vedere in che stato era la fica della schiava, Sabina era turbata ed eccitata dallo spettacolo che aveva visto per la prima volta così da vicino, quando aveva spiato sua madre non aveva potuto ne farsi vedere ne verificare in che condizione fosse dopo se non da lontano adesso si inginocchiò alle spalle di Patrizia e le toccò la fica aperta come un fiore bagnata di umori che le colavano sulle cosce.

Yvana le disse: “avanti piccola gustala, è molto succosa e buona dai un po’ di sollievo alla schiava datti da fare” siccome Sabina un po’ sorpresa dallo spettacolo restava immobile attratta ma ipnotizzata Yvana le diede un colpo di sferza sulle natiche la ragazza era ancora nuda dal pomeriggio e lanciò un urlo poi però si butto a leccare la fica di Patrizia con grande impegno anche se inesperta fece del suo meglio e riuscì a fare godere Patrizia che era già ben avviata verso l’orgasmo comunque dalle frustate.

Quella sera Sabina ritornava a casa con in testa un mucchio di sogni, Yvana l’aveva accompagnata con la sua auto, e Sabina insiste per farle conoscere la famiglia, la invitò ad entrare, prima di scendere dall’auto le disse: “sai questa notte mi masturberò pensando a te e alla tua schiava Patrizia che abbiamo lasciato legata alla gogna, e spero che presto mi farai provare le stesse sensazioni, se mi accetti come tua schiava ti aiuterò a prenderti anche mia madre e così avrai un piccola Harem di schiave, ti prego pensaci prima di respingermi, io sono veramente decisa a essere tua”.

Yvana le rispose che ci avrebbe pensato e che al limite prima voleva vedere se sua madre le piaceva, poi doveva lei trovare il modo di accompagnarla da lei e là avrebbero organizzato la trappola se le andava.

Entrarono in casa, e c’erano tutti, padre madre e fratello, la madre era uguale alla figlia con venti anni di più circa, l’unica differenza è che Sabina era bionda e la madre era castana, una donna dalle forme belle, una donna sensuale e lo si vedeva dallo sguardo, era truccata come una troia forse una disposizione del suo amante.

A Yvana presentata come la socia della signora Patrizia, venne offerto un amaro di produzione loro, che accettò volentieri era a base di noci, molto buono.

Dopo si congedò e disse che quando voleva Sabina passare a trovarla era sempre la benvenuta e anche tutti loro. Essendo obbligata a rinunciare alle vacanze per completare delle archiviazioni d’inventario purtroppo si annoiava e allora aveva piacere di avere visite, perciò fece l’invito per entrambe madre e figlia.

 

 

 

 

Appena rientrata a casa, Yvana andò subito nella sala delle punizioni dove aveva lasciato la sua schiava, accese la luce Patrizia non si mosse solo un sussulto ma non parlò immaginava che la sua padrona era tornata, e rimase in ansiosa attesa di sapere cosa avrebbe fatto.

Yvana rimase sulla porta ad ammirare lo spettacolo stupendo delle natiche della sua schiava.

Immaginava che avere un piccolo harem non sarebbe stato male, una corte sulla quale lei avrebbe dominato incontrastata, si sentì piena di entusiasmo per l’idea della piccola Sabina, e la ragazzina era disposta ad aiutarla a prendersi sua madre, la matura ma splendida Susanna.

Oramai da quello che aveva capito la donna aveva gustato al frutto proibito e il suo amante non era sempre disponibile con lei infatti erano già due settimane che Susanna non usciva e il suo amante se ne era andato in ferie, chissà come sarà frustrata, sarà più facile.

Adesso però avrebbe giocato un po’ con la sua schiava, aveva bisogno di sfogarsi e di godere.

Avvicinatasi, mise una mano sulla groppa della schiava, che sussultò sotto la carezza, passò le dita sui segni dello scudiscio, e le si rivolse con queste parole: “mia adorata schiava, sei stupenda con le natiche così decorate, e spero che sarai all’altezza del tuo nuovo compito, mi aiuterai a sottomettere un’altra schiava”.

Il monologo non aveva necessità di una risposta, era solo la constatazione di quello che doveva fare e lei avrebbe obbedito, senza discutere, anche se le dispiaceva di dover dividere le attenzioni della padrona con un’altra, però vedere la piccola Sabina in ginocchio e sculacciata o frustata era un pensiero che la eccitava, in fondo la piccola si era divertita a vedere lei in quelle condizioni.

Yvana liberò la sua schiava e l’aiutò a rialzarsi, fece un po’ fatica visto che era rimasta due ore in quella posizione e la circolazione del sangue dovette riprendere un corso normale, aveva un po’ di formicolio alle gambe, appena si sentì pronta rimase in piedi da solo e ringraziò la sua padrona.

Yvana le indicò una mensola ove troneggiavano in mostra dei falli di varie dimensioni e tonalità di colore, le disse di sceglierne uno con le cinghie ve ne erano di diversi, e Patrizia ne scelse uno di discrete dimensioni, non il più grosso ma comunque da non disprezzare era bianco e aveva delle forme come quelle di un pene vero con le venature in rilievo, era di bella foggia. Presolo si voltò rivolta verso la sua padrona e lo tenne come una sacerdotessa in atteggiamento ieratico offerto verso la sua padrona.

Yvana le disse: “amore mio, questa notte voglio che facciamo l’amore come non lo abbiamo mai fatto, ti prenderò in tutti i buchi con quello, e poi tu prenderai me, se lo vuoi”.

Patrizia era piena di felicità nel sentire la sua padrona che la chiamava amore e che voleva prenderla ed essere presa, questa volta era raggiante e certa che non era solo un gioco c’era dell’amore tra di loro, e non l’avrebbe mai abbandonata.

Salirono nella stanza da letto della padrona, e Yvana le disse che voleva essere adorata e baciata su tutto il corpo, e così dicendo si distese sul letto.

Patrizia depose il fallo sul comodino e iniziò a baciare i piedi della sua padrona con delicatezza, risalendo lungo la caviglia sottile, baciando e leccando e sentiva che Yvana fremeva sotto il suo tocco.

Avanzava con lentezza esasperante e leccava ogni lembo di pelle, arrivò alle cosce baciò e leccò ogni centimetro di pelle senza però toccare l’inguine Yvana spingeva il pube verso di lei ma Patrizia voleva che fosse una notte speciale le baciò il ventre leccò tutto intorno all’ombellico e dentro lo stesso leccò le tette ma evitando i capezzoli fino a quando non giunse al collo e risalendo arrivò alla bocca carnosa di Yvana, e lì ecco che le loro labbra si unirono le loro bocche si aprirono e le loro lingue si cercarono avidamente in un duello frenetico, come due schermidori che cercano di vincere e sottomettere l’altro in una singolar tenzone.

Patrizia questa notte aveva la meglio, Yvana era su di giri, eccitata come non lo era stata mai, se solo Patrizia le avesse toccato la passera sarebbe esplosa in un orgasmo, ma era anche bello amarsi così ansimare sotto le stoccate della lingua della sua amante, in quel momento non era più la padrona era solo l’amante, e si stavano amando con intensità.

Alla fine Yvana supplicò Patrizia di scoparla, era la prima volta che si apriva così con la sua schiava, le disse: “fottimi, mettimi quel dildo nella fica e scopami avanti, cosa aspetti” poi aggiunse con tono ansante ma più gentile perché non voleva dare ordini alla sua amante “ti supplico tesoro ho così tanto bisogno di godere”.

Patrizia prese il dildo e giocò con esso facendolo passare con la punta in una estenuante carezza sulle labbra aperte anzi spalancate della sua amica, era bagnata e vogliosa, la sua fessura era aperta come un fiore che sboccia, poi premette e osservò lentamente la punta penetrare nel nido d’amore, Yvana sussultò nel sentire la punta penetrarla e si inarcò spingendo il ventre in avanti con un’impazienza di essere penetrata che mai Patrizia le aveva visto, allora si ritirò leggermente era lei che guidava il gioco e le disse: “tesoro,ti amo ma se lo vuoi devi essere un po’ più paziente altrimenti lo tiro via”, “Nooo, ti prego noo, dammelo ti prego e si spalancò ancora di più aprendo le cosce che sembrava volesse slogarsele.

Patrizia lentamente penetrò nella fica di Yvana che stava colando e quando il dildo fu dentro di lei totalmente le si mise sopra e se lo allacciò ai fianchi, restando immobile su di essa che smaniava la baciò prendendo possesso della sua bocca, e iniziò a muoversi ma lentamente, mentre continuava a baciarla adesso era sua , la sua padrona era sotto di lei e lei poteva gestire il piacere della padrona.

Si staccò e le chiese se voleva essere sfondata come una troia e Yvana le sussurrò all’orecchio un si che pareva un sibilo prolungato, allora Patrizia iniziò a dare libero sfogo alla sua azione e pompava come se fosse stato un uomo ma con la differenza che non si ammosciava mai, e avrebbe portato Yvana all’orgasmo, la situazione la eccitava notevolmente e sentiva che anche lei avrebbe goduto, e sentiva Yvana avvicinarsi all’orgasmo perché era tutta un tremito e urlava il suo godimento, arrivarono insieme a godere ma Yvana stava avendo un orgasmo multiplo, così che benché stesse godendo anche Patrizia si fermò solo un attimo il tempo di gustarlo ma poi continuò ancora a sbattere la sua amica che pareva fuori di testa.

A Patrizia piaceva vedere che Yvana non aveva più il controllo, infatti le sollevò le gambe e se le mise sulle spalle così arrivava più a fondo , e lo fece perché voleva arrivare anche a servirsi dell’ano della sua padrona che sapeva vergine, voleva essere lei a sverginarla e non qualche stronzo che avrebbe rimorchiato.

Il solco era perfettamente lubrificato dall’enorme quantità di succhi che Yvana aveva emesso, e quando Patrizia le usci dalla passera e si appoggiò all’ano questa non ebbe il tempo di rendersi conto del cambio di programma era troppo presa dal piacere e Patrizia fu velocissima le infilò la cappella nell’ano e poi aprendole le chiappe meglio affondò fino in fondo, Yvana lanciò un urlo, era stata presa da dietro per la prima volta, ed era infilzata come una farfalla, le mancò il fiato, ma non era in grado di connettere, sentiva il dolore, ma Patrizia le infilò tre dita nella fica e con il pollice le premeva sulla clitoride facendola partire per un altro orgasmo e allora iniziò a muoversi nel retto adesso ben aperto di Yvana e la portò al piacere inculandola, e Yvana non si ribellò più, la scopò nel culo per una mezz’ora, facendo godere la sua padrona come non aveva mai goduto in vita sua fino a quando non rimasero avvinghiate ed esauste sul letto che pareva tutto fuorché un letto.

Le lenzuola era per terra, era stata una dura battaglia, Patrizia si slacciò le cinghie dal pene che lasciò conficcato nel culo di Yvana, e poi si toccò la fighetta da sola raggiungendo un meraviglioso orgasmo liberatorio.

Yvana non era in grado di connettere, e si addormentò Patrizia la teneva tra le braccia ma era felice, anche lei sapeva essere un po’ sadica all’occorrenza e benché avesse approfittato della debolezza momentanea di Yvana ne ricavava un piacere subdolo a tenerla con il culo farcito con quel dildo.

Al mattino Patrizia si svegliò e si alzò a preparare la colazione, ritornò in camera e svegliò Yvana leccandola aveva ancora il gusto sul corpo dei loro odori della notte appena trascorsa.

Yvana si stiracchiò ma così facendo sentì il dolore del dildo conficcato nel suo culetto, lanciò un urletto ma poi si riprese, si mise in ginocchio sul letto, poi guardò sopra le spalle la sua schiava con il vassoio della colazione in mano, e le sorrise passandosi la lingua sulle labbra era eccitata dalla lingua che l’aveva svegliata, e la invitò a darsi da fare Patrizia non se lo fece ripetere e posato il vassoio si avvicinò, le baciò le natiche e si allaccio in vita il dildo e le disse: “vuoi ancora un po’ d’amore contronatura mia signora?”.

“si dai accontentami, sono una troia oggi e ho ancora voglia di te amore”.

E Patrizia iniziò a scopare la sua padrona con un piacere che non pensava potesse ancora provare dopo quella notte che era stata di per sé anche troppo intensa ma come gli alcolizzati non gli basta mai.

Godettero così e poi  fecero colazione assieme sul letto, fino a quando, non ricominciarono a baciarsi e a leccarsi con dolcezza e raggiungere l’estasi con le loro lingue in un sessantanove da togliere il fiato succhiandosi e bevendosi come se fossero assetate abbandonate nel deserto. E si riaddormentarono di nuovo quando ebbero finito esauste.

Era passato mezzogiorno quando Yvana si svegliò, teneva tra le braccia la sua amante schiava, si avevano probabilmente raggiunto un buon livello d’intesa, la loro storia avrebbe avuto un seguito non aveva più dubbi, Patrizia era la sua schiava d’amore, e sarebbe stata fedele e complice nel sottomettere la madre di Sabina.

Si alzò e svegliò dolcemente Patrizia che si stirò sul letto pigramente, aprì gli occhi e vide Yvana che la baciava con piccoli bacetti sul collo, sulle guance, sopra le sue labbra.

“Come sta la mia schiava d’amore?” chiese Yvana.

“Divinamente mia adorata padrona” rispose Patrizia.

“Alzati amore, inginocchiati davanti a me” le ordinò Yvana e Patrizia obbedì, Yvana aveva usato un tono dolce e delicato nel parlarle, e proseguì “mia adorata, io ti amo, ma voglio anche la tua sottomissione alla mi autorità, quello che è accaduto questa notte si potrà ripetere, ma io sono la padrona e tu la schiava siamo d’accordo su questo?”, “Oh sì, il mio desiderio è di amarti, ma anche di esserti sottomessa, senza questa forse io non potrei trovarmi a mio agio, sei la mia padrona assoluta, hai il dominio del mio corpo e di tutto io ti appartengo, e ti amo”.

“Bene, è quello che volevo sentirti dire”e aggiunse “aprì la bocca devo fare pipì”.

Patrizia sentiva l’umiliazione estrema alla quale la sua padrona voleva portarla e arrossì violentemente, ma al contempo un senso al basso ventre le fece capire che a causa di quell’umiliazione lei si stava eccitando, passato l’attimo di esitazione aprì la bocca davanti all’inguine della padrona che si liberò in piccoli schizzi nella bocca della schiava, permettendole di deglutire cosa che Patrizia dominando il disgusto fece, convincendosi che era un nettare divino, dovette fare uno sforzo teremenmdo ma riuscì a bere tutta la pioggia dorata della sua padrona, la quale pretese di essere ringraziata.

Patrizia ringraziò la sua padrona del magnifico dono, e così dicendo il suo volto s’incendiava di vergogna e questo faceva fremere la sua padrona perché se non avesse provato vergogna non sarebbe stato piacevole per lei imporle la sua pioggia dorata.

 

 

 

Quella mattina dopo due giorni dall’incontro con Sabina ricevettero una telefonata dalla stessa, la quale chiese se poteva nel pomeriggio passare con la madre per fare loro una visita.

Aveva risposto Patrizia e le rispose che sarebbero addirittura state liete di riceverle per il pranzo se desideravano. Sabina accettò con entusiasmo, e pare che la madre che era lì vicino avesse dato il suo assenso.

Arrivarono puntuali, e Sabina sempre con un vestitino troppo corto, tutto rosso fuoco, la madre con un abito nero a pois bianchi, che le modellava il corpo perfetto e giunonico, mettendo in risalto il seno prosperoso, stretto in vita da una cintura era ampio stile anni cinquanta a campana aveva delle calze malgrado il caldo.

Aprì Patrizia vestita da cameriera, con l’abito succinto della volta precedente, e fece accomodare le signore dicendo loro che la padrona le attendeva in salotto.

Susanna non riconobbe in quella ragazza calva la Signora Patrizia, ma il suo abbigliamento ed il suo linguaggio la fecero leggermente arrossire pensando ai migliori momenti dei suoi giochi di sottomissione con il suo amante o i suoi amici.

Yvana attendeva in salotto con un abito dal taglio severo ma seducente che fasciava il suo giovane corpo che non aveva nulla da invidiare.

Fece accomodare le sue ospiti e ordinò a Patty di servire i cocktails.

Poi parlarono del più e del meno, Yvana come aveva detto a Sabina aveva tirato fuori delle stampe di scene sadomaso e ne aveva decorato le pareti del salotto, e parlandone distrattamente aveva invogliato la madre a prendere in considerazione una visita a Yvana era troppo curiosa e da troppo tempo non aveva la soddisfazione di godere se non facendosi dei ditalini.

Inoltre Sabina aveva accennato che la cameriera della Signora Yvana era molto docile e sottomessa, e anche questo aveva incuriosito la donna.

Susanna stava guardando le stampe ed un lieve rossore apparve sulle sue gote, e anche il respiro le si accelerò, questi segni non mancarono di venire rilevati da Yvana che vedeva la Susanna che sembrava molto sensibile, iniziò a parlare di tempi in cui le serve venivano punite quando era necessario, e anche le mogli dai mariti,ora non si usava quasi più.

Lei però ci teneva alla disciplina e aveva una domestica molto sottomessa, alla quale non faceva mancare una buona sculacciata se questa era necessaria, la disciplina era importante.

Susanna assentiva e ogni tanto guardava di sottecchi la cameriera che era dietro di loro con il vassoio dei cocktails, Patrizia sapeva che doveva servire d’esempio ma malgrado tutto non riusciva a impedirsi di arrossire al sentire i commenti che la riguardavano.

Susanna era sempre più tesa e quando Yvana la invitò a servirsi il bicchiere le tremava leggermente in mano.

Yvana era insinuante e cercava di fare sbilanciare Susanna sull’argomento ma quest’ultima era molto imbarazzata, tesa eccitata ma troppo imbarazzata.

Yvana le invitò ad accomodarsi a tavola e Patrizia portò gli antipasti, e nel completare di servire allontanandosi mise male una delle posate sul vassoio e la fece cadere, questo era stato concordato con la sua padrona per avere un pretesto per punirla.

Immediatamente Yvana le disse: “Ma Patty, cosa fai sei sempre una stupidina sbadata, avanti vai prendere la frusta e vieni subito qui”.

Patty lasciò il vassoio e prese una frusta dal cassetto di un mobile, e si presentò davnti alla sua padrone che la fece inginocchiare su una sedia le scopri le natiche sollevandole il vestito e tenendolo fermo con la cintura del grembiulino, dopo di chè le diede sei colpi di frusta sulle natiche protese.

In quella posizione Patrizia non nascondeva nulla delle sue grazie, si vedeva perfettamente che aveva le labbra depilate ed eccitate, dalla posizione dall’umiliazione di venire punita davanti a delle persone estranee al loro rapporto, ma la vergogna non faceva che aumentare il desiderio di godere sotto il trattamento che la sua padrona le infliggeva.

Le ordinò di rimanere con la sottana sollevata per il resto del servizio, e Yvana si accomodò tranquilla e sicura di sé, come una vera padrona, Patrizia era imbarazzata, ma obbediente continuò a servire le tre donne.

Arrivarono al dolce che era stato portato dalle ospiti, e lo presero comode sul divano, a quel punto Susanna che era da un’ora abbondante che cercava di nascondere il suo turbamento chiese di andare al bagno a rinfrescarsi.

Yvana si alzò e le disse che l’accompagnava lei, Susanna non disse nulla, quella donna autoritaria la intimoriva ed eccitava molto più del suo amante, Yvana entrò nel bagno insieme con Susanna la quale rimase immobile in attesa che lei la lasciasse sola.

Yvana aveva un sorrisino ironico sulle labbra, e le disse: “sei venuta per fare cosa al bagno?”  non la lasciò ribattere “sono sicura che ti ha eccitato vedere la punizione della mia schiava, e adesso sei bagnata”.

Susanna abbassò la testa arrossendo, la remissività ed il desiderio di essere sottomessa della donna fece sorridere Yvana che sapeva che era così, le si avvicinò e le mise le mani sotto la gonna, le toccò il sesso attraverso le mutandine e sentì che erano bagnate, e sottolineò canzonandola questo fatto “accidenti siamo bagnate hai inzuppato le mutande mia bella, ti eccita vero tutto questo,magari ti piacerebbe che ti accarezzassi per bene e anche che ti facessi il culo a strisce con la frusta vero?”.

Susanna non parlava era rimasta in silenzio, purtroppo ogni volta non poteva resistere aveva imparato a godere nel venire maltrattata da uomini e da donne, così si era divertito il suo amante al quale si era prostituita per pagare i debiti del marito e non poteva farne a meno, era una perversa e due lacrime le rigarono il volto perché si vergognava ma non sapeva e voleva ribellarsi desiderosa di raggiungere il piacere. 

Yvana vedendola così già ben addestrata decise di accelerare le fece togliere il vestito e le mutandine non portava il reggiseno malgrado i suoi quarant’anni aveva un petto che stava su bene.

Yvana la fece mettere carponi e la masturbò da dietro, Susanna inarcava la schiena per offrire le sue natiche e la sua fica alla masturbazione della dominatrice, che si rese conto di quanto fosse calda quella donna.

Ad un certo punto si fermò e un sospiro di delusione uscì dalla bocca di Susanna che chiese di farla godere.

Yvana le disse che avrebbe goduto di più se sapeva attendere, sarebbero andate nella sua stanza dei giochi.

Susanna non voleva, disse che forse un altro giorno sarebbe venuta senza la figlia e allora si sarebbero divertite, avrebbe accettato tutto anche la frusta.

Yvana si mise a ridere, e le disse: “tesoro tu desideri godere ed essere schiavizzata, e io ti userò come schiava e se lo vorrai ti prenderò in considerazione per tenerti come mia schiava anche in futuro, ma decido io come e quando e ho deciso di metterti alla prova oggi, tu mi seguirai nuda e passerai davanti a tua figlia e mi bacerai i piedi se te lo ordino”.

“La prego signora, non davanti a mia figlia, è ancora una bambina, la prego non questa vergogna”.

“Tu godi nella vergogna troia” le mise delle manette agganciate dietro la schiena prima ancora che Susanna facesse cenno di alzarsi, per lo scambio di battute lei era rimasta in ginocchio già consapevole di desiderare sottomettersi.

Yvana chiamò Sabina e Patrizia e disse loro di mettere un collare e guinzaglio alla sua nuova schiava, Susanna scoppiò in singhiozzi di vedere sua figlia complice della dominatrice e piena di vergogna rossa in volto non riusciva a fermarsi dal piangere.

Sabina le cinse il collo con un collare e Patrizia vi agganciò un guinzaglio che porse alla sua padrona.

Yvana prese il capo del guinzaglio e costrinse Susanna ad alzarsi, la condusse così fino alla sala delle punizioni dove accesa la luce Susanna poté vedere l’arredamento e l’attrezzatura per le punizioni, ebbe un sussulto al basso ventre.

Il suo istinto e la sua voglia andarono oltre le considerazioni morali, Yvana la fece sedere su una sedia munita di un grosso fallo, fece in modo che il fallo la penetrasse nella vagina ben lubrificata dall’eccitazione della donna. 

Le tolse le manette e le serrò il polsi sui braccioli della poltrona dove delle polsiere erano predisposte.

Poi le disse: “adesso mia cara riceverai una punizione esemplare perché sei una gran troia e ce lo dimostrerai, e poi mi supplicherai di prenderti come mia schiava”.

Susanna era in silenzio non osava parlare, Yvana aveva in mano un gatto a nove code, quello di pelle morbida, non avrebbe ferito la carne della donna ma alla lunga le avrebbe arrossato la pelle ben bene.

Le sferzò il primo colpo sulle tette piene e sode che tremolarono sotto la sferza, dopo alcuni colpi Susanna cominciò a muoversi sul fallo che la teneva impalata, e allora vedendo questo Yvana diede uno sguardo d’intesa alle sue altre schiave che osservavano la scena.

Susanna cercava di godere andando su e giù su quel fallo mentre la domina la frustava, ma quando Yvana si avvide che l’orgasmo le stava arrivando si fermò aiutata dalle altre due la slegò e la fece alzare dal fallo.

Susanna stava impazzendo aveva così voglia di godere che implorò che la lasciassero finire.

Allora la misero in ginocchio, sua figlia e Patrizia le tenevano le braccia solle vate all’indietro costringendola a tenere la schiena piegata verso terra e le natiche protese.

Yvana le chiese cosa desiderava e se lo chiedeva bene forse l’avrebbe fatta godere.

Susanna sconfitta rispose: “signora desidero godere sto impazzendo, non ce la faccio più, sarò la sua schiava farò qualunque cosa ma non mi lasci così abbia pietà di me”.

Susanna era stata sconfitta dal suo desiderio, qualsiasi cosa le avessero fatto o chiunque avrebbe potuto ottenere tutto da lei con un po’ di dolce violenza era una donna che aveva bisogno di godere nel dolore, come Patrizia e sua figlia.

Yvana era totalmente soddisfatta, aveva tre schiave per il suo piacere il suo piccolo harem e avrebbe potuto andare al club ad esibirle.

Quella sera Susanna telefonò al marito dicendogli che lei e Sabina di prendevano una vacanza con la Signora Yvana.

Mentre parlava con il marito era nuda in ginocchio con un fallo di lattice infilato nel sedere, e poi passò la cornetta alla figlia per salutare il papà.

Infatti partirono il giorno dipo per un vacanza in una villa in Sardegna dove una socia del club sado-maso in cui Yvana aveva comperato la sua attrezzatura l’aveva invitata, e avrebbe fatto sensazione lei neo-padrona arrivare con tre schiave e totalmente domate come una vera sovrana con la sua corte.

 

Leave a Reply