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ciao a tutti,
sono Deborah, una ragazza come tante,o meglio in molti mi hanno detto che sono molto più avvenente della media e, nonostante cerchi di curarmi il più possibile, non credo sia esattamente così: sono perfezionista e sempre insoddisfattta, anche se è successo che osservandomi completamente nuda allo specchio sia rimasta colpita dal mio corpo curvilineo e slanciato, dai fianchi ben pronunciati e femminili, dal seno morbido con areole grosse e rosate e da un pancino piatto a sormontare la mia area critica, quella che cela il mistero di ogni donna, il vero centro del piacere e della femminilità, insomma quello cui tutti, maschietti e non, mirano.
ora ho 23 anni, ma l’episodio realmente accaduto che vorrei raccontare si riferisce a oltre tre anni fa: ricordo che avevo appena terminato la maturità classica con un bel 95.
M’ero interessata a prender parte ad alcune prove per entrare in un corso a numero chiuso che mi incuriosiva e in quell’occasione mi sarei dovuta spostare dal mio paesello/cittadina dell’Umbria, verso la grande metropoli, dove fortunatamente abitava mia zia coi i miei due cuginetti più piccoli (suo marito, mio zio acquisito, era raramente in casa perché lavorava e lavora per l’esercito).
A Firenze mi aveva accompagnato il mio ragazzo Matteo. Che potrei dire su di lui? Penso fosse l’uomo ideale, forse senza grandi capacità di sorprendermi, ma non mi aveva mai fatto mancare nulla. Ci eravamo messi insieme due anni e mezzo prima e da un anno avevamo rapporti completi. Lui mi aveva iniziata alla sessualità, non avendo confronti non avrei saputo allora giudicarlo bravo o meno. Ora, dopo il mio attuale, direi che se la cavava, anche se forse fin troppo delicato, non davvero trasudante sensualità. Eppure era il ragazzo che tutte avrebbero desiderato: premuroso, forte fisicamente, carino e almeno all’apparenza sincero. Quel pomeriggio avrebbe voluto fare una deviazione per pomiciare o forse qualcosa di più sull’auto, ma io mi negai decisa. Non volevo fare tardi né incorrere in problemi e poi non mi sentivo coinvolta quel giorno. Prima di lasciarci mi baciò molte volte alla francese, mi diede alcuni consigli e augurò l’in bocca al lupo. Ecco, la medesima cosa che a volte mi dava fastidio-cioé trattarmi come una bambina-era la stessa che me lo faceva adorare: in fondo quasi tutte le donne, chi più chi meno necessitano di un cavaliere senza macchia che le protegga. Lui aveva, anzi ha, due anni più di me: eravamo compatibili in tutto e sì mi piaceva….
Presi quindi il Freccirossa che collegava Firenze a Milano: mi ricordo che salii sul treno verso le sei e il viaggio sarebbe dovuto durare poco più di due ore. La carrozza non era così piena come mi aspettavo e un ragazzo gentile, probabilmente volendo esibirsi in un atto di galanteria nei confronti di quella che riteneva essere una bella ragazza, mi aiutò a sistemare la valigia nell’apposito scomparto. Quel giorno ero vestita semplicemente: scarpe piuttosto alte, gonnellino al ginocchio, calze scure e golf viola aderente a V. Era fine settembre, l’aria limpida e ancora intrisa dei sentori dell’estate che declinava inabissandosi nella sequela di giornate sempre più brevi. Difatti prevedevo che di sera avrebbe fatto fresco al nord; sotto il golfino indossavo una camicetta bianca aderente: non apparivo come una dea della sensualità quel famoso giorno, ma le mie forme erano comunque molto intuibili e provocanti per chi avesse avuto l’occhio attento e la passione per le fanciulle in fiore. M’ero truccata piuttosto leggermente, con un rossetto non troppo acceso, eyeliner non pesante, poco phard, mascara per ciglia e avevo i capelli completamente lisci tenuti ordinati da un fermacapelli a forma di farfallina e pettinati all’indietro. I miei capelli erano castani scuro (erano perché ora sono tinti di nero) e gli occhi sono di un bel colore nocciola con riflessi d’ambra alla luce. Le unghie non erano lunghe, molto curate, quello sì, perché ci ho sempre tenuto molto. Non indossavo alcuno smalto.
Sedendomi vidi che ero seduta a fianco di una poltrona libera, mentre dall’altra parte, opposta alla direzione di marcia, sedeva un ragazzo, piuttosto di bell’aspetto, sulla trentina e una giovane che avrà avuto suppergiù la mia età, pensai sulle prime. Rimasi colpita dall’armonia del suo aspetto ma fu solo un pensiero di un attimo.
Non badai più molto ai compagni di viaggio, introdussi nelle orecchie le cuffie dell’ipod e mi misi ad ascoltare una canzonetta come un’altra iniziando a sfogliare il libro di preparazione al test con una tale svogliatezza che presto chiusi gli occhi abbandonandomi alla melodia e alla velocità quasi impercettibile del treno.
Fui svegliata da un ticchettio sulla mia spalla e solo allora osservai meglio il mio compagno di viaggio: era un ragazzo con la barba rasata di fresco, lineamenti regolari, occhi molto luminosi e sguardo penetrante, fisico asciutto e abbigliamento casual, ma non trascurato.
“Signorina, volevo solo avvertirla che tra poco passerà il bigliettaio ed evitarle il trauma del risveglio dovuto ad un brutto controllore” scherzò cercando di accattivarsi subito i miei favori. Aveva accento neutro quindi non avrei saputo proprio individuare da dove provenisse. “Ah grazie” risposi tra l’assonnata e l’intontita con la voce ancora impastata. “Ma dove siamo?”-“Quasi a Bologna! Ci possiamo dare del tu? Come ti chiami e quanti anni hai?”-“Deborah e ne ho 19”-“19 eh, sei molto carina”-“grazie del complimento” replicai sorridendo un po’imbarazzata”. “Tu dove scendi? A Milano vero? Se ti va potremmo mangiarci un boccone insieme se vorrai!” mi chiese per nulla intimidito dal mio riserbo, anzi sempre più audace e avvicinandosi notevolmente.
“Mi spiace ma devo andare a casa di una parente che mi ospita e anzi sarà meglio mi affretti non appena arrivata. Grazie comunque dell’invito anche se non posso accettarlo!” gli replicai mostrandomi gentile ma ferma. Ero fidanzata e anche se non lo fossi stata non sarei stata ragazza da quel genere di avventure: dipende dall’indole, non dalla morale. In quel momento lessi un’espressione di stizza ben poco celata su quel viso attraente. Vero che non mi aveva neppure accaldata perché ero tendenzialmente fedele anche mentalmente e molto stordita dal viaggio. “Ah scusa, avresti potuto dirlo subito che giochi a fare la fidanzatina di qualche bamboccio, oppure sei una sorta di suora”. Io strabiliai strabuzzando gli occhi: “Come ti permetti? Non conosci nulla di me e ti stai dimostrando un gran maleducato cafone, con questo mi lasci stare” gli urlai quasi, attonita e cercando di mantenere la calma ristabilendo le distanze col consueto “Lei” mentre arrossivo, o meglio percepivo le guance accaldate per lo sdegno dell’affronto appena subito. A quel punto intervenne anche la ragazza seduta al suo fianco che sino ad allora non avevo ancora focalizzato al meglio: “Ho sentito per caso la conversazione e ti conviene sederti in un altro posto libero prima che arrivi il controllore e l’avvisi che stavi importunando anche la signorina”. A quel punto rispose ancora peggio, ma iniziò a grugnire vaghe minacce accingendosi a spostarsi e finalmente non lo vidi più pochi secondi dopo.

“Ti ringrazio tanto….tu ti chiami……?”-“Arianna….” mi sorrise dolcemente ma intensamente. “Sì, ecco, ti ringrazio… non ci fossi stata tu, avrei avuto altre noie con quel tipo. Che gente strana c’è al mondo.”-“Oh, aveva infastidito anche me, Deborah, ma l’avevo ignorato”. Solo allora la scrutai meglio, soddisfatta che avesse trattenuto il mio nome che avevo detto al maleducato. Pensai fosse stata ad osservarmi da un po’. Le chiesi se volesse sedersi più vicina a me così avremmo parlato, si pose di fronte, visto che non era occupato. Aveva dei bei capelli biondi, molto folti, che le ricadevano a boccoli sulle spalle, a cascata, occhi luminosissimi e assai grandi, voi uomini li descrivereste “da cerbiatta” come i miei, d’un bel di una sfumatura castana solo un poco più chiaro dei miei, resi ancora più interessanti dal mascara azzurrino che le conferiva un aspetto etereo eppur sensuale. La bocca era piccola, rosata, un filo più sottile ma con labbra ben definite, tutte da baciare pensai confusamente. Mi sorpresi di aver partorito una riflessione del genere ma la volli ignorare.
Il corpo era simile al mio: abbastanza alta (sicuramente sopra 1,70), forse un po’più snella ma con una terza abbondante di seno, ipotizzai, solo leggermente inferiore alla mia quarta. Era piuttosto curata nel vestire: indossava una gonna più corta della mia, non proprio minigonna ma quasi, anche lei camicetta chiara e spolverino grigio corto: non indossava calze e potei osservare senza dare nell’occhio la sfrontata bellezza delle sue gambe affusolate e tornite scoperte fino a mezza coscia. Le teneva composte e parallele come una diva, pensai tra me. Il colore rosato della sua pelle testimoniava piena salute con deliziose ciglia e un collo davvero aggraziato, non troppo lungo né tantomeno taurino. Nel complesso aveva un viso davvero straordinario che sulle prime non pareva così appariscente come quello di molte persone eccessivamente volgarizzate, ma poi appariva in tutto il proprio splendore: dimostrava un’innocenza quasi candida commista alla più conturbante sensualità.
Dalla camicetta potevo scorgere parte del suo intimo color panna (mentre il mio era nerissimo). Quando sorrideva inclinava leggermente la testa e mostrava dei denti perfetti: anche io li curavo molto, ma mi colpì vedere un sorriso di un bianco tanto abbagliante. Le unghie erano colorate con uno smalto azzurrino, mentre ai piedi portava tacchi di velluto nero non troppo alti, ma che, immaginavo, l’avrebbero fatta apparire qualche cm più di me.
Iniziammo a parlare del più e del bene e scoprimmo di avere passioni in comune come viaggi, lettura, musica e soprattutto quando il tema si spostò sui fidanzati, capii che era una ragazza molto particolare quanto a personalità perché mi confessò di avere avuto una storia di 4 anni (risultò averne lei 22) con quello che era stato il suo primo ragazzo per quanto attiene all’aspetto sessuale. Mi mostrò le sue foto: era davvero un bel ragazzo ma mi trasmetteva una certa inquietudine, non avrei saputo spiegarne la ragione. Aggiunse che era stata costretta a lasciarlo pochi mesi prima a causa della sua immaturità e del fatto che era entrato in giri strani di gente che fumava erba, anzi usava anche droghe più pesanti, e stava a concludere nulla tutto il giorno: questo l’aveva delusa molto e si sentiva trascurata, ma non l’avrebbe lasciato non le fosse stato riportato che il suo ragazzo era stato visto ubriaco mentre ne baciava una, anzi più d’una per la precisione. Questa era stata la classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso e, nonostante lui l’avesse scongiurata e le avesse chiesto perdono, lei era stata inamovibile. E ora voleva solo starsene tranquilla e godersi la vita della single: mi disse che aveva avuto già due partner fisici quell’estate anche se non erano stati rapporti umanamente soddisfacenti, anzi sperava di trovarne in futuro uno nuovo di cui innamorarsi nuovamente.
Le raccontai della mia storia biennale e ancora piuttosto salda con Matteo e le mostrai le mie foto con lui durante le ultime vacanze in Costa Azzurra: ammisi che era stato il mio unico ragazzo sin ad allora e quindi implicitamente le feci probabilmente immaginare quanta poca esperienza avessi in campo erotico; difatti poco dopo aggiunse: “sei così innocente, ma dallo sguardo ti si direbbe una seduttrice mangiatrice di uomini, immagino che ti corteggino a decine”-“Eh eh non esagerare” sorrisi con un pizzico di compiacimento, ma certo era vero che se mi mettevo un po’in tiro non passavo inosservata. Eppure non mi era mai andato di avere molti uomini non per la reputazione, bensì perché mi sentivo e mi sento unica, un tesoro da non condividersi.
Semmai ero conosciuta come quella dei flirt innocenti, un po’vanitosa e non socievole con tutti. Al gioco dei flirt mi dedicavo anche per ingelosire il mio ragazzo, passatempo che mi divertiva moltissimo, senza tuttaviaoltrepassare i limiti della decenza come si suol dire.. Alcuni che mi conoscevano di sfuggita, vedendomi e osservando i miei atteggiamenti, pensavano fossi una delle ragazzi più facili, abbordabili, del liceo. Avessero saputo che avevo avuto solo lui, a parte alcuni ragazzetti da nulla coi quali non ero andata oltre effusioni non sessuali, si sarebbero stupiti immensamente.
Arrivammo non so come anche a discorsi più riservati: lei mi confessò candidamente di essere ancora vergine nel buchetto dietro, cosa che anch’io dichiarai bisbigliando e utilizzando eufemismi e allusioni, ma mi colpì quando disse che amava toccarsi anche più volte al giorno da quando era adolescente, anzi praticamente bambina. Soprattutto ero attonita fossimo arrivate già a questo livello di confidenza dopo poche decine di minuti di conoscenza. Un tale scambio sarebbe stato quasi impossibile anche con mie amiche o conoscenti, eccezion fatta per le due o tre amiche più importanti, inclusa la migliore.
Probabilmente mi vide arrossire e quel suo modo di mettermi in imbarazzo non era casuale, ma da parte mia confessai sinceramente che non avevo maiesagerato nel cimentarmi da sola, eppure in alcuni periodi non potevo fare meno di darmi piacere godendo sulle dita, specie quando ero tutta sola in casa e avrei dovuto studiare, attività noiosissima che necessitava distrazioni. Allora mi stendevo sul letto o adagiavo sul divano e fantasticavo, magari togliendomi solo il gonnellino e i jeans, dopo aver carezzato il mio ventre e i miei fianchi superbi.

Quei discorsi, il suo sguardo, il profumo intenso e dolcemente speziato che emanava, mi avevano messo addosso un calore strano stillante dal basso ventre e fui contenta quando si alzò per andare al bagno. A quel punto lasciai scivolare una mano sotto le mutandine e intuii dal tessuto che aderiva al mio solco di essere molto bagnata, fatto che avevo sospettato. Rimasi un po’confusa e diedi la colpa ai discorsi intimi, ma non potevo nascondere che quella ragazza mi turbava. Eppure non ero mai stata attratta da un’altra donna: sì da piccola (all’inizio dell’adolescenza) mi ero baciata alcune volte con la mia migliore amica di allora, ma era più un gioco per prepararci ai baci veri, coi ragazzi, non aveva nulla di davvero erotico anche se era scambiato sulla bocca. Avevo anche passato uno o due estati con mia cugina con la quale mi ero toccata-ognuna per conto proprio, ma più per esplorazione e come momento di passaggio e sfogo fisico che per libera scelta. M’ero eccitata molto effettivamente, ma ritenevo ciò fosse dovuto al momento, ad un po’di esibizionismo sapendo che mi stava guardando più che ad un’attrazione per lei che non avevo mai messo in questione.
Provai allora un desiderio fortissimo di essere nuda, magari sdraiata sopra un tavolo alla vista di tutti e di masturbarmi senza pietà, senza alcun ritegno nel mostrarmi così aperta e oscena. Pensai all’ultima volta che l’avevo fatto, una settimana prima: ero rimasta a casa da sola e dopo pranzo mi ero sdraiata sul letto messaggiando col mio ragazzo. Per qualche parola lievemente piccante mi ero eccitata tantissimo, spogliata completamente dalla cintola in giù e dimenando ritmicamente il bacino contro una mano a pugno che premeva contro la clitoride, mi era bagnata tantissimo. A quel punto avevo infilato due dita dentro di me e preso a martellarmi dolcemente il clitoride stabilendo una profonda sintonia tra le due mani che mi sconvolgevano l’apparato riproduttivo: ero venuta in pochi minuti per poi rivestirmi e abbandonarmi ad un sonno profondo e ristoratore. Avevo gridato, incurante che qualche vicino avrebbe potuto sentirmi attraverso le finestre semi-aperte. Non mi toccavo spesso: preferivo di gran lunga avere rapporti col mio ragazzo, ma una volta la settimana era raro mancassi l’appuntamento anche con me stessa….specie se ero tesa e avevo bisogno di scaricare la tensione.
Fui distolta da quei discorsi dal ritorno di Arianna, ma proprio allora iniziò una tortura inaspettata che mi gettò nella più profonda confusione: dopo pochi minuti capii, o meglio secondi, scorsi con la coda dell’occhio che s’era tolta l’intimo sotto perché accavallando le gambe potei intuire la sfumatura rosa del suo sesso che mi parve completamente depilato o quasi. Il cuore iniziò a battermi all’impazzata e lei, quasi per provocarmi, continuò a parlare e farmi domande come nulla fosse. Il mio sesso richiedeva attenzioni e di certo stava impregnando di ulteriore nettare caldo le mie mutandine. Speravo solo non si sentisse il profumo della mia intimità che s’effondeva nell’aria.
Fortunatamente il tempo era volato, eravamo vicine a Milano e tutto sarebbe finito lì non fosse stato che mia zia mi telefonò per comunicarmi che mia cugina più piccola aveva accusato un forte mal di pancia, sospetto di appendicite, e l’avrebbe dovuta accompagnare urgentemente in ospedale. Mi disse che avrei potuto comunque suonare al citofono di casa sua, perché mi avrebbe aperto mio cugino di 10 anni.
Tuttavia fui dispiaciuta da quei contrattempi e spiegai ad Arianna la situazione: subito si offrì di mettermi a disposizione il suo appartamento, anzi disse che me l’avrebbe proposto ugualmente perché le stavo simpatica e già mi considerava una buona amica, a quel punto fece una mossetta ammiccante con gli occhi.
Aggiunse che viveva con due coinquiline della sua età che frequentavano giurisprudenza come lei, ma in quel periodo non erano ancora arrivate perché i loro corsi sarebbero iniziati solo tra due settimane: avremmo quindi avuto un’ampia casa in buona posizione cnetrale tutta per noi.

Decisi di fidarmi, non avrei avuto ragioni per non farlo: sembrava davvero una persona educata e ideale per far conoscenza. Chiamai mia zia per spiegarle come avevo risolto il problema: tutta preoccupata per il problema occorso a mio cugino, non ebbe problemi ad accordarmi il permesso. Chiamai anche mia madre e l’aggiornai sul viaggio e su dove avrei soggiornato; mi disse solo di stare attenta e di farle sapere l’indomani. Ah le mamme!
Chiamammo un taxi ed entro poco arrivammo ad un grande palazzo che non pareva così recente, ma era molto elegante e proprio in centro città. Fuori aveva iniziato a piovere ed entrare nel condominio fu una bella sensazione. “Sono sicura che ti piacerà, non è una reggia principesca, ma è accogliente e arredato bene” mi fece Arianna sorridendomi felice.
Guardai Arianna e la vidi soprappensiero e con le guance arrossate come fosse accaldata, le fissai le labbra dolcemente e lievemente dischiuse, il piccolo naso femminile e confrontai la mia altezza con la sua: sì eravamo alte quasi uguali, anche se le sue scarpe più rialzate le davano maggiore slancio. Mi parlava con la bocca molto vicina alla mia mentre ci trovavamo in ascensore così che potei sentire il profumo del suo respiro che mi sconvolse i sensi come una brezza afrodisiaca. Aveva un sapore fruttato molto sensuale. Penso che anche il mio respiro fosse profumato come sempre, dato che il mio ragazzo non perdeva tempo per baciarmi sempre adducendo tale peculiarità a pretesto.
Mi lasciò il tempo di mettermi in libertà: feci una doccia rilassante mentre Arianna mi attendeva in sala da pranzo davanti allo schermo tv: aveva ordinato la pizza e bibite per due. Non nego che durante la doccia avevo pensato a stuzzicarmi proprio lì perché non ne potevo più per l’eccitazione repressa e, togliendomi i vestiti, avevo potuto immergere le dita nel cuore del mio pertugio trovandolo bagnatissimo, me le ero persino portate alla bocca come facevo spesso quando ero estremamente eccitata.
Avevo (e l’ho ancora così se devo essere sincera) una patatina non rasata, ma ben curata, perché non mi va certo di mostrarmi al mare coi peli che spuntano fuori dal bikini, ma d’altro canto mi preferivo così: ordinata, con peli non troppo lunghi ad adornare il Monte di Venere, ma mai depilata integralmente. Guardandomi allo specchio ebbi un’altra fitta d’eccitazione e prima di mettermi sotto il getto dell’acqua m’ero piegata persino a pecorina per osservarmi meglio rimanendone senza fiato, sessualmente sconvolta, totalmente rapita dal mio corpo e dai miei lineamente. Fossi stata un uomo mi sarei sbattuta violentemente anche lì per terra o al muro. Mio Dio quanto avrei voluto sditalinarmi varie volte di seguito senza badare a soffocare gemiti e sospiri!
Indirizzai subito getto d’acqua sul seno e sul pube poi, ma mi trattenni dall’iniziare a godere sia perché volevo avere libertà di gemere e urlare, cosa che in quel bagno in cui ero ospite non avrei potuto fare e poi col doccino solitamente non venivo subito come quando ero sdraiata a letto: difatti non mi accadeva quasi mai ricorressi al getto d’acqua, mentre diverse mie amiche erano delle vere e proprie cultrici di questa modalità di masturbazione. La mia inclinazione alla riservatezza e al non essere mai eccessiva nel condividere con altri il mio corpo, mi aveva comunque sempre impedito di fare sedute di masturbazione di gruppo e, a parte familiari, il mio ragazzo e una o due volte qualche compagna di classe quando eravamo in gita, praticamente nessuno mi aveva mai vista senza veli.
Così rimasi con la voglia addosso e quando uscii dal bagno in accappatoio non potei fare a meno d’iniziare a stimolare il clitoride facendolo nuovamente diventare gonfio, ma anche allora dovetti purtroppo soffocarmi e reprimermi con mio sommo dispiacere.
Cenammo e scherzammo molto: con Arianna mi trovavo sempre meglio. Lei s’era messa una tuta, ma di viso era ancor più sensuale del pomeriggio in treno, io avevo indossato una camicia da notte che arrivava poco sopra le ginocchia lasciandole scoperte, avevo però tolto il reggiseno per prepararmi alla notte e il contatto tra capezzolo e stoffa serica mi provocava una nuova eccitazione e sensazioni fisiche molto accentuate.

Stabilimmo quindi di metterci sotto le coperte del suo letto a due piazze e guadarci un film in streaming. Durante una scena di sesso sentii un gemito soffocato ma-mezza addormentata- pensai potesse provenire dal film. Non credetti quindi ai miei occhi quando intercettai l’inequivocabile movimento di una mano galeotta sotto le coperte, all’altezza del pube della mia nuova amica. Non dimenticherò mai quando gli sguardi s’incrociarono e lei mi fissò rimanendo muta con le labbra dischiuse, era la maschera della lussuria e dell’eccitazione in quel preciso istante Dai suoi occhi traspariva solo l’immenso desiderio di godere di sé…e forse di me! Anzi sicuramente anche di me come avrei constatato di lì a poco! Avvicinò la bocca alla mia e all’improvviso, respirando più velocemente, prese a leccarmi le labbra con la lingua, mentre nel medesimo istante aveva portato fulmineamente la mano in corrispondenza della mia patatina incominciando a premere da sopra la stoffa, prima leggermente poi con via via maggior forza. A quel punto persi il controllo: smisi di pensare al fatto che ero fondamentalmente etero, che non avrei mai dovuto né voluto tradire Matteo, che stavo facendo qualcosa di cui forse mi sarei pentita, ma pensai solo al piacere mio e a quello di Arianna. Inseguii l’istinto fugace.
Mi alzai dal letto e iniziai uno spogliarello folle da capo a piedi: avevo voglia solo di togliermi tutto e offrirle il mio corpo alla vista senza più alcun ritegno, così in pochi secondi rimasi completamente nuda tranne che per due calze sportive che avevo ai piedi per proteggermi dal fresco serale, ma poi tolsi anche quelle con uno scatto felino e sinuoso. Le apri il mio roseo involucro con uno scatto dei fianchi che portò in avanti il bacino. Non mi staccava gli occhi di dosso: ora pareva lei ipnotizzata dalla mia fisicità. “Deborah…oh lo sapevo che avresti avuto una fichetta così bella e morbida, è da quando ti ho vista che non penso ad altro, in treno ti ho provocata e lo sapevo che avresti voluto anche tu…in bagno mi sono toccata per te, lo sai, mi è bastato un minuto per venire pensandoti e mi sono persino colati umori sulla tazza, anzi schizzati più che colati, non mi era mai accaduto prima….non li ho puliti chissà mai che qualcuno, un fortunato….”.
A quel punto persi ancora di più il controllo e il riserbo dato dalla naturale pudicizia. Abbandonai ogni indugio iniziando a toccarmi sfacciatamente davanti a lei, sdraiandomi languidamente al suo fianco come una bambina viziosa: mi sfioravo dandomi piacere lentamente e incessantemente come mai avevo fatto prima. Mi sentivo inzuppare l’area della fica e dell’altro buchetto in maniera esagerata e percependo il calore che pervadeva il mio bel corpo a partire dall’inguine. Quel flusso termico sembrava saettare dal pube al cervello e viceversa non concedendomi tregue. Con il medio della destra ticchettavo sulla clitoride, mentre con due dita della sinistra entravo e uscivo furiosamente e imperterrita dal mio antro caldo, divenuto umido proprio come prima di fare la doccia. Fitte di piacere percorrevano la vulva dall’interno per poi ristagnare all’ingresso di quell’antro delle meraviglie. Le scosse di pura goduria raggiungevano rapidamente il cervello: mi sentivo in calore come non ero mai stata da anni, probabilmente neanche prima di quando avevo perso la verginità. Iniziai ad ansimare e gemere via via più intensamente, arrivai a trattenermi con le mani alle coperte mentre alzavo e abbassavo il bacino ritmicamente ma a velocità crescente, i grossi seni quasi perfettamente rotondi seguivano l’andatura che le mie braccia imprimevano a quell’atto di pura lussuria, mentre mi mordicchiavo le labbra per l’assurdo piacere che provavo. Faticavo persino a tenere gli occhi aperti tanta era l’intensità del piacere che provavo, non solo fisico, ma soprattutto mentale. Sarei venuta di lì a poco se Arianna non mi avesse fatta alzare e accompagnata su una comodissima poltrona da ufficio. La posizionò davanti ad uno specchio a muro e si accovacciò mentre si toglieva il pezzo sotto della tuta assieme all’intimo. Potei solo vedere le sue dita entrare dentro di me prima di perdere ogni cognizione del tempo e avvertire la vista definitivamente appannata. La sua lingua aveva infatti iniziato a circuire con foga la mia clitoride, rosso e gonfio da impazzire come un piccolo glande, mentre tre sue dita mi scopavano la fica grondante che ogni tanto passava a ripulire dando requie al mio bottoncino. La passava poi sulle mie cosce roventi e giù sino al perineo dove si raccoglievano le colate del mio nettare trasparente. Era stato sufficiente il contatto tra la sua prima falange e le pareti del mio sesso per farmi chiudere gli occhi e mordicchiarmi le labbra fin quasi a farle sanguinare. Urlai il suo nome sguaiatamente e la presi per i biondi boccoli tirandoglieli con forza mista a dolcezza e strofinando il suo bel viso, sul quale avevo poggiato una mano, sul mio sesso ormai desideroso solo di esplodere. Arrivò addirittura a mordicchiarmi delicatamente la clitoride prendendo il mio bottoncino in bocca quasi fosse una caramella. Il mio petto si scuoteva ad ogni leccata che subivo che si risolveva in una contrazione involontaria del bacino. Emettevo interi fiumi di miele femminile tra sbuffi di piacere. Ma caddi letteralmente in deliquio quando passò a leccarmi le mie grosse areole e i capezzoli rosati e sensibilissimi che sormontavano il mio petto. “non ti hanno mai leccata così vero?” incalzava Arianna sicura di sé col respiro spezzato dall’eccitazione con cui mi assaorava. Poi fece una cosa per me pazzesca: m’infilò anche il buchetto dietro con un dito, poi due: quindi la mia situazione era questa: seduta su una sedia da ufficio completamente nuda, col corpo scosso da tremiti e vibrazioni, con la bocca che si contraeva al ritmo del piacere assurdo che stavo sperimentando per la prima volta, bramando aria per riprendermi dal godimento incessante che annichiliva, la fica penetrata da tre dita e roride di umori, il buchino dietro da due e la bocca di Arianna che mi succhiava voracemente la clitoride, a tratti poi proseguiva a mordicchiarla mandandomi in visibilio. Percepivo il suo alito caldo nella zona più interna della mia vulva, le implorai di soffiare sopra quell’area rovente. Avrei voluto che entrasse dentro di me con tutte due le mani: desideravo godere infinitamente, sentirmi spalancata e sgualdrina, di più: volevo essere sfondata dalle sue dita. Le gridavo di continuare, di scoparmi e distruggermi, ma lei, per estremo sadismo, rallentava a momenti il ritmo della bocca e delle dita proprio quando sentivo montare dentro di me le convulsioni orgasmiche, per poi riprendere a ritmo più blando in un tira e molla che comparavo alla peggiore tortura. “Voglio ubriacarmi di te, Deborah. E’da quanto di ho vista che penso …penso a questo” e poi ancora giù riprendendo a leccare. Le sue dita si erano molto pragmaticamente concentrate in corrispondenza del mio punto G determinando una serie di scosse elettriche che riuscivo sempre meno a controllare. Gridavo frasi sconnesse e mi lamentavo per la goduria, ciondolando sulla poltrona a destra e sinistra come fossi un’invasata. Solo a tratti ero in grado di aprire gli occhi e quanto vedevo non l’avrei in alcun modo connesso alla realtà. Era esasperante la lentezza con cui mi conduceva sulla strada dell’esplosione nonostante le mie suppliche di farla finita e di proseguire a titillare la clitoride. Mi sussurrava all’orecchio di tanto in tanto frasi talmente porche, cui rispondevo solo con un mugugno. “Lo vedi quanto sto godendo, lo vedi…mmmm” ripetevo come rivolgendomi ad un terzo interlocutore che ci scoprisse in quella scena.
Intanto con sforzo immane avevo riaperto gli occhi per bearmi con continuità del riflesso allo specchio, rialzando poi le gambe in aria per facilitarle il compito. Continuò ancora per poco a lapparmi il bottoncino e a penetrarmi le mie intimità fino ad arrivare praticamente all’utero con le punte della dita perché venni nel più potente orgasmo mai sperimentato in vita mia. “mmmmmmm mmmmmmm ahhhhh siiiiiiiiii vengoo vee vengoooooooooooooo. Arianna guardami continuaaaaa continuaaaaa così” riuscii ad emettere con quanta forza avevo. Non avevo mai bagnato intorno, ma quella volta i miei succhi colarono in rivoli copiosi impregnando le belle labbra vermiglie di Arianna che si affrettava a ripulirmi di tutto con la sua lingua lasciva. Ero spossata, una patina di sudore m’imperlava la pelle e avevo gridato tanto che probabilmente qualche vicino mi aveva udito. La mia fichetta pulsava-così come l’ano-quando la sfiorai per la prima volta dopo l’orgasmo, mentre Arianna si affrettava a darmi tanti piccoli bacetti sulle labbra per poi passare a quelli appassionati alla francese. Le lingue saettavano esplorando le rispettive belle bocche, esalando i nostri freschi respiri di giovani donne. Assaporai addirittura il sapore acidulo dei miei umori, me li spalmò anche sulle areole dei seni….mentre io recuperavo energie, fiato e desiderio vedendo che Arianna roteava convulsamente le dita attorno al suo scrigno del piacere, inserendole oscenamente anche nel buchetto posteriore. Allo specchio scorgevo tutto ammirando poi anche la mia fessura bagnata di rugiada e capii non sarebbe certo finita lì.

Mi guardai meglio allo specchio: avevo i ciuffi di pelo impiastricciati dalla saliva della mia avvenente amica non meno che dai miei umori che erano sgorgati copiosi fino a inzuppare la sedia, le guance arrossate e i capelli sconvolti, ma non mi ero mai sentita tanto sensuale. Allungai un piedino fino a porlo su uno dei seni di Arianna, grossi quasi quanto i miei, probabilmente ancora più sodi. Lo sfioravo con le dita dei piedi soffermandomi sui capezzoli che sentivo duri per l’eccitazione: sollevai poi le gambe trattenendole con le braccia per mostrare in piena vista e da vera svergognata la mia fica ancora arrossata per farla eccitare maggiormente. Ero divenuta esibizionista come non mai e, mentre vedevo Arianna che si masturbava, la mia mente la comparava ad una santa in estasi: non c’era nulla di laido o riprovevole in ciò che stava facendo, ma solo dolcezza, erotismo e passione….i suoi occhi erano socchiusi come i miei poco prima, quasi si stessero affacciando su un’altra dimensione, intrisa di beatitudine e delizie senza nome.
La vidi toccarsi e aprirsi con entrambe le mani e poi fermarsi, prendere da un cassetto un vibratore oblungo di colore fucsia e, senza accenderlo, inserirlo nella sua vagina rosata che vedevo bagnatissima così che non oppose resistenza ad inghiottirlo affondando nel suo ventre. Si tolse anche il pezzo sopra e il reggiseno rimanendo completamente nuda e aperta, oscenamente esibita davanti a me. Aveva un corpo e una bellezza di viso incantevoli, non ho ancora mai conosciuto nessuna più sensuale di lei: mentre sperimentava quei piaceri esalava dei mugolii e una ridda di sospiri erotici, provocanti e così femminili che mi riportarono presto allo stato di ubriachezza ed eccitazione iniziale. Ero ipnotizzata dai movimenti del suo bacino, dai suoi fianchi, dalla bocca che si dischiudeva e ovviamente da quel che avveniva nella sua area inguinale. Mi sconvolgeva e rendeva incandescente per osmosi. Avrei poi voluto slanciarmi a succhiare quei globi perfettamente modellati tanto sodi da muoversi poco anche al ritmo di furiosa masturbazione.

Ad un certo punto si produsse in un gesto che mi scosse talmente da farmi contrarre l’utero e quasi venire senza essermi granché toccata: sfilò il vibratore scintillante del suo piacere e s’infilò le mutandine color panna dentro la vagina rosata facendole quasi completamente sparire dentro di sé. Poi, come nulla fosse, riprese a stimolarsi il bottoncino, non disdegnando a momenti d’inserire anche un dito voglioso nel suo buchetto posteriore che veniva dilatato a tratti da ben due dita. Ogni volta che entrava laggiù, quasi per riflesso emetteva sospiri profondi e rumorosi. Vedevo occhieggiare quel secondo centro di piacere imperlato dal nettare che le scendeva a rivoli dallo spacco vaginale. Quest’ultimo era riempito e deformato dallo strumento che aveva posto in funzione. S’era lubrificata ancor più di me e pensavo a quanti membri maschili avesse inghiottito quella fica ora oscenamente occupata e in bella vista e quante infinite volte le sue dita fossero state bagnate dai suoi umori vischiosi. Mi aveva detto solo tre, ma ora ero ragionevolmente sicura che aveva avuto anche alcune esperienze femminili. E intanto mi guardava e gemeva regolarmente effondendo il suo odore di donna in modo da ottundermi i sensi dell’aria che avrei voluto assaporare.
Allora Arianna mi fece cenno d’avvicinarmi, dopo aver tolto dalla fica le mutandine e avermene fatto aspirare il profumo che mi lasciò letteralmente ebbra e paralizzata. poi mille volte più eccitata. Ero semplicemente stordita.
Mentre stava ancora sdraiata per terra a darsi sensazioni inenarrabili, ci baciammo appassionatamente facendo saettare la lingua dell’una contro quella dell’altra e finalmente mi respirò in bocca tutto il suo piacere….allora mi chiese di farla godere senza pietà con la stessa mia lingua. Io non l’avevo mai fatto e non l’avrei più fatto in seguito, ma quella sera ero talmente trasportata dall’eccitazione che ponendomi sopra di lei in un delizioso 69, iniziai ad avvicinare il mio viso al suo sesso mentre il mio bacino si trovava esattamente sopra il collo e il viso della mia bionda amica. Entrambe respiravamo il profumo della femminilità dell’altra. Era uno spettacolo estatico e indecente.
Non avevo mai aspirato un profumo d’intimità femminile così distintamente e vedermi a pochi centimetri quel ben di Dio irrorato di miele, incandescente e roseo. mi fece risultare spontaneo un gesto che in altri tempi non avrei mai fatto neanche sotto tortura: iniziai con le prime timide lappate nell’area attorno alla sua clitoride che avevo opportunamente scoperto dalle piccole labbra, poi scesi anche sulla vagina inserendo la lingua nello spacco tra i suoi petali quasi volessi penetrarla così. E poi ancora riportai la mia linguetta sulla clitoride di Arianna, solo un po’meno pronunciata della mia. Eseguivo le traiettorie che più mi venivano istintive e naturali. Il sapore non mi dispiaceva: era lievemente aspro e un poco salato, ma il profumo mi inebriava totalmente e facevo di tutto per suggere quei fiotti di liquido che colavano. Respiravo così affannosamente da stupire e allarmare me stessa, temevo di finire in iperventilazione. Non mi capacitavo delle mie stesse reazioni.
“Deborah stai tranquilla, lecca col ritmo che preferisci, io proverò piacere ugualmente” mi disse dolcemente Arianna incoraggiandomi ben capendo era la mia prima volta con una donna. La sua voce era però soffocata dai primi gemiti così avvolgenti e sensuali da stordirmi come altrettanti colpi violenti. Inserii anche, sulle prime timidamente, l’indice e il medio della sinistra dentro la fessura della mia amica trovandola fradicia e quasi bollente. Passai poi la lingua sulla base della sua vagina cercando d’inserirla nello spacco. Sì stavo penetrando con la lingua quella meravigliosa ventiduenne.
Ebbi una vera scossa quando anche lei iniziò a fare lo stesso con me: le leccavo la fica come in trance mentre lei mi serbava identico trattamento alla mia e le sue dita si muovevano ritmicamente all’interno delle mie pareti vaginali; quella camera da letto si riempiva vieppiù dell’odore del nostro profumo di donne, eccezionalmente afrodisiaco e della melodia dei nostri gemiti, ogni minuto più forti e appassionati. Riuscire a respirare mentre un’agile lingua saetta sul sesso in calore non era affatto facile, ma ormai erano solo eccitazione e lussuria a dominarci. Sussultavamo ad ogni leccata che subivamo. Entrambe andavamo su e giù col bacino ritmicamente all’inizio, poi quasi freneticamente, in modo incontrollato e convulso.
Velocizzai il ritmo con cui leccavo circuendole la clitoride, arrivai a mordicchiarla e presi poi a sbatterle il vibratore contro le pareti calde della sua vagina che sbrodolava. Imprimevo molta forza nel manico così da arrivare con slancio al collo del suo utero. Poi ripulivo per bene con la mia lingua. Non capivo più nulla e volevo solo mi esplodesse in bocca il suo piacere di giovane donna.

Stavo completamente per impazzire quando decisi di portare il mio prepotente seno destro all’altezza della sua passerina oscenamente spalancata dinanzi al mio viso per immergerlo quasi nel buco rorido del piacere della mia straordinaria compagna, mentre lei non smetteva di contraccambiarmi titillandomi la clitoride con una grazie e una voluttà indescrivibili: appena la mia areola si bagnò completamente la collocai lì dove si ergeva il suo clitoride gonfio ed era talmente sensibile che bastò quel contatto a farla esplodere negli spasmi orgasmici, presi nuovamente a usarle la mia lingua su di lei mentre era scossa dai fremiti inconsulti e quasi rimasi intrappolata tra sue cosce: era fantastica la sensazione del suo respiro caldo contro le mie intimità mentre provava piacere e gridava dimenandosi tutta e facendomi assaporare ancora i suoi umori costringendo il mio capo tra le sue gambe.

Esauste ci sdraiammo una a fianco dell’altra accarezzandoci come fossimo due amanti di lungo corso, non c’erano parole con cui descrivere tutta quella situazione così imprevista e ammetto che ero piuttosto imbarazzata tanto da non riuscir a spiccicare parola. Ci guardammo negli occhi dolcemente e io le sfiorai le labbra con le stesse dita che s’erano immerse poco prima nella sua intimità. Allora lei mi prese il dito indice in bocca e iniziò a succhiarlo come se fosse un pene cui stesse eseguendo una perfetta fellatio. Pensai fosse molto esperta, o quantomeno avesse una dote innata in quell’arte. Ricominciai ad eccitarmi irrefrenabilmente avvertendo un formicolio nelle parti bassi insieme ad un calore improvviso che mi obbligò a riportare la mano verso il pube.
Arianna mi guardò interrogativamente come se fossi una monella pescata con le mani nella marmellata e, fulmineamente, si riscosse: afferrò il vibratore e lo avvicinò alle labbra della mia fica che io aiutai ad aprire per consentire l’ingresso dell’aggeggio. “lo vuoi tutto dentro?”-“Sì, tutto…sfondamela ti prego, Ari” riuscii a rispondere con un filo di voce. Non ero mai sazia quel giorno e, pur non avendo mai inserito un oggetto, non mi spaventai e lo accolsi nel mio grembo allagato, tra il batticuore e fitte di desiderio che mi producevano contrazioni e sussulti sulla vulva incandescente. Quando fu entrato quasi tutti mi sentii molto piena e pronta a godere nuovamente: sospirai rumorosamente esalando quell’aria che espriavo sulla bocca di Arianna, la quale, intanto, lo aveva acceso dopo avermi fatta sdraiare sul letto a gambe peccaminosamente aperte mettendosi, a propria volta, sdraiata sulla pancia avanti al mio pube di cui aveva una perfetta visuale. Iniziò a farlo scivolare avanti e indietro nella mia fica straordinariamente lubrificata provocando una serie infinita di scosse interne: il movimento preciso e regolare che il polso di Arianna imprimeva al vibratore, unito alle vibrazioni continue, mi facevano letteralmente saltare sul letto come una forsennata alzando e abbassando il bacino perché la mia fica ingoiasse il vibratore con sempre maggior rapidità e frequenza. Intanto mi stringevo i seni masturbandomeli avidamente e strizzando i capezzoli.
Intanto la giovane bionda mi baciava ovunque lasciando scivolare la sua lingua rosata sui miei seni, sulla mia bocca e mordicchiandomi le orecchie e il collo. Ora mi metteva la mano sul ventre percependo forse le vibrazioni apppoortate dallo strumento di piacere che operava nelle mie più inesplorate cavità. Ero pronta ad esplodere, affannata ed eccitata come mai prima d’ora. Il cervello mi si stava spegnendo ed ero completamente comandata da quella rosa di carne pulsante in mezzo alle gambe, divenuta la mia padrona assoluta.
Ad un certo punto mi disse di tenere da me il vibratore e aspettarmi: iniziai quindi a stantuffarmi da sola con quell’oggetto fino ad allora completamente sconosciuto. Presi a muoverlo prima in modo impacciato e lento, poi a dir poco furiosamente come se volessi sfondarmi e punire la mia fica per tutti gli incessanti desideri che mi avevano travolta: ero tanto lubrificata che per un attimo pensai ci sarebbe passato persino un deodorante a spray, e dire che m’ero sempre ritenuta piuttosto stretta laggiù.

Ma appena vidi Arianna con in mano delle palline camminare nuda con studiata lentezza per farmi ammirare le proprie grazie e lascivamente ammiccante, capii che il godimento quel giorno avrebbe superato ogni previsione più ottimista. Mi fece sollevare un po’reclinando il bacino e divaricando al massimo grado le cosce così da riuscire a stimolarmi il buchetto anale, mentre con le dita vogliose lo preparava al contatto con le palline. Anzi arrivò persino a cospargerlo di saliva con la lingua, cosa che mi sconvolse sessualmente. Mugolavo come una matta. Ne inserì quindi una e, in tutta risposta, sussultai affannata urlando letteralmente per l’estasi mordicchiandomi le labbra convulsamente e muovendo il capo da destra a sinistra in una danza di voluttà caotica. Mi stavo penetrando ovunque, mancava solo la bocca ma a quella pensava di tanto in tanto la lingua vorace di Arianna che m’imbrattava di saliva un po’ovunque, mordicchiandomi nelle aree più sensibili. Nel frattempo persino i muscoli addominali mi si contraevano e i capezzoli erano sensibilissimi tanto da dolermi per il loro gonfiore eccessivo. Fu sufficiente l’ingresso della seconda pallina nelle mie viscere perché mi si annebbiasse la vista e cominciassi a percepire distintamente le contrazioni orgasmiche. Puntai i piedi, irrigidendo le gambe. Durante le solite contrazioni, Arianna si pose sulle mia bocca cercando di suggere il respiro del mio orgasmo che le sbuffavo addosso, proprio mentre le tiravo i capelli e quasi graffiavo sulla schiena. Poi il fiato mi mancò del tutto e dovetti allontanare la sua bocca.
Sotto ero un lago, letteralmente: gli umori colavano verso l’ano dentro cui lei aveva spinto anche una terza pallina. A dire il vero ebbi due orgasmi di seguito, cosa che mi accadeva solo quando ero realmente preda dei miei sensi, o non facevo nulla da molto.

Ero ancora stordita dagli orgasmi che mi facevano pulsare il sesso e contrarre violentemente le profondità uterine. Arianna mi schiaffeggiò un po’i seni facendomeli sobbalzare per poi obbligarmi a leccarmeli e producendosi languidamente a propria volta con un massaggio lento ed estenuato in cui alternava la bocca e le mani. Dopo avermi ripulita dal mio nettare copioso non lasciando andasse persa neanche una goccia e, non consentendomi di riprendermi, pose la sua vagina affamata sopra la mia esausta. Era non meno fradicia, scottava e pulsava mentre il bel clitoride, ben proporzionato all’interno del suo sesso, si ergeva desideroso di nuove attenzione. Potevo sentire attraverso la mia patatina il calore della sua.
Non mi feci pregare e stavolta quando scesi tra le sue gambe feci un lavoretto perfetto, leccandola come se volessi consumarle il sesso perfettamente liscio e depilato come quello di una bambina. La mia Venere bionda esalò la sua esplosione orgasmica in capo a pochi minuti tra urletti e gemiti. La sua estasi testimoniata dai movimenti del bacino posto sul mio viso che fu anch’esso innaffiato del nettare che colava abbondantemente. Sentii le contrazioni orgasmiche della sua fica rovente grazie alla mia lingua e fu una sensazione straordinaria. Inutile aggiungere che non esitai ad affondare due mie dita nella sua intimità per poi, grondanti e colme dei suoi umori, portarmele viziosamente alla bocca che le ripulì avidamente, poi eseguii nuovamente il medesimo gesto dissetando me stessa.

Ci riposammo per un po’carezzandoci le guance dolcemente. Ci arricciavamo i capelli e ridacchiavamo del più e del meno come per spezzare quella tensione erotica in più sopportabile. Poi Arianna prese a strusciare la caviglia e il resto del piede sul mio pube fradicio che solo allora si stava riprendendo dai bagordi orgasmici. Debbo ammettervi l’aria fresca che entrava lasciava sempre le mie parti intime in uno stato di costante tensione erotica. Velocemente mi rieccitai, anche se ero quasi stremata, ma la fica non era del tutto sazia, avevo ancora dentro un residuo e io non potevo certo negarle una nuova ondata di piacere. Inarcai la schiena come un’indemoniata mentre Arianna si accinse all’opera con apparente negligenza, ma in realtà in modo tale da direzionare gli sfioramenti sulla clitoride consumata. Mi sdraiai sul letto, portando il cuscino nella sede opposta a dove giaceva la bella Arianna così che la mia apertura fosse in piena vista, totalmente spalancata, così che poteva farne ciò che desiderava: allungò ancora il piede e compresi le sue intenzioni. Quindi spalancai con le dita la vagina, un po’arrossata e indolenzita per l’eccessivo piacere sperimentato e i numerosi sfregamenti di cui vi ho reso testimonianza. Dal canto mio, favorii con l’altra mano la penetrazione del suo alluce, resa facile dalla mia abbondante lubifricazione naturale. “Sei stupenda, Deborah, non avrei mai pensato tu avessi questa carica erotica, non ho mai conosciuto prima una ragazza simile” si complimentò Arianna cercando coi piedini la via che portava alle profondità bollenti della mia fichetta. Tra l’altro alzando la coscia per penetrarmi mi offriva uno spettacolare panorama sul suo stesso sesso ancora più bagnato. Aveva piedi divini, curati e splendidamente piccoli e femminili: capii perché tanti uomini vanno pazzi per i piedini femminili. Mi sentivo riempita e soprattutto percepivo un calore indescrivibile salirmi dal grembo.

Iniziò quindi una nuova tortura di piacere per me e un nuovo avvicinamento all’orgasmo per la mia fica squassata dai piaceri: avanti e indietro, avanti e indietro, mentre il bacino scendeva su e giù per favorire la penetrazione, di modo che raggiungesse il punto g del mio sesso, situato nella cavità interna e superiore della mia rosa bollente. Cominciai anche a masturbarmi in prima persona la clitoride schiacciandola e sconvolgendola alla ricerca di sensazioni ancora più allucinanti: mi sembrava di stare in paradiso tanto erano sconvolgenti le sensazioni che il mio corpo, i miei sensi e la vicinanza ad Arianna-che mi guardava con lussuria- mi arrecavano. Mi guardai allo specchio non credendo a me stessa: la giovane donna pudìca che ero sempre stata aveva lasciato il posto ad una creatura stravolta e assetata di piacere e sesso, saffico per giunta, che cavalcava un piede femminile volendolo sempre di più dentro di sé. “violami la fica, distruggimela….sì fino all’utero….non ne posso più'” mi ricordo che gridai a quel punto. Era semplicemente meraviglioso: il mio bacino assecondava proprio tutti i movimenti che sapevo più sussulti piacevoli mi avrebbero regalato. Le gambe erano divaricate alla massima estensione e la passerina lì esposta come mai prima. In altri casi avrei provato vergogna, persino con Matteo tale casta inclinazione non mi era stata estranea, ma ora era tutto diverso: non avevo alcun problema a lasciarmi andare perché avevo perso qualsiasi freno inibitorio.

Decisi quindi di fare lo stesso con lei, penetrandole la sua perfetta fica depilata e totalmente grondante. Subito prese a gridare e ad urlarmi di sfondarla e farla venire coi miei piedi. Ci guardammo un po’prima e sorridemmo maliziosamente con l’aria languida di chi è consapevole e come soddisfare le proprie voluttà.
“Deborah ti prego distruggimi anche tu la fica, voglio godere sui tuoi piedi, inondandoteli di nettare. Vai più veloce ti prego”….era forse più eccitata di me perché venne subito dimenandosi e muovendo anche a scatti l’alluce che ancora teneva all’interno del mio sesso bollente. Rabbrividii per la reazione che provavo sulle pareti della mia passare. Inoltre, vedere la sua espressione di beatitudine totale, sentire il mio nome chiamato a gran voce durante l’orgasmo e vederla così bella e schiava dei sensi, con gli occhi chiusi e la fica penetrata da una parte del mio corpo, mi fece raggiungere subito un orgasmo spaventoso. Fu veramente impetuoso: lo potrei paragonare solo ad una tempesta tropicale soffocata di lampi. Ero squassata da brividi e volute di estasi. Portai il bacino avanti e indietro per essere ancora penetrata profondamente dal suo alluce. Durante l’orgasmo non tralasciai di tamburellare come una pazza sul mio bottoncino martoriato a voler prolungare indefinitamente il piacere. Rimasi tramortita, senza fiato, senza coscienza. Le gambe mi tremarono per per qualche minuto, mentre la mia fica instancabile rovesciava all’esterno una quantità incredibile di umori che continuò a colare per minuti interminabili solcando le cosce e la pelle intorno all’inguine.
Dovetti massaggiarla a lungo perché avevo ancora tutta l’eccitazione dentro e non nego che avrei voluto godere ancora e ancora, mentre ero traboccante di umori mischiati a saliva.

Iniziai quindi a sfiorarmi imperterrita titillandomi e schiacciandomi sapientemente la clitoride mentre Arianna teneva ancora gli occhi chiusi e aveva ritirato inavvertitamente e delicatamente il piede dalla mia intimità oscenamente diltata. Tutta la stanza era divenuta ormai un alcova del sesso saffico più sfrenato: chi fosse entrato avrebbe sentito l’afrore penetrante e afrodisiaco dei nostri umori, dei nostri corpi sudati ed esausti. Eravamo lievemente imperlate di sudore per lo sforzo fisico, ma Arianna sembrava più distrutta di me, coi bei boccoli biondi sconvolti e tutta la zona del pube arrossata e bagnata di miele femminile non meno che da saliva. I suoi seni si ergevano imperturbabili come sempre, coi capezzoli lievemente in rilievo e l’areola ben definita e di un bel rosa scuro, lievemente più piccola della mia. Pensai che quel petto pareva scolpito da un grande artista. Osservai la sua pancia e il perfetto ombelico e mi tornò voglia di lei mentre avevo ripreso a toccarmi distrattamente.

“Cosa fai Deborah? Vuoi ancora godere, vero porcellina?” mi disse dolce e ammiccante, ma con un tono da cui potevo evincere la spossatezza fisica….”Va bene toccati pure, ma non venire perché ho in mente un altro giochetto che ti piacerà di certo”. Lasciami solo riprendere un poco. In quel momento mi avvicinai a lei e iniziai a baciarla, sempre continuando a torturarmi negligentemente lì sotto; ci baciammo a lungo lasciando che le nostre linguette s’incrociassero a mezz’aria disegnando un perfetto gioco d’amore. Ci leccammo anche i visi e mordicchiammo il collo. Io tentai di farle un succhiotto e lei reagì mordendomi le labbra. Entrambe avevano a lungo assaggiato il sapore delle rispettive intimità e, anche quando iniziai a gemere per il piacere che mi davo provocando, non smisi di proseguire nell’atto soffiando il piacere sul viso di Arianna. Poco dopo anche lei iniziò ad imitarmi a due mani: una la penetrava in profondità, l’altra le carezzava e titillava il clitoride. Eravamo abbracciate e avvinghiate e ognuna toccava se stessa mentre ci baciavamo appassionatamente: erano i baci più belli avessi mai ricevuto. Prima di Matteo avevo baciato anche altri ragazzi, ma mai nessuno era stato all’altezza di Arianna.

Le chiese, con la voce rotta dal piacere e frammista a sospiri, se avesse mai avuto altre esperienze con ragazze e lei ammise di aver fatto più volte con una sua coinquilina, anzi era accaduto anche di coinvolgere pure l’altra realizzando un’orgia che forse avrebbero riprovato. Aggiunse anche di non credersi lesbica, ma di aver scoperto questo lato bisex dopo la rottura col suo precedente ragazzo. Queste rivelazioni mi eccitarono ancora di più.
Osservavo con gli occhi socchiusi per la tensione voluttuosa che si sprigionava dal mio sesso irradiandosi in ogni direzione, i capelli biondi di Arianna, che arrivavano ora a coprirle i capezzoli e il seno imponente. Pensai fosse quasi una Madonna in estasi anche se subito mi vergognai per l’ennesimo accostamento sacrilego. Vedevo più giù che ormai la sua mano aveva anch’essa preso a tormentarsi il bottoncino con colpetti e movimenti circolari, mentre l’altra mano, ancor più lasciva, era occupata da un estenuante dentro-fuori nella vagina, prima con un dito, poi due, infine tre. Scorgevo tra gli spasimi dell’edonismo più sfrenato quelle dita bagnarsi del miele femmineo che le impregnava con la propria trasparenza.

Ad un certo punto Arianna smise di toccarsi e si avvicinò a me distendendosi sopra il mio corpo quasi fosse il mio ragazzo che mi voleva prendere nella posizione classica del missionario. Lasciò andar su e giù il bacino svariate volte cercando sempre il contatto dei nostri genitali bagnati, mentre mi baciava e palpava i seni prosperosi.
Poi si spostò quasi volesse collocarsi sopra le mie gambe a forbice: sebbene non avessi mai fatto una cosa del genere e l’avessi vista prima di quel momento solo una volta in un video-non amavo particolarmente i video porno, ma qualcuno ne avevo visto anch’io nella prima adolescenza-compresi che voleva prodursi nel tribadismo, ossia nello sfregare le nostre fichette riuscendo a far strofinare i peduncoli del piacere stimolandoli in questo guisa e aprendo per l’ennesima volta le vie dell’orgasmo.
Appena ci scontravamo, secondo il ritmo imposto dalla giovane puledra mia compagna di bagordi, iniziai a vedere le stelle e avvertire vicino il punto di non ritorno mentre la mia bocca si contraeva esattamente quanto immaginavo lo facesse la mia vagina, con ritmo regolare e crescente. Emettevamo gemiti più delle volte precedenti e ci stavamo letteralmente sciogliendo i sessi l’uno vicino all’altro: sentivo il contatto con la sua fica bollente e spingevo veemente il mio bacino verso di essa fino a far scontare il mio pube col suo.
Ogni volta pregavo mentalmente che i due clitoridi gonfi e pulsanti si scontrassero lasciandoci preda del piacere più puro e indicibile.I nostri nettari di giovani donne si mescevano lenti e, ad ogni incontro tra i nostri inguini, lasciavano stampate delle scie vischiose sui rispettivi inguini. Percepivo il calore della sua fica che, a tratti, s’incrociava con quello della mia passerina, oppure con i fianchi del mio bacino. Ovunque tracce vischiose del suo piacere mentre i miei seni erano inondati della sua saliva. Scorgevo nel delirio i suoi seni alzarsi ed abbassarsi in una danza terribilmente dissoluta ed erotica, mentre i boccoli biondi si alzavano ricascando come onde viziose, anch’essi fin quasi a coprire i seni, anche loro partecipi di quella ginnastica lasciva.

Ripensai per un attimo ai miei familiari e a Matteo: se solo avessero saputo cosa stava facendo la loro bambina, sempre lodata da tutti per la propria educazione e serietà, oppure se lui avesse saputo quanto la sua fidanzatina pudìca e riservata stesse godendo quella sera…..tutto ciò mi sospinse ad ancora maggior lussuria selvaggia.
Era come se le nostre due fiche si stessero baciando mentre i bacini si contorcevano rapidamente ruotando per raggiungersi quasi a volerci sfondare reciprocamente. Le grida di piacere interrompevano bruscamente il silenzio della notte e quando ci prendemmo per mano fu meraviglioso, riuscimmo persino a strapparci un bacio delizioso e intenso prima d’iniziare ad agire sui rispettivi clitoridi portandoci così ad un’esplosione inaudita e parossistica: penso che urlammo tanto che poco mancò svegliassimo tutto il condominio. Lasciammo i bacini di entrambe inzuppati del nostro nettare e le coperte anch’esse intrise così come del nostro sudore di ragazze in calore. Il piacere voluttuoso ci aveva letteralmente sommerse, ma proseguimmo per un ultimo orgasmo sempre fica contro fica che sconvolse i nostri uteri squassati dalle vibrazioni orgasmiche. Sentì sulla mia fica le scosse ritmiche della sua e capii che forse non avrei mai più provato un piacere simile a quel giorno: totale, incondizionato e devastante. Non avevo quasi più voce per quanto avevo gridato in occasione dell’ultima favolosa esplosione

Mi ero distrutta completamente: non avevo più forze dopo quei sei sublimi e potentissimi orgasmi, uno di seguito all’altro e ormai non avevo neanche più eccitazione perché ero stata svuotata e la mia fica affamata era stata saziata a dovere. Me la osservai allo specchio aprendomela: era ancora bagnatissima, di un rosa molto scuro all’interno causa il sangue che era affluito per l’eccitazione, la clitoride si doveva ancora sgonfiare, tornando a dimensioni normali. Il pube coperto di morbidi e corti peli era sconvolto, zuppo di umori e saliva. Portavo sul collo, sui seni e sulle natiche segni degli schiaffetti o dei morsi datimi dalla passione di Arianna, mentre le gambe erano diventate rigide contratte tanto che temetti mi sarebbe venuto qualche crampo. Ma mi trovai bella e affascinante: avevo le guance arrossate, gli occhi pieni di beatitudine per ciò che avevo sperimentato, le labbra d’un rosso intensissimo perché turgide di sangue, i denti bianchissimi e i capelli naturalmente spettinati e sconvolti dopo tante contorsioni…eppure, pensai, mi conferivano un’aria selvaggia, da donna cortigiana adusa a ogni atto proibito. Per la prima volta mi sentii una sacerdotessa dell’eros, una vera prostituta che col proprio corpo sapeva plasmare la realtà esterna e dominare anime. Non m’ero mai vista sotto quella luce, anzi talora mi erano pervenute voci che mi tacciavano d’essere troppo morigerata. Una volta in gita scolastica due miei compagne di classe desideravano organizzare una sorta di orgia con alcuni ragazzi del nostro corso. Io semplicemente avevo loro risposto che erano libere di fare quanto pareva e piaceva, ma non nella mia stanza e che ad una certa ora desideravo semplicemente riposare.

Mentre pensavo a tutto questo e carezzavo dolcemente le labbra della vagina, stavolta non per condurmi ad un orgasmo, ma semplicemente per rilassarmi, quasi a ringraziare il mio sesso per ciò che era stato, sentii un gemito soffocato: al mio fianco, Arianna aveva avuto l’ennesimo orgasmo semplicemente inserendo nella sua fica vogliosa le palline che erano state dentro di me e titillandosi velocemente il clitoride. Potei godermi quello spettacolo, di lei in preda a convulsioni, penetrata da quelle stesse palline viziose che abilmente venivano risucchiate dal suo sesso. Potei gustarmi le contrazioni che scuotevano quella rosa così bella e rosata. Addirittura riuscii a vedere il suo buchino posteriore spalancarsi e richiudersi rapidamente. Intanto gridava: “Deborah, Deborah…..sei stupenda, ti voglio ancoraaaa…..sì vengooooo, vengooooooo, baciami baciami”. Non me lo feci ripetere due volte e la baciai per interi minuti, mentre lei si toglieva le palline che l’avevano riempita. Erano scintillanti dei suoi umori e me le diede da leccare da un capo, mentre lei faceva lo stesso con l’altro suggendo il suo stesso miele e obbligandomi ad estendere i miei lunghi capelli scuri a sfiorare il suo sesso dei cui umori si sporcavano.

Presi poi a ripulire le gocce di piacere che le imperlavano il pube e le cosce, soffiando delicatamente sulla sua fica esausta. Arianna rispose con un dolce gemito mentre riposava sul cuscino con gli occhi chiusi. Quella vista era spettacolare così come lo era la visione della sua fica pregna di liquido gelatinoso. Presi a ripulire anche quella e il respiro della fanciulla che simulava il sonno innocente si fece più affrettato, ma eravamo troppo esauste per pensare di godere ancora. Ci scambiammo bacetti, dicendoci che eravamo state stupende e non avevamo mai goduto tanto in vita nostra, ci adorammo per un tempo interminabile e poi cademmo addormentate senza neanche ripulirci i bellissimi corpi con una doccia ristoratrice. Cascai nel sonno col respiro di Arianna sul mio volto, pensai che sapeva un po’di me!
L’indomani fu un altro giorno bollente, ma questa è un’altra storia che racconterò altrove…
Mi chiederete forse se iniziai a diventare l’amante di Arianna…e purtroppo voglio svelarvi che non sempre nella vita le cose vanno come vogliono: per me era stata un’esperienza sessuale e consideravo lei un’amica, per lei c’era qualcosa di oltre e questo portò a separare le nostre due strade. Ormai non la sento più da un pezzo se non per i compleanni o qualche data importante, ma sempre il ricordo di quella notte, la più eccitante della mia vita, mi accompagna ed è inutile dire che nelle sedute di autoerotismo mi capita di ripensarci, magari quando il mio Matteo, è lontano e mi lascia tutta sola….quando ripenso al caso che ci fece incontrare, lo ringrazio perché sarà sempre un ricordo indelebile per la mia mente e la mia intimità! Scrivo qui di seguito la seconda parte della confessione-racconto della mia prima e unica esperienza saffica con la mia amica Arianna, conosciuta sul treno per la grande città….

Dopo aver trascorso il resto della nottata teneramente abbracciate e con ancora sulle dita, in bocca e sul corpo i sapori dell’altra, mi svegliai sul presto, quando i raggi del sole iniziavano a filtrare dalla tapparella abbassata insinuandosi come rivoli d’oro nell’aria iridescente che contribuivano a strappare il mondo alla monocromia tediosa della notte. Mi alzai, ancora un po’intontita dalle poche ore di riposo e dalle fatiche erotiche della vigilia, facendo attenzione a non interrompere il sonno di Arianna. La mia avvenente neo-amica dormiva languidamente distesa con la bocca semisocchiusa, la stessa che mi aveva regalato un piacere mai sperimentato primaa: aveva un broncio dolcissimo e si intravedevano i denti perfetti di un bianco abbagliante-come del resto i miei- che potrei paragonare solo alla prima neve di stagione e pensai con un brivido che quelle labbra tornite di fanciulla mi avevano ridotta alla semi-incoscienza del godimento più efferato. Si erano infatti posate sulle mie parti intime, stimolandole a dovere e suggendo avidamente tutto il miele che era sgorgava incessantemente colando in rivoli incandescenti, quasi avessi tra le gambe un vulcano da cui eruttavano torrenti di lava infuocata.
Mi annusai le mani con voluttà e percepii ancora il suo odore anzi il suo profumo non potendo fare a meno di subire un’altra scossa che riverberava lì sotto. Strano-mi dissi- con tutto che ero abbastanza distrutta da tutto ciò che avevo osato fare la sera prima. Decisi di farmi una bella doccia e poi aspettare Arianna per provvedere ad una visita del centro città.
Mi spogliai non potendo fare a meno di accorgermi che la mia patatina era abbastanza arrossata internamente e sul corpo avevo qualche segno dei denti e delle unghie di Arianna che mi aveva morsicata e graffiata quando l’eccitazione e la passione erano traboccate al loro acmé soffocando ogni razionalità residua, trafiggendo inibizioni e timidezze. Io avevo d’altronde fatto lo stesso con lei. Mi baciai le dita che ancora sapevano del suo sapore di femmina e mi baciai anche allo specchio lasciando su di esso un lieve segno di appannamento dato dal mio respiro lieve: rimase sulla superficie riflettente l’impronta fugace delle mie labbra a cuore di cui ero tanto orgogliosa!
Mi sentivo bella e fresca mentalmente come non mai e la stanchezza provocata dalle emozioni proibite recentemente vissute, mi rendeva solo più affascinante. Ero sempre stata critica con me stessa, perché perfezionista, ma quella mattina pensai che davvero poche potevano vantare una sensualità maggiore alla mia e che, fossi stata un uomo, non sarei mai stata abbastanza paga del corpo che vedevo riflesso in quel momento allo specchio. Le areole erano così rosate e grandi che parevano quasi avere vita propria su quei globi anch’essi grandi, sodi e che reggevano perfettamente la forza di gravità grazie all’età giovanile.
Guardavo poi il ricciolo dell’ombelico che lasciava presagire la via verso il cuore del mio essere donna donandomi grazia così come la pancia piatta ed elastica che pareva ahc’essa un’autostrada sicura verso quel pube dalla classica “v” disegnata dai peli corti e curati. E se solo li avessi scostati un po’nella loro parte finale avrei trovato con le dita uno spiraglio che, ancora accogliente, era caldissimo, accogliente e forse avrebbe desiderato esplodere anche quel giorno dimostrandosi insaziabile come la vigilia. Quanto miele aveva versato…pensai! Quanto avevo sospirato e gridato….
Mi misi sotto l’acqua adagiandomi quale angelo languido nella vasca. Socchiusi gli occhi e mi rovesciai l’acqua calda addosso al corpo con la cornetta della doccia: a tratti bevevo quell’acqua calda insaponandomi col bagnoschiuma qualsiasi anfratto. Non tralasciavo di passare il getto sul buchetto posteriore e sulle grandi labbra cui tanto lavoro avevo procurato la sera prima. Mi coccolavo nel benessere di un sogno come poche altre volte mentre un fuoco erotico testardo stava ricominciando a covare sotto le ceneri estendendosi dalla fica squadernata al cervello.

Distrattamente e senza accorgermene avevo iniziato a sfiorarmi dolcemente la clitoride col dito medio e con l’indice della mano destra per poi orientare il getto del doccino proprio lì in mezzo alle mie gambe fomorse. Il piccolo bottone iniziava a farsi duro e pulsante. Mi stavo di nuovo eccitando follemente, ma ancora una volta fermai lo strumento galeotto e la mano lasciva preferendo posticipare ciò che mi sarei donata successivamente e senza riserve, magari ancora di fronte ad Arianna.
Indossando l’accappatoio e tornando in stanza, fui resa partecipe di uno spettacolo magnifico che non mancò di riaccendermi immediatamente e definitivamente i sensi: Arianna completamente nuda a pancia in giù, con i lunghi capelli di un biondo dorato che ricadevano a ondate sulle lenzuola dove avevamo goduto come ninfomani pazze la sera precedente. I miei occhi indugiavano lungo i fianchi superbi e le morbide natiche semidischiuse, adoravo le curve del suo fondoschiena scolpito: scorgevo in parte-o meglio intuivo la forma della sua fessura oscenamente svelata al mio sguardo. Arianna si svegliò dolcemente stirandosi e inarcando la schiena pigramente. Simulò di volersi toccare scherzando e mi sorrise fatata protendendo le labbra a cuore come a esigere un bacio che subito le stampai sulle labbra mentre gettavo a terra l’accappatoio a terra mostrandole impudicamente il mio corpo ormai asciutto, rigenerato e profumato.
La vidi porre la mano destra sotto la pancia e poi rendere visibile propria sopra la sua passerina aprendosi le valve con due dita dissolute: aveva iniziato ad indugiare lussuriosamente applicandovi carezze prolungate. Non passò molto che se la aprì ancora oscenamente e, sempre sorridendomi ammiccante: il suo meraviglioso fiore rosato era già innaffiato per l’eccitazione. Probabilmente, come capita a quasi tutte, il solo fatto di mostrarsi provocava immediatamente una reazione fatta di una ridda di scosse altamente erotiche.
Mi morsi le labbra fremente di desiderio montante. Avrei voluto leccare e farmi leccare, o, quantomeno svuotarmi sulle sue mani, ma decisi di cominciare anch’io un giochino perverso. Salii e mi sedetti sulla scrivania di fronte al letto e, dopo qualche carezza iniziale falsamente innocente cominciai a palparmi i globi del seno con studiata lentezza soppesandoli con apparente noncuranza sempre fissando la mia amica/amante. Stavo a gambe incrociate che, ancora per poco, mi celavano l’inguine. Arianna giaceva sul letto e aveva iniziato ad emettere sospiri e lievi sbuffi, dapprima leggeri ma che si stavano infittendo e alzando di tono via via che la sua passerina veniva stimolata in quell’oscena posizione. Si orientò sul letto alla bell’e meglio per lasciarmi scorgere in modo più vistoso ciò che stava provocando a se stessa e in effetti quella visione mi stava facendo letteralmente impazzire riscaldando il mio sesso come una pentola a pressione pronta per esplodere.

Mi alzai per sistemarmi un cuscino dietro la schiena per stare più comoda, mentre davo spettacolo e passando vicino ad Arianna, la sentii dire con un fil di voce rotto da sospiri veementi: “Sei una favola. Ti voglio”. Io sorrisi, ma non risposi perché la sua mano sinistra mi aveva già afferrato proprio per il buchetto posteriore introducendo il medio. Allora presi ad andare su e giù col bacino, cavalcando le sue dita perverse, quasi volessi quelle falange raggiungesse le mie viscere proibite.. Non volevo perdermi neanche un frammento di piacere. A quella stimolazione si aggiunse la mia operata sulla clitoride.
Amavo tenermi pulita e avevo appena fatto la doccia, ma trasecolai per l’atto, che comunque ritenevo istintivamente sporco in sé, specie non appena mi avvidi che, estratto il dito che muoveva insinuante dentro di me, finì per portarselo alle labbra e leccarlo. Scorsi con stupore e in preda a vertigini erotiche che non saprei descrivervi adeguatamente, la sua lingua rosea e femminile scorrere lunga quella parte della sua carne che mi aveva penetrato nella zona più inaccessibile e inviolata, cui non avevo permesso l’ingresso neanche al mio ragazzo. Ero talmente eccitata che mi sfuggirono dei gemiti irrefrenabili e non riuscii a fare a meno di continuare la danza delle dita sulla mia fica, mentre avevo ripreso la posizione semi-reclinata sulla scrivania accanto al letto con la schiena sprofondata contro il morbido guanciale. Ritenevo di stare superando ogni ritegno e limite mettendomi in mostra in quel modo, in quella posa ammaliante. Arianna avrebbe potuto vedere il mio bacino, lo spacco della vulva e le mani che, in poco tempo, avrebbero tormentato sia la clitoride ormai turgida sia le pareti tumide della vagina. Poi passai ad accarezzarmi la pancia, i fianchi superbi e le cosce….rabbrividii prendendo a dedicarmi all’interno coscia. Ero totalmente rapita da me stessa.
Le mie labbra inferiori, ormai dilatate, si aprirono quasi spontaneamente alla leggera pressione delle dita che le volevano penetrare e che subito mi fecero avvertire quanto fosse fradicio il mio antro: a quel punto non resistetti e, immergendo completamente due dita, forzando lievemente la mia stretta apertura, mi alzai per farle leccare a dovere da Arianna che rispose solo con un eroticissimo e soffocato “oh” che subito divenne un prolungato sospiro di goduria. Pareva un lamento o un inno di lussuria. Mi accorsi che stava iniziando a giocherellare con la fica in modo sempre più intenso scuotendola come fosse un gingillo con cui trastullarsi e soprattutto sballottando quel povero clitoride, che vedevo sporgere lievemente in cima alle grandi labbra ingrossate, da una parte all’altra. E subito si mise a leccare le mie dita intrise di umori: fu un gesto lungo e appassionante. Io col bacino sopra di lei ora supina veniva leccata avidamente mentre lei si toccava a sua volta il fiore incandescente. Mi deliziava la fichetta come stesse eseguendo una fellatio guardandomi negli occhi con un lampo di desiderio che non avrei più dimenticato. Intanto non smetteva di dimenarsi e di sollevare, ora quasi impercettibilmente ora più distintamente il bacino, per fare in modo il sesso si scontrasse energicamente contro le sue dita. Provavo brividi fulminanti. Lei soffocava una tempesta gemiti alitandomi sulle parti intime, esalando sbuffi continui quando non ce la faceva più. Nel frattempo mi applicava la mano destra che mi tormentava la clitoride mentre lei leccava il pertugio sottostante. Con l’altra mano mi acconciavo e carezzavo delicatamente i capelli. Provavo a parlarle ma emettevo solo parole indistinte di piacere e sospiri prolungati.
“Sto go-goo—godendo, Deborah! Il tuo sapore mi manda–da-ii- in paradiso. Voglio-oooooo solo godere sempre, fammi vedere co-come-me fai a darti piacere da sola come una troietta” riuscì a scandire a parole smozzicate quasi fossi diventata balbuziente tra i sospiri e il respiro notevolmente affannato. Non potei fare a meno di notare il suo miele che stava raccogliendosi nella parte inferiore dalla fessura aperta e, addensandosi come una crema, aveva giù inondato il perineo. Un rivoletto maldestro stava proseguendo la sua corsa lasciva verso l’interno coscia sinistro. Arianna, intanto, puntava i piedi sul lenzuolo come fosse impossessata da un demone: le sue caviglie sottili e i piedini ben curati mi mandavano in estasi. Pensai li avrei voluti dentro di me, giù al calduccio.

Mi allungai distendendomi mollemente accennando a un nuovo 69 e finalmente la mia lingua in ebollizione sfiorò le sue labbra vaginali ancora più bollenti. Nemmeno riuscii a sopprimere un gemito d’ammirazione per quel corpo perfetto che stava annaspando nel piacere più atroce sotto di me: la pelle soda e priva di imperfezioni, i grandi seni gonfi schiacciati sui quali posavo le mani per reggermi, l’ombelico aggraziato e soprattutto quei glutei definiti che incastonavano lo spettacolo della sua sessualità. Paragonai il mio corpo al suo non riuscendo a trovare un’autentica vincitrice nel confronto: lei forse un poco più snella di fianchi e con un petto di poco meno prosperoso di me, ma io ero soddisfatta del mio corpo morbido e prorompente e, in tutta sincerità, ero incapace di ritenerlo inferiore al suo. Un amante delle bionde avrebbe preferito lei senza ombra di dubbio, delle more, altrettanto indiscutibilmente me. L’archetipo della bionda angelicata e della mora diavolessa era forse rovesciato nel nostro caso.

Ormai devastata e invasa dal desiderio e dalla libidine, mi alzai delicatamente presi dal beauty case la mia spazzola di legno verniciato che, istantaneamente, iniziai a leccare per riscaldare. Anche se non l’avevo fatto spesso per motivi di tempo ed abitudine, in alcune particolari occasioni mi era accaduto di contrarre la fica in spasmi orgasmici proprio intorno al suo manico dalla lunghezza di almeno 13-14 cm e soprattutto abbastanza largo da essere sentito completamente dalle mie pareti vaginali anche quando perfettamente lubrificate e dilatate per l’eccesso dei sensi.
Per l’ennesima volta risalii sul cuscino della scrivania che, con un sorriso, ritenni degno d’esser chiamato “la mia postazione delle sconcezze” e, sempre facendo sporgere in avanti il bacino per mostrare ogni mio segreto anatomico, esponendo il mio pube spudoratamente, presi a penetrarmi con la spazzola, mentre medio e indice titillavano dolcemente ma con fermezza la clitoride. Arianna mi guardava con occhi di una luminosità ed espressività notevoli: pareva mi avesse voluto mangiare con lo sguardo. Sovente sbuffava emettendo il suo fiato che le spostava deliziosamente un ciuffo biondo calato sul viso. Doveva respirare sempre più frettolosamente e di frequente a causa dell’eccitazione crescente cui si stava costringendo con le sue mosse sapienti.
La vista di lei che si masturbava, insieme a quella della spazzola che si immergeva profondendosi nella mia intimità ben lubrificata, da cui veniva subitamente ingoiata, pareva il sogno di una mente votata all’erotismo che più mi si confaceva. Vedevo dal mio punto di vista il manico spinto più e più volte dal mio polso malizioso: ne usciva poi sempre più zuppo del mio liquido donnesco. Mi pareva d’essere trasportata e innalzata a un’assoluto empireo dei sensi. Ormai il cervello si stava spegnendo perdendo via via cognizione di ciò che stava intorno, del tempo e dello spazio. Nulla ormai avrebbe potuto decidere autonomamente senza il consenso del sesso che mi comandava.

La stanza intanto s’impegnava ancora una volta dei profumi delle nostre voglie di giovani donne, oltre che di gemiti sempre più forti di volume.
Mi accorgevo che i sospiri di Arianna diventavamo gemiti e, talora, veri e propri urletti. Prese a dire frasi sconnesse come “Godo ancora! Non posso farne a meno! Arianna guardami godere, non riesco a venire se non mi fissi qui sotto” alternati a mugolii e a richiami in cui nel sospiro effondeva il mio nome, o meglio una parte del mio nome prima che il piacere che la stava stravolgendo portasse via con sé anche il giusto ordine delle sillabe.
Ci fissavamo mentre ci toccavamo ed era come se ognuna volesse penetrare l’altra con la sola forza dello sguardo: l’intensità di questi ultimi era tale che si trasmutava in una carezza in più ad aggiungersi sui nostri sessi tumide in fiamme.
Ognuna scorgeva gli spasimi delle gambe tese a mezz’aria dell’altra e ognuna osservava i piedi affusolati che cercavamo di estendere oltre ogni limite, sfidando i crampi, per aumentare il piacere che si dipanava inesorabile tutto permeando. Intanto le mie gambe si dilatavano peccaminosamente man mano che aumentavo a perdifiato il ritmo che imprimevo alla spazzola viziosa,la quale affondava nella mia fica era sempre più veloce, quasi furiosa. Il flusso di umori che si raccoglieva sull’ano, finiva poi ad imbrattare la scrivania di legno scuro. Probabilmente c’era già una pozza del mio piacere sotto di me, sotto il mio sedere, anzi la percepivo talora mentre muovevo le natiche e il bacino avanti e indietro rispondendo ai colpi della spazzola.

Iniziai anch’io a sospirare forte forte, poi ad urlare invocando il nome Arianna. Avrei voluto essere riempita anche nel delicato buchetto posteriore, ma avevo le mani occupate e vedere Arianna che si sditalinava sdraiata come una Venere di un quadro rinascimentale, era sufficiente a portarmi ad un livello di esasperazione erotica tale da di stordirmi. La principale fatica e preoccupazione del momento era quella di rallentare la corsa a precipizio verso l’orgasmo: anche senza dichiararlo apertamente, avevamo il chiaro intento di raggiungere insieme il paradiso dei nostri sensi e perciò ci scrutavamo per cogliere attentamente i precoci segnali orgasmici sul viso dell’altra, così come sul corpo:specie le famose iperestensioni dei piedi. Ci spiavamo così da velocizzare il ritmo della dita e dei polsi.
Non posso infatti tralasciare il dettaglio che mi eccitò maggiormente e mi spianò la strada verso il primo-potente- orgasmo giornaliero: Arianna si mise il guanciale sotto il bacino in modo da sollevare le natiche ed esporre ancor più oscenamente la fica gonfia e rossa come un frutto maturo, proprio all’altezza del mio punto di vista. Poi afferrò dal comò una zucchina che neppure mi ero accorta fosse mai stata lì (evidentemente quella giovane monella libertina aveva approfittato della mia assenza durante la doccia per recuperarla dal frigo, già pregustando le porcate che ci avrebbe fatto).
Non aspettò affatto e subito si penetrò facendo scomparire il vegetale al suo interno tanto che ne spuntava fuori solo la parte superiore con quella specie di buffo pennacchio. La sua passerina vorace l’aveva divorata nelle proprie profondità. Dopo aver sollecitato per un po’le sue labbra, che vidi dilatarsi non poco per consentire il passaggio della zucchina iniziò a titillarsii il clitoride con una serie rapidissima di colpi. Allora anch’io accelerai mentre la mia clitoride sconvolta mi stava inviando inequivocabili scosse che diventavano altrettanti sospiri esalati dalla mia bocca. Provavo un godimento senza limiti e cominciai a gridare tanto da spaventare persino me stessa: “Tra poco vengo”. La stimolazione rotatoria delle dita e la penetrazione ipnotica della spazzola erano ormai giunte al culmine. Letteralmente.
E non smisi ma continuai a gridare socchiudendo gli occhi che mi lasciarono trasparire solo l’immagine di Arianna colta da spasmi paragonabili a quella di un’indemoniata stesa sul proprio letto di vizi. Emise alte grida di goduria pure lei e la verdura che le fuoriusciva dalla fica era talmente rorida e scintillante di umori. Fu l’ultima cosa che intravvidi prima del black out dell’orgasmo, forza sconvolgente che ogni volta mi sembrava di gustare per la prima volta. Fui attraversata, rapita, risucchiata, rilasciata in un mondo altro, fatto di estrema rilassatezza e annebbiato dalla droga orgasmica che mi ero ancora elargita. La clitoride affamata mi esplose letteralmente in mano e la mia vagina si sciolse intorno alla spazzola che la apriva da vari, interminabili, minuti. “Vengo, vengooooo sì sììììì ancoraaaaaaa” gridai in preda agli spasmi e ai contorcimenti!
Era così presa dai fremiti che mi scuotevano il bacino, giù sino all’utero, le grandi labbra e il bottoncino, trasmettendo al cervello in panne onde di piacere paradisiaco, che non captai le grida di Arianna. Ma quando riacquistai parziale coscienza, mi si stagliò dinanzi uno spettacolo ineffabile: l’immagine di una bionda e avvenente ragazza, una per cui molti avrebbero venduto l’anima al demonio, che godeva tanto da non riuscire neppure ad emettere parole di senso compiuto, mentre sbatteva furiosamente tutta la mano destra sulla vulva gonfia, ora libera dal vegetale, cercando d’infilare almeno anulare e mignolo nell’apertura infuocata da cui scendevano quasi rabbiosamente umori assorbiti a stento dalle lenzuola. Aveva con tutta probabilità vissuto un doppio orgasmo perché riprese dopo pochi istanti a gridare come una pazza mordendo e artigliando le coperte. Poi a poco a poco anche i suoi spasmi cessarono e, seppure con qualche fatica perché molto stordita, scesi dalla specie di piedistallo del vizio dove mi ero piazzata e mi sdraiai stanca morta e languidamente distrutta sul letto proprio accanto a lei di modo che le nostre due bocche fossero vicinissime: sentii il profumo del suo respiro e le soffiai in viso il mio.
Pensai come la sera prima che nel suo fiato ci fosse anche qualche traccia della mia intimità di cui aveva assorbito non poche stille. Iniziammo a baciarci appassionatamente intrecciando e saettando le lingue attrici di una piccola battaglia. Anche le nostre gambe si avvinghiarono e quasi mi parve di percepire il calore della sua fica anche se non la sfioravo ancora direttamente. Arianna si spostò immediatamente e prese a leccarmi entrambi i piedi come nessuno aveva fatto prima e poi, risalendo, a poco a poco prese applicò la sua linguetta rosata pure su tutta l’area inguinale dove riposava la mia stanca rosa del piacere. Mi ripulì sino all’ultima goccia e poi prese a baciarmi nuovamente per consentirmi di assaporare tutto il mio sapore che, se devo esser sincera, mi piacque molto. Stessa cosa fece con il manico della spazzola intriso dei miei succhi orgasmici. Con quella stessa prese a fingere di pettinarmi, in realtà si stava divertendo solo a scompigliarmi i capelli. Io feci mostra di arrabbiarmi, entrambe scoppiammo in una risata complice.
“Mi piaci troppo, Deborah, mi fai impazzire, anzi ubriacare di piacere! L’ho capito sin dall’inizio su quel treno che avremmo fatto cose folli insieme. Hai uno sguardo talmente innocente…. chi immaginerebbe che sei qui nuda a trastullarti come la peggior ninfomane…..” ma non la lasciai finire e le bloccai le mani che mi carezzavano intensamente per poi puntare alla sua bocca e la baciai con tale passione e trasporto come, credo, non avevo mai fatto e mai avrei rifatto. Fu un bacio lungo e intenso: pensai in seguito che se ci fosse stato lì qualche famoso fotografo ad immortalare la scena, quella sarebbe divenuta un’immagine emblema dell’erotismo nella sua versione saffica più elevata. Davvero una scena degna di Hollywood.
Ma fu anche in quel preciso istante che compresi con una punta di disgusto ed impotenza che sarei stata costretta a meditare e fare una scelta: avrei dovuto chiarire i miei pensieri e decidere il futuro di quel rapporto nascente. Quella sarebbe potuta diventare una meravigliosa parentesi di erotismo e brivido inaudito, oppure parte fondamentale della mia vita stravolgendo tutto ciò che ero stata prima e che credevo d’essere ancora. Agghiacciai con una punta d’angoscia ammettendo a me stessa che quei rapporti fisici erano tanto intensi-come volessimo scavare l’una nel corpo dell’altra-proprio perché non avrebbero avuto un domani. Seppi che prima di sera avrei dovuto comunicare a me stessa una decisione.

Ci rivestimmo scherzando e giocherellando come due bambine petulanti: ci facevamo innocenti dispetti a vicenda come tirarci i capelli, rubarci il fermacapelli o gli slip, ci stuzzicammo con piccoli colpi sui seni, pizzicotti sui fianchi superbi e non poche volte finimmo sdraiate sul letto scambiandoci baci, che ora assumevano una veste pura e innocente, ora invece erano accenti più appassionati, specie quando una delle due saliva sul corpo dell’altra strusciando alla ricerca di una calda bocca accogliente.
Ci preparammo per l’uscita accordandoci per rendere quella visita al centro città un po’più piccante di quanto si sarebbe potuto preventivare: ognuna indossò una gonna corta fin poco sopra il ginocchio: sotto niente calze perché la giornata non si preannunciava fredda. Entrambe scegliemmo scarpe col tacco a stiletto, ma non troppo alto perché non era certo l’ora né l’occasione giusta per uscire vestite da vamp e in più avremmo dovuto camminare un pochino.
Sopra indossai una camicetta celeste chiaro con disegnati motivi floreali, mentre la gonna era di un bel blu scuro quasi nero, vellutata. Mi stava proprio bene e sottolineava adeguatamente forme e sinuosità. Arianna scelse invece una polo bianca che le sottolineava le curve dei fianchi snelli e la vita stretta così come i due grossi seni di cui si sarebbero scorti alla perfezione i capezzoli se avesse tolto il reggiseno come mi mostrò facendomi l’occhiolino maliziosa. Attraverso la mia camicetta s’intravvedeva invece un intimo anch’esso nero, come amavo indossare sovente.
Ci truccammo: io un po’più pesante del giorno precedente aggiungendoci mascara scuro, matita un po’più definita e rossetto d’un rosso pieno e luminoso che contrastava col candore dei denti, mentre Arianna utilizzò sempre il mascara azzurrino, colorandosi le labbra di un rosa scuro tendente al fucsia che le donava molto rendendola fresca come una rosa appena sbocciata ed elegante come una giovane professionista della city. Si pettinò all’indietro tutti i capelli raccogliendoseli col fermacapelli, che a stento riusciva a bloccare proprio sulla nuca quei tentacoli dorati di sensualità primordiale. Io invece li lasciai liberi e un po’mossi: mi ricadevano sulle spalle e a mezza schiena arricciandosi verso la punta. La sua acconciatura permetteva di distinguere e liberare alla vista uno splendido ovale così ben disegnato da madre natura che rimasi per un attimo incantata ad osservarlo.
Ma la parte pepata dell’abbigliamento è che i nostri slip erano ben posizionati in sacchettini posti nelle nostre due piccole borse dove tenevamo anche i rispettivi portafogli, il cellulare e, nel caso di Arianna- ma allora ancora non lo sapevo-qualcos’altro che sarebbe senz’altro servito!
Prima di uscire, con mia grande vergogna mista ad eccitazione, guardando sulla scrivania distrattamente, Arianna si accorse della piccola pozza di nettare che mi era uscita dal sesso mentre godevo come una pazza. Avvertii dei crampi di piacere al basso ventre quando si chinò a leccare tutto dandomi della porcella e della puttanella in calore. Altre volte a quei termini avrei reagito con uno schiaffo, ma con lei era ovviamente tutto diverso e sperai solo che là fuori la mia fica non mi avrebbe fatto scherzi iniziando a sbrodolare tanto da farmi scoprire.

Girammo la città insieme mano nella mano: non era la prima volta che visitavo la città essendomi recata almeno altre cinque volte a visitare mia zia e i cuginetti, ma quella era sicuramente la prima in cui ero libera e, soprattutto, che giravo senza mutandine, con la fica candidamente esposta all’aria. Ci recammo ai grandi magazzini e ci comprammo qualche trucco. Prima eravamo andate in bagno a dare una controllatina al nostro outfit e lì c’eravamo scambiate un paio di baci, ma-specie io- non avevo ritenuto opportuno produrmi in qualche atto licenzioso dove le possibilità di essere scoperte erano elevatissime. Poi andammo a scattarci delle foto in alcune vie eleganti. Pur essendo una città cosmopolita e abituata a tutto, specie a modelle bellissime, scorgevo qualcuno che ogni tanto vagava con lo sguardo carico di tensione erotica verso di noi, certo evidenziano un certo interesse.
Mangiammo qualcosa di caldo in galleria e, dato che le seggiole erano rialzate, temevo qualche tale si accorgesse del nostro stato di seminudità; già rimpiangevo di essermi concessa quella trasgressione esibizionista tanto che meditavo di recarmi in bagno ad indossare le mutandine, ma Arianna, che quel giorno mi pareva davvero scatenata quanto ad inventiva erotica, mi si pose di fronte e addirittura non si fece problemi dall’alzare ulteriormente il suo gonnellino grigio lasciando intravvedere quel bocciolo di carne che dal giorno prima era padrone della mia mente.
Prese a sfiorarmi le gambe con le sue e a dedicarsi cose molto sciocche come mettersi una mano sotto la gonna, sapendo che io avrei perfettamente immaginato cosa stesse facendo e ne sarei stata sconvolta. Mentre mangiavamo spesso lasciò scivolare quella mano impunita e in due occasioni sembrò quasi iniziare a muoversi in modo inconsulto e sospirare: era evidente che era in calore e me lo confessò alitandomi in viso. “Ho tanta voglia Deborah, i ricordi di ieri e stamattina non mi danno pace”-“Anch’io ne ho tanta” mi limitai a rispondere a mezza voce. Decise che anche la punta del cono gelato che avevamo ordinato avrebbe dovuto essere spinta lì sotto per un istante e poi me la offrì già bagnata dei suoi succhi. Stessa cosa fece con una penna di quelle dal grosso diametro che s’era portata appositamente da casa nella borsetta: passò almeno metà di quell’eccitantissimo pranzo con la penna che le penetrava la fichetta e intanto mi parlava come nulla fosse. Non c’è bisogno d’aggiungere che mi trovavo letteralmente in fiamme e confusa tra contrastanti sensazioni: l’imbarazzo, la speranza che nessuno la vedesse durante quegli eccessi grazie al caos del ristorante per turisti e alla massa di persone che l’attraversava ogni istante, l’immenso ardore che, fossi stata sola, mi avrebbe condotta ad un’estenuante seduta di autoerotismo. Percepivo la mia vagina pulsare senza requie ed emanare ancora calore. Insaziabile, pensai, ma non potei fare a meno di sfiorarla quando mi alzai senza che nessuno se ne accorgesse, neanche Arianna. Ero fradicia.

Ci recammo poi ad un grande parco perché era spuntato qualche timido raggio di sole. “cerchiamo un posto dove c’è poca gente” mi disse la mia amica e solo questa frase mi provocò ulteriori sussulti, quasi violente, a dipanarsi dal ventre e dall’inguine. Avevo già capito l’antifona: tra poco avrei nuovamente soddisfatto i desideri più inconfessabili e sarei venuta, venuta abbondantemente, sempre non fossimo state scoperte e arrestate, pensai con preoccupazione. Non ero mai stata tanto esibizionista, ma iniziai ad avvertire una sorta di formicolio talmente intenso. Si dipartiva proprio dal mio sesso: non avrei potuto fare a meno di toccarmi di lì a pochissimo perché quell’eccitazione si stava trasformando in dolore pelvico che dovevo tacitare. Vedere Arianna ondeggiante sinuosa sui tacchi e intuire il suo magnifico fondoschiena non faceva altro che suscitare maggiore impulsi e accrescerne l’intensità. La presi per i fianchi e le accarezzai le guance: scottavano, ma meno delle mie che erano letteralmente in fiamme come avessi trentanove di febbre.

Stavo impazzendo e mi sentivo rovente: la mia giovane e dissoluta vagina, anzi le nostre due vagine sensibili e insaziabili, non mi concedevano tregua, ossessionandomi. Alla fine scorgemmo delle piante, quattro, una vicino all’altra a comporre un breve filare e proprio all’ombra della più grande ci fermammo dopo aver constatato e controllato per bene che non ci fosse nessuno nelle immediate vicinanza. “Ti prego…” mi rivolsi supplicante ad Arianna con uno sguardo stravolto dal desiderio di qualcosa di estremamente sconcio e trascinandole una mano lì sotto: per la prima volta presi diretta l’iniziativa perché non ne potevo più. Fisicamente.
Lei si stese col viso sulla mia coscia destra cercando la posizione in cui sarebbe stata più comoda e alzò lentamente il mio gonnellino finché vidi comparire il mio frutto completamente esposto all’arietta frizzante che, se possibile, lo eccitava ancora di più: eravamo in un luogo pubblico, al centro di una grande metropoli, chiunque sarebbe potuto passare, ed io ero lì semidistesa, coi tacchi che affondavano nel terreno, le lunghe gambe nude spalancate invitanti e con la vagina scoperta e grondante mentre un’altra bella fanciulla si preparava a leccarmela e masturbarmela senza pietà. E davvero Arianna iniziò ad aprirmela svelandomi la clitoride mentre affondava due delle sue belle e affusolate dita proprio lì dentro in profondità, più in profondità che poteva, quasi arrivando alla cervice. Reagii con sospiri soffocati che mi dischiudevano le labbra sbarazzini. Non capii più nulla e volli solo proseguisse quella tortura di piacere, neanche più temevo ci avrebbero scoperte, anzi non badai neanche troppo a soffocare i mugolii. “Dio mio sei un lago, Deborah, non ho mai sentito nessuna così bagnata in vita mia e hai le guance tutte arrossate” sussurrò col respiro affannato facendomi una carezza sulla guancia cui reagii con l’ennesimo sbuffo sul suo bel viso. Ero ormai afona, impossibilitata ad articolar parola. Me la stava massaggiando badando a sfiorare ogni volta il clitoride con movimenti circolari di tutto il palmo della mano; mentre lo faceva si sentiva il particolare rumore “sciac, sciac” prodotto dalla vagina estremamente madida di umori così scossa dalla mano lasciva. Mi era accaduto poche volte, anzi nessuna per essere sincera, di sentire il mio sesso ridotto così, me lo stavo proprio distruggendo pensai in preda alla voglia folle di sbrodolare e godere lì sul terreno, accovacciata contro l’albero.

Ogni tanto alternava le dita alla lingua su quel mio solco bollente e palpitante, mentre talora mi spalancava la fica con due dita lasciandola esposta ai venti e ai raggi del sole che volevano anch’essi far l’amore con lei. Ottenevano in risposta gemiti rauchi alternati ad altri più dolci e invitanti. Io intanto mi toccavo i seni da sotto le coppe del reggiseno che li sosteneva. Arianna mi guardava beata: sapevo che mi voleva succhiare fino alla sfinimento e che per lei era un vero piacere immergere le dita o la lingua nel mio torrido scrigno.
Pensai che quello sarebbe stato almeno l’ottavo orgasmo da quando ero in città. Chiusi gli occhi per gustarmi quelle lappate abbandonandomi alle ondate montanti del piacere crescente. Vedemmo poi avvicinarsi una signora che portava a spasso un cagnolino, un cocker bianco, perciò Arianna dovette a malincuore cessare i movimenti con la lingua e io di accarezzarle la testa che tentavo di direzionare sempre più verso la mia patatina bollente. Quanto godevo a riempirle le narici del mio odore di donna appena sbocciata. Ma sorprendentemente non s’interruppe nel penetrarmi e masturbarmi la clitoride appena sopra con le dita depravate. “Quanto sei eccitata da uno a cento?”-“un milione” risposi con una voce non altro che un sussurro di lascivia. Percepivo le sue dita che si ricongiungevano dentro di me da sopra a sotto, mentre rabbrividivo per la delizia: con una mano, la destra, mi stimolava dall’esterno titillando sul bottoncino che pulsava gonfio pienamente eretto, trionfante appena sopra le piccole labbra rosate, mentre con la mano sinistra mi penetrava con due/tre dita la cavità stretta, delicata e sconvolta. Cercava di mantenere un ritmo regolare che andasse ad esercitare pressione sul mio punto g che si trova, almeno nel mio caso, sulla parete superiore qualche centimetro oltre il vestibolo della vagina. Ogni volta che mi penetrava abbassavo il bacino anelante per consentirle l’ingresso ancora più in profondità, poi inarcavo la schiena spingendola verso il robusto tronco dell’albero. Poi, nuovamente, abbassavo il grembo come sospinta da invisibile marea. Intanto lei mi guardava con occhi luminosissimi e lucidi: com’erano belli i suoi occhi dorati e quanta carica erotica sapevano trasmettere! Le presi il viso tra le mani e glielo alzai dal suo delicato mento. Ne ottenni uno sguardo che non potrò scordare: vidi quanta voglia aveva di me, ma scorsi anche altri accenti da cui fui in qualche modo spaventata.
Stavo andando in estasi così appagata. Quando la signora passò vicina a noi, anche se le davamo le spalle, sapevo avrebbe potuto udire i miei sospiri. Perciò tentai inutilmente quanto disperatamente di soffocarli. Divaricai ancor più le gambe e conficcai i bassi tacchi nel terreno avvertendo la mia fica superare il limite dell’arrapamento. Intuivo i prodromi dell’orgasmo montante, così carezzata dai raggi del sole. Allora presi una mano di Arianna quasi con violenza e immersi le unghie nella sua carne allargando e contraendo la bocca in maniera tale che poi lei mi avrebbe detto esser stata deliziosa. E venni ancora lasciando che l’orgasmo mi travolgesse impetuoso,imperioso…delizioso. Avrei voluto urlare come una pazza, ma lei mi tappò la bocca poi sostituendo quella mano, che sapeva così tanto di me, con le sue labbra carnose e ben tornite: non s’intimidiva a farlo anche pubblicamente. Fu un orgasmo estremamente prolungato: le scosse di piacere non parevano mai cessare di contrarre il mio grembo. Espirai la mia estasi nella sua bella bocca e lei se la bevve bramosa. Poi mi adagiai a terra stremata sfiorata il sole, mentre brezze ora un poco più intense mi sconvolgevano i capelli impregnati di fragranze balsamiche. Ci riposammo come niente fosse stato parlottando dell’esame che avrei dovuto sostenere l’indomani. Lei si dimostrò davvero “sorella maggiore” preoccupandosi oltremodo perché avrei dovuto ripassare almeno i test generali per essere ancora più pronta. Propose quindi di tornare a casa dopo pranzo promettendo mi avrebbe interrogata. Mi chiese anche di Matteo e sfruttai quel momento per chiamarlo: stranamente non mi sentivo in colpa, ma quando mi disse che gli mancavo e che mi amava non riuscii ad essere calorosa come al solito e sperai solo non avesse colto qualche inflessione strana nella mia voce arrochita. Lui si fidava di me e mi conosceva come ragazza sincera ed equilibrata. Poi sentii ancora mia zia che s’informò sulla mia permanenza dall’amica e mi informò che a mia cugina non era stata diagnosticata un’appendicite, grazie al Cielo. La piccolina sarebbe tornata a casa la sera stessa. Me lo passò e m’intenerii quasi sentendomi in colpa che da quando ero arrivata in città non avevo fatto che darmi all’edonismo saffico, mentre lei, poveretta, soffriva anche se tutto pareva essersi risolto per il meglio. Mi propose quindi di stare con loro per cena dormendo poi come previsto nella stanza degli ospiti che mi avevano preparato: avrebbe cucinato oppure ordinato un’ottima cenetta e sarebbe stata felicissima di rivedermi finalmente. Ad essere sincera non mi sarebbe dispiaciuta una serata riposante e poi avrei voluto un po’di tempo per star sola e riflettere: non ero preoccupata per il test, in vista del quale mi ero preparata piuttosto bene fino a sentirmi sicura, ma quando vidi che Arianna, incurante di tutto, si stava inserendo le palline che avevamo usato la sera prima, sollevandosi oscenamente la corta gonna e appoggiando la schiena al tronco dell’albero che ci proteggeva da osservazioni sgradite, nascondendoci parzialmente da sguardi indiscreti, cambiai del tutto idea. Pareva un angelo vizioso che, col viso di un’innocenza disarmante, tentasse ugualmente di trascinarmi nel baratro di un inferno piacevole fatto di lussuria e beatitudini ignote e inconfessabile.

Senza pensarci troppo m’iniziai a toccare anch’io proprio mentre ero al telefono con mia zia: la sessualità e il piacere erano da ventiquattr’ore i miei padroni, o meglio i miei tiranni, assoluti. Declinai quindi l’invito col pretesto di una cena già prenotata fuori e la preghiera di non dirlo a mamma perché si sarebbe preoccupata inutilmente sapendomi in casa di chissà chi per ben due notti di fila e le assicurai avrei regolarmente presenziato al pranzo dell’ domani dopo il test che avrei dovuto svolgere.
Dopo la chiamata feci una cosa folle: una delle poche davvero fuori di logica di cui mi resi protagonista nella mia vita. Un gesto dettato esclusivamente da puro esibizionismo e dall’imperio dell’eccitazione erotica che chiamava ulteriore ricerca edonistica, infinita lussuria e originalità nel rischio. Mi liberai del gonnellino con uno scatto agile delle reni e rimasi così esposta all’aria fresca che mi eccitava ancora di più con indosso solo i tacchi, il reggiseno e la camicia: persino Arianna che non aveva smesso di accarezzarsi lì con dentro le palline strabuzzò gli occhi in uno sguardo tra il lascivo, l’attonito e il preoccupato. Il cuore mi batteva a mille e temetti potesse esplodermi in petto. Avvertivo i capezzoli durissimi premere furiosamente contro il reggiseno: avrei voluto tirare fuori anch’essi per rimanere lì completamente nuda ed esposta nel parco centrale della grande metropoli. Mi limitai a togliere il reggiseno con un gesto fulmineo non cessando di sorreggere la gonna che poi stesi a terra iniziando poi a spingere tre dita, poi quattro, dentro la mia fica assetata che sussultava al tocco delle mie mani volitive. Se qualcuno fosse passato di lì e mi avesse scorta sarei stata passibile di denuncia o, peggio, avrei rischiato la violenza da parte di qualche malintenzionato: solitamente i parchi delle grandi città pullulano di accattoni, tossici, extracomunitari, il più delle volte clandestini, che la cronaca locale accusava sovente di atti di stupro, ricordai confusamente. Quello che stavo facendo era un vero atto di sfida alla sorte. Decisi di andare ancora oltre e mi aprii completamente la camicetta lasciando spuntare fuori i grossi seni imperiosi che svettavano con la loro larga areola rosata: mi facevano male i capezzoli,troppo tesi e turgidi. Percepivo una sensazione di testa dolorante, specie le tempie e il cuore dentro il petto ansante mi batteva tanto che temevo si rompesse. Le stesse pulsazioni che percepivo sulla clitoride bollente.

Mi adagiai per terra estenuata esalando un profondo sospiro, sollevando il bacino completamente nudo alla mercé dei raggi solari e masturbandomi la vulva con maestria, ad occhi chiusi. In pochi secondi immersi l’indice e il medio della mano destra per poi tenerli in bocca per il resto dell’atto senza smettere di leccare quanto s’era depositato sopra.
Ero talmente sconvolta che venni in pochissimi secondi mugolando con la sola penetrazione delle dita e, anche dopo l’orgasmo, continuai a spingere come un’ossessa per scavare dentro di me fino a trarre anche l’ultima stilla di godimento. Non mi accorsi neppure che anche Arianna stava esplodendo in quello stesso momento. Totalmente spossata e devastata: mi rivestii senza neanche guardarmi intorno, col cuore che ancora pompava furiosamente sangue nel mio corpo lussurioso. Indossai nuovamente anche gli slip neri, oltre al gonnellino. Il reggiseno dovetti invece riporlo in borsetta.

Subito Arianna mi si avvicinò facendomi assaggiare con dita perverse il succo prodotto dal suo frutto e io feci lo stesso con lei: “Pazza, sei completamente pazza, chiunque avrebbe potuto vederti quasi completamente nuda. Guarda che è reato compiere simili atti osceni in luogo pubblico”-“Lo so ma tanto mi avrebbe difeso una brillante futura donna avvocato come te” le replicai ammiccando estenuata dolcezza e la baciai ancora una volta. Pensai che volevo darmi senza riserve a lei e godere ancora, sebbene stremata, come se quello fosse l’ultimo giorno della mia vita.
“Mi sa che ti ho messa sulla cattiva strada, quando sei venuta qui eri una verginella innocente e ora…..dubito che anche se fosse arrivato qualcuno avrei potuto frenare la tua furia masturbatoria” concluse in un tono tra il malizioso e il lieve rimprovero.
“Lo so” risposi ammiccando vogliosa “ma avevo troppa eccitazione lì dentro e non ho capito più nulla, è colpa di questa patatina qui non mia” scherzai indicandomi il sesso e spalancandomela per l’ennesima volta di sotto gli slip. Ci guardammo intorno a fortunatamente non c’erano grandi possibilità ci avesse scorte qualcuno. Il più vicino era un uomo ormai anziano seduto su una panchina a oltre duecento metri di distanza ma ci dava le spalle e noi facevamo lo stesso con lui. Tuttavia, quando gli passammo accanto, ci fischiò dietro e biascicò qualcosa come “belle passerine”.
Solo allora iniziai a prender coscienza di ciò che avevo fatto e mi vergognai quasi volendo sprofondare sotterra: se mi avessero denunciata informando magari persino i miei, non avrei retto all’onta e non so proprio che ne sarebbe stato di me. Passata l’eccitazione afferrai a quale rischio mi fossi effettivamente esposta.
Questi pensieri, sovrapposti al flash della mattina circa la decisione, mi rabbuiarono lievemente. “Che c’è, Deborah? Qualcosa non va?”-“Nulla Arianna” le risposi stringendole più forte la mano che ancora sapeva di lei “Sono solo un po’stanca, sai tra ieri e oggi non ci siamo date tregua”.-“Sì, certo hai ragione: fortuna vuole che casa sia vicina e lì mi accerterò io che tu ripassi a dovere per domani riposando a sufficienza. Nessun porcellata in casa, anche se sei un po’zoccola e non scommetterei riuscirò a impedirtele”-“Va bene mammina. Senti che parla il bue che dà del cornuto all’asino” la canzonai tirandole per dispetto un ricciolo che le ricadeva dolcemente sulla fronte accentuandone l’estrema avvenenza. “Su corriamo a casa” concluse decisa “prima che venga di nuovo a piovere” si stava di nuovo rannuvolando e il vento giocherellone mi scompigliava tutti i capelli disperdendoli in onde selvagge: mi sentivo bene e rilassata, ma avevo un gran desiderio di riposarmi e adagiarmi su quel letto dove avevo provato tante cose inenarrabili. Necessitavo dolcezza quella sera. Non mi sentivo sentimentalmente legata ad Arianna anche se ne ammiravo la sua indiscussa bellezza esteriore, mentre la sua simpatia e vicinanza avevano subito guadagnato la mia amicizia, non facile ad ottenersi data la mia indole diffidente e pessimista sul prossimo. Ciò che avevamo sperimentato nelle ultime ore era solo piacere dovuto a una tempesta ormonale che mi aveva colta alla sprovvista dinanzi alla situazione e al corpo armonioso e seducente della mia compagna, ma ero ancora sicura di amare il mio ragazzo e non avrei voluto lasciarlo per nulla al mondo. Era stato un tradimento? Si chiaro che lo era stato, ma non intendevo lasciarlo per questo perché non immaginavo una storia con lei o un qualsiasi seguito. Avrei applicato il detto “occhio non vede cuore non duole”.

Una volta giunte a casa, iniziai per davvero a ripassare e, quando fu sera, ordinammo la cena presso una rosticceria attigua. Dopocena Arianna venne chiamata da una sua coinquilina e, mentre discuteva al telefono, sentivo crescere in me il desiderio di stupirla con un ultimo atto di lussuria prima di lasciare alle mie spalle quella parentesi straordinaria. Poi sarei rimasta una semplice amica di Arianna, se avesse accettato le mie decisioni, altrimenti le nostre strade sarebbero tristemente state destinate alla separazione: non le avevo promesso nulla, ma sicuramente speravo la nostra grande empatia salvasse la futura frequentazione. Ci tenevo accettasse le mie condizioni. Stabilii di prendere ancora una volta l’iniziativa e, sotto le coperte, mentre lei era sempre di là, iniziai ad inserirmi le palline cinesi. Le annusai e seppi subito che ancora sapevano di lei, un odore afrodisiaco capace di stordirmi oltre ogni limite Confesso che ero un po’triste e che probabilmente desideravo abbandonarmi un’estrema volta ai piaceri dissoluti, annegandovi dentro, proprio per scacciare quella malinconia dovuta ad una una separazione che presagivo imminente. Troppo velocemente era divampato il fuoco che ci aveva legate l’una all’altra. Decisi però che tutto sarebbe stato perfetto e che sarei stata sua. Completamente.

Schiacciavo dentro una pallina dietro l’altra senza neanche guardare, solo godendo del movimento di quegli oggettini che entravano dentro di me invadendomi e procurandomi brividi inesprimibili. Volevo riempirmi il corpo e arrivare all’ennesimo orgasmo, l’ultimo, ma raggiungendolo dopo un’estenuante e lussuriosa ascesa alla vetta del piacere. Mi sentivo aperta con quattro palline che stavo spingendo nelle mie profondità sulle cinque che componevano la collana, ma, non paga, iniziai a tamburellarmi la clitoride. Inizialmente avvertii un lieve fastidio perché l’avevo usato troppo frequentemente di recente. Sorrisi a me stessa nello specchio come una bambina maliziosa e decisi d’inserirmi nell’ano l’evidenziatore che avevo usato nel ripasso dopo averlo lubrificato leccandolo ampiamente. Mi osservai ancora allo specchio e, così riempita, mi avvicinai, completamente nuda sotto l’ombelico al solo fine di ammirarmi.
Baciai la mia immagine riflessa spalancando le gambe: l’evidenziatore era quasi sparito dentro di me e riservavo l’ultima pallina per l’arrivo di Arianna. Mi sfilai anche la maglietta sotto la quale non indossavo nulla, essendo abbastanza accaldata e, aperto il cassetto, accesi il vibratore strusciandomelo noncurante sulla clitoride con languida lascivia. Attendevo col cuore in gola Arianna tornasse per vedermi lì così. Stesi i lunghi capelli castano scuro sul guanciale e iniziai a sospirare senza trattenermi troppo: pensavo che appena mi avesse vista in quello stato mi sarebbe saltata addosso. Volevo godere grazie alla sua bocca, non con tutti quegli orpelli, sia pur estasianti, ma la situazione e le sollecitazioni di palline infilate nel pertugio del “peccato” e le vibrazioni che producevano mi regalavano sensazioni irripetibili e indelebili che stordivano la mia mente. Le palline scavavano all’interno della mia fica. Io sussultavo ad ogni movimento del bacino perché davo il “la” ad un movimento di queste ultime al mio interno, sommovimento che mi stimolava ardentemente. Intanto appoggiai anche il vibratore che agiva imperterrito sulla clitoride viziata: la sentivo sempre più dura, quasi dolente. I capezzoli mi dolevano anch’essi dal tanto s’erano inturgiditi a causa del sangue che affluiva: dovetti toccarli e stimolarli e mi sfuggì un gridolino che pensai Arianna avrebbe potuto udire. Non riuscivo a distinguere cose stesse dicendo all’amica al telefono, ma, ad un certo punto, la vidi proprio sulla porta d’ingresso della stanza e lei capì subito cosa mi stessi facendo, anzi a cosa mi stessi abbandonando impudicamente, sotto la coltre delle candide lenzuola.

Presa da lussuria irrazionale, le scostai violentemente mostrando tutto con la massima sfrontatezza esibizionista: l’evidenziatore nel buchetto, le quattro palline nella fica e il clitoride su cui strusciavo senza sosta il vibratore. Era ancora al telefono solo che era passata al cordless e subito mi venne vicino imponendomi con un dito sulle labbra il silenzio. Mi mise il cordless vicino e potei sentire la voce della sua amica: parlava di sciocchezze come esami e amici comuni e tutto questo mentre io godevo come una pazza. Arianna mi prese il vibratore, lo spense e sostituì a questo le sue dita abili, poi prese a baciarmi ancora tentando di parlare con l’amica. Intanto la vidi inserire con maestria il vibratore, bagnato dei miei stessi umori, prima in bocca, pulendolo dalle gocce del mio miele trasparente, poi tra le gambe, dopo essersi sommariamente tolta il pezzo sotto del pigiama. Pensai che quei gesti le erano ormai divenuti naturali dopo averli esperiti chissà quante volte.

Ad un certo punto mi avvidi che non ce la faceva più a sostenere quel dialogo telefnico e che i suoi occhi bruciavano solo di desiderio e di passione: disse all’amica che la stavano chiamando al cellulare e rapidamente si disimpegnò. Appena divincolatasi dalla conversazione, lanciò un sospiro a metà tra l’espressione di piacere lussurioso e la liberazione da una scocciatura. Corse a spegnere il cellulare per evitare figuracce nel remoto caso l’amica l’avesse richiamata lì e si gettò su di me come solo una creatura totalmente in preda ai sensi avrebbe potuto fare. Si posizionò col viso sul mio pube, annusandomelo come una bestia ferina fa con la sua preda, e spinse dentro anche l’ultima pallina innalzando notevolmente il mio grado d’eccitazione. Poi si adagiò languidamente su di me e prese ad andare su e giù col bacino baciandomi con trasporto e mordicchiandomi labbra e lingua, anzi mordendomi perché ad un certo punto mi fece addirittura uscire del sangue: “Voglio tutto di te, mi fai impazzire, Deborah sei mia”….io riuscii a replicare solo con gemiti che non tentavo affatto di soffocare. Non più.
Sfregava il suo petto imperioso sul mio provocandomi una serie di scossette piacevoli e ognuna inzuppava il pube dell’altra coi propri umori anche se io mantenevo al mio interno le palline che mi trasmettevano ulteriore eccitazione muovendosi e squassandomi le intimità.
Poi, come un animale ferito e recalcitrante, mi toccò dappertutto e scese rapida al mio ano, vi soffiò sopra con risultati facilmente immaginabili ed estrasse l’evidenziatore dilatando il buchino e impiastricciandolo di saliva. Dopo averlo leccato in modo estenuante mostrandomi la lingua rosa che era per lei e per me un vero e proprio strumento di piacere, iniziò anche a dedicarsi al mio buchetto affondandovi proprio la linguetta: mi vergognavo da morire, ma l’eccitazione era tale che superava ogni altra sensazione residua.La mia clitoride era trastullata ora dalle mie dita, ora dalle sue e sentivo già delle contrazioni partire dalle pareti più recondite del mio sesso: mi trovavo sempre lì lì al limite dell’orgasmo, ma per il momento cercavo di trattenermi con sforzo immane. Il mio olfatto era sconvolto dallo spandersi dell’odore di femmina eccitata, quella sera ancora più forte che in tutte le occasioni precedenti: era talmente pungente che lo aspiravo quasi potrebbe esserlo un veleno o una droga.

Con il respiro ansante la guardai negli occhi mordicchiandomi le labbra amaranto in modo che deve averla fatta impazzire perché vi lessi la più esagerata bramosia, poi presi a schiaffeggiarle i seni con l’intento di lasciarci le impronte delle mie dita come ricordo mentre lei afferrava i miei glutei infilandoci le unghie. Estrassi pure le palline e lei allontanò il vibratore. La manovra di estrazione di queste mi fece quasi venire perché la mia fichetta era allo stremo, stava sempre sul punto di esplodere in un orgasmo devastante e quell’uscita imprevista la sollecitò fortemente, ma riuscii ad impedire ciò avvenisse per provare più piacere in seguito. “Ahhhhh sììììì mmmmmmm sìììì” gemevo senza tregua sospirando rumorosamente.
I baci di Arianna si soffermavano principalemente sui capezzoli che suggeva come fosse una neonata, oppure sull’ombelico che accarezzava dolcemente saettando con la lingua mentre io le spingevo la testa da una parte all’altra e lei pareva quasi impazzita, mentre sussurrava il mio nome e mi alitava il suo piacere sui due globi che inorgoglivano la mia femminilità. Lasciava quindi sopra di essi una striscia argentea di saliva come di lumaca.
Con un mugolio si tuffò su di me posizionando il suo bacino sul mio viso: era il 69 finale e avrebbe dovuto essere perfetto!

“Adesso vado giù sulla tua fichetta, voglio assaporarti Deborah e bagnarmi tutta la bocca, dissetarmi col tuo nettare. Non ce la faccio più a resistere. Non mi basti mai tu.” disse con tono da invasata, soffocato e stralunato. Già sentivo il suo respiro tiepido lì dove iniziava la mia peluria. Mi ritrovai la sua bella vagina arrossata davanti e pensai, in un lampo, che entrambi i sessi stavano per esplodere nel decimo orgasmo in poco più di un giorno: davvero ci stavamo facendo di tutto e mi rendevo conto per l’ennesima volta che probabilmente qualcosa del genere, una tale maratona erotica intendo, non mi sarebbe riaccaduta più. Di certo era una prima volta in assoluto.
Avvertivo dolere il buchetto posteriore, troppo allargato dopo non esser stato quasi mai usato per scopi quegli atti lussuriosi e la fica a tratti mi restituiva anch’essa fitte di dolore miste a goduria: sapevo non sarebbe stato facile giungere all’orgasmo quella volta e paventavo mi fossi provocata fosse qualche lacerazione interna dopo tutto quell’abuso, ma volevo proseguire. Solo, implorai Arianna di fare delicatamente. Tuttavia, lei si dimostrò eccellente nel leccarmi lentamente, profondamente e sempre con lo stesso ritmo. Faceva anche attenzione a non puntare subito il clitoride esausto, ma a dare brevi colpetti all’area circostante, a circuirlo e poi solo alla fine far avanzare la lingua con accortezza estrema. Cercavo di rilassarmi per facilitarle l’entrata delle dita nella mia patatina esausta e arrossata, ancora lucida di umori, ma divenuta troppo sensibile per il trauma delle ore appena trascorse.

Aveva deciso di affondare solo due dita, prima fermandole quasi indecisa sul vestibolo del mio sesso, poi affondandole con maggior decisione, ma proseguiva delicata lo spacco e nella cavità infiammata, producendosi in un’altalena piacevolissima ma estenuate. Lo stesso cercai di fare con lei e col suo delicato fiore, manovrando senza eccedere in violenza in maniera dolcissima mentre mi sentivo stordita con le narici impregnate dal suo odore pregnante, ormai divenutomi inconfondibile. Iniziai a titillare con la lingua il perineo, poi l’area delle grandi labbra puntando infine le piccole labbra, baciandole senza tregua, spalancando la mia bella Arianna e quasi cercando di penetrarla con la mia viziosa linguetta. “Sì continua giovane ninfa lussuriosa” m’incitava quasi lei non avesse solo due o tre anni più di me. Mi sentii sporca come non mai e allargai ancora di più le gambe, quasi a voler comporre un angolo di centottanta gradi. I suoi baci e la sua lingua provocavano brividi intensi sulla mia vulva irritata. Sussultavo letteralmente quando ardiva infilarmi un ditino malizioso anche nell’ano arrivando poi a saettare la lingua persino lì. Ero persa e spaesata in un mondo di cui non conoscevo la lingua, ma del quale potevo avvertire solo il piacere come unico vero mezzo di comunicazione. Quindi passai ad alitarle e soffiarle sul sesso infuocato e bagnatissimo tutta l’eccitazione che lei mi provocava dedicandosi alle medesime azioni sul mio corpo sfinito, muovendo dita e bocca come un esperto musicista che si esercita col proprio strumento preferito in vista di un concerto. Ogni tanto non esitavo ad accogliere il suo clitoride teso nella mia bocca circuendolo con le mie labbra: allora lei sussurrava il mio nome e mi gustavo ancor di più l’esaltazione del momento.
Sarà stata di 57 kg, la mia Arianna, ma non mi pesava affatto il suo bacino appoggiato sul petto, anzi la spingevo appositamente su e giù di modo che mi stimolasse anche i seni che sentivo gonfi all’inverosimile.
“Non resisterò per molto” le feci con un grido soffocato sulla fica spalancata e rorida, mentre mi sentivo un vero vulcano laggiù. Trattenevo a stento un orgasmo che sapevo di lì a pochissimi secondi mi avrebbe lasciata praticamente priva di sensi, sicuramente senza la minima energia.
Avvertivo viso, specie guance e labbra, inondate dai suoi succhi peccaminosi e, perciò, velocizzai il ritmo inserendo anche ben tre dita che la stantuffavano arditamente: ero in completo trance erotico. La sua lingua sul mio spacco si muoveva ora in maniera fantastica saettando sopra di esso e non tralasciando le piccole labbra spalancate all’aria saffica della stanza: il piacere colava inesorabile percorrendo i muscoli lungo le cosce formose. Ero già scossa da fremiti multipli. Alzai il bacino in modo inverosimile volendo quasi soffocarla dentro il mio sesso, mentre la sua patatina nel medesimo istante mi dissetava di nettare copioso ed io lasciavo scorrere la lingua avanti fino al monte di Venere e poi indietro sul suo sesso, ripassandole la clitoride, saettandoci sopra instancabile, mentre già sbuffavo tra le spira dell’orgasmo erompente. Succhiavo ogni goccia fremente di voglia di goderle in bocca mentre l’ondata divampava da profondità insondabili. “Arianna sììììì. non smettere, Arianna”, presi le lenzuola e le graffiai con violenza inusitata, facendo poi lo stesso sulla sua bella schiena inarcata. Leccavo a velocità pazzesca su e giù, scopandole la fica. “Deborah anche tu, vaiii sì, vai piccolaaaaaa. Vengooooooo” “Ahhhhhhhh sììììì, sìììììììì, Ariannaaa sìììì, continua così ahhhh”. Credo che se ci fosse stato uno spettatore avrebbe pensato fossimo due tarantolate: ci stavamo quasi soffocando coi nostri bacini in preda agli spasmi, io sollevandolo al limite e irrigidendo le gambe, lei ruotandolo come una pazza sul mio viso e annaffiandomi di umori di cui già ero fradicia ovunque. Stavano uscendo a getto come mi aveva raccontato le era accaduto su quel treno quando io la attendevo, ignara di quanto sarebbe successo. Sentivo le contrazioni della sua fica sulle mie labbra vermiglie e le gocce che scendevano riempiendomi la mia bocca a cuore che tanti corteggiatori avrebbero desiderato baciare. Era qualcosa d’impetuoso e sconvolgente quell’orgasmo, il più potente della mia esistenza: mi sentivo liquefare la vagina e tutto si contorceva e contraeva dentro me, persino la realtà circostante; mi muovevo a scatti i piedi, le gambe affusolate ancora rigidissime mentre non cessavano di tremare. Urlavamo come pazze e temetti avremmo svegliato tutto il palazzo, anche se erano solo le dieci di sera, ma non mi rendevo conto più di nulla, figurarsi del tempo che trascorreva.
La mia lingua era intrisa del sapore di Arianna e così pensai fosse la sua del mio: mi alitava sull sesso e poi passava la lingua su di esso, vorticosamente per non lasciare alcuna traccia di quella serata peccaminosa, nessuna stilla o traslucido filamento del reciproco nettare doveva essere sprecata.

Restammo in quella posizione oscena per interi minuti, ogni tanto mandando la lingua in esplorazione dei punti più reconditi e di tanto in tanto ancora scosse da qualche residua ondata di piacere ritardataria che ci scuoteva fin penetrando fin dentro le ovaie. Mi sentivo stanca in ogni senso e respinsi troppe smancerie adducendo a pretesto il test del giorno successivo.
Ci scambiammo un po’ di confidenze su sogni, speranze, fantasie. Ci stringemmo molto forte l’una all’altra ormai senza altro intento che comunicarci affetto e vicinanza.
“Deborah ma tu l’avresti mai pensato di trascorrere due giorni così?”-“No, in effetti no” replicai distaccata e già con una nota di malinconica.
Dopo poco cademmo in un sonno profondo e senza sogni dopo che mi rivestii della biancheria intima, non imitata da Arianna cui permisi comunque un ultimo bacio sia sui miei seni sia sulla mia bocca contro la quale premette la sua un po’ esageratamente, quasi volesse quell’istante non finisse mai.
Il giorno dopo mi dedicai finalmente al test cercando. per quanto possibile, di concentrarmi e, appena concluso positivamente (anche se, come al solito mi avrebbero fatto sapere più tardi) ritornai in taxi a casa di Arianna a riprendere valigia ed effetti personali. Naturalmente anche per salutarla.

Quando fui lì cercò di baciarmi, le diedi in risposta un fugace bacio a stampo che la lasciò in qualche modo insoddisfatta.
Mi accorsi che aveva pianto dagli occhi arrossati e le domandai che le fosse capitato, già avendolo intuito. Ero molto rattristata nel vederla così detestando il distacco imminente. “Ho paura di perderti, sento che c’è di più tra noi, di più di quanto probabilmente avremmo il coraggio di ammettere, più anche di una semplice amicizia o complicità”. Per la prima volta la vidi priva di sicurezza in se stessa e ancora pericolosamente vicina alle lacrime. A quel punto avvenne il chiarimento che paventavo e dovetti confessarle che, nonostante la grande passione che c’era stata tra i nostri corpi, per me era stato soprattutto piacere fisico e trasgressione mentre non potevo dire di amarla, sentimento che provavo per il mio ragazzo, anche se ammettevo che lui non era mai stato in grado di farmi sperimentare tutto quel piacere e quell’inaudita eccitazione; ciò nonostante anch’io mi ero affezionata molto e la desideravo come amica, forse saremmo anche potute essere migliori amiche e magari pure avere nuovi momenti come quelli, sempre che, come avevo pochi motivi di dubitare, mi avessero accettata all’università.

E in effetti superai quel test-ancora mi trovo qui-ma lei, Arianna, non capì mai, non comprese ciò che io desideravo, né la mia decisione, e, in breve tempo, le nostre strade si separarono. Disse che si era innamorata che non cercava altri che me, che se non avessi accettato di stare insieme, mi avrebbe dimenticata. Ne soffrii molto, lei immagino ne sia stata estremamente delusa per un periodo, ma non sempre nella vita le cose sono realizzabili. Spesso la realtà è composta da lame affilate.

Tuttavia, ancora penso di avere agito per il meglio. Questa fu la mia prima e unica esperienza saffica.
Di lei mi è giunta voce sta bene e ora fa pratica di lavoro, ha anche un ragazzo fisso: di quell’incontro focoso mi rimane invece questo ricordo e il nettare che m’impregna le dita maliziose quando mi capita di ripensarci intensamente. Soprattutto impazzisco quando ripenso al suo viso malizioso che mi fissa languidamente adagiato sul guanciale mentre si sfiora o a me stessa che nel parco mi spoglio pressoché completamente, dando oscenamente nell’occhio, per avviarmi all’ennesimo orgasmo della giornata con lei al mio fianco, due grazie appena sfiorate da un debole sole d’inizio autunno.
Ma se quello è stato piacere fisico, l’amore, quello autentico, lo è in modo totale. Non ho ripensamenti. Talora però il mio corpo mi brucia di desideri e allora capita di ricordare anche quei giorni e solo un intenso orgasmo solitario mi può soddisfare.

Grazie a tutti per l’attenzione e per i consigli/suggerimenti/correzioni che vorrete scrivermi all’indirizzo deborah.racconti@gmail.com

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