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La stirpe dei dannati

By 11 Febbraio 2013Dicembre 16th, 20192 Comments

 

 

Michael avviò il motore della sua Honda Civic, accese i fari che come pugnali affilati aprirono un varco nell’oscurità della notte e scacciò l’acceleratore con tutta la rabbia che aveva in corpo per il licenziamento ricevuto poche ore prima. L’azienda per cui lavorava come progettista meccanico da ormai tre anni navigava in cattive acque e, come altre aziende colpite duramente dalla crisi, aveva optato per un drastico taglio del personale. Si avviò verso la periferia di Detroit mentre i fiocchi di neve iniziarono a cadere voluminosi e pesanti sul parabrezza e pian piano il nero asfalto andava assumendo il colore candido della neve fresca. Ad ogni spazzata dei tergicristalli la periferia cittadina si apriva dinanzi ai sui occhi presentando lo spiazzante spettacolo del degrado urbano: fabbriche chiuse, cantieri abbandonati e baracche rifugio dei più disperati.

Arrivò al parcheggio del Meltdown, ritrovo abituale dei metallari di periferia, scese dall’auto e si incamminò verso l’ingresso con andatura rassegnata tipica di chi sente il peso del mondo, o del fallimento, sulle proprie spalle. Varcata la soglia venne investito dalle note crude e violente della canzone “touch of evil” dei Judas Priest, quella melodia sfondò le sue barriere di pessimismo donandogli una forza vitale finora sopita. Si guardò intorno, la sua attenzione fu immediatamente attratta dalle gabbie metalliche sospese a mezz’aria. Meravigliose e giovani ragazze in topless chiuse dentro le gabbie ballavano in modo sensuale e accattivante risvegliando i più primitivi desideri dell’animo umano.

Fu colto all’improvviso dal pensiero della sua ex ragazza che lo aveva lasciato per un facoltoso avvocato. Avrebbe voluto vederla chiusa dentro una di quelle gabbie, nuda e spaventata, attorno ad essa immaginava un branco di uomini che la insultavano, che la fissavano con la bava alla bocca come un branco di cani rabbiosi affamati di sesso. Michael riuscì a riprendere il controllo della propria mente, chiuse i pensieri sulla sua ex nel cassetto dei fallimenti e si sedette al bancone del bar.

Prese a sorseggiare il suo Jack Daniels liscio quando notò alla sua sinistra, poco distanti, due ragazze intente a parlare tra loro. Le guardò, le fisso memorizzando ogni piccolo dettaglio di quelle stupende creature. La ragazza più vicina aveva capelli neri come le piume di un corvo, lisci e lunghi fino a metà schiena, brillavano sotto le luci colorate del locale. I lineamenti del viso erano graziosi e marcati, nonostante il sorriso sulle sue labbra carnose aveva uno sguardo diabolicamente magnetico. Indossava una maglietta nera aderente in forte contrasto con la sua pelle bianca come la neve che stava coprendo Detroit. La minigonna di jeans celava a malapena le natiche mentre le gambe erano avvolte in volgari calze a rete., stivali di pelle nera con tacco slanciavano ulteriormente la figura di quella ragazza già di per se alta. La sua amica era di una spanna più bassa e a prima vista sembrava molto più giovane, a malapena maggiorenne. Aveva capelli color oro mossi e lunghi poco oltre le spalle. I lineamenti delicati, il naso piccolo, la bocca stretta ma dalle labbra sinuose le davano un’aria angelica ma i suoi occhi colore del cielo terso avevano uno sguardo maligno che gli fece gelare il sangue. Indossava jeans attillati che facevano risaltare il suo sederino piccolo e tondo e le sue esili gambe, una canottiera nera molto scollata lasciava intravedere l’attaccatura del piccolo seno.

Michael continuò a fissarle e loro di tanto in tanto ricambiavano lo sguardo finchè la mora si diresse verso di lui con passo da modella. Era una ragazza veramente alta e con quei tacchi superava abbondantemente il metro e ottanta, longilinea e con un seno prominente che la maglietta faticava a contenere. La ragazza prese il bicchiere di Michael, lo portò alle labbra e trangugiò il whisky in un sol sorso.

“Spogliarci con gli occhi costa, pagaci da bere!” disse con voce calda ma ferma guardandolo dritto negli occhi.

“Volentieri signore” rispose in tono scherzoso e ordinò da bere per tutti e tre mentre la biondina si era seduta alla sua destra e con il gomito appoggiato la bancone lo guardava con finta aria imbronciata. “Io sono Michael e voi?”

“Faith” rispose la mora con tono deciso sedendosi sullo sgabello.

“Kimberly” fu invece il nome che gli giunse all’orecchio destro pronunciato con una vocina femminile e volutamente storpiata per darle un tono fanciullesco.

Faith gli chiese il perché di quell’aria triste sul suo volto passandogli le dita tra i capelli in una tenera carezza.

“Sono un neodisoccupato, la mia ragazza mi ha mollato per un facoltoso avvocato, sono solo un fallito che ha voglia di ubriacarsi”.

Faith si alzò, passò dietro di lui, si avvicinò appoggiando le mani sulle sue spalle larghe, annusò il suo profumo e gli sussurrò all’orecchio: “noi sappiamo come farti dimenticare tutti i brutti pensieri”.

La mora si avvicinò a Kim, le accarezzo il viso con due dita e la baciò sulla bocca, il casto bacio si trasformo in una passionale effusione: le loro lingue si cercarono, si trovarono, si accarezzarono a vicenda, le bocche si unirono con passione sotto gli occhi sgranati del fortunato ragazzo.

“quanti anni hai?” lo interrogò Kim senza smetterla di usare quella finta vocina fanciullesca.

“27 e voi?”

“io 18” rispose Kim “ e la mia amica 24, lo sai che sei proprio carino”. Kim posò la sua esile mano sul pacco del ragazzo e lo guardò con uno sguardo languido, ma quello sguardo sensuale e seducente non riuscì a cancellare del tutto l’espressione malvagia che Michael scorgeva guardandola negli occhi.

“Io abito qui vicino, ti va di portarci a casa?” Faith pronunciò quelle parole con un tono così dolce e seducente che per Michael fu impossibile declinare l’invito, seguì quelle meravigliose creature come ipnotizzato dal canto di una sirena e uscì dal locale senza nemmeno sbirciare per un’ultima volta le ragazze che mostravano i loro corpi racchiusi nelle gabbie di metallo.

Il paesaggio era ormai completamente innevato. La neve è magica pensò Michael, è in grado di rendere silenziosa anche la più caotica delle città. L’unico rumore era quello del manto nevoso schiacciato sotto il loro piedi. Salirono sull’Honda Civic nera come la notte e si diressero verso l’appartamento di Faith.

L’appartamento era al primo piano di un tipico condominio di periferia più simile ad una caserma che ad una abitazione. Il bilocale era comunque sobrio e pulito.

“accomodati, fa come se fossi a casa tua”. Seguendo il suggerimento di Faith si sistemò sul comodo divano in pelle nera e Kim lo seguì accovacciandosi al suo fianco. La ragazza lo baciò in bocca e gli accarezzò il pacco da sopra i pantaloni tastando la consistenza della carne che iniziava a indurirsi.

“a me il cazzo piace grosso…grosso largo e venoso” sussurrò al suo orecchio prima di leccargli la guancia come un animale in calore.

“Ho preparato da bere” li interruppe Faith porgendo loro i bicchieri. Michael sorseggiò il coktail a base di Martini guardando Faith togliersi la maglietta. Non portava il reggiseno e le sue tette, una piena quarta misura sembrava scolpita nella roccia. Incuranti della forza di gravità il suo seno svettava sodo e fiero, la pelle bianca come il latte metteva in risalto i capezzoli rosso fuoco turgidi e grossi come olive mature. Col bicchiere in mano Faith si mise vicino a Kim, portò il seno sinistro verso la bocca della ragazza che prontamente iniziò a leccarlo, poi versò il liquore sull’attaccatura del seno e Michael lo vide scorrere fino a raggiungere il capezzolo e versarsi come una piccola cascata nella bocca di Kim. Michael osservava eccitato la scena, fino ad allora aveva solo sognato di stare in compagnia di due splendide ragazze, ora quella fantasia si stava avverando, lo considerava un pizzico di fortuna nel mare di sfiga in cui stava navigando.

Stava accarezzado la gamba di Faith quando questa si girò verso di lui, porse a Michael il seno sinistro e a Kim quello destro. Dissetò entrambi facendo scorrere il liquore dalle sue tette alle loro bocche vogliose di alcool.

La mora si alzò, prese per mano Kim tirandola a se e inziarono a baciarsi passionalmente mentre le loro mani erano impegnate a denudare l’una il corpo dell’altra. Kim era magrissima, esile, minuta, le sue tettine sembravano essere una seconda misura, due sassolini graziosi e puntuti se confrontati con i meloni sodi e maturi di Faith.

Si diressero verso la camera da letto e Michael li seguì con il sangue che gli bolliva nelle vene. Ancora non gli sembrava vero, ciò che aveva sempre sognato ad occhi aperti stava per avverarsi. Avrebbe fatto sesso con due ragazze, due stupende donne vogliose e disinibite erano pronte a regalargli piaceri che fino ad allora aveva solo potuto immaginare, un meritato premio di consolazione dopo i fallimenti personali e professionali.

Faith si sdraiò su letto a gambe aperte, sembrava una modella in posa per Playboy, bellissima, un corpo perfetto, sul pube una striscia di pelo nero e folto sembrava indicare la direzione per il paradiso. Kim si tuffò tra le sue gambe come un’aquila pronta ad agguantare la preda e iniziò a baciare, leccare, lappare quella fica calda e vogliosa. Michael si spogliò con la sua usuale calma godendosi lo spettacolo che le due donne in calore stavano mettendo in mostra. Si mise sul letto accovacciato vicino a Faith, prese il cazzo ancora mezzo moscio in mano e lo guidò tra le labbra umide della ragazza. Faith iniziò a leccare la cappella e a succhiarlo dolcemente, lo sentiva crescere e indurirsi tra le labbra, sotto i suoi colpi di lingua quel cazzo moscio si stava trasformando in un bastone duro nodoso pronto a donare piacere. Nonostante la giovane età Kim era tutt’altro che inesperta alle pratiche del sesso e in breve portò Faith all’apice del piacere, le grida di godimento della mora furono smorzate dal cazzo ormai duro che Michael teneva saldamente dentro quella calda bocca.

Michael avrebbe voluto indossare il preservativo e scoparsi quelle due stupende ragazze ma si rese conto di essere totalmente incapace di prendere qualunque decisione, si sentiva come un burattino nelle loro mani. Non vedeva le loro labbra muoversi eppure sentiva le loro voci: telepatia. Ogni loro parola era per lui un ordine al quale gli era impossibile opporsi, avevano il totale controllo della sua mente. Guidato da una volontà a lui estranea si mise tra le gambe di Faith, prese il cazzo nudo in mano e iniziò a sfregare la cappella gonfia sulle labbra bagnate della ragazza mentre Kim si mise a cavalcioni sopra il volto di Faith per farsela leccare. Kim era girata verso di lui e lo guardava negli occhi mentre la lingua di Faith si incuneava tra le labbra glabre della biondina. Michael rimase estasiato dallo spettacolo che gli stavano offrendo, guardava il corpo di Kim perfetto in tutte le sue proporzioni. Il suo seno piccolo puntava dritto verso di lui, i capezzoli tesi dal piacere sembravano punte di freccia pronte a scoccare verso il cuore del ragazzo, la bocca di Kim così piccola e sensuale si apriva e si chiudeva al ritmo delle leccate di Faith e i gemiti di piacere della ragazza riempivano la stanza di una melodia armoniosa ed eccitante.

“penetrala, scopala” fu l’ordine che Michael sentì nella sua mente recitato con la suadente voce della biondina.

Come un automa a cui viene dato l’input corretto Michael prese in mano le caviglie di Faith, le fece alzare e divaricare le gambe in modo osceno e la penetrò, le spinse dentro quel tronco duro e  nodoso in modo deciso. Faith lanciò un urlo poi riprese il lavoro di lingua sulla fichettina di Kim, la leccava con maggiore passione al ritmo dei poderosi colpi di reni con cui il ragazzo la stava scopando. Michael la teneva per le caviglie obbligandola a tenere le gambe spalancate, le leccava i piedi, succhiava le dita di quelle graziose estremità mentre osservava la danza ipnotica dei grossi seni di Faith che si muovevano al ritmo con cui lui la stava sbattendo.

Una voce nella sua testa lo obbligò a distogliere lo sguardo dai meravigliosi seni della mora e lo costrinse a guardare Kim dritta negli occhi. Lo sguardo di quella ragazza era eccitante, lascivo e allo stesso tempo maligno. Telepaticamente gli ordinò di fermarsi e Michael prontamente obbedì.

La biondina si mise a pecorina, appoggiò la faccia sul cuscino inarcando la schiena e offrendo così una visione paradisiaca a entrambi. Il suo culo piccolo tondo e sodo sembrava una scultura di marmo degna dei migliori artisti, le sue esili gambe erano divaricate il più possibile mettendo così in mostra il sesso completamente depilato. Le labbra della fica erano sottilissime e strette, gocciolavano di piacere come una foglia bagnata dalla rugiada mattutina. Michael si avvicinò carponi, accarezzo estasiato quelle forme armoniose sentendo sotto le proprie mani tutta la calda ed eccitante consistenza del corpo sodo di una giovane ragazza. Con un dito aprì le sottili labbra di quella passerina delicata, ne percepì tutto il calore del desiderio e la penetrò con un dito. “Questa fica è strettissima anche per un solo dito, figuriamoci per un cazzo largo come il mio” pensò il ragazzo mentre fremeva dal desiderio di possederla.

Sentì nella propria mente la voce dolce calda e suadente di Faith: “montala, falla tua, falle ciò che vuoi, sfoga tutti i tuoi desideri repressi su di lei”

Michael posò la grossa cappella su quella fessurrina rosea, la prese saldamente per i fianchi e la penetrò con un solo colpo di reni. Quel cazzo largo, duro e venoso la trafisse come un coltello in una bistecca sanguinolenta. Si aspettò di sentire un urlo di dolore per quella penetrazione così dura e violenta, invece l’unica risposta che ricevette furono gli acuti gemiti di piacere di Kim. La stava possedendo in modo duro e selvaggio, stava realmente dando sfogo ai suoi istinti animaleschi, alle sue frustrazioni tipiche di ogni uomo del mondo moderno. Guardò Faith sdraiata vicino a loro che con una mano stava accarezzando il clito di Kim muovendo le dita al ritmo di quella monta selvaggia e con l’altra si dava piacere penetrandosi con le lunghe dita.

“Più forte bastardo, sbattimi più forte, chiavami, fottimi con tutta la forza e la rabbia che hai in corpo!” Le parole di Kim riecheggiarono nella mente di Michael come una raffica di mitra.

Con una mano prese Kim per i capelli obbligandola ad alzare lo sguardo verso il muro, con l’altra la tenne ben ferma aggrappata alla vita tanto da lasciarle un livido come impronta della sua mano e prese a sbatterla con tutta la forza che aveva in corpo. Il cazzo si conficcava dentro di lei con una forza e un’irruenza tale che ogni altra donna sulla faccia della terra avrebbe etichettato quel rapporto come una violenza, ma non Kim, no, lei godeva ad ogni affondo, ad ogni colpo il suo piacere cresceva portandola verso l’apice del godimento.

“bravissimo, così! fottimi così… mi stai facendo godere, fottimi come una puttana!”

Kim venne, raggiunse un orgasmo lungo e intenso, le sue grida di piacere rimbombarono tra le pareti della piccola stanza. Michael la seguì e si svuotò i coglioni dentro di lei, grugnendo come un animale in calore riversò nella fica di Kim tutto il suo piacere denso e bollente.

Cadde sfinito tra le braccia delle due meravigliose creature, soddisfatto come non lo era mai stato in 27 anni di vita.

Guardò Faith e gli occhi della ragazza, che erano diventati totalmente neri come la notte, lo fecero rabbrividire. Una scossa di puro terrore lo percorse dalla testa ai piedi, tentò di reagire ma le fulminee mosse di Faith non gli lasciarono scampo. I canini appuntiti della mora si conficcarono nella sua giugulare e quasi contemporaneamente quelli di kim si fecero strada nell’arteria femorale. Si nutrirono del suo sangue mentre Michael perdeva via via le forze.

Faith si staccò dal mortifero morso, gli accarezzo il viso e lo baciò sulle labbra: “Domani notte tu sarai uno di noi, benvenuto nella stirpe dei dannati” gli disse con la sua voce calda come il fuoco.

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