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Senza Pietà cap. 2

By 30 Dicembre 2021No Comments

Era una villetta nel bel mezzo del nulla, tra campi incolti e palazzi di uffici vuoti e bui a quell’ora della notte. Il furgone entrò nel cortile, il cancello si richiuse alle loro spalle e le prigioniere furono fatte scendere e condotte nei seminterrati. Furono sistemate in un grande stanzone insonorizzato.
– Potete gridare quanto volete – disse Sydney mentre levava loro la ball gag, – qui non vi sentirà nessuno. –

L’insolito modo di procedere le terrorizzò e gridarono come delle indemoniate. Poi iniziarono a pensare che quelle tre non fossero poliziotte, ma una banda rivale o chi sa chi.
Le lasciarono cuocere nel loro brodo per più di un’ora. Intanto Sydney si mise in contatto con il gruppo di colleghi che usava quella villetta, come lei, per i loro comodi più o meno leciti, non voleva essere disturbata. Quindi mandò Sarah e Ziva a recuperare le moto di quelle tre delinquenti.
Ziva era già stata sua complice in passato nelle sue insane scorrerie e condivideva pienamente il suo punto di vista, ma Sarah no, anche se durante la lotta aveva fatto trasparire le sue tendenze, ma un conto era la lotta ed un altro… Doveva essere sicura di lei, ma praticamente lo era, l’aveva vista all’opera e aveva visto che le piaceva darle e comunque l’avrebbe messa alla prova, presto.

Erano sulla porta dello stanzone, Sydney si rivolse a Sarah. – Io e Ziva ci divertiamo spesso con le prigioniere, soprattutto quando ci hanno sfidato e sono delle belle troie come queste. Se sei interessata rimani, altrimenti vai via. –
– L’idea non mi dispiace – rispose Sarah con sguardo assatanato rivolto alla moretta, – non vedo l’ora. –
Sydney sorrise, aveva notato che a Sarah quella moretta piaceva parecchio e guardandola meglio era in effetti uno stupendo bocconcino. – Di lei ci occuperemo alla fine e le potrai fare quello che vuoi. Cominceremo con la bionda. E’ la tua prima volta? –
– Sì, ma ho queste fantasie da sempre e finalmente posso realizzarle. –
– Allora guarda ed impara, io e Ziva siamo molto esperte. –

Julianne, la bionda, era stata sistemata in una posizione impossibile. Sospesa ad un metro da terra, sofferente e sfiancata, era lì, in quella condizione, da un’ora.
Tre anelli di acciaio scendevano, sostenuti da corde grosse, dal soffitto. Una robusta corda passava sotto le ascelle della bionda, andava in alto e passava nell’anello centrale che si trovava, rispetto agli altri due, mezzo metro più in alto. La corda ridiscendeva dall’altro lato e finiva sui polsi della bionda. Le gambe erano state allargate in una posizione che solo per una brava ballerina era sostenibile e non molto a lungo. Le caviglie erano state fissate agli anelli laterali a quasi un metro di altezza. Il risultato era osceno ed eccitante. La bionda era inclinata in avanti, il seno che pendeva in basso e con il culo, sull’altro lato, proteso in alto e le gambe larghe in una incredibile spaccata.  Nuda, salvo gli stivaletti. In più, il puttanone, poteva essere spostato a piacimento, stava su un’altalena e il suo corpo poteva essere messo nelle posizioni più degradanti desiderate dalle sue carceriere
Quando le tre poliziotte entrarono nella cella il suo viso era tremendamente distorto dalla sofferenza, si sentiva aperta e squartata, ma non disse una parola, era decisa a resistere a tutti i costi e non parlare. Non aveva la minima idea di cosa l’aspettava, lei pensava che volessero farle confessare i suoi loschi affari, confessare e denunciare i fornitori della droga. Si sbagliava.

– Questa è la mia – disse Sydney indossando dei guanti di pelle nera, – c’è mancato poco che mi ammazzasse. Ora voglio farle capire che ha proprio sbagliato persona. Che chi si mette sulla mia strada fa una brutta fine. Faccio io, ma anche voi avrete la vostra parte… quando avrò terminato potrete farne quello che volete. –
Sarah e Ziva annuirono, era sottinteso che analogamente Ziva si sarebbe presa la morettona e Sarah la moretta. Sydney si avvicinò alla bionda e l’accarezzò lasciva sul seno, la tastava come una giumenta. – Non mi toccare troia – protestò gridando Julianne, ma lei stessa capiva quanto era impotente.
– Posso fare di te quello che voglio e vedrai che lo farò. Nessuno sa che ti trovi qui, sei in mio potere e io so come trattare le cagne come te. – Le strizzò un capezzolo torcendolo e conficcandoci le unghie e la cagna ululò dimenandosi, ma ottenne solo di farsi ancora più male, la tensione sulle cosce era tremenda, tutte le giunture del suo corpo erano tese allo spasimo e si potevano slogare.
– Presto mi pregherai di potermi leccare i piedi. –
Julianne cercò di sputarle in faccia, non ci riuscì, aveva la gola secca e lo sputo le colò dalle labbra sul seno, invece il manrovescio che ricevette sul viso fu talmente forte che sentì i denti ballare e la guancia diventare viola e insensibile. La bionda vide i sorrisetti di scherno delle altre due poliziotte e capì che sarebbe stata dura. Era già stremata e disidratata in quella difficile posizione, iniziò a dondolare come un burattino, pensò che era meglio risparmiare energie. Sydney riprese a tastarla e lei non reagì, solo qualche brivido e qualche irrigidimento del corpo quando le carezze si fecero più intime, strinse i denti e stette zitta.
Gridarono invece le amiche della bionda, un’infinità di insulti e imprecazioni. Erano legate anche loro in posizioni impossibili ed erano impotenti, ma potevano urlare. Questo infastidì Sydney.
– Mettete loro le ballgag, non voglio essere disturbata mentre mi diverto. – Così fu.
Poi Sydney prese da una parete molto ben fornita una frusta lunga e rigida e iniziò a girarle intorno sferzando l’aria incutendole un timore irragionevole. Julianne iniziava ad avere molta paura, si domandava cosa volessero quelle tre stronze. Lo chiese. – Cosa volete? Portateci in prigione e facciamola finita. –
Sydney le rise in faccia. – Non vogliamo niente. Vogliamo solo divertirci con voi. Ed io soprattutto con te. – Il corpo di Julianne vibrò, una corda tesa, bastava un niente per farla vibrare, iniziò a tremare e iniziò a capire che quelle davanti a lei erano delle sadiche, delle lesbiche sadiche. Mentre meditava la prima frustata la colpì sulle spalle, la punta della frusta girò intorno al toso e la punse sul seno. – ahhhhh. Troia maledetta. Non puoi! Non puoi! –
Sydney, da dietro, le passò l’impugnatura della frusta tra le gambe e con quella la massaggiò sulla vulva liscia come quella di una ragazza, Julianne sentì l’umiliazione, ma strinse i denti.
– Posso, posso, posso fare tutto quello che voglio – le rispose.
La bionda era davvero molto puttana, ma decideva lei con chi, quando e come. Quella troia di poliziotta invece voleva sottometterla, per la bionda era inconcepibile, ma non poté fare a meno di fremere e constatare che non poteva fare niente oltre a subire.
Intanto la mano libera della poliziotta, inguainata in morbida pelle, prendeva possesso del corpo della bionda, dalla schiena discese verso il culo e poi sulle cosce.
Julianne non sapeva cosa aspettarsi e rimaneva all’erta, ma intanto il suo corpo stupendamente sollecitato si rilassò, anche se la posizione era impossibile, la tensione, soprattutto di gambe e cosce, estrema. Julianne preferiva il cazzo, ma aveva avuto diverse esperienze saffiche e non si sarebbe sottratta per evitare il peggio, ma odiava quella troia che la stava palpando come una sua proprietà, non voleva dargliela vinta, ma subito si arrese all’evidenza, sapeva che non sarebbe riuscita a resistere per molto e cercò di mercanteggiare. La frusta sferzava l’aria ed era molto inquietante.

– Non lo fare, ti obbedirò, ma non lo fare. –
Sydney non stette a sentirla minimamente. La frustò sul culo, davanti sul seno e di dietro sulla schiena. Julianne aveva accolto le prime frustate gridando più per la paura che per il dolore vero e proprio, anche se le frustate l’avevano segnata, segnata, ma non lacerata. Sydney era brava e voleva divertirsi a lungo. Ma quando Julianne vide e soprattutto sentì che il ritmo cambiava, che quella troia di poliziotta, se era una poliziotta, l’incalzava sempre più veloce, gridò terrorizzata ed invocò pietà.
– Miserabile, – l’insultò Sydney, – ancora non hai capito che io sono la tua Signora e Padrona e posso fare di te quello che voglio? Non sei capace neanche di prenderti una bella frustata dalla tua padrona che miagoli come una bimbetta. – Le assestò una bella frustata tra le gambe aperte che si spense sulla fica, che immediatamente si arrossò, e la fece sussultare sulle corde come una tarantolata e urlare come una indemoniata. La bionda riuscì lentamente a fermare il suo corpo dondolante, ma aveva davvero paura, il suo corpo era attraversato da lunghi tremiti che era incapace di controllare. Riusciva solo a piagnucolare e implorare pietà. – Non eri spaventata quando mi stavi massacrando su quel piazzale, anzi ridevi – l’irrise la padrona che si accingeva a batterla nuovamente. Julianne cercò di evitare quello che più temeva. – Pietà, faro tutto quello che vuole, ma non mi colpisca in mezzo alle gambe. –
Julianne aveva cambiato tono e modi, ora le dava del lei ed era diventata rispettosa. Sydney sorrise, ma fu proprio lì che le arrivò ancora una volta il colpo. Julianne gridò impazzita e gemette nell’attesa del successivo. Sentiva un bruciore bestiale e sentiva che la vulva si gonfiava incredibilmente mentre continuava a sussultare impazzita sulle corde incapace di fermarsi. Era impossibile, non riusciva a fermarsi, la fica era in fiamme e lei non sentiva più niente alle giunture, il dolore sui genitali prevaleva di gran lunga su tutto il resto. Gridava e si agitava. Anche Sydney era scossa dai brividi, era il piacere che montava.
– Stai già facendo quello che voglio, desidero frustarti ben bene. – Anche il colpo successivo, dopo aver colpito l’interno della coscia risalì verso la vulva. Arrivò smorzato, ma arrivava lì dove aveva già procurato dolore. Julianne era un lago di sudore, non invocava più pietà, ma gridava e piangeva emettendo suoni sconnessi.
Sydney decise che poteva bastare, voleva che la schiava fosse ancora in forma, la sua giornata sarebbe stata lunga. Si avvicinò alla schiava che sudava e si dibatteva impazzendo per il dolore ed il timore che ricominciasse. La padrona l’accarezzò sulla schiena, poi l’abbracciò da dietro stringendole le grandi tette con le mani. La sentì vibrare sotto di sé e la strinse più forte godendo di quei brividi e della sua paura.
– Farai quello che voglio? – le disse.
– Sì, farò tutto – rispose la bionda ansimando.
– Devi rivolgerti a me con il termine di Signora o Padrona, altrimenti continuo a frustarti. –
– Sì Signora – rispose immediatamente Julianne. Le altre due schiave erano sbigottite, era stato facile ridurre una di loro a ubbidire. Poi continuò, – Signora, in questa posizione mi sto spaccando, non resisto più. –
– Non abbiamo finito troia, ma ora ti metterò più comoda e poi continueremo. –

Sydney spostò l’anello di destra e quello di sinistra dalle caviglie a metà coscia della bionda e Julianne si trovò praticamente seduta, una posizione molto più comoda della precedente. La bionda era sempre protesa con le sue tette in avanti, pendenti nel vuoto e il suo culo proteso indietro ed in alto, ma poteva distendersi e respirare meglio.
Il sollievo durò poco perché quello che vide fu terribile e raccapricciante. Gridò con tutte le sue forze – Noooooooooo! – Le altre due prigioniere erano sgomente e impotenti.

Sydney si avvicinò alla sua nuova schiava, aveva un ago in mano. – ora devi stare ferma stupida , altrimenti ti farai male. –
– Noooo, non voglio, non puoi farlo… –
La bionda aveva ripreso a darle del tu e fu punita immediatamente.
Un pugno, violento e brutale nella pancia, sulle ovaie.
– Aaahhhgr. – Fu tutto quello che la bionda riuscì ad esprimere, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre il suo corpo era scosso e fuori controllo, la bocca spalancata e finalmente un altro grido disperato – uhhhhh. Basta… per favore Signora. – Era ritornata umile ed ubbidiente. Le altre due criminali che assistevano alla scena avevano gli occhi sbarrati. La loro amica si trovava in un grosso guaio e pensavano terrorizzate a cosa sarebbe successo a loro, pensavano freneticamente, ma non vedevano via d’uscita. Non avevano nessuna possibilità di sottrarsi al loro destino.
Sydney ne approfittò e le prese un capezzolo tra le dita della mano sinistra tirandolo, mentre con la destra spinse l’ago di traverso nello stesso. Fece male, ma meno del pugno e un puntino rosso venne fuori dal lato da cui uscì l’ago. Julianne cercava di controllarsi, ma il suo corpo fremeva e sussultava. L’ago rimase infisso nel capezzolo e Sydney prese l’altro. Il corpo della bionda non ne voleva sapere di smettere di vibrare, ma a Sydney non importava, prese saldamente tra le dita l’altro capezzolo e ripeté l’operazione. Questa volta Julianne gemette disperata, ma non osò ribellarsi.
Poi Sydney prese due anelli molto larghi, ma leggeri, li aprì e li fece passare nei fori creati con gli aghi. Ancora una volta Julianne gemette e ringhiò, ma l’operazione si concluse “tranquillamente”.
Sydney l’accarezzò sul seno e tirò a sé un anello, Julianne muggì, faceva male e soprattutto capì che se tirata per quegli anelli il suo corpo avrebbe dovuto seguire senza esitazione.
Sydney invece sentì uno spasmo alla fica, la sofferenza della cagna che sentiva sotto le sue dita che l’accarezzavano l’eccitarono moltissimo.
Julianne non era in grado di ribattere niente. Ormai era annullata e domata, oltre che sfinita e tramortita.
Con le grandi labbra l’agonia fu più lunga, ma più facile, tre anellini per parte, piccoli, ed uno più grande, che scendeva fino alle grandi labbra, e che le procurò molto dolore al clitoride.
Per tutto il tempo Julianne aveva pianto, singhiozzato e sussultato sugli anelli e sulle corde.
Sydney non era disturbata da quei movimenti, l’importante era che la parte che andava a infilzare fosse ferma tra le sue dita e che la manza non fosse in grado di opporsi.
Completamente disidratata non sudava neanche più, sfinita non aveva nessuna reazione, quando Sydney, aiutata dalle sue colleghe, la sciolse da quella terribile imbracatura, crollò sul pavimento.
– Andiamo a prendere un caffè e lasciamo che questa troia si riprenda – disse Sydney alle sue colleghe.

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