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La bionda, mi fece cenno di aspettare e si allontanò con l’amica a parlottare.
Poi si riavvicinarono e parlò «Tu servirai qui per liberarla, quando avremo finito.
Avrai intuito che vogliamo punirla noi, ma abbiamo trovato una soluzione: tu starai a parlare con una di noi, mentre dietro di te la puniremo noi, a turno… Ok?»
Annuii compito, anche se dentro di me esultavo: le avevo stanate!
Così andammo, prima con Giovanna -la bruna- e poi con Paola -la bionda- quasi in cima alla duna, in maniera da poter avvistare chi, eventualmente, si fosse avventurato da quella parte.
Con la coda dell’occhio, vidi Paola che si levava lo slippino e che si accucciava davanti alla faccia di Lorella; poi Giovanna mi distrasse a parlare e vidi che si godeva la vista del supplizio da sopra la mia spalla. Dopo un certo tempo, le due donne si diedero il cambio e potei notare la pelle fremente della bionda imperlata di sudore, dopo che, evidentemente, Lorella era stata brava a subire il proprio supplizio.
Un’occhiata furtiva alle mie spalle, mi permise di cogliere la bruna girata verso di noi, con un folto triangolo di pelo: evidentemente stava obbligando la mia sweet a leccarle anche il culo.
Dopo un certo periodo, anche la seconda donna ci raggiunse, anche lei affannata, mentre si risistemava lo slippino del costume.
Mi guardò ed annuì «Avevi ragione, è abile e volenterosa, con la bocca, la tua troietta!»
Mi sorrisero e si incamminarono verso i loro lontani lettini; io tornai da Lorella e notai che aveva i capelli ed il viso bagnato, come bagnata era anche la sabbia attorno al suo collo: evidentemente, le due donne avevo sottoposto la loro prigioniera anche alla “doccia dorata”, come del resto mi confermò anche lei.
Come diceva Oscar Wilde “so resistere a tutto, meno che alle tentazioni!” per cui, incurante del rischio che capitasse qualcuno, abbassai lo slip e obbligai la mia vittima -sempre sepolta fino al collo, a soddisfare oralmente anche me.

Infilai il mio cazzo, reso durissimo dalla situazione, nella bocca bollente di Lorella, eccitato dal vederle ancora i capelli, il viso ed il collo bagnati dell’orina delle due donna.
Le misi una mano sulla nuca e con quella le diedi il ritmo e la profondità delle succhiate.
Lei cercava di sfilarsi dalla bocca il mio arnese, provando a dire qualcosa, ma ovviamente glie lo impedivo, affascinato dal perverso gioco che era riemerso dalla mia memoria.
Dopo un minuto o due, si rassegnò alla mia intrusione ed allora usò tutta la sua abilità di pompinara per farmi raggiungere alla svelta il piacere e poter, così farsi liberare.
Mi godevo le sue leccate e succhiate ed anche il sole che mi baciava il viso ed il petto: per una ‘lucertola’ come me, la piacevole sensazione di calore sulla pelle aumentava ancor di più il piacere che mi stava donando la donna.
Mi sentii aspirato, risucchiato dentro la sua bocca e l’onda di piena del mio sperma, venne aspirata dalle sue abili manovre dalle profondità dei miei coglioni fino alla sua glottide.
In un lampo, decisi che non avevo alcuna voglia di pisciarle in faccia, come avevano fatto le due, ma purtuttavia non potevo mancare di omaggiare la sua troiaggine, per cui le sfilai il cazzo dalla bocca, lasciandola stupita e subito le coprii il volto con diversi schizzi di sborra.
Presi fiato per una trentina di secondi, mentre lei si ripuliva le labbra e la punta del naso dai miei schizzi, facendo uscire il più possibile la lingua.
La trovai teneramente buffa, perciò mi inginocchiai per baciarla e, subito dopo, comincia a farla riemergere dalla sua prigione di sabbia.
Uscì dal buco completamente infarinata di sabbia, mi gettò un sorriso malizioso e poi si infilò il costumino, per poter andare sulla spiaggia e ripulirsi nell’acqua, pur fredda, della laguna.
Dopo il primo brivido, proseguì per una ventina di metri, fino a trovare un punto dove l’acqua le arrivasse al pube: una flessione delle ginocchia ed uno spolveramento subacqueo le permisero di ripulirsi al meglio della sabbia che aveva le aderito alla pelle.
Poi si sciacquò il viso e subito uscì, deliziosamente sorridente anche se con la pelle d’oca per il vento freddo, come una bimba che avesse fatto una monelleria.
Le sorrisi e tornammo ai lettini, dove era eroicamente restato ad attenderci il paziente Gino.
Lorella, appena arrivata, lo baciò e gli disse che voleva andare in camera per farsi una doccia; per cui mi lasciarono, mentre Lorella cominciava a raccontargli gli eventi, dopo esserci dati appuntamento a pranzo.

Mancava poco a mezzogiorno, quando vidi Mamoud che girava tra i lettini, proponendo i suoi servigi come massaggiatore.
Vedendomi, mi sorrise e si avvicinò «Buongiorno! Allora, volete un’altra seduta di massaggio?» disse ridendo e strizzandomi l’occhio.
Risposi ridendo: «No, grazie, Mamoud: siete molto bravi, tu e Ahmed, sciogliete meravigliosamente bene tutti i muscoli, ma poi uno si trova pieno di strani dolorini…»
Rise di gusto e poi, visto che avevo tranquillamente posato il libro sul tavolino, capì che ero disposto a fare conversazione per cui si sedette sull’altro lettino: evidentemente voleva prendersi qualche minuto di pausa e quindi, cominciammo a chiacchierare sui massaggi, su quanto spesso intuisse la voglia di… extra dei clienti. E poi dove vivesse, che vita facesse eccetera.

Stavo, dopo un bel po’ entrando nel ristorante, quando un animatore, col quale avevo brevemente chiacchierato nei giorni precedenti, mi vide, mi sorrise, mi fermò e mi propose, per quel pomeriggio, un’uscita in barca sulla barriera corallina.
Riflettei che, in effetti, sarebbe stato sciocco essere arrivato fin lì e non vederla neanche, per cui accettai quasi subito.
Avrei -è vero!- potuto trovare qualcosa di divertente da fare con Lorella e Gino per quel pomeriggio, ma in fondo il mio viaggio non era nato come finalizzato al sesso e tanto valeva che li usassi solo per i momenti… di noia.
Quindi, a pranzo comunicai il mio programma alla coppia e, subito dopo mangiato, mi organizzai per l’uscita.
Potrei scrivere ore, sulle meraviglie che, appena sotto il pelo dell’acqua, ho potuto vedere pinneggiando in superficie con maschera e snorkel; benedissi la mia previdenza di aver acquistato al duty-free due macchine fotografiche usa-e-getta a tenuta d’acqua, grazie alle quali potei scattare accettabili foto per ricordare quelle emozioni.
Il gruppo era di una decina di persone, tutti amici tra loro e capii che ero stato invitato solo per occupare un posto vuoto, ma me ne fregai: non ero andato fin laggiù per godere necessariamente della compagnia di altre persone.
Comunque, l’escursione fece volare via il pomeriggio. Tanto che tornammo durante il lungo crepuscolo.
Andai in camera, feci una lunga doccia e telefonai alla coppia, accordandoci per vederci a cena.
Cenammo, raccontai con un certo entusiasmo la mia escursione e dopo aver preso il caffè decidemmo di andare a vedere uno spettacolo organizzato dagli animatori, nel teatro.
Arrivammo una quindicina di minuti prima dell’inizio e ci sedemmo sulla gradinata, a mezza altezza.
Mentre ci guardavamo intorno, vidi le due donne del mattino, sole, sedute più in là nella fila dietro di noi; le salutai e loro risposero, invitandoci con un cenno a raggiungerle.
Così noi tre ci spostammo e, arrivato accanto a loro, dissi tendendo la mano: «Stamattina temo di non essermi presentato: Sono Giorgio, piacere!»
Loro risposero di chiamarsi Margherita (la bionda) e Patrizia e di essere torinesi.
A mia volta, presentai Lorella, che abbassò pudicamente lo sguardo, e… «Gino, che sarebbe il marito!»
Loro ridacchiarono per la presentazione e Gino assunse l’espressione adeguata ad un vero cuckold, tanto che -per un breve istante- fui tentato di congratularmi con lui.
Imposero a Lorella di sedersi in mezzo a loro e Margherita, iniziando a parlare di banalità con me, mi fece capire che voleva avermi seduto accanto.
Gino, invece, restò come dimenticato a un metro da me.
Lì a poco si abbassarono le luci e gli animatori, condotti dall’animatore-coreografo (un ballerino davvero molto bravo) fecero una serie di balletti che si rifacevano a celebri musical: uno spettacolo davvero gradevole, con molti, curatissimi costumi.
Quasi subito subii la malia dello spettacolo, ma un attimo di distrazione mi permise di notare le mani di Lorella infilate tra le cosce delle due torinesi che, abbandonate all’indietro, si godevano la stimolazione fatta alle loro fiche dalle dita della mia preda.
Apprezzavo la loro sottile perversione di farsi masturbare lì nel teatro, seduti su una gradinata di cemento, col brivido di essere visti da altri, anche se in realtà la luce concentrata solo sulla scena e la distanza coi relativamente pochi spettatori, rendeva la situazione meno rischiosa di quanto potesse, a tutta prima, sembrare.

Doveva essere stata la stessa riflessione fatta da Patrizia che, afferrando Lorella per un braccio, la fece accoccolare davanti a lei per godersi la sua lingua invece di accontentarsi della sua mano.
Nel momento apicale, le due donne si scambiarono, al di sopra di Lorella, un lungo e sensuale bacio.
Poi si disinteressarono di Lorella e si gustarono tranquillamente il resto dello spettacolo.
Come gli animatori, alla fine, vennero a riscuotere i sacrosanti applausi, ci alzammo e, mentre uscivamo, Lorella -col viso luccicante di umori- mi disse che loro due sarebbero andati subito a dormire, perché l’indomani avevano una gita in pullman fino ad
Aswān e sarebbero partiti alle cinque del mattino.
Dieci ore di viaggio in pullman non mi stimolavano per nulla, come ho già detto, perciò li salutai e gli augurai, senza il minimo rimpianto, una buona escursione.
Passai la giornata successiva tranquillamente in spiaggia -finalmente SOLO!- a leggere, abbronzarmi e bagnarmi, ogni tanto.
Tornando dal pranzo, notai le torinesi che mi salutarono, da distante; risposi al loro saluto, ma non le raggiunsi perché sospettavo che volessero coinvolgermi in qualcosa, magari anche stimolante!, ma francamente la giornata mi aveva illanguidito e preferivo recuperare energie, piuttosto che consumarne.
Forse si offesero ma, francamente, me ne fregai.
Quando l’aria si rinfrescò al punto di rendere non più piacevole la permanenza in spiaggia, mi rivestii e andai al bar della piscina, a prendere un bel the caldo: mi tentava il mangiucchiare qualcosina, tra le varie cose appetitose a disposizione, ma uno dei motivi della mia crisi era la lettura del quadrante della bilancia per cui, visto che ai pasti già mangiavo sostanziosamente…
Mi trovai casualmente accanto Mamoud, che dopo un ampio, amichevole sorriso, si lamentò del fatto che pochissimi ospiti fossero interessati a farsi massaggiare… anche per il massaggio normale e che, quindi, le sue entrate ne soffrissero.
Lo consolai con qualche banalità e poi parlottammo di altro per un paio di minuti, anche se alla fine ci ritrovammo a riflettere sulle sue entrate ed ha come ovviare ai suoi problemi.
Poi tornai in camera, mi feci una piacevole doccia e mi rilassai sul letto, leggendo fino all’ora di cena.
Mi ero seduto a tavola da pochi minuti, quando vidi entrare Lorella e Gino; si servirono della loro cena e poi vennero a sedersi con me; mi raccontarono brevemente della loro gita -cosa che per la quale dimostrai, comunque, non eccessivo interesse- e poi proposi, per il dopo cena, di fare una passeggiata (ultima possibilità, visto che l’indomani sera avremmo avuto il volo di ritorno a casa): uscendo dall’area del resort passando dalla spiaggia e poi, attraverso le dune, arrivare fin oltre la strada che correva a sette-ottocento metri dall’arenile.
Un rapido sguardo tra loro e si dichiararono d’accordo.
Quindi, dopo il caffè, tornammo nelle nostre stanze per indossare sneackers al posto dei sandaletti di lei e desert-boots per me, oltre ad un giubbotto contro il vento decisamente freschino e, ispirazione dell’ultimo minuto, una piccola torcia elettrica.
Dopo dopo le nove, ci incamminammo: prima verso la fila dei lettini, poi verso sud -a nord il nostro villaggio confinava (alla Schengen: senza alcun confine visibile!) con l’altro- ed infine, ad oltre un centinaio di metri dalle ultime strutture, girando verso ovest, allontanandoci dalla laguna.
Nonostante il quarto di luna, fu provvidenziale aver preso la pila: zone di sabbia cedevolissima si alternavano a zone pietrose o rocciose ed evitammo, quindi, di mettere i piedi in fallo.
Mentre procedevamo, chiacchierando, rialzai la mini di Lorella fino intorno alla vita e le toccai la fica ed il culo nudi, nell’apparente indifferenza di Gino.

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