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Tutto era iniziato come un gioco. Un gioco un po’ peccaminoso ma pur sempre un gioco. Quella mattina mi ero trovato in giro per casa la nipote di mia moglie, Mariella, una ragazza poco più che ventenne, formosa, appartentemente ingenua. L’avevo sempre scrutata con cupidigia, ma sia per non compromettere i delicati legami familiari, sia perché non capivo se lei ci fosse o ci era, avevo sempre lasciato perdere. Quella mattina la trovai in casa perché si era venuta a piazzare in casa nostra per un paio di giorni, nella nostra città infatti si teneva un concorso cui lei doveva partecipare. Me ne ero dimenticato, così me la trovai davanti mentre sul divano leggevo in boxer e maglietta.

Lei indossava un vestitino colorato e svolazzante, e delle scarpe con tacco basso. La figura era molto sensuale, i suoi capelli ricci e neri lambivano le spalle. Risaltavano le sue grosse tette, che avrei volentieri voluto avere nelle mani.

Scambiammo qualche chiacchiera, la invitai a togliersi le scarpe e lei lo fece con piacere. Una volta messi i piedi sul tappeto mi disse che le piaceva quella sensazione.

-È nuovo.

-Sembra di stare su un prato.

-Sì, quello di prima era più duro, questo è folto e accogliente. Ci passiamo spesso del tempo sopra.

-Immagino.

Alzai gli occhi sorridendo.

-Non so se intendiamo la stessa cosa.

-Tu cosa intendi?

-Lasciamo perdere dai, che mi imbarazzo. Piuttosto metto su un po’ di musica.

Si girò, dandomi le spalle, rovistando tra i cd della mensola sopra la televisione.

La mia mente nel frattempo la stava immaginando a quattro zampe sul tappeto, come in effetti la sera prima ci si era messa mia moglie.

-Ehi, ti ho fatto una domanda.

Mi ero perso nei miei pensieri osceni, mentre Mariella mi stava interrogando su della musica.

-Vuoi?

Intendeva se mettere o meno un cd, ma io senza filtro, senza cervello, risposi così:

-Voglio che sollevi quel vestito.

Avrei dovuto prendere e gettarmi dalla finestra, invece rimasi in silenzio, e anche lei. Attimi, secondi.

Poi sempre dandomi la schiena, inaspettatamente, compì il gesto che cambiò la mia giornata. Rapida, capricciosa, alzò un po’ il vestito, scoprendo il culo.

-Così va bene?

Avevo avuto un piccolissimo flash, non mi bastava. Ma capivo che un po’ giocare le piaceva.

-Beh, non ho i riflessi così pronti, ho visto troppo poco.

-Peggio per te.

Pensai che quell’insolenza avrebbe meritato una punizione, ma decisi di non affrettare i tempi. Inoltre non ero ancora sicuro lei fosse del tutto a mia disposizione. Magari era solo un po’ civettuola, un po’ sfrontata, ma avrebbe fermato subito il gioco.

-Allora mi rispondi?

Mi ero ancora perso. E adesso il cazzo nei boxer era gonfio e duro.

-Eh?

-Questo lo vuoi?

Aveva scelto un altro cd. Dovevo rispondere. Utilizzai il vocabolario di prima.

-Voglio che vai in bagno, ti togli le mutande, e torni di qua.

Lei si girò lentamente, senza una espressione chiara. Forse ero fottuto.

Posò i cd sulla mensola, mi guardò ancora intensamente. Abbassò lo sguardo sul cazzo. Si accorse di quello che stava succedendo tra le mie gambe.

-Io ti parlo di musica e tu reagisci come un porco schifoso. Non ti facevo così pervertito.

Sì, ero fottuto.

Mi lasciò in sala, indeciso se correrle dietro per scusarmi e provare a mettere una toppa a quell’episodio, oppure se fingere noncuranza, farla sbollire, e poi ricucire. O dimenticare. Non sapevo cosa fare.

Tornò dopo qualche minuto, e senza rivolgermi la parola mise su della musica.

-Questa andrà bene, se aspetto te…

Decisi di alzare la posta in gioco, forse non era del tutto ingenua.

-Hai fatto quello che ti ho chiesto?

Non rispose. Mi guardò. Si volse ancora verso il muro e si alzò il vestito, questa volta lentamente. Il suo culo era nudo, ed era uno spettacolo.

-Volevi questo? Volevi farmi fare questo?

Ero stupito, ma non potevo esitare. Bruciavo di voglia.

-Brava, resta così.

Si girò a guardarmi, come in attesa di nuove disposizioni.

-Ora mettiti giù, in ginocchio.

Lo fece. Le sue ginocchia affondavano nel tappeto. E anche le dita dei piedi. Sembava una bestia in attesa di essere montata. Era proprio quello che avrei voluto fare.

-Tira fuori le tette.

Tirò fuori le sue mammelle piene.

-Leccati le dita e toccati i capezzoli.

Inarcò ancora il culo per cambiare posizione, e fece quello che le avevo ordinato.

-Ora con una mano toccati la figa.

Fece anche quello. Si sentiva il rumore del suo fiato che aumentava.

-Va bene così, sto andando bene, sono brava?

-Sei brava, sei brava. Non smettere che ora ci penso io a te.

-Cosa mi fai?

-Una bastarda come te ha bisogno di essere montata come si deve. Dovrò anche incularti.

-No, quello no, ti prego.

-Tu non decidi nulla. Stai giù. Continua a toccarti che ora ti do il cazzo.

Si girò mentre mi sfilavo i boxer, il cazzo era duro e lungo e con le vene che pulsavano.

Quella puttanella mi aveva indiavolato, avevo voglia di farle di tutto.

-Non farmi male.

Le dissi di non fiatare, mentre mi posizionai alle sua spalle. Le presi le tette tra le mani. Erano pesanti, gonfie. Il cazzo sfiorò la sua figa bagnata e calda. Trovò da solo la strada e la penetrai una prima volta.

-Oh dio, oh cazzo.

Mi muovevo lento, mi gustavo quella carne giovane e vogliosa.

-Così mi fai godere porco, così godo oddio godo.

-Vieni puttana mia, vieni.

La presi per i capelli e le scaricai anche io molta sborra dentro, senza chiedere, senza domandare permesso. Lei si fece fare quello che volevo. Avevamo ancora tutta la mattina per affondare nel tappeto le nostre voglie proibite.

VVV

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