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LA GUERRA DEL PELO – 2.Le due Corti

By 9 Giugno 2023No Comments

L’Alto Nobile Galfar del Marc Aers era in piedi sul suo ampio terrazzo con vista sul golfo delle ninfe. Aveva le gambe lievemente divaricate e non indossava i calzoni.
In ginocchio davanti e dietro di lui c’erano altre due elfe, completamente nude con la pelle lucida di olio. Si trattava di due Unte di Amanlia, la dea del piacere e della fertilità, messe a disposizione dal Gran Sacerdote del Circolo per tutti gli Alti Nobili degli Alti Elfi. Quella davanti a lui gli succhiava l’elfico pene, mentre quella dietro gli lustrava con la lingua l’elfico ano.

Galfar aveva promesso alla sua moglie guerriera prima che partisse per la guerra che non avrebbe goduto di un orgasmo senza di lei, e aveva assolutamente intenzione di rispettare questa promessa. Così la prima settimana si era completamente astenuto. La seconda settimana non aveva resistito alla presenza delle Unte, e si era concesso qualche gioco sessuale, ma senza mai venire. Dalla terza settimana in poi la situazione gli era sfuggita di mano e ormai passava diverse ore al giorno a farsi condurre quasi al limite dalle serve, con la bocca, con le mani, con rapporti sessuali veri e propri… a volte anche con i piedi. Ma senza mai concedersi una sborrata. Ormai il suo cervello non riusciva a concentrarsi su nient’altro se non sull’istante in cui si sarebbe ricongiunto con sua moglie e avrebbe finalmente potuto sfogare un orgasmo che tratteneva da oltre un mese.

L’Unta che maneggiava il suo cazzo aveva intanto smesso di succhiarglielo e lo manteneva con la mano sinistra alla base, appena sopra le palle, mentre con la destra ruotava il palmo olioso sulla cappella scoperta, afferrandolo come il pomello di una maniglia. Il pollice di quella stessa mano stuzzicava senza sosta il frenulo.
L’altra elfa invece era emersa dalle natiche di Galfar dopo avergli leccato avidamente l’ano, e ora stava massaggiando il buchino con un dito. Senza preavviso lo penetrò. Complice l’olio e la saliva, la penetrazione procedette fluida e delicata. In un attimo l’Unta aveva infilato il medio fino alla nocca e ora muoveva le falangi all’interno dell’orifizio con il preciso scopo di sollecitare la prostata.

-Mio signore le tue palle sono gonfie e piene, concedici di darle il sollievo che meritano – disse l’elfa davanti a lui – Dacci la tua sborra!
Galfar non rispose, concentrato com’era per non venire. Sentiva la sborra desiderosa di schizzare. Sapeva che se lo avesse consentito avrebbe eiaculato un fiume bianco senza sosta. Lo desiderava con tutto se stesso e al contempo non lo voleva. Era su quel baratro da così tanto tempo che il baratro stesso era un supplizio sublime.
-Sto venendo – avvisò le due – basta così…
Ma le due non si fermarono. Anzi, l’elfa inginocchiata davanti a lui tolse la mano destra dalla cappella e prese a succhiare con vigore, avvolgendo la nerchia gonfia con la sua lingua, riempiendola di saliva.
-Ho detto basta – ripeté con vigore, ma senza ottenere risultati.
Una parte di lui lo desiderava ardentemente, desiderava sborrarle in gola once di seme. Immaginava di afferrarla per i capelli e spingerle il cazzo in gola con cattiveria, per sborrarle in profondità, senza pietà, affogandola col suo piacere. Ma no, quello non era il modo di fare degli elfi. In più aveva una promessa da mantenere.
Con un gesto secco scacciò via le due elfe dai suoi genitali.
-Avete osato disubbidirmi!
-Ciò che fai è blasfemo mio signore – disse quella che si era occupata dell’ano – negarti il piacere è contro i dettami di Amanlia!
-Non sono affari vostri… il vostro compito è ubbidire! Io sono un Alto Nobile e…

-Mio Signore – fu interrotto dal sopraggiungere di un servo – So che non gradite essere interrotto ma credo che questo vorrete saperlo subito.
-Avanti parla dunque…
-Il plotone della Signora vostra consorte ha subito un agguato ed è stato sconfitto, ma di Lei non si è trovato traccia. Probabilmente è prigioniera degli uomini. Un messaggero e appena giunto alla corte per conferire…
Galfar non ascoltava nemmeno più. Rivestito alla svelta già correva alla volta della corte dell’Alto Re.

Quando la raggiunse, l’Alto Re e gli Alti Nobili dell’Alto consiglio già erano impegnati in discussioni strategiche. Gli fu concesso di entrare.
-Alto Re – disse con un profondo inchino.
Subito notò che tra i consiglieri vi era anche Turmil dei Las Iulii, suo cognato. Sul collo portava l’emblema dei Las Iulii, ossia la guglia azzurra sormontata dal sole. Istintivamente Galfar si toccò il suo di tatuaggio, lo scudo bianco con lo smeraldo, emblema dei Marc Aers. La sua casata non era elevata come quella dei Las Iulii e il matrimonio tra lui e sua moglie Marlas era stato fortemente osteggiato. Principalmente proprio da suo cognato, Turmil.
-Che ci fai qui Galfar? Puoi tornare dalle tue Unte, la situazione è sotto controllo – disse giustappunto Turmil.
-Marlas è prigioniera? – chiese.
-Abbiamo motivo di crederlo – rispose – con l’Alto Re parlavamo appunto di utilizzare uno dei luogotenenti dell’Oscuro Re nostri prigionieri per proporre uno scambio.
-Voglio fare parte della spedizione che se ne occuperà! – disse fieramente Galfar.
-Tu? – domandò incuriosito e divertito l’Alto Re – Non sei un esploratore, ne tantomeno un osservatore, nemmeno un guerriero.. Tu sei solo un Alto Nobile che non è ammesso nell’Alto Consiglio. Torna a fare ciò che fa un Alto Nobile, qualunque cosa sia, e non disturbarci più.
Punto nell’orgoglio Galfar non seppe cosa rispondere. Stava per andare via, quando trovò il coraggio di fare una domanda.
-Ne valeva la pena, Alto Re? Tutto questo dolore, questa guerra… per un pelo?
-Porgi la domanda al Re sbagliato. Non sono stato io ad iniziarla.
-Ma… – Galfar fu interrotto con un gesto di stizza del Re.
-Andate ora, andate.
E lui andò.

Gustav, il mercenario, guidava una pittoresca delegazione pronta a presentarsi all’Oscuro Re. Era nella sala del trono, accompagnato dal suo luogotenente Marrin e tre figura completamente incappucciate. Una delle tre, in particolare, spiccava per altezza, oltre due metri e mezzo.
Nonostante dessero piuttosto nell’occhio, la folla accorsa alla corte del Re era concentrata su tutt’altro. In quel momento in fatti il Generale Hug di ritorno dalla sua spedizione contro gli Elfi Alti stava presentando al Re il bottino di guerra.

-Mio Oscuro Re, ti consegno ciò che abbiamo conquistato per te…
Detto ciò una serie di servi entrarono nella sala conducendo numerose armi e stendardi elfici, saccheggiati evidentemente dopo la battaglia. Si trattava di artefatti molto preziosi, di fattura eccellente e materiali formidabili. Il bottino era senza dubbio prezioso, ma la folla attendeva con impazienza la parte più succulenta.
Non dovettero attendere molto. Finalmente una schiera di soldati in armatura brunita scortarono all’interno della sala 24 Elfi Alti, 12 femmine e 12 maschi, completamente nudi.
I loro corpi perfettamente glabri se non per le capigliature e le sopracciglia erano snelli e slanciati. Le loro movenze erano delicate e aggraziate, sia per i maschi quanto per le femmine. Alcuni di loro portavano dei tatuaggi sul collo, piccoli, come stemmi araldici, mentre altri no. Ognuno di loro aveva lo sguardo alto, fiero e orgoglioso.
-Generale Hug – disse finalmente l’Oscuro Re dal suo trono – questo è davvero un bottino che mi delizia.
Il Re aveva una carnagione olivastra e una capigliatura folta e scura. Sul suo volto si vedeva una barba rada e incolta che ogni tanto grattava, come se ne provasse fastidio. Il suo sguardo, nero e penetrante, si soffermava su ogni curva di quei corpi nudi.
-Avevo udito ne fossero 25… ne conto uno in meno – disse il Re.
-Di fatti – si appresto ad aggiungere Hug – avevamo perso la venticinquesima per strada, ma i miei uomini l’hanno recuperata.
Proprio in quell’istante due soldati condussero un’elfa malridotta attraverso la sala. Era sporca di liquidi, vari, biancastri, e la sua capigliatura era completamente spettinata. Ma ciò che davvero la differenziava dai suoi compagni d’arme era lo sguardo. Non era fiero e alto, ma fissava il pavimento della sala ricolmo di vergogna. Sul suo collo spiccava un tatuaggio di una guglia azzurra sovrastata da un sole giallo.
-Non vedo l’ora di poter scambiare due chiacchiere con i prigionieri che mi hai condotto Hug – disse il Re facendo cenno alle guardie di condurli alle prigioni – Ma prima di tutto sappi che mi hai reso molto orgoglioso del tuo operato. Il tuo coraggio e la tua abilità saranno ampiamente ripagati.
Il Generale Hug chinò il capo coperto dal pesante elmo nero e si batté la mano sul petto. Quindi, seguito dai suoi uomini, lasciò la sala del trono.

-Ci sono altri in attesa di udienza? – chiese l’Oscuro Re.
-Si mio sire – rispose il ciambellano. Quindi si schiarì la voce – il Comandante Gustav, capo della compagnia mercenaria dei Mal Consigliati.
-Immenso Re Oscuro! – proruppe con la sua voce profonda e carismatica Gustav facendo un passo avanti – Vittorioso sui Vittoriosi! Grande tra i Grandi! Vengo a te oggi ad offrire i servigi miei e della mia compagnia mercenaria.
-Come hai visto il mio esercito colleziona vittorie – disse il Re Oscuro aggrottando la fronte dal suo trono – Per quale ragione dovrei affidarmi ad una truppa di spade prezzolate?
-Mio Re non sbagli quando dici che il tuo esercito colleziona vittorie – rispose prontamente Gustav – State logorando piano piano gli odiati elfi strappando a loro pezzo su pezzo delle loro terre e così proseguirete fino alla fine, vincendoli e uccidendoli tutti. Questo è indubbio!
-Appunto, e allora perché avrei bisogno di te?
-Perché vincerai sì, ma piano piano… Non è forse il momento di dare una forte spallata al nemico e costringerlo al capitombolo rapidamente?
Il popolo e i nobili nella sala delle udienze iniziarono a mormorare.
-Per farlo – continuò Gustav – la mia truppa è senza dubbio la scelta più giusta. Uomini e non solo, temprati da ogni forma di guerra ed orrore, schivi a qualsiasi forma di pietà, inarrestabili dinanzi a qualsiasi pericolo. Abili portatori di morte che non conoscono la paura e che condurrebbero devastazione in tutte le terre dei tuoi nemici. Siamo da poco di ritorno dal sud, dove abbiamo servito le tribù dei Troidi. Saranno giunte a te le notizie delle loro vittorie, bene tutto grazie alle nostre lame. Siamo tornati qui, alle nostre terre di origine, per prendere parte a questo conflitto e abbiamo scelto di offrirci a voi Re Oscuro.
-E se vi rifiutassi vi offrireste al mio nemico? – chiese con una punta di fastidio il Re.
-Oscuro Re, noi siamo lame prezzolate, il nostro mestiere è la guerra. Se voi ci rifiutaste indubbiamente dovremmo cercare altri contratti. Tuttavia siamo certi voi vorrete servirvi delle nostre lame e, per ringraziarvi anticipatamente, vi abbiamo condotto tre doni estremamente esotici dalle terre del sud.

Detto ciò le tre figure incappucciate furono condotte al fianco di Gustav, al cospetto del trono.
-Prima di tutto, una Troide appunto – disse Gustav sollevando un lembo del cappuccio della prima persona accanto a se e scoprendola completamente, lasciando che il mantello le cadesse ai piedi.
Ciò che fu rivelato sotto al mantello fu una umanoide femmina completamente nuda, alta più o meno come Gustav ma dal fisico estremamente snello, quasi più di un’elfa. Il suo corpo era completamente verde e, in alcuni punti, coperto di piccole squame. I seni erano accennati e piccole squame circondava piccoli capezzoli gialli. Cosce muscolose ma sottili erano sormontate da natiche rotonde e sporgenti. Il volto era lievemente più ampio di una comune donna, con occhi da rettile e senza naso. Non aveva capelli e, al posto delle orecchie, vi erano due lembi che si protendevano lateralmente, come quelli di un cobra, scendendo fino alla base del collo. Qualcosa di estremamente sensuale ed eccitante rivestiva quella figura a tratti inquietante. Un sorriso e uno sguardo malizioso, sottolineati da una lingua biforcuta che, di tanto in tanto faceva capolino tra le labbra.
-Poi, una Mezza Gigante direttamente dalle isole di roccia.
La figura alta oltre due metri e mezzo si scoprì completamente con un gesto del braccio. Anch’essa, sotto il mantello, era completamente nuda. La Mezza Gigante non era assolutamente dissimile da una normale donna, se non fosse per una dimensione eccezionale. Quella, in particolare, aveva forme molto generose e morbide. Cosce carnose e un culo quasi sproporzionato rispetto alla sua altezza. Una vita incredibilmente più stretta di quanto ci si aspetterebbe creava un equilibrio visivo davvero eccitante. I seni erano grandi e pesanti, con capezzoli ampi e turgidi. Il volto aveva quasi dei tratti innocenti, con dolci efelidi sulle guance e naso, rosse come i capelli lunghi che correvano giù sulle spalle fino ai grossi seni.
-E, infine, un piccolo fiore all’occhiello… Una Ephemera di sei mesi.
Nella sala si sollevò un lieve e sommesso coro di stupore quando la terza figura si fece avanti. Quando si sfilò il mantello apparve una terza femmina, anch’essa nuda. Aveva la pelle bianca come la luna e come il latte, con striature nere intorno al torace e alle estremità di braccia e gambe. Due sottili ali trasparenti si aprivano dalla schiena parzialmente coperte da una lunga e folta chioma oro, ma non di colore oro, letteralmente composta del metallo prezioso. Le sue forme femminili erano accennate, il seno si presentava minuto, così come i fianchi e il sedere, tuttavia ispirava desiderio in qualsiasi maschio si trovasse in una stanza con lei.
Bizzarra razza quella degli Ephemeri. La loro vita durava un solo anno, un semplice e brevissimo anno. Per assicurarsi la riproduzione necessaria a non estinguersi, al sesto mese di vita le Ephemere raggiungevano la piena maturità e sviluppo riproduttivo e iniziavano una periodo, lungo 3 mesi, di totale frenesia sessuale. In questi mese ricercavano continuamente l’accoppiamento con il maschio, emettendo particolari feromoni capaci di renderle irresistibili. Dopo questi tre mesi, iniziava la fase di invecchiamento e quindi, la fine della loro breve vita.
Questa incredibile avidità sessuale e i capelli del prezioso metallo, le avevano rese schiave estremamente ambite e per questo tendevano a nascondersi. Le città Ephemeri erano nascoste e ignote, difficilissimo era incontrarne una. Per questo donare una schiava Ephemere di sei mesi era considerato uno dei regali più preziosi che si potessero ricevere.

L’Oscuro Re si leccò le labbra a quell’ultimo dono.
-Ebbene Comandante Gustav, i tuoi doni sono convincenti – disse il Monarca indugiando con avidità e lussuria sui corpi dei tre doni. – Ma prima di congedarti per discutere di strategie con il mio consiglio di guerra, vorrei avere un assaggio dei tuoi doni.
-Se posso consigliare… – stava per dire Gustav.
-Hai consigliato abbastanza – sentenziò con durezza l’Oscuro Re. Quindi indicò col dito la Troide e le fece cenno di avvicinarsi.
Lei sorrise, in modo inquietante, e mosse passi sinuosi verso il trono.
-Molti sono inorriditi dalle squame e la pelle verde, dal volto rettile, dai capezzoli gialli – disse l’Oscuro Re mentre la Troide ormai si era inginocchiata tra le sue gambe – io invece sono sempre stato molto incuriosito dalle potenzialità di un corpo sì flessibile.
Mentre ancora lui parlava, la femmina gli aveva già slacciato le braghe e liberato il membro reale. Per un attimo sibilò, quindi aprì la bocca e la lunghissima lingua biforcuta fece capolino avvolgendosi intorno alla corona della cappella, stuzzicando con la doppia punta il frenulo.
Pochi secondi e già era durissimo.
-Ottima scelta vostra maestà – sentenziò Gustav – degna di un monarca del vostro rango del resto. La ritrosia verso le esperienze nuove è tipica delle menti piccole e del popolino.
Ma l’Oscuro Re non lo ascoltava più. Sotto gli occhi dell’intera corte, stava ricevendo un pompino unico, mai provato prima. Le labbra accarezzavano l’asta insalivata mentre la lingua, all’interno della bocca, dimostrava la sua abilità muovendosi in maniera completamente autonoma e asincrona, carezzando la cappella e indugiando di volta in volta tra frenulo e l’uretra, infilandosi al suo interno quel tanto che bastava per provocare brevi sobbalzi di piacere.
-Questo è nulla vostra maestà – disse la Troide staccando per un istante la bocca del membro reale – Permettete?
-Permetto – disse lui non sapendo cosa aspettarsi.
La Troide si alzò in piedi e si voltò dando le spalle al Re, quindi lentamente calò il suo sedere verso il membro turgido e se lo infilò tra le cosce. Il pene, bagnatissimo e insalivato, scivolò nella vagina della Troide come un coltello caldo nel burro e subito dopo l’Oscuro Re iniziò a percepire una sensazione mai provata prima. Le pareti interne della vagina della Troide iniziarono a muoversi e avvolgersi intorno al pene, stimolandolo ulteriormente e dimostrando come ogni singolo muscolo di quella femmina fosse flessibile e autonomo.
L’Oscuro Re non poté fare a meno di piegare la testa all’indietro socchiudendo gli occhi, gemendo rumorosamente per quel piacere. L’intera sala del trono era percossa da un’intensa tensione sessuale. L’Ephemera era eccitatissima e un rigagnolo lucido di liquido già bagnava il suo interno coscia. La sua eccitazione aveva aumentato la produzione dei suoi feromoni che aumentavano ancora di più i desideri sessuali di tutta la sala del trono. Molti uomini presero a strusciarsi le mani sui calzoni. I più audaci si appoggiarono alle spalle di dame lì presenti che, ad onor del vero, sembravano non aspettare altro.
-Vi sta piacendo mio sire?
-Sì – rispose flebile l’Oscuro Re.
-Non è tutto – aggiunse la Troide.
Lentamente, mentre continuava a muovere su e giù il sedere infilandosi e sfilandosi il pene rapidamente, piegò il busto in avanti, in modo completamente innaturale, fino a chiudersi completamente su se stessa. In questo modo riuscì ad infilarsi la testa tra le sue stesse cosce e quelle del Re. Schiuse le labbra e iniziò a leccare con la sua lunga lingua biforcuta i testicoli e il perineo.
L’Oscuro Re sgranò gli occhi dal piacere inatteso. La Troide stava contemporaneamente muovendo il suo sedere sul cazzo di lui e leccandogli le palle. Il piacere crebbe intenso, rapido, inarrestabile…
-Sto arrivando – urlò quindi l’uomo.
La Troide non se lo fece ripetere. Rapida come una serpe si alzò, si volto e tornò in ginocchio davanti al trono. Aprì la bocca e prese in bocca quel cazzo pronto ad esplodere.
L’Oscuro Re si alzò in piedi e afferrò la Troide per la testa, spingendo il suo cazzo più in profondità possibile. La gola di lei si allargò per accoglierlo completamente, finché le labbra non toccarono l’inguine di lui.
Gli spasmi furono intensi e copiosa la quantità di seme che le riversò direttamente in gola. La Troide non si scompose assolutamente, lasciando che egli la rendesse oggetto completo del suo piacere. Terminata la sborrata ingioiò tutto, si alzò in piedi e si chinò alla volta dell’Oscuro Re, ancora sconvolto dal piacere appena provato.
-Gustav, puoi andare… ti aspettano al consiglio di guerra.
-Ma mio Sire, forse dovremmo prima pattuire il costo dei nostri servizi.
-Qualunque sia, è accordato – Sentenziò il Re tornando a sedersi, quindi si rivolse al ciambellano – Finite le udienze?

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