Skip to main content
Erotici RaccontiRacconti EroticiRacconti Erotici EteroSensazioni

LETTERE DA COPENAGHEN – XXXI GELOSIA NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE

By 28 Novembre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

Africa Coloniale Tedesca, 30 dicembre 1917.

Ebbi rapporti amorosi per il resto della notte. Furono rapporti affettuosi, dolci, fatti di pelle e carezze leggere, di baci, di profumo, di corpi intrecciati, illuminati dalla luce scarlatta del piccolo lume, di cui già vi parlai. Usai più volte le scarpette rosse col tacco a spillo, specialmente per penetrare e quasi perforare quei clienti che amavano essere stimolati dietro.
Al canto del gallo, m’addormentai. Le mie palpebre dalle lunghe ciglia nere s’abbassarono teneramente, mentre dalle labbra ormai stanche di baciare lasciavo sfuggire un sospiro: era il dolce sonno, che mi rapiva.
Alcune ore dopo, l’uscio si aprì e la padrona mi riscosse. Era in vestaglia; i suoi capelli grigi e le sue guance un po’ rugose mi spaventarono. Mi destò bruscamente, chiamandomi con la sua voce roca e severa ad un tempo.
– Signorina Mirabelle, svegliatevi! Basta dormire, ora! ‘ mi disse, aprendo la finestra e spalancando le imposte.
La vecchia era tutta vestita di viola e teneva in mano una borsetta di pelle, piena di soldi.
– Allora, ragazza mia, vogliamo fare i conti? Quanto hai preso stanotte? ‘ mi chiese.
Io le sorrisi languidamente, proprio come avrei sorriso ad uno dei miei clienti; poi, le risposi tirando fuori i biglietti di banca dal mio bustino, chiuso sul davanti da stringhe nere, intrecciate.
– Hai guadagnato bene, però ‘ fu il commento della padrona, dopo che mi ebbe strappato di mano i denari.
– Eh, sono giovane e bella, sai’
– Non permetterti di darmi del tu, quando parli con me. Chiamami signora!
– Allora scusatemi, signora’
– Questa &egrave la tua parte, questa &egrave la mia’ Ora puoi rivestirti.
Nel pomeriggio, mi venne concessa una libera uscita. Ne approfittai per vagabondare per le vie del quartiere a luci rosse. Tutti mi divoravano con gli occhi, mentre passeggiavo sul pavé con le decolleté rosse col tacco a spillo. Quasi correvo. Andavo alla ricerca del mio tesoro, di Friedrich, che, lo sapevo, non mi aveva abbandonata. Lo chiamavo a gran voce sotto le lanterne. Una brezza che veniva dal mare rapiva i miei richiami e li conduceva lontano, lontano, verso i gabbiani e i marinai di Amburgo; così facendo, trasformava la mia voce in un’armonia languida, passionale, affettuosa.
Ad un tratto, una mano virile si posò sulla mia spalla: il destino ci aveva fatti incontrare di nuovo.
– Friedrich! ‘ esclamai. ‘ Sei tu? Sapevo che non mi avresti abbandonata!
– Allora, per un attimo, avete smesso di fare la smorfiosa, signorina! ‘ mi rispose, con lo stesso accento un po’ crucciato del giorno prima.
– Io? Smorfiosa? Ma che stai dicendo! Tu piuttosto sei diventato più cattivo che mai nei miei confronti! Sei ingiusto! Sei un egoista! Sei un traditore!
– Ora vi divertite persino ad insultarmi, signorina! Non vi basta più approfittare dei miei sentimenti e delle mie premure, come avete fatto la scorsa notte!
– E adesso che fai? Mi dai del voi?! Che cosa ti ho fatto, perché mi neghi la confidenza che mi concedevi in passato? Sono diventata improvvisamente brutta? Sono invecchiata di cento anni in una sola notte?
– No, vi sbagliate: in una sola notte siete andata a letto con non so quanti uomini. E permettetemi di dirvi’
– Che cosa? Che cosa vorresti dirmi? Cosa vuoi insinuare? Che sono una sgualdrina, forse? Ah, ti stai sbagliando, come osi insultarmi? Non dire le parolacce alla tua Mirabelle!
– L’avete detto voi stessa quello che siete’ Non c’&egrave bisogno di aggiungere altro.
– Tu mi vorresti rimproverare quel bacio rubato ai tuoi sentimenti, quel momento d’amore vissuto con uno sconosciuto, &egrave così?
– Vi ho vista, vi ho sentita, cosa credete? Vi prenderei a schiaffi!
– E io prenderei a schiaffi te!
Ce lo dicemmo ridendo, ma poi lo facemmo davvero. Io lo picchiai sulla guancia e lui picchiò sulla guancia me. Fu come scambiarsi reciprocamente una carezza di gelosia. Proprio in quel momento accendevano i lampioni scarlatti, il pomeriggio lasciava spazio alle foschie della sera e tre marinai ubriachi ci guardavano bisticciare, sotto l’insegna di una taverna dai muri ricoperti di muschio.
– Allora, non mi ami più? Non mi vuoi più bene? Dillo! Dillo davanti a tutti! ‘ ripresi. ‘ Ma sappi che sarebbe una menzogna.
– Tornate pure dai vostri clienti, signorina ‘ rispose Friedrich. ‘ Io non vi tratterrò oltre.
– Mi faresti solo perdere tempo! Eppure sai bene quanto ti amo’ Sei tu che approfitti della mia tenerezza!
– Siete davvero divertente! Ma vi rendete conto di quello che dite?
– Brutto! Cattivo! Antipatico!
Scoppiammo a ridere, nostro malgrado. Alla fine, cercai di dargli un bacio, ma lui si sottrasse alle mie premure e alle mie carezze. Era come se sentissi che non era più mio, che non mi apparteneva più.
Mirabelle rimase sola, sotto il lampione dalla luce vermiglia. Una lacrima di gelosia e di passione le bagnava la guancia. Stringeva un lembo del suo fazzoletto tra le labbra, mormorando il nome del suo amato.
Poco dopo, qualcuno mi toccò sulla spalla, vicino alla Locanda delle Ancore. Mi chiese quanto costassi’ Che domanda imbarazzante! Poi, prese a toccarmi su tutto il corpo. Era una pratica non rara, nel quartiere a luci rosse. Nessuno protestava, se un uomo e una donna consumavano in pubblico, lungo una di quelle strade. Il cliente doveva essere un ufficiale, portava in testa un berretto bianco con la visiera, che recava il disegno di un’ancora e’
– Il vostro nome? ‘ mi chiese.
– Mirabelle ‘ risposi.
Allora prese una banconota, vi scrisse sopra come mi chiamavo e me la mise nelle mutande. Non so quanto piacere provai in quell’istante di fuoco.
– Voi fate ribollire il mio corpo! ‘ gli dissi, tutta eccitata. ‘ Volete venire con me? Ho molte cose da insegnarvi e da farvi provare. Non ve ne pentirete! Seguitemi!
Fu così che presi per mano lo sconosciuto e mi misi a correre con lui sotto quelle luci di passione, follemente, appassionatamente, verso il piacere, verso chissà dove. Sapevo che ci aspettava un letto bollente, pieno di fiamme, di sospiri, di carne.
Lungo una di quelle vie poco illuminate passava un uomo con la fisarmonica. Di mestiere faceva il vagabondo e improvvisava un valzer. Ci vide consumare addosso a un muro, nel cuore della notte, nel quartiere a luci rosse.

Leave a Reply