Skip to main content

-“Mamma, vado a prenderlo io Marco, non ti preoccupare!” –

Così urlo dalla mia cameretta mentre mi vesto per andare a recuperare mio fratello Marco dal calcetto. Di solito ci andava sempre mamma, ma stavolta volevo guidare un pò e vedere qualcosa di diverso dai libri universitari che mi avevano riempito quella giornata. Sono le 17.15, fuori è già buio, ma non fa molto freddo, perciò opto per un maglioncino beige e dei jeans che mi calzano a pennello, abbinandoli alle mie Converse blu e bianche preferite. Non appena finisco prendo le chiavi dell’auto dalla mia scrivania e esco dalla stanza chiudendola a chiave; non voglio che nessuno esplori il mio mondo durante la mia assenza, su questo non transigo. Dopodiché mi reco in garage, salgo in macchina e parto diretta alla mia metà. Arrivo in perfetto orario davanti all’entrata del campetto; i ragazzi si salutano ed escono, non trovo nessuno di attraente, mio fratello monta in auto qualche minuto dopo col suo borsone e lo zainetto, pulito e profumato. In auto il suo odore copre quello dell’Arbre Magique, è unico, difficile da definire e mi piace… per tornare a casa imbocchiamo la tangenziale e subito veniamo travolti da una vagonata di traffico. Ci fermiamo, muovendoci ogni 5-6 minuti di qualche metro e stop. Procediamo tutti a passo d’uomo finché non raggiungiamo il tratto sopraelevato. Non capita spesso di rimanere imbottigliati in così tanto traffico, ma qualche volta accade. Siamo ormai fermi da più di 20 minuti, manca qualche chilometro alla nostra salvezza e sembra che abbiamo gettato l’ancora. Mi rincuoro solamente guardando fuori dal finestrino; un tappeto di luci ed edifici, una visuale ottima e a tratti romantica su un quartiere della nostra grande città. Alla radio suonano melodie pop piuttosto catchy sconosciute alle mie orecchie e abbasso il volume perché voglio scambiare quattro chiacchiere con mio fratello. Io e Marco abbiamo un bel rapporto, finché non si toccano tasti come quelli del sesso parliamo tranquillamente, ma stasera siamo fin troppo silenziosi e ho voglia di rompere il ghiaccio.

-“Com’è andata oggi?” – il mio timbro vocale basso e pacato mi ricorda sempre mamma.

Lui inizia a spiegare e io cerco di restare attenta il più possibile. Non m’interessa molto l’universo del pallone e lui mi descrive con gran fervore tutte le azioni salienti dell’amichevole, ma ad un certo punto una sua frase mi colpisce.

-“L’attaccante della squadra avversaria ha fatto un tackle a Paolo lungo quanto il pene di quel tuo amico!” –

Mi volto subito lo guardo aggrottando un sopracciglio. Di tutta risposta lui guarda fuori dal finestrino e io m’irrigidisco, così cala il silenzio e il sottofondo pop è l’unica cosa che si sente oltre ai rumori dell’auto. Fortunatamente ci muoviamo un pò ma non  appena siamo di nuovo fermi ripenso alle sue parole. Impietrisco e i ricordi vanno a ieri pomeriggio.

Avevo invitato quel ragazzo di colore a casa solo per far contenta Sonia che continuava a ripetermi di farmi una bella scopata. Sonia è una mia “amica” d’università, più che altro una conoscente, e sul sesso non è affatto una perditempo. Mi ha introdotta lei a Felipe, ovviamente dopo esserselo scopato. Mi aveva riferito che lo aveva lungo ma in reltà era solo qualche centimetro più esteso di quello del mio ex ragazzo. Detto questo aveva un bel fisico ed era anche simpatico. Così dopo mesi di astinenza da pratiche sessuali finii di nuovo sul letto, stavolta con lui, ma non un letto qualsiasi; quello matrimoniale nella camera di mamma. Lei non chiudeva mai a chiave la sua stanza, a parte il fatto che non ci entravamo mai. Ma ieri per avere più spazio e godere di più con Felipe ho dato uno strappo alla regola.

Avevamo iniziato a spogliarci sul divano, baciandoci e toccandoci vicendevolmente per poi recarci in camera. Nel corridoio però, mentre cercavo di andare verso le scale per  attirarlo nel mio mondo, lui mi ferma e m’incolla al muro; batto leggermente la testa ma poco importa. Lui si stringe a me, siamo nudi, il suo membro struscia ad ogni movimento sul mio ventre, mi piace da matti e glielo prendo in mano mentre ci baciamo. Le sue labbra carnose e la sua lingua mi esplorano il collo mentre lo impugno, caldo e turgido nella mano. Così, presi dalla passione ci muoviamo verso la camera di mamma finendo sul lettone. Ha una bella dose di forza e mi scaraventa sul letto dove lo faccio godere con un pompino e dopo ci divertiamo con una bella scopata. Lui mi penetra bene, anche se con le dovute protezioni a cui sono contraria, e l’orgasmo arriva quasi reciprocamente. Dopo la scopata ci rivestiamo e lo invito a uscire. Poco dopo mio fratello suona e io gli apro, cercando di rimettermi a posto.

-“E tu come l’hai visto…”- avverto le guance in fiamme mentre glielo chiedo.

-“Semplice!” – si gira e mi rivolge lo sguardo – “Sono entrato e uscito… eravate così impegnati che manco ve ne siete accorti. Ho visto…” –

-“Hai intenzione di dirlo a mamma?”- chiedo vergognata delle mie azioni.

-“Diciamo di no. Ma solo se…” –

Le sue parole creano suspence; con tutti i pensieri che mi passano per la mente ho dimenticato di essere nel traffico. La macchina davanti si è mossa di qualche metro, posso vedere chiaramente il cartello che indica la nostra uscita ma di questo passo ci vorrà un altro pò. Ritorno con gli occhi su Marco che chinandosi apre lo zainetto che ha tra le gambe e tira fuori delle mutandine.

-“Vuoi che mi metta queste… tutto qua?” – gli chiedo quasi ridendo.

-“Sì.” – lui non aggiunge altro e cala di nuovo il silenzio.

Ho un attimo di timore; tra di me ho paura che in quelle mutandine ci sia dell’altro ma sono ottimista. Dopotutto cosa ci potrà essere mai di strano…

-“Accetto” – dico con grande sicurezza.

Lui ridacchia ma io non gli do affatto peso, arrivando in silenzio a casa.

In auto mi erano sembrate delle innocue mutandine neri ma quando torno in stanza dalla doccia e le trovo rivoltate sul letto deglutisco nervosamente. Chiudo la porta alle mie spalle e lascio che l’asciugamano che copre le mie forme scivoli sul pavimento mentre noto con un certo stupore che hanno una specie di piccolo fallo… in cuor mio so già cosa sono; una specie nuova di mutandine vibranti.  Soppeso quella parola a lungo e tasto quel piccolo e largo pomo che dovrei infilare tra le cosce finché il mio cellulare non suona sulla scrivania. Marco mi ha mandato un messaggio.

“Vedi di metterti una gonna e una canotta… Tanto farà caldo :)”

Quasi lo vorrei strozzare, tuttavia devo fare ciò che mi ha detto, altrimenti… non so come la prenda mamma col fatto che ho scopato in camera sua, ma è meglio non rischiare. Prendo il coraggio con entrambe le mani e sputo sui palmi un pizzico di saliva con il quale mi massaggio la mia intimità. I pensieri su quell’indumento mi hanno talmente irrigidita che non riesco a provare un minimo di piacere… Sono spaventata da come le utilizzerà mio fratello. Non ho mai visto la sua parte perversa all’opera. Finisco di massaggiarmi e infilo quel piccolo fallo tra le mie labbra. Muoversi con quell’ingombro non è facile. Aprendo l’armadio indosso al volo una canotta rosa che risalta i miei piccoli seni e una minigonna a jeans beige; Non proprio una gran scelta di stile, ma non devo certo partecipare a una sfilata di moda. Inforco le infradito e lo sento stimolarmi all’interno. È fastidioso. Cerco di non pensarci ma la campana con il quale mamma ci chiama a tavola tintinna incessantemente e io devo scendere. Chiudo la porta a chiave e scendo pacatamente le scale. Il fallo mi provoca un misto di dolore e piacere mentre raggiungo la tavola, non so come riesco a non darlo nell’occhio. Marco è già seduto al suo posto, mia madre pure. Manco solo io. Mi siedo facendo una smorfia. Mamma mi chiede subito se va tutto bene e io rispondo di sì, non voglio causarle altre preoccupazioni. Iniziamo a mangiare e mi si è già chiuso lo stomaco; Marco non mi degna di uno sguardo, è troppo preso a raccontare le scene dell’amichevole a mamma. Mando giù bocconi amarognoli e mi chiedo se mai tradirà i patti e gli dirà della mia storia con Felipe. Mi batte forte il cuore e lascio il piatto a metà. Mamma non fa storie e quando ritira i piatti e si assenta per impiattare il secondo ho un mancamento. Marco mi guarda e tra le cosce inizia una leggera vibrazione. Mi scuote dalla testa ai piedi e mi fa venire i brividi. Mi appoggio allo schienale della sedia, emano un sospiro e mi accarezzo i miei capelli rossi. Avvampo, cercando di fargli cenno di fermarsi. Emano un leggero rantolo e mi sfioro un seno. Il vibratore mi scuote con maggior intensità e io sono umida tra le cosce. Il rantolo si trasforma in una specie di guaito e provo a chiedere pietà con una smorfia, ma lui sorride, mi controlla, sono in suo pugno. Appoggio una mano sul tavolo, stringo  la tovaglia mentre con l’altra mi tocco un fianco. Piego la testa all’indietro e le vibrazioni sono così piacevoli che sento di perdere il controllo. Fortunatamente smettono subito e io riprendo fiato ansimando. Mia madre entra in sala con i piatti, tossisco per nascondere il tutto e cominciamo a mangiare il secondo. Lei non ha fame e si ritira in camera da letto, lasciandomi in balia di Marco.

-“Ti prego basta…” – sussurro.

Lui sorride diabolicamente mi sembra di essere in un incubo. Devo cercare di controllarmi e questo mi provoca seri problemi… se solo non ci fosse mamma…

-“Smettila tu…” – mormora -“Mi sembra che stai godendo non è così?” –

La sua domanda mi pone dinnanzi un’amara verità; Nonostante non voglia ammetterlo, tutto quel trambusto mi piace. Non solo mi piace, ma in cuor mio pretendo anche un bell’orgasmo.

Prendo la forchetta e taglio un boccone. Lo mando giù e subito dopo sento la scossa.

Sussulto.

La forchetta cade sulla tovaglia e io mi riappoggio allo schienale con tutta me stessa. Le vibrazioni sono intensissime. La mia intimità gronda e comincio a toccarmi; cosce, seni, fianchi, serro le gambe, mi mordo un labbro, chiudo gli occhi. Lo sento montare; so già che sarà violento. Mi guardo attorno ed emetto sospiri misti a piccoli gemiti. Non so neanche cosa sta accadendo, so solo che sto avendo un orgasmo. Serro le labbra e digrigno i denti mentre il piccolo fallo mi scuote. Fa caldissimo, mi lascio andare e dalla mie labbra esce un gemito di benessere. Le vibrazioni si placano e il mio orgasmo lentamente culmina. Mi ritrovo nuovamente con i piedi per terra, uno strano torpore nel corpo e le mutandine appiccicose.

Marco mi dona uno sguardo divertito e con un cenno del capo mi indica di andare. Non me lo faccio ripetere due volte e salgo chiudendomi in camera. Mi sento… strana ma felice. Mi levo rapidamente la gonna e lentamente le mutandine, facendo uscire il vibratore. L’odore dei miei umori permea l’aria della mia stanza e mi lascia di stucco.

Voglio un altro orgasmo.

Quando il cellulare vibra di nuovo sulla scrivania, ecco un altro messaggio di mio fratello.

“Voglio che domani mi vieni a prendere e indossi quelle mutandine. Non fare storie. Se scopro che non te le sei messe dico a mamma del tuo ragazzo.”

Leave a Reply