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Sei amiche in videochat – capitolo 6 di 9

Capitolo 6 –
Chiara ricorda
la sua vacanza in Austria

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Questa volta, a Chiara non importò di rispettare la privacy di Marco: quasi sembrò volesse abbattere la porta della camera del fratello tale fu la violenza che mise nell’aprirla per entrare.
– Brutto stronzo che non sei altro! – urlò lei sulla soglia, il bel viso sconvolto dalla rabbia.
Marco, sdraiato sul letto, i pesi del quotidiano allenamento ancora sul tappeto, abbandonò con lo sguardo la visione del programma che stava scorrendo sul televisore accanto alla sorella per spostare la sua attenzione su di lei. – Cosa c’è? – domandò lui, abituato alle sfuriate della sorella che, da quando era entrata nella pubertà, di tanto in tanto caratterizzavano il loro rapporto fraterno solitamente tranquillo e piacevole. Non che avesse paura di lei, quindici centimetri più bassa e almeno quaranta chili più leggera di lui.
La ragazza fu sul punto di dire qualcosa, ma la rabbia che la stava sconvolgendo sembrava impedirle di parlare. Strinse ancora più i pugni, alzandoli fino al viso, sul quale comparvero i denti in un ringhio.
– Chiara, calmati – le consigliò lui, sollevandosi a sedere. Continuava a sembrare ben poco preoccupato: in fondo, in quei giorni “particolari”, lo spirito della sorella sembrava potesse infiammarsi per qualsiasi sciocchezza. – Cos’ho fatto, questa volta?
La ragazza sembrò riprendere il controllo del proprio intelletto, o almeno in parte. – Cos’hai fatto? Mi stai prendendo per il culo? – strillò.
Lui sembrò pensarci un attimo, ripassando mentalmente cos’aveva fatto recentemente che potesse urtare i nervi di sua sorella. – Non ho idea di cosa io…
Chiara sembrò posseduta da un demone quando la stanza del fratello risuonò delle sue grida. – Ti sei scopato la mia migliore amica, stronzo!
Marco sobbalzò a quelle parole, sconvolto, sebbene alla ragazza sembrò che per un istante sul volto del fratello il senso di colpa venisse sostituito da un’espressione di piacere e soddisfazione, ma subito sommerso dallo sconcerto. – Io… non… – balbettò. Era evidente che quello doveva essere un segreto che lui e Beatrice avrebbero condiviso solo tra di loro, tenendone all’oscuro Chiara. Se non fosse stato per quella stronza di Anna che doveva mettere il naso dappertutto, i due se la sarebbero cavata e lei sarebbe stata cornuta e beffata pur senza saperlo.
– Come l’hai saputo? – domandò lui, perdendo la sicurezza di un attimo prima.
Chiara allargò le braccia con un movimento di stizza e derisione. – Avevi ragione tu quando dicevi che le donne, quando sono da sole, parlano di cazzi. E lei, dopo che altre mie amiche hanno raccontato le loro scopate, ha raccontato a sua volta di quando te la sei montata.
Marco aveva abbassato lo sguardo. Si passò una mano tra i capelli, sconvolto. – Spero almeno ne abbia parlato bene… Ma – aggiunse – non credevo fosse una che raccontava queste cose. Pensavo fosse più riservata.
– Ma stai scherzando? Quando mai Beatrice è stata riservata su chi si…
– Beatrice? – esclamò Marco, confuso, sollevando lo sguardo sulla sorella. – Io…
Chiara sgranò gli occhi, fissando il fratello. – Chi altra cazzo ti sei scopato delle mie amiche? – gridò, riuscendo nell’impresa di apparire ancora più infuriata.
Lui sembrò improvvisamente dimenticare i centimetri di altezza e i chili di muscoli che lo avrebbero salvato da un attacco della sorella. – Hai detto “la mia migliore amica” e io credevo intendessi Cecilia!
– Ti sei scopato anche Cecilia, porca puttana? – urlò Chiara, sconvolta. – Ce n’è una in cui non hai infilato il tuo cazzo?
Improvvisamente, la consapevolezza che anche Cecilia, una ragazza timida quanto lei, forse anche di più, avesse ospitato nel proprio corpo suo fratello e questi ne avesse provocato del piacere, fu come se la diga di dolore che era stata sostenuta dalla furia crollasse: si portò le mani agli occhi, esplodendo in un pianto a dirotto. – Sei uno stronzo, Marco… – singhiozzò. Si voltò di scatto, uscendo dalla camera e correndo in bagno.
Sbatté la porta dietro di sé e Chiara si lasciò cadere sul coperchio della tazza, piangendo disperata. Sentiva il petto stringersi e la gola bruciare come se avesse inghiottito del fuoco liquido. Alle sue stesse orecchie, il suo pianto suonava come la cosa più disperata mai immaginabile.
Rimase in quella condizione per diversi minuti, distrutta, e la richiesta di suo fratello di uscire e parlare con lui, chiedendole come, quanto aveva fatto con le sue amiche, potesse averla sconvolta fino a quel punto, a lei parve un malvagio scherzo. Lei, all’inizio, non ebbe la voce per parlare ma, dopo un paio di tentativi di Marco di farsi spiegare, anche attraverso la porta del bagno, riuscì a trovare il fiato per rispondergli.
Il problema, si rese conto, era però che non sapeva affatto cosa rispondergli. Non avrebbe potuto dirgli che era innamorata di lui da quando aveva memoria, e che, da quando aveva quattordici anni, sognava di fare l’amore con lui. Così come non avrebbe potuto dirgli che anche Beatrice, in fondo, provocava in lei un’attrazione che andava oltre quella che si provava tra amiche. Sì, fu costretta ad ammettere, era gelosa di suo fratello e, in quel momento si accorse, anche della sua amica. L’idea che lui, e in parte anche lei, facessero sesso con qualcuno che non fosse lei medesima le provocava un forte dolore emotivo… Se poi Marco e Beatrice scopavano tra di loro come aveva raccontato la sua amica, allora si sentiva, seppur insensatamente, ed era lei la prima a riconoscerlo, ancora più tradita perché nessuno dei due pareva avere il minimo rispetto per le sue emozioni, sebbene segrete.
E poi Cecilia… Cecilia! Chiara aveva sempre visto la ragazza come lei stessa ma con i capelli e le iridi di un altro colore, perché la personalità era la stessa, come le avevano svelato in molti, la corporatura quasi identica, anche il modo di comportarsi… Questo pensiero rimescolò le emozioni che stavano placandosi nell’anima della ragazza, le portò a ebollizione e le addensò in pura rabbia.
Una nuova idea sorse nella sua mente. Un’idea spaventosa: suo fratello era innamorato di lei ma, non volendo, o potendo, scopare una sorella, aveva fottuto l’amica che sembrava il suo clone… Chiara si morse una nocchia comprendendo finalmente tutto: il continuo parlare di Cecilia da parte di Marco, il suo apprezzamento verso di lei, l’educazione con cui si prodigava verso quella troietta castana… Voleva farsi sua sorella e riversava il suo desiderio sulla sua amica…
Il cazzo e gli orgasmi che spettavano di diritto a Chiara, comprese all’improvviso, erano stati donati a Cecilia.
– Chiara, – la chiamò di nuovo Marco, bussando alla porta, – sul serio, cos’hai?
La ragazza ritrovò la voce quando esclamò: – Vaffanculo! Sei un pezzo di merda! Non voglio più vederti!
Il silenzio, dopo quel grido, cadde nell’appartamento. Sebbene occultato dalla porta del bagno, Chiara non ebbe difficoltà ad immaginare la muta costernazione disegnarsi sul volto del fratello, confuso sul motivo che aveva spinto la ragazza ad uno sfogo tanto violento.
Solo dopo qualche secondo lo sentì pronunciare lentamente, la desolazione che regnava nella voce: – Come vuoi. Quando ti sarà passato e vorrei spiegarmi cosa sta succedendo, sai dove trovarmi. O lascia perdere. Vedi tu.
Chiara non pronunciò una sillaba, aspettandosi che Marco aggiungesse qualcosa, ma dopo un paio di minuti si convinse che suo fratello se n’era andato. Conosceva il suo carattere e sapeva che non sarebbe tornato a chiederle delucidazioni su quanto era accaduto e, sebbene quella sera probabilmente non le avrebbe rivolto la parola, più come un segno di rispetto nei suoi confronti che come manifestazione di essersi offeso, i giorni successivi Marco si sarebbe comportato come se nulla fosse accaduto. La ragazza, però, sentì il sospetto che quell’episodio avrebbe potuto incrinare il loro rapporto in modo irrimediabile, insinuarsi nella sua mente e avvolgere e soffocare in una successione di spire di incertezza la possibilità di trovarsi nuda tra le braccia di suo fratello.
Ma la colpa era di Marco… possibile che non riconoscesse il desiderio che infiammava l’anima della sua dolce sorella? Che non riuscisse a vedere quanto lei lo desiderava? Anche lui la voleva, ne era certa, ma non voleva fare il primo passo, quello stronzo…
E così, per scaricare la sua libido, si fotteva le sue amiche. Chiara se lo immaginò improvvisamente, e con la vividezza tipica di una mente abituata a operare per immagini, nudo, sdraiato sotto quella nullità di Cecilia, anch’essa priva di qualsiasi abito, lui che la prendeva da dietro, una mano sulla sua passera ed un’altra su una di quelle piccole bocce, intento a scoparla… Il pensiero fu doloroso come mai avrebbe potuto sospettare la ragazza, ma l’improvvisa idea che, tra una spinta ed un gemito, una strizzata e uno spruzzo di crema calda nella passera della troietta, suo fratello, sopraffatto dal piacere e dalla passione, chiamasse la sua amante con il nome della sorella fu devastante per Chiara al pari di una coltellata al cuore.
La ragazza si portò le mani agli occhi, sicura che sarebbe scoppiata in un pianto, ma si sentì troppo sconvolta per riuscirci. Le sembrava di avere un peso sulle spalle, un vuoto al posto della mente… Avrebbe voluto chiudersi in camera sua, a commiserarsi, ma non se la sentiva di incontrare quello stronzo di Marco mentre attraversava il corridoio: le avrebbe chiesto cosa avesse, perché si comportasse in quella maniera… Davvero era così idiota da non capirlo? Non era evidente che sua sorella fosse innamorata di lui e che, invece di fottere quelle troie di sue amiche, avrebbe dovuto fare l’amore con lei?
No, sembrava non fosse in grado di capirlo da solo.
La ragazza rimase diversi minuti a compiangersi seduta sulla tazza del gabinetto, chiedendosi come fare. Qualche idea le si affacciò alla mente, ma nulla di valido, niente che potesse risolvere la situazione. Solo la possibilità di dichiararsi a Marco, dirgli che lo amava e provocarlo esplicitamente le avrebbe permesso di averlo dentro di sé… ma l’idea di fare qualcosa del genere la terrorizzava, cozzava contro la sua personalità e soprattutto la sua timidezza. Dove avrebbe trovato il coraggio di fare qualcosa di simile?
Lentamente, giunse alla conclusione che, rinchiusa in un bagno, avrebbe non solo concluso meno che all’esterno dello stesso, ma che sarebbe apparsa come una demente agli occhi del fratello se vi fosse rimasta ancora a lungo. Sarebbe sembrata la tipica ragazzina che non sapeva gestire gli ormoni che avevano cominciato a circolare nel suo corpo all’ingresso dell’età adulta, qualcosa che, di certo, suo fratello non apprezzava affatto.
Tanto sarebbe valso farsi una doccia, pensò, sollevando lo sguardo sulla cabina in plexiglas davanti a lei. Magari, sarebbe stata più tranquilla e amabile per la cena che Marco avrebbe preparato se si fosse lavata di dosso tutta la desolazione che l’aveva colta negli ultimi minuti.
La ragazza si alzò, aprì lo sportello e, allungando all’interno un braccio, ruotò il rubinetto. Subito il suono dello scroscio dell’acqua riempì il bagno e una calda umidità avvolse Chiara che aveva cominciato a spogliarsi.
Si sfilò la maglietta bianca e si aprì i laccetti del reggiseno: lanciando un’occhiata alla propria immagine riflessa sullo specchio che iniziava ad appannarsi, fu costretta ad ammettere nuovamente che non poteva vantare un paio di bocce floride come quelle che possedeva quella zoccola di Beatrice. Il suo seno poteva essere considerato forse una seconda scarsa, e Chiara sperava ancora che un colpo di coda della pubertà potesse, sebbene conscia di essere ormai fuori tempo massimo, donarle un altro paio di taglie lì davanti… Certo, con quello che aveva poteva fare felice un ragazzo, ma di certo non avrebbe fatto girare la testa a nessuno con quella miseria. Specialmente suo fratello che, vedendole ormai tutti i giorni, si era di certo assuefatto alle sue tettine.
Considerando poi che con quelle di Beatrice si era divertito almeno una volta, poteva anche considerarsi sconfitta in partenza.
Con un sospiro, Chiara si sbottonò i pantaloncini, lasciandoli calare lungo le gambe e scalciandoli in un angolo, poi si abbassò le mutandine. Quasi senza volerlo si sfiorò con la punta del pollice destro la sua passera: una sensazione simile al desiderio del cioccolato sorse dentro di lei, ma non nello stomaco o nella sua gola, quanto piuttosto nel suo inguine. Improvvisamente, la ragazza si rese conto di quanto fosse desiderosa di avere un rapporto, un cazzo che sprofondasse dentro di lei, il calore di un corpo maschile che la avvolgesse, quel senso animalesco e primitivo di essere posseduta, di essere riempita di crema calda.
Chiara si strinse le gambe e si morse inconsciamente il labbro inferiore a quei pensieri. A furia di sentire continuamente le sue amiche raccontare di come erano state scopate, più o meno realmente, le sembrava di essere scivolata in uno stato di continua eccitazione sessuale, un senso di attrazione verso chiunque avesse un cazzo in mezzo alle gambe. E, con sua sfortuna, l’unico in casa che lei agognasse sembrava intenzionato ad impedire che i loro genitali si unissero.
– Che stronzo che sei, Marco… – sussurrò delusa, scuotendo la testa.
Con il suo corpo completamente nudo, Chiara aprì lo sportello della doccia e vi entrò. Un profondo respiro gonfiò il suo petto quando l’acqua calda cominciò a picchiettare la sua pelle, riempiendosi i polmoni di aria umida. Si sentì subito meglio, come se nello scarico turbinassero i dispiaceri che avevano adombrato il suo umore.
Dal ripiano in ceramica afferrò la confezione di sapone liquido e se ne spruzzò una dose generosa sul palmo della mano libera, sentendo liberarsi nell’aria un effluvio di ricordi sotto forma di profumo di pini, in particolare quello di qualche anno prima, quando ,in vacanza in montagna con la sua famiglia, a quattordici anni, aveva scoperto di amare Marco, e non solo come un fratello. Ricordava di essere uscita una mattina dalla sua stanza dell’albergo dove alloggiavano, in Austria, e aver visto il ragazzo sotto una luce completamente nuova, come se non l’avesse mai conosciuto prima: per qualche motivo, se il giorno prima non lo considerava più di una specie di competitore nel ricevere affetto e attenzione da parte dei genitori, in quel momento gli era parso che non avrebbe più potuto vivere senza di lui.
La cosa l’aveva confusa, sconvolta, intimorita. Credeva di essere innamorata di un suo compagno di classe, di un cantante famoso, di un divo del cinema, ma solo in quel momento aveva scoperto cosa significasse realmente amare qualcuno. Apprezzava la compagnia del suo compagno, adorava contemplare il viso del cantante, il corpo ed il sexappeal dell’attore… ma in quel momento avrebbe voluto alzarsi in punta di piedi davanti a Marco, accarezzando il suo collo con le sue mani, appoggiare un bacio sulle sue labbra e… non seppe perché, ignorò da dove nascesse quell’idea, che in altri frangenti le sarebbe sembrata oscena, ma desiderava soprattutto sentire la sua patatina strusciare contro ciò che si trovava nel medesimo posto nel corpo del fratello.
Quel pensiero che, se qualcuno glielo avesse proposto, le avrebbe causato il voltastomaco, le diede una sensazione che non aveva mai sperimentato prima al basso ventre. La testa aveva cominciato a vorticarle, come se non avesse mangiato da giorni, ma quello che desiderava assolutamente non era cibo. Invece di fermarsi a colazione nel salone dell’albergo, era risalita in camera sua, cercando di capire cosa le stesse accadendo, spaventata. Aveva passato la mattinata sdraiata sul letto, e se qualcuno le chiedeva cosa avesse, lei rispondeva cercando di non far capire che il suo male non era fisico quanto… no, non era riuscita a capirlo, e questo l’aveva sempre più intimorita.
Mentre i suoi genitori e suo fratello erano andati a fare un’escursione, lei era voluta rimanere lì, sul letto, confusa da ciò che il su corpo le stava facendo provare e sembrava la stesse spingendo a comportarsi. Dopo ore di quel supplizio, aveva finalmente ceduto, e per la prima volta in vita sua si era masturbata. Ne aveva sentito parlare da alcune sue amiche, sapeva vagamente come si facesse, ma quello fu il suo primo, goffo ditalino. Aveva toccato la sua patatina, l’aveva sfiorata, aveva provato a penetrarsi con un dito. Ci erano voluti forse venti minuti, ma alla fine aveva finito: il senso di malessere che aveva coperto il suo corpo come uno scialle pesante e bagnato era scomparso con quello che, immaginava, fosse stato un orgasmo. Beh, cazzo, si era detta una volta concluso: se fare sesso conduceva a qualcosa di così misero e insoddisfacente, che già spingere per una loffa dava maggiori soddisfazioni, si era chiesta, perché tutte sembravano non voler fare altro?
Nel riportare alla mente quei momenti, mentre si frizionava la pelle con il docciaschiuma, Chiara non poté trattenere un sorriso. Quanto era cambiata da allora, riconobbe. Quattro anni prima era una bambina che aveva avuto il suo primo, vero innamoramento, e si affacciava al mondo del sesso. Effettivamente, il suo primo tentativo di darsi piacere era stato davvero scarso e privo di tecnica, sdraiata su un letto, con un dito che entrava e usciva dal suo sesso senza il minimo supporto dell’immaginazione: la cosa era completamente cambiata quando, chiusa nella sua camera, aveva cominciato a ditalinarsi immaginando di essere sotto un amante, e, nella maggioranza dei casi, chi si trovava virtualmente sopra di lei era proprio suo fratello.
Immaginava Marco con le gambe in mezzo alle sue, le mani piantate sul materasso accanto ai suoi seni, il suo cazzo che sprofondava dentro di lei con violenti colpi, che nella sua fantasia facevano cigolare rumorosamente la rete del letto. ‘Sei una stupida puttana’ le diceva fottendola con violenza ‘una lurida troia che si fa chiavare da suo fratello.’ A volte le stringeva il collo o le schiaffeggiava le bocce fino a farle male, continuando a scoparla. Quasi tutte le sere si sarebbe potuto sentire la sua mano lavorare freneticamente sul suo inguine, il nome di Marco sussurrato nel buio con una voce sempre più profonda fino a percepire davvero la rete cigolare sommessamente e le gambe della ragazza strusciare tra le coperte, ed infine un sospiro di soddisfazione precedere il silenzio della notte.
Quei pensieri e l’acqua che pioveva su di lei le ricordarono qualcos’altro, e più precisamente quanto aveva accennato Beatrice prima che il suo racconto venisse reindirizzato da Anna sulla sera in cui aveva fatto sesso con Marco. La ragazza aveva detto qualcosa sul fatto che aveva voglia di darsi piacere con il soffione della doccia, un metodo che Chiara non aveva mai nemmeno sentito accennare.
La ragazza si alzò sulla punta dei piedi, afferrò lo spruzzatore con una mano e lo sfilò dal supporto, chiedendosi come dovesse usarlo. Indecisa, lasciò che il getto dell’acqua le tamburellasse sul seno per qualche istante, quasi stesse cercando il coraggio per puntarselo sull’inguine. Lasciò per alcuni secondi che l’acqua ruscellasse sul suo addome e le solleticasse il sesso, poi abbassò il getto con un movimento deciso verso il basso. Chiara si trovò con il fiato mozzato nonostante la bocca le si fosse spalancata quasi di volontà propria. Crollò in avanti, appoggiandosi con una mano alle piastrelle del muro della doccia, le gambe che le tremavano.
Qualcosa di simile a decine di dita sembravano ticchettare sulla sua passera, e ogni colpo era una stilettata di godimento che si riversava direttamente nella sua mente, facendone traboccare all’esterno ogni pensiero e colmandola di piacere. Aria calda, umida, dal profondo aroma di bosco di aghifogli riempì i suoi polmoni solo per essere emessa con un gemito roco. Incapace di trattenersi oltre, stordita dallo stato in cui si era trovata, la ragazza si appoggiò con una spalla al muro e mise la mano sull’inguine.
Ripensò a quanto aveva letto nel libro digitale che Beatrice le aveva mandato un paio di giorni prima, in particolare a quanto era riportato riguardo la tecnica per raggiungere un orgasmo tanto intenso da spruzzare, come nel racconto di Anna. Allontanò il getto dell’acqua dalla sua passera e si penetrò con un paio di dita, scoprendosi incredibilmente calda, bagnata e soprattutto sensibile. Il suo utero si aprì all’ingresso delle sue falangi, riempiendola di una sensazione di benessere tale che le sembrò di afflosciarsi nell’incoscienza. Si morse il labbro inferiore mentre le dita dentro di lei cominciavano a muoversi avanti e indietro, girando a destra e poi a sinistra.
Un nuovo gemito sfuggì dalla sua bocca, sebbene meno volgare rispetto al precedente. Chiuse gli occhi e lasciò che le sensazioni che provenivano dal suo sesso fossero tutto il suo universo, avvolgendosi nel benessere e nel calore del piacere che stava montando dentro di lei, accompagnata dal battere del suo cuore e dallo scroscio dell’acqua. Lasciò cadere il soffione sul piatto della doccia, lo spruzzo che finiva contro un angolo del parallelepipedo di plexiglas, e portò la mano ora libera sul suo clitoride, afferrandolo con due dita e massaggiandolo, mentre quelle nel suo utero aumentarono la velocità e la pressione che esercitavano.
Chiara era scossa da spasmi di piacere, fulmini di puro godimento che saettavano tra le fibre dei suoi muscoli, un desiderio talmente forte aveva aggredito la sua anima da diventare quasi doloroso. – Marco, dimmi che sono la tua troia… – sussurrò senza fiato, stordita a tal punto da non accorgersene nemmeno, la mente che sembrava svuotarsi come se stesse per svenire.
Con un’ultima scintilla di coscienza, prossima all’orgasmo, percepì una forte pressione nella passera, come descritto nel manuale di educazione sessuale: con quell’ultima scintilla di coscienza, capì cosa stesse accadendo e come dovesse comportarsi. Quando sentì il più potente orgasmo della sua vita prossimo ad esplodere nella sua anima, spinse come se fosse intenzionata a mingere.
Un brivido la scosse nella schiena, facendola tremare tutta, poi percepì la sua uretra aprirsi nella pressione di un violento flusso di liquido caldo. Lo sentì schizzare contro le piastrelle che proteggevano il muro dall’acqua della doccia.
Chiara rimase qualche istante in quello stato, confusa, incapace di comprendere cosa stesse accadendo, cosa fosse andato storto. Dov’era l’orgasmo incredibile che avrebbe dovuto farla cadere a terra, sconvolta, il folle e incredibile piacere che aveva descritto Anna e che il manuale prometteva come conseguenza delle azioni che aveva compiuto nel suo sesso?
Non ebbe bisogno di aprire gli occhi per capirlo, le bastò il piatto, acre odore che aggredì il suo olfatto per comprendere, sostituendo prepotentemente l’aroma di conifere. Quando guardò in basso, l’acqua ingiallita le confermò il timore che era sorto nella sua mente: quello che aveva spruzzato non era squirto ma piscio, e ora era vi era immersa con i piedi.
– Merda… – sospirò, sentendosi improvvisamente come se sulle sue spalle fosse crollato un quintale di frustrazione mentre nel suo stomaco si formava un senso di disgusto e inadeguatezza. – Come posso sperare di farmi fottere da mio fratello se non riesco nemmeno a darmi piacere da sola… – si chiese, sentendo le lacrime nascere nei suoi occhi azzurri che stavano diventando sempre più irritati dal dolore.

Continua…

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