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Tutto ebbe inizio a scuola (Parte II)

By 21 Novembre 2021No Comments

Dopo quella serata con Marina ci si sentiva praticamente tutti i giorni… Per non essere petulante evitavo di fare troppe battute ed allusioni in quanto non avevo nessuna intenzione di perdere l’occasione di far risuccedere una seconda, terza, quarta e così via scopata, così le chiacchierate erano diventate monotematiche: lei mi confessava la solitudine che provava e la voglia di avere una storia ed io, da maschio single, le suggerivo i più classici luoghi comuni sulle storie e sulle catene che esse portano…
Le giornate trascorrevano in totale normalità e nonostante la possibilità di poterla riavere, non accennavo ad una proposta d’incontro, fino a portare lei a chiedermi di vederci e infatti, dopo una settimana circa e nel mentre si chiacchierava mi fa:
– Stasera hai impegni?
– Dovrei uscire con gli amici ma ancora non ci si accorda…
– Te la ricordi casa mia si?
– Si certo… Sigaretta insieme e poi rientro che domani mi alzo presto?
– Va benissimo… Vieni alle 21 da me. A dopo

Che infame che ero… Non chiedevo nulla lasciando a lei l’arduo compito di organizzare tutto ma in fondo funziona così no? Sei tu che hai bisogno di me e no il contrario ed è giusto che sia tu a provvedere di soddisfare la tua voglia.
Non ci sentimmo per il resto della giornata sino a quando non l’avvisai che stavo partendo da casa e che nel giro di 15 Min sarei arrivato:
– Ti aspetto fuori casa… Fai presto.

Che voglia che aveva… A quanto pare le era piaciuto la prima volta. Arrivato da lei, la vidi fuori casa e subito salí in macchina:
– Ehi… Vai più su che c’è un posto tranquillo…
Metto la prima e vado compiaciuto del fatto che lei avesse tutta questa voglia. Arrivati sul posto, spengo l’auto, le porgo il pacchetto, prende una sigaretta, ne prendo una io e si parla un po’. Il piano era quello di farla cuocere un po’ nel suo brodo e stavo riuscendo… Fumó nervosamente come se stesse aspettando che io dicessi o facessi qualcosa e invece io me ne restavo tranquillo nella mia postazione, a livello mentale ormai ero davvero io il padrone e lei la schiava, e la guardavo parlando di tutto tranne che di sesso. Lei era lì che aspettava una mia mossa, un mio cenno per agire, un mio “permesso”, che non è arrivato poi così tardi perché come buttai il mozzicone le slacciai la cinta che le teneva chiuso il cappotto facendo spiccare quelle sue belle zizze enormi. La guardai intensamente e lei era lì con il petto ben esposto anche se sotto la maglia ed io, dopo aver slacciato i pantaloni senza ancora aver tirato fuori l’uccello, la invito a sederci dietro… Volevo più spazio per godermela un bel po’; con il trasferimento dietro mi tirai fuori l’uccello e lei subito si chinò per prenderlo in bocca e iniziò così un bel pompino alternato tra le palle e la cappella, sapendo che la cosa mi avrebbe piaciuto parecchio e infatti gradii non poco quel suo trattamento. Con le mani tra i capelli stretti nella mia morsa, dettavo il tempo del pompino: piano, piano, forte fino in fondo, testa schiacciata sul cazzo, le facevo prendere aria e poi di nuovo piano piano a succhiarlo e lei, da brava geisha, si faceva pilotare mettendo in campo la sua più grande maestria nell’arte del prenderlo in bocca. Sempre tenuta per i capelli e con la voglia che ormai era arrivata a livelli estremi, le sfilò duramente il mio cazzo dalla bocca e guardandola nella sua interezza con uno sguardo che era come per dirmi: sfondami che ho una voglia pazza, presi la maglia da giù e gliela tirai su, feci uscire dal reggiseno quelle due boccione, da cui spiccavano dei capezzoli turgidi, la presi per la schiena e piazzai il cazzo tra di loro:
– Ma non so fare le spagnole
– sta zitta ed impara…
Quelle parole così dure furono un bel trampolino di lancio e lei si gettò in una spagnola mettendoci tutta l’anima perché voleva che io fossi soddisfatto. È mia… Pensai. Mentre era intenta a spagnoleggiare, le abbassai i pantaloni, in precedenza già sbottonati, e iniziai a giocare con il suo clitoride non potendo non notare quanto la troia fosse fracida di umori. Mettendo le dita dentro la fica, mi assicurai che avessi le dita ben impregnate e quando le tirai fuori, gliele misi davanti agli occhi così che lei potesse inghiottirle in un sol boccone così da “spompinare” le mie dita e nel mentre andava su e giù acquisendo una bella maestria anche nel raccogliere il cazzo tra le tette… La scena mi fece letteralmente arrapare ed ero ormai quasi al limite. La spinsi via, lei mi si rigettò addosso cercando il bacio più appassionato della sua vita dove io ho ricambiato benevolmente mentre stavo per scendere dalla macchina e quando mi sono trovato in una situazione più alta e lei si trovava ad altezza pompino, mi sollevai il pisello e le lasciai cadere i miei coglioni davanti in segno d’invito ad occuparsi anche di loro. Percepite le mie intenzioni, Marina cominciò a leccarmele tutta vogliosa ed arrapata e nel mentre le teneva in bocca, si sgrillettava e mugolava come una lurida maiala cercando di guardarmi anche negli occhi come per dirmi: guardami sono tutta tua.
Le tolgo le palle dalla bocca, la metto a pecora, io fuori dalla macchina e senza nemmeno darle un momento di sistemarsi, le entro dentro in maniera secca iniziando a pompare la figa in maniera forte sin da subito; Marina godeva ad alta voce con urla e gemiti mentre io con le mani potevo percepire le sue tettone sballonzolare ovunque ad ogni colpo che assestavo fin quando non gliele tenevo bloccate con le mie mani andando a stropicciarle e strapazzarle con forza e foga. Siamo stati almeno dieci minuti in quella posizione ed io, ormai, era una questione di tempo prima di esplodere e così, uscito da lei, rientrai in auto e me la misi sopra così che comincio a saltellare mentre ci guardavamo negli occhi e scambiandoci baci e colpi di lingua continui. Alternavo i baci con leccate, ciucciate e morsi alle tette, ogni tanto sollevandone una per invitare anche lei a fare lo stesso così da farmi assistere ad una delle scene più belle della mia vita… Ero al culmine e stavo per esplodere e così la sfilo da me, le prendo la testa, le metto il cazzo in bocca e venni copiosamente non dandole nemmeno il tempo di deglutire il getto di prima; questa difficoltà di certo non la colse impreparata e lei ingoió sino all’ultima goccia per poi ripulire con la lingua la mia cappella in maniera accurata e delicata. Nel mentre mi lavorava per bene, mi accesi una sigaretta e le accarezzavo la testa come per complimentarmi e lei, compiaciuta, si dedicava amorevolmente alla cura del mio uccello, lasciandomi ormai con la sola certezza che lei pendeva dalle mie labbra… Ormai non c’era più bisogno di usare “tattiche” per non farla scappare perché non sarebbe mai andata via se non per mano mia e di sicuro questa non era una possibilità contemplata nelle mie intenzioni. Il mio sogno erotico era divenuta la mia schiava e quando percepii tutto ciò, le diedi un bacio con la lingua appassionato mentre le strizzavo delicatamente le tette. Lei silenziosa ricambiava e si faceva fare tutto allora, per decretare la mia vittoria, mi staccai dalle sue labbra e le misi due dita davanti; mi guardò negli occhi, guardò le dita e poi dischiuse le labbra e le inghiottì simulando un pompino mentre mi guardava negli occhi….
Con quel gesto, il patto “Padrone-Schiava” fu siglato….

[To be continued]
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