Skip to main content
Racconti Erotici EteroRacconti erotici sull'IncestoTrio

L’Inferno di Anna e l’Abisso di Francesca

By 26 Dicembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Capitolo 1 – Il rapimento ed il ricatto

Era un venerdì sera di novembre, freddo, umido e molto nebbioso.
Anna, una signora bene, cinquantenne e molto piacente, camminava spedita nei vicoletti della sua cittadina diretta a casa sua. Al caldo ed al sicuro. Perché quella era proprio una serataccia. I suoi tacchi rimbombavano nei vicoli ed in giro non c’era nessuno. Era un venerdì sera, di solito animato in quella cittadina di provincia, ma quella sera nessuno in vista, solo qualche ombra che entrava o usciva da qualche locale. Fino a qualche minuto prima era tranquilla ed allegra a casa di una sua amica, dove era andata nel pomeriggio per un tè e quattro chiacchiere. Poi i discorsi si erano dilungati parecchio. Ed ora eccola qui, a pochi minuti da casa, ma sola, avvolta dalla nebbia, nel buio ed al freddo. A casa non l’aspettava nessuno, suo marito era in viaggio per lavoro e sarebbe tornato la settimana dopo, i suoi figli ormai erano andati via di casa da un pezzo. Forse poteva accettare l’invito della sua amica, cenare e dormire da lei, ma non aveva voglia. Voleva tornare a casa, fare un bel bagno caldo, cenare e poi rilassarsi davanti alla tv, con un bel bicchiere di vino rosso a tenerle compagnia. Tic, tic, maledetti tacchi e maledetto vestitino, che indossava, come suo marito richiedeva, sotto il caldo ed elegante soprabito.

Lui la voleva sempre impeccabile, mentre lei in una serata come quella avrebbe indossato volentieri un bel paio di caldi pantaloni, scarpe basse e comode ed un maglione.
Cos’era quell’ombra? Quella che aveva avvertito più che visto alle sue spalle. Non doveva aver paura, non ce ne era ragione. Ma davvero, quella sera, avrebbe preferito vestirsi diversamente piuttosto che indossare una di quelle misere gonnelline corte che il marito le imponeva di portare sempre. Perché la voleva elegante e desiderabile. Per non parlare dell’intimo, sempre giarrettiere o reggicalze, sempre perizoma e reggiseno di pizzo o di seta. Lei si sentiva nuda e quindi più esposta. E non poteva neanche scappare, come poteva su quei ridicoli tacchi a spillo se già trovava difficile camminare lentamente sui sanpietrini delle viuzze incantevoli… di giorno, al sole, quando erano pieni di gente. Di nuovo l’ombra. Forse non era niente, ma Anna aveva l’impressione che ora fosse seguita. Si girò, non vide niente, ma nonostante i tacchi, accelerò il passo. Ormai era a soli cento metri da casa, vicino al cancelletto del suo condominio. Anna tirò un sospiro di sollievo.

Mise la chiave nella toppa e fu in quel momento che l’ombra si materializzò. Una mano sulla bocca per impedirle di strillare e un coltello premuto su un fianco. – Zitta ed apri. – La voce era decisa e terribilmente rilassata. Le gambe di Anna cedettero, il cuore impazzava, se lui non l’avesse trattenuta in piedi sarebbe crollata ai suoi piedi. Non l’aveva visto in volto, ma doveva essere forte ed indossava dei guanti di pelle. – Apri – disse ancora la voce, ed Anna girò la chiave. Il cancello si aprì e lui, sempre dietro di lei, sempre premendo il coltello sul fianco, la spinse verso il portone di casa.
Le lasciò la bocca libera e le disse – se gridi sei finita. – Anna tremava come una foglia al vento. – Cosa vuole? – riuscì a dire.
– Zitta, ti ho detto di stare zitta, andiamo a casa tua. – Anna pensò ad un ladro, ma come faceva a sapere che non c’era nessuno in casa? O forse non lo sapeva e pensava che comunque avendo in ostaggio lei se la sarebbe comunque cavata.
Anna non sapeva se augurarsi che comparisse un vicino. Ma non comparve nessuno. Rassegnata arrivarono al portoncino, quindi all’ascensore ed in pochi minuti alla porta di casa. Lei ancora non l’aveva visto in volto. Non si era voltata, ma di sbieco aveva cercato di allungare lo sguardo. Vide solo un cappello con una tesa larga e lunga, ed un pezzettino di volto in ombra.

Aperta la porta lui le mise di nuovo la mano sulla bocca. Anna ebbe solo il tempo di pensare: etere. E svenne accasciandosi a terra. Niente di grave, lui la trattenne e lei scivolò sul tappeto come una bambola rotta, ma senza nessuna conseguenza.

Si svegliò circa due ore dopo, legata al letto della sua camera ed imbavagliata. Era seminuda e si sentiva tutta rotta. I capelli biondi appiccicati al volto. Sudata e con un odore di sesso addosso fortissimo. Un odore suo, ma anche di altro che non si seppe immediatamente spiegare. Del recente passato aveva vaghi ricordi ed era molto confusa. Aprì gli occhi e si guardò intorno, la stanza era tutta illuminata ed un uomo era seduto alla scrivania dove il suo PC era acceso. Quel bastardo, pensò, l’aveva violentata dopo che l’aveva addormentata. Ora iniziava a ricordare. Tentò di gridare, ma solo un rauco muggito uscì dalle sue labbra. Tentò di divincolarsi, ma ottenne solo di farsi male alle caviglie ed ai polsi. Ottenne però che l’uomo, lentamente, si girasse verso di lei e si alzasse dalla sedia davanti al PC. Si trovò davanti un uomo nudo, un cinquantenne come lei, ma in forma, anche piacevole da guardarsi, ed un sorriso mefistofelico soddisfatto e stampato in volto. Questo è il bastardo che mi ha violentato pensò Anna angosciata. Perché è ancora qui?
Si avvicinò e le disse – se prometti di non gridare ti levo il bavaglio. – Lei fece cenno di sì scuotendo vigorosamente la testa. Lui le levò il bavaglio e lei gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un manrovescio le fece ballare i denti e la sua testa sbatté contro la testiera del letto. Lui rapidamente le rimise il bavaglio, poi le prese una tetta in mano e la strinse torcendo e strizzando. Anna aveva le lacrime agli occhi. Come poteva farle così male?
– Sei stupida, troia – le disse continuando a strizzare e piantandole poi le unghie nel capezzolo. Anna rimase senza fiato, ma lui le diede un altro manrovescio sull’altro lato del volto. Anna vide le stelle e si arrese, non si divincolò più. Lui le prese l’altra tetta in mano e fece per stringere, ma prima le disse – farai la brava? – Stavolta Anna fece segno di sì rassegnata. Lui le levò di nuovo il bavaglio e le sorrise. – Sai cosa succede se gridi di nuovo? – Anna fece segno di sì. Ma lui le rispose – così non va bene. Quando ti faccio una domanda devi rispondere e devi finire la frase con un Sì Padrone! Perché devi sapere che Io sono ora il tuo Padrone e tu d’ora in poi farai tutto quello che vorrò. Tutto! Chiaro? –
Anna pensò che quell’uomo era pazzo e che presto quell’incubo sarebbe finito. Il tizio avrebbe sgraffignato qualcosa, qualche gioiello ed un po’ di contante, e se ne sarebbe andato. – Mi hai violentato bastardo – disse.
– Continui a non capire vacca, – una bacchettata la colpì con violenza nell’interno morbido della coscia. Lei gridò, stavolta non perché voleva gridare, ma per il male e lui si affrettò ad imbavagliarla di nuovo. – Stavolta non te lo levo fino a quando non sono sicuro che avrai capito e la colpì di nuovo sempre nello stesso punto. Poi sulle tette e sui capezzoli in rapida successione. Da dove veniva quella bacchetta pensò inutilmente Anna, mentre gli occhi si riempivano di lacrime e il dolore la faceva impazzire. Segni rossi erano comparsi nei punti colpiti di cosce e seno e due bei lividi su entrambe le guance del volto. Lui prese una macchina fotografica e con calma immortalò tutto. Si risedette accanto a lei sul letto e con pazienza, come parlando ad una bimbetta che ha qualche difficoltà di comprendonio le spiegò tutto.
– Tu d’ora in avanti sei la mia schiava. Farai tutto quello che voglio e mi chiamerai Padrone. Non parlerai mai se non per rispondere alle mie domande. Ogni tuo errore sarà punito. Hai appena visto come. – Fece una pausa, poi riprese. – Tranquilla, nessuno saprà mai che sei una troia ed una schiava. Continuerai a fare la vita di sempre. Solo quando io ti vorrò dovrai accorrere immediatamente, per il resto continuerai a fare pure la tua misera vita borghese. Io te lo permetterò. – Altra pausa per assicurarsi che Anna avesse capito e darle modo di assimilare tutto. Anna lo guardava allibita. Non ci poteva credere, lei non avrebbe mai fatto quello che lui voleva. Certo l’aveva violentata e torturata e poteva continuare a farlo. Fino a che fosse rimasto lì e lei in suo potere, ma appena libera… Che faccio appena libera? Lo denuncio pensava Anna, ma era combattuta, sarebbe stato uno scandalo… in quella piccola cittadina. Ma se non fosse arrivata a denunciarlo si sarebbe comunque protetta. Non sarebbe ricaduta sicuramente più nelle sue mani. Quindi forse per il momento era meglio assecondarlo ed evitare che la maltrattasse ancora. Era meglio mettere a tacere la rabbia e sperare che tutto finisse prima possibile.
Lui sorrise ironicamente, Anna aveva l’impressione che le leggesse i pensieri. Infatti riprese. – Tu pensi che quando me ne andrò potrai andare a denunciarmi, oppure che potrai sottrarti al mio volere. Ti sbagli. So chi sei, so dove stai, so chi sono i tuoi amici, i tuoi parenti, i tuoi figli. E sono loro che riceveranno per primi questo filmato. – L’uomo schiacciò un tasto del telecomando ed il televisore sfarfallò. Poi il film partì, chiaro, nitido e con un bel sonoro.

Anna si riconobbe subito. Era sdraiata su quello stesso letto, in camicia da notte, dormicchiava, tranquilla e rilassata. Un corpo minuto e morbido, piccolo, ma tornito, curve sinuose e tette ancora alte. Un viso delicato e labbra deliziose.
Un uomo, seminudo, quell’uomo, entrava nell’inquadratura e si sdraiava accanto a lei ed iniziava ad accarezzarla e baciarla, sulle spalle, sulle cosce e sul seno. E lei lo accettava, mugolava di piacere e spingeva le natiche verso di lui che si levava gli slip, il cazzo eretto e svettante sulle natiche di lei. Poi la spogliava, le levava il perizoma, le apriva la vestaglia, la rigirava e le succhiava i capezzoli turgidi, duri, vogliosi. Anna gemeva di piacere, si protendeva tutta verso di lui che si apprestava a montarla. – Sei un lago – dichiarava lui penetrandola in fica con due dita e vedendola contorcersi dal piacere.
Anna vedeva scorrere le scene sempre più esterrefatta. Si vedeva sullo schermo mentre lo accoglieva e muggiva soddisfatta, inarcava la schiena per prenderlo più a fondo, sempre più dentro e poi accavallava le gambe sulla sua schiena per non lasciarlo andare trattenendolo e godendo di quell’invasione sempre più incalzante. Si vedevano le palle dell’uomo che sbattevano sulle natiche della matura bionda e lei che mormorava – sì, sì, ancora. –
Difficile pensare che la stesse violentando. Com’è possibile pensava Anna confusa ed allibita. Mi ha drogata questo bastardo, mi ha drogata pensava Anna. Ma si rese conto che era senza armi e soprattutto con grande rincrescimento si rese conto che si stava eccitando. Ma quello che venne dopo fu peggio.
L’uomo uscì da lei e mettendogli il cazzo tra le labbra, le disse – succhia troia. – E lei, senza tentennare, aprì la bocca e succhiò. – Così vacca, prendilo tutto. – E lei invece che trovare fastidio in quel rude linguaggio si trovò a corrispondere con passione. Né si sottrasse quando l’uomo, di nuovo eccitato, la rivoltò sottosopra e l’inculò. Solo quando lui la penetrò nel didietro Anna si oppose un attimo e protestò con un lieve ahi, ma dopo che lui l’ebbe inchiodata sul letto e dopo i primi colpi di nuovo la donna lo accolse con piacere, fino ad andargli incontro ad ogni nuovo colpo. Il suo culetto ora si offriva senza ritegno ai colpi di maglio che l’uomo menava implacabili e vigorosi.
Anna era bagnata e l’uomo, mentre scorrevano le ultime scene, la masturbava godendo del suo turbamento e delle sue paure. Il film finì con lui che spruzzava in gran quantità il suo seme sulla schiena della donna. Ecco perché mi sento così appiccicosa dietro pensò Anna ed ho questo forte odore su di me.

– Hai capito ora? – le disse l’uomo lasciandola di nuovo bagnata, eccitata, confusa e umiliata. – So che farai quello che voglio. Ma prima lo capisci e meglio è per te. Questo film è già sul mio PC e mi bastano pochi clic per inviarlo a tutti i tuoi amici e parenti e prima di tutto ai tuoi figli. Soprattutto a quella bella figliola di Francesca. –
Anna lo guardò terrorizzata e non disse nulla.

CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLE CAMS GIRL ITALIANE

Free porn videos

https://novelleerotiche.wordpress.com/

Koss99@hotmail.it

https://www.kobo.com/it/it/search?Query=koss
https://www.amazon.it/Koss/e/B06WVH29MD

 

Capitolo 2 – Un week end di sottomissione ed addestramento

Il Padrone si svegliò alle otto, lui aveva dormito nel letto, Anna su un giaciglio di fortuna, in uno sgabuzzino, chiusa a chiave. Il Padrone aprì lo sgabuzzino – preparami la colazione e portamela a letto. Se durante il giorno ti comporterai bene stanotte dormirai con me. –
Anna scattò verso la cucina. Durante la notte aveva esaminato la sua situazione, non aveva trovato alcuna via d’uscita. Forse quando sarebbe andato via le sarebbe venuta qualche idea, ma in quel momento era paralizzata dalla paura e per quanto si sforzasse non le veniva niente in mente. L’unica cosa che aveva capito è che lui era più forte di lei e aveva quel maledetto filmato che l’intrappolava e chi sa cosa altro. Quindi, per il momento, non le rimaneva che assecondarlo, ubbidirgli e fare quello che voleva lui, sperando che non la maltrattasse troppo. Ma le considerazioni di Anna non finivano lì. Aveva scoperto un lato di se stessa che l’inquietava non poco. Non tutto le era dispiaciuto, ma faceva fatica ad esplorare quel lato. E cercava di allontanare quei pensieri.

Dopo che il Padrone fece colazione si occupò della schiava. – Non voglio che ti vengano strane idee, quindi è meglio che ti metta in condizioni di non nuocere. – Anna non replicò. Quindi lui la lasciò nuda, come era dalla notte precedente, indossava solo i sandali con il tacco alto. Le legò le caviglie tra di loro con due cavigliere unite da una corta catenella che le permetteva di fare solo corti passettini e i polsi dietro alla schiena, poi le mise un robusto collare nero ed i polsi furono uniti in alto al collare stesso. Anna vide che prendeva tutti quegli attrezzi da un borsone che non aveva quando l’aveva rapita sotto il portone di casa sua. Il bastardo doveva essere uscito mentre lei era nel mondo dei sogni, l’aveva preso e portato su. La sua macchina doveva essere nei pressi. Ma a cosa le serviva quella congettura se non poteva vederne la targa. E anche se l’avesse vista? Mentre Anna pensava ciò il Padrone aveva tirato fuori dalla borsa una specie di mutandina di cuoio. Due strisce, una per la vita ed una che le sarebbe passata tra le natiche e la fica. Erano fibbie grosse e purtroppo quello che vide fu ancora peggio. Sulla fibbia che passava sotto c’erano due dildi, uno più piccolo, ma comunque grosso, ed uno ancora più grosso. – Nooooo! – gridò. Lui si precipitò su di lei e la schiaffeggiò. – Non impari mai – le disse mentre Anna piangeva. Prima di quella imbracatura il Master mise alla schiava una ball gag in bocca. – Stupida troia – l’insultò. Poi prese l’imbracatura e versò sui dildi un po’ di lubrificante. Quindi la posizionò correttamente e spinse, strinse ed allacciò. Anna si dibatté, si sentì squartata, ma non c’era niente da fare, prese tutto. I dildi penetrarono e lei fu riempita, ora si muoveva con ancora maggiori difficoltà. Poi un’altra imbracatura, un reggiseno fatto di striscioline di cuoio che le sostenevano il seno, ma non la coprivano per nulla. Messa in quel modo la schiava era una troia offerta platealmente. Fica e culo penetrati, tette strizzate e seno di fuori, oscenamente offerto. Lui prese una macchina fotografica ed iniziò a scattarle foto. Lei cercò di voltarsi, scappare dall’obiettivo e più volte rischiò di cadere. Lui la inseguiva facilmente continuando a scattare. Fino a quando lei non si butto sul materasso, nascondendo il volto. Lui prese un frustino ed iniziò a darle dei gran colpi sulle natiche e sulle cosce. La schiava non poteva gridare, ma si dibatteva, piangeva, grugniva e soffocava le urla sulla ball gag attraverso la quale colava bava copiosamente. Anna era piena di segni. Lui la prese e la sollevo di nuovo in piedi. – Ora ti offri all’obiettivo come dico io, altrimenti ti spello viva. – Anna obbedì, il volto scarmigliato e sofferente, non voleva più essere frustata. Si rivolse all’obiettivo e lui scattò innumerevoli foto, come volle. Anna si girava ed offriva natiche, culo, cosce e tette come il Master le chiedeva. Poi la lasciò in quel modo, aprì la porta, che richiuse a chiave, ed uscì. Anna andò nel panico, si agitò tanto che cadde a terra e così conciata non ebbe neanche la forza di mettersi di nuovo in piedi. Molto tempo dopo fu in grado di trascinarsi verso una poltrona dove trovò la forza di adagiarsi.

Il padrone tornò verso le undici. Le sciolse i polsi e le levò la pallina dalla bocca, le lasciò tutto il resto. La strinse per una tetta e le disse – preparami da mangiare, per il resto non mi disturbare. – Anna andò in cucina e si mise ai fornelli. Lo faceva raramente, durante la settimana aveva una cameriera che faceva anche da cuoca. Si mise d’impegno, quel tipo, ne era sicura, l’avrebbe punita se non fosse rimasto soddisfatto. Ne approfittò per mangiare anche lei qualcosa. A parte il tè del pomeriggio precedente, erano ventiquattro ore che non mangiava. Lui comparve una mezzoretta dopo. – Ho riattaccato il telefono ed ecco il tuo cellulare, se suonano rispondi. E non c’è bisogno che ti dica che devi essere saggia. – L’accarezzò sul culo e sulle cosce mentre lei rimestava la minestra. Lui la maneggiò fino a quando la troia non si riscaldò. Non colava perché era ermeticamente tappata. A quel punto le sciolse anche le caviglie, ma la lasciò con quelle mutandine e quel reggiseno. – Mettiti un vestito da cameriera e servimi. –

E’ notte. Il Master l’ha portata in una piazzola di autostrada.
E’ bendata e con la ball gag in bocca. Anna indossa solo una mantellina ed i tacchi a spillo, sotto la mantella è nuda.
La fa scendere dalla macchina e l’accompagna verso lo steccato della piazzola. Le leva la mantellina e la fa piegare a 90 gradi con le gambe aperte. La lega con delle cinghie. Le caviglie al legno in basso, i polsi a quello in alto e infine le tiene la schiena piegata con una cinghia che le passa sulle spalle e che viene legata al legno in basso.
Un paio di camionisti si sono raccolti intorno ed osservano interessati. Molto interessati.
Per ora guardano. Anna sente il loro scalpicciare, a questo punto teme più una malattia che lo stupro. Mugola, tenta di liberarsi, ma il Master ha fatto un buon lavoro.
Quindi desiste per non scorticarsi sul legno e si limita a sussultare ad ogni rumore o movimento che sente. Sarà una notte lunga.
Il Master la tocca tra le gambe, è bagnata anche se non eccessivamente. La paura la condiziona un po’. Il master la masturba per qualche istante mentre l’accarezza sulla schiena per tranquillizzarla e Anna si inumidisce di nuovo. Non vola una parola, nessuno fiata. Anna trema.
Si avvicina il primo. Lei non lo vede, ma sente il suo passo pesante sull’asfalto e sul brecciolino che provoca quel rumore fastidioso strusciando sull’asfalto. Si preoccupa e si dimena.
Lui è alto 1,90 e peserà 120 kg. Spalle larghe e pancia grossa da vero camionista. Si tira fuori l’uccello e il Master gli passa un profilattico. Se l’infila. Un altro passo ed è sulla vacca in attesa. Lei si agita e mugugna nella ballgag, ma il gigante la sculaccia a destra e sinistra. Poi adagia le mani sulle chiappe della schiava, due badili che contengono tutti i suoi glutei. Mira in alto. – Alt – dice il Master, – solo il primo canale, il secondo è riservato. –
Il gigante lo guarda, ma poi fa spallucce e mira in basso. La penetra in un colpo solo.
La schiava sussulta e non si muove più. Lui grugnisce ed inizia il suo avanti ed indietro.
Il Master scavalca lo steccato e le leva la ballgag. La guarda negli occhi spersi ed annebbiati da timori e piacere. Poi si sbottona il davanti e glielo da da leccare.
Da brava comincia a farlo mentre lui la penetra in bocca ed arriva alla gola, poi si ritrae e la schiava può respirare.
L’altro la tiene per i fianchi e glielo sbatte come un ossesso, mentre ogni tanto smanaccia sulle chiappe. Alla fine non ci sono preoccupazioni che tengano, Anna è una cagna in calore. Va in orbita mentre il primo camionista si svuota le palle.
Il Master la lascia per andarsi ad occuparsi del secondo. Il secondo è basso, ma ha una bella fava, più larga che grossa. Si mette il preservativo ed affonda dentro di lei in un amen.
E’ più bravo del primo. Va indietro lento e poi stocca deciso in avanti puntando verso l’alto a velocità moderata. Anna lo sente tutto mentre gli scivola dentro. Anna, ora che ha visto i preservativi distribuiti dal Padrone si è rilassata, gode anche se per la vergogna continua a fare la recalcitrante.
Nel frattempo è tornato il primo camionista che propone di salire sul suo rimorchio che è completamente vuoto. Il Master la slega dallo steccato, le rimette la ballgag, le mette collare e guinzaglio e, tra i sorrisi denigratori dei due camionisti, la trascina verso il rimorchio. Anna si vergogna tantissimo, la paura di ciò che potrà accadere va e viene con il pendolo dell’eccitazione. Prima di salire il Master ha prelevato dalla sua auto un piccolo borsone che contiene alcuni “oggetti” del mestiere: mollette, pinze, nastro da pacco, maschera, vibratore…
Il Master la spinge all’interno del container; appena sono tutti dentro iniziano i preparativi. Il Master ordina alla schiava di mettersi carponi, le toglie la ball gag e il guinzaglio, le infila una maschera di cuoio con solo un’apertura alla bocca ed alle narici. Ora Anna non vede e sente e poco. Rimane in quella posizione per qualche secondo, mentre il Master ed i due camionisti si sono messi in libertà. Il Master ordina alla schiava di avanzare di qualche “passo” e di aprire bene la bocca. Poi Anna sente una mano che si appoggia sulla sua testa e la “dirige” verso il primo cazzo da leccare e succhiare, da infilare prima lentamente poi sempre più forte in gola. E così il primo, poi il secondo cazzo, poi il terzo, poi ancora il primo, continuando a farla spostare a quattro zampe come una cagna ed Anna si sente una cagna
Ma ancora non è finita. Il Master le mette una catenina con due mollette ai capezzoli. Ora la tirano con quella verso il cazzo da succhiare. E mentre viene passata da cazzo in cazzo Anna subisce sculacciate, derisioni ed insulti. Bagascia, troia, vacca sono i termini più urbani.
La schiava è intontita, inebetita, ma gode come una vacca. E’ stanca, ma continua ad ubbidire. I capezzoli sono belli rossi, maturi, doloranti. E’ l’ora di farle il culo. Il Master l’ha riservato per sé, si china dietro la schiava mentre continua a succhiare. Totalmente instupidita, come è, all’inizio neanche se ne rende conto. Poi quando sente la cappella sul buchetto si inalbera, ma i due camionisti la bloccano e con i loro due cazzi in bocca non può neanche gridare.
Il Master si alloggia dentro la schiava, poi si china su di lei. Le stringe le tette doloranti e la morde sulla schiena. Anna si accorge che è facile domarla, si domanda a che servono quelle sue stupide reazioni quando non c’è niente da fare, purtroppo sa che lo rifarà.

La schiava come sempre era silenziosa, parlava solo se interrogata. Il suo Padrone parlava poco. Ma erano le tre di notte e la macchina viaggiava spedita verso casa e lui fece un primo bilancio. – Ti sei comportata bene. Sei una schiava nata e sei una cagna che gode molto in queste situazioni. Comportati bene e nei prossimi anni te la spasserai. Ora andiamo a dormire. Stanotte dormirai con me. Hai ancora da imparare, ma ormai il più è fatto. Sei domata, sottomessa e ti piace. – Anna non ritenne di dover rispondere ed al Master non interessava, sapeva che le cose stavano come lui aveva detto. Anna invece provava sentimenti contrastanti. Vergogna, spesso paura e alla fine anche smania ed eccitazione.

Lunedì mattina nell’andare via Master Daniele le disse – ti voglio a mia disposizione venerdì sera e per tutto il week end. Vieni a Milano per le ventuno. –
– Sì Padrone – rispose la schiava, ma era terribilmente angosciata. Non per quello che le sarebbe successo il prossimo week end, a quello ci avrebbe pensato dopo, ma perché suo marito rientrava mercoledì e non sapeva cosa inventarsi per andare via di casa per un intero fine settimana.

https://novelleerotiche.wordpress.com/

Koss99@hotmail.it

https://www.kobo.com/it/it/search?Query=koss
https://www.amazon.it/Koss/e/B06WVH29MD

CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLE CAMS GIRL ITALIANE

Free porn videos

Capitolo 3 – La preda, un gioco di società

Anna era più che domata, era annientata. Era pronta a fare tutto quello che Master Daniele avrebbe preteso da lei. Per quasi tutta la settimana si era chiesta cosa poteva fare e la risposta era stata sempre: niente. Il Padrone le aveva lasciato sul suo PC film e foto. E suo malgrado ogni volta che visionava scopriva che si eccitava e che nel film ed in molte di quelle foto si vedeva offerta come l’ultima delle troie. Il bastardo aveva cancellato quelle in cui lei si ribellava. Ora si augurava solo che il suo padrone si autolimitasse, ma aveva già capito che non c’era da sperare molto, la notte in autostrada era stata terribile, ma poi aveva goduto, qualcosa che stentava a confessare anche a se stessa. La signora bene però non aveva molta immaginazione per capire dove la storia sarebbe andata a parare. Quella notte avrebbe iniziato a capire, ma solo in parte.

Master Daniele la raccolse alla stazione venerdì notte alle 21,30. Era un venerdì freddo come il precedente, ma al contrario del precedente era una notte limpida e serena. Anna si era vestita come lui le aveva detto. Niente intimo, solo autoreggenti e scarpe a spillo, tacco 12, sopra un vestitino di lana rosso molto attillato e sopra il soprabito, caldo ed abbondante almeno quello. Sia le autoreggenti che il tacco 12 non facevano parte del suo normale guardaroba, lei indossava calze e reggicalze ed il tacco che normalmente portava era al massimo l’8. Si muoveva con difficoltà, ma ciò, in quel momento, mentre trascinava la borsa in cui aveva messo qualche ricambio, era l’ultimo dei suoi pensieri. Salì in macchina, salutò con deferenza il Padrone venendo ricambiata solo con un cenno, ed il SUV partì. Destinazione Parco Sempione. Il Parco a quell’ora era già chiuso, ma per Master Daniele quello non era un problema. Lui arrivò ad un cancelletto secondario, parcheggiò la macchina e scese, seguito dalla schiava a cui era stato imposto di lasciare il soprabito in macchina. Con una chiave aprì il cancelletto e fece entrare la schiava. – Questo parco è grande 43 ettari – le disse, – tra un po’ arriveranno due coppie, amici miei. Ti daranno la caccia. La coppia che ti cattura ti terrà per tutto il week end. Quella più giovane è spietata, quella della mia età un po’ meno, ma sia con l’una che con l’altra passerai dei brutti quarti d’ora. – Master Daniele fece una pausa e poi riprese. – Da ora fino alle sei di domani la caccia è aperta. Se riesci a rimanere libera domani mattina potrai tornare a casa, altrimenti sai cosa ti aspetta. – Un’altra pausa, poi terminò. – In teoria questo Parco è chiuso, ma non sono pochi quelli che in qualche modo riescono ad entrare scavalcando. Non è cosa per te, quindi non ci pensare neanche, pensa solo a scappare. E guardati da chi ti da la caccia, ma anche dagli estranei, gente generalmente pericolosa che se ti trova non ti risparmierà di certo. Io ti riporterò alla stazione domenica sera, ora scappa. – Anna si era preparata a tutto, anche di essere presa da estranei come era già successo, ma non si aspettava niente del genere, di diventare una preda da parte di sconosciuti, sia pure amici del suo Padrone, o peggio sbandati, drogati e chi sa cosa altro. Era successo in autostrada, ma lì c’era il suo Padrone a proteggerla, qui nessuno. Era bianca e ghiacciata, per il freddo e per la paura, ma un istante dopo quelle parole sudava in preda al terrore ed al panico. Master Daniele le aveva voltato le spalle e si affrettava verso il cancello che richiuse a chiave senza degnarla di uno sguardo. Lasciandola sola dentro il Parco Sempione, nel Centro di Milano, ma, per lei, peggio che in un bosco in aperta campagna.

Per più di un minuto rimase ferma, incapace di reagire. Ora sentiva di nuovo il freddo che ghiacciava il sudore sul suo gracile corpo. Quel vestitino rosso la riparava poco ed era visibile ad un chilometro di distanza. Certo, mi ha detto, metti quel vestitino rosso, proprio per essere visibile, non solo perché succinto e provocante. Si mosse a casaccio per i vialetti del parco. Si allontanò dalle luci passando su un ponticello che scavalcava un piccolo corso d’acqua. Tremante trovò riparo in mezzo a dei cespugli, si accosciò tra le foglie abbracciandosi per non disperdere il calore.

Le due coppie entrarono nel parco un quarto d’ora dopo di lei. Erano attrezzate diversamente. Sia le due donne che i due uomini indossavano vestiti scuri e pesanti. Scarponcini ai piedi, maglioni, e giacconi. Le due donne non avevano però rinunciato alla loro femminilità. Invece dei pantaloni indossavano dei leggings molto pesanti, mentre i loro maglioni scendevano fino a coprire le natiche.
Ogni Padrone ed ogni Padrona aveva con sé una torcia ed una mappa del parco, nelle tasche dei giacconi poi avevano manette, cellulare e un termos chi di caffè, chi di cioccolata calda. Insomma erano attrezzati per la caccia.
Confabularono un po’, poi si divisero il parco in quadranti. Renata, la Mistress matura prese il quadrante vicino alla Triennale, mentre Sara, la più giovane si avviò a passo svelto verso l’Arco della Pace, i due Master si divisero gli altri due, il Castello e l’Arena.

Anna stava battendo i denti quando alle sue spalle sentì uno strascicare di passi dietro di lei. I denti sbattevano così forte che Anna temette la sentissero, cercò di controllarsi, ma la mascella aveva vita propria, non ne voleva sapere di stare ferma. In più il cuore tambureggiava per la paura. I passi erano dietro di lei. Si voltò, ma non vide niente, solo il cespuglio che la copriva, guardò meglio, tra due cespugli si apriva una fenditura e lì dietro un’ombra. Anna si sentì persa, l’avevano già trovata. Poi l’ombra si agitò un po’, il rumore di un zip che scendeva. Anna pensò che la volessero stuprare immediatamente, ora sudava e tremava di paura. Poi frasi sconnesse da ubbriaco e lo scroscio di una pisciata che la colpì in volto e poi su tutto il corpo. Uno scroscio lungo, continuo che passava dalla fenditura tra i due alti cespugli e la centrava perfettamente sul viso e sul corpo. Anna non osava muoversi, era paralizzata, tirò indietro solo il viso per non riceverlo direttamente sul volto, ma di più non osò fare. Lei era una preda inerme, anche per un ubbriaco. Sembrava non volesse finire più, ma poi terminò, di nuovo zip e l’uomo si allontanò borbottando. Anna piangeva, realizzò che si trattava solo di un ubbriaco che si era liberato la vescica. Ma lì non poteva più stare, c’era un lago di orina e lei puzzava come una capra. Si allontanò china riducendo al minimo la possibilità di essere vista.

Renata scrutava meticolosamente davanti a sé con la torcia, sentiero dopo sentiero, dietro ogni cespuglio o anfratto. La Mistress era cosciente che sicuramente la preda si era allontanata. Probabilmente ora era in un altro settore, ma bisognava essere sicuri. Ogni tanto vedeva qualcuno muoversi, sicuramente barboni, ubriaconi o drogati. Non aveva paura di quei tipi, potevano intimorire solo i paurosi, bastava alzare la voce che sarebbero scappati via. In ogni caso aveva il cellulare e per ogni evenienza anche un taser nella tasca del giaccone. Renata era una bionda dai capelli fini e lunghi sui 40, esile e minuta, apparentemente fragile, ma con due belle tette. Era alta 165 cm e normalmente vestiva in modo elegante, ma severo. Gonne strette, tacchi alti, vestitini fini e raffinati che generalmente concedevano la vista del prorompente seno. C’era qualche movimento al margine della sua visuale, ma niente di rosso. Guardò dietro un cespuglio e vide un brandello di maglina rossa. E poi, per terra, la pozzanghera che si stava assorbendo. Puzzava, ma insieme alla puzza un odore più dolce. La troia si era profumata, ma poi si è pisciata addosso pensò Renata. Era lei indubbiamente, a terra c’erano chiari segni dei tacchi a spillo che affondavano nel terreno morbido. Poi la preda si era spostata sul duro e sul sentiero le tracce si perdevano. Chiamò in conference call gli altri e li ragguagliò. – Viene verso il centro del parco – disse il marito – ma tu stai attenta che non ritorni indietro, non abbandonare il tuo quadrante. –
Il marito di Renata, Alberto, andava verso i cinquanta, ma era perfettamente in forma, alto, robusto e snello, portava i baffi e questi insieme allo sguardo luciferino intimorivano non poco.

Erano le 23,30, era passata più di un’ora da quando Anna era diventata una preda. Puzzava, era ghiacciata ed avvilita. Il piscio si era raffreddato sul suo vestitino ed ora contribuiva non solo a farla puzzare, ma anche a raffreddarla. Si aggirava a casaccio in quel parco che non conosceva. Si teneva lontana dai vialetti, camminava sotto gli alberi rasente ai cespugli. Si addentrò nel buio, lì si sentiva più sicura e cercava di guardare lontano per vedere se c’era traccia dei suoi cacciatori. Così facendo non guardava invece dove metteva i piedi. Fu così che inciampò in un corpo avvolto in vecchie coperte e steso su dei cartoni. Cadde gridando terrorizzata, mentre l’altro bestemmiava svegliandosi e subito all’erta. L’uomo, una montagna di grasso puzzolente e con qualche rotella fuori posto le si avventò addosso urlando maledizioni in una lingua slava. Anna cercava di scusarsi, ma forse l’altro neanche la capiva e comunque appena vide quelle cosce bianche aperte ed invitanti si svegliò del tutto e cerco di metterla sotto. Anna urlò a squarciagola e l’uomo balbettò in un italiano stentato – zitta troia che ora ci divertiamo. – Anna ormai impazzita dal terrore gridò ancora più forte mentre il tizio cercava di tenerla ferma. L’uomo le mise una mano tra le cosce e quando sentì brancicando che non portava mutandine sorrise compiaciuto. – Lo sapevo che eri una troia – disse sghignazzando. Anna era nel panico e fece quello che non avrebbe mai fatto. In situazioni come quella si sarebbe paralizzata aspettando rassegnata il suo destino. Invece reagì rabbiosamente. Impaurita più dai rischi di malattie che dallo stupro in sé. Approfittando del fatto che il bestione aveva, per un attimo, allentato la presa per slacciarsi i pantaloni, gli tirò una pedata al basso ventre e scappò. Stavolta fu l’uomo a gridare piegandosi in due e giurando che gliel’avrebbe fatta pagare. Il bestione era però lento ed impacciato di suo, poi, con i pantaloni abbassati, era ancora meno veloce. Anna riuscì ad allontanarsi.
Era finita nel settore dell’Arco della Pace e tutto quel casino arrivò alle orecchie di Sara. La giovane Mistress intuì che tutto quel casino poteva essere provocato dalla sua preda e si precipitò verso il punto da cui le urla provenivano.
Sara era una moretta con i capelli a caschetto, aveva trenta anni, era più piccola e minuta di Renata, ma molto più scattante e veloce. In breve raggiunse il punto da cui provenivano le urla. Ci trovò però solo il bestione che, vedendo un’altra donna sulla sua strada, cercò di rimediare all’occasione persa provando a ghermire la nuova. Ma Sara molto più freddamente di Anna e per niente intimorita ripeté la stessa azione, con maggiore precisione e violenza. Questa volta il bestione si accasciò a terra proteggendosi i coglioni e mormorando – puttane italiane. – Sara si guardò intorno e vide un vestitino striminzito rosso che fuggiva. Cento metri più in là ai margini del prato. Si buttò all’inseguimento silenziosa ed implacabile. Anna, troppo presa dai suoi tormenti, non si era accorta di essere inseguita. Uscì dal prato, svoltò in un vialetto e poco dopo entrò in un boschetto facendo perdere le sue tracce. Sara, stizzita dall’aver perso la preda, comunicò agi altri gli eventi.

Il cuore batteva forte, in due ore aveva avuto due brutte avventure. Pensò seriamente di consegnarsi ai suoi cacciatori. Forse avrebbe corso meno rischi. Poi però prevalse l’orgoglio e la soddisfazione di aver reagito e dell’essersela cavata. Devo solo trovare un posto sicuro ed aspettare altre quattro ore, non più di cinque, pensava.

Erano passate altre tre ore. Anna era stremata, ma voleva resistere, altre due ore, si diceva e ce l’avrò fatta. Era entrata nel settore del Castello. Anna si era rannicchiata, cercando di non morire di freddo, tra una roccia ed un cespuglio che la riparavano da ogni sguardo, lì si sentiva al sicuro e si addormentò.
In effetti Anna non era visibile tranne che da un particolare ed improbabile angolo di visuale, ma il terreno umido e molle assorbiva nettamente le impronte dei tacchi a spillo. E queste le furono fatali.
Gianni puntò la torcia sulle tracce, certo potevano essere di chiunque, ma quante donne andavano al parco con i tacchi a spillo?
Era un trentenne, come Sara, sua moglie e compagna di avventure. Ma aveva un fisico robusto e longilineo.
Gianni spense la torcia per rendersi invisibile e seguì le tracce. Gli bastava la luna per vedere. Si mosse silenzioso e dopo venti metri la vide. Dormiva, era malridotta, nel sonno batteva i denti per il freddo e si agitava. Ha passato una brutta notte pensava Gianni, poi l’afferrò per una caviglia e la schiava urlò terrorizzata. In un attimo le due caviglie erano catturate da due anelli tenuti insieme da una corta catenella. Un ceffone convinse Anna a stare zitta. – Zitta troia – sibilò Gianni, – finalmente ti ho trovata. Zitta per il tuo bene. – Anna mugolava infelice, capì che era uno dei suoi cacciatori. Quello della coppia giovane e spietata come le aveva detto il suo Padrone. – Puzzi come una scrofa – continuò il suo nuovo Padrone, – ti sei pisciata addosso – affermò mentre la tirava in piedi e l’ammanettava. Anna non aveva nessuna forza per reagire, rassegnata si fece mettere in piedi. Il Padrone le strappò il vestito di dosso e la lasciò nuda. Il vestito era bagnato, di piscio pensò Gianni pulendosi le mani sui capelli di lei che avvilita e tremante lo lasciò fare senza reagire. Lui chiamò gli altri.
– Puzza come una capra – disse loro quando arrivarono, – forse più che pisciarsi addosso qualcuno gliel’ha fatta addosso o è caduta in una pozzanghera di piscio. Il suo vestito ne era tutto intriso. –
– E’ così? – chiese Sara.
– Sì, – rispose Anna balbettando, – ero rannicchiata in un cespuglio ed un ubbriaco… – Gli altri risero. Anna si sentiva tremendamente umiliata.
– Una latrina – commentò Renata, – proprio una latrina. –

Stava per albeggiare, Anna era nuda ed ormai al limite dello sfinimento. – E’ ora di andare – disse Sara. Si avviarono, Anna si muoveva con grande difficoltà sui tacchi ed incatenata. Stava nel mezzo tra Sara, Alberto e Renata che la sorreggevano, mentre Gianni era andato avanti a prendere la macchina. Durante il tragitto la palparono e la derisero, ma lei non reagì era ormai oltre ogni limite, totalmente domata.
La caricarono nel bagagliaio della macchina di Gianni e partirono, per ogni evenienza l’avevano imbavagliata.
– Ci vediamo stasera a cena – disse Sara a Renata, – ci sarà anche Master Daniele. –

https://novelleerotiche.wordpress.com/

Koss99@hotmail.it

https://www.kobo.com/it/it/search?Query=koss
https://www.amazon.it/Koss/e/B06WVH29MD

CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLE CAMS GIRL ITALIANE

Free porn videos

Leave a Reply