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Francesca trova il suo posto – Collana L’inferno e l’abisso Vol. V

By 8 Marzo 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

1 FRANCESCA RITORNA SCHIAVA

La storia ha inizio qualche anno prima, quando Master Daniele rapisce, fa sua e ricatta Anna trasformandola nella sua schiava e degradandola fino a trasformarla nel giocattolo sessuale suo e dei suoi amici.

Master Daniele è un Master maturo, un cinquantenne benestante e affascinante. Anna è una signora borghese, molto troia, ma che non trova il coraggio di dar luogo alle sue perverse fantasie di sottomissione. Mater Daniele, ricattandola, le dà modo di fare quello che ha sempre voluto, ma che non aveva il coraggio di fare.

Ma Master Daniele va oltre, seduce e fa schiava anche Francesca, la figlia di Anna. Le prove a cui madre e figlia, soprattutto Francesca, sono sottoposte sono umilianti e degradanti oltre ogni misura, le annientano. Le due schiave sono tenute in perenne eccitazione ed usate continuamente.

Dopo diversi mesi il Master si tiene Anna, ma non vuole costringere la giovane Francesca ad essere la sua schiava e la libera. Francesca ne approfitta e va negli Stati Uniti per un master di perfezionamento. Lì si rende conto di quello che in quei mesi ha scoperto e che quelle perversioni e quell’atmosfera le mancano. Negli USA sperimenta un nuovo ruolo, diventa Mistress, fa sua una bionda giovane e bella: Ely. Però, però le manca anche Master Daniele. Lo rivuole, ma su un piano diverso. Francesca ritorna con la bella schiava americana che ha fatto sua. Francesca la dona al suo Padrone. In cambio chiede di diventare la sua amante e la sua schiava preferita rimanendo Padrona di Ely che vuole condividere con lui. Il Master accetta le condizioni di Francesca, ma ben presto si rende conto che è indisciplinata, narcisa e bisbetica, priva di ogni elementare disciplina. Le prova tutte per contenerla e controllarla, ma deve ammettere che non ci riesce.

Nella storia entrano due giovanotti: Marco, il tamarro, ed il suo amico Carlo. Il Master li prende in simpatia e li svezza come giovani Master. Anna fa da nave scuola, ma i due padroncini in erba accedono anche a Francesca ed imparano. Approfittano delle debolezze di Francesca per punirla e farsela, naturalmente con il consenso e per volere di Master Daniele. Le uniche irraggiungibili dai due giovanotti sono Kristine, una schiava quarantenne, rossa ed elegante che Master Daniele aveva ceduto ad una coppia di amici e che si è ripresa quando questi si sono trasferiti a Londra; ed Ely, di cui il Master oltre che Padrone è diventato protettore e per la quale fin dall’inizio ha avuto un debole.

Il Master si ritrova con quattro schiave, su tre ha il dominio completo, la quarta, Francesca invece gli dà continui problemi. Fino a quando non decide di stroncarla.

E’ a Londra che Francesca conclude la sua triste parabola. Il Master la manda dai suoi amici Alberto e Renata, coniugi e implacabili dominanti, per annientarla.

L’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata la storia tra Francesca ed una bellissima schiava di nome Stefania. Tutto era iniziato con l’amicizia tra Francesca ed Eva, una stupenda lesbica dominante e padrona di Stefania. Le due padrone si divertivano, all’insaputa del Master, con le loro schiave, una condotta inaccettabile per il Master. Il gioco durò fino a quando Francesca non cercò di fare sua Stefania al di fuori del controllo di Eva. A quel punto il bubbone scoppiò decretando la sorte di Francesca. Francesca viene umiliata, punita e infine ripudiata. E qui la storia riprende il suo corso.

Francesca era una schiava bellissima e magnifica, ma dopo la terribile punizione che aveva subito per volere del suo ex Master era annientata, aveva subito tutto, aveva anche cercato di accontentarlo, ma si sentiva comunque una reietta, non era accettata, neanche dopo tutte le prove che ha dato. Prese le sue cose ed abbandonò la casa del suo ex Padrone decisa a cambiare ancora una volta vita. Francesca era ora una ventitreenne. Una schiava con un fisico portentoso, alta, bella, castana e piena di curve, il suo Padrone l’aveva lasciata andare a malincuore, ma non sopportava più il suo caratteraccio, l’aveva costretto più volte a punirla duramente, senza riuscire a domarla, ed ora non ne voleva più sapere.

Ely era senza parole, si limitò ad abbracciarla e Francesca non le disse una parola. La madre le chiese – ed adesso cosa farai? – Francesca non rispose neanche a lei.

La schiava sparì, affittò un appartamento che le servì anche come studio ed iniziò a lavorare come una pazza, per il resto conduceva una vita monacale. Per molto tempo nessuno ebbe notizie di lei, nessuno sapeva dove stava. Volendo Master Daniele l’avrebbe scoperto facilmente, Francesca doveva lavorare e molti dei clienti che aveva glieli aveva forniti lui, quindi volendo poteva sapere, ma non lo fece.

Carlo, il giovane Master, da sempre invaghito di quella schiava bella e ribelle, la cercò a lungo, non si dava pace. La schiava piaceva anche a Marco il tamarro che però non ne era ossessionato come il suo amico. Il tamarro aiutò Carlo nella ricerca, ma non la trovarono, non sapevano neanche se era rimasta a Milano. Francesca cambiò SIM mentre alle mail incalzanti di Carlo o a quelle imploranti di Ely semplicemente non rispondeva. Francesca rimase a Milano, ma nessuno sapeva dove stava.

Al Master, in fondo, la schiava mancava, ma in casa sua ora regnava la pace. Ely era sempre presente ed ora lavorava per lui, Anna e Kristine c’erano quasi sempre. Anna era la serva, Ely la sua collaboratrice e Kristine si prestava ad attività di segreteria quando lui ne aveva bisogno. La rossa spesso dormiva nel suo letto. Il master apprezzava molto Ely, ma Kristine era la sua schiava ideale, matura e sicura. Per un po’ aveva pensato che, nonostante la sua giovane età, quel ruolo potesse essere preso da Francesca, ma dovette prendere atto che era impossibile.

Alla fine gli sforzi di Carlo furono premiati, oltre ogni sua più rosea previsione. L’aveva ritrovata e l’aveva fatta sua. Francesca in fondo si ricordava che pur comportandosi fino in fondo come un severo, anche se inesperto, Padrone, Carlo, con lei, era stato sempre protettivo. La ragazza lavorava duramente, ma per il resto si sentiva spersa e vuota, nonostante tutto, sentiva che aveva bisogno di un Padrone. E quel Padrone era arrivato, la voleva fortemente.

Francesca era in ginocchio, accosciata, le natiche elegantemente appoggiate ai talloni, indossava una casta vestaglia da camera e ai piedi delle civettuole pantofoline. Era bellissima, truccata leggermente e pettinata perfettamente. In silenzio aspettava che il suo Padrone parlasse.

– Il mio primo giorno di lavoro è stato stressante. Ho bisogno di rilassarmi. –

– Sono a tua disposizione Padrone, dimmi cosa vuoi e l’avrai. –

Francesca dava al suo giovane Padrone del tu e a Carlo non dispiaceva, sarebbe stato ridicolo dopo i loro trascorsi che gli desse del lei, se non altro per la sua giovane età.

– Vieni qui schiava, sulle mie ginocchia. –

Felice Francesca si accoccolò sulle gambe del suo Padrone e si abbandonò sul suo ampio petto facendosi abbracciare e coccolare.

– Sei un Padrone magnifico e farai sicuramente una carriera straordinaria ed io ti aiuterò in tutti i modi. –

– Lo stai già facendo schiava. L’unica cosa che non devi fare è tramare e manipolare come facevi con Master Daniele. –

– Lo so padrone, era sbagliato, ma non perché manipolavo a favore del mio Padrone, ma perché ero infida e traditrice. Non lo sarò più. Ora sono fedele e sono tua. La tua schiava e non ti tradirò mai. –

– Sono lusingato schiava, – rispose sorridendo e con una certa ironia e autoironia Carlo, -so che bella come sei potevi scegliere chiunque. –

– Non ti sottovalutare Padrone, è vero sei giovane, ma sei diventato un giovane sicuro. Eri già affascinante e gentile e lo sei ancora. E quando ero nel mio punto più basso sei stato l’unico che mi ha dato aiuto. –

Carlo la fece scivolare sul tappeto e la baciò sulla gola, poi sulle labbra e poi…

Tempo dopo. – Ed il tuo lavoro come va? –

– Bene Padrone, giusto stamattina ho preso un bel contratto, il mio primo contratto preso senza l’aiuto di Master Daniele, prevedo per quest’anno di fatturare duecentomila euro, ma avrò molte spese, però qualcosa per tirare avanti mi rimarrà. –

Carlo stavolta rise di cuore. – Poverina, chi sa se ti rimarranno i soldi per comprati ancora scarpine da trecento euro. – Poi più serio. – Diventerai un buon partito. –

– Certo padrone, ma lo sono già. Ho questo bell’appartamentino di cui tu sei il padrone di tutto quello che c’è dentro, mio padre ha fatto un sacco di soldi ed io ne farò più di lui. Ma per ora non voglio sposarmi, mi piace essere la tua schiava 24 su 24 e senza che ci siano altri nel mezzo. –

Carlo le fece aprire le gambe e ricominciò, non si stancava mai della sua bella schiava.

Carlo ogni tanto vedeva il Mister ed ovviamente frequentava assiduamente il tamarro. Con quest’ultimo si vedevano anche a casa di Francesca o Carlo portava Francesca a casa di Marco. Il tamarro non ci aveva mai provato, vedeva che l’amico era molto possessivo ed anche se sapeva che non gli avrebbe mai detto di no sentiva che non era cosa, almeno non in quella fase. In quanto al Mister… sapeva, ma non aveva mai chiesto notizie di Francesca o manifestato interesse. Carlo ogni tanto ritornava sui suoi passi e si fotteva Anna, ovviamente non succedeva a casa di Francesca, quasi sempre da Marco. La vecchia gallina come bonariamente i due giovanotti la chiamavano gli aveva chiesto notizie della figlia ed aveva ottenuto risposte. Anche Anna era contenta che il padrone di Francesca fosse Carlo. Era giovane, ma lei che aveva contribuito più di chiunque alla sua crescita, più di tutti sapeva quanto era maturo e tranquillo. Forse lui l’avrebbe domata senza spezzarla come aveva tentato di fare quella coppia “inglese” ed anche il Master, sebbene con riluttanza e solo alla fine perché esasperato. Certo prima o dopo quella scapestrata dovrà trovarsi un marito come si deve, perché Anna sapeva benissimo che un conto era il sesso ed un altro il matrimonio. Anche Anna aveva subito l’isterica figlia, ma spesso le era piaciuto e comunque lei non poteva, nonostante tutto, non preoccuparsi della figlia. Lei aveva avuto il percorso inverso prima il matrimonio e poi il sesso, Francesca avrebbe fatto al contrario, prima il sesso e poi il matrimonio e magari poi ancora il sesso. Non ne può fare a meno, pensava Anna, è mia figlia e quindi è come me, lo cercherà sempre.

Un’altra che chiedeva notizie era Ely, Carlo le dava e riportava anche qualche messaggio. Francesca rispondeva affettuosamente, ma non voleva vederla, non al momento.

– Mia deliziosa schiava, non ho nessuna intenzione di tenerti chiusa in casa e controllarti, ma sappi che se mi tradirai… ci saranno conseguenze terribili. –

– Non ti tradirò mai. Ma quali conseguenze Padrone? –

– Mi costerà moltissimo, ma ti lascerò. –

– Davvero terribile Padrone. No, non succederà. –

– Ma in linea di principio non ti voglio proibire niente. Solo che mi dovrai chiedere e forse potresti essere persino accontentata. –

– Grazie Padrone, terrò a mente, ma per ora desidero solo te. So che ogni tanto ti scopi la vecchia gallina, ma non mi importa e poi il Padrone sei tu e puoi fare quello che vuoi. –

– Terrò a mente anch’io schiava. Ora vieni qui… –

Francesca non voleva vedere Ely, ma alla fine Milano è solo una città di un milione di abitanti e… s’incontrarono per strada. Si abbracciarono, furono molto affettuose, telefonarono ai rispettivi Padroni e decisero di passare la serata insieme.

Ely glielo disse al termine della pizza. Con Ely si finiva sempre con l’andare in pizzeria, la ragazza non era capace di molti giri di parole. – Prendimi ancora una volta Francesca, ti desidero. Sono disposta a tradire il Padrone per essere tua. –

– Io no Ely, non lo tradirò mai. –

Ely era molto delusa, quel rifiuto le faceva male ed ancora più male dopo che si era detta disposta a tradire.

Francesca vide tutta la delusione di Ely, anche lei la voleva, la sua ex prima e bellissima e dolcissima schiava. L’aveva anche maltrattata qualche volta, ma tra loro c’era un’attrazione reciproca irresistibile.

– Ok Ely, ti desidero anch’io, ma voglio il permesso dal mio Padrone. – Francesca lo chiamò.

Carlo le rispose di No.

– No? Padrone… – Francesca era incredula e molto delusa, ma non contestò assolutamente la scelta del suo Padrone, era cambiata.

– No, ma venite qui a casa, subito. –

Francesca ritornò a casa con Ely e lì trovarono Master Daniele.

Francesca era scioccata, rivedere il suo ex Master a casa sua la mise in agitazione, lui la guardava invece con un filo di ironia e di attesa. Francesca cercò di ricomporsi e di comportarsi da brava schiava, se il suo ex si trovava lì era perché il suo attuale Padrone l’aveva invitato e sicuramente stavano tramando qualcosa. Sapeva che prima o dopo sarebbe successo, erano amici e il mondo era piccolo, soprattutto quel mondo, anzi era miracoloso che non fosse già successo, sapeva che doveva prepararsi, ma non l’aveva fatto.

Carlo attese che la sua schiava si riprendesse, quando vide che Francesca aveva riacquistato il controllo di se stessa, sorridendo disse ad entrambe – Pensavate che non volessimo?… No, no, noi vogliamo, ma per niente al mondo ci va di rinunciare a vedervi mentre vi fate l’una con l’altra. Ci appartenete e quindi dovrete farlo per noi, più che per voi. –

Ely era sorpresa quanto Francesca, ma non scioccata, però temeva che il suo Padrone l’avrebbe punita. Invece lui le disse – vieni qui sciocchina e stai tranquilla. – La schiava si avvicinò timidamente, lui le diede un buffetto sulla guancia e la baciò teneramente sulle labbra, poi le ordinò di spogliarsi. La bionda era timida e anche se abituata ad esibirsi per il suo Padrone aspettava un ordine esplicito, doveva essere costretta, ubbidire.

Francesca era più esibizionista e si spogliò senza problemi, ormai si era ripresa, ma era cambiata, il suo atteggiamento era più calmo e dimesso. Però sapeva che doveva essere lei a prendere l’iniziativa, d’altra parte era l’ex Padrona di quella bellissima e bionda ragazzona che per molti versi continuava ad essere una stupenda imbranata. Doveva abbandonare il tono dimesso della schiava e ritornare a rivestire quello della Padrona. Se non l’avesse fatto Ely non si sarebbe sbloccata. Con calma si rivolse ad Ely.

– Vieni bella e fatti vedere bene, questi sono due Padroni esigenti e si aspettano da noi un grande spettacolo. – Carlo sorrise compiaciuto e orgoglioso della sua schiava.

Francesca ed Ely erano in piedi entrambe nude, vicine, una di fronte all’altra. Francesca mise una mano tra le gambe della bionda che arrossì, ma si sciolse anche perché un attimo dopo la lingua di Francesca penetrò nella sua bocca e lei genette di piacere, era da tanto che aspettava, anche Francesca si bagnò, da molto desiderava la lingua della sua ex, di quella bambolona bionda e bella che lei aveva svezzato facendone una donna ed una schiava, la sua schiava.

Le mise le mani sulle spalle e la costrinse ad inginocchiarsi, poi le mani sulla nuca e l’accompagnò alla sua fonte di piacere e quando sentì la sua lingua gorgogliò in estasi. I due Padroni assistevano compiaciuti ed eccitati. Erano molto belle ed il loro desiderio era contagioso. Ely ribolliva e Francesca era caldissima. Ormai le schiave si erano dimenticati dei loro Padroni. Solo Francesca guardò una volta felice e sorridente verso il suo giovane Padrone. Poi le schiave rotolarono sul tappeto e si avvinghiarono tra loro. Dopo si vedevano solo cosce e tette, culi e fiche ed era quasi impossibile distinguere quello che era di una dall’altra, anche se la pelle di Francesca era leggermente più scura. Francesca leccava e mordicchiava la fica della sua ex e la bionda faceva altrettanto in uno stupendo 69.

Poi Francesca prese la bionda per la coda di cavallo e portò la sua ex a contatto di labbra e mentre la baciava la mise sotto e iniziò a scoparla. La sua fica su quella della bionda, frizionandola e spingendo. La bionda allargò le cosce e la sentì ancora di più. Gemiti e gorgoglii, parole insensate e appassionate. Impossibile dire quante volte vennero entrambe, alla fine Francesca si accasciò sulla bionda che continuò a leccarla come una cagnolina sul viso e sotto il collo. Due gatte bellissime che facevano le fusa fino a quando non si abbandonarono una sull’altra inerti. I due Padroni erano strabiliati da quell’incredibile attrazione.

– E’ stato un delitto tenerle lontane tanto a lungo – disse Master Daniele incredulo davanti a quell’ardore e a quella passione che pervadeva ormai tutto l’ambiente.

– Vero – rispose Carlo che non trovava parole migliori per definire l’evento. I Padroni erano eccitatissimi, ma non trovavano il modo di staccare quelle due l’una dall’altra. Furono le schiave a sciogliersi e ritornare barcollanti verso i rispettivi Padroni seduti sulle loro poltrone. Entrambe si accoccolarono tra le loro braccia, avevano bisogno di ritrovarsi.

Dopo poco Ely guardava dalle parti di Francesca, le due schiave si sorrisero maliziosamente, si intendevano senza neanche parlarsi, forse si erano dette qualcosa mentre si prendevano, impossibile saperlo. Fatto sta che Ely ora guardava Carlo negli occhi, il contatto fu rapido, la schiava sapeva che non doveva fissarlo e poi lei era timida e timorosa, quindi distolse lo sguardo dopo qualche attimo, ma in quei pochi istanti Carlo lesse desiderio, passione, eccitazione.

Ely era timida, ma in fondo sapeva quello che voleva e sussurrò all’orecchio di Master Daniele – Padrone mi piacerebbe… –

Lui ne fu sorpreso, stava per scoparsela tanto era eccitato, ma di fronte a quella richiesta, della sua giovane schiava che quasi mai gli chiedeva niente, di fronte a quel desiderio forte ed impellente, le rispose – lo vuoi proprio, nessun uomo oltre a me è mai entrato dentro di te…, ma se lo vuoi… –

– Sì Padrone, ma solo se mi dai il permesso. – Anche quella del tu era un’eccezione che arrivava in momenti particolari. Quello lo era.

Francesca capì immediatamente e si fece da parte accosciandosi sul tappeto, mentre Ely avanzò verso Carlo balbettando – mi vuoi. –

Carlo allungò una mano verso la schiava e se la portò sulle ginocchia dove un attimo primo stava Francesca. Carlo non aveva bisogno del permesso di Francesca, ma, come detto, quella era una situazione molto particolare, quindi la guardò e lei gli sorrise e chinò il viso come a dire: prendila, so che la vuoi e a me fa piacere.

Il contatto tra i due fu elettrico, una scossa dolorosa e inebriante attraversò i loro corpi, poi lui la baciò sulle labbra e la schiava si consegnò a quel ragazzo bellissimo che la dominò subito e le succhiò l’anima. Francesca osservava da sottecchi e dentro di sé sorrideva, era felice per il suo padrone di cui era sicurissima e per la sua ex schiava che desiderava Carlo da tanto tempo senza mai avere avuto il coraggio di farsi avanti.

Il Master era sorpreso, fino a quel momento l’aveva tenuta per sé e l’aveva trattata con molto riguardo senza mai rinunciare ad usarla come voleva. Non si era mai accorto di quella attrazione, si domandava come mai. Master Daniele era comunque eccitato e non poteva negare che Francesca riusciva sempre a farglielo diventare duro, però, anche in quel caso la situazione era molto particolare e non voleva costringerla. Lui la guarda, lei guarda il suo Padrone, il suo Padrone le fa un cenno affermativo e lei si offre gattonando verso il suo ex Padrone. Il Padrone si sdraia sul tappeto accanto a lei baciandola.

– Mi sa che finalmente sei diventata una brava schiava, bellissima lo eri già, ora sei perfetta. Carlo sa come prenderti. – Francesca non risponde, solo le labbra sorridono, allarga le gambe e lo accoglie. In quella stanza c’era tutto quello che lei voleva, la sua amica Ely, il suo Padrone, il suo ex Padrone, beh, forse mancavano anche Stefy e Kristine. Ma prima o dopo le avrebbe riviste, lo sapeva e però temeva l’incontro con Eva. La Mistress l’avrebbe sicuramente umiliata ferocemente. Però lei ormai era maturata e avrebbe retto, ne era sicura, ma non fino in fondo. Eva quando voleva poteva essere molto perfida.

Poi non pensò più a niente, intorno a lei si sentivano gemiti e risucchi, ma forse non erano intorno a lei, forse era lei o lui, lei era sempre più calda e sempre più smaniosa ed ansimante.

Apparteneva anima e corpo a Carlo, ma quel revival con il suo ex era stupendo.

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https://www.amazon.it/Koss/e/B06WVH29MD Stefy era all’estero per una settimana, per lavoro ed Eva aveva bisogno di una schiava.

Eva non ci avrebbe messo molto a trovare una sostituta, c’era una fila di ragazze e signore che si sarebbero concesse volentieri e lei non si faceva scrupoli nell’approfittarne per qualche giorno, ma nessuna di queste la soddisfaceva completamente. O non erano affidabili o mettevano mille limiti alla sua autorità e lei non aveva tempo e voglia per addestrarne una nuova. Voleva a disposizione una schiava brava e bella e chi meglio di Ely. Master Daniele gliela cedeva volentieri e quindi da qualche giorno Ely terminato di lavorare per il Master la sera andava a casa di Eva ed era a sua disposizione.

In quel momento le stava leccando i piedi cercando di farla rilassare.

– Il tuo padrone mi ha detto che hai incontrato Francesca ed avete rinverdito i vecchi tempi. –

Ely era turbata da quel discorso, sapeva che doveva rispondere ed allo stesso tempo continuare il suo lavoro, leccare i piedi della Mistress.

– Si Signora è successo qualche giorno fa. – Ely riprese a leccare la pianta dei piedi di Eva.

La Padrona trovava divertente e commovente la sua dedizione, ma realizzò che l’interrogatorio lo sarebbe stato di più. Quindi mise il dorso del piede sotto il mento della schiava e la ricondusse in ginocchio.

– Guardami schiava. – Ed Ely la guardò negli occhi arrossendo.

– Come sta la tua ex Padrona? –

Ely titubò e si contorse, ma guardava sempre la Padrona negli occhi, faceva fatica a rispondere. Una frustata la colse sul seno e sul capezzolo, la schiava muggì di dolore.

– Rispondi stupida se non vuoi che ti faccia a strisce. –

– E’ la schiava del Signorino Carlo Signora, mi sembra che con lui stia bene. –

– Il signorino Carlo – rise Eva, – il tuo padrone mi dice che anche tu ti sei presa una bella cotta per lui, mi ha detto che ti sei comportata come una cagna in calore. –

Impossibile che il suo Padrone si fosse espresso in quel modo pensava Ely, ma le aveva raccontato quello che era successo, era evidente. Mentre pensava Ely, sempre più turbata non rispondeva e due frustate arrivarono in rapida successione, sempre sulle tette, facendola guaire.

– Rispondi quando ti faccio le domande, immediatamente. – Ed Ely rispose arrossendo imbarazzata, ma ormai sapeva che doveva farlo iiiimmmmediiiaaaatameeeente.

– Signora…, Signora…, il Signorino Carlo mi ha presa e… e devo ammettere che mi è piaciuto. –

– Sei una baldracca – chiuse il discorso Eva rimettendole il piede davanti alla bocca e riportandola al suo lavoro. Meglio leccare pensò Ely.

Qualche sera dopo Master Daniele invitò Eva e la sua stupenda schiava rossa, che intanto era ritornata, a cena. Anna serviva ed al tavolo con Padrone e Padrona c’erano Stefy e Kristine, Master Daniele aveva dato la serata libera a Ely che ne approfittò per uscire con amiche ed amici. Ad Ely piaceva essere la schiava di Master Daniele e anche di servire l’esigente Eva, ma ogni tanto anelava stare fuori dal loro controllo e potersi distrarre senza l’ossessione di sbagliare e di venire punita, anche perché spesso i suoi errori erano immaginari, soprattutto per Miss Eva.

Stefania e Kristine erano elegantissime. Le due schiave si piacevano e quindi ogni volta che c’era l’occasione di stare insieme non vi rinunciavano mai. Alle due schiave piacevano anche entrambi i Padroni, a Kristine piaceva anche Eva. Al contrario che con Ely, Eva con Kristine si limitava, non sapeva neanche lei perché, Master Daniele non le aveva mai dato nessun limite, sicuramente non aveva mai manifestato una preferenza diversa rispetto ad Ely, ma si vedeva benissimo che a Kristine ci teneva, ma non era neanche quello. Eva la strapazzava come strapazzava Ely, solo che Kristine era austera ed a volte algida, aveva un suo stile che le diceva fai di me quello che vuoi, tu sei la Padrona e mi piace quello che mi fai, ma ti concederò solo quello che voglio. Eva lo capiva e si incazzava, ma non lo faceva vedere, sarebbe stata una debolezza. La schiava solo con Master Daniele donava tutta sé stessa senza nessun controllo.

Sul finire della cena Eva chiese – Allora Master Daniele cosa vogliamo fare di queste due belle schiave? –

– Ho intenzione di mettere Stefania in qualche oscena posizione e fottermela come si deve. –

– Farò lo stesso con Kristine, ma la voglio attenta, quindi la metterò un po’ scomoda. –

Le due schiave arrossirono, ma non emisero fiato.

– E della vecchia carampana che facciamo – disse con leggerezza Eva allungando una mano tra le cosce di Anna.

– Ma guarda, la vecchia troia non porta neanche le mutandine. –

Il Master rise, – la porcella è sempre pronta. La vuoi usare? –

– Sì, ho in mente qualcosa per l’amichetta della mia vecchia amante. A proposito, hai avuto altre notizie. –

– Niente altro, dopo quello che ti ho detto, ma mi pare che sia migliorata e che Carlo la tenga sotto molto bene. Non mi pare che abbia più grilli per la testa, ma con Francesca non si può mai dire. –

Anna seguiva con attenzione i discorsi ed anche le altre due schiave avevano aperto le orecchie. Anna aveva allargato le gambe ed era ben lubrificata. Vediamo cosa questa puttanella vuole da me pensava la vecchia schiava che nonostante gli anni e l’uso che di lei avevano fatto in molti era in perfetta forma, magra e soda come una quarantenne. – E’ bagnata come una bagascia – commentò Eva lasciandola.

– Comunque, – il Master cambiò discorso, – tra quindici giorni vado giù nella mia tenuta in campagna, ho invitato Marco e Carlo con le loro schiave, quindi ci sarà anche Francesca. Ho una gradevole sorpresa per chi verrà. Mi tratterrò due settimane. Se vuoi venire pure tu? –

Eva ci pensò un attimo, aveva delle cose da fare, ma tutte rinviabili o anticipabili. Guardò Stefania che rispose – Signora devo guardare la mia agenda. –

– Guarda Stefy, ora, tra due minuti voglio una risposta. –

– Subito Signora – rispose Stefania alzandosi ed andando alla sua borsa da cui estrasse l’i-Pad e si collegò con il suo ufficio. Per tutto il tempo Eva la osservò accigliata e severa. Finalmente Stefania rispose. – Posso rinviare o anticipare tutto quello che ho da fare la prima settimana Signora, ma alla fine della seconda settimana ho alcune cose che non posso rinviare e neanche anticipare. –

– Ok, rientrerai prima – concluse la sua Padrona.

– Grazie Signora, mi farebbe piacere andare con la mia macchina. – Stefania adorava correre con la sua macchinetta super veloce.

Eva si alzò andò vicino alla sua schiava e la baciò sulla bocca. Stefania si sciolse come cera al fuoco, il bacio appassionato della sua Padrona la ricompensava di ogni suo perfido capriccio. – Bene schiava, spogliati e mettiti a disposizione di Master Daniele. So che lo adori, ma stasera sii appassionata con lui anche per me.

– Grazie Signora – e Stefania iniziò a spogliarsi. Il Master guardò Kristine che non ebbe bisogno di ricevere ordini, si stava spogliando anche lei.

Kristine era sdraiata sulla schiena, un grande cuscino sotto il suo fondoschiena, il pube offerto era esposto in alto, pronto per essere preso dalla diabolica Eva che indossato un notevole strap on stava per infilzarla. Dal seno di Kristine partiva una cordellina collegata ai due morsetti che stavano artigliando i capezzoli della schiava. Eva l’avrebbe tirata per tutto il tempo in cui l’avrebbe presa, voleva sentirla gemere di piacere e di dolore, non le avrebbe dato tregua fino alla fine dell’amplesso. Poi mentre si chinava su Kristine Eva intimò ad Anna, – voglio che mi lecchi il buco del culo mentre mi faccio Kristine. – Anna era pronta.

Master Daniele aveva fatto mettere Stefania carponi adagiata su un pouf, anche lei era esposta ed offerta, fica e culo a disposizione, mentre le abbondanti mammelle penzolavano nel vuoto dall’altra parte. Master Daniele si inginocchiò dietro di lei e la penetrò, poi la morse su una spalla e le strizzò le fenomenali tette. Stefania guaì soddisfatta.

Il letto di Master Daniele era un enorme king size che poteva contenere comodamente quattro persone.

Tra loro c’erano i corpi di due stupende schiave a dividerli, ma le dita delle loro mani. che passavano sopra le teste di Kristine e Stefania, erano intrecciate. So che un giorno scoperò con quest’uomo, forse l’unico che mi scoperà pensava Eva poggiando le sue labbra su quella mano.

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3 LA PRIMA VOLTA DELLA PULEDRA

Cinque anni prima.

La puledra trottava e sgroppava, sudava e rompeva, il Padrone implacabile la frustava senza pietà. – Su bella, manda quelle ginocchia in alto e mantieni il ritmo. – La puledra stava impazzendo dalla fatica, erano due ore che il suo Padrone la stava massacrando facendola trottare e tirandola per le briglie che passavano tra gli anelli di tutti i punti più sensibili del suo corpo, sentiva dolori lancinanti ai capezzoli ed al clitoride, mentre le grandi labbra stavano diventando insensibili. Trainare un calesse era stato il suo sogno, ed ora lo stava realizzando, ma il prezzo da pagare, se ne stava rendendo conto, era molto alto. Finalmente lui la mise al galoppo e lei poté liberare la sua potenza in una corsa selvaggia e rabbiosa. – Brava, brava, corri, corri, diventerai una campionessa. La mia campionessa. – Ed Helga corse come mai nella sua vita. Era in addestramento da una settimana e sentiva il suo corpo diventare ogni giorno sempre più forte, pronto e scattante, come mai prima.

Oggi.

Si chiamava Helga, il nome faceva pensare ad una giunonica, bionda e nordica, dominatrice. Niente di più sbagliato. Era una puledra. Alta era alta. Centoottantacinque centimetri al garrese, pardon, dalla testa ai piedi, scalza. Bardata arrivava a quasi due metri, e di nordico non aveva niente. Non era solo alta, era anche robusta, mora e di carnagione scura, due grosse tette ed un viso spigoloso, ma non brutto, diciamo interessante. Atletica, tutta nervi e muscoli, con un corpo scolpito, muscoli lunghi e forti, senza molte curve, ma armonioso. Il fisico di una ex atleta che aveva gareggiato ad alti livelli fino a venticinque anni. Il Master l’aveva conosciuta trentenne, ora ne aveva quasi trentacinque, ma era sempre in ottima forma. Helga non parlava, il Master non conosceva la sua voce, così aveva voluto lei. Si scambiavano sms o mail e così avevano preso tutti gli accordi iniziali e quelli che servivano di volta in volta.

Era già lì, al cancello della tenuta toscana che li attendeva scalpitante in una tarda e splendida mattinata di fine settembre. Quando il Master scese dalla macchina per aprire il cancello si rivolsero un cenno di saluto, neanche una parola, poi lei montò in macchina e seguì quella del Master giù per la valletta verso la casa. Su un’aia si affacciavano la casa Padronale, la casa della coppia asiatica che lavorava per il Master, una ex stalla che ora faceva da magazzino e una piscina, La strada continuava fino al mare, la discesa dal cancello al mare era quasi sempre dolce, tranne il tratto iniziale e quello finale e misurava circa un chilometro. Questa strada era attraversata, verso la metà, da un’altra, perpendicolare a questa che era lunga circa un paio di chilometri, poi c’erano innumerevoli sentieri. Sopra questa strada c’erano gli ulivi, sotto il vigneto che scendeva fino a poche decine di metri dal mare. Parcheggiarono le macchine, la mora scese dalla sua e seguì il Master verso le stalle, mentre Anna, Kristine ed Ely sparivano in casa. Dentro la stalla Helga si spogliò ripose ordinatamente la tuta che indossava in un armadietto e poi nuda seguì il Master verso uno stallo e la sua annuale trasformazione ebbe inizio, da donna a ponygirl. In parte donna, in parte puledra e comunque ridotta allo stato di bestia. Per due settimane, finimenti a parte, sarebbe rimasta sempre nuda.

I polsi le vennero legati dietro le spalle, in basso ed un collare con un lungo guinzaglio le venne applicato al collo, l’altra estremità legata ad un gancio. A terra c’era un giaciglio. L’ambiente non era né caldo, né freddo, era fresco. Comunque sul giaciglio era adagiata una coperta. Di lato, in un altro stallo, ce ne era un alto e quella era una novità. Quel rito veniva eseguito una volta all’anno ormai da cinque anni.

Per i primi tre anni Helga accettò solo la presenza del Master, al quarto anche quella di Kristine ed Anna. Quest’anno sarebbe stato diverso, ci sarebbe stata molta gente. Ma il Master l’aveva rassicurata con una mail in cui spiegava tutto. – Ho la situazione sotto controllo e tutti faranno quello che dico io. – Era anche la ragione per cui aveva invitato solo il tamarro e Carlo e non altri amici. Sui ragazzi sapeva di avere un ascendente e che avrebbero assecondato i suoi desideri fin nei dettagli. Lei aveva risposto con un’altra mail – mi fido di lei e da lei accetto di essere usata anche sessualmente, ma da nessun altro. Se ritiene che altri mi debbano usare come pony mi rimetto al suo volere. – Tranne l’ultima, che era una novità, erano condizioni già acclarate, ma lei ci tenne a ribadirle e lui a confermarle.

Il Master sapeva che continuava ad allenarsi e si teneva in forma, per il resto non sapeva niente di lei, neanche se era sposata e viceversa lei non aveva voluto sapere niente di lui, tranne che doveva avere un posto adatto, un carattere d’acciaio, e che gli doveva piacere quel gioco particolare. Helga era una purosangue, si muoveva con grazia felina e con la potenza di una giumenta nel pieno delle sue forze.

Lei ogni anno si recava lì solo per quel gioco e per una settimana, tranne la prima volta. La prima volta avevano passato da soli ben un mese intero. La ragione era che entrambi dovevano imparare quel gioco e che lei aveva davvero bisogno di essere domata ed addestrata. Helga non era facile, voleva fare quel gioco, ma la prima volta fu dura, fino a che il Master non la domò imponendole il suo totale dominio.

Anche questa volta sarebbe stato diverso, le settimane sarebbero state due. Lei si consegnava nelle sue mani. Si mettevano d’accordo per mail circa un mese prima, di solito il Master arrivava qualche giorno prima per i preparativi, questa volta erano arrivati insieme. Giorno più o giorno meno i due si vedevano dopo la vendemmia e prima della raccolta delle olive. Sul finire dell’estate o l’inizio dell’autunno. In quel periodo la coppia asiatica approfittava della pausa, per andare a trovare dei parenti dalle parti di Roma.

Cinque anni prima.

La prima volta la puledra aveva inviato un ultimo messaggio prima dell’incontro. “Il mio corpo, per l’occasione, è inanellato. Qualche giorno fa sono andata da uno specialista e me li sono fatti mettere. Prima di andare via li leverò. Ho due ampi anelli sui capezzoli e degli anelli più piccoli sulle grandi labbra e sul clitoride. Spero che lei ne sappia fare buon uso.” Lui rispose con un semplice ok. Certo che questa schiava è molto strana pensò.

Lui quando arrivò la guardò gelido, intuiva che con quella donna doveva essere duro e doveva farsi rispettare, il rischio era che quell’esperienza scadesse in una farsa, mentre lei, ed anche lui, volevano una cosa seria. La condusse nella stalla senza una parola e senza un sorriso. Lei sembrava impassibile, ma più volte si domandò se non era meglio chiuderla lì e tornarsene a casa. Poi si riscosse, mai pensò, l’ho desiderato tanto e forse ho anche scelto la persona giusta, almeno il posto è molto gradevole si disse. Poi si spogliò e si consegnò a quello che per un mese sarebbe stato il suo padrone assoluto. Sarebbe dipesa da lui in tutto e per tutto.

Il corpo nudo di Helga era magnifico e quegli anelli che adornavano il suo corpo erano stupendamente funzionali. Il Master ne era incantato, aveva studiato per poterla addestrare nel migliore dei modi e aveva acquistato i migliori finimenti.

Lei si era spogliata ed ora era nuda. Nessuna parola era stata scambiata. Poi lui la toccò e lei si irrigidì, ma non si sottrasse. Lui iniziò a bardarla e mentre lo faceva l’accarezzava e la blandiva come una bestia, lei iniziò a rilassarsi, ma era sempre molto guardinga. Poi le lego le mani dietro la schiena, molto in alto, praticamente sotto le scapole. Gli ci volle un po’ di tempo per bardarla, era la prima volta, nei giorni successivi ci mise molto meno.

Helga viene bardata con tutti i finimenti. Le stringhe che univano il morso alle redini scendevano verso il basso passando negli anelli dei capezzoli e poi ancora giù verso le grandi labbra, passando sempre per gli anelli e infine si ricongiungevano nell’anello che le era stato applicato al clitoride. Quando le mise il morso di cuoio in bocca lei scosse la testa ed ebbe la sua prima ribellione. Lui le strinse indice e pollice sul naso, lei aprì la bocca e lui inserì il morso. Poi la tirò per le cinghie e seno e fica si tesero dolorosamente. Lui le parlò come ad una bestia, non si aspettava nessuna risposta che infatti non ci fu. – Questo sistema non sarà necessario quando avrai imparato ad obbedire prontamente ai comandi – le disse il Master, – inizialmente è molto utile per controllarti meglio e lo applicheremo ogni volta che sarà necessario. – Lo era, ogni strattone alle redini si trasmetteva dolorosamente alla bocca della puledra e contemporaneamente ai suoi capezzoli e giù fino al clitoride. Helga lo sapeva e sapeva che non le conveniva ignorare quei comandi. E soprattutto capì che quel Master, anche se era la prima volta, che usava una puledra non l’avrebbe delusa. Da quel momento si sentì in buone mani e si affidò a lui con fiducia. Ma essendo anche per lei la prima volta ed essendo ribelle di natura non fu per niente facile. Il fatto che desiderasse diventare una puledra facilitava il compito solo in minima parte, come donna era testarda e bisbetica, come novizia era inquieta e recalcitrante. Dopo mezz’ora che era arrivata era comunque impotente e pronta per la sua prima lezione. Le calzature alte e senza tallone erano incredibilmente instabili, fino a quando non capì quale era la postura corretta. Anche lei aveva studiato, ma un conto era la teoria ed un’altra la pratica. Il Master le sussurrò – vedrai sarà dura, ma imparerai. –

La puledra voleva collaborare, l’aveva voluto lei, ma un conto era la fantasia ed un altro la realtà. Malgrado la buona volontà oppose una tenue resistenza, ma bastarono alcuni strattoni alle redini che si trasmisero attraverso le cinghie collegate a tutti gli anelli di cui era stata adornata e qualche frustata per convincerla ad entrare tra le stanghe del sulky. Ora Helga sudava ed ansava, si sentiva impotente ed avvilita, ma sgroppava. Il calesse ad un posto che trainava era molto leggero, le ruote erano ben oliate e giravano che era una bellezza. Il Master non le aveva dato molto tempo per riflettere, era già alle stanghe, al lavoro. Master Daniele le aveva spiegato cosa voleva da lei. – E’ semplice. Inizieremo al passo, poi ti metterò al trotto. Voglio vedere le tue ginocchia salire molto in alto, poi avremo un trotto veloce ed infine il galoppo. Poi ritorneremo al passo e così via. Per tutta la mattinata. –

In verità per più di un’ora Helga aveva solo camminato, era incerta e malferma, temeva ad ogni passo di cadere da quelle particolari calzature, ma poi riuscì a muoversi con una certa sicurezza e quindi Master Daniele la fece trottare per qualche minuto prima di rimetterla al passo. La volta successiva la fece trotterellare più a lungo e così via fino a quando la puledra non imparò a correre su quelle strane e pesanti calzature che lasciavano delle nitide tracce a ferro di cavallo sul terreno. Inizialmente, quando si era ritrovata tra le stanghe, si era rifiutata di trainare il calesse, quella volta Master Daniele la colpì sulle natiche con un pungolo. Quando Helga si mosse non lo usò più, ormai bastavano la frusta e le redini per farle fare tutto quello che voleva.

Helga era stanca, ma stringeva i denti sul morso rivestito di cuoio, perdeva bava dalla bocca e ciò l’imbarazzava non poco, ma continuava a trottare incitata dal suo istruttore. – Hop, hop, hop… – Ogni tanto si sentiva anche la frusta, uno schiocco sopra la testa della puledra che chinava la schiena e riprendeva a trottare con maggior lena, qualche volta la frusta l’accarezzava sulle spalle o sulle natiche, la puledra annaspava e cercava di capire dove aveva sbagliato.

Helga ripensava a quello che era successo solo qualche ora prima, quando Master Daniele nel sistemarle i finimenti l’aveva accarezzata bonariamente sul seno e sulle cosce e lei si era irrigidita. Pensava che per lei sarebbe stato facile realizzare quella fantasia, ma non era stato così. Per fortuna lui era un uomo sicuro e determinato, altrimenti avrebbe già abbandonato. Non le stava lasciando scampo, lei aveva detto che voleva essere trasformata in una ponygirl e ora lo sarebbe diventata anche a dispetto delle sue tardive ritrosie. Mentre l’accarezzava le parlò tranquillamente. – Vedrai che apprezzerai le mie carezze, non ne potrai fare a meno, saranno una delle poche gratificazioni giornaliere che avrai in questo mese. Quando non ti accarezzerò vorrà dire che non sono soddisfatto di te e dovrai temerne le conseguenze. Ti insegnerò come comportarti quando un padrone ti farà delle coccole. – La puledra capiva, ma sapeva che comunque si sarebbe ribellata.

Correre con le mani legate dietro la schiena e soprattutto con quegli stivali non era semplice, ma la frusta era un buon argomento e la puledra imparò velocemente. Soprattutto imparò a convivere con quegli stivali, inizialmente si mosse barcollante e ridicola, poi capì che doveva modificare tutta la sua postura. Doveva tenere la schiena diritta, la pancia in dentro, il petto in fuori ed il culo proteso indietro. Infine imparò che una puledra deve correre in modo totalmente diverso da come può correre una donna o un uomo. Già al secondo giorno diede netti segni di miglioramento e quella postura iniziò a diventarle naturale. Il calesse era in verità molto leggero e maneggevole. Il peso maggiore era quello dell’uomo, ma su quelle ruote perfettamente oliate era facile da trasportare. Più avanti la puledra sarebbe stata sellata e montata sul dorso, ma era ancora presto. Quello a cui era legata in quel momento era un calesse da passeggio, per una sola persona, quello che veniva utilizzato anche per le corse, quindi una cosa facile. Le mani e le braccia della puledra non erano mai libere, in alto o in basso, di dietro o davanti e quasi sempre indietro ed in alto, erano sempre incatenate. Anche quando mangiava, beveva o dormiva. Master Daniele la guidava dolcemente, le redini venivano tirate raramente e solo quando Helga non capiva immediatamente. Il suo istruttore è paziente, mai malevolo, la tratta come una puledra, e a questo si sta abituando.

Ogni mattina Helga si sottopone alla lunga trafila delle operazioni più comuni. Il Master le fa indossare i lunghi guanti dotati di tanti piccoli anelli, poi le porta le mani dietro alla schiena e la immobilizza. Quindi le fa indossare gli stivaletti e la porta alle latrine, infine la fa bere e mangiare. Al Master quelle operazioni non facevano molto piacere, avrebbe preferito avere una serva a disposizione e rifilarle a lei, ma non era stato possibile, Helga non aveva voluto altre presenze. Più piacevole era quando la spalmava di creme ammorbidenti e protettive. Helga aveva un bel corpo e per lui era eccitante prendersene cura, la desiderava, ma riteneva che fosse ancora presto per usarla. Riteneva che un rapporto più intimo in quel momento avrebbe distorto il loro rapporto uomo bestia. Infine la bardava di tutti i finimenti. I finimenti sono molto diversi gli uni dagli altri, quello più classico si compone di una robusta panciera con molti e robusti anelli da cui poi partono le più diverse fibbie di cuoio e pelle. Gli anelli più grossi vengono utilizzati per collegare la puledra al calesse. Molto importanti sono le fibbie che sostengono le mammelle, queste sono sempre scoperte, ma sempre sostenute per evitare che ballonzolino più del necessario durante la corsa. Per ultima viene applicata la coda. Il Master il primo giorno, mostrandola alla puledra, le fece vedere che era dello stesso colore dei suoi capelli e le fece anche capire che se non si comportava bene c’era un modo più crudele per applicarla sul suo corpo. La puledra tremò ed arrossì, la coda le fu applicata al retro della panciera. Infine ci sono le cinghie più importanti, quelle che le cingono la testa e che sono collegate al morso ed alle redini. Spesso, ma non sempre, non le vengono neanche risparmiate le campanelline applicate agli anelli dei capezzoli, qualche volta indossa anche il pennacchio. Infine, quando la puledra è pronta lui la porta fuori sulle piste o sul prato. Dal momento del risveglio a quando vanno fuori generalmente passano un paio d’ore, tutte le operazioni sono pianificate con cura e svolte meticolosamente.

La puledra corre per due o tre ore la mattina ed il pomeriggio.

La sera si ripetono tutte le operazioni inverse. In più viene portata nel locale docce per una breve, ma gratificante pulizia, che la ripulisce dal sudore e dalla polvere accumulata durante la giornata. La doccia riguarda in particolare le parti intime della puledra, per quello ormai dipende totalmente dal Padrone. La puledra, man mano che passa il tempo, sente che per ogni necessità, dalla sua pulizia a quella del suo box, dal mangiare al dormire, ha bisogno del Padrone. Helga è diventata riconoscente, ormai ha imparato a non farlo più arrabbiare ed obbedisce prontamente agli ordini. Helga ormai conosce perfettamente il luogo, le piste ed i sentieri su cui si allena correndo senza risparmiarsi e la stalla dove dorme, mangia ed il Padrone si prende cura di lei. Ormai è entrata nella routine, la mattina viene portata alle latrine, poi mangia, quindi viene massaggiata con creme protettive, ed infine viene bardata con i dovuti finimenti. La puledra, in ognuna di queste fasi è sempre immobilizzata per costrizione e per consentire al Padrone di poter operare con tranquillità. Quando mangia è messa in ginocchio davanti al trogolo e le mani vengono incatenate ad una sbarra fissata al pavimento. Quando viene massaggiata viene fatta piegare e legata con il guinzaglio ad un gancio fissato al pavimento. Quando viene bardata è legata per capezzoli ad un anello al muro e con i polsi inchiavardati dietro le spalle. Nella sala doccia di solito la puledra viene legata con le mani sopra la testa, in modo che il Padrone possa lavarla con comodo accedendo in libertà ad ogni parte del suo corpo.

Durante tutte queste operazioni il Padrone accede al suo corpo anche intimamente, molto intimamente: seno e capezzoli, fica e culo. Inizialmente a questi contatti lei si irrigidiva ed arrossiva, poi man mano che i giorni passavano si rilassò, infine tutti quei toccamenti e quegli sfioramenti la eccitarono. Quando però vide che lui si mostrava professionale ed imperturbabile si arrabbiò. Più lei smaniava e più lui si mostrava distante e distaccato. Non gli piaccio pensò, mi usa solo come una puledra, non farà mai sesso con me. Non era vero, al Padrone piaceva ogni giorno di più e se la voleva fottere, ma prima doveva domarla e farla sentire una giumenta.

Anche se non dimostrava, ma lo sentiva, desiderio verso la sua puledra, il Padrone mentre le spalma le creme le fa capire che si deve offrire, che quando il padrone la tocca tra le gambe lei le deve allargare. Non platealmente, ma quello che serve perché il Padrone, possa accedere alle sue parti intime. Il seno poi deve essere sempre offerto e le natiche sempre protese verso una carezza. Quando riceve una carezza o una coccola si deve dimenare felice e magari deve agitare la coda. Tutte queste spiegazioni solo in parte sono esplicite, più delle volte passano per incoraggiamenti e tocchi appropriati. Il Padrone le mette una mano tra le gambe e spinge la mano tra le cosce della puledra fino a quando lei non è costretta ad allargarle. – Solo un po’. Brava, così, vedi è facile. – La puledra all’inizio si vergognava e si ribellava, faceva finta di non capire, ma il Padrone quando è necessario ha sempre un frustino vicino o un guinzaglio con cui tirarla per i capezzoli o per il clitoride e quando è arrabbiato sa come punirla. Una notte la legò per tutti i suoi anellini e la costrinse a dormire in piedi. Guai a lasciarsi andare in quelle condizioni. Una sola notte fu più che sufficiente per piegarla. Dormire sdraiata sul giaciglio le sembrò la cosa più desiderabile del mondo. Dalla mattina dopo la puledra non si oppose più, anche perché il Padrone in fondo non diede mai modo di voler usufruire delle sue grazie e quello per la puledra iniziò ad essere un mistero. Le creme che ammorbidiscono il corpo della puledra lo rendono anche scintillante e bello, le parti intime appaiono costantemente lucide e lubrificate. Spesso, anche durante gli allenamenti, la puledra si sente eccitata e le sue parti intime secernono umori e con essi odori inconfondibili. La puledra arrossisce di vergogna, poi piano piano si abitua anche a quello e continua a correre, corre sempre più veloce per la gioia del suo Master. La puledra ora sta bene, ha finalmente ottenuto quello che voleva. No, ancora no, non tutto quello che voleva. Vuole essere montata, non capisce perché il Master glielo nega, non si ritiene così brutta.

La puledra, dopo le schermaglie iniziali, ha imparato ad apprezzare il suo Padrone, desidera che si prenda cura di lei. Che l’accarezzi con amore mentre le spalma la crema o che le allacci i finimenti nel modo giusto, non troppo molli, ma neanche troppo stretti. Il padrone è contento della sua puledra. Ogni mattina la massaggia con le creme più profumate e non trascura neanche un centimetro del suo corpo, sulle parti intime e sulle mammelle ci mette particolare attenzione. Sotto quelle carezze Helga freme, i capezzoli rizzano e le mammelle si gonfiano, la vagina stilla qualche gocciolina di piacere e l’ano si dischiude malinconicamente. Anche quando il Padrone le mette addosso i finimenti, La puledra gode del suo tocco sicuro e leggero. Il Padrone sa che potrebbe giocare a lungo con quel corpo che ormai si consegna arrendevole e facile nelle sue mani, ma si è ripromesso di controllarsi. Per i primi quindici giorni Helga non deve godere. A Helga non è ovviamente neanche possibile masturbarsi, soffre, vorrebbe farlo, almeno quello, ma quando è sola ha sempre le mani legate in modo che non possa farlo. Pensa che sarebbe degradante, ma è giovane e vorrebbe trovare uno sfogo. Più volte l’ha fatto capire al Padrone. Quando lui la tasta tra le gambe, lei dopo le prime volte, in cui per vergogna e dignità le ha tenute strette, e dopo aver imparato che doveva allargarle, ha infine sempre atteso trepidante qualcosa di più del semplice massaggio, ma il Padrone glielo ha sempre negato. Per lei è dura, ma poi corre e dimentica tutto e la sera è molto stanca per pensare ad altro.

Sono passati solo quindici giorni ed Helga è diventata un’altra, a lei sembra che siano passati mesi, d’altra parte ha anche perso la nozione del tempo, la routine e l’addestramento l’hanno assorbita completamente. Si ricorda solo della prima notte da incubo, quando dopo averla fatta mangiare il Padrone spense la luce e chiuse la porta della stalla. Non era una frignona, anzi aveva carattere, ma quella notte voleva piangere. Poi sentì l’auto che risaliva la collina e si allontanava. Dove va? Pensò, e se gli succede qualcosa, chi mi libererà? Scacciò quei pensieri, ma era dura, voleva compagnia. Le notti successive era troppo stanca per pensare e dopo il pasto si sdraiava e dormiva, la routine iniziava all’alba: latrine, pasto, massaggi, vestizione ed addestramento.

Oggi.

Dopo averla sistemata il Master l’ispezionò come un animale, il suo animale preferito, le passò le mani sulle cosce e sui polpacci per sentire la sua forza, poi sul suo seno e sui capezzoli, tirò leggermente gli anellini che ogni volta la puledra indossava per l’occasione, indugiò un attimo sulla sua fica e la puledra vibrò al contatto, i muscoli tesi fino ad un attimo prima si sciolsero e lei per qualche secondo tremolò sulle gambe, poi si ricompose sotto lo sguardo compiaciuto del Padrone che le passò un dito tra le labbra e sulla chiostra dei denti. Il Master era soddisfatto. Le diede un’ultima strizzata alle tette ed uscì lasciandola sola e leggermente eccitata. Piena di aspettative per i giorni che sarebbero venuti.

– Ci vedremo nel primo pomeriggio – le disse come parlando a se stesso e chiudendo la porta della stalla.

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