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Il furto.

Eravamo rientrati a tarda ora, l’aereo da Atene era partito in ritardo, ma finalmente, a mezzanotte, eravamo a casa, ma c’era qualcosa che non andava…la serratura della porta blindata era aperta e la porta era chiusa solo dallo scrocco della serratura di servizio: impossibile che partendo ci fossimo dimenticati di chiudere bene..l’angoscia ci prese entrambi: vidi mio marito impallidire mentre spingeva la porta: entrando nel disimpegno non si notava nulla, e anche in soggiorno era tutto normale…ma la nostra camera da letto era stata rivoltata come un calzino: tutti i cassetti del comò e dell’armadio erano accatastati intorno al letto, sul quale erano invece affastellati tutti gli abiti: giacche, pantaloni, cappotti, anche la mia pelliccia sintetica…in un angolo il cassetto dove tenevo i gioielli, ovviamente svuotato, idem quello dove mio marito teneva i suoi orologi: addio Rolex, addio Panthère di Cartier: pensare che ero stata incerta se portarmelo dietro…ma poi avevo pensato che sarebbe stato più un problema che altro: per una settimana ad Atene, da passare visitando musei e siti archeologici, un costoso bracciale non avrebbe avuto nessun significato e adesso se n’era andato .. insieme a qualche anello e qualche paio di orecchini: i regali di Natale di mio marito in vent’anni di matrimonio: mi venne da piangere, ma più per la violazione della nostra casa che per la perdita materiale: in fin dei conti non avevamo una vita sociale particolarmente intensa e quindi non poter sfoggiare gioielli diversi nelle rare occasioni in cui incontravamo i nostri amici non mi sembrava un danno così grande: mentre facevo queste considerazioni mio marito si affacciò sulla porta della camera. “Mi hanno rubato il portatile…” Santo cielo, era un vecchio Sony Vaio, aveva quasi 10 anni, sai che perdita…chissà cosa ne avrebbero ricavato sul mercato dei computer rubati…forse 50 euro…intanto, con l’istinto della casalinga, avevo già cominciato a mettere a posto i cassetti, infilando al loro posto calze, mutande e canottiere: sai quanto me ne importava del pc di Andrea…
“Mah, sai…nell’hard disc c’erano…. mmm … le tue foto … anche quelle…mmm…hai capito…”
Occazzo…non dirmi che quel coglione di Andrea aveva lasciato nel pc le foto che ogni tanto gli permettevo di farmi…sì, perché quel cretino di un feticista andava matto per la biancheria sexy: reggiseni aperti davanti, mutandine con lo spacco centrale, calze e reggicalze…scarpe con tacchi esagerati (non riuscivo nemmeno a farci un passo…le mettevo, poi mi piazzavo in poltrona o sul divano e lui mi fotografava ovviamente mi voleva truccata come una professionista…del marciapiedi, magari con una parrucca color platino (io sono castana ma ho gli occhi verdi)…con gli anni aveva anche voluto che la mia patatina, quando mi fotografava, fosse tutta bella depilata e che magari mi ci infilassi un bel sex toy: insomma se qualcuno che non mi conosceva avesse avuto sott’occhio quelle foto si sarebbe fatto l’idea che fossero quelle di una matura (ho 40 anni) “escort” alla ricerca di clienti.
“Cosa vuoi che ti dica? Bravo? No, sei stato un cretino, immagino che non le avrai nemmeno protette in una cartella con una bella password di 14 digit tra minuscole, maiuscole, numeri e segni speciali…”
“Beh, dai, chi vuoi che ti riconosca…”
“Razza di scemo, se uno sa da dove viene il pc non ci metterà più di trenta secondi a domandarsi se la persona della foto abita dove il computer è stato rubato…basterà che si metta qui davanti alla mattina e mi vedrà uscire: certo, non sarò bionda platino non avrò il tacco 12 né la minigonna di pelle, ma visto che nel nostro condominio abitano praticamente solo pensionati e l’unica che alle sette della mattina esce per andare a scuola sono io….hai capito il casino in cui mi hai messo??”
Il coglione non rispose: se ne stava lì, con gli occhi bassi, e non sapeva cosa ribattere. Ero stanca morta, speravo di arrivare a casa, farmi una doccia e buttarmi a letto, mentre le valigie le avrei disfatte domani e invece mi trovavo a riempire cassetti su cassetti con biancheria e a riappendere vestiti nell’armadio, volevo piangere: tutto il beneficio di una settimana senza cucinare, senza rifare i letti, insomma senza tutto il contorno della vita di una donna che lavora se n’era andato vedendo la mia camera sottosopra e in più c’era il problema del pc di quel cretino di mio marito…. Dopo una mezz’ora mi accontentai di avere liberato il letto, senza nemmeno fare la doccia mi spogliai, mi misi il pigiama che avevo in valigia e mi infilai sotto le lenzuola: non riuscivo ad addormentarmi ma almeno stavo sdraiata al buio….
Devo precisare che non mi importava granché che qualcuno vedesse le mie foto, non sono quella che si definisce “una santa”, ho scoperto il sesso a 16 anni e prima di mio marito ho avuto un bel po’ di “fidanzati” che mi tenevo magari solo per qualche mese, ma con i quali facevo le mie brave “scoperte”, quello che mi preoccupava è che queste foto potessero finire sotto gli occhi di qualcuno con cui sono in contatto per il mio lavoro, quello sarebbe stato un vero casino.
Dopo poco mio marito si infilò anche lui nel letto e chiudemmo così la giornata.
Il giorno dopo Andrea andò a sporgere la denuncia alla polizia, degli orologi aveva le garanzie con il numero di matricola e dei gioielli più importanti aveva le foto sul telefono, e le passò su una chiavetta da lasciare insieme alla denuncia, aveva anche la fattura del pc con il numero di matricola, lasciò tutto all’agente che accettò la denuncia, rispose alle classiche domande su chi avesse le chiavi oltre a noi, (nessuno a parte il portinaio, peraltro fidatissimo) e se avessimo “dei sospetti” su chi potesse aver compiuto il furto e se ne tornò a casa, dove io avevo appena finito di rimettere tutto in ordine e di lavare la biancheria: appena in casa iniziò la lagna delle scuse per “come era stato stupido” che “non dovevo preoccuparmi perché nelle foto non ero riconoscibile” e altre varie stronzate tanto per tenermi buona: mangiammo senza quasi parlarci, e passammo il pomeriggio svuotando le valigie.
Il rientro a scuola per me e in ufficio per Andrea ci travolse e del furto subito ci dimenticammo in fretta: da Pasqua ci ritrovammo a giugno senza colpo ferire.
Stavo finendo gli esami della terza e c’era un frenetico scambio di email con i colleghi, ma ad un certo punto mi accorsi che nella casella di posta che usavo per le comunicazioni scolastiche c’era una mail con un indirizzo strano: “muhammar.23cm”: pensando a qualche mail pubblicitaria stavo per cestinarla, ma visto che c’era un allegato l’aprii e lessi il testo:
“Salve prof!! Si ricorda di me? Sono Muhammar! Sono passati tanti anni, direi almeno 6 o 7, ma mi ricordo sempre di lei: era bravissima ad spiegarci le cose e, credo di poterglielo dire, era proprio bbona, con quelle zinne che ci toccava solo immaginare, per non parlare del suo favoloso culone… ma adesso non devo più sforzarmi: un amico ha comperato un vecchio portatile e c’ha trovato dentro un sacco di foto: solo che lui non sapeva di chi fossero, ma io…modestamente l’ho riconosciuta subito e devo dire che vista così è ancora più figa di come la immaginavo! Guardi le foto che le ho allegato: mi ci sono fatto subito una bella sega, ma poi mi sono detto: visti i cazzi finti che lei si prende, sono sicuro che apprezzerebbe anche un bel cazzo lungo e duro come il mio! Non sia timida, le ragazze che l’hanno assaggiato sono rimaste sbalordite: sono sicuro che a una MILF come lei piacerà un sacco: aspetto sue notizie, (mi trova su Skype, sono Muhammar23cm!) mi raccomando non mi faccia aspettare troppo, che ho già detto ai miei amici che ce ne sarà anche per loro!”
PS: “ immagino che preferisca che le foto ce le guardiamo tra di noi, piuttosto che le vedano i genitori dei suoi nuovi alunni, giusto?”
Ecco fatta la frittata: proprio quel mezzo delinquente di Muhammar Al Rashidi doveva mettere le mani sul pc di mio marito! Me lo ricordavo eccome, Muhammar: aveva ripetuto la prima media, poi si era messo a studiare: non era mica stupido e in matematica e scienze aveva dei bei voti…era uscito dalle medie con il consiglio di iscriversi al liceo scientifico, caso unico in quell’anno, adesso doveva avere 20 anni…me lo ricordavo magrissimo e lungo lungo…ommamma..non ho detto “alto”, ho detto “lungo” … il dr Freud avrebbe una spiegazione… sono proprio scema… certo che con questa mail potrei andare alla Polizia postale e denunciarlo.. ma se tra la denuncia e quando lo beccano manda in giro le mie foto…? Immaginarsi se non le ha copiate su chiavette varie..la polizia lo becca e lui dice agli amici di metterle in rete…poi nega di averle mai avute…a proposito..non avevo guardato l’allegato…. Apro…e mi ritrovo agghindata come una porno star, con gli stivaloni di vernice nera, truccatissima, calze nere e reggicalze…e la figa spalancata mentre uno dei giocattoli preferiti di Andrea un coso di gomma nera gonfiabile a dimensioni assurde era appoggiato sulla mia coscia destra … lucido di lubrificante, ma per chiunque sarebbe potuto essere lucido dei miei umori…mi ricordavo quella volta: eravamo in campagna, dove abbiamo una casa, i ragazzi dovevano essere in Inghilterra…Andrea era arrivato da Milano e appena sceso dall’auto mi mostrò, trionfante, gli stivali e un pacchetto “anonimo”: ovviamente c’era dentro un sex toy …diverso dal solito: “Si gonfia!” disse il maniaco, “te lo puoi infilare piccolino e poi, a mano a mano che ti ecciti..lo gonfi in modo di sentirti bella piena! Pensa come diventerà la tua fighetta: una figona da porcona!” Era la prima volta che mi onorava di un simile epiteto…e qualche ora dopo, quando smise di fotografarmi per scoparmi, capii che quella parola lo faceva impazzire: mi diceva “sei la mia porcona..” e gli diventava più duro..”anzi, sei la NOSTRA porcona…”e gli veniva ancora più duro… se ero stanca di sentirmelo addosso dopo che, lo ammetto, ero venuta due o tre volte con quel fantastico giocattolo, dovevo solo dirgli “sì, sono proprio la VOSTRA porcona…” e lui veniva all’istante!

Mi ero lasciata andare ai ricordi, ma io avevo un problema: come fare ad evitare che le mie foto finissero nelle caselle mail di colleghi e genitori dei miei allievi? Era chiaro che se avessi ceduto al ricatto di Muhammar mi sarei ficcata ancora più nei guai: prima di tutto perché niente mi garantiva che le foto non finissero ugualmente in rete, secondo perché figuriamoci se con i telefonini di adesso non sarei stata fotografata in ogni momento…allora sì che sarei stata veramente nei guai, anche con mio marito!
Mi presi un po’ di tempo per rispondere, decidendomi a chiamare solo un paio di giorni dopo l’arrivo della mail.
Uscendo da scuola dopo gli scrutini finali, era il 30 giugno, mi fermai in macchina in un parcheggio di un centro commerciale e, molto titubante, digitai “muhammar23cm”: il classico suono a due toni di Skype risuonò all’interno della mia macchina per vari minuti…speravo già che non rispondesse nessuno, ma all’improvviso sentii una voce che diceva:
“Finalmente, profe! Mi vedevo già costretto a condividere le tue foto con il mondo intero! “
“Non scherzare, Muhammar, non devi nemmeno pensarci!”
“Ma per carità, è l’ultimo dei miei desideri, io voglio condividere la tua bella figona, non le tue foto … con gente che poi nemmeno le apprezzerebbe…”
“Calma, innanzitutto non intendo essere condivisa, nè tanto nè poco, e quanto al resto è vero che mi troverei nei guai con la mia preside, ma anche tu non la passeresti tanto liscia…”
“Ah,ma se è per quello che ti preoccupi ti tranquillizzo: da un paio d’anni non vivo più in Italia, anche se ho i miei interessi ancora lì, e quindi ogni tanto ci vengo:dimmi un po’, i professori hanno ancora l’abitudine, alla fine della scuola di uscire a cena tutti assieme?”
“Beh, sì…”
“ E quando sarà quest’anno?”
“ venerdì sera…”
“Perfetto! Sai cosa facciamo? Ti mando a prendere venerdì sera…diciamo alle 10 e mezzo? La cena sarà già finita e se sei con la tua auto dovrai solo seguire quella del mio amico, in 10 minuti sarete da me!”
Non sapevo cosa dire, potevo facilmente immaginare cosa sarebbe successo se fossi andata a casa di Muhammar, ma speravo di tergiversare fino a quando sarei stata in una posizione diversa riguardo al fatto che mettesse in giro le mie foto.
Gli dissi: “spero di poter uscire senza dare troppo nell’occhio, dì al tuo amico di non venire troppo vicino all’ingresso, digli di mettersi in modo da vedere la mia macchina, una Citroen C3 azzurrina…quando mi vedrà salire farà un lampeggio con i fari e io lo seguirò”
“Brava profe, sapevo che saresti stata ragionevole, ci vediamo venerdì!”
Mancavano tre giorni, dovevo ancora fare gli esami a una ventina di alunni, poi ci sarebbe stata la riunione per decidere promossi e bocciati e finalmente, anche per quest’anno sarebbe finita: ci saremmo trovati fuori a cena nella solita trattoria dove qualche volta si andava a mezzogiorno, quando le riunioni d’inizio anno impedivano di andare a casa a pranzo: un posto alla buona, ma alla sera poco frequentato.
Per tre giorni cercai di trovare un modo per salvarmi dalla situazione ma non ne venni fuori e quindi mi preparai per una brutta serata: i colleghi, euforici per la fine della scuola, non si accorsero che non partecipavo granchè alla baldoria, e quando alle 22:30 mi scusai dicendo che avevo un tremendo mal di testa, misi 30 euro nel cesto per la cena ed uscii nel parcheggio: mi guardai intorno e puntai verso la mia macchina: appena premuto il tasto del telecomando le 4 frecce brillarono per un attimo e i fari di un suv nero parcheggiato a una decina di metri lampeggiarono due volte: il mio accompagnatore mise in moto ed io lo seguii: dopo un paio di km sulla provinciale, ad un semaforo girammo a destra per poi proseguire per qualche minuto su una stradina in mezzo ai campi: fortuna che eravamo a fine giugno, a metà settembre ci sarebbe stata un nebbia da tagliare col coltello…come si usa dire…il suv mise la freccia a destra all’altezza di una villetta: il lampeggiante del cancello si accese, e noi entrammo in un cortile dove altre due auto erano parcheggiate: parcheggiai dietro ad un’auto sportiva e scesi: un ragazzo uscì da una porta e mi venne incontro: “Profe, si accomodi, aspettavamo solo lei!” Da come si comportava poteva essere anche lui un mio ex alunno, ma non mi veniva in mente nessuno: se era stato in classe con Muhammar ed erano passati 7 anni…da 13 a 20 anni il cambiamento era stato totale: arrivai alla porta ed entrai: odore di fumo, ovviamente non di tabacco, musica forte ma non esagerata…mi ritrovai in un salotto con mobili anni ’70, c’era anche un tavolo da bigliardo al centro della sala: probabilmente i proprietari erano morti e gli eredi avevano venduto o affittato la vecchia casa a qualche nuovo arrivato…
Ma io cosa ci facevo in quel posto?? Mentre mi facevo questa domanda una voce nota mi arrivò alle orecchie: “Profe!! Che piacere vederla! Ragazzi!!! È arrivata la nostra profe! Guardate che figa è ancora!! Vi ricordate quando cercavamo di vedere le sue tettone? Ehi, profe, ma sono cresciute ancora? Dica la verità, se le fa massaggiare tutti i giorni, vero? Ma non con le mani! Ahahahahah” Tutti erano scoppiati a ridere…il rumore era assordante: mentre cercavo di tapparmi le orecchie Muhammar passò dietro di me e mi afferrò le tette con le mani:
“Ah, sììì, sentiste come sono pesanti…dì, profe, ma quanto pesano ‘ste bocce, un kg l’una? Dai, adesso faccele vedere! “ Cercai di divincolarmi ma non avevo speranze, la forza del ragazzo mi sovrastava.
Senza che potessi impedirglielo mi sfilò dalla testa la maglietta, lasciandomi in reggiseno: tutti i presenti (ma quanti erano? Continuavano ad aumentare!) lanciarono un urlo, che fu immediatamente ripetuto quando Muhammar mi slacciò il reggiseno, facendomi uscire le tette dalle coppe: cercai di coprirmi, più per istinto che altro, ma le mie braccia vennero bloccate dalle mani di Muhammar, che mi obbligò a tenerle alzate sopra la testa: a quel punto tutti i ragazzi si avvicinarono e cominciarono a palpeggiarmi, strizzarmele, tirarmi i capezzoli, torcerli: cominciai a gridare, a dire che mi facevano male, che dovevano smetterla, ma finchè non fu Muhammar a farli smettere dovetti sopportare ogni tipo di maltrattamento: qualcuno, non riuscendo a toccarmi davanti mi stava letteralmente impastando le natiche, mentre sentivo che i pantaloni scivolavano sempre più in basso: quando furono a terra qualcuno mi obbligò ad alzare prima una gamba poi l’altra per poi buttarli in un angolo mentre le mutandine facevano la stessa fine: appena mi ebbero nuda le urla raggiunsero il parossismo: potevo sentire solo qualche frase: “io le faccio il culo!” “voglio sfondare la figa della troia!” “io le pompo un litro di sborra nello stomaco!” capii che non avevo speranza: ormai nella sala ci saranno stati almeno 20 ragazzi, e se Muhammar mi avesse lasciata nelle loro mani sarebbe stato tanto riuscire a tornare a casa viva! Sentivo varie mani che cercavano di farmi aprire le gambe, qualcuno mi tirava i peli, qualcun altro cercava di infilarmi due dita nella figa e nel culo, dopo un istante mi ritrovai sollevata da terra e portata sul tavolo da bigliardo: mi guardai intorno alla ricerca di Muhammar, per chiedergli di salvarmi da quel branco di assatanati: finalmente incontrai il suo sguardo e lo vidi alzare una mano: “Fermi tutti, la profe per ora è mia: portatela nel mio ufficio!” ci furono parecchi mugugni, qualcuno cercò di agguantarmi in qualche modo, ma evidentemente l’autorità di Muhammar non ammetteva disobbedienze: mi ritrovai sdraiata sul piano del biliardo, poi due ragazzi più alti degli altri mi aiutarono a scendere e mi accompagnarono al piano di sopra, spingendomi in una grande camera da letto, dove Muhammar mi aveva preceduto: “Benvenuta nella mia umile dimora, profe! Non sai come sono contento che tu sia qua…” Non so come trovai il coraggio di rispondergli: “Il piacere è tutto tuo! Sai bene che non sono venuta qua di mia spontanea volontà!”
“Ma cara profe, se le tue foto – a proposito chi è che te le fa? Non credo sia tuo marito…- sono arrivate proprio da me è un segno del Destino: vedi, tu nelle foto ti atteggi a grandissima troia e chi si trova a guardarle? IO, uno dei tuoi più fedeli ammiratori! Se questo non ti sembra Destino, con la D maiuscola …….. è stato il Destino che mi ha fatto avere le tue foto… a proposito…in diverse foto hai un cazzo in bocca…ma mi sembra che non sia sempre lo stesso…: sei sicura di non avere nulla da confessarmi? Non sarà che la nostra integerrima profe ha qualche vizietto…e a farti le foto sono diversi fotografi? Ma vabbè, di questo parleremo più avanti, adesso, visto che sei già “vestita” come si deve vieni qua!” e indicò lo scendiletto su cui erano appoggiati i suoi piedi: il porco aveva solo una maglietta e un paio di boxer, che prima che io fossi inginocchiata dove mi aveva voluto erano già volati via:
“Ecco, profe, è tutto tuo, sai cosa devi fare, vero? Non mi deludere!”
Il cazzo che mi veniva piazzato davanti alla faccia era veramente cospicuo: non particolarmente grosso, ma veramente lunghissimo, con una cappella violacea che contrastava con la pelle chiara e una decisa curvatura verso l’alto che lo faceva svettare ancora di più: lo presi in mano e mi parve che al contatto con la mia mano vibrasse: poi gli alitai sopra infine gli diedi una leccatina alla cappella: poi lo presi bene dentro alla bocca: mi aspettavo che Muhammar mi afferrasse la testa e mi costringesse a prendermelo tutto, ma per fortuna non lo fece: considerato che lo tenevo con una mano stretta intorno e che piano piano l’avevo fatto entrare più che potevo ma tra la mia bocca e la mia mano ci sarebbe stato spazio per l’altra mano, che però mi serviva per non perdere l’equilibrio, ero consapevole che se mi avesse obbligata a prenderlo tutto avrei avuti dei tremendi conati…ma sapevo che a certi uomini è proprio questo che piace: sentire gli spasmi della gola sulla cappella!
“Oh, brava profe, fai con calma, non voglio venire subito…voglio impiegare un bel po’ a venirti in bocca…così la sborrata che ti scaricherò in gola….ah, siiiì, così….ti riempirà lo stomaco….”
Lo confesso, forse per il sollievo per essere scampata alla violenza che temevo di dover subire quando mi avevano piazzata sul biliardo, avevo deciso di collaborare al massimo: feci uscire dalla bocca il cazzone e lo leccai fino alle palle , sfiorando il buco del culo: in fin dei conti anche se ero diventata una professoressa di matematica e scienze all’università avevo avuto diverse occasioni per fare pratica e uno dei miei “fidanzati” aveva uno spiccato spirito “didattico”: fare un pompino ad Alberto poteva richiedere anche mezz’ora e alla fine avevo i muscoli della mandibola indolenziti, oltre che la lingua consumata, infatti la storia con Alberto non durò più di un tanto: giusto il tempo di farmi dire: “Ah, adesso sei diventata veramente una grande pompinara!” e il “professore” venne scaricato, con grande gioia di quelli a cui l’avrei preso in bocca negli anni a venire! Insomma, mettendo in pratica le regole che avevo appreso 20 anni prima (ma che non avevo mai completamente “messo da parte” ) stavo riuscendo a fare un bella figura anche con il porco che mi aveva costretta a mettermi a sua disposizione. Infatti dopo pochi minuti di trattamento lo sentii gridare “ah, no, nooo….” mentre un fiotto di sborra mi arrivò sul palato: non era una gran quantità di roba, evidentemente, per mia fortuna l’amico non era precisamente in astinenza: appena fu venuto feci un sacco di versi, come se stessi inghiottendo una tazza di cioccolata, diedi anche qualche colpo di tosse, per fargli credere che mi stessi soffocando…insomma…”la soddisfazione del cliente prima di tutto!”
Non ne potevo più di stare in ginocchio e mi alzai, mentre il destinatario di tanta dedizione si lasciava cadere di traverso sul letto: decisi di segnare un punto a mio favore, chiedendogli con tono sfacciato: “Il signore è stato soddisfatto?” Lui si strofinò gli occhi e rispose: “Ma che razza di troia sei? Mi ha fatto un pompino che nemmeno le puttane di Tangeri….”
“Lo prendo come un complimento, ma non credo che tu mi abbia convocata qui per farti fare un bel pompino, mi sbaglio? “
“Certo che no! Io ti voglio montare come la vacca che sei merita! Sali sul letto e mettiti come immagino che tu sappia di dover fare!”
Salii sul letto e mi misi a quattro zampe, badando a tenere le ginocchia ben allargate: se il signorino credeva di potermi insegnare qualcosa gli avrei fatto vedere che non ero certo una novellina!
Muhammar si piazzò ai piedi del letto, e mi strofinò il cazzo sulla figa: la posizione che mi aveva imposto era quella a me più conveniente, perché pur avendo un cazzo veramente molto lungo non sarebbe riuscito a sbattermi troppo forte sul fondo della figa…cosa che comunque io gradisco abbastanza, mentre non mi piace troppo avere dentro un cazzo così grosso da allargamela.
“Cazzo, profe…ma qui sei un lago!! Ma sei proprio la troia che speravo! Toh, beccati questo cazzo!”
Con una spinta me lo infilò dentro in un sol colpo: in effetti, a parte i giocattoli con cui mio marito mi “preparava” quando scopavamo, che erano veramente lunghissmi, il cazzo del mio arabuzzo era anche lui veramente lungo…ma messa a pecora, oltre a potermi muovere in avanti avevo il mio bel culone che impediva a Muhammar di entrare veramente a fondo… davo per scontato che di lì a poco mi avrebbe afferrato le tette per darmi il ritmo della scopata: per cercare di rendere la cosa un po’ più rapida, (era pur sempre quasi mezzanotte e speravo ancora di arrivare a casa prima che mio marito cominciasse a preoccuparsi) quando sentii le sue mani afferrarmi le tettone esplosi in un “Aaargh sììììì, pompami forte porco!” Ehehehehe…il ragazzo sarà anche stato con parecchie ragazze, magari anche con qualche professionista, ma modestamente ……infatti dopo quattro o cinque stantuffate lo sentii immobilizzarsi, annaspare un po’…per poi venirmi dentro e subito dopo lasciarsi cadere sul letto a corpo morto…”
Lo seguii lasciandomi cadere fingendo di ansimare come se a scoparmi fossero stati in quattro (oddio… no….speriamo che mi lasci andare come “sua esclusiva proprietà”…) speravo che si mettesse in testa di avermi fatto toccare vette paradisiache di paicere…a questo scopo aggiunsi una frase che fa sempre il suo effetto: “Dio, mi hai rovinata..ma cosa c’hai lì, un trapano elettrico?” Il pollo ci cascò in pieno, arrivando a chiedermi: “Ma ti ho fatto male? “ Per non esagerare risposi : “Un po’…..davi di quelle spinte che temevo che mi sfondassi…”
“Eh. Sì lo so, ce l’ho bello lungo…lo dicono tutte…”
“Ah, immagino..ma ce l’hai una ragazza fissa? “
“Ah, no, per carità…le prendo, le adopero per un po’ e dopo…via, sciò…”
“Ma non hai paura che qualcuna resti incinta?”
“Ma profe….proprio lei che mi ha insegnato i segreti del controllo delle nascite…basta non scopare nei giorni fertili…tanto di fighe ne ho finchè ne voglio, poi se proprio ho voglia di una in particolare…posso sempre …entrare da dietro, ti pare? Anzi, adesso che mi ci fai pensare…ma tu come sei messa sul fronte “culo”?”
“Fermo lì, non ti allargare: mi hai scopato abbastanza bene, ma se hai intenzione di trapanarmi anche il culo ti dico subito che devi prendere un appuntamento: non vorrai mica tirarlo fuori ricoperto di “cioccolato”…come un gelato, vero? “
“Mah, pensavo che poi me lo potresti ripulire ..ci sai fare con la lingua…”
“Scordatelo: ci so fare con la lingua ma con i denti anche di più!”
“Uh, come sei suscettibile…vabbè torneremo sull’argomento più avanti…ma intanto aspetta che ti faccio sistemare un po’ la foresta che hai in mezzo alle gambe…”
Prese il telefono e chiamò un suo amico “per il servizio completo”: dopo cinque minuti si presentò un ragazzone con in mano una borsetta: l’appoggiò sul comodino e tirò fuori un pennello, del sapone e un rasoio:
“Forza bella, mettiti bene con le ginocchia piegate e le gambe larghe, per oggi andava bene anche così, ma a me piacciono le fighe belle lisce…”
Sarebbe stato inutile protestare, avevo tutto l’interesse a uscire da quella stanza ancora in buoni rapporti con Muhammar: mi sistemai a favore di luce e lasciai che il ragazzo procedesse: aveva un tocco delicato, sapeva come si rade una figa, evidentemente era la sua principale funzione, terminato il lavoro mi applicò del Prep e se ne andò senza profferir verbo.
A quel punto avrei molto gradito di essere lasciata libera di tornare a casa, ma non sapevo come dirlo a Muhammar: feci un solenne sbadiglio e gli chiesi: “dormo qui o me ne torno a casa?”
Lui non si aspettava una domanda così diretta e rimase un po’ perplesso, ne approfittai per chiedere: “No, perché in entrambi i casi avrei bisogno di mettermi addosso qualche cosa..”
Muhammar era ancora indeciso sul da farsi, ne approfittai per rincarare la dose: “Sai, dovrei anche spiegare a mio marito perché non torno…non sarebbe contento se gli dicessi che dormo con una delle mie vecchie classi….”
“Eh, sarebbe una bella notte…pensa ci sono quasi tutti i tuoi alunni della seconda e terza E”…
“Ecco, appunto, decisamente troppi, fin qui non ci sono lamentele, ma sarebbe un attimo passare il segno…e mandare le mie foto ai genitori dei miei attuali alunni tutto sommato sarebbe sempre meglio di una gangbang con 20 energumeni, lo sai anche tu…quindi se chiedi a qualcuno di portarmi i miei vestiti….”
Stavo bluffando, ma la situazione era quella: se fossi stata costretta a subire un trattamento multiplo da parte di ragazzini che molto probabilmente erano in grado di ripetere un atto sessuale ogni dieci minuti per ore e ore non ne sarei uscita bene..e lo sapevano anche loro: rischiavo che per non farsi beccare mi facessero sparire, magari mandandomi in Marocco con una di quelle navi che scaricano i migranti a Lampedusa..o anche peggio.
Non so come il mio bell’arabetto si lasciò convincere in fretta: sempre col telefono chiamò il ragazzo che mi aveva rasato la figa e mi fece riportare i vestiti: qualcuno doveva essersi fatto una sega nelle mutandine e nelle coppe del reggiseno, ma era roba da pochi euro dal cinese vicino a casa, la indossai con la ferma intenzione di buttarli nel bidone del nero e finni di vestirmi: scesi le scale accompagnata da Muhammar che mi affidò allo stesso ragazzo che mi aveva portato fin lì perché mi riportasse fino al ristorante, mi liquidò con una pacca sul culo dicendomi: “Adesso che la scuola è finita tieniti libera… ti chiamo presto!”
Arrivai a casa che erano quasi le due, ma non era la prima volta che le cene di fine d’anni finivano tardi: mio marito era a letto, anche se sveglio: lo so che se non mi può tenere una mano sulla figa o sulle tette non si addormenta e quindi dopo una rapida doccia e non prima di aver buttato la biancheria nella spazzatura, badando a metterla bene in fondo, mi preparai a fare addormentare il pupo…
L’indomani mattina, sabato, eravamo entrambi liberi, ne approfittammo per andare a fare una lunga passeggiata al parco delle cave, a pochi minuti da casa: lungo la strada del ritorno comprammo qualcosa da mangiare e una volta sparecchiato vidi negli occhi di Andrea quel tipico bagliore di quando ha voglia di scopare; non è che io fossi proprio entusiasta, ma non potevo certo negarmi…ma dovevo trovare una giustificazione per la mia passera depilata di fresco…..
Beh, oramai la frittata era fatta, il “lavoro” era stato eseguito a modo, per cui mi preparai la storia di un nuovo centro estetico nel paese della scuola, appena inaugurato e gestito da una mia ex alunna…
Come d’abitudine dopo una pennichella di una mezz’oretta Andrea iniziò a dare segni di vita: prima accarezzandomi le tette, che è un preliminare cui raramente sono disposta a rinunciare, e poi facendo scivolare le dita sulla quella che ama chiamare “bella figona”: appena sentì che ero bagnata mi sfilò le mutandine e prese la valigetta dei giocattoli: “Con chi vuole cominciare, madame? “
Decisi che non mi sarei nascosta dietro a un dito: “Sai…mi piacerebbe che venisse a trombarmi un giovanotto..non più di vent’anni…ma dotato, molto dotato soprattutto in lunghezza…ovviamente duro..molto duro…e resistente, molto resistente…uno che va avanti per un sacco di tempo…dissi tutto con aria sognante… “
Andrea non aspettava altro: aprì la “valigia dei sogni” e ne estrasse un cazzo di gomma sui 4 cm di diametro e almeno 25 di lunghezza: la consistenza era quella di una gomma da bicicletta appena gonfiata: un aggeggio che non si sarebbe piegato di sicuro mentre me lo prendevo ..e mi avrebbe fatto sicuramente godere più volte: aspettai che Andrea lo spalmasse con un po’ di crema e poi me lo sarei preso dentro:
“Ma cosa è successo? “ il maritino si era accorto che ero depilata….
“Beh sapevo che ti sarebbe piaciuto e ho approfittato di un centro estetico in paese..ha appena aperto e lo gestisce una mia ex alunna…”
“Bellissima idea, bisogna dare respiro alle economia locali…mmm, proprio brava la ragazza…” subito dopo afferrò il sex toy:
“eccoti servita, porcona: un bel cazzo di un giovanotto che adesso ti sfonderà la figona!”
Avrei fatto volentieri a meno di quella colonna sonora, ma sapevo che senza a mio marito non sarebbe venuto duro…nonostante l’uso delle pillole contro la disfunzione “del rettile” invece che “erettile” come dicevamo per sdrammatizzare…
Di solito ero io a dire come volevo che lo muovesse, ma stavolta lasciai che fosse lui a decidere: sapendo bene quello che mi piace sapeva che non doveva mai farlo uscire, che doveva invece tenerlo sempre bene dentro, magari dando dei colpetti secchi appoggiandomelo bene sul fondo della figa…: in effetti ieri sera non avevo permesso al siluro di Muhammar di arrivarmi in fondo: con l’allenamento che la mia figa faceva con i vari sex toy ci sarebbe potuto arrivare solo se fossi stata sdraiata supina con le gambe rialzate, non certo montandomi “ a pecora” e quindi avevo proprio voglia di sentire “qualcuno” che mi batteva dentro bene in fondo…ecco, il cazzone cominciava ad essere a contatto con la mia cervice…dio, che bello…e forse sarebbe stato ancora più bello se a batterci contro fosse stato un cazzo vero…non mosso da una mano, ma da un corpo giovane, nervoso, tutto muscoli, con una schiena in cui piantare le unghie mentre mi faceva venire…”aaah, aaah, sì, sì, così, non fermarti, dai, dai, ancora …SFONDAMI LA FIGA!!!!!!!!!!!!!!” Non ero solita esprimermi subito così..di solito era una frase che usavo per aiutare Andrea a venire … quando magari cominciavo ad essere stufa di sentirmelo ansimare addosso con il cazzo che cominciava ad ammosciarsi: conoscevo alcune frasi messe a punto negli anni di cui conoscevo i risultati: “Sono la vostra porcona” detto quando mi scopava dopo avermi fatto godere con un paio di giocattoli diversi faceva sempre un ottimo effetto, ma anche “ Oggi … è venuto… a trovarmi … un senegalese… con un cazzo lungo… nero e duro… che me l’ha sfondata” detta con Ma quella volta la frase magica mi era uscita di getto, senza calcolo: era quello che VOLEVO dirgli, perché capisse che qualcosa era successo, che la mia mente era lontana dal letto coniugale…era in una villetta sovraffollata di ragazzotti, che mi avevano spogliato e mi avrebbero subito dopo violentata a turno o a gruppi .. ma che erano stati fermati dal loro capo, che poi mi aveva fatto fare senza costrizione, tutto quello che IO desideravo fargli…ero stravolta, il cazzo finto che mio marito mi agitava nella figa era diventato quello di Muhammar, era vivo, si muoveva ormai freneticamente e io mi sgrillettavo in un orgasmo continuo…quando finalmente rimasi senza fiato, con la bocca secca, mentre con una mano cercavo di fare uscire il serpente di gomma che mi aveva fatto godere in modo esagerato sentii Andrea che mi diceva: “Accidenti, ti è piaciuto, cocca! Te lo sei tenuto dentro per quasi un’ora! Guardai la radiosveglia…era vero, erano quasi le cinque del pomeriggio….quell’aggeggio che gradivo, ma come preparazione ad un rapporto con mio marito quel pomeriggio era diventato una persona ben precisa…
Mentre Andrea si toglieva i pantaloncini e si preparava a mettermelo dentro volli giocare sporco: “Vuoi controllare i danni?” Era una frase che lui aveva detto in un paio d’occasioni e che l’aveva fatto eccitare parecchio: decisi di rendergli le cose più che facili: “ Eh, mi sa che la troverai parecchio diversa…il ragazzino si è divertito parecchio..e del resto io continuavo a venire…” nel frattempo sentii la cappella dell’uccello di mio marito entrarmi nella figa: giocai un altro asso:
“Ma…sei dentro? Non ti sento…” per poi mettermi a ridere
“dai, non spaventarti…lo sento, lo sento…certo….”
Andrea si bloccò:
“Certo cosa?”
“ Eh…lo capisci, no? “
“Capisco cosa?”
“Che la forma della mia figona è cambiata…il ragazzino col cazzo lungo, duro e resistente si è agitato dentro per un tempo infinito e me l’ha modificata, ma non geneticamente!”
Continuavo a fare la spiritosa, forse il sollievo per il pericolo, che la sera prima avevo sì sfiorato ma anche scampato, mi rendeva ilare come una teen ager.
Andrea dovette “concentrarsi” per poter portare a termine la sua parte:
“Certo che gliel’hai proprio data senza remissione…è vero, la forma è cambiata:non sei tanto larga, ma sei fonda, fondissima…”
“Vorresti dire che me l’ha sono fatta SFONDARE?” Sapevo che questa trovata gli sarebbe piaciuta…😉
“proprio così, porcona, il ragazzino ti ha sfondato quella figa da porca che ti ritrovi: e chissà se mai tornerà della sua forma originale!”
Avesse saputo che a breve un ragazzotto mi avrebbe fatto di nuovo il servizietto e che questa volta non avrei cercato di limitare i danni, ma me lo sarei goduto come quel bel cazzone lungo meritava, mio marito sarebbe venuto all’istante, non potendo dirglielo così brutalmente pensai bene di usare un’altra delle frasi che lo facevano impazzire:
“Ti prego… dopo che vieni (la grammatica in certi momenti va sacrificata) mi fai scopare ancora con quello di prima?”
“Ah, porcona, vuoi fare il carosello di cazzi, sei proprio una grandissima porca!”
“Sì, sììì, il carosello di cazzi, uno che lo tira fuori dopo avermi sborrato la figa e l’altro che me lo mette dentro…e scivola nella figa piena….”
Com’era prevedibile la miccia era ormai molto corta: altre due spintarelle e …puff: missione compiuta: marito soddisfatto! Restava solo da riprendersi ancora per un paio di minuti il cazzone lungo lungo….: in realtà non è che ne avessi ancora voglia, ma sapevo che ad Andrea piaceva molto ri-infilarmi il cazzone con cui avevo goduto prima che con lui…
Avevo silenziato la suoneria del cellulare e quindi non avevo sentito le chiamate su Skype: ce n’erano tre, a 15 minuti di distanza una dall’altra: il primo messaggio era “neutro”: “Ehi profe, ci vediamo stasera?” il secondo metteva più pressione: “Guarda che ti devo parlare, cosa cazzo stai facendo?” il terzo era francamente minaccioso: “Senti troia, quando ti chiamo rispondi! Stasera trova il modo di liberarti, ti aspetto alle 21:30 al ristorante”
La faccenda stava diventando spessa: la scuola era finita, gli esami pure, ufficialmente ero in ferie fino a settembre: cosa avrei potuto dire di credibile a mio marito( che dopo la rapida scopata si era addormentato come un bambino)?
Non avevo molto tempo: per essere al ristorante alle 21:30 sarei dovuta uscire al massimo alle 21:00, erano le 17:30, volevo prepararmi con calma, ma dovevo cucinare qualcosa, e soprattutto dovevo trovare una scusa…decisi mandare un whatsapp ad una collega che mi doveva più di un favore…certo, il favore che le avrei chiesto non aveva nulla a che vedere con la scuola, ma non avevo altra scelta: contattai Daniela e le spiegai che dovevo vedermi con un’ amica che era antipatica a mio marito e quindi avevo bisogno che lei mi fornisse un alibi: avrebbe dovuto telefonarmi con la scusa di un lavoro di preparazione di un libro scolastico: avremmo dovuto incontrare l’editore, che era di Verona e quindi sarebbe stato a Milano solo per oggi, ovviamente cancellai il messaggio, raccomandandole di fare altrettanto Daniela non si fece pregare, mi avrebbe telefonato di lì a una mezz’oretta, spiegando che non poteva venirmi a prendere perché la sua auto l’aveva prestata al figlio: la storia mi pareva potesse reggere, almeno per quel giorno dato che Andrea non aveva ancora motivo di sospettare nulla.
Mandai un messaggio su Skype a Muhammar scusandomi per il ritardo, dovuto alla necessità di trovare una scusa e promettendogli che sarei stata puntuale all’appuntamento: la risposta non tardò ad arrivare: “Brava troia e già che ci sei, cerca di venire vestita in maniera un po’ meno da profe e più da vacca da monta, capito?”
Ecco un’altra difficoltà: sarei dovuta uscire in versione medio elegante per poi cambiarmi lungo la strada..per fortuna il “little black dress” scollatissimo, le calze a rete, il reggiseno leopardato e i sandali dorati col tacco 12 non necessitavano di molto spazio: li potevo infilare nello zaino del pc, trovare il modo di cambiarmi poteva essere un po’ più complicato..ma avrei risolto strada facendo.
Mi misi in cucina e poco dopo le 18:30 il mio cellulare suonò: per fare in modo che Andrea sentisse bene misi il vivavoce e “ continuai a trafficare: “Ciao Dany, come stai? “
“Bene Franchina, ti devo dare una notizia importante: sai quell’editore a cui avevo proposto il libro in cui hai collaborato anche tu? “
“Ah, sì…ti dirò me n’ero completamente dimenticata…hai saputo qualcosa?”
“Sì, il tizio è a Milano fino a domattina con la sua editor e vorrebbe incontrarci…”
“Di domenica?”
“No…sarebbe per stasera…a cena…”
“Ossignore..siamo state fuori ieri sera..un’altra cena…”
“Eh, hai ragione, anche per me è un po’ un problema … ma se cominciamo a fare le difficili …sai con la concorrenza che c’è….”
“Sì, sì, capito…aspetta che ne parlo con Andrea….”
“Amoreee…mi ha chiamato Dany, per quel libro….”
“Quale libro? “
“Massì, il libro di scienze, non ti ricordi…”
“Francamente no, ma qual’è il problema?”
“Che un editore sarebbe interessato, ma dovremmo incontrare lui e la sua editore stasera a cena…”
“Noi chi? “
“Ma io e Dany!”
“Ah, credevo che ci dovessi venire io…va bene, no problem..io mi faccio mandare una pizza, tu a che ora esci?”
“alle 20:30, devo passare a prendere la Dany che è senza macchina…”
“Ok, ok, ordino la pizza in modo che arrivi appena sei partita…”
Il maritino aveva risolto tutti i suoi problemi: aveva scopato nel pomeriggio e avrebbe mangiato una pizza (con un paio di birrette) alla sera: una giornata da non dimenticare! 😊
A quel punto non avevo più niente da fare, visto che al mattino avevamo fatto una bella camminata la doccia non avrebbe destato sospetti, mentre mi vestivo “da prof” afferrai qualche pezzo adeguato al dopocena insieme a fard, rossetto, mascara …e salviette struccanti…far passare l’ora emmezzo che mi separava dall’uscita non fu semplice: in poco più di un’ora andai a fare la pipì due volte, e mi lamentai con mio marito: “eh, con certe strapazzate la mia povera passerina….” Andrea fece un sorrisino a metà tra il contrito e il soddisfatto…come se a strapazzarmi la figa fosse stato il suo ridicolo cazzetto perennemente sospeso tra il barzotto e il moscetto, finalmente arrivò l’ora fatale: “Allora io vado, buona pizza e non sporcare di pomodoro il tappeto! (sapevo che l’avrebbe mangiata all’americana sul divano..)”
Scesi in garage, infilai lo zainetto davanti al sedile del passeggero e partii verso la mia avventura: confesso che il cuore mi batteva a mille, ma il fatto di essere sotto ricatto rendeva il mio senso di colpa praticamente nullo: in fin dei conti, dopo che per anni mio marito mi aveva costretta a vivere le SUE fantasie, adesso era arrivato il momento di viverle veramente.
Appena uscita da Milano cercai un punto adatto ad una breve sosta: lo trovai nella fermata dei Bus Netflix: sperando di non trovarmi affiancata da un autobus pieno mi sfilai i pantaloni, mi misi le calze a rete, ovviamente niente mutandine, solo un perizoma ridottissimo, via il reggiseno normale e su quello leopardato a balconcino, little black dress corto e scollacciato, trucco pesante (fu la parte più complicata, in macchina alla luce dello specchietto….: se mi avesse fermata la Polizia sarei finita dentro per adescamento…arrivai al parcheggio del ristorante in anticipo di un quarto d’ora ma la mia macchina fu subito notata: il solito suv si affiancò, lo guidava Muhammar: che appena mi vide mi disse:
“Oh, bene, una vera troia ha sostituito la professoressa: salta su, che ti porto in un bel posto!”
Appena fui a bordo l’auto partì sgommando, ma non si diresse alla villetta dove ero stata la sera precedente, dopo pochi minuti le luci della più nota iscoteca della zona apparvero sul lato sinistro della strada: con una manovra azzardata Muhammar si infilò nel parcheggio, ma passando di fianco alla costruzione finì per arrestarsi sul retro, spense il motore e mi disse:
“Forza, scendi!”
Scesi con qualche difficoltà: le scarpe col tacco 12 e il terreno sconnesso rendevano il camminare praticamente impossibile: lo feci presente al mio accompagnatore, che alzandogli occhi al cielo girò attorno alla macchima e mi afferrò per un braccio:
“Cammina, troia!”
Entrammo da una porticina che portava in un corridoio,il fragore della musica arrivava come un tuono, poi mi toccò salire per una scala che mi parve infinita, per poi trovarmi in un corridoio su cui si aprivano diverse porte: una un po’ discosta dalle altre, Muhammar la aprì con una chiave: era un grande locale, uso ufficio: una scrivania, un divano, e una vetrata che guardava sulla sala dove la gente si dimenava al suono della musica e sotto i lampi di luce multicolore: il tutto totalmente insonorizzato, perché appena ebbe chiusa la porta il silenzio regnò sovrano.
“Eccoci, questa è la plancia di comando: la disco è mia, o meglio di mia mamma, che vive in Marocco ed è da qui che io controllo la piazza di spaccio dei tre paesi confinanti: ma non siamo mica qui per ballare, vero? Dai. Fatti vedere bene!”
Feci qualche passo intorno ad un tavolino, ruotai su me stessa cercando di sembrare disinvolta su quei tacchi infernali e poi mi lascia cadere sul divano: appena mi fui seduta il divano cominciò a muoversi, una parte nascosta di sotto venne avanti per poi sollevarsi: in un attimo mi trovai su un letto matrimoniale:
“Ti piace il mio lettone? Me lo sono fatto fare da un mobiliere brianzolo, mi è costato caro ma ne valeva la pena, e adesso vediamo un po’ cosa abbiamo qui!”
Senza tanti complimenti mi sfilò il vestito che mi copriva a mala pena : “Uhm, sembri proprio pronta per andare a battere sulla provinciale…mmmm, bello questo strizza tette, brava, anche le calze sono azzeccate..ma togliti subito quel ridicolo affare: quando vieni da me la figa deve essere sempre libera…e mi raccomando: rasata di fresco…” Mentre parlava mi ero tolta il perizoma e lui mi aveva fatto allargare le gambe: con due dita controllò che fossi ancora liscia, poi me le infilò dentro alla figa, trovandola già scivolosa: “Molto bene, la profe è stata definitivamente liquidata, adesso al suo posto c’è la mia troia personale”
Intanto si era sfilato i bermuda, sotto i quali non portava nulla: il suo serpentone venne fuori già mezzo alzato: me lo puntò sulla bocca: “Ti piace il sapore del mio uccello, troia?”
Feci segno di sì con la testa e mugolai qualcosa che potesse sembrare un apprezzamento, lui lo spinse un po’ più in dentro, ma senza esagerare, poi lo tirò fuori, mi afferrò le caviglie con le mani allargandomi le gambe e lo appoggiò all’ingresso della figa: istintivamente lo afferrai e lo guidai dentro di me: appena sentì il calore diede un colpo secco, lasciò andare le gambe e mi si sdraiò sopra: “Ieri sera ti sei salvata, ma stasera voglio sfondarti come meriti!”
In effetti l’attrezzo era in grado di arrivarmi ben bene in fondo, e da molto tempo non mi capitava con un cazzo vero, mentre era una cosa comune con i giocattoli che mio marito “mi imponeva”: comunque non potevo negare che il trattamento che Muhammar mi stava facendo fosse assolutamente gradito, e bisognava che lo sapesse:
“Aaah, dio, ma quanto ce l’hai lungo…mi stai sfondando la figa, sì, dai, dai, pompa, pompa ancora…”
L’orgoglio, ma non solo, del ragazzo si gonfiò come previsto e anche lui si sentì in dovere di contribuire a rendere quell’incontro incredibile:
“Certo che te la sfondo, le troie come te sono fatte apposta: poi, quando sarai sfondata te la sfascerò completamente: vedrai come te la ritroverai quando ci avrò infilato tutta la mano!”
Altri due colpi e Muhammar si irrigidì, immobile : potevo sentire il suo membro pulsare nella figa mentre fiotti di sborra me l’allagavano:
“Cazzo, sei proprio una troia: mi hai fatto venire come un ragazzino: ma non finisce mica qui: adesso mi ricarico e poi ti faccio vedere io!”
Muhammar si alzò e andò verso la scrivania, da un cassetto tirò fuori una scatolina: facile immaginare cosa ci fosse dentro: con un cucchiaino minuscolo tirò fuori un po’ di roba che aspirò col naso: strizzò gli occhi, fece un gran sospiro e tornò sul letto:
“Succhia, porcona, succhiami il cazzo e fammelo tornare duro, che voglio pomparti ancora un po’!”
Mi misi d’impegno e in pochi secondi glielo feci tornare duro, a quel punto temevo che avrebbe voluto ficcarmelo nel culo, ma non mi ero preparata cercai quindi di salvarmi sfidandolo: “dai, stallone, fammi sentire che il tuo cazzo mi sfonda davvero, perché finora l’ho appena sentito che mi faceva il solletico all’utero!”
Il babbeo ci cascò e con un urlo di guerra mi costrinse a mettere le gambe sulle sue spalle e me lo infilò con rabbia, iniziando a stantuffarmi come un invasato: a quel punto non restava che dargli la soddisfazione che cercava con una performance di alta scuola: dopo un minuto o due iniziai a gridare come un’invasata:
“aaah, aaah, piano, fai piano, mi spacchi la figa, aaaah, aaah è troppo lungo, è troppo duro,,mi rovini…no, no, basta ti prego, fai più piano, non posso….”
Muhammar picchiava duro, mi scopava con colpi velocissimi, una vera raffica di colpi di reni che se paragonati ai “colpetti” che da anni ormai mi dava mio marito mi sembravano un paradiso: muovendomi in maniera da favorire la penetrazione potevo ricevere gli stimoli a cui mi avevano abituata i sex toys con cui mio Andrea si divertiva e che avevo dovuto imparare ad apprezzare: piuttosto che niente…meglio piuttosto, ma qui eravamo ad un altro livello: avevo trovato lo stallone che mi ci voleva, si trattava solo di governarlo in modo da ricavarne solo il piacere senza correre rischi inutili: di lì a pochi giorni saremmo partiti per 20 giorni di mare.

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