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IO FOTOGRAFO A LUCI ROSSE- CAPITOLO 13 Prima parte Fedora

By 17 Luglio 2020No Comments

Faceva un caldo torrido. Ero all’aeroporto di Catania. Accaldato e sudato, nervosamente in fila davanti al piccolo scivolo dove sotto lo sguardo severo dell’addetta alla sicurezza stavo per far controllare il mio piccolo bagaglio a mano.

La notai subito quella bella ragazzina e mi riconciliai con la vita. La vidi infatti arrivare di corsa, affannata, trascinandosi dietro a fatica un enorme borsone che nelle sue intenzioni doveva essere il suo bagaglio a mano.

Pensai subito che sarebbe stata indubbiamente dura far passare quell’enorme sacca per un comune bagaglio a mano!

Io invece passai indenne il controllo e mi diressi verso il vicinissimo bar in attesa dell’imbarco ormai prossimo. Abbandonavo la splendida e soleggiata Sicilia e stavo rientrando, dopo lo scontato scalo a Roma, nella mia città. A Taormina avevo visitato una stupenda mostra fotografica di un mio illustre collega. Erano mancate solo le particolari foto del genere che io prediligo. Il nudo femminile e non solo… Ma la censura avrebbe colpito!

Mi accomodai al tavolino del piccolo bar. Ero tremendamente incuriosito di vedere come la ragazzina se la sarebbe cavata con la cerbera addetta al controllo del bagaglio a mano. Ero certo che sarebbe stata una scena divertente.

La giovanissima donna era l’ultima della fila. Sbuffava ed era indubbiamente agitata. Sapeva che già era arrivata in ritardo e rischiava per quel controllo di perdere il volo! E questo non doveva succedere!

Ebbi tutto il tempo necessario per osservarmela e studiarmela. La mia solita deformazione professionale mi spinse infatti ancora una volta a guardare con attenzione quello splendido esemplare di giovane femmina. Anche nei particolari, ovviamente. Almeno quelli che mi era concesso di osservare! Intanto notai che la ragazzina era tanto nervosa quanto carina! Anzi, molto, molto carina e parecchio giovane! Sicuramente maggiorenne ma ben sotto la trentina! L’età perfetta per offrirsi al teleobiettivo per quelle foto di un certo tipo che io sempre prediligevo. La mia deformazione professionale non mi abbandonò infatti neppure allora!

Mi accorsi subito che lei si sentiva osservata ma non mostrava alcun fastidio o imbarazzo. Sapeva, evidentemente di essere bella e quindi guardata ed apprezzata dagli uomini.

Mi sembrò addirittura che dopo aver incrociato per un attimo il mio sguardo mi elargisse un veloce ma bel sorriso di circostanza. Volle insomma comunicarmi così che sei era accorta che la stavo guardando…

Era piccolina la giovane donna anche perché indossava delle sportivissime scarpe da tennis. Rosa come il cortissimo tubino che esaltava le bellissime, lunghissime ed abbronzatissime gambe. Sopra una canottierina bianca senza spalline con generosa ed ampia apertura sul davanti e sulla schiena. Non era possibile capire se la giovane donna indossasse un piccolissimo reggiseno a fascia o se nella fretta lei se ne fosse proprio dimenticato. Ma senza dubbio non mi sembrò che portasse proprio la quarta o quinta di reggiseno. Piccolina, finta magrolina ma rotonda nei punti giusti. Era un confettino da mordicchiare ed assaporare un po’ alla volta. Ma soprattutto mi sembrò avesse un corpicino armonioso e… da fotomodella! Di certo la giovane donna non aveva però scelto un abbigliamento molto adatto ad un viaggio aereo. Molto sportivo ma non proprio comodo e piuttosto vistoso con quei abitini cortissimo color rosa shocking e bianco!

Abbronzatissima nascondeva la sua carnagione di certo chiarissima. I capelli probabilmente lunghi erano nerisimi e raccolti sulla nuca con un buffo fiocco naturalmente rosa. Dallo sguardo che fugacemente mi aveva prima elargito, avevo visto l’azzurro chiarissimo dei suoi occhioni. A completare l’opera una bocca ben disegnata ed addolcita da un rossetto naturalmente rosa nel quale aveva abbondato e che impreziosiva le labbra certamente non rifatte ma incredibilmente ben disegnate, sensuali e carnose.

La ragazzina era veramente una bambolina e subito fantasticai su tutto quello che non non mi era concesso di vedere. Vista la sua cura dei particolari mostrata, lei aveva sicuramente prestato un’attenzione ancora maggiore per certe cosine del suo corpo. Sì, da esteta quale ero, mi piacque chiedermi se la sua piccola fica fosse depilata o al naturale. O se invece il suo tesorino fosse incorniciato da qualche particolare creazione del suo estetista di fiducia!

Arrivato il suo momento la giovane donna cercò di sorridere all’inserviente per probabilmente impietosirlo. Ma la megera non abboccò ed allargando le braccia la invitò a svuotare l’enorme sacco che la giovane donna aveva trascinato fin là a fatica.

La ragazzina, ubbidiente ma sbuffando un po’, iniziò a svuotarlo guadandosi attorno indubbiamente preoccupata. Era evidentemente imbarazzata per il contenuto che doveva appoggiare sul nastro scorrevole e che tutti avrebbero potuto vedere. Soprattutto quelli come me che si stavano gustando la scena. Creme, cremine, profumi ed abbronzanti apparvero così sul rullo gommato che li trasportò al di là dell’infernale macchina dei raggi che scrutava anche l’interno degli enormi contenitori spacciati per bagagli a mano.

Impietosa la poliziotta volle vedere subito cosa contenesse una scatola rosa piuttosto grande che con noncuranza la ragazzina aveva estratto per ultima dalla sacca. Vidi la giovane donna gesticolare prima ma poi con fastidio e guardandosi ancora una volta attorno estrarre con discrezione il contenuto evidentemente piuttosto privato e per lei estremamente imbarazzante da adagiare su quel nastro!

Io, sospettando qualcosa di intrigante, aguzzai la vista! Velocemente la ragazza appoggiò sul tappetino mobile una serie infinita di costumini da mare. Uno intero ma la maggior parte piccoli e coloratissimi bikini. Ma pure degli slippini pure coloratissimi che dovevano essere dei favolosi monokini che lei evidentemente usava spesso… Poi un paio di quelle che dovevano essere delle microscopiche camicie da notte. Splendidi baby-doll, quelli che mariti viziosi regalano alle mogliettine che dovevono essere un po’ stimolate! Ed infine un gran numero di capi bianchi, neri ed anche rosa. Riuscii a intravvedere che erano le mutandine ed i reggiseni degli intimi della giovane donna. Questa lasciò il tutto bene in mostra per qualche secondo. Dopo qualche parola scambiata con un certo nervosismo con la poliziotta invadente vidi la ragazzina ributtare frettolosamente ed alla rinfusa il tutto nella scatola. Ma solo dopo essersi guardata attorno per capire quanti si erano gustati i suoi indumenti più intimi. Aveva così incrociato nuovamente il mio sguardo. Si era così accorta che io avevo visto i suoi bikini e tutti i suoi intimi. Si mostrò per questo assai infastidita per l’esibizione offerta e non nascose tutto il suo fastidio mescolato ad un certo imbarazzo.

La vidi ancora gesticolare con l’addetta al controllo dei bagagli. Soprattutto quando questa le fece chiaramente intendere che quel bagaglio a mano era troppo grande e pesante per essere portato con lei a bordo. Avrebbe dovuto quindi depositarlo insieme al resto del bagaglio già inviato nella stiva dell’aereo.

La vidi furibonda correre sculettando a sbrigare le pratiche per l’imbarco anche di quel bagaglio. Potei così gustarmi anche il suo fantastico lato b. Lei ritornò giusto in tempo per l’ultima chiamata all’imbarco del nostro volo, proprio quando anch’io pagato il conto del bar mi recai all’imbarco.

Non la rividi più. Fino all’imbarco del volo dalla capitale alla mia città. Evidentemente avevamo la stessa destinazione.

Rimanemmo a lungo incollati in fila e lei con un sorrisetto di circostanza mi fece capire che lei ricordava benissimo che io avevo assistito a tutta la scena del controllo del suo bagaglio a mano e che mi ero gustato proprio per bene la visione completa di tutto il suo abbigliamento intimo quando era stata costretta a vuotare la sacca per la curiosa addetto alla sicurezza. Effettivamente i suoi bikini, monokini, baby-doll, mutandine e reggiseni non avevano più segreti per me. Il mio sorriso con cui contraccambiai il suo, facendole così intendere che pure io ricordavo benissimo quello che lei involontariamente mi aveva offerto, la mise ancor più in imbarazzo. Ma non proferì parola.

Ma il destino mi fu particolarmente amico e sfacciatamente mio alleato. O agì il santo protettore di noi fotografi a luci rosse!

Salita la scaletta ci dirigemmo ai nostri posti. Fila 35 numero 159 il mio. Fila 35 numero 158 il suo. Sì, il caso aveva voluto che viaggiassimo vicini.

Ci sedemmo dopo l’ennesimo sorriso di circostanza. Fui io a rompere il ghiaccio con la più innocente e gentile domada possibile. “La signora preferisce il posto vicino al finestrino?”

La giovane donna lentamente sentendo quella mia gentile richiesta si girò verso di me e mi regalò un primo sorriso seguito da uno sguardo serissimo. “Signora? – replicò a bassa voce per non farsi sentire dalle altre persone sedute davanti e dietro – Mi considera così vecchia? Vuole proprio aumentare la mia età? Sono piuttosto giovane e sono ancora signorina…” “Mi scusi, signorina! – replicai immediatamente ridacchiando – Nel mio Paese tutte le donne sono signore! A prescindere dall’età…” “È vero, lo so… Ma io preferisco essere chiamata per quello che sono… – volle allora subito aggiungere lei – E sono per fortuna ancora signorina…” Detto ciò mi regalò un altro sorriso che mi confermò l’azzurro chiarissimo dei suoi occhi.

Avevo rotto il ghiaccio. Avevo sentito la sua voce. Parlava piano e tradiva un accento da straniera. Fu lei a continuare la conversazione perché volle subito confidarmi il suo punto debole. Evidentemente quella confessione le stava particolarmente a cuore!

“No, no… – continuò lei a bassissima voce per non farsi sentire dai vicini – Preferisco il mio posto all’interno… La ringrazio ma non voglio vedere fuori dal finestrino!” “Paura? – la interruppi mostrandole subito la mia comprensione – Paura del volo?” “Terrore! – replicò subito lei mestamente – Soprattutto al decollo ed all’atterraggio! E questo mi ha impedito di venire prima in Italia!”

“Ma non devi fare così! – esclamai passando ad un confidenziale tu da lei più gradito vista la sua voluta precisazione sulla sua giovane età – Gli aerei sono mezzi sicuri, più di tutti gli altri mezzi di trasporto!” “Lo so, lo so… – continuò con il tono della voce ancora più basso – Ma che ci posso fare? Quando sento rullare sulla pista l’aereo e mandare al massimo i suoi motori prima di staccarsi dal suolo vengo colta dal panico! Per non parlare di quando all’arrivo vedo avvicinarsi sempre più velocemente la pista d’atterraggio! Il panico si trasforma in terrore e non riesco a controllarmi! Talvolta ho avuto delle reazioni inconsulte!”

A quelle parole mi scappò un sorriso con il quale le mostrai tutta la mia comprensione e la vidi leggermente rasserenarsi. “Mi scuserà allora per gli eventuali fastidi che le arrecherò? Sì, insomma, mi scappano gemiti e sospiri! E non riesco proprio a trattenerli…” “Ma certo e non preoccuparti! – le promisi con tono protettivo – Puoi contare su di me!” “Lei è molto gentile… Grazie!” “Dovere… – aggiunsi io approfittando della situazione creatasi – E’ il minimo che mi sento di fare per una bella donna! Soprattutto per quello che mi ha involontariamente offerto al controllo dei bagagli…”

La vidi irrigidirsi ed arrossire vistosamente. “Ho visto! Ho visto, sa, che c’era uno spettatore che si è gustato tutta la scena! E che si è fatto gli occhi. Come si dice qui in Italia! – aggiunse con voce questa volta chiaramente stizzita – Tutta colpa di quella addetta al controllo dei bagagli a mano! E mi ha costretto poi di fretta anche a farlo depositare nella stiva con tutto il resto del bagaglio. Non sopporto lasciare tutte le mie cose più personali in mezzo a centinaia di valigie e bagagli di ogni tipo di tanti sconosciuti…”

Il suo lamento fu interrotto dal movimento dell’aereo che abbandonata la zona dove era rimasto parcheggiato iniziò lentamente ad avvicinarsi alla pista del decollo. “Ecco, ci siamo… – aggiunse ancora lei sospirando – Mi scuso in anticipo e confido nella sua comprensione…”

Pochi secondi e l’aereo si immise sulla pista di decollo e cominciò ad aumentare la velocità. Come il respiro di lei. Gli occhi spalancati guardavano il soffitto della carlinga e le bellissime labbra da rosa divennero quasi bianche. La paura l’aveva aggredita.

Pochi secondi ed i motori raggiunsero il massimo. Come il suo terrore. La vidi girarsi con gli occhi sbarrati verso di me. “Glielo avevo detto! – miagolò – Sono terrorizzata, adesso! Mi scusi!”

I motori raggiunsero il massimo. Il rumore superò i suoi gemiti e sospiri. E venne il momento culminante. Quando l’aereo sembrò scivolò ed abbandonò il suolo iniziando l’ascesa. La vidi stringere gli occhi e contemporaneamente mi strinse con una mano il mio avambraccio. Distinte sentii le sue unghie evidentemente piuttosto lunghe quasi penetrarmi. Non allentò la presa fino a quando l’aereo terminò la fase di decollo e raggiunse la quota del volo di crociera. Solo allora lasciò il mio braccio. Abbassò il capo provando vergogna per quello che aveva fatto. Si mise le mani sulla bocca mostrando tutta la sua mortificazione per la confidenza che si era presa. Con uno sconosciuto! “Chiedo scusa per quello che ho fatto! – aggiunse con voce flebile – Le ho lasciato addirittura il segno delle mie unghie sulla sua pelle… Lo so, non dovevo farlo ma non riesco proprio mai a trattenermi in certi momenti!” “Ma figurati! – la tranquillizzai perdurando nel darle del tu che lei evidentemente gradiva di più – Dovere! E poi , te l’ho detto, sono in credito con te!” Lei mi scrutò subito con fare interrogativo. “Per quella tua mostra ed esibizione che mi hai regalato giù al controllo bagagli a mano – mi piacque precisare nuovamente – Non ricordi?”. Lei arrossì ancora più violentemente di prima ma questa volta la ragazzina rispose con una laconica risposta a bassissima voce. “Lo ricordo benissimo…. – sbuffò lei – Non me lo ricordi, almeno! Non è bello, sa, per una donna essere costretta a fare e mostrare certe cose! In pubblico…”.

Il volo si svolse inizialmente tranquillo. Ad ogni sobbalzo dell’aereo la giovane donna emetteva però un piccolo sospiro. Ma il destino volle che l’assistente di volo improvvisamente con voce fredda e professionale informò i viaggiatori che avremmo attraversato tra qualche minuto una perturbazione e ci invitò ad allacciarsi nuovamente le cinture di sicurezza.

La ragazza emise un lungo sospiro che denunciò tutta la sua preoccupata attesa per quello che stava per accadere.

“Oh no! – esclamò subito lei – Anche questo ci voleva, adesso!” La vidi armeggiare nervosamente con la cintura di sicurezza che effettivamente piuttosto stretta la infastidiva. “Ma uffa! – brontolò subito lei sempre più agitata – Deve averla usata una bambina prima di me! Mi stringeva già troppo al decollo!”

Effettivamente la cintura piuttosto stretta si infilava nella parte superiore del suo corpicino, proprio tra i due seni e le dava parecchio fastidio. Faceva un po’ freddino e la canottierina bianchissima, leggerissima così stretta ai seni mostrava le conseguenze che la cintura stretta e il freddo le procuravano insieme a quella parte così delicata del suo corpicino. La mancanza del reggiseno fece risaltare ancor più la visione degli effetti di quel fastidioso inconveniente di cui era vittima. Anche lei naturalmente se ne accorse subito e si mostrò imbarazzata nel vedere di quanto fossero particolarmente turgidi e visibilissimi i suoi capezzolini. Lei sapeva molto bene quanto fossero sensibili. E soprattutto di quanto in quel momento lo rivelasse anche al vicino compagno di viaggio. Il quale le aveva già dimostrato di essere un buon osservatore…

Inizialmente tentò di risolvere l’inconveniente coprendosi goffamente e appoggiando con noncuranza un braccio sulla canottierina bianca all’altezza del seno. Ma questo buffo rimedio naturalmente non la soddisfò e peggiorò quella situazione così intrigante per il vicino di posto. “La prego! – mi sospirò per non farsi sentire dai vicini – Sia gentiluomo e non guardi troppo insistentemente! Mi scusi…. Sono imbarazzata, così… E parecchio a disagio!”

Mi chiese allora la gentilezza di allargare la sua cintura di sicurezza. Adducendo la scusa di non riuscire a respirare bene. Io, prima di sistemare la mia cintura, mi avvicinai e quasi sfiorandola davanti allunga il braccio per raggiungere la cinghietta. Sentii per la prima volta il suo profumo. “Usi Angels, vero? – le chiesi sottovoce – E’ buono!” “Si… – rispose subito lei – Le piace?” “Moltissimo! – la gratificai – Ma non è un profumo da ragazzina! È da donna…” “Devo intenderlo come un complimento? – chiese un po’ timidamente lei – O un rimprovero per una scelta sbagliata?” “Un’ulteriore prova di quanto tu non sia una bambina e quanto tu sia invece già donna… – insistetti divertendomi un po’ a metterla un po’ a disagio ed alludendo anche ad i suoi bei capezzolini grandi ed appuntiti che mi aveva appena mal volentieri mostrato – Con con quelle cosine che costretta mi hai appena mostrato…” “Ma uffaaaa! – brontolò sbuffando allora subito lei – Lei non è un ragazzino e certe cose delle donne le sa! Ma non so neppure come lei si chiami…” “Fabio… – soddisfai subito la sua curiosità – Sono italiano. E tu?”

Stava per rispondere quando un improvviso e violento sobbalzo ci fece intendere che eravamo entrati nella perturbazione.

La sentii ansimare e spalancare gli occhioni azzurri.

“Ho tanta paura! – la sentii gemere con un filo di voce – Tanta, tanta!” “Socchiudi gli occhi e respira profondamente! – le suggerii io – Fra un po’ usciremo dalla perturbazione.” Ma lei continuava a gemere. “Non riesco a respirare! La cintura mi imprigiona. Me la slacci, la prego! Non riesco a muovermi!” “Va bene, ti libero, ma dopo fai la brava bambina e rilassati…”

Liberandomi anch’io della mia cintura mi allungai e liberai il corpo della mia vicina terrorizzata. “Grazie, Fabio! – mi sussurrò gemendo – Almeno riesco a respirare, così…” Un altro sobbalzo più violento dei presidenti la fece di nuovo vacillare e crollare. Trattenne a stento un urlo. Disperata e liberata dalla cintura si buttò su di me schiacciandomi il ventre con la sua schiena. Con gli occhi sbarrati la vidi respirare a fatica. Era travolta dal panico ed aveva perso completamente il controllo del suo corpo e dei suoi movimenti. “Aiuto! – riusciva solo a dire – Mi perdoni, signor Fabio! E mi aiuti, se può…”

Feci la cosa più logica in quel momento. Le accarezzai il capo come ad una bambina che ha paura della puntura che deve fare e vidi che lei subito socchiuse gli occhi. Non si accorse che lanciandosi in quel modo così brusco su di me non aveva proprio prestato attenzione a come gestire i piccoli e leggeri indumenti che indossava. Se la gonnellina era risalita solo fino al livello di guardia, la canottierina leggera e senza spallini era da una parte scivolata in giù lasciando scoperto ciò che non doveva mostrare. Io naturalmente vidi così subito gran parte di un candidissimo seno. Lo notai perché il candore della tettina risaltò evidente al confronto di tutto il resto del suo corpicino abbronzatissimo. La ragazzina evidentemente non aveva usato molto in Sicilia il monokini! Anzi! Ed insieme ad un po’ di quel piccolo seno mi fu possibile un po’ vedere anche il rosa intenso di una grande areola. Al capezzolino non visibile ma indubbiamente appuntito si era appesa la sottilissima canotta bianca e per fortuna della ragazzina ne aveva ostacolato l’ulteriore parziale discesa.

Mi godetti quello spettacolo molto intrigante solo per qualche secondo e non volli approfittare eccessivamente della difficoltà della giovane donna e di quello che lei involontariamente e completamente ignara mi stava mostrando. Volsi il mio sguardo verso i suoi occhi azzurri che lentamente si spalancarono sempre di più.

Quei terribili istanti passarono. Per lei furono eterni ma un po’ alla volta i sobbalzi dell’aereo cominciarono a diminuire. Fino a scomparire. Completamente

“Siamo fuori dalla perturbazione! – la informai poco dopo – Il peggio è passato…” “Sono felice! – mi rispose lei a fatica – Ma posso restare ancora così ancora per un po’? Non le do fastidio?” “Ma no! – replicai prontamente – Se stare così ti aiuta…” “Si mi aiuta tantissimo per affrontare quello stupido panico… Gielo chiedo solo per ancora qualche secondo….”

“Stai tranquilla, non mi dai fastidio… – la tranquillizzai ulteriormente – Anzi….”

La vidi sorridere e socchiudere nuovamente gli occhi. Certamente per fortuna di entrambi in quella posizione che aveva bruscamente assunto sul mio ventre non aveva percepito l’erezione che non ero riuscito a controllare. La visione che lei mi aveva involontariamente offerto di parte di un suo seno e di metà della sua evidentemente grande areola rosa avevano rivegliato tutti i miei istinti maschili. Il mio cazzo si era indurito e spingeva nel mio slip.

Come promesso qualche secondo dopo lei si sollevò e subito si accorse di quello che mi aveva involontariamente mostrato. Immediatamente si risistemò la canotta. “Mi scusi anche di questo… – mi bisbigliò – Ma in quei momenti non so proprio cosa combino! Non volevo offrirle questa esibizione… Poteva avvisarmi ed invitarmi a coprirmi! Ma scommetto che a lei non sia proprio dispiaciuto lo spettacolino… Ah, gli uomini! Sbaglio?”

Questa volta le elargii io un enorme sorriso. “Scusami anche tu! – aggiunsi subito io – Ma io sono sempre un uomo ed ho approfittato naturalmente solo per qualche secondo di una cosa bellissima. Ma non ne ho abusato ed ho preferito cercare i tuoi bellissimi occhi azzurri! Eri troppo sconvolta ed ho tentato di calmarti. Con le parole e con le carezze. Ne avevi proprio bisogno!”

“Sì, lei è stato proprio gentile ed ho percepito il suo desiderio di volermi aiutare in quel momento. Grazie,… signor Fabio! E’ stato capace di calmarmi…”

“C’è però sempre l’atterraggio che mi hai detto tu non gradisci troppo…” “Ma dai, Fabio, cosa dice! Vuole approfittare ancora dei miei momenti di debolezza? Vedrà che mi comporterò bene, questa volta…” “Ma certo! – risposi subito io – Non mi piace vincere facile!” “Ma Fabio cosa dice! – brontolò lei sommessamente, arrossendo visibilmente e mostrandomi per un attimo la lingua – Certe cose non si dicono… Ad una ragazzina appena consciuta!”

“Ora vorrei solo sapere come ti chiami, di dove sei e quanti anni hai…” “È vero, mi scusi Fabio, ma non ho fatto in tempo prima a dirglielo… – replicò lei pensando ai brutti momenti appena passati – Mi chiamo Fedora e sono russa di Mosca. L’età? Sono maggiorenne! Non le basta?” “L’età, Fedora! – la incalzai io curioso – Anche se non la si chiede mai ad una donna!” “E va bene, curiosone. Ho 22 anni e dopo una lunga vacanza al mare in Sicilia sto per iscrivermi in Italia alla facoltà di lettere antiche nella città dove ci stiamo dirigendo. Le basta? E lei, uomo curioso?”

Quello strano modo di conoscerci mi intrigò ed accettai di soddisfare la sua curiosità. “Sono un fotografo professionista e per quanto riguarda l’età abbiamo esattamente una generazione di differenza. Ti spaventa? E , per favore, mi dai anche del tu?”

“Dovrei? – mi guardò seria – E va bene. Se lo vuoi tu… Un uomo è un uomo e non dipende dall’età. E tu, sei sposato, vero? Ho notato quella piccola vera…” “Sì, ma siamo una coppia libera ed aperta… E tu, non sei ancora sposata, penso…” “Oh no! – rispose subito lei – Ho il fidanzato a Mosca e lui ha quasi vent’anni più di me. Ha fatto l’Accademia militare ed è pilota dell’aviazione militare russa. Sa pure che ho tanta paura di volare e non ha proprio gradito questa mia fuga in Italia per studiare. Era convinto poi che non sarei stata capace di volare da sola! Siamo tanto diversi, è vero. A me piace la letteratura, la filosofia e la poesia a lui volare e bombardare! Ma il suo sogno è diventare astronauta e di volare nello spazio! Non con me, però… Sì, insomma, siamo un po’ in crisi! Come si dice adesso, siamo in pausa di riflessione… Per questo ho voluto venire a studiare in Italia. Sì, proprio per un periodo di riflessione…”

Fu interrotta. L’aereo si inclinò ed il comandante con voce metallica invitò tutti a mettersi le cinture di sicurezza ed informò che iniziava l’operazione di atterraggio. Prima di salutarci precisò pure che le condizioni atmosferiche erano ottime e la temperatura a terra particolarmente gradevole.

Nonostante quelle notizie incoraggianti vidi Fedora rabbuiarsi di nuovo e deglutire varie volte. L’operazione atterraggio aveva iniziato a preoccuparla. Disubbidiente finse soltanto di allacciarsi la cintura di sicurezza. Mi fece pure sorridere vedere il suo sistemarsi con cura la canotta. Evidentemente memore di quello che era appena successo.

Iniziò la discesa ed un po’ alla volta alle nuvole subentrò lontano il mare. Subito la giovane donna iniziò ad agitarsi ed a respirare sempre più affannosamente. Io la guardai e le sorrisi tentando di tranquillizzarla. Il tentativo fallì miseramente e mi accorsi che spalancava gli occhi per poi stringerli con forza. La bocca era ben aperta e le labbra ancora una volta erano diventate bianche. “Oh Fabio! – riuscì solo a dire – Di nuovo!”

Questa volta pensai prima io di fare qualcosa per cercare di tranquillizzarla. Magari tentando di farle pensare ad altro. Allungai un braccio e dopo aver catturato il suo, scivolai con la mia mano fino alla sua, già stretta in un pugno che rivelava tutto il terrore che stava provando. Incredula lei mi fissò e rimase paralizzata anche quando cercai di catturare la sua mano e di trascinrla su di me nello stesso punto dove prima lei aveva appoggiato disperata la nuca. Lei prima si irrigidì un po’ ed oppose inizialmente poca resistenza. “Ma Fabio, cosa vuoi fare? – mi chiese con un affanno che le derivava sia dalla paura che dalla curiosità per quello che stavo facendo – Non fare così! Mi comporterò bene questa volta, vedrai…”

Ma lei lo disse balbettando e la realtà la smentì subito. Il fruscio dell’aereo che scendeva velocemente l’atterrì. Chiuse gli occhi e serrò la bocca per non emettere quei fastidiosi gridolini di terrore che lei ben conosceva e detestava emettere in continuazione. Ma soprattutto mi consegnò la mano. Gliela aprii, schiudendole il pugno stretto che aveva tenuto fino ad allora, presi in mano il suo dorso e gliela girai. Solo allora la feci appoggiare sul mio ventre.

“Ma Fabio… Ti prego! – la sentii sussurrare – Non fare così. Qualcuno mi potrebbe anche vedere e chissà cosa penserebbe… Ti prego, non voglio…”

Io sorrisi e continuai a cercare di turbarla. “Appunto! – esclamai – Pensa che nessuno ti può vedere. Non agitarti e pensando ad altro. Di estremamente piacevole…”

Ma Fabio… – ripetè più volte a voce sempre più bassa – Ti prego… Non fare così… Non voglio…” Poi rimase in silenzio e volle ubbidirmi. Mi lasciò fare e permise che appoggiassi la sua mano ben aperta appena sotto la cintura dei miei calzoni. Lei continuava a gemere e lamentarsi. La discesa continuava veloce e sembrava precipitassimo. E così allora contemporaneamente aumentava l’ansia che l’attesa dell’impatto procurava alla giovane donna. Girò il suo volto verso il mio.

Fu solo allora che con estrema delicatezza feci scendere un pochino più giù la sua mano. Entrambi sentimmo l’attimo quando due sue dita mi toccarono da sopra i calzoni quella che giustamente lei intuì fosse la punta del mio uccello. Quel veloce ed improvviso contatto la bloccò nell’emettere i gemiti ed emise un lungo sospirio “Ma cosa mi fai fare? – mi sussurrò gemendo – Non voglio…” Ma poi, silenziosa, continuò a fissarmi con i suoi occhi azzurri sempre sbarrati. Oramai la pista di atterraggio era ben visibile. Fra meno di un minuto saremmo atterrati. Per la prima volta la vidi abbozzare ad un sorriso. Ce l’avevo fatta e lei volle ringraziarmi.

Guardandosi velocemente attorno e vedendo che nessuno effettivamente la vedeva decise di accarezzarmi sopra i calzoni con la mano aperta quella che sapeva fosse l’asta del mio uccello che percepiva durissima. Lo fece pianissimo. Dolcemente e con calma per qualche secondo me lo palpeggiò per bene. Voleva scoprire quanto fosse lungo e duro. Per quel tocco io a fatica non venni nelle mie mutandine. Lei se ne accorse perché probabilmente oltre il sottile tessuto dei miei calzonio lo sentì pulsare. La ragazzina sapeva che prima dell’orgasmo l’uccello del maschio sussulta.

Proprio allora lei volle bloccarsi un secondo. Sentì le ruote dell’aereo appoggiarsi rumorosamente al suolo della pista di atterraggio. Tutti i passeggeri erano ancora bloccati ai loro posti dalle cinture di sicurezza. Per ciò tranquillizzata subito dopo volle ancora per qualche secondo continuare quello che indubbiamente aveva iniziato a fare di sua volontà. Questa volta con maggiore velocità ed energia. E guardandomi negli occhi. Era il suo modo di ringraziarmi.

Seguirono alcuni secondi di silenzio. Il suo imbarazzo era evidente. Mi fissò tutta rossa in volto. “Ma cosa ho fatto… – gemette quasi piagnucolante – Non dovevo… Ma sono stata almeno brava, Fabio? Come una ragazzina? Ti è però piaciuto, mi pare… Ma io adesso mi fermo qui…”

“Sei stata bravissima nell’atterraggio! – le dissi ridendo – Molto meglio che nel decollo e nell’attraversamento della perturbazione…” “Come sei spiritoso, Fabio! – mi apostrofò pure lei sorridendo – Non prendermi in giro, ora… Sì, lo so! Sei però così riuscito a farmi superare quel blocco che sempre mi aveva assalita. L’atterraggio, dicevo… Ma è un segreto tra noi due, vero… Questa tua strana terapia per giovani donne russe! E non lo racconterai spero neppure agli amici…”

“Ma dai, Fedora! Non ho molto da raccontare se non il piacevole incontro con una bellissima e giovanissima ragazza russa con tanta paura di volare! Il resto è solo desiderio…” “Grazie, Fabio, di avermi aiutata e di comportarti anche adesso così… Mi hai capita, Fabio? Io non ho mai fatto queste cose! Non sono una puttanella, io! E certe cose non le faccio con tutti gli uomini che incontro… Magari solo una paio d’ore prima. E se penso a quello che ho combinato e che tu mi hai fatto fare! Me lo prometti che mi credi?” “Certo, Fedora. Per questo serve ad un uomo avere qualche anno di più della donna. Una generazione, Fedora, solo una generazione… E qualche esperienza particolare in più…”

L’aereo finalmente si arrestò e tutti i passeggeri si misero ordinatamente in fila per uscire. Prossima destinazione la zona del recupero dei bagagli.

Fu estremamente normale che rimanessimo vicini e ci recassimo insieme nel salone del tappeto mobile che ci avrebbe riportato i nostri bagagli. E fu naturale che insieme attendessimo i nostri rispettivi bagagli. Non avevamo nessuno dei due alcuna intenzione di salutarci lì, come due comuni passeggeri che avevano casualmente viaggiato insieme. Attendemmo a lungo le nostre cose.

Appena arrivati nel salone dove avremmo dovuto ritirare i nostri bagagli, il rumoroso tappeto di gomma si era appena messo in moto ed erano già apparsi le prime valigie del nostro volo. Davanti ai nostri occhi sfilarò una serie infinita di valigie e sacchi variopinti. Dopo un primo giro il tappeto si bloccò per ripartire poco dopo. E questa volta sommersa da altri bagagli apparve la mia valigia nera lucida. Riconoscibilissma. La catturai soddisfatto e lasciai continuare il giro al tappeto che si svuotò quasi completamente. Come successo prima ci fu un breve stop del nastro trasportatore e la sua veloce ripartenza. Terzo passaggio e tutti i bagagli vennero prelevati dai rispettivi proprietari. Tranne una valigia ed un piccolo sacco. Rimanemmo in attesa solo noi due e rivedemmo sbucare di nuovo dal tunnel poco dopo gli stessi due bagagli di prima. Il tappeto questa volta si bloccò definitivamente e la valigia fucsia ed il sacchetto bianco ci guardavano beffardi. “Guardai Fedora che era comprensibilmente impallidita. “Non sono i miei… – strillò lei – Uffa, ne sono sicura! Assomigliano ai miei ma non sono loro!”

Ci avvicinammo e leggemmo le targhette che li accompagnavano. Con tristezza e rabbia leggemmo New York su quella della valigia e Melbourne su quella del sacchetto.

Vidi una lacrimuccia scendere sul bel visetto di Fedora. “Oh Dio! – frignottò allora veramente lei – Dove sono i miei bagagli e dove me li hanno mandati?”

Lo immagino… – le risposi sospirando prendendola per mano per calmarla – I soliti disservizi. Vieni, Fedora, andiamo all’assistenza viaggiatori dell’aeroporto.”

La risposta dell’addetto ai reclami fu inequivocabile. A Roma avevano probabilmente scambiato i bagagli della signora con quelli di altri passeggeri. Per questo, aggiunse senza alcuna emozione l’impiegato, veniva consigliato a tutti di tenere a bordo con sè un piccolo bagaglio a mano per la sopravvivenza di qualche giorno in caso di inconvenienti di questo tipo!”

Fedora rimase senza parole e non seppe replicare. E riprese a piagnucolare quando il distaccato inserviente le chiese il numero di cellulare e l’indirizzo del posto dove la sua compagnia aerea avrebbe potuto mandare naturalmente a sue spese i bagagli quando sarebbero stati recuperati. Probabilmente a New York e Melbourne…

La ragazzina mi guardò incredula ed affranta. Io risolvetti immediatamente il problema fornendo all’impiegato un mio biglietto da visita dove erano ben evidenti i miei dati personali, l’indirizzo del mio studio fotografico ed il numero del mio cellulare. “Ecco! – replicai stizzito – Qui potrete trovare la signorina nei prossimi giorni! E la compagnia si prepari ad un congruo risarcimento per il disturbo che ha arrecato alla sua gentile cliente. Vitto, alloggio, trasporto… e danni morali. Come se io non ci fossi stato ad assisterla in questa spiacevole situazione da voi provocata! Spero che lei abbia ben inteso!”

Certamente! – rispose questa volta mestamente l’impiegato – Non si preoccupi. La compagnia soddisferà tutte le richieste formulate dalla signora!”

Presi di nuovo per mano Fedora. La sentii tremare. Pensai bene di recarci al bar dove lei aveva certamente bisogno di bere qualcosa di forte.

Appena seduti lei abbassò il capo e mi espresse tutta la sua gratitudine. “Grazie, Fabio, per quello che hai ancora fatto per me! – iniziò a bisbigliare – Mi hai salvata da una situazione nella quale non avrei saputo proprio come cavarmela!” “Figurati! – la interruppi subito io – Una giovane e bella ospite come te deve essere assolutamente aiutata dall’uomo che l’ha incontrata. Anche se per caso!” “Sì, grazie Fabio! Però io… – aggiunse con un filo di voce – Adesso io sono qui senza documenti, soldi, vestiti…”

Non preoccuparti, bimba! – cercai di tranquillizzarla un po’ – Questi non sono problemi!” “Ma uffa, Fabio, forse non hai capito! – esclamò lei scuotendo la testa evidentemente anche imbarazzata – Io, insomma… Io sono una donna e mi vergogno anche a dire certe cose… A te che sei un uomo… Adesso ho con me solo in tasca un mini assorbente! E’ di quelli interni, l’ho preso e messo in tasca per precauzione… Sì, perfortuna mi è appena passato il ciclo….”

Meglio. no? – la bloccai per rasserenarla ulteriormentee farla sorridere un attimo – Un problemino di meno ed una libertà di più!” “Ma Fabio! – esclamò diventata paonazza in volto – Ma cosa dici!”

Scosse la testa e rimase a lungo in silenzio.

Andiamo? – le chiesi appena fini di bere il suo Martini ghiacciato – Vorrei essere in città prima della cena.”

Comandi tu, Fabio… – rispose annuendo – Come preferisci.”

Ci recammo a ritirare la macchina nel parcheggio dove l’avevo lasciata in custodia.

Wow! – si lasciò scappare la ragazzina – E’ un Porsche Carrera!” Capì che quella macchina in fondo isolata ed avvolta da paretine di vetri opachi che la proteggevano da sguardi indiscreti ed invidiosi l’avrebbe accolta come ospite. “Non sono mai salita su una macchina del genere, io… – esclamò visibilmente turbata – E’ bellissima!”

Come era d’obbligo le aprii la portiera e la feci accomodare. Apprezzando il gesto lei si infilò nell’abitacolo e sperimentò subito quanto fosse basso il sedile del passeggero. E soprattutto quanto fosse difficile gestire una leggera minigonna come la sua mentre si adagiava nel confortevolissimo sedile in pelle.

Quando presi posto alla guida del mio gioiello non potei non notare quello che Fedora ancora involontariamente mi donava. Sedendosi nel suo comodissimo ma bassissimo sedile la gonnellina del tubino era naturalmente risalita. Tantissimo. Aveva lasciato completamente scoperte le sue bellissime ed abbronzatissime cosce. Le se ne era accorta e pudicamente aveva appoggiato entrambe le mani sul davanti della strisciolina di tessuto alla quale si era ridotta la gonna.

Il mio eloquente sguardo di apprezzamento fu da lei ben notato. “Dai, Fabio, non guardare così insistentemente proprio lì! – gemette a bassa voce lei – Vedo bene che questa gonna non è proprio molto adatta in questo momento. Ti prego, non imbarazzarmi ancora di più di quello che già lo sono! Non sono mai salita a bordo di una simile macchina!”

Io sorrisi ma il vederla ancora più rossa in viso mi turbò. Sentii di nuovo il mio uccello crescere ed indurirsi nello slip. Un’altra sollecitazione per il uccello. E non era la prima che la bella ragazzina mi aveva procurato!

La guardai con sguardo assassino. “Non serve la cintura di sicurezza… – le sussurrai – I finestrini sono volutamente opachi e scuri. E non ci sono decolli, perturbazioni ed atterraggi. E neppure sguardi indiscreti di hostess invidiose e steward magari guardoni…”

Ho capito, ho capito – miagolò lei – Adesso? Lo vorresti adesso?”

Io non le risposi e girai la chiavetta dell’accensione. Il motore ringhiò ma egualmente percepii distinto un suo sospiro… Quel rombo mai sentito così vicino la turbò.”Tutto molto bello! – sospirò lei – Ed anche tu sei un gran bel pezzo d’uomo! Ho scoperto prima che sei pure… Insomma, che sei pure ben fornito! Ma sei anche tanto gentile! Sarai anche paziente con me, uomo di una generazione in più?” “Certo tesoro… – la tranquillizzai – Il mio mestiere di fotografo me lo impone…” “Perché? – mi chiese subito incuriosita con voce flebile – Perché il tuo mestiere di fotografo?” “Perché le donne sono il mio soggetto preferito… – cercai di iniziare a spiegarle certe cose – In tutte le loro manifestazioni ed in certi momenti. Anche in quelli più particolari…” “Particolari? Ho capito, ho capito… – replicò subito lei – Devo preoccuparmi?”

Assolutamente no! Tu sei una bellissima ragazza ed io non ho mai forzato una donna! E tu stessa hai avuto il modo di accorgertene. Ed io ho apprezzato tantissimo soprattutto quello che tu hai voluto fare…. Di tua volontà, senza che io te lo chiedessi!”

A quelle parole lei si lasciò andare ad un lungo sospiro. Lentamente sollevò la sua schiena, abbandonò il suo sedile, appoggiò il suo capo sul mio petto ed pose la mano dove già l’aveva abbandonata sull’aereo. Sopra i calzoni ed all’altezza del mio pube.

Ero arrivata fin qui, vero? – sospirò – E dopo ti avevo anche accarezzato un po’ di più… Non sapevo perché lo facevo. Ma la mia paura e la tua gentilezza mi hanno spinta a fare una cosa che non avevo mai fatto prima… E mi è piaciuto tanto sentirti apprezzare così tanto quello che stavo facendo… Ho temuto che tu ad un certopunto raggiungessi anche l’orgasmo. Ed io non volevo…”

Come adesso, Fedora! – le dissi sospirando io rumorosamente questa volta – Le tue carezze mi fanno impazzire!” “Lo vedo! E lo sento per bene… Sai bene cosa! Me ne sono accorta sai che a te piace tanto sentire la mia mano e le mie dita mentre ti accarezzo…”

Rimanemmo per qualche minuto così, in quella posizione adolescenziale. Il suo profumo mi inebriava e le sue leggere carezze mi fecero gonfiare ed irrigidire sempre di più l’uccello.

Ma Fabio! – miagolò lei – Tu hai fatto tanto per me. Poco fa… Mi hai salvata! Ma mi posso fermare? Non voglio… Non voglio andare oltre… Adesso, in questo posto… Voi uomini dopo state male…” “Continua, continua così, tesoro… – le risposi incurante dei suoi lamenti – Sei fantastica!”

Ma io… Ma io non voglio provocare disastri… Tu sei sposato ed io fidanzata! Sì, è vero! Tu sei stato meraviglioso con me! E continui ad esserlo. Sì lo so bene che dovrei contraccambiare. Anche perché ho sbagliato io e senza volerlo ti ho provocato… Ma Fabio, ci siamo appena conosciuti… Ed adesso sono in difficoltà, qui… Mi porti via di qui? Mi sembra che tutti mi vedano…”

Ingranai la marcia, sgommai ed imboccai l’uscita del parcheggio dell’aeroporto. Pochi minuti dopo, sempre in silenzio, imboccammo l’autostrada. Poco meno di un’ora e saremmo giunti in città. Sapevo già dove l’avrei portata. Nel mio studio fotografico sarebbe stata benissimo e pure a suo agio. Come avrebbe gradito!

La donna era rimasta immobile in quella posizione che aveva assunto ancora nel parcheggio dell’aeroporto. Con la nuca appoggiata al mio ventre e gli occhi socchiusi. Pensierosa scrutava il cielo. La gonna era ulteriormente risalita poiché la giovane donna nella ricerca di un’ulteriore comodità aveva allargato ancora un po’ le belle gambe.

Fu lei, probabilmente sentendosi troppo in colpa per il suo rifiuto, a rompere di nuovo il ghiaccio. “Sei arrabbiato con me, vero? – mi chiese timidamente – Scusami…”

Non le risposi ma con una mano le accarezzai il visetto. “Dai, non tenermi il broncio… – gemette – Mi fai sentire tanto in colpa così…”

Continuai ancora per qualche minuto ad accarezzarle il visetto senza però dire una parola.

Il mio atteggiamento portò però presto a sensibili miglioramenti della situazione. La vidi riaggomitolarsi ancora di più e così facendo fece salire la gonna ancora di più e praticamente assomigliare ad una cintura. Apparve il sottilissimo filetto rosa tenue e pizzato di quello che ritenni fosse un perizoma. Non soddisfatta ruotò lentamente il suo volto sul mio ventre e appoggiò la guancia dove era prima era stata adagiata la sua nuca.

Davanti ai suoi occhi il gonfiore del mio sesso ancor più evidente le fece fare un lungo sospiro. Divenne un gemito quando decise di appoggiarvi sopra le dita di una mano. “Volevi questo, vero? – mi chiese tutto di un fiato e gemendo un po’ – Come prima, sull’aereo…” “Sì Fedora! – replicai seccamente – Proprio così!” “Ma io Fabio ero veramente terrorizzata in quei momenti… – si volle quasi giustificare lei per quello che aveva fatto – E cercai di pensare a qualcosa d’altro, come tu stesso mi avevi consigliata di fare! A qualcosa di piacevole… Ma poi mi sono fermata… Non eravamo soli… Eravamo in un aereo…”

E adesso? – la tormentai – Sei ancora terrorizzata?” “No, adesso non lo sono più…” “E allora? – insistetti continuando ad accarezzarle i capelli ancora raccolti dal fiocco rosa – Vorresti continuare e finire quello che hai iniziato?” “Dovrei? – chiese con un filo di voce – Qui, adesso?” “Non esiste un obbligo per una donna per fare certe cose. Se c’è il desiderio…”

Lei rimase a lungo in silenzio. “Non sono quella che tu credi! – mi disse improvvisamente – Certe cose le ho fatte solo al mio moroso… Poche volte e solo un po’…” “Solo un po’? – insistetti io ridendo – Che significa?” “Ma dai, Fabio! Non prendermi in giro! – sbuffò lei – Sì, per davvero certe cose le ho fatte solo qualche volta e non fino alla fine. Sono anche parecchio inesperta e non sono brava come le tante donne italiane che tu hai probabilmente conosciuto. O imbranata, se preferisci! Ti basta?”

Quella confessione di una bella e giovane donna che girava mezza nuda e senza reggiseno per l’Italia mi sorprese, mi incuriosì e mi turbò. Spontaneamente le chiesi allora l’ultima cosa, la più intima per una giovane donna che si stava rivelando timida e riservata. “Sei vergine? – chiesi sottovoce per non metterla troppo in difficoltà – Non hai mai fatto l’amore? Completamente con il tuo fidanzato…” “No, Fabio, sono vergine. Vladimir ha certi principi e non ha mai voluto deflorarmi. L’avrebbe fatto eventualmente la prima notte di matrimonio. E fino ad adesso ci siamo arrangiati… A lui è costata talvolta tanta fatica, sai…”

E a te? – le chiesi spudoratamente – Hai fatto fatica a non farlo?” “Sì, talvolta sì ma nonostante la sua età non mi sono mai fidata di lui. Lo vedevo con me insicuro e non volevo perdere la verginità ed essere fecondata da lui. E’ per questo che il nostro rapporto si è troppo raffreddato. Io non avevo solo bisogno dello sperma di un uomo! Il suo in particolare non l’ho mai voluto conoscere, vedere o assaggiare. Non lo guardavo quando veniva… Mi giravo e scappavo… Insomma! Lui pensa evidentemente troppo allo spazio, io a cose molto più… terrene…”

Risi allora di gusto. Lei si schermì. “Dai, non prendermi in giro adesso! – brontolò lei – E’ la verità!” “Ti credo! E la tua bellezza assieme alla femminilità che mostri ti rendono una femmina meravigliosa!” “Ruffiano! Come tutti gli italiani! Per portare a letto una giovane e bella straniera la ubriacano di parole e complimenti!”

Io l’ho fatto? – le chiesi un po’ offeso – Ti ho presa in giro?” “No, Fabio. Tu no… – rispose mestamente lei – Ma se in Sicilia non avessi tenuto alta la guardia almeno in tre mi avrebbero forse addirittura fecondata… A loro interessava solo spruzzare il loro sperma dentro di me. Indifferentemente dove e come! E neppure se ero vergine e protetta!”

Ma adesso sei qui con me e per un po’ di tempo dovrai sopportarmi! – scherzai – Almeno fino a quando non recuperano la tua valigia, i documenti, i soldi e quella sacca con tutta la tua biancheria intima!” “Ma dai, Fabio! Non ricordarmelo! Comunque vorrei farti una confessione…” “Dimmi, Fedora, dimmi…” “Sono felice di essere qui con te. Mi sono affidata a te! Sono pure felice di averti svelato certi segreti miei intimissimi e di farti adesso certe cose. Sì proprio quelle che ti sto facendo e che so benissimo che ti piacciono tanto!”

Ma ci sono Fedora tante altre cose che mi piacciono…” “Fabioooo! – gemette la giovane donna avendo ben capito quello che intendevo – Ti ho detto che non sono molto esperta e certe cose non le so proprio fare!”

Lascia che giudichi io, tesoro. La generazione di differenza facilita il giudizio. Coraggio Fedora! Per incominciare prendi dentro quello sportello alla tua destra dei fazzolettini. E poi torna qui! Da me e in questa splendida posizione.”

Questa volta lei non replicò ed ubbidì. Aperto sotto il cruscotto lo sportellino vi mise la mano dentro. La tirò fuori tutta rossa in volto con una scatoletta di preservativi visibilmente già aperta. “Ne fai spesso uso, vedo… – mi interrogò un po’ infastidita – Non certo con la moglie che prende la pillola!Molte ragazzine?” “Ma no! Non tutte le donne prendono la pillola! Alcune possono essere state in pausa pillola e certe ancora non la tollerano. Altre infine non la prendono proprio! Come te, penso…” “Esatto! – replicò immediatamente lei – Sono però molto giovane e fertile. Ma poi, dopo il ciclo…” “Come adesso? – la provocai ricordando la confessione che proprio lei disperata mi aveva fatto poco prima al bar dell’aeroporto quando si era lamentata che l’unica cosa che le era rimasta in tasca dopo la scomparsa di tutto il suo bagaglio era un inutile assorbente interno – Adesso si potrebbe, però…”

Ma Fabio! – quasi urlò lei estraendo dal cassetto questa volta i fazzolettini – Volevi i fazzolettini, vero? Eccoli…” “Non sono per me! Sono per te, Fedora, ma solo se ne sentirai il bisogno… Dipende da quale è il tuo rapporto con la sborra di un uomo…”

Fedora impallidì sentendo quella parola da me volutamente a lei detta. Ma sapeva che a quel punto non poteva più rifiutarsi. Ma soprattutto non voleva più rifiutarsi.

Hai voglia, Fedora?” “Di cosa, Fabio? – finse ancora una volta di non capire – Di cosa dovrei aver voglia?” “Questa volta di vedere finalmente il mio uccello!” “Solo vederlo? – mormorò miagolando lei – Ti sarebbe sufficiente questo? Mostrarmelo? O vorresti dell’altro? A Vladimir bastava che io lo guardi, almeno per un po’. Solo all’inizio però… Poi lo mandavo al bagno… E lui ci andava!”

No, dolce Fedora. Non dovrai solo guardarlo. E lo sai bene cosa desidererei. Sarà emozionante farlo qui nella mia macchina a quasi duecento all’ora”.

Lei non disse nulla e socchiuse gli occhi. “Ma tu sai fare una sega, vero? – le chiesi sfrontatamente – E sai farla bene?” “Ma Fabio… Cosa mi chiedi! Sì, sì… – ammise con un filo di voce – Certo che so farla. Sono giovane ma sono già donna” “Edavresti anche voglia di farla a me…”

Rimase in silenzio per qualche secondo. Poi crollò. “Sì Fabio! Mi vergogno tanto a dirtelo ma ho una gran voglia di fartela… E’ da quando ti ho visto apprezzare i miei intimi all’aeroporto di Catania, da quando hai sbirciato a mia insaputa un po’ il mio seno e da quando ti ho accarezzato un po’ proprio lì…”

Coraggio, Fedora, mostrami allora quanto sei brava e quanto sei femmina!” “Aiutami… – mi supplicò lei – L’ho fatto solo con Vladimir. Oltre a lui non ho toccato nessun uomo nudo!”

Mentre si lamentava e con le dita nervose mi slacciava la cintura con una mano sospinsi la sua bocca verso i bottoncini dei calzoni che lei cominciò uno alla volta ad aprire. Mi lanciò uno sguardo di fuoco e dopo averla serrata allontanò la bocca. “No, Fabio, questo no! – gemette – Queste cose non le ho mai fatte a nessuno! Credimi, ti prego…”

I calzoni scesero subito dopo e lei si soffermò a guardare il ragguardevole gonfiore sotto lo slip. Fu allora che abbandonata la nuca con la mano tentai con difficoltà di penetrare sotto la canottierina. Volevo toccare la sua pelle, il suo seno e il capezzolino rosa che avevo appena intravisto sull’aereo. Fedora si irrigidì mi bloccò la mano e mi rese impossibile infilarmi sotto la canottierina. “No, Fabio. Non arrabbiarti ma voglio! – mi rimproverò per quel maldestro tentativo di accarezzarle la tettina che solo un po’ lei mi aveva involontariamente mostrato – Ti prego, non fare così. Sono in difficoltà ad esaudire già quel tuo desiderio.”

Sbuffai e le mi guardò titubante. Soprattutto quando le sciolsi il nodo del fiocco rosa che teneva stretta la sua lunga capigliatura nerissima. “Ma dai, Fabio! – quasi urlò lei scuotendo la sua chioma e sentendo le sue spalle e parte del suo seno ricoprirsi dei suoi lunghissimi capelli neri.

Fedora con i capelli sciolti sulle spalle era ancora più bella. “E adesso così puoi iniziare! – le quasi gridai – Sei bellissima così, con quei bellissimi capelli sciolti!”

Lei mi fissò indispettita per un attimo con gli occhi sbarrati. Poi il suo sguardo si abbassò! Mi aveva abbassato lo slip e voleva guardarmi come ero fatto. Se possibile la vidi spalancare ancor più gli occhi azzurrissimi. “Ma ce l’hai enorme! – mi urlò – Pensavo che nessuno lo avesse più grande di quello del mio fidanzato!”

Quelle parole naturalmente mi inorgoglirono. E l’accenno al suo fidanzato lontano mi eccitò ancor più quando fissandomi negli occhi con tutte e due le mani me lo prese finalmente in mano.

Va bene così? – mi bisbigliò – Ce l’hai tanto grande e non riesco a farlo bene con una mano sola! Te l’ho detto! Non sono brava a fare certe cose!”

Così sei fantastica, tesoro! – la volli incoraggiare sinceramente perché notai in quel momento tutta la sua difficoltà nel masturbarmi – Sei meravigliosamente dolce! Mi eccita tantissimo vederti in difficoltà nell’accarezzare un uccello di un uomo! Diverso e più bello di quello del tuo moroso…”

Lo faccio bene così con tutte e due le mani? – mi chiese preoccupata – Non l’ho mai fatto così! E preferisci che lo faccia piano o più veloce?”

Tutte quelle domande di Fedora mi eccitarono a dismisura. Ritenni necessario farle diminuire la velocità per meglio gustarmi quello che la bella Fedora mi stava facendo.

Il tuo istinto ti sta guidando benissimo, Fedora! – le dissi con un po’ d’affanno – Continua a farlo come ti piace. Avvicinati solo un po’ di più con il tuo visino. Voglio sentire il tuo fiato sul mio glande.” “Ma Fabio! – protestò subito lei sospettando il mio desiderio finale di sborrarle in faccia – Anche questo vuoi? Non mi piace vedere lo sperma e neppure sentire il suo odore. E teribile!”

Ma non hai proprio mai assaporato lo sperma di un uomo, tesoro?” “Oh no! Scherzi? Potrei vomitare. Non ne sopporto l’odore! Ti immagini il suo sapore!”

Pensi che anche il mio ti darebbe tanto fastidio?” “Il tuo è diverso? – mi provocò lei – Non lo so! Ma io certe cose non le ho mai fatte…”

Fedora sapeva però fare molto bene la sega. Le piaceva vedermi eccitato e la esaltava masturbarmi mentre guidando la guardavo sbirciando. Ubbidiente si avvicinò con il volto al mio glande, quasi a sfiorarlo.

Dopo avermi accontentato mi fissò negli occhi. “Mi raccomando Fabio! – mi ripetè con un po’ d’ansia – Avvisami quando stai per venire. Lasciami che mi protegga almeno un po’. Siamo in macchina e non voglio che mi sporchi troppo! Promesso?

Almeno un po’ della mia sborra te la voglio far assaggiare… – le risposi lasciandola ancor più preoccupata – Mi fa impazzire sapere che il mio sperma sarebbe il primo che tu assaggeresti. E poi dopo, Fedora, hai tutti quei fazzolettini profumati… Te li ho fatti prendere per questo…”

Ma Fabio! – protestò allora lei – Come puoi dirmi queste cose? Sono già tanto in difficoltà e tu mi dici queste cose!”

Ma Fedora! Naturalia turpia non sunt! E tu che tanto piace la letteratura antica questa verità dovresti saperla.”

Ma Fabio cosa c’entra il tuo sperma con questo?”

Risi di gusto ed aggiunsi convinto che dove entra lo sperma porta vitalità e felicità!

Lei dubbiosa continuò divinamente nella lentissima sega. Sempre guardandomi negli occhi aggrottò le sopracciglie e fece una smorfia quando senti alcune sue dita inumidirsi di qualche gocciolina del mio liquido seminale. Sapeva benissimo che quelle gocce di sperma anticipavano di poco il primo sborrone! Si irrigidì immediatamente.

Oh, Fabio… Mi sembra che tu stai per venire? Puoi spruzzare adesso, se vuoi… – mi sussurrò lei – Lo so, ti ho tanto eccitato e ti ho fatto soffrire. Io non volevo, ma adesso sei strapieno di seme, vero? E va bene, qualche goccia la puoi fare dove vuoi… Sei felice, uomo viziato?”

Allentai il pedale dell’acceleratore, rientrai dall’ennesimo sorpasso e mi infilai nella corsia di emergenza con i lampeggianti in funzione.

Lei vide la manovra e capì. “Sto per sborrare, Fedora! – urlai – Ecco, continua così, non fermarti e non scappare” “Oh Fabio! Va bene. Falla ma non esagerare! Sono qui… Aspetto… Non scappo più… E mostrami come la fai tu!”

Come risposta le strinsi tra le mie dita il suo bel volto. Aveva un’espressione di terrore dipinta sul volto come quella che avevo visto durante l’atterraggio. ”Eccola! – urlai – Eccola la mia sborra. E’ tutta per te., Fedora! No, brava, non fermarti nella sega. Piano, continua, continua… Sì così! Anche se sto schizzando! Non fermarti!

La sentii borbottare, gemere, sbuffare e protestare con il suo capo stretto nella morsa delle mie dita. Sì, avevo sborrato. Tutto e sul suo bel visetto e sulle sue labbra un po’ aperte. Poi ad un certo punto la sentii urlare. “Oh no, Fabio, no! Basta! Non così! Non ne posso più! Te l’avevo promesso! Ma solo un po’! Invece guarda come mi hai ridotta. Me l’hai fatta dappertutto. E quanta roba hai spruzzato! Uffa!”

La liberai dalla stretta alla quale l’avevo costretta. Lei subito si sollevò e mi piantò il suo sguardo furioso nel mio. Quello che poteva! Un occhio era completamente chiuso e ricoperto dallo sperma di uno degli schizzi più potenti. Forse il primo e proprio per questo l’aveva colta di sorpresa ad occhi ancora spalancati ed indifesi.

Ma altri sborroni l’avevano colpita sulle labbra prima socchiuse e poi ben serrate, sulle guance, il mento e tra i capelli. Ma le colate finali non avevano risparmiatola neppure la sua canottierina bianca che si era macchiata con gli schizzononi delle mia sborra giallognola.

La giovane donna era sconvolta. “Ma Fabio! Quanta ne hai fatta? Mai visto tanto liquido seminale spruzzato in un orgasmo. E me l’hai schizzato dappertutto. Mi hai sporcata tutta! Non dovevi! La mia unica canottierina è ora sporchissima e tutta macchiata. Piena di sperma. E adesso cosa faccio? Non possiamo entrare neanche in un auto-grill. Ti immagini le risate dei clienti nel vedere la ragazzina ricoperta dello sperma di lui!”

Intanto se vuoi levati lo sperma dal viso con quei fazzolettini… – le consigliai un po’ mortificato per quello che avevo combinato – Sono anche profumati.” “E i capelli? – gridò ancora lei sconfortata – Guarda mi cola il tuo sperma dappertutto. Devo lavarli prima possibile. Fabio, ho bisogno assolutamente di una doccia…”

Nel mio studio ne avrai una a tua completa disposizione. E’ lì che volevo dirigermi. Arriveremo tra una ventina di minuti. Ti ospiterò lì fin quando lo vorrai. Dopo tutto quello che ti è successo hai almeno un luogo dove poter stare comodamente.

La guardai e la vidi piagnucolare. “Grazie Fabio! – mi disse sottovoce – Scusa per la mia reazione. Ma tu me l’hai proprio combinata. Ti avevo detto che certe cose non le avevo mai fatte e che sono pure imbranata. Ma tu prima avevi già pensato a come risolvere tutti i mie problemi. Grazie. Una doccia salutare e un lavaggio della canottierina e tutto tornerà a posto. Quasi… ma quanto puzza il tuo sperma, uomo!””

Ripartimmo e ci fermammo in un parcheggio. C’erano parecchi camion in sosta.

Ci dedicammo alle reciproche pulizie. Io mi dedicai ai suoi capelli e lei al mio uccello. Trovammo il modo di ridere per quella buffa situazione. “Ti prego girati un minuto – mi invitò improvvisamente – Mi devo levare la canotta per ripulirla almeno un po’ dello sporma che ci hai schizzato sopra. Tu sai bene che oggi non porto il reggiseno. Quindi….” “Quindi? – le chiesi stupito – Perché devo girarmi?” “Ma Fabiooo! Non fare il finto tonto. Non voglio che tu mi veda il seno! Capito?”

Senza replicare ubbidiii. Fu una sofferenza sapere che a trenta centimetri Fedora era con le tettine al vento e che io non potevo gustarmele. Il pensiero di cosa lei stesse facendo però mi consolò. Dopo qualche minuto mi autorizzò a rigirarmi.

Ma non finì di sorprendermi. Lei poi mi chiese improvvisamente il mio giudizio su di lei. “Mi consideri una puttanella? O una fidanzata in libera uscita? Sono stata brava o mi sono mostrata parecchio imbranata?”

Le risposi sorridendo che ritenevo che lei fosse una splendida donna che non aveva però potuto avere molte esperienze sessuali. Ma la sua femminilità le aveva fatto superare tutte le difficoltà. No, non era proprio una puttanella notando tutto il suo imbarazzo e visto come non si era concessa troppo. Il suo corpo, con le eccezioni delle sue belle mani e delle sue lunghe e nervose dita, continuava ad essermi completamente sconosciuto. Così la rincuorai e la giustificai per le corna fatte al moroso. Una giovane e bella ragazza si mette in libertà quando il moroso la costringe a farlo. E solo così ha potuto dimostrare a se stessa di quanto fosse brava e quanto non fosse imbranata. Imbarazzandola tanto le ribadii che solo una donna brava a letto ed assolutamente non imbranata avrebbe potuto farmi godere in quel modo. E continuavo ad avere tante curiosità e progetti su di lei.

La giovane donna a quelle parole si avvicinò a me e congiungendo le dita delle mani dietro la schiena prima si appoggiò a me sul mio petto. Poi sollevò il viso, cercò le mie labbra, le sfiorò con le sue labbra e poi si aprì in un lungo ed appassionato bacio. Era il suo primo bacio, appassionato. E la ragazzina sapeva baciare bene! E sentii forte l’odore della mia sborra che ancora la ricopriva sul volto.

Dopo, alla fine del bacio, si staccò abbassando il capo. “Scusami! – disse lei – Ma cosa mi fai fare! Anche questo però l’ho voluto io! Anche se le mie labbra odorano ancora di sperma! Il tuo!”

Venti minuti dopo varcammo insieme la porta del mio studio fotografico.

Appena entrati in quella che era la mia alcova si accesero da sole le colorate luci di cortesia e partì pure la dolcissima melodia del mio impianto stereo la cui apertura era volutamente sincronizzata all’effetto rilassante dei fasci luminosi. L’ospite doveva rimanere strabiliata da quella accoglienza. E Fedora lo fu. Fatti due passi all’interno lei si bloccò e rimase in silenzio evidentemente meravigliata da quei sorprendenti effetti che l’avevano accolta nella mia tana.

Io, dopo essere entrato anch’io e chiusa con attenzione la porta blindata d’ingresso, feci due passi e mi incollai dietro il corpo di lei facendole sentire ancora una volta quanto il mio uccello avesse voglia di lei.. Non ancora soddisfatto le cinsi forte per qualche secondo i fianchi. Ma subito spostai una mano lentamente e leggermente sul suo ventre ed appoggiai le mie labbra sul suo collo inebriandomi ancora una volta del suo profumo.

La sentii fremere ed emettere un lungo sospiro. Alla giovane donna piaceva proprio tanto così!

Abbandonai il collo dopo un lungo bacio e mi sollevai sfiorandole l’orecchio che prima leccai e poi mordicchiai un po’. Lei ebbe un altro fremito di piacere, capì e girò lentamente il suo volto verso il mio. Mi offrì così la bocca già aperta e da fare mia. Il bacio fu passionale, lungo e particolarmente sensuale. Lei mi baciava ed ansimava. Sempre di più contorcendosi per meglio offrirmi la sua bocca. Fino a girarsi completamente e strusciare il suo seno al mio petto. Lei allora sollevò le braccia con le quali mi circondò e strinse il collo. In alto con le braccia tese ed incrociate attorcigliò le dita delle mani. Le piaceva baciarmi così! La eccitava la sensazione di possesso che quel modo di baciarmi le dava.

Il suo profumo, la sua intraprendenza mostrata in quel particolare modo di baciare e il gran desiderio che continuavo ad avere mi spinsero ad un’azione che la colse indubbiamente di sorpresa.

Con le dita di una mano con decisione catturai il bordino ricamato della sua canotta e la trascinai velocemente e tutta fino al ventre. Ardevo dal desidero di vedere le sue piccole tette!

Non feci in tempo ad inteerompere il bacio ed abbassare lo sguardo per scoprire quello che tanto volevo. Per la sorpresa le emise un lunghissimo sospiro. “Noooooo! – urlò lei immediatamente dopo – Non voglio!” Liberò il mio collo dalle sue braccia e precipitosamente con le mani si coprì i seni che avevo appena scoperto!

Ma Fabioooo! – continuò a strepitare lei – Non lo voglio! Non cosi… Lo sai bene!” “Ma Fedora! – sbuffai io – Ardo dalla voglia e voglio vederti! Come sei fatta!” “Ma tesoro! – replicò subito lei tentando di coprirsi con un braccio il seno e con le dita dell’altro risollevare la canotta – Ti ho già aiutato un po’ prima ed ho esaudito i tuoi desideri! E non è stato facile per me fare quelle cose, uffa! E sai bene cosa hai combinato e come mi hai conciata! Guardami! Non vedi? Puzzo ancora di sperma! Il tuo! Ce l’ho dappertutto!”

Abbassai il capo e rimasi in silenzio. Lei terminò l’operazione di rivestimento della canottierina effettivamente ancora tanto macchiata e quasi ricoperta della mia sborra. “Vedi, Fabio? – continuò lei mostrandomi la sua canotta strapiena ancora del mio bianchissimo liquido seminale – Sono lurida ed ho assolutamente bisogno di una doccia e di almeno sciacqure la mia canottierina! E anche qualcosa d’altro… Sono una donna, io! Fare certe cose mi è anche piaciuto con delle inevitabili conseguenze molto intime. Mi hai capito, uomo prepotente ed impaziente? Grazie comunque per la bellissima accoglienza che ho avuto nel tuo studio. E, te lo ripeto, grazie per tutto quello che hai già fatto per me e che dovrai ancora fare se non ti arrabbi e mi cacci in strada in queste condizioni… Mi piaci, lo sai, e mi incuriosisce quello che sei ed anche quello che probabilmente fai qui… ”

Con quelle parole Fedora mi tranquillizzò e le risposi con un sorriso. “Ma Fedora! – Come potrei abbandonarti così? Appena un’ora fai sei stata meravigliosa con me… E non è stato facile per te fare certe cose…” “No, Fabio, non è stato proprio facile per me. E tu te ne sei accorto…”

Di cosa hai bisogno, adesso tesoro? – le chiesi – Se posso… Sono un uomo e vivo da solo qui…”

Lei sorrise. “Non mi occorrono tante cose. Prima di tutto la doccia, poi un docciaschiuma magari per donna, un asciugacapelli, un asciugamano grande ed uno piccolo, un detersivo per capi delicatissimi, una maglietta più lunga possibile o meglio un camicione come quelli che voi uomini usate! E poi… se mi fai dormire qui, una camicia da notte. Ma questa non è proprio necessaria….”

Basta così? – la interruppi – Altre richieste?” “Sì, Fabio, una… – replicò subito lei abbassando il capo – Ma è la più importante! Il tuo continuare ad essere gentiluomo. Sei un maschio, lo so! Ed io sono giovane ma molto curiosa… Lo sai! E mi piace imparare cose nuove ed anche provare della esperienze diverse soprattutto se mi sono offerte da un uomo più maturo come te… Ma questo forse non te lo dovevo dire! Scusa…”

Sorrisi. “Tutte le cose delle quali hai detto di aver bisogno le troverai in bagno. Maglietta e camicione in armadio nel guardaroba. Non ho la camicia da notte… Ho solo un baby-doll nuovo lasciatomi in regalo da una modella. Molto giovane pure lei. Il bagno è lì in fondo a destra. Io butto la pasta e metto in frigo il vinello e lo champagne. Lo stapperò in tuo onore”.

Grazie! – rispose divertita pensandomi cuoco – Ma non farmi bere troppo, tu! Non vorrai mica che mi addormenti su qualche divano!”

Entrò nel bagno chiudendo dietro a sé con attenzione la porta. Dopo qualche minuto per cercare e trovare tutto quello che le sarebbe servito dopo la doccia sentii scorrere l’acqua della doccia.

Apparecchiai la tavola e soprattutto preparai il solito aperitivo dolcissimo ma parecchio alcolico che propinavo sempre per abitudine alle mie ospiti… Per scioglierle un po’, se necessario… E mi sembrò che la giovane donna che sentii canticchiare sotto la doccia ne avesse un po’ bisogno!

continua

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