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Quando era iniziata l’estate, trovarsi un lavoro non era proprio in cima alla sua lista delle priorità. L’anno scolastico per Giulia era stato lungo e stressante, con una promozione strappata per il rotto della cuffia. Il suo unico proposito, dunque, era quello di staccare un po’ la spina e divertirsi.

Nella seconda metà di luglio, però, le cose erano cambiate rapidamente. Alcune amiche erano partite per il mare, insieme alle rispettive famiglie, e i suoi genitori avevano fatto lo stesso: da qualche anno i “vecchi”, come li chiamava bonariamente lei, avevano preso l’abitudine di farsi due settimane di vacanza da soli, in relax. Lei e suo fratello minore venivano così parcheggiati dalla zia paterna, a Velletri, in quello che lei definiva “il paradiso della noia”. Quando le era arrivata quell’offerta per un lavoro presso la villa della Marchesa, dunque, Giulia lo aveva accettato senza porsi tanti dubbi. In fondo qualche soldo in più le avrebbe potuto far comodo, in vista delle serate alcoliche che la attendevano al ritorno della sua compagnia.

Era accaduto tutto per caso. Munita del suo inseparabile motorino, Giulia era andata alla villa di Genzano per prendere la sua amica Jessica, che qualche settimana prima era stata assunta come cuoca dalla Marchesa. Invece di fermarsi fuori e mandarle un messaggio, come da istruzioni, la ragazza non aveva resistito alla curiosità e, di fronte al cancello del parco che lasciava intravedere uno scenario da sogno, aveva suonato il campanello.

Vestita di magliettina corta, shorts e sandali, con chiavi e casco in mano, Giulia non si era resa conto di quanto apparisse fuori luogo in quell’enorme salone dall’arredamento d’ispirazione ottocentesca. Neppure quando la padrona di casa in persona l’aveva accolta, e con atteggiamento algido ma comunque educatissimo si era intrattenuta con lei per qualche minuto.

Poi era arrivata Jessica, che scusandosi l’aveva praticamente trascinata via. «Ma non ti avevo detto di aspettarmi fuori?» l’aveva rimproverata lungo il viale che le riportava al cancello.

Prima di quella volta Giulia non l’aveva mai vista, la Marchesa. Tra i suoi compagni di scuola era un po’ una figura mitica, protagonista di mille leggende – una più esagerata dell’altra – di quelle che prendono piede fra i ragazzi e poi si ingigantiscono senza motivo: la Marchesa è una devota di Satana, la Marchesa organizza le orge come in Eyes Wide Shut, la Marchesa si fa scopare dai suoi cani… Non si sapeva neppure se quel titolo nobiliare fosse vero, autoproclamato oppure un semplice nomignolo che le era stato affibbiato e si era tramandato nel corso degli anni. L’unica cosa certa era che si trattava di una signora un po’ in là con gli anni, forse sulla sessantina, che viveva tutta sola in quella grande villa fuori Roma.

Eppure a Giulia, cresciuta con due genitori moderni e dallo spirito libero, in quei pochi minuti di conversazione era sembrata una donna gentile e a suo modo affascinante: capelli corti argentati, occhi azzurro ghiaccio, abbigliamento casto ma elegante, e soprattutto una serie di gioielli che probabilmente valevano quanto un bell’appartamento.

«Ma cosa vi siete dette con la Marchesa?» le aveva chiesto Jessica il giorno dopo, prima ancora di sedersi al tavolino dove l’amica la attendeva con due spritz. Cosa si erano dette? Nulla di che, avrebbe voluto risponderle Giulia. La Marchesa le aveva chiesto della scuola, della sua famiglia… Una normalissima ed educata conversazione fra sconosciute. Prima che potesse risponderle, però, la sua amica già aveva aggiunto: «Qualunque cosa fosse, ti vuole offrire un lavoro».

Il suo ruolo doveva essere quello di addetta alla piscina. Pulizia, manutenzione, cose del genere. Giulia non era certo un’esperta, ma fra buona volontà e qualche tutorial di Youtube si era presentata pronta al suo primo giorno.

Quando lei era lì, di solito anche la Marchesa sostava nelle vicinanze. La ragazza si ritrovò anche a pensare che lo facesse per controllarla: d’altra parte era appena stata assunta, ci stava che volesse tenerla d’occhio. Il più delle volte la donna se ne stava sul lettino all’ombra, coi suoi costumi interi a tinta unita – prevalentemente scuri – a leggere un libro e a sorseggiare un drink che la cameriera, un’altra ragazza giovane che Giulia non conosceva, le riempiva regolarmente. Raramente parlava, mai si faceva il bagno. Se la piscina non ci fosse stata, in quel giardino, di fatto per la padrona di casa non sarebbe cambiato nulla.

Poi accadde, un pomeriggio, che la Marchesa fosse di buon umore. Addirittura, vedendo Giulia accaldata sotto al sole, l’aveva invitata a prendersi una pausa, e a sedersi lì vicino a lei.

«Non voglio certo che le venga un’insolazione, signorina» le aveva detto, col consueto tono formale che usava con tutte le sue dipendenti.

Anche Giulia provava ad essere formale, ma più in là di darle del “lei” non sapeva andare. E così, senza rendersi conto che si stava prendendo troppa confidenza, le aveva chiesto «Ma lei vive tutta sola in questa casa così grande?».

La donna, accennando un sorriso, si era prestata a risponderle cordialmente: «Sono vedova da tanti anni, signorina, e i miei due figli sono andati via di casa già da un po’. Lo scorso anno sono pure diventata nonna, lo sa?».

Giulia si era complimentata, in maniera del tutto sincera. Osservandola da vicino, era genuinamente sorpresa da come una “nonna” potesse conservare una forma così eccellente. Minuta e piuttosto magra, la Marchesa in costume faceva ancora la sua figura. Lei, che ogni qual volta cedeva alle tentazioni in tavola tendeva a mettere su peso, in particolare su seno e fianchi, avrebbe messo la firma per arrivare a quell’età con quel fisico.

«E mi dica signorina, lei ce l’ha il fidanzato?».

A quella domanda, Giulia aveva sorriso. Di solito era sempre brutalmente sincera, ma con la Marchesa si ritrovò a chiedersi se non fosse meglio fare la figura della timida.

Un fidanzato? Giulia non l’aveva mai avuto. E aveva intuito che non lo avrebbe neanche mai desiderato già verso gli 11 anni, quando la sua migliore amica Sabrina si mise insieme a Carlo, quello della 3^ D. Uno spilungone biondo che le causò il suo primo pianto di gelosia.

«No signora, sono single» si limitò a dirle, senza peraltro mentire.

Fu a quel punto che d’improvviso Giulia sentì l’acqua gelata sulla schiena. Anzi, ben presto si rese conto che non si trattava di acqua, ma di alcol. La cameriera, evidentemente inciampata, le aveva appena versato addosso il drink che stava portando alla Marchesa.

«Ma che fai, stupida?» la sgridò la donna, alzandosi in piedi. Una reazione decisa, quasi sproporzionata, che sorprese Giulia, facendole scoprire un lato inedito della sua datrice di lavoro. Il minuto seguente fu per lei uno dei più imbarazzanti della sua vita. Dover stare lì mentre la ragazza si beccava quella sgridata era insopportabile, tanto più che Giulia si sentiva quasi in colpa, solo per essere stata protagonista passiva dell’incidente. Senza farsi notare, sgattaiolò dunque in casa, rifugiandosi dove le urla si potevano sentire a malapena.

Diversi minuti più tardi, riavvicinatasi per verificare la situazione che nel frattempo si era fatta silenziosa, Giulia incrociò di nuovo la cameriera. In abiti borghesi e scura in volto, la ragazza si stava dirigendo con velocità verso l’ingresso.

«Mi… mi dispiace» provò a dirle quando le fu vicina. E l’altra, senza neppure guardarla, passandole di fianco digrignò un «Ma vaffanculo».

Giulia non ebbe neanche il tempo di rimanerci male. Ancora maggiore fu la sorpresa, infatti, quando la Marchesa arrivò da lei con la sua nuova divisa tra le mani: «Congratulazioni signorina, lei è appena stata promossa. Da oggi sarà la mia cameriera personale».

Adattarsi al nuovo incarico, per lei, non era stato poi così difficile. Anzi, la sua preoccupazione maggiore era stata quella riguardante il look: indossare quell’uniforme nera col grembiule bianco, così classica e iconica, la imbarazzava un po’. Anche perché le ricordava un costume che sua madre aveva messo a una festa di carnevale qualche anno prima, anche se stavolta la gonna non era così corta. La paga raddoppiata rispetto al precedente lavoro, in ogni caso, le aveva fatto mettere da parte i dubbi piuttosto in fretta.

E poi si trovava più a suo agio a gironzolare in casa facendo finta di spolverare, piuttosto che a pulire la piscina. Il piano superiore, in particolare, era ricco di stanze e di attrattive. Qualche volta alla ragazza piaceva soffermarsi un po’ più del dovuto nella sontuosa camera da letto della Marchesa, per curiosare con discrezione negli armadi o tra i cassetti.

Quel pomeriggio, la sua attenzione era stata catturata da un portagioie lasciato aperto sul comò, vicino al letto. Al suo interno vi erano diversi gioielli che, proprio come quelli che la padrona di casa indossava ogni giorno, per Giulia avevano un fascino irresistibile. La ragazza si avvicinò, e osservò con cura il contenuto. Poi, con la scusa di volerlo pulire, prese un vistoso anello d’oro.

Si guardò attorno, e quindi si avvicinò alla finestra. Quando pochi minuti prima era salita al piano di sopra, la Marchesa si trovava nel parco all’esterno, con il suo nuovo giardiniere. E infatti eccola lì, ben visibile dal vetro mentre era intenta a dare istruzioni a quel giovane ragazzo. Giulia pensò che tutte quelle storie che circolavano sulla donna tra i compagni di scuola fossero un’ingiustizia: ogni estate la Marchesa offriva occasioni di lavoro a tanti ragazzi e ragazze, in fondo c’era solo da ammirarla.

Sentitasi libera di osare, tenendo sempre d’occhio la finestra che dava sull’esterno si infilò l’anello al dito, rimirando soddisfatta quanto le stesse bene. Dopodiché tornò al portagioie, per provare anche quella splendida collana che aveva visto poco prima. Dopo averlo fatto abbassò un po’ le spalline del vestito, così da far risaltare quel prezioso ornamento adagiato con eleganza sulla parte superiore del petto, e il cui pendente quasi si perdeva nella sua scollatura.

Farsi prendere la mano fu per lei semplice, quasi inevitabile: uno dopo l’altro, provò praticamente tutti i preziosi contenuti nel portagioie. Infine, notò con sorpresa che sul fondo della scatola era appoggiata una chiave. E non poté fare a meno di chiederselo: perché un oggetto tanto banale si trovava lì dentro?

Giulia fu colpita come da un flash. Le venne in mente il suo primo giorno da cameriera, quando la padrona di casa mostrandole la villa le disse di non preoccuparsi di quella stanza dalla porta chiusa: lì dentro c’erano effetti personali che non sarebbero stati di sua competenza. Lei sul momento non si era posta tante domande, era solo una stanza in meno da pulire. Ora però, trovato quello che pensava potesse essere il modo per entrare, si sentì mordere dalla curiosità.

Afferrò la chiave, e tenendola stretta nel palmo della mano restò lì in piedi, dubbiosa, per quasi un minuto. Poi tornò di nuovo alla finestra: la Marchesa era ancora lì, probabile che con un giardino così grande fossero ancora molte le istruzioni che doveva dare al suo nuovo dipendente. Decise quindi di non perdere altro tempo. Con ancora indosso la collana e un paio di anelli, Giulia uscì dalla camera da letto e si diresse verso la stanza misteriosa. Quando si accorse che effettivamente la chiave girava nella serratura, si sentì percorsa da un brivido di eccitazione. Ma ancora non poteva lontanamente immaginare ciò che avrebbe trovato al di là della porta.

Aveva messo appena la testa dentro, e già sapeva di trovarsi in un luogo dove non avrebbe dovuto stare. La stanza, tutto sommato piccolina, era diversa da tutte le altre, a cominciare dalle pareti dipinte di rosso e dall’arredamento quasi completamente in pelle nera. Proprio nella parte opposta all’entrata c’era una grande croce in legno, una specie di enorme “X” che alle quattro estremità presentava delle curiose manette… ornate da soffice pelo rosa. Lì a fianco, quello che aveva tutta l’aria di un tavolo per massaggi: nella sua ingenuità, la ragazza non riuscì proprio a immaginare perché ci fosse un buco proprio al centro.

Un altro muro, invece, presentava una serie di ganci su cui erano appese fruste e cinture con borchie di ogni tipo. Sotto, un mobile aperto con appesi vari capi d’abbigliamento: anche in questo caso la pelle e il lattice andavano per la maggiore, ma si potevano facilmente scorgere anche piume e vari completini di lingerie, uno più spregiudicato dell’altro.

Dall’altra parte della stanza, vi era una grande teca in vetro con diversi ripiani. Quelli più in basso erano dedicati alle calzature: tantissime, e tutte con tacco vertiginoso. Più sopra, un intero ripiano era riservato a falli e vibratori. Era la più grande collezione che Giulia avesse mai visto, ancora più fornita di quella del sexy shop che insieme a una sua amica, per una frivola sfida adolescenziale, aveva visitato qualche mese prima.

Il ripiano che la incuriosì di più, tuttavia, era pieno di VHS. Vecchie videocassette che forse ai suoi compagni di classe sarebbero sembrate oggetti misteriosi. Lei però conosceva quella strumentazione, suo padre a casa aveva un vecchio videoregistratore che ancora usava per riguardarsi delle partite di calcio registrate prima che lei nascesse.

Su ognuna delle cassette esposte su quel ripiano c’era un’etichetta, che recava semplicemente un nome e un numero: “Barbara 94”, “Luigi 98”, “Demi 99″… «Che diavolo di nome è Demi?» pensò ad alta voce la ragazza, mentre ripercorreva con l’indice tutte le etichette fino all’ultima, “Marco 19”. Giulia capì in fretta che quel numero doveva corrispondere a un anno, anche per come erano ordinate. A volte capitava che alcune videocassette recassero nomi diversi ma con lo stesso numero, in alcuni casi invece dei numeri erano del tutto assenti. Ma se la sua teoria fosse stata esatta, quelle videocassette avrebbero coperto un arco temporale di oltre venticinque anni.

Ancora una volta la sua curiosità ebbe facilmente il sopravvento: Giulia prese la prima cassetta, quella che diceva “Barbara 94”, e si diresse verso quell’angolo della stanza che ancora non aveva esplorato da vicino, ma che da subito aveva attirato la sua attenzione. Lì infatti c’era un divanetto con di fronte un vecchio televisore, di quelli a tubo catodico, sormontato da un videoregistratore. E proprio di fianco alla tv, una telecamera che al confronto con quelle della nuova generazione faceva ridere, ma che probabilmente svolgeva ancora bene il proprio compito.

Con le mani che quasi tremavano, Giulia inserì la videocassetta e poi si accomodò sul divanetto, schiacciando il tasto “play” sul telecomando.

Appena partì il video, la ragazza aggrottò le sopracciglia. L’immagine era tutta scura, quasi disturbata. Forse con gli anni la cassetta si era rovinata? Dopo alcuni secondi, però, iniziò a intuire cosa stava vedendo. Ne ebbe la conferma quando la donna nel video fece un passo indietro, allargando l’inquadratura attorno quella che era una delle fiche più pelose che Giulia avesse mai visto. Un bosco nero e folto tra le gambe, tremendamente fuori moda a guardarlo ora, ma probabilmente più comune all’epoca della registrazione.

La protagonista di quell’immagine si voltò, esibendo un culetto alto e tondo, e ancheggiando si allontanò dalla telecamera, per poi voltarsi di nuovo. La donna, il cui volto era ancora al di fuori dell’inquadratura, indossava un corsetto di pelle che le lasciava scoperto il seno, piccolo ma all’apparenza molto sodo, ornato da due capezzoli rossi e visibilmente eccitati. Inoltre portava due stivaloni rossi che Giulia aveva intravisto poco prima fra le calzature, e tra le mani reggeva un frustino.

Ora però non c’era solo quella donna nel video. Seduta su quello stesso divanetto dove ora lei si trovava, c’era un’altra ragazza, all’apparenza piuttosto giovane. Proprio come Giulia, anche lei indossava una divisa da cameriera, seppure dallo stile rétro. Svariati bottoni erano aperti, e lasciavano intravedere un seno abbondante.

Quando la donna in piedi si piegò, rivelando finalmente il suo volto, Giulia fu sorpresa solo fino a un certo punto di riconoscere in lei la Marchesa. Qualche ruga in meno sul viso, i capelli corti che anziché grigi erano neri… ma la somiglianza era palese e inconfondibile. Chissà se con gli anni anche lì sotto la Marchesa era passata dal nero al grigio, si ritrovò istintivamente a pensare la ragazza.

Dopo aver sussurrato qualcosa all’orecchio della sua cameriera, la Marchesa aveva iniziato a baciarla con passione. Intanto l’altra si era alzata la gonna, e allargando le gambe in favore di telecamera aveva infilato una mano nelle mutandine.

Giulia iniziò a sentire caldo. Di video di quel tipo, su internet, ne aveva visto più di qualcuno. Diamine, la categoria “lesbian” di Pornhub non era salvata fra i Preferiti solo perché non voleva rischiare che qualcuno a casa sua lo notasse. Però quella situazione era diversa. La donna nel video era la sua datrice di lavoro, quella con cui aveva parlato fino a poco prima, e che in quell’esatto momento si trovava lì fuori in giardino. La situazione era tremendamente eccitante, e quando la vide infilare la mano negli slip dell’altra ragazza, avvertì un bisogno irrefrenabile di toccarsi.

Girò la testa verso la porta, per un’ultima occhiata prima di abbandonarsi a quella che, in un angolo del cervello, sapeva quanto fosse una pessima idea. Dopodiché alzò la gonna e abbassò gli slip fino alle ginocchia, proprio mentre la cameriera sullo schermo faceva la stessa cosa. Si osservò tra le gambe, a differenza delle due donne lei era completamente liscia. Si inumidì le dita con la lingua, e iniziò ad accarezzarsi tenendo le cosce aperte.

Poi finalmente la Marchesa parlò: con tono ancora più autoritario di quello che lei conosceva, ordinò di salire a quattro zampe sul divanetto. Giulia, sempre più coinvolta e immedesimata, ubbidì e imitò perfettamente ciò che faceva la sua collega nel video. Poi, con la guancia posata sulla pelle del cuscino e il culo alto, ormai completamente scoperto, iniziò a penetrarsi la fica già umida con due dita. E ogni volta che sul televisore il frustino colpiva le natiche della ragazza, era come se anche lei ricevesse la stessa scossa: un misto fra dolore e piacere che Giulia non riusciva a spiegarsi, ma che in quel momento avrebbe fortemente voluto diventasse reale.

L’eccitazione divenne smisurata quando vide la Marchesa piegarsi in avanti con la lingua già protesa, e infilare il naso fra le natiche della cameriera. Avrebbe voluto continuare a guardare, ma ogni tanto non resisteva al bisogno di chiudere gli occhi e concentrarsi sulle sue sensazioni, sul suo piacere. Ma tutto ciò era nulla, in confronto al brivido che provò nel momento in cui avvertì una mano tapparle la bocca.

«Lo sapevo che eri una sgualdrina, l’ho capito sin dal primo momento» disse la Marchesa. D’istinto Giulia guardò il televisore, accorgendosi però che la donna nel video era ancora impegnata a leccare. E prima che con la coda dell’occhio potesse accorgersi della figura che ormai era sopra di lei, un’altra mano aveva già afferrato la sua, interrompendo la masturbazione.

«Entri nelle mie stanze private, dove ti è stato vietato? Ti fai i ditalini in casa mia?».

Giulia sentì le lacrime salirle agli occhi. Si era fatta beccare come una stupida. Già si prefigurava il licenziamento e l’umiliazione. Poteva provare a confessare? Ma che c’era da confessare, era più che evidente ciò che stava facendo. Magari se avesse chiesto scusa… I pensieri si accavallavano nella sua testa, confondendole ancora di più le idee. Fu a quel punto che sentì di nuovo due dita intrufolarsi all’interno della vagina. Stavolta però non erano le sue.

«Ti piace così, vero?».

Giulia voltò la testa quanto poteva, trovando finalmente il coraggio di guardare in faccia la Marchesa. La donna se ne stava lì in piedi, nel suo sempre impeccabile tailleur. Ora le aveva appoggiato una mano sulla natica, e con l’altra la stava masturbando.

«Io… io non…» provò a dire, cercando il coraggio di fare uscire le parole. Ma fu subito interrotta: «Zitta – le ordinò la Marchesa – Lo so che ti piace, senti quanto sei bagnata… Sei proprio una troietta».

Il movimento di quella mano era rapido e deciso. Giulia sentiva distintamente il dito medio e l’anulare penetrarle la fica, con almeno due o tre affondi al secondo, mentre l’indice e il mignolo facevano presa sulla parte bassa dei due glutei. E pur provando a trattenersi, non riusciva ad evitare dei mugolii di piacere.

«Senti come godi, puttanella che non sei altro» ripeté ancora la Marchesa, dandole uno schiaffo sul culo.

Poi a un certo punto le ordinò di girarsi. Giulia non esitò un secondo, ormai era in balia della situazione. Si accomodò dunque supina sul divano, allargando le gambe non appena le furono strappate di dosso le mutande.

«Ma che bella fighetta depilata…» sussurrò la donna, riprendendo la stessa penetrazione di prima con il medio e l’anulare. Era un movimento sapiente, che andava a toccarle punti sensibili che neppure Giulia stessa conosceva. «E vedo che mi rubi anche i gioielli» disse fissando la collana che la ragazza, presa dall’euforia, non si era più tolta.

Di nuovo Giulia provò a giustificarsi, ma ancora una volta si ritrovò con la mano della Marchesa a chiuderle la bocca. «Shhh… Questa stavolta te la perdono, ti sta molto bene».

Col dito andò ad accarezzare la collana, scendendo verso il pendente. Ma il movimento non si fermò lì: scorrendo più giù, l’indice si infilò nella scollatura, andando sotto anche al gancetto del reggiseno. E complice il fatto che la ragazza avesse abbassato prima le spalline per far risaltare il gioiello, bastò uno strattone deciso per scoprirle del tutto il seno.

Il viso di Giulia era rosso, un po’ per l’eccitazione e un po’ per l’imbarazzo della situazione. Le sue tette erano nude di fronte alla Marchesa.

Poi vide la donna piegarsi in avanti, lentamente. Quando il viso fu proprio sopra al seno, sorrise e tirò fuori la lingua. Ma non leccò. Rimase a un paio di centimetri di distanza, guardando negli occhi Giulia con espressione divertita. Poi si fece ancora più avanti, portando il viso vicinissimo a quello della ragazza. E quando lei provò istintivamente a tirare fuori la propria lingua per cercare un contatto, la Marchesa si ritrasse. A quel punto le si avvicinò all’orecchio, rimanendo ferma per diversi secondi. Entrambe sentivano il respiro affannoso dell’altra, l’alito caldo sul proprio collo.

«Forza, godi come la vacca da monta che sei» le sussurrò all’orecchio, intensificando ancora di più la penetrazione delle dita.

Giulia non riuscì più a trattenere gli spasmi del bacino, e afferrando con violenza la pelle dei cuscini liberò il proprio urlo di piacere, esplodendo in un clamoroso orgasmo.

Quando riaprì gli occhi, qualche secondo dopo, si ritrovò quasi in faccia la mano della Marchesa. Le stava muovendo le dita davanti agli occhi, erano visibilmente umide e fra medio e anulare, sospesa a mezz’aria, c’era una bava di liquido trasparente. Prima che potesse dire qualcosa, la donna ritrasse la mano e con un semplice gesto si pulì sul grembiule di Giulia, proprio sopra al suo stomaco.

«Pulisci il macello che hai fatto» le disse gelida sistemandosi la giacca e la gonna del tailleur, che in realtà parevano appena indossati e senza una piega. Poi, appena prima di uscire dalla stanza, aggiunse: «Domani verrai mezz’ora prima per recuperare il tempo che hai perso oggi».

Quando fu a casa, prima di infilarsi nella doccia Giulia decise di richiamare i suoi genitori, che l’avevano cercata nel pomeriggio. In quei giorni si era un po’ negata, non poteva più esimersi. Si mise sul letto coinvolgendo anche suo fratello, avviò la videochiamata di Whatsapp e dopo una lunga serie di squilli le apparve l’immagine del padre.

«Ciao tesori belli! – disse lui sorridente – Mamma è in doccia, mo’ ve la chiamo». E prima che potessero rispondergli, lo sentirono urlare a pieni polmoni «Laura, ce stanno i ragazzi al telefono!».

«Come va, vi divertite?» gli chiese Giulia con una punta di invidia. Probabilmente erano appena tornati dalla spiaggia. Il padre era a petto nudo e abbronzatissimo, quei due al mare da soli di certo se la spassavano.

Dopo appena un minuto li raggiunse anche la madre. Si era annodata un asciugamano sopra al seno, i capelli e la pelle – anche lei era bella abbronzata – apparivano ancora visibilmente bagnati. «Amori miei, come state?» esordì squillante.

In breve la conversazione si spostò sull’argomento principe: «Tesoro, dimmi di questo nuovo lavoro! – la pungolò la madre – Tuo fratello mi ha detto poco, e negli ultimi giorni non ci siamo mai sentite».

Giulia spiegò a grandi linee in cosa consisteva, senza entrare troppo nel dettaglio. Ma quando a una richiesta di approfondimento rispose «In una villa a Genzano», vide la madre cambiare istantaneamente espressione.

«Genzano? Ma… dalla Marchesa?».

E che ne sapeva sua madre della Marchesa? Le leggende erano così vecchie da avere girato anche quando andava a scuola lei?

Giulia annuì. E dopo qualche secondo di silenzio, la madre aggiunse: «Come sta andando? Ti tratta bene, la Marchesa?».

Come stava andando? Se alla chiamata non fossero stati presenti anche suo padre e suo fratello, forse la ragazza avrebbe anche potuto provare a confidarsi. E invece si limitò ad annuire ancora, per poi chiederle come facesse a conoscerla.

«Perché in realtà ho lavorato anch’io da lei per un paio di estati… Ma è stato più di vent’anni fa, ero poco più grande di te».

«Sul serio?» chiese Giulia incredula.

«Sì, sì… Era una signora gentile, le ero affezionata. Ricordo come mi dicesse sempre che le rammentavo una giovane Demi Moore… Domani me la saluteresti?».

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