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Vedemmo passare un veicolo, sulla strada, che ancora eravamo ad un centinaio di metri e, quando la raggiungemmo -dopo aver reso di nuovo presentabile la donna- notammo le luci di un villaggio, a monte della strada, distante meno di mezzo chilometro.
Suggerii di spingerci fin là e loro si dichiararono d’accordo.
Il villaggio era di recente costruzione, di casette da un piano tutte uguali, in muratura, costruite con un certo gusto estetico: si capiva chiaramente che era frutto della stesso progettista che aveva realizzato i due villaggi.
Più da vicino, notai che in realtà si trattava di due villaggi, separati di una cinquantina di metri: come mi aveva spiegato Mamoud, uno comprendeva gli alloggi del personale dei due resort, mentre il più lontano era la sistemazione (“essenziale”, cioè senza i piccoli lussi dei villaggi turistici) per gli amanti delle immersioni, che preferivano spendere i loro soldi nelle immersioni, piuttosto che nei servizi dei villaggi.
Difatti, ad un paio di centinaia di metri, luccicava il mare in una profonda insenatura, con le sagome alcune barche ormeggiate.
Raggiungemmo le prime case ed occhieggiai l’ora: ero in orario sulla mia tabella di marcia.
«Buonasera!» Il saluto risuonò nitido nel silenzio, facendoci sobbalzare.
Mamoud venne verso di noi ed il suo ampio sorriso brillava alla luna, nel suo volto scuro.
Ricambiammo il saluto e lui, bruscamente, ci ordinò di seguirlo.
Superammo il villaggio dotato di una piccola moschea e poi raggiungemmo le casette in uso ai divers.
L’egiziano si muoveva con sicurezza e raggiunse un certo bungalow, da dove proveniva musica e risate: bussò brevemente alla porta e subito venimmo invitati ad entrare.
Nella saletta comune c’erano una mezza dozzina di europei tra i venticinque ed i quarant’anni: un paio di colossali scandinavi, biondissimi e con la pelle arrossata e poi tre tedeschi tatuati e coi capelli rasati, un romano indolente ed un inglese sguaiato, in coppia con un nero -originario della Giamaica- che parlava con un pesantissimo accento cockney: in seguito, venni a sapere che entrambi erano tassisti londinesi.
Dopo le presentazioni, ci offrirono delle birre -che apprezzammo tutti- mentre ci fecero sedere, lasciando solo Lorella in piedi.
Mamoud mi guardò con un sorrisino di scherno: «Sai… questi signori vengono qui per fare immersioni e si divertono molto… -mi disse in buon inglese- …Peccato che dopo un po’ sentano la mancanza di una donna… non possono frequentare le donne del resort perché hanno una diversa sistemazione, loro… così mi sono permesso di proporgli la tua troia…Ti spiace?»
Lo guardai, con una luce divertita in fondo agli occhi e gli risposi nella stessa lingua, nonostante l’espressione perplessa della coppia, che evidentemente non era padrona della lingua: «Io non ho nessun problema, ma in realtà la troia non è la “mia” donna: io ne sono solo il bull, cioè quello che se la sbatte e che la offre in giro: Gino, invece è il marito cuckold e quindi, per correttezza, la risposta spetta a lui»
Indubbiamente il nostro scambio di battute divertì i presenti, che rumoreggiarono con chiassosa allegria, mentre l’egiziano ripeteva in italiano la proposta a Gino; lui sembrò riflettere un attimo e poi: «Beh, è vero: io sono il marito, ma ho la massima fiducia nel bull di mia moglie, per cui quello che dice lui, a me.. a noi va bene»
Lorella annuì approvando, mentre gli occhi le luccicavano di libidine.
Feci un regale cenno di degnazione ed i due tedeschi risero forte, per primi, e chiesero uno strip-tease.

La donna mi guardò con un’aria un attimo smarrita (quanta insicurezza sul proprio aspetto, porta il procedere degli anni!) ed ad un mio piccolo cenno rassicurante, cominciò a spogliarsi ballicchiando e più o meno a tempo con la musica.
Levò il giubbotto, le scarpe, sbottonò la giacchina di lana, poi slacciò la gonna e -forse per errore- la lasciò cadere; il vederla senza intimo, scatenò un ululato di approvazione da parte della tribù dei subacquei.
Uno degli scandinavi, si alzò, la strinse in un abbraccio da orso, sollevandola da terra e le spinse con forza la lingua in bocca; altri ululati di approvazione, mentre altri uomini si alzarono e si appressarono ai due, cominciando a toccare Lorella dappertutto, lasciando cadere sul pavimento gli short e levandosi camicie o magliette.
Mamoud consigliò a me e Gino di denudarci e metterci nel mucchio, ma io considerai la situazione troppo affollata e rinunciai, sedendomi su una poltrona di vimini, ad osservare: sapevo di poter godere del corpo di Lorella come e quando avrei voluto, senza dovermi ammucchiare con quella umanità arrapata.
Gino, invece, si denudò e si accostò all’uragano di uomini che aveva come epicentro sua moglie, toccandosi tristemente il piccolo cazzo.
Lorella venne portata di peso in una camera, posata su un letto e poi, subito, si trovò un cazzo che le entrava in bocca, mentre mani sconosciute le frugavano i seni, il sedere, le gambe, la fica ed il culo.
Mi alzai e mi spostai, restando in piedi contro lo stipite della porta, guardando pigramente gli eventi.
Lorella si trovò in breve con cazzi ovunque, spessissimo contemporaneamente nella fica e nel culo, mentre altri cazzi le venivano spinti fino in gola o semplicemente -a due a due- solo le cappelle e parti delle aste.
Anche Mamoud osservava, divertito e scoppiò in una risata stupita quando il romano, sfilandosi momentaneamente dal culo della donna, glie lo ha messo per sbaglio in fica, già occupata dal consistente cazzo di un tedesco: lei sembrò quasi non accusare e continuò a dedicarsi con entusiasmo al piacere del gruppo.
Dopo qualche minuto, Lorella era sdraiata con la schiena sul petto del giamaicano, ospitando nel culo il suo ragguardevole attrezzo e il suo concittadino le sfilò il cazzo lungo e sottile dalla fica per pressarlo contro quello nero e penetrarla anche lui, in doppio, nel culo.
Stavolta Lorella lanciò un grido e provò a divincolarsi, nonostante lo sperma che già le avevano scaricato in fica e culo la lubrificasse notevolmente, ma la stretta del nero le impedì di liberarsi del doppio abuso.
Mentre gli uomini, una volta che scaricavano i coglioni, riprendevano fiato, Lorella continuava ad essere penetrata in ogni anfratto del suo corpo e la sborra che gli era stata versata dentro, veniva montata come la chiara d’uovo, formando una schiumetta bianca che le incorniciava i buchetti.
Alla fine, quando l’ultimo uomo si dichiarò soddisfatto lei, sfinita, si lasciò cadere supina sul letto, a gambe aperte.
Decisi che Gino, nonostante si fosse masturbato per tutto il tempo e si fosse venuto in mano due o tre volte, non era stato abbastanza coinvolto: «Gino, certo che tua moglie mica può tornare così sporca al villaggio!… -Lui, perplesso, annuì- …Ecco: e allora, dagli una bella pulita: comincia a leccarle via la sborra dei nostri amici dal viso, il collo ed i seni, per farti la bocca, ma poi non dimenticarti anche il culo ed la fica! Inizia!»
Mi guardò interdetto, ma il mio sguardo deciso lo convinse a fare quanto avevo detto.
Dopo una ventina di minuti, controllai accuratamente la donna e mi dichiarai accettabilmente soddisfatto di come il marito l’aveva pulita.
Così i coniugi si rivestirono, mentre Mamoud si giro verso i divers: «Bene, signori: direi che per completare il nostro accordo, manca ancora una cosa» disse, ridendo.
Gli uomini anche risero forte e misero mano al portafogli, consegnando all’egiziano cinquanta euro a testa, meno i due britannici che, lasciando quaranta sterline a testa, pagarono più dei compagni, anche se non sembravano particolarmente scontenti.
Lorella e Gino rimasero stupiti ed un po’ offesi del fatto che il loro gioco venisse monetizzato, ma rimandarono i commenti a dopo, quando saremmo stati soli, lì a cinque minuti.
Camminavamo verso il villaggio degli egiziani, quando Gino, timidamente, sollevò la questione: «Sì… però… insomma: io e Lorella siamo un po’ offesi, ecco»
Sollevai un sopracciglio, con fare interrogativo.
«Sì… insomma… essere trattata come… come una-di-quelle… Cioé.. il gioco ci va bene, ma per soldi, dai…»
«Una-di-quelle? -chiesi- cosa intendi dire?»
Lui si impappinò un poco, poi radunò il coraggio e controbatté «Si, insomma… come una… una puttana, ecco!»
Lo guardai con un sorriso acido, particolarmente da carogna: «Ma Lorella E’ una puttana: e allora è cosa buona e giusta che le sue prestazioni siano state monetizzate!
E comunque, a rigor di termini, Lorella non si è prostituita, cioè non ha ricavato denaro dalle sue attività: ha solo favorito un conoscente che sta attraversando un periodo di poco lavoro e quindi pochi guadagni; in ultima analisi, ha fatto… beneficenza, ecco!

Comunque, io, in quanto bull, avevo deciso così e non c’é null’altro da dire!»

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