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Ormai era tardi. Luigi tornò dal lavoro, ed arrivai alla mattina successiva facendogli sorrisi falsi. Quando se ne andò spacchettai tutti gli acquisti fatti in farmacia, e misi via le siringhe. Mi spaventavano da morire, ma avrei fatto tutto quello che mi ordinava, quando me lo avesse comunicato.

La mail del mio Padrone era laconica: “A rapporto quando hai fatto”

Il clistere mi attendeva. Lo preparai come da istruzioni della farmacista (che vergogna chiedere, ma avevo dovuto farlo – e mi aveva anche eccitato) con camomilla tiepida. L’alternativa che aveva citato era acqua leggermente addizionata di sapone neutro, ma la camomilla per qualche motivo mi sembrava adatta. La sacca pesava. La appesi al supporto della doccia, mi misi carponi dentro la cabina e feci penetrare l’ugello nel mio sfintere lubrificato con un po’ di olio, cominciando il “servizio fotografico” con dovizia di particolari umilianti e degni di un trattato di anatomia. Era simile al pennarello come sensazione, tutt’altro che malvagia. Aprii il blocco ed il liquido tiepido cominciò a fluire, fluire, fluire… la pancia si gonfiava, ero meravigliata di vedere quanto rapidamente si espandesse, mentre continuavo a fotografare. Poi d’improvviso una fitta, un crampo. La sacca non era neanche a metà, non potevo fermarmi. Non ne avevo il permesso! Ero terrorizzata e cominciai a massaggiarmi il ventre. Le fitte si susseguivano, forti, e cominciavo anche a provare il desiderio di svuotarmi in modo quasi compusivo. Cercai di tenere il forellino più serrato che potevo, ma cominciavano ad uscire gocce, che da schiava perfetta riuscii anche a documentare.

Sensazioni contrastanti si mescolavano. Mi sentivo troia (e lo adoravo), ma sentivo dolore, mi sentivo umiliata (e mi piaceva). Il bisogno di svuotarmi mi faceva impazzire. Volevo fermare la tortura, ma contemporaneamente non me lo sarei perdonato. Avevo paura che la pancia mi esplodesse, ma avevo paura che mi punisse se mi fermavo. Ed avevo anche voglia di toccarmi, e se lo avessi fatto forse mi sarei distratta, ma lui non voleva… non sapevo più cosa fare. Ero sulle montagne russe. Poi il cielo volle che il liquido fosse tutto dentro, e la sacca tutta vuota. Estrassi il tubo, pensando di andare sul WC e svuotarmi, ma avevo fatto malissimo i miei conti. Tolto il sondino dal buco del culo il liquido cominciò a sgorgare senza che potessi fermarlo. Sentivo pezzi solidi venire sparati fuori in mezzo al liquido, e l’odore di camomilla mista a merda mi faceva salire dei conati di vomito. Ma la mia vagina volava urlando che le piaceva. Era terribile e bellissimo, un drago delle fiabe che non puoi smettere di guardare incantata ma che vuole mangiarti.

Dopo parecchi getti potenti, ognuno dei quali pensavo mi avesse svuotato, potei alzarmi, e cercare di capire cosa fosse successo. La doccia era piena di escrementi, ed anche le mie gambe ed i miei piedi, ed un po’ anche il resto di me. Pancia, schiena, e per fortuna la micia era glabra. Sarebbe stata molto più facile da pulire. Non avevo fatto foto della espulsione… mannaggia a me! Fotografai la doccia lurida, le mie gambe piene di piccoli pezzi di merda e sperai che bastasse.

Lavai la doccia e me, tornando decentemente pulita e priva di odori, quando la pancia mi mandò un altro lampo. Un nuovo crampo. Mi misi sul WC, stavolta, e fotografando (raro che faccia due volte lo stesso errore) svuotai altro liquido, stavolta più denso e sporco. Quasi tutti escrementi. La cosa proseguì con qualche altra scarica di quella che era quasi diarrea, ma poi fini, finalmente. Mi sentivo svuotata, sia come energie che fisicamente. Ora il mio intestino doveva essere pulito, pensavo. Nuovo bidet, ed ero pronta per violarmi lo sfintere con il dito.

Lo feci facendo fotografie, e mi sentivo abbastanza dilatata, quasi non sentivo il dito. Volli fare una prova, e provai cosa provavo con il pennarello. Stavolta non sentivo fastidio, e quasi niente piacere, occupava troppo poco spazio dentro di me. Lo tolsi – ma solo dopo un selfie al mio ano – e rimisi il dito dentro. Volevo di più. Mi lubrificai medio ed anulare e mi penetrai il culo con due dita. AHHH! Ora si che mi sentivo troia! Me lo stantuffai godendo e fotografando, fino ad essere sull’orlo dell’orgasmo, ed a quel punto incurante delle finestre andai in cucina con due dita in culo, curva in avanti, con l’andatura di una invalida, a prendere la banana.

Era arrivato il momento, la presi e me la infilai nella vagina fino a sentirla toccare in fondo in modo quasi fastidioso, ma godendo come una pazza. Presi il pennarello e me lo misi dietro, solo per essere più troia nella foto ma scoprendo che con una banana nella fica il culo ha meno spazio ed il pennarello da solo già portava le sue sensazioni. E li, in piedi, scossa da brividi, oscillando priva di equilibrio, venni e squirtai. Finii a quattro zampe come una cagna, e così, con la banana piantata ancora in vagina ed un pennarello nell’ano raggiunsi il computer e feci il mio rapporto, completo di tutti i dettagli come voleva lui, con tante foto, e mi accasciai per terra, ancora farcita come un bignè.

Appena avessi preso fiato mi sarei tolta banana e pennarello. Forse. Forse li avrei tenuti in eterno per continuare a sentire quelle onde che percorrevano il mio corpo, quelle scosse elettriche che ogni tanto mi facevano sobbalzare. E poi volevo leggere la sua risposta….

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