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Era metà dicembre, un giorno qualunque della settimana, una tarda sera di quelle veramente stupide, quelle in cui non c’è anima viva per strada e ti chiedi cosa sia successo, veramente non ce la facevo più e stavo tornando da una delle innumerevoli e perlopiù inutili riunioni alle quali mi toccava presenziare.
Avevo una voglia folle, mi ero fatto già una sega quella mattina guardandomi un porno, ma non era certamente bastato.
Era uno stradone anonimo in che attraversava una zona industriale del cazzo, una macchia bianca si muoveva vicino a un fuoco.
Accostai, una nigeriana si appoggiò al finestrino, non perse nemmeno tempo a dire un “ciao”
-10 bocca 20 figa, 40 culo-
Lo disse con lo stesso entusiasmo di un annuncio delle ferrovie.
La guardai un momento con calma, probabilmente non doveva avere più di 25 anni, i capelli erano lisciati e tinti di un biondo assurdo, indossava una orrenda giacca bianca di plastica che arrivava sì e no a coprire il suo culone, aveva una specie di top che a fatica tratteneva delle tette già cadenti e delle calze a rete che le facevano sembrare le gambe dei salami nella loro legatura.
Mi chiedevo cosa ci fosse di interessante dallo scoparsi una così, alla fine pensai che 20 euro me li potevo permettere e che il cazzo mi faceva troppo male, pure alla vista di quella battona si era alzato e, soprattutto, con la nebbia e il tempo di merda non c’era nessuna di meglio.
-‘Fanculo – pensai – e aprii la portiera, lei piazzò le sue terga sul sedile, le sospensioni protestarono, io avevo decisamente bisogno di scaricare il mio cazzo in una figa.
Le diedi due pezzi da dieci, lei mi indicò di svoltare in una stradina, avanzai per qualche centinaio di metri.
Uscimmo dall’auto mi ripete che per 40 mi dava il culo, le risposi di no, era umido, la terra era piena di fazzolettini.
Con un gesto mi aprii i pantaloni e mi abbassai le mutande, quel tanto da fare uscire il cazzo, vidi un attimo di stupore nella faccia di quella mignotta, lei si frugò in una tasca della giacchetta, ne tirò fuori un profilattico, mi mise il guanto sul cazzo, l’anello mi faceva quasi male, il lattice era tirato allo spasimo, sperai che non si rompesse mentre la scopavo, non avevo proprio voglia di andare in ospedale a farmi una serie di test per le malattie veneree.
Lei si girò. mi diede le spalle, mi prese il cazzo, si scostò le mutandine e se lo infilò nella figa.
La stavo prendendo da dietro e si vedeva che non glie ne sbatteva di meno, non faceva nemmeno la fatica di ansimare o almeno di fingere.
Veramente mi giravano i coglioni, andavo avanti e indietro, lei cercava anche di stringere le gambe per farmi venire prima; ma su quello rischiava di venire delusa, a volte, anche segandomi davanti a un porno, mi erano passate delle mezz’ore prima che sborrassi.
“Va a cagare!” pensai tra me, infilai una mano nella tasca, ne tirai fuori un 50 euro, glieli sbattei sul cofano dell’auto dove stava appoggiata.
Lei rimase un attimo a chiedersi perché le avessi messo altri soldi, e poi realizzò e intascò i soldi, io tirai fuori il cazzo dalla figa, appoggiai tutto il mio peso sulla sua schiena facendola abbassare, le tirai giù le mutande a metà coscia, allargai un poco le gambe e le cacciai il cazzo nel culo senza pietà.
Sicuramente ne aveva presi di cazzi, e, se la figa era completamente allargata, anche il culo era abbastanza rotto, ma certamente non era abituato a prendersi una verga della taglia del mio e tutta di colpo.
Le uscì un mezzo urletto, cercò di svincolarsi, la tenni ferma mentre lo spingevo dentro a colpi secchi e lenti, lo tirai indietro un paio di volte fino a lasciarle dentro solo la cappella e poi rispingevo in avanti di colpo, sbattendola contro l’auto.
Alla quarta spinta smise di fare resistenza e iniziò ad accompagnare i miei colpi, adesso la sentivo ansimare.
Quando sono uscito completamente da quel buco caldo e slabbrato spinse lei stessa indietro il culo contro il cazzo per farsi impalare nuovamente.
Da domata iniziai a stantuffarla con calma, un colpo dopo l’altro, ogni tanto le arrivavo fino in fondo, facendola sussultare, iniziai a frugare quelle tettone, erano di dimensioni spropositate, le tastavo, le pizzicavo i capezzoli, li torcevo.
Intanto la sentivo sempre più ansimare, credo si fosse cacciata una mano intera nella figa per masturbarsi, di colpo sentii le sue gambe tremare e cedere, era venuta, io, invece credo che avrei potuto continuare a spingermi nel suo intestino per un’ora, iniziai a dare dei colpi bene assestati e nel frattempo lasciavo vagare la mia mente mentre mi vedevo sbattere qualcuna di mia conoscenza che me lo faceva tirare apposta, a pensare che, anziché avere il cazzo in un culo flaccido e sfondato, stessi trapanando un bel paio di terga sode ed elastiche, e che mettevo le mani su delle tette eleganti e dure come il marmo, al posto di quella gelatina molliccia della vacca che mi stavo sbattendo.
Decisi che ne avevo abbastanza, tirai fuori il cazzo dal culo, strappai via il guanto che puzzava di merda e le sborrai sulla schiena, tre, quattro, cinque schizzi del mio seme biancastro le disegnarono degli arabeschi appicicaticci.
Presi dei fazzolettini, mi ripulii il cazzo e glie li passai sulla schiena, mi fece un cenno che se ne tornava a piedi al fuoco, distante forse 100 metri, da sola.
La vidi allontanarsi un poco barcollante e con le gambe lievemente larghe.
Io risalii in macchina, accesi il motore e partii, l’indomani mattina avrei dovuto fare il buon sacerdote al corso coppie.
Il cazzo aveva smesso di farmi male, almeno.

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