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Racconto moralmente offensivo. Se siete delicati passate oltre. E vaffanculo.

25 Dicembre 2019.

Ore: che cazzo ne so di che ore sono. Tardi. O forse presto, tutto sta come si intende l’ora. Quello che so è che è la fottuta notte di Natale, quella tra il 24 e il 25 per capirci e ormai tutti i locali sono chiusi e i buoni cristiani sono a dormire.

Tranne noi.

Che non siamo di certo buoni cristiani.

Tranne me, mio fratello, quel figlio di buona donna del Pedro, la morettina inginocchiata davanti a lui e il moroso di lei.

Già. Avete capito bene. La morettina è in ginocchio davanti al mio amico e vi assicuro che non sta pregando.

Perché la cosa assurda è che la ragazza, fidanzata con l’altro sconosciuto che la fissa imbambolato, è tutta presa a fare un cazzo di pompino davanti a tutti.

Come siamo arrivati a questo?

Sono qui per raccontarvelo.

25 Dicembre 2019.

Ore 16.25.

Sono in anticpito. Come sempre. Ammesso che ve ne freghi un cazzo c’è una cosa che odio: arrivare in ritardo. Tutto il contrario di quella troia di mio fratello, geneticamente incapace di arrivare puntuale.

Sono le 16.40 quando arriva. A piedi. Con quel suo passo da checca del cazzo.

“Embé?” mi guarda come se non sapesse perché sono incazzato.

“Sei un coglione.”

“Rilassati bro, sono dentro il quarto d’ora accademico.”

Mi batte una mano sulla spalla e a me viene voglia di staccargli tutte quante le dita e giocarci a shangai.

“Prendiamoci sto cazzo di caffé e scambiamoci i regali, frocio.”

Entriamo nel bar. Vorrei dirvi che è un barettino del centro curato ed elegante, con una bella ragazza dietro il banco, dove gustarsi un caffé dalla miscela selezionato e preparato con amore.

Il cazzo.

Ma, per quanto sia un posto squallido e buio alla morte che dovrebbe aver già chiuso attività, è quello che frequento più spesso.

Al barista, quel cazzone fallito, non gliene può fregare di meno del suo lavoro e, quando entriamo, ci saluta con la sua faccia di merda scazzata. Sono sempre più convinto che abbia una seconda fonte di reddito, tipo far prostituire la sorella o spacciare metanfetamine.

“Cosa volete da me? Andate da un’altra parte. E’ Natale.”

A malapena alza quel muso di merda dal telefono per darci il benvenuto.

“Sei il solito coglione Yuri. Prima o poi darò fuoro a sto marciume di posto. Con te dentro” gli rispondo senza mezzi termini. Mette via il telefono, stacca il culo dal banco e mi guarda in faccia.

“Fai i bocchini talmente male che non ti manderei nemmeno mia sorella a farsela leccare.”

“Tua sorella si stanca a forza di farsi sbattere da me, non lo sapevi?”

Mi guarda male, malissimo. Sua sorella, oltre a essere una gran figa, è un tasto delicato su cui non gli piace scherzare. Ma non me ne può fregare di meno.

“Te lo taglio quel cazzetto moscio che ti ritrovi e poi te lo faccio mangiare se osi toccare mia sorella.”

Il fatto è che sua sorella, io, già me la sbatto, ma non so se lui lo sappia né se sia serio. Ma questa è un’altra storia e non c’entra con il fottuto Natale.

Mio fratello mi mette di nuovo la mano sulla spalla e mi sale l’istinto omicida. Ma è Natale, siamo tutti più buoni, no? Che cazzo devi mettermi la mano sulla spalla a fare? Sospiro. Altrimenti lo uccido.

“Piantatela due cretini che non siete altro. Ci fai due caffé?”

Yuri mi guarda storto.

“Dì a tuo fratello che se cerca l’oratorio è qualche portone più in là.”

“Perché non glielo dici tu?”

“Perché con le checche non parlo.”

“Quando è che ti troverai un po’ di figa decente da tenere dietro al banco? Sembra un bar da froci” gli rispondo. La realtà è che qui mio fratello non viene mai. Non è il suo posto. Questa volta ha fatto un’eccezione.

“Quando vi deciderete a bere da uomini e non da gay.”

“Lo sai che siamo noi a pagarti l’affitto, non rompermi i coglioni. Fai due americani.”

“Prova con un per favore, frocetto.”

“Ti sembro la fatina buona del cazzo?”

Mio fratello sbuffa. Lo guardo con il sopracciglio destro alzato.

“Non è un po’ presto per fare l’aperitivo?”

Tiro fuori il telefono e guardo l’ora. C’è una notifica da quella zoccola della mia morosa, che non è la sorella di Yuri, tanto per essere chiari, ma ha preferito andare con le amiche piuttosto che uscire con me. Vada a troie anche lei. Ignoro la notifica e metto via il telefono. Però è vero, questo non è il bar dell’oratorio e questa non è l’ora della catechesi.

“Siamo alla vigiglia di Natale. Facciamo la vigiglia dell’aperitivo.”

Due americani, in due bicchieri diversi e lontani dal concetto comune di pulito, sono davanti a noi. Questo è il problema di questo posto di merda. L’americano. Non ho idea di che gin ci metta, us auna bottiglia senza etichetta, vecchia e rovinata che va in magazzino a riempire segretamente. Per questo Yuri non chiude. Per il suo americano superlativo.

Non ricordo esattamente quanti ne abbiamo bevuti. Tre? Quattro? E, se non ricordo male, almeno un cicchetto di vodka. Che Dio si prenda cura del mio fegato…

“Frocio, vieni con noi?”

Dall’altra parte del telefono c’è Pietro, per gli amici Pedro. Un figlio di buona donna che dice una cosa e ne fa un’altra. Però è un caro ragazzo. A modo suo.

“Sto con la mia donna, vi raggiungo dopo.”

“Dopo?”

“Venite da me. Ci spacchiamo e facciamo mattina.”

“Solo se la tua dolce metà lo succhia a tutti.”

“La troia ha già la bocca piena.”

Sento la sua donna rispondergli in malo modo, mi sembra di capire che sia pronta a staccargli il cazzo con un morso se la chiama ancora una volta troia. Rido.

“Dai, alzate il culo e venite al sushi.”

“Lo sai che non le piace il pesce. Preferisce la salsiccia. Viva.”

“Sei veramente frocio.”

“Ci vediamo dopo.”

“Lo sai che dopo andiamo a messa.”

“Siete troppo grandi per succhiare il cazzo al prete, froci. Venite da me. Ci spacchiamo e facciamo mattina.”

“Ci vado a scoparmi la suora, sfigato. Ci vediamo dopo in Vineria. E se ci dai pacco ti giuro che prima mi scopo la tua morosa, poi il tuo culo.”

“Promessa o minaccia?”

“Ti amo anche io.”

Ricordo che a cena al sushi eravamo arrivati già sbronzi e, non paghi, siamo andati avanti a bere. Asahi. Si scrive così? Dall’alto del mio tasso alcolemico non me lo ricordo. E poi chi cazzo se ne frega di come scrive. E saké. Dio abbia in gloria chi ha inventato il saké. Voglio saké al posto del sangue. Proprio come Tom Cruise ne “L’ultimo Samurai.”

Tanto, fottuto, Saké.

Usciamo dal sushi urlando “Sakééééééé!!!” come due cretini senza rimedio. La gente ci guarda come se fossimo due alieni. Alieni con una condotta deplorevole, ovviamente.

Alla messa di Natale eravamo fradici, ma lo Spirito (Alcolico) Santo era dalla nostra parte e siamo stati bravissimi, senza nessuna cazzata.

La nostra bella ora di chiesa ha l’unico pregio di regalarci un momento di sobrietà e rimetterci in carreggiata. Ho presino la faccia di andare a confessarmi, ma non di recitare i mille Padre Nostro di penitenza. Perdonami Dio, abbiamo tanto di cui discutere davanti a un americano dal mio amico Yuri, metti anche questo sul conto.

Si esce come un branco di pecore. Attraversiamo la Piazza. Risaliamo il corso. Ci infiliamo nel cortile della Vineria. Non c’è praticamente più nessuno. Sta chiudendo. Quando ci vedono arrivare i ragazzi che lo gestiscono non sono molto contenti. Anzi. Ci accolgono con una freddezza che fa concorrenza alla temperatura esterna.

“Tranquilli” gli dico alzando le mani in segno di resa, “Prendiamo due bocce di vino, tre bicchieri e ci mettiamo fuori.”

Il ragazzo alla cassa quasi sorride, ben lieto di incassare i nostri cazzo di soldi senza far straordinari.

Ne paghiamo una io e uno mio fratello.

Il Pedro non si vede. Guardo l’ora nel telefono. Un’altra notifica dalla donna. Non ho veramente voglia di risponderle. Per un attimo penso al culo della sorella di Yuri. Quello sì che è un culo, cazzo. Se ne vedono pochi come quello in giro.

Intanto beviamo, ci raccontiamo cazzate, e beviamo. L’ho già detto che beviamo. Siamo sbronzi. Io sono rallentato. Il mondo è fottutamente più veloce di me.

Sono le due (credo) quando mi rompo il cazzo e chiamo il Pedro. Detto così sembra facile, ma non lo è. Sbloccare il telefono è un’impresa. Trovare la rubrica ancora peggio. A momento mi cade il telefono dalle mani. Alla fine ce la faccio.

Tre squilli.

“Dove. Cazzo. Sei.”

“Mi sto facendo fare un bocchino da tua madre.”

Buon Natale un cazzo. Sento la sua voce lenta, trascinata, impastata.

“Adesso ti vengo a prendere e ti ammazzo.”

“Perché? Pensi che tua madre non facesse bocchini a tuo padre?”

“Che cazzo c’entra? Non mi mancare di rispetto.”

“Stai calmo bro, sto arrivando.”

“Quando arrivi ti gonfio.”

Quando arriva siamo rimasti io, mio fratello, una bottilia di vino e una coppietta a un tavolino tutta carina, vicina, intima. Fa un freddo infame. O forse dovrei dire che lo sentirei se avessi meno alcol in corpo.

Quando vedo Pedro arrivare mi alzo in piedi e gli vado incontro. Operazione che si rivela un momento più complicata del previsto e, tempo che sia riuscito a stare su, lo stronzo è arrivato. Lo vedo dagli occhi. Ha bevuto. Ha fumato. E forse non solo. Quasi sicuramente non solo.

“Quanto cazzo sei fatto?”

Mi dà una manata sulla spalla (pare lo sport nazionale oggi). Domani mattina avrò un sacco di dita per giocare a shangai. Pedro ride. O almeno ci prova. Quello che gli esce è un ghigno sghembo mal riuscito.

“Sono fatto di bocchini cazzo. Quella troia ti succhia anche l’anima.”

Non so esattamente di chi stia parlando, forse la sua donna, ma inizio a ridere. Mio fratello con me. Ridiamo e beviamo. Pedro si versa da bere. Siamo marci. Pedro è fuori controllo. Parla di pompini, padri, madri e troie che succhiano il cazzo e puttane che si schifano a prenderlo in bocca. Follia generale. Risate senza controllo. Siamo troppo ubriachi e troppo stanchi per smettere di ridere.

Mi rendo conto di essermi perso qualcosa quando vedo Pedro andare con passo convinto verso la coppia.

“Perché” lo sento dire lontano come se fosse sulla Luna, “la tua morosa non lo prende in bocca?”

Il ragazzo dice qualcosa. Lo sento ma non lo vedo. Sembra tranquillo. Penso che se uno sconosciuto si rivolgesse così alla mia ragazza gli sarei già arrivato in faccia.

“Tutte fanno bocchini. E chi dice di non farlo mente.”

Non riesco a sentire quello che risponde il ragazzo, Pedro è proprio tra me e lui. Vedo la ragazza sorseggiare il bicchiere di vino, quasi vuoto, con lo sguardo basso. Non credo che fosse così che pensava di passare la notte di Natale. Pedro barcolla. Io assisto a tutta a scena come se fossi al televisore.

“Tu non glielo succhi?”

Il ragazzo si alza.

Cazzo, penso, questo è male. Non ho la forza né la lucidità per reagire. Poi Pedro è grosso ed è un bonaccione, adesso si sistema tutto.

“Non sono letteralmente cazzi tuoi, amico.”

Invece no. Non si sistema un cazzo. Lo capisco da come quel “amico” è stato pronunciato non mi aspetto nulla di buono. Devo intervenire. Mi alzo e mi avvicino trovando forze e lucidità non so bene dove.

“Pedro, basta.”

“Basta un cazzo. Ci vuole tanto ad ammettere che fa i pompini?”

Il ragazzo fa un passo avanti e gli punta un dito contro.

“Non mi interessa se sei sbronza, vattene o ti sistemo.”

Lo prendo per un braccio e cerco di portarlo via.

“Stiamo solo parlando di pompini, come si fa tra uomini.”

Pedro alza le mani, come un coglione. Perché devo finirci nel mezzo io?

Questione di un attimo.

“Sì, faccio pompini. E sai cosa? Mi piace anche farli.”

Gelo.

La ragazza si è alzata in piedi. Siamo tutti girati verso di lei.

Il suo ragazzo è diventato una pietra. Pedro è rimasto basito. A me viene da ridere.

“E sai un’altra cosa?” riprende la ragazza con lo sguardo fisso sul mio amico, “penso che sia la tua ragazza a non farli.”

Questo sarebbe il momento perfetto per levarsi dalla palle. Sarebbe.

“Tu non ci vai nemmeno vicino a ingoiare come e quanto lei” risponde Pedro.

Io sono di sasso. Mi aspetto che da un momento all’altro il fidanzato della ragazza gli salti al collo e gli stacchi la testa, invece è impietrito quanto me e guarda la sua dolce metà con occhi sgranati.

“Sei solo un coglione” sbuffa lei.

Però, penso io guardandomi bene dallo stare zitto, la ragazza ha fegato considerando che Pedro le passa sopra di tutta la testa e le spalle.

“Vai a succhiare cazzi invece di dire cazzate.”

No Pedro, no. Non si fa così. Cerco di tirarlo via, ma si scrolla il braccio liberandosi della presa. Lei lo punta.

“Ti piacerebbe che succhiassi il tuo vero? Guarda te che gente di merda che devo incontrare…”

La ragazza sbuffa, secca il bicchiere di vino e si avvicina al suo ragazzo. Prego che vadano via in pace. Sarebbe, ripeto, sarebbe, la seconda palla buona per porre fine alla partenza.

“Pedro, andiamo ora. Facciamola finita. E’ Natale cazzo” ma neanche mi sente.

“Non saresti capace di prenderlo in bocca nemmeno se te lo mettessi sotto al naso.”

Lei ride. Si gira, lo guarda, ride ancora. Di colpo diventa seria, così seria che a me fa un po’ paura.

“Tiralo fuori.”

La sbronza, se già non mi era passata prima con l’ipotesi di vedere la testa di Pedro volare via, mi passa tutta di colpo. Mi guardo attorno. Il cortile è buio e non c’è più nessuno, ma resta comunque un luogo pubblico. Pedro porta le mani ai pantaloni.

“Pedro no” dico io.

“Io lo tiro fuori, ma quella troia lo ingoia.”

Sta volta mi guarda, con fare da eroe. Non approvo. Non approvo per un cazzo. Non è così che doveva essere la notte di Natale.

Ora parte la rissa. Il findanzato salterà al collo del mio amico con le brache calate e a me toccherà separarli.

Bel Natale del cazzo.

Vedo il ragazzo muoversi verso Pedro, ma lei gli posa una mano sul petto e lo ferma. La guardo come se fosse… non lo so… come se fosse un alieno. Che cazzo sta facendo?

“Ancora non l’hai tirato fuori? Bravi tutti a fare i leoni a parole, ma a fatti poi… tutti coglioni.”

“Credo possa bastare così per stasera” cercò di calmare gli animi. Ma sono tutti sbronzi? “Credo sia meglio che porti via la tua principessa” mi rivolgo al fidanzato.

Quando mi giro verso Pedro è troppo tardi. Ha abbassato i pantaloni e si sta menando il cazzo davanti a tutti.

No. No. No.

“Ma che cazzo fai? Sei fuori di testa?” Gli urlo in faccia.

“Adesso la troia me lo succhia.”

Sto per dire qualcosa, ma mi sento spingere da parte con decisione.

La ragazza gli si ingiocchia davanti e, senza aspettare un altro istante, glielo prende in bocca.

Pedro sospira.

Io sono basito.

Il suo fidanzato ha gli occhi che ormai gli escono dalle orbite.

Mio fratello ride come un cretino.

Pensavo di averne viste in vita mia, lo giuro, ma questa mi mancava.

La ragazza tiene le mani sulle cosce e muove la testa sul cazzo di Pedro. La vedo tenere le labbra strette e muoversi con attenzione. Non sta facendo un pompino tanto per fare, lo sta facendo a regola d’arte.

Perché quel frocio del suo fidanzato non interviene?

Non riesco a distogliere gli occhi da quella visione.

La ragazza si stacca. Guarda Pedro negli occhi. Glielo afferra con una mano e lo sega.

“Fai meno lo stronzo ora, eh?”

“Sei una troia bocchinara.”

Nessuno ha il coraggio di fiatare. Nessuno ha il coraggio di muovere un muscolo.

Tranne la ragazza.

Lei il coraggio ce l’ha eccome.

Mi aspetto che glielo stacchi con un morso. Boom. Ciao amichetto di Pedro. Spettacolo finito. 118 e carabinieri.

Invece torna a prenderlo in bocca e, questa volta, lo prende tutto, tutto quanto, in gola, fino a toccare il pube di Pedro con il naso. E ve lo dico, Pedro non è che abbia il cazzo piccolo.

Una visione assurda. Erotica. Potente. Ipnotizzante.

Pedro le posa una mano sulla testa.

“Adesso ingoia.”

La tiene ferma. La sua espressione muta. Lei non fa una piega. Resta lì.

Pedro sta venendo.

E lei non si sposta di un millimetro. Dai movimenti della sua bocca e della sua gola capisco fin troppo bene che sta ingoiando tutto. E cazzo, una scena così è da infarto.

Non una goccia di sperma le esce dalla bocca.

Il mondo sembra immobile.

Almeno fin quando la ragazza non si stacca da quel cazzo, si pulisce la bocca sulla maglia di Pedro e si alza in piedi, aggiustandosi i pantaloni in vita. Lo guarda con una tale aria di superiorità che Pedro dovrebbe sparire. Letteralmente.

“Hai visto stronzo? Ho ingoiato tutto.”

Siamo tutti paralizzati.

Tranne lei.

“La prossima volta prima di dare addosso a qualcuna assicurati di sapere con chi stai parlando.”

Si gira, prende per mano il suo ragazzo e si allontana.

“Buon Natale”, mi scappa detto mentre mi sfilano davanti.

“Buon Natale un cazzo. Siete solo degli sfigati” mi risponde senza degnarmi neanche di uno sguardo.

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