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A pranzo c’eravamo quasi tutte, feci la conoscenza minima sindacale di un altro paio di ragazze. Una di nome Federica, cameriera come me, e una che si chiamava Maddalena, che si occupava del giardino. Ed alla mia richiesta disse che si, se ne occupava nuda, e che in inverno era un problema ma se faceva molto freddo il Padrone le dava la possibilità di usare degli abiti pesanti ma con il cavallo completamente aperto da sotto l’ombelico a sopra le natiche, che le lasciava esposti sesso e ano e da cui usciva la coda.

Quasi tutte, perché mancava Lisa. Io mi sentivo delusa, ed evidentemente mi si leggeva in faccia perché si avvicinò Lucia e mi disse con un occhiolino che era buon segno. Se non mangiava con noi probabilmente avrebbe mangiato il pasto canino nel ruolo di Stella. Probabilmente lo faceva per me. E mi dette due o tre dritte sulle cose che le piacevano, o che almeno le erano abituali.

Mangiai in fretta e poi salii al piano delle camere. Bussai alla porta, e la voce di Lisa rispose di entrare pure. Come mi vide sorrise per un attimo, poi con un movimento quasi sinuoso cadde elegantemente a quattro zampe, trasformando il movimento in basso in impulso in avanti, e come un cane che fa le feste mi venne incontro. Iniziò a farmi le feste leccandomi i piedi, e sentire la morbidezza della sua lingua mi fece salire il sangue al cervello. La carezzavo come se fosse un cane, ma approfittavo anche di lei raggiungendole i piccoli seni con i grossi capezzoli attraversati dai massicci anelli metallici. Non capivo se non le piacesse o semplicemente fingesse di ignorare la cosa, ma a me piaceva molto.

Grattandole sotto il mento come facevo quando possedevo un cane – mi ricordavo a lui piaceva molto – le alzai la testa, mettendo la mia faccia vicino alla sua. Come speravo iniziò a leccarmi bocca e guance. Tirai fuori la lingua, e lei mi lappò anche quella. Il suo fiato era dolcissimo. Ad un tratto si girò e prese in bocca un osso di gomma, di quelli con il fischiettino dentro che schiacciandoli emettono un suono. Lo morse un paio di volte, poi me lo lasciò su un piede. Giocammo alcuni minuti così, io lo lanciavo e lei me lo riportava.

Ero eccitata, Lisa, anzi, Stella era molto sexy così. La mia vagina era bagnata. Non capivo se stavo approfittando di lei o se il suo gioco era consensuale. Mi misi l’osso di gomma dentro al sesso per metà, bagnandolo con i miei umori, e poi lo tirai fuori e lo lanciai. Lei lo andò a prendere, lo annusò (evidentemente l’odore era inusuale) e poi presolo in bocca me lo riportò. Io ero seduta in terra, e Stella non me lo appoggiò sul piede come prima, ma sul sesso. Mi mancò un battito, la cosa le era piaciuta. Di nuovo usai l’osso per masturbarmi brevemente, e poi lo lanciai. Lei lo riportò, stavolta senza esitazioni, e lo depositò di nuovo sul mio sesso. Andammo avanti qualche decina di volte, e io avevo bisogno di toccarmi, di godere. Mi chiesi se potevo spingermi oltre senza incrinare quello che con Stella stavamo scoprendo. Mi misi di nuovo l’osso dentro, e stavolta non lo estrassi. La chiamai dicendole di prendere l’osso. Lei venne, mi annusò la fica, e poi dato che il giocattolo di gomma era ben dentro nel prenderlo con la bocca arrivò a mettere le labbra sul mio sesso. Fu una scossa elettrica. Lo tirò fuori, e lo fece cadere.

Lo feci di nuovo e di nuovo, infilandolo più possibile per rendere necessario il contatto nel tirarlo fuori, ma alla fine con voce incrinata chiamai Stella battendo con le dita sulla mia vagina. “Lecca stella, lecca qui”. Lo fece. Mentre volavo toccando il paradiso mi chiesi come mai, io che mi ero sempre considerata etero, godessi così tanto a farmela leccare. E poi me la stavo facendo leccare da una ragazza o da un cane?

Non lo sapevo, ma mi sarebbero andate bene entrambe le cose. Ero davvero troia, e venni schizzandole in bocca ed in faccia.

Ripreso fiato dopo il poderoso orgasmo vidi che Stella stava facendo pipì per terra. Volevo continuare a giocare, così entrai nella parte di una proprietaria di cani. “NO! Cattiva Stella!”. Presi i suoi capelli e le misi il naso nella sua orina. “Non si fa!”. E poi forse esagerai, e le detti un calcio sulla vagina. Non fortissimo, ma lei guaì, e venne ad accucciarsi ai miei piedi, per chiedere scusa. Sul collo del piede avevo sentito i suoi umori. Era fradicia.

“Va bene, cucciola. So che hai capito. Vieni qui, dai.” la chiamai. E poi accarezzandole la schiena passai la mano dal collo fino al suo sedere, dove c’era ancora la coda, che mossi per stimolarle lo sfintere, e toccando anche sotto, la vagina bagnata di umori. Lei sembrava gradire, quindi continuai a toccarla, delicatamente in alcuni momenti e quasi brutalmente in altri, fino a farla venire. Quando raggiunse l’apice cominciai anche a togliere e rimettere brutalmente il plug con la coda da cane, e lei ansimando mi squirtò sulla mano che massaggiava la sua fichetta depilata. Mi chinai davanti a lei per consentirle di vedere bene, e mi leccai la mano. Un sapore squisito, avrei potuto usare i suoi fluidi per dolcificare il caffè. Le sorrisi, e lei mi sorrise a sua volta. Lentamente si rialzò, tornando ad essere Lisa.

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