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Marta si era preparata come suo marito le aveva indicato scrupolosamente: un trench legato in vita da una cintura sottile, qualche goccia di un profumo vanigliato e il nulla. Era completamente nuda con la pelle che tremava leggermente sotto la brezza autunnale e i suoi seni quarta misura che sembravano scoppiare stretti in quello straccetto troppo piccolo. Marta era una donna alta e longilinea ma con tutte le curve al posto giusto, le cosce ben tornite e un culo svettante e sodo. Le labbra erano carnose e i lunghi capelli neri le incorniciavano un viso mediterraneo impreziosito da grandi occhi scuri da cerbiatta. Come le era stato indicato scese sotto casa dove c’era già un taxi ad attenderla. Non aveva un soldo con sé e non aveva idea di come avrebbe pagato ma il gioco aveva le sue regole e lei si accomodò sul sedile posteriore senza esitare. La destinazione era il museo del Novecento. Era un giorno feriale e il traffico di Firenze era proibitivo, ci avrebbero messo parecchio tempo ad arrivare alla meta ma d’altro canto il museo sarebbe stato quasi vuoto, dato il giorno e l’ora decisamente mattutina. L’auricolare che aveva indossato cominciò a darle le prime istruzioni: la voce calda e suadente di suo marito Francesco la accompagnava con sicurezza e autorevolezza: «Bene piccola … hai fatto tutto come ti ho chiesto? Adesso guarda l’autista nello specchietto e leccati le labbra. » L’autista sembrava non badare a lei e non l’aveva quasi guardata quando le aveva aperto la portiera del mezzo. Fece quanto richiesto per alcuni minuti cercando di attirare l’attenzione: « Adesso spalanca le cosce … poi abbandonati sul sedile e comincia a sollevare il trench. Lascia che lui ti veda la fica e comincia a toccarti. Da brava piccola, fai scoppiare il cazzo nei pantaloni del nostro autista, dagli un po’ di gioia. » Marta guardò nello specchietto quell’uomo dallo sguardo di pietra, sembrava inespressivo. Non comprendeva se si trattasse di un testimone casuale o se era solo una tessera informata e compiacente del mosaico ideato da suo marito. Fece quanto le era stato ordinato, aprì le gambe e reclinò il capo sul sedile posteriore mentre la sua mano iniziava una attenta perquisizione del suo sesso liscio e profumato. Si era depilata con cura, lasciando solo un piccolo ciuffetto decorativo sul monte di venere. Le sue labbra intime erano esposte allo sguardo altrui senza alcun mistero. Sentiva già un forte tepore e la sua fica umida per l’eccitazione. L’uomo alla guida emise dei mugolii di compiacimento, lo sentiva armeggiare ed era pronta a scommettere che si era già estratto il cazzo dai pantaloni. Arrivati a destinazione il mezzo si fermò e Marta venne assalita da un brivido di terrore. Come avrebbe fatto ora? La voce nel suo auricolare la guidò severa: «Adesso il nostro autista … a proposito si chiama Luca … vuole essere pagato, perciò da brava porcellina vai sul sedile davanti e fai un bel pompino, fatto con amore. Ingoia tutto e mentre lo fai lascia che i passanti vedano il tuo culo nudo. Toccati mentre lo fai e ricordati che io ti osservo. » Marta scese dal sedile colma di imbarazzo ma decise di stare al gioco e di obbedire. Luca, complice molto felice, la attendeva con impazienza, con il cazzo svettante e un sorriso sornione. Era un bell’uomo sulla quarantina, con il fisico asciutto e dei corti e curati capelli scuri. Entrò dalla portiera del passeggero e si chinò verso quella pregevole asta con la sua bocca mentre il suo corpo reclinato mostrava alla vista di chiunque il suo sedere tondo e perfetto, una luna piena. La sua mano destra avvolse quel gelato gustoso in attesa delle sue labbra, mentre la mano sinistra iniziò a titillare il suo clitoride. L’uomo aveva un buon sapore, di pulito e di sapone come se si fosse preparato con cura all’evento. Venne velocemente per l’enorme eccitazione e lei bevve ogni goccia del suo nettare. Le sue dita stavano ormai esplorando una grotta totalmente bagnata ed ospitale. Aveva una voglia pazzesca di essere posseduta. L’uomo le diede un bacio sulla fronte e la invitò a scendere. Era quasi dispiaciuta, un giro di giostra su quell’arnese di dimensioni ragguardevoli l’avrebbe fatto volentieri. La voce nell’auricolare la invitò a non perdere tempo e ad avviarsi verso la porta del museo. Un vecchietto aveva assistito alla scena con il Taxista e la guardava basito e incredulo, con il suo giornale sotto un braccio e una sporta della spesa dall’altro. Salì i pochi gradini che conducevano all’entrata e chiese un biglietto al bigliettaio come le era stato ordinato: « Signora Marta? Ho il suo biglietto qui nel retro. » Entrò dalla porta e passò senza indecisione alcuna nel retro della biglietteria dove il giovane uomo dalla chioma nera e riccia gli presentò senza indugio il suo parente più prossimo completamente calvo. Era già in posizione con il pene in una mano. Non fu gentile ed educato come l’autista e la prese per i capelli sbattendole il suo membro nella bocca senza riguardo: La voce nel suo orecchio la esortava ad essere arrendevole: «Da brava Marta, fai vedere al mio amico Giovanni come succhi bene.» L’uomo cominciò a scoparle la bocca con violenza, insultandola e quasi soffocandola con la sua potente verga. Venne in un tempo infinito e la donna sentiva il suo viso dolente per i colpi ricevuti. «Bevi troia, bevi tutto che ti piace. » Dopo pochi secondi la aiutò ad alzarsi e con estrema serietà le rivolse un consiglio non richiesto: «Grazie della collaborazione signora. La invito a visitare la raccolta Alberto della Ragione, c’è una graziosa scultura di Arturo Martini che dovrebbe vedere. » Marta uscì e si diresse verso la saletta che le era stata indicata. Era piena di pezzi di gran pregio, da Guttuso a De Chirico. Dopo la sua entrata si rese conto che una guardia giurata dall’aspetto imponente aveva sbarrato il passaggio. Nella grande stanza c’era solo lei, la guardia, un paio di visitatori e una donna bionda e minuta dall’aspetto chic ma piuttosto androgino. Arrivò davanti alla piccola scultura che le era stata segnalata. Era intitolata « nudino sdraiato », raffigurava una donna formosa distesa su una superficie che poteva sembrare una roccia piatta e con la testa vistosamente reclinata all’’indietro in totale abbandono. La voce nel suo auricolare non si fece attendere: «Vedi quella specie di triclinio al centro della sala? Bene amore, adesso lascia cadere il soprabito e sdraiati su quel sofà, come la donna della statua. Chiudi gli occhi e non aprirli finché non te lo dirò io.» L’atmosfera era totalmente folle e perversa. Nessuno sembrava fare caso a lei e obbedì: Il suo corpo nudo era sdraiato mollemente e sentiva la sua passera grondare umori senza sosta. Chiuse gli occhi e attese. Sentì una mano gentile farsi strada sul suo corpo. Le accarezzò il seno, poi le cosce e infine le introdusse un dito tra le labbra della fica per poi passarglielo sulle labbra, facendole assaggiare il suo sapore. Fu molto brava e non aprì gli occhi anche se sentiva che le mani adesso erano diventate molte di più, c’erano almeno tre persone che la stavano palpeggiando ed esplorando in ogni buco. Una voce femminile le ordinò di aprire la bocca e di tirare fuori la lingua. Ebbe un attimo di indecisione ma la voce di suo marito nelle orecchie le rammentò le regole del gioco: «Piccola devi obbedire ricordi? L’accordo era di fiducia assoluta. Fai la brava e lecca quello che ti verrà proposto. Poi ti lascerò aprire gli occhi. » Senza più remore Marta eseguì il suo compito e aprì la bocca cominciando a leccare. Con sua sorpresa si rese conto che sulla sua bocca non c’era un pene ma una vagina succosa, eccitata quanto lei che la donna spingeva sulla sua bocca con foga. Era un’esperienza mai provata e non era sicura di gradirla ma stranamente sapeva esattamente cosa fare, era come cercare di soddisfare se stessa. Lecco il sapore dolciastro e pungente della donna sconosciuta mentre sentiva con chiarezza le dita possenti di un uomo invadere la sua fica e il suo pertugio più segreto senza ritegno. Una bocca le stava letteralmente devastando il seno con piccoli morsi e leccate voluttuose. Era al culmine del delirio assoluto quando sentì un cazzo invaderla con forza. Sentiva quel palo di marmo di Carrara avanzare dentro di lei lacerandola. La mano della donna le tappò la bocca per non far trapelare il suo urlo di stupore. Sbarrò gli occhi e la ragazza molto bella e sorridente davanti a lei le fece cenno di stare zitta. La sua voce era melodiosa: « Brava adesso goditi il cazzo di Marcus. Sono ventotto centimetri di pura gioia. » Dopo averle parlato si mise dietro di lei e le carezzò il viso sussurrandole parole dolci. La guardia la stava fottendo senza pietà mentre gli altri due uomini le massaggiavano le tette e il clitoride. Raggiunse l’orgasmo con estrema facilità mentre la donna la baciava dolcemente. La voce nella sua testa era concitata ed eccitata. Suo marito si stava masturbando da qualche parte godendosi la scena. «Brava la mia porcellina. Adesso cerca un’altra statua … si chiama la Pisana. È dello stesso autore. Mettiti in quella posizione. » Barcollando Marta si alzò alla ricerca dell’indizio per poter continuare il gioco. Individuò la statuetta con facilità: era prona, con il viso come appoggiato su un cuscino e il volto di lato; le terga rimanevano esposte oscenamente. Tornò al divanetto e si mise nella medesima posizione, pronta ad accettare qualunque conseguenza. Uno dei due visitatori sconosciuti continuò il lavoro di dilatazione del suo sedere con le dita e sapienti colpi di lingua, mentre la guardia le offrì il suo mostruoso pene da succhiare. Quell’uomo sembrava immenso, scolpito nel granito. La donna le sollevò il corpo leggermente per insinuarsi sotto di lei e restituirle il piacere che le aveva prima offerto Marta. Quando il suo buchetto fu pronto, l’uomo dietro di lei la profanò con una sola potente spinta mentre la guardia soffocava il suo gemito di dolore con il suo cazzo nella gola. I due cominciarono a possederla in simultanea mentre dalla sua vagina grondavano umori senza più ritegno che la giovane donna bionda si affrettava a sorbire con sollecitudine. Quando pensava di impazzire vide suo marito seduto su un triclinio di fronte a lei con il pene eretto e il delirio negli occhi. Non era mai stato tanto eccitato. «Come sei bella mia meravigliosa puttanella. Ti piace la scultura vero? Adesso ti facciamo godere come mai piccola. » Un uomo la prese a cavalcioni e la penetrò in piedi sollevandola di peso. Nel frattempo la guardia si era messa alle sue spalle e le aveva infilato quel cazzo indicibile totalmente nel culo. Era dolorante ma in estasi assoluta. La donna bionda la baciava finché i due uomini non si inginocchiarono permettendo al terzo di profanare la sua bocca. Era colma in ogni buco mentre l’altra si era accovacciata tra le cosce di suo marito e lo stava spompinando con passione. Il suo corpo esile e gracile sembrava piccolissimo tra le cosce muscolose di Francesco. Marta squirtò potentemente mentre i tre sconosciuti la stantuffavano senza sosta. Suo marito stava per esplodere e decise di farlo sul suo viso candido e stremato dal godimento. Uno alla volta anche gli sconosciuti si svuotarono su di lei ricoprendole il viso del loro seme. Suo marito le disse emozionato: «Sei un quadro d’autore tesoro, piena di sborra sembri una regina. » Quando pensava che fosse tutto finito la giovane donna bionda decise di ripulire i suoi orifizi, leccandola con perizia e riportandola ad un orgasmo violento. Suo marito la condusse mano nella mano nel bagno per darsi una pulita ed essere nella condizione di tornare a casa. Quando uscì i divani erano scomparsi, la guardia aveva riaperto il passaggio e non la salutò neppure, come se fosse una qualunque turista. Si diresse verso l’uscita in fretta, convinta di trovare il suo consorte ma era svanito lasciandola sola. Era indispettita e una punta di gelosia la invase: dove era finito? Forse era con la biondina? La solita voce stentorea nell’auricolare le parlò: «Bene cara. Adesso devi tornare a casa. Il taxi ti aspetta. Luca è desideroso di vederti di nuovo. Stavolta non si accontenterà di un pompino. Ha portato anche suo cugino. Divertiti piccola. A proposito … buon compleanno. » Un sorriso divertito apparve sul suo volto mediterraneo. Beh se lui era con la bionda l’aveva lasciata in buona compagnia … era pronta per un’altra avventura.

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