Mi sono sistemata a prua del Nikita, la barca di Daddy.
Nuda, sdraiata su un materassino, mi godo il sole caldo del mare di Sardegna; unici deboli segnali di vita sono il mettermi supina dopo aver preso il sole di schiena e viceversa.
Un paio di grandi occhiali neri mi proteggono gli occhi.
Per il resto sonnecchio, il pensiero che si sfilaccia in brandelli e vola via, portato dal vento.
La mia pelle splende come bronzo, bruciata dal sole: posso restare così per ore, ad abbrustolirmi, immersa in un mondo di assoluto caldissimo piacere.
-Ma come cavolo fai a diventare di quel colore, proprio non so; io sto qui da appena mezz’ora, cosparsa di crema come fossi un neonato, e sono già rossa come un gambero’ e riesci anche a dormire’-
Apro gli occhi e guardo la mia amica Fabiana stesa accanto a me; la sua pelle di bionda naturale sta per prendere fuoco, non parliamo poi della passera dorata: tra un po’
sembrerà un roveto ardente.
-Meglio che ti metti almeno il costume, tesoro, rischi di non far l’amore per settimane, stai andando a fuoco nelle parti basse- dico ridacchiando.
Fabiana si gira a pancia in sotto e poi:
-Ma lo sai che è davvero favolosa questa barca del tuo Padrino, deve essere ricco sul serio, ma non ho ancora capito che cosa fa, di lavoro intendo’
Certo che è arrapante, avrà pure cinquantanni ma io me lo scoperei anche nella toilette di un pendolino lanciato alla massima velocità-
Se l’espressione di Fabiana mi fa sorridere, non altrettanto l’idea che la mia migliore amica faccia l’amore con il mio Daddy e salto su, come punta da mille spilli:
-Ma come ti vengono in mente certe cose, non ti permettere mai più, neppure di dirle,
e poi il mio Padrino manco ti degna a te, lui ha donne bellissime, vedrai quella che sta per arrivare’-
– Sì , come la Lucy di due anni fa , bella era bella, ma in testa aveva un nido di passeri, al posto del cervello’ tre mogli e una sfilza di amanti che manco le pagine gialle’Dio, Fede, sembri una bimba di tre anni; sei gelosa, ecco che cos’è ma non è mica tuo padre Daddy, nò?
-E’ come se lo fosse- taglio corto io; ‘come se lo fosse’ mormoro tra me, mentre mi ridistendo sul materassino, improvvisamente inquieta.
Daddy, oppure il ‘tuo Padrino’, o Dottore o Signor Bruno : nessuno dei miei amici lo chiama semplicemente con il suo nome.
Io e Andrea, il mio ragazzo, insieme all’inseparabile Fabiana che si è trascinata dietro Giorgio, siamo ospiti sul Nikita, per un giro nel Mediterraneo.
Anche se non lo vedo, sento la presenza di Daddy come se fosse vicino a me, invece che a poppa, sotto il telone , intento a scrivere o a comunicare con il mondo attraverso il portatile e il satellitare.
Siamo solo noi tre, a bordo; Andrea e Giorgio sono scesi a terra, a S. Teresa di Gallura, per prelevare Meryl, l’ultima donna di Bruno -che non può abbandonare la postazione lavoro- americana dello Utah, astronoma, ospite di amici che hanno una villa nell’isola.
Apro gli occhi e guardo di fronte a me, in lontananza, le scogliere bianche di Capo Testa, che paiono enormi contorti cumuli di panna, e vicino il paesino di S.Teresa, un piccolo gioiello.
Sopra il promontorio di Capo Testa si erge un antichissimo faro.
Proprio lì mi portò Daddy la prima volta che venimmo in Sardegna.
-Astronoma, figurati, questa magari sarà intelligente, ma sicuramente una cozza terribile,
non vedo l’ora di conoscerla-
Fabiana continua a parlare, ma io non l’ascolto, torno indietro col pensiero, a quando ero piccola, il faro mi ha riportato alla mente tanti ricordi.
Il mio vero padre, fratello maggiore di Daddy, sparì che avevo due anni; non nel senso della dipartita, sparì proprio, in Venezuela, dove aveva dei parenti.
Solo ora capisco il perché.
E lasciò me e la mia splendida giovanissima madre completamente sole.
Da lui ho ricevuto 4 cartoline in venticinque anni; non ho mai risposto.
Ma per noi c’era zio Bruno, che era anche il mio Padrino .
Ricordo i tempi felici, quando mia madre cantava, mentre si pettinava i lunghi capelli neri, e io, seduta in un angolo, la contemplavo.
Poi arrivava zio Bruno, pieno di regali per le sue ‘ragazze’, come ci chiamava; mi prendeva in braccio e mi stringeva forte; quindi, aspirando il mio odore rumorosamente, diceva:
-La mia caramella dolce, la mia chicca, chicca, chicchina’-
Così diventai Chicca, ma solo per Bruno e la mamma.
Ora mi rendo conto di quanto fossero giovani, tutti e due.
Un giorno vidi alla televisione un vecchio film americano, in cui una figlia chiamava il suo papà ‘Daddy’; mi piacque, e pensai che Bruno se non poteva essere il mio papà, poteva però diventare ‘Daddy’.
Cercarono di spiegarmi che non dovevo usare quel termine, era sbagliato, ma io fui irremovibile e da allora lo chiamo così.
Mano a mano che crescevo lo adoravo ogni giorno di più: per me era il padre che non avevo mai avuto e l’eroe di tutte le mie immaginarie avventure.
A un certo punto, misteriosamente, si allontanò da noi, andò per lavoro in America, e tornò con una moglie, che odiai prima ancora di conoscerla.
Intanto mia madre sprofondava sempre più nei tranquillanti e negli ansiolitici; non furono anni felici.
Ma Daddy c’era sempre, se non di persona, con il suo denaro;
Quando mi laureai lui era presente, orgoglioso che fossi la più giovane laureata del mio corso; aveva appena divorziato dalla seconda moglie; quando si presentò davanti all’antica Università in un completo grigio impeccabile, così scuro di pelle e capelli, le mie coetanee femmine mi invidiarono molto.
Spiegai che era il mio Padrino, che io chiamavo Daddy ; il ragazzo che avevo allora, un fantasioso poeta, disse:
-Ma è bruno, come te, stessi occhi, stessa pelle, andatura identica-
-Per forza, scemo, è mio zio-
E invece il poeta aveva ragione, lui aveva capito.
Passarono alcuni anni, ormai vivevo da sola e le vacanze estive spesso le passavo con Daddy e
la donna di turno ; vicino a me c’era sempre un ragazzo diverso, la sostituzione avveniva a velocità strabiliante.
Beh, a tutt’oggi non sono cambiata molto.
Nel Luglio dell’anno scorso ero a Khamma, Pantelleria, ospite appuntodi Bruno, che aveva affittato lì una casa.
Fu l’estate che mi cambiò la vita.
Io cominciai a provare una strana sofferenza, nel pensare che lui e Maddalena, la donna in carica, facessero l’amore nella stanza vicino alla mia; anzi una notte, non potendo più sopportare i loro gemiti e sospiri, mi rivestii in fretta e uscii, per andare a cercare il ragazzo che avevo lasciato a bocca asciutta qualche ora prima, senza un motivo.
Ero inquieta , ma soprattutto eccitata, sarebbe andato bene anche quel giovanissimo, che avevo appena mollato.
Lo ritrovai sotto la tenda, che ronfava della grossa, insieme all’amico.
Lo svegliai, cacciai fuori l’amico e mi spogliai nuda: più esplicità di così’
Non perse tempo: mi si gettò addosso con tutto l’ardore ( e la fame) dei vent’anni.
Fu una notte memorabile, ma quando arrivò l’alba, prima di addormentarmi sfinita abbracciata al ragazzo, ebbi la sensazione di aver bevuto tutta l’acqua di un fiume, ma di avere ancora sete.
Quando ci svegliammo, il sole era già alto; tornai a casa e trovai una sorpresa.
Sulla grande terrazza, ad aspettarmi, c’era Daddy.
Al fresco, sotto il grande ombrellone di paglia, tra le mani l’immancabile bicchierone di acqua e limone senza zucchero:
-Ciao, buongiorno- disse ‘ si può sapere dove sei stata questa notte? Mi hai fatto preoccupare, vieni qui-
Il tono della voce era duro, lo sguardo fisso a contemplare il mare.
-Ho dormito con un ragazzo, che ti credi, che sono S.Maria Goretti? Scopi tu e scopo anche io, è proibito?-
Mi avvicinai a lui, le ginocchia contro la sua gamba; per un attimo ho temuto che volesse picchiarmi, non avevo mai visto sul suo viso tanta violenza trattenuta a stento.
-Ma chi è veramente quest’uomo- mi dissi – io non lo so’-
Si voltò verso di me, a guardarmi fisso.
E io notai per la prima volta i suoi occhi nella luce del sole diventare gialli, come i miei, occhi da gatto; vidi i capelli, in gran parte grigi, forti e ricci appartenermi come gli zigomi alti, da orientale (ma è tuo zio, Fede, zio).
Il colore scuro della sua pelle, le gambe lunghe e’
Rimasi tramortita dall’improvvisa rivelazione su chi fosse in realtà il mio vero padre, mentre lui continuava:
-Sei una donna, puoi fare quello che vuoi, ma quando stai con me, mi sento responsabile, è così fin da quando eri bambina; quindi, se vuoi andare in giro a scopare qua e là, avvisami, così non sto in pensiero.
Se ti succedesse qualche cosa- e qui la voce cambiò, divenne dolce- che gli racconto a tua madre?-
-Daddy- mormorai io, persa dietro un mio pensiero- dimmi la verità, hai mai fatto l’amore con la mamma?-
Mi veniva da piangere, ero confusa e atterrita.
– -Ma che ti salta in testa? sei ubriaca di primo mattino?-
Così dicendo si alzò in piedi e prese a scuotermi per le spalle, con violenza, come per farmi rimangiare quello che avevo detto.
Ma tra lui e me in quel momento passò una corrente di violenta eccitazione talmente forte da tenerci legati per qualche attimo l’uno all’altro, a guardarci fisso negli occhi.
Trattenni il respiro, stordita dall’improvvisa rivelazione, mentre le gambe mi tremavano.
-Domani te ne vai, non ho voglia di stare a sentire le tue cazzate- la voce era di nuovo dura, cattiva.
Le mie vacanze finirono, ma nello stesso momento cominciai a desiderarlo, come non avevo mai desiderato un uomo.
Calore: quel calore impetuoso che distrugge, consuma l’anima e il corpo fino a renderli liquidi e farli scorrere in onde scarlatte e bollenti verso il basso, a concentrarsi nel mio cuore bagnato di femmina.
Questo sentivo per Daddy, quando lo pensavo.
Non importava che potesse essermi padre, anzi ero quasi sicura che lo fosse, perché così riuscivo a spiegarmi tante cose della mia vita che mi erano sempre parse incomprensibili.
Era sempre stato il mio dio, e a volte gli dei hanno strani volti per noi umani
E’ passato un anno esatto, da allora; ho cercato in tutti i modi di non pensarlo, ho provato a cercarlo in altri uomini della sua età: inutilmante, non erano lui
E ora siamo qui, sulla sua barca, Daddy con me è come al solito, pare aver dimenticato l’estate scorsa, scherza, mi abbraccia e mi chiama Chicca, sono sempre la sua dolce Chicchina.
Ma ieri sera ho ascoltato, per caso, una sua conversazione con Andrea; il mio ragazzo si lamentava con lui delle mie ‘intemperanze’, chiamiamole così , e Bruno :
-Vedi, come professionista Fede è unica per la sua serietà e preparazione, ma come donna è volubile, capricciosa, puttana, vanitosa, vendicativa, egoista e sadica.
A volte ti pare debole e innocente come una bambina, un’ora più tardi te la ritrovi supercorazzata e pronta a tutto; è una vendicatrice per nascita ma dì la verità, ha il culo più straculo del mondo vero?
Difficile lasciare un didietro così: per cui, fa finta di niente, goditelo, finché puoi, meglio una fetta di torta buona in due che una intera cattiva da solo-
C’era una strana amarezza nella sua voce, e chiare note di stanchezza insolite per lui.
Nascosta dietro un cumulo di cordami ho capito che i due uomini avevavo bevuto, da come ridacchiavano.
Ora so che pensa di me, ma cosa ancor più importante capisco l’oscura forza delle parole non dette.
Un rumore di gommone in avvicinamento allontana i miei pensieri: stanno arrivando i ragazzi con Meryl dell’Utah.
Ci alziamo in piedi , io e Fabiana, un pareo intorno ai fianchi , per vedere la’ nuova’.
L’astronoma è di una bellezza unica, resto incantata a guardarla; noi non ci muoviamo dalla nostra postazione per andarle incontro, ma si avvicina lei a noi, scortata dai tre uomini, impettiti come galli al primo sorgere del sole.
-Azz’- mormora Fabiana- ma chi è, Jessica Rabbit? E’ finta?-
Meryl è alta, quasi quanto me, ma a differenza del mio , il suo corpo di trentacinquenne o giù di lì è tuttocurve, con un seno abbondante che strasborda dalla camicia trasparente, fianchi generosi , gambe lunghe, caviglie sottili, e sopra tutto questo ben di dio una capigliatura rosso-mogano naturale, una criniera da far invidia a un cavallo arabo.
La pelle è lattea, cremosa e mentre mi sorride a trentadue denti ( perfetti) tra le labbra rosse penso che deve essere magnifico sprofondare in tutto quel morbido biancore.
-Hello, ciao, tu sei Fede, vero? Chicca per Bruno, la sua figlioccia, sei più bella di come ti aveva descritta; che splendida pelle, così scura e lucida, sei color del bronzo-
Il suo italiano è quasi perfetto; la mano si sofferma nella mia mentre attraverso le lenti affumicate gli occhi, grandi e azzurri come le pervinche mi osservano, attenti.
E Daddy ci guarda, sorridendo, con uno strano sguardo obliquo.
Maryl mi intriga, eccome; questa femmina per un attimo mi distrae dal duro universo maschile; poi intuisco che nella mia immediata attrazione per lei c’è anche un altro motivo: cercare nel corpo dell’Americana le tracce di Daddy, passare dove lui è già passato, gustare gli stessi sapori e anche farlo soffrire, portandogli via qualche cosa che crede suo con incrollabile sicurezza.
E’ come se cercassi vendetta…ma non sapessi per quale offesa.
Ora Bruno accompagna Meryl sottocoperta, per farle depositare il bagaglio, e non solo, immagino.
-Ragazzi, prepararsi per la cena, stasera ci mettiamo eleganti in onore della Signora-
dice il mio Padrino, prima di sparire con la bellissima.
Sono eccitata, sento che la serata in ogni modo promette bene.
Quando riemergiamo dalle nostre cabine, i ragazzi sono in jeans e camicia di seta pesante, bianca, che mette in risalto l’abbronzatura, Fabiana in marronechiarodorato, il colore d’elezione per le bionde, io in rosso, una cortissima tunica fermata su una spalla con un grosso gioiello di bigiotteria.
Daddy è splendido, in un completo di lino nero, un fascinoso scuro cinquantenne.
Sono orgogliosa di lui.
Meryl indossa uno strano abito, fatto di tanti foulard multicolori, che coprono a malapena le sue splendide nudità; ovviamente sono tutti pezzi di stoffa ‘firmati’, il suo uomo può permetterselo.
Assomiglia veramente a Jessica Rabbit, donnina tutta curve dei cartoni, dotata di evidentissimi attributi femminili.
Le vado incontro e noto come mi guarda le gambe, risalendo al seno e infine al viso.
Riconosco quello sguardo, è intrigata anche lei, o forse solo incuriosita, magari perché ha immediatamente notato la straordinaria somiglianza tra me e Bruno.
La monopolizzo, facendole i complimenti per il suo strano abbigliamento e intanto la porto a sedere vicino a me, nel punto del tavolo meno illuminato.
Fabiana ha capito il mio gioco, e ridacchia, strizzandomi l’occhio; i maschi non se ne curano;
pensano a una delle solite ‘esplosioni d’amicizia tra donne’.
Non guardo in viso Daddy, noto soltanto che si siede al lato del tavolo opposto al nostro, sorridendo a Fabiana, che è già rossa in faccia per l’eccitazione.
Sedute vicino io e Meryl cominciamo a parlare fitto, le chiedo del suo lavoro, che mi interessa davvero; in breve gli altri scompaiono, mentre inizia il mio countdown della seduzione.
Meryl dello Utah, che gli Dei ti benedicano, sei la femmina più femmina che abbia mai visto, che cosa posso fare per portarti subito via di qui?
Mentre penso a che cosa inventare una mano bianca e morbida risale, incerta la mia coscia, mentre parliamo delle code di ghiaccio delle comete.
Non mi aspettavo che prendesse lei l’iniziativa.
Trattengo il respiro, quando le dita della rossa si intrufolano sotto gli invisibili slip e osano un’esplorazione fino alla fessura.
La guardo, con un sorriso complice, quello della mia anima oscura, delle mie voglie violente e improvvise.
Il gelato, l’enorme coppa di gelato di fronte a noi mi dà l’idea.
Con una mossa rapidissima la avvicino al bordo del tavolo e la rovescio: finisce sulle gambe e sui vestiti di entrambe.
Mi alzo in piedi, imprecando, e :
-Ma guarda che sbadata, dai Meryl, andiamo a ripulirci, scusateci, facciamo in un attimo-
E davvero in un attimo siamo sottocoperta, la spingo dentro la cabina di Daddy e chiudo a chiave.
-Spogliati- le ordino e non riconosco la mia voce, roca e decisa.
Intanto io faccio lo stesso e quando tutta quella carne bianca e cremosa mi appare davanti agli occhi non so resistere: spingo l’americana contro il muo, e premendo il pube contro il suo, le mani avide sui seni che sembrano grandi coppe ripiene di panna, la bacio: sa di gelato, un gelato spumoso, come quelli che si mangiano al suo paese, adorabile e goloso.
Lei ricambia, con una passione che non mi aspettavo, mentre mormora:
-E’ la prima volta che lo faccio con una donna..-
Non ci credo , naturalmente, è solo proccupata che il mio Padrino lo venga a sapere’
Non mi riconosco, non so che mi prende, ho voglia di averla in fretta , se potessi la divorerei a morsi, e non solo per appagare la mia sensualità.
C’è dell’altro: un terreno paludoso e infido in cui ora non voglio inoltrarmi.
La spingo sul letto e guardo il suo sesso, aperto, offerto; il suo piumaggio, di un incredibile color rame dorato, contrasta con il rosa-salmone delle mucose : una passera davvero superba, e bravo Daddy, sempre il meglio per te, vero?
E allora so che cosa vorrei avere in questo momento (non mi era mai capitato prima un tale desiderio) : un fallo vero, un sesso duro e forte per immergermi dentro di lei, per riuscire a penetrarla tutta, come se con un attributo maschile mi fosse possibile arrivare al roseo serpente del suo intestino, ai bianchi grappoli dei polmoni, ai lucenti lobi del fegato, rossocupo come le sue labbra.
Scaccio questo ossessivo pensiero e mi chino sul sesso, a brucarlo, come fosse un prato dorato; e quando la mia lingua incontra il clitoride già eretto, lei inarca la schiena, gemendo .
Sposto la lingua nella fessura e bevo il suo sapore: aspro, leggermente ferino, eccitante.
Un famoso disinibito scrittore ha detto che saprebbe riconoscere le sue amanti assaggiando la loro fica: credo sia vero, ogni donna, come ogni uomo, ha un sapore diverso.
Intanto le torco i capezzoli, fino a farla gemere di dolore.
Meryl dal canto suo non rimane di certo passiva, si dimena e mi stringe la testa tra le cosce, grida, per poi liberarmi, tremando in tutto il corpo quasi fosse percorsa da corrente elettrica.
Esprime una tale gratitudine per la lingua che la sta esplorando da provocarmi una eccitazione insostenibile.
Poi con un grido ( che spero nessuno abbia sentito) rovescia il capo all’indietro, sommersa dal piacere.
Allora mi rialzo, la prendo per un braccio e:
-Vieni sotto la doccia, dobbiamo lavarci, non credi?-
In verità ho in mente una cosettina, sono sull’orlo del collasso per overdose di piacere trattenuto.
Apro l’acqua e insapono le tette e il ventre morbido, e poi giù, anche le piume dorate della mia amante, con lenti movimenti circolari; lei fa lo stesso con me e cerca di toccarmi il sesso, di baciarmi le labbra.
-No, Meryl, inginocchiati, dammi piacere’-
E anche queste parole mi giungono strane, non è mio abitudine dar ordini quando faccio l’amore, rispetto la fantasia altrui che in genere si sposa bene con la mia.
Lei esegue prontamente e, sotto l’acqua scrosciante, immerge il viso tra le mie cosce.
Oh il piacere di vedere quella stupenda donna ai miei piedi, che, con lingua esperta (altro che prima volta’) mi accarezza e succhia, penetrandomi come se in bocca avesse un piccolo fallo, baciandomi l’inguine, fino ad arrivare al buchetto, che lecca con passione.
-Vengo, Meryl, così, continua così’-
E mi devo appoggiare alla parete della doccia, per non cadere, l’orgasmo mi fa le gambe molli, di cera.
Poi ci asciughiamo, rivestiamo e restauriamo, senza dire una parola, ma i suoi occhi risplendono, dall’azzurro virano al verde, mentre a me sono comparse le solite borse sotto gli occhi, magari appena accennate, sicuro segnale del piacere appena goduto.
Quando ritorniamo di sopra, siamo accolte da una serie di:
-Ma ce ne avete messo del tempo, ragazze, non trovavate un altro vestito o cosa?-
Andrea mi viene vicino e mi scruta il viso: il suo strano, infelice sorriso mi dice che ha capito tutto.
Daddy sta intrattenedo Fabiana e Giorgio su argomenti di alta finanaza.
Mi avvicino e mi inserisco nella conversazione.
Andrea e Meryl si mettono a fumare, vicini, a prua, appoggiati al parapetto, in apparente contemplazione delle stelle.
Ad un certo punto Bruno mi dice:
-Allora, Chicca, domattina sveglia presto, se vogliamo andare al Faro; chi si vuol unire a noi è il benvenuto, ma sappiate che c’è da scarpinare un po’-
Le espressioni dei diversi volti mi assicurano che domani saremo soli , e ne sono felice, sarà tutto come quando ero bambina.
Decidiamo di andare a nanna, io casco dal sonno, mi addormento appena tocco il letto.
-Povero Andrea- è il io mio ultimo pensiero, prima di sprofondare nel buio.
Infatti l’indomani mattina sul ponte siamo soli, io e Daddy, tutti dormono della grossa.
Senza parlare, mi avvicino al bricco del caffè e ne bevo in quantità industriale.
-Allora, sei pronta, comincia far caldo, datti una smossa- e dicendo così Bruno mi viene vicino e mi abbraccia ( ha un odore buonissimo, di sapone e dopobarba costosi), poi:
-Sono contento di passare finalmente un po’ di tempo solo con te, non siamo ancora riusciti a scambiarci una parola , noi due’-
-Già- replico io, laconica.
Scendiamo al gommone e in poco tempo arriviamo alla solita spiaggetta, nascosta tra le rocce bianche di Capo Testa, da dove inizieremo la salita per il faro.
Indossate le scarpe da trekking ( che strano accostamento, l’esiguo bikini blu notte e le pesanti calzature) ci incamminiamo per il sentiero.
La salita è dura, il caldo si fa sentire, il sole brucia la pelle: tutto il mio corpo è in attesa.
Aspetto che lui parli, lo farà, ne sono sicura, appena arrivati sul piccolo spiazzo, ai piedi del faro.
Per questo salgo sempre più in fretta; arrivata in cima, mi appoggio a una grossa lastra di calcare bianco, cercando di regolarizzare il respiro.
Poco dopo arriva Daddy, si guarda intorno, apparentemente in ammirazione del panorama; poi:
-Si può sapere perché ieri sera ti sei fatta Meryl? ma non c’è proprio limite alla tua voracità?
Tu ami troppo l’amore, non badi né al sesso né al modo.
Ma non esiste nessun tabù, per te? E poi, lei è la mia donna, neppure questo ti ha trattenuto?-
Mentre parla, mi si avvicina, negli occhi di nuovo quello sguardo duro e distante, come sulla terrazza a Khamma.
-E perché avrebbe dovuto trattenermi ? è un gran pezzo di fica, non dici così anche tu?
E non è sempre meglio una fetta buona di torta in due che una intera cattiva da solo?-
Il suo sguardo non cambia, neppure un minimo cedimento.
Allora continuo, ben decisa ad andare fino in fondo:
-E poi, scusa, mi comporto esattamente come te, ho i tuoi stessi appetiti, ed è perfettamente logico, visto che sei mio padre, perché lo sei, vero Daddy?-
Queste ultime parole le ho quasi urlate, neppure il forte vento che si è levato riesce a cancellarle.
-Zitta, stai zitta- grida- non sai quello che dici’- e mi preme una mano sulla bocca, mentre con l’altra mi stringe a sè.
Sento il suo cuore battere all’impazzata, mentre premo il pube contro il suo grembo, in una muta richiesta.
Non sento altro che questo calore girarmi attorno, in rosse onde concentriche, per finire nel mio sesso bagnato, a incendiarlo.
Ci guardiamo negli occhi, siamo due atleti sfiniti da una lunga battaglia, che non vede né vincitori né vinti.
Io mi lascio scivolare per terra, attirandolo sopra di me: resiste, ma le mie dita sono dì acciaio come pure le braccia.
-Baciami- lo supplico.
Oh, le sue labbra, sanno di sale e tabacco, sono dure, imperiose, ora so di aver aspettato da sempre questo momento.
Poi con delicatezza mi appoggia la guancia sopra ai seni, gonfi di desiderio, prima di leccare e succhiare i capezzoli.
Ma la tenerezza finisce: con violenza mi toglie lo slip del costume, fruga rudemente dentro di me con le dita, mi fa male e mi lamento.
Ora sento la punta del suo fallo duro e caldo premere contro le piccole labbra, ma nonostante il desiderio di lui sia insostenibile, i muscoli della vagina, contratti, non gli permettono di entrare.
Il mio cervello sta cercando di fermarmi, ma è troppo tardi.
Spinge e mi fa male, cerco di rilassarmi ed è allora che, con un colpo potente di reni, mi penetra tutta.
Grido, il dolore è forte, mi pare di essere la vittima consenziente di un antico rito sconosciuto, barbaro e cruento.
Resta fermo dentro di me un attimo, mi guarda negli occhi: -Scusami, ti ho fatto male- mormora.
Lo faccio tacere attirando la sua bocca dentro la mia.
Poi lui affonda dentro di me, frugandomi con un movimento aspro, lento, alternativo e ondulatorio insieme.
Calore e piacere, piacere e calore, sento il suo orgasmo vicino e anche il mio.
Allora lo costringo supino, impalandomi su di lui.
Sorrido e gli accarezzo il petto, mentre il movimento delle mie anche è sempre più veloce.
Bruno si rizza a sedere, mi cinge con le braccia, mi stringe forte e mi bacia, come se volesse togliermi il respiro.
Mentre le nostre lingue si ritrovano, si sfuggono, si scambiano saliva, sento esplodere il mio orgasmo, come la scarica di un fulmine d’agosto, un piacere interminabile, mentre tutto il corpo vibra in una specie di singhiozzo che non riesco a trattenere.
-Daddy- grido, lasciandomi andare all’indietro.
E arriva il suo piacere, lunghi sussulti dentro il mio corpo, la bocca a mordermi una spalla, mentre vedo con la mente il suo seme riempirmi.
Poi restiamo così, in silenzio, il suo sesso ancora rigido dentro di me.
Il mio cervello è vuoto, non penso, non ora comunque, ci sarà tempo dopo’
Ma mentre mi sdraio al suo fianco, sull’erba giallastra e secca, un pensiero si affaccia alla mente: lui non sarà mai più il Daddy della mia infanzia, che cosa succederà ora?
Mi rifugio tra le sue braccia, in fondo è quello che ho sempre fatto; ed è proprio quando lo stringo più forte a me che prepotente mi assale la nostalgia dei tempi felici, di quella sua voce adorata che ridendo diceva:
-Eccole le mie ragazze, le più belle del mondo’-
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