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Quando vidi Federico rimasi folgorata, non so neanche bene cosa mi colpì era un bel ragazzo ma vi posso assicurare ce n’erano di più belli.
Lui aveva 18 anni a io 16 e da subito volevo uscire con lui.
Stavo assieme a mia cugina Michela che lo conosceva e le chiesi di presentarmelo.
Così Michela lo chiamò: “Ciao Federico. Ti presento mia cugina Paolina che ti vuole conoscere”.
Mi guardò e mi disse “Ciao. Sono Federico”.
“Ciao sono Paolina ti va di venire al cinema assieme a noi?” Non so come mi uscì.
Michela aveva un anno meno di me ma era più sveglia. Mi guardò e mi chiese: “Noi chi?”
Mi accorsi della gaffe e in tutta fretta risposi “Federico, tu, io e Moreno”.
Moreno era un ragazzo che sbavava dietro a Michela, lei lo lasciava avvicinare ma sul più bello si negava.
“Va bene. Accetto”
Da lì cominciò e una settimana dopo eravamo assieme.
Io ero mingherlina ma con un discreto seno, il culo piccolo e le gambe sottili. Michela aveva più l’aspetto da donna e due gambe ben tornite che foderava spesso sotto una minigonna. Quando uscivano assieme era lei quella notata tra noi due.
Ma io questa volta ero riuscita ad accaparrarmi Federico, e ora che uscivamo noi due soli avevo le sue mani posate su tutto il corpo.
Nel giro di un paio di mesi si fece più intraprendente e spesso mi ritrovavo con le mani sotto la maglietta e in mezzo alle gambe a lisciarmi la figa. Io non volevo dargliela subito per cui quando succedeva accostavo le gambe per farlo rinunciare.
Con la bella stagione e il caldo ogni tanto andavamo tra i filari di viti dietro casa, io mettevo solo pantaloncini sportivi e una canottiera colorata senza reggiseno, e Federico ne approfittava per infilarmi le mani ovunque e farmi dei veri e propri massaggi, al termine dei quali i capezzoli parevano bucare la stoffa e le mutandine erano da strizzare.
Non gli avevo mai concesso di vedermi il seno, ma un giorno, seduta sulle sue gambe, lo lasciai fare e lui non perse tempo e cominciò a toccarmi il seno sotto la canottiera. Le sue dita direttamente sui capezzoli erano inebrianti. E mentre mi godevo quella sensazione, l’altra mano percorreva l’interno nudo della coscia, lisciando i pantaloncini, scostandoli, scostando le mutande arrivando al vivo delle labbra della figa.
Cominciò un piacevole tormento alla passera che mi fece perdere ogni cognizione.
Stavo seduta su di lui, con la schiena appoggiata al suo petto, completamente abbracciata, le gambe oscenamente divaricate, ma non mi importava, volevo solo le sue mani su di me, le sue dita dentro di me, le natiche che appoggiavano sul suo rigonfiamento, fino a quando incuriosita mi girai verso di lui.
Anche Lui aveva dei pantaloncini che parevano esplodere.
Ci appoggiai una mano e tirai verso il basso poi ci infilai la mano e tirai fuori quella specie di cobra.
Anche lui mi abbassò i pantaloncini che feci arrivare rapidamente alle caviglie.
Mi sedetti a cavallo delle sue gambe, con il suo arnese che puntava dritto verso la mia figa, e non resistetti, spostai di lato le mutande de mi ci appoggiai contro.
Federico mi prese per le chiappe e mi tirò a sé entrandomi dentro, prima appena un po’ poi tirone dopo tirone sempre più dentro.
Ero tentata di fermarlo, ma poi mi dissi: “Dopotutto è il mio ragazzo, non facciamo nulla di male, e se succede qualcosa ci amiamo.” Così partecipai anch’io e spinsi per averlo tutto dentro e non smisi fino a quando non mi sentii riempita e soddisfatta.
Ormai gliela avevo data, ero felice, averlo dentro era stato bellissimo, così dalla volta dopo ci mettemmo comodi sul mio letto e liberi da ogni ostacolo dei vestiti.

Un pomeriggio andai dalla parrucchiera, dopo sarei dovuta uscire con Federico, ma quella era in ritardo, e fece tardare anche me di più di un’ora.
Federico era venuto a prendermi a casa, ma non essendoci nessuno aveva bussato da mia cugina Michela che abitava solo alcune porte più in là, allora passai da lei, trovai aperto ed entrai come facevo di solito. Sentivo la sua voce, quasi lamentosa e non capivo cosa stesse cantando.
La trovai nuda sul divano a gambe aperte sotto Federico altrettanto nudo, che ospitato tra le sue gambe, stava chiaramente pompando il suo uccello nella sua figa.
Rimasi impietrita e mi riebbi quando realizzai che con un sonoro orgasmo le stava venendo dentro, mentre lei pareva abbandonata a sé stessa.
Presi la prima cosa che avevo sottomano, un piccolo vaso del mobile dell’ingresso e lo tirai con tutta la rabbia che avevo.
Accecata com’ero, il tiro fu molto meno impreciso di quanto potessi fare e il vaso si infranse sul muro a lato del divano.
“STRONZO!” urlai “Non ti voglio più vedere, e neanche te, lurida puttana.”
Uscii sbattendo la porta, e non entrai mai più in casa di mia cugina.
Non rividi più neanche Federico, che non provò neanche a telefonarmi, sapeva che non lo avrei mai perdonato.

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