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«Ma no, figuratevi… Ah, io sono Giorgio, piacere!»
«Io sono Loretta e lui è mio marito, Gino; piacere nostro»
Cenammo, scambiandoci le solite banalità e intanto io li osservavo; lui indossava un paio di pantaloni sportivi con una polo e, sulle spalle, un golfino -la sera faceva freschetto!- mentre Lorella indossava una minigonna di tessuto mimetico (parecchio mini, ad onor del vero; considerando però che aveva gambe piacevoli da guardare, la cosa non mi disturbava per nulla… anzi!) ed una spessa maglia attillata e con scollo a V, con sopra un giubbotto senza maniche.
Commentammo lscursione, chiacchierando anche di banalità venni a sapere che abitavano in Friuli e che erano una commessa ed un impiegato comunale ed avevano due figli, lasciati ai nonni.
Parlando, tra una forchettata e l’altra, li studiavo; mi incuriosivano ed intrigavano i loro sguardi: modesto, quasi umile, quello di lei ed assolutamente servizievole lui tanto che, quando posai il bicchiere vuoto, lo prese con occhi imploranti ed, ad un mio breve, stupito cenno del capo, si alzò per andare a riempirlo al dispenser refrigerato.
Approfittai dei pochi istanti per sondare Lorella: «Ti trovo sexy… ma mi sembri… troppo attaccata a Gino, ecco!»
Lei sembro inorridire! «No, no, ti giuro! Mi concede la massima libertà, lui!!! Non è per nulla impiccione o geloso, anzi,,,»
«Anzi?» la incalzai, in tono inquisitorio.
Lei arrossì di colpo e farfugliò una risposta: «Ma no, nulla… Gino è un mite, ecco!… Lui non vuole mai avere problemi, con le persone»
Lupus in fabula, il marito arrivò col mio bicchiere colmo di acqua frizzante (gli alcolici come il vino o la birra erano a pagamento, a differenza delle bevande non alcoliche, calde o fredde: ottimo sistema, in un paese mussulmano, per limitare lo squallido spettacolo degli ubriachi) ed in tono servizievole mi disse: «Ti ho messo anche una fettina di limone, ma se non ti va, te ne vado a prendere un altro bicchiere, senza»
Lo ringraziai con una certa sostenuta freddezza, lontana dalla mia abituale affabilità ma ero in vena di fare… esperimenti.
Lui, difatti, scodinzolò tutto contento per la mia degnazione e si sedette con uno sguardo come se mi chiedesse permesso.
Avevo cominciato la cena un pochino prima di loro e, pessima abitudine!, ho sempre mangiato rapidamente, tanto che finii di sbafare i quattro ‘ssaggini’ presi dal tavolo del dessert, mentre loro affondavano per la prima volta il cucchiaino nei loro.
Normalmente, avrei educatamente atteso che finissero di cenare, conversando piacevolmente, ma come ho detto, una certa idea si era insinuata nella mia mente; per questo, esclamai:«Adesso ho proprio voglia di un bel caffè..»

Loro si bloccarono, con le posate a mezz’aria, guardandomi da sottnsù con sguardo colpevole.
I dolci preparati al villaggio erano assolutamente deliziosi e le quantità che avevano messo nei loro piatti, facevano capire quanto i due gradissero le produzioni del pasticcere, ma io decisi di essere carogna:«Dai, accompagnatemi giù al bar, a prendere il caffè forza!»
Gettarono un breve sguardo di rimpianto alle porzioni di dolce, ma si alzarono subito e mi seguirono ubbidienti fuori dalla sala, fino al bar accanto alla piscina.
Prendemmo il caffè e poi alzai lo sguardo al cielo: «Ma che bel cielo stellato! E’ ldeale per una passeggiata romantica, no?»
Annuirono, con un timido sorriso speranzoso; ma avevo preso la mia decisione: «Lorella, dai: accompagnami!»

«Io?» cinguettò con un sorriso.
«Sì, io e te, da soli… Gigi potrà benissimo aspettarci in camera vostra, guardando la tv»
O la va, o la spacca
«Sì… certo… come preferisci!» disse lui, con un filo di voce.

Bingo! Andata!
Così presi Lorella sotto braccio ed andammo verso la spiaggia, mentre Gino, con aria mesta, si dirigeva verso i bungalow.
Arrivati in spiaggia, ci sedemmo su un lettino e ci godemmo lo spettacolo dello spicchietto di luna che sorgeva oltre la laguna.
Mentre guardavamo, le misi una mano appena sopra al ginocchio, con fare deciso e con le dita le divaricai leggermente le cosce; lei lasciò fare.
Risalii fino allntimo e scattai in piedi, contrariato: «Non ci siamo, Lorella: se vuoi le mie attenzioni, devi prima di tutto essere come ti voglio io: sempre senza intimo!»
Lei, con espressione contrita, mise le mani sotto la gonna ed, armeggiando un poco, si levò il perizoma.
«Brava!… -dissi, restando in piedi davanti a lei- … meriti un premio!» Mi abbassai la zip del pantaloni sportivi e lei allungò la mano per estrarmi il cazzo, ancora mezzo mollo, poi allungò il collo e cominciò a succhiarmelo.
Si impegnava, la piccolina, tanto che le sue leccate a lingua larga intorno alla base della cappella, che teneva pudicamente scappucciata con due dita, migliorarono rapidamente la mia erezione; quando fui completamente eretto, aprì bene la bocca e se lo fece arrivare fino in gola, aspirandolo e leccandolo al contempo con la linguetta guizzante.
Con gesti pigri, indifferenti, infilai la mano nella scollatura della maglia, afferrai il centro del reggiseno e detti uno strappo violento, facendola precipitare contro il mio pube e stracciandole lndumento.
Lei si ritrasse, quasi soffocata dal cazzo che le era arrivato fino in gola, ma io la obbligai nuovamente a succhiarlo, spingendole la nuca con la mano.
Con l’altra, feci uscire i suoi seni flaccidi dalla scollatura e poi strinsi dolorosamente i capezzoli, facendola contorcere dal male.
Decisi che non avevo più voglia di farmi sbocchinare da lei, perciò le sfilai l’uccello dalla bocca e la feci alzare, tenendola per i capelli.
Come fu in piedi, allungai la mano ed andai a spingerle un dito nella fica, trovandola -come avevo supposto- bagnatissima.
«Voglio sbatterti!» Le dissi.

Lei annuì con lo sguardo contento da cucciolo adorante e fece per spogliarsi, ma io la bloccai con un gesto, sfregandomi un braccio con la mano: «Fa freschetto, qui… Risistemati, che andiamo in camera… camera vostra, intendo»
Mi guardò perplessa:«E… Gino?»
«Gino si renderà utile in qualche modo e, alla peggio, guarderà e imparerà qualcosa!»
Lei annuì, anche se non convinta del tutto e mi condusse alla loro camera.
La chiave era nella porta, perciò entrammo e trovammo Gino seduto sul letto ad una piazza e mezzo verso la portafinestra, che si guardava il Tg alla tv satellitare.
Sobbalzò vedendoci entrare e ci guardò con sguardo colpevole.
«Comodo, Gino, non ti disturbiamo… Tua moglie ha voglia di farsi montare da me, ma ci arrangiamo sull’altro letto, tranquillo!»
Mi guardò con aria vagamente sollevata.
Mi venne in mente un’altra piccola cattiveria: «Però… -mi guardò con aria preoccupata- …dovresti proprio escludere l’audio: mi sconcentra!»
Si precipitò a premere il tasto ‘mute’ sul telecomando ed io mi girai verso Lorella, guardandola con espressione irritata; lei mi guardò confusa, poi cominciò a spogliarsi: prima si levò il giubbotto, poi afferrò il bordo della maglia… «No, aspetta: levati prima la gonna!»
Obbedì e potei vederle le gambe, i fianchi con un pochino di cellulite, il ciuffetto pubico e, quando la feci piroettare su di sé, il culo.
Le feci segno di continuare e si tolse la maglia ed il reggiseno stracciato, restando infine nuda.
I seni le penzolavano un po’, il culo ed i fianchi erano assaliti dalla cellulite ma, all’uso, era abbastanza appetitosa.
Mi gettai sul letto e le imposi di spogliarmi.

Mentre procedeva, incrociai lo sguardo famelico di Gino e pensai rapidamente ad un qualcosa anche per lui: «Quando monto qualcuna, mi da fastidio essere guardato da uno vestito: alzati da quel cazzo di letto, spogliati completamente e poi accucciati buonobuono sul tavolo… e se provi a toccarti, ti taglio le mani!»
Intimidito, eseguì senza dire una parola ed io mi feci portare la nerchia al massimo splendore dalla sapiente bocca di Lorella.
Pronto che fui, le dissi di venirmi sopra ed impalarsi, lentamente.
Obbedì ed io mi sentii sprofondare nella sua fica fradicia, mentre il misero cazzetto di Gino ondeggiava in preda ad un tentativo di erezione.

Lorella si muoveva con sapienza e la sua fica bollente massaggiava sapientemente il mio cazzo, mentre me ne stavo sdraiato sul letto e osservavo le sue tette ballonzolare, assecondando la danza dei suoi fianchi sul mio pube.
Il mio istinto mi aveva, ancora una volta, pilotato verso una vera porca da letto; l’idea, poi, di sottometterla davanti ed insieme al marito era decisamente intrigante…
Gettai un’occhiata verso Gino, a proposito: era sempre lì, accoccolato sulla scrivania, nudo, a guardarci sbavante e col cazzetto dritto; glie lo valutai in poco più di quindici centimetri: madre natura, con me, era stata decisamente più generosa, dandomi una dotazione di dimensioni… interessanti, pur senza fornirmi di un uccello spropositato.
Ero soddisfatto di come Lorella trattasse il mio cazzo con la bocca ed anche il suo modo di usare i muscoli vaginali erano efficaci, per donare piacere ad un uomo ma… e il culo?
Decisi magnanimamente di lasciarla raggiungere il piacere al quale era ormai prossima e poi…
«Tirati su, troia, che voglio incularti alla pecorina!»
Lei, tutta affannata e coperta da un velo di sudore, annuì sorridendo, si sfilò e si inginocchiò sul letto, ubbidiente.
Le andai dietro e, senza altra lubrificazione che i suoi umori vaginali, la inforcai, con un unico movimento fluido, né troppo rapido, né troppo veloce.
Disse solo ‘Oh!’, quando sentì i miei grossi coglioni sbatterle sulla fica, poi l’afferrai per i fianchi e la pompai, cambiando in continuazione velocità, direzione e profondità, in modo da rimestarla tutta, come fosse un paiolo di polenta…
Sentii dopo un po’ l’onda del piacere salirmi dentro e decisi di concederle di farla esplodere insieme a me: perciò intrufolai una mano aggirando la coscia a cercarle il clitoride mentre, rimbalzando con le mie cosce contro le sue, l’altra mano le titillava un capezzolo.
Fu così ci trovammo a gemere insieme, mentre il mio sperma le dilagava nell’intestino.
Mi scostai dopo aver ripreso fiato -i cinquant’anni pesano…- ed il cazzo, ormai mollo, le scivolò fuori.
Lei si girò e mi fece un sorriso felice; decisi di gratificarla con un caldo sorriso ed un tenero bacio sulla guancia.
Poi andai in bagno a sciacquarmi.
Finito che ebbi, anche lei si rinfrescò e quando uscì stavo finendo di vestirmi.
Gettai uno sguardo ironico a Gino, sempre appollaiato sulla scrivania: «Gran porca, la tua mogliettina! E’ davvero brava, a letto e vedo… -dissi, indicandogli sarcastico il cazzetto ancora irrigidito- … che anche tu ti sei divertito!»
Mi girai verso di lei, mi abbassai per baciarla in bocca, stringendola un pochino a me e con un «Ok, ci vediamo domani!», li salutai e tornai nella mia camera.
Mi misi a letto, presi il libro per leggere qualche pagina, in attesa di essere travolto dal sonno, ma mi trovai a sorridere: la coppietta era interessante e una qualche vaga idea cominciava a farsi strada, dentro di me, per i giorni a seguire…

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