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Allora, che te ne pare?

By 18 Novembre 2016Ottobre 2nd, 2021No Comments

Giovanni era seduto sul divano in sala, perso nei suoi pensieri, quando sua moglie Cristina entrò, in accappatoio e con un asciugamano attorno alla testa.
Si lasciò cadere sul divano accanto al marito, ancora asciugandosi i capelli, i suoi bei capelli rossi.
– Non abbiamo avuto modo di scambiarci impressioni quand’eravamo di là. Ora che tutto è finito, come ti senti? – Chiese Cristina.
– Eh… Ah… Non… Non saprei… Non so. – rispose Giovanni con un filo di voce.

Stava seduto sul bordo del divano, piegato in avanti, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e lo sguardo fisso al pavimento. Cristina gli carezzò la schiena con un gesto affettuoso.
– Ecco, lo sapevo: non t’è piaciuto. Se ti fosse piaciuto mi saresti saltato addosso prima ancora che Lucio uscisse, anche se m’avevi assicurato che non l’avresti fatto. Avanti, sputa il rospo: cosa non ti è piaciuto?
– Non ne parliamo più, ti spiace? Almeno non ora: non sono in condizione di affrontare l’argomento.
– No, invece, ciccio. Non voglio che tu abbia il tempo di elaborare le risposte: devi darmi la tua impressione a caldo, subito, di getto. E devi dirmi la verità.
– Ok. Se insisti… Non mi è piaciuto nulla, neanche un minuto. Mi ha fatto incazzare come una bestia. Mi ha fatto diventare matto e sono ancora furioso.
– Ma perché? Ho letto nei tuoi occhi che Lucio non ti è andato giù dal primo momento che l’hai visto. Perché, si può sapere?
– Colpa tua! Ho visto come l’hai guardato appena è entrato! Ti si sono illuminati gli occhi, sei diventata tutta rossa e ho percepito che eri eccitata come non lo era mai stata con me.

Cristina sollevò la testa, guardandolo con un principio di preoccupazione negli occhi.
– Oh, scusa, non me ne sono proprio resa conto. Ma capisci che la mia eccitazione non era a causa sua, ma la situazione, l’aspettativa rendeva tutto così intrigante che non mi sorprende che te ne sia accorto. D’altra parte ci abbiamo ragionato su per mesi prima di prendere la decisione, poi pensa al tempo che ci ho messo per trovare uno come Lucio in chat e infine è da quasi un mese che pianifichiamo e organizziamo la cosa. Ovvio che non abbia fatto altro che pensarci in questi ultimi tempi ed è naturale che avessi delle aspettative. Ma non credere: anche se non lo dimostro io sono sempre al massimo dell’eccitazione a vivere con te e a starti vicino.

E così dicendo gli prese la mano tra le sue e gli rivolse uno sguardo pieno di simpatia e comprensione.

Giovanni si rese conto che sua moglie stava cercando di alleviare il suo dolore, ma con scarsi risultati.
– Hai provato antipatia verso Lucio per il fatto che fossi eccitata all’idea di incontrarlo?
– Beh, sì. Quella è stata la prima ragione. Ma non l’unica, né l’ultima.
– In che senso, scusa?
– Quando hai aperto la porta e l’hai fatto entrare, lui ti ha dato la mano, si è presentato, poi mi ha rivolto uno sguardo compiaciuto, t’ha afferrata e t’ha baciata. Manco m’ha salutato! Non ha avuto neanche la delicatezza di darmi la mano prima di darsi da fare con te. Un gran maleducato!
– Sì, l’ho notato. Anch’io sono rimasta male. Capisco perché ti abbia fatto infuriare.
– Mettiamola così: ho permesso che entrasse in casa mia, l’ho accolto come un amico e lui non solo non fa neanche il gesto di presentarsi o di salutarmi, ma nemmeno mi ringrazia per aver acconsentito a quanto stava per accadere. È stata una grave mancanza di rispetto che abbia cominciato a baciarti come se neanche fossi stato presente.
– È stata un po’ anche colpa mia. Avrei dovuto fermarlo e fare le presentazioni formali. Mi spiace, non ci ho pensato. – Il suo sguardo si era fatto pensoso.
– Nel giro di pochi minuti dal momento in cui è entrato ho visto mia moglie eccitata come non lo era mai stata e sono stato trattato in maniera irrispettosa dall’uomo che avevo accolto in casa mia. Sono stato al punto di mandare tutto all’aria. A tanto così. – alzò la mano con l’indice e il pollice a un centimetro di distanza.
– Caspita, non l’avevo percepito.
– Certo che sì. Ero preparato al fatto che tu fossi eccitata. Se avessi pensato il contrario non avremmo nemmeno cominciato questo percorso. Ma è stato troppo! E poi la sua maleducazione! Stavo per afferrarlo per il collo e buttarlo fuori!

Cristina capì che suo marito stava perdendo ancora le staffe e riprese a massaggiargli affettuosamente la schiena.
– Se la cosa ti infastidiva tanto avresti proprio dovuto fermare tutto, come eravamo d’accordo.
– Il fatto è che avevo promesso di lasciarti provare e non volevo rimangiarmi la parola. E poi avevo immaginato che i primi minuti sarebbero stati i più difficili e mi consolavo pensando che le cose sarebbero migliorate in seguito… Ma non è andata così.
– No?
– No. Dopo che vi siete baciati per un paio di minuti in anticamera siete passati sul divano in sala. E avete ricominciato a baciarvi e a toccarvi, senza pensare che dal palazzo accanto, con la finestra aperta, tutti potessero vedervi. Sono dovuto correre a chiudere le tende!
– Cosa?! Non me ne sono accorta! Oh santo cielo! Chiunque avrebbe potuto vederci! Ci sono un paio di pettegole nella casa di fronte che stanno tutto il giorno a spiare… Come mi spiace! Speriamo che nessuno ci abbia visto!
– Lo spero anch’io. Ma il peggio è stato che quando mi sono girato verso di voi ho visto che aveva le mani nel tuo reggiseno, senza che tu lo fermassi in nessun modo. Naturalmente sapevo che qualcosa del genere sarebbe accaduta, ma sono rimasto male comunque, perché invece con me hai sempre paura che qualcuno ci veda e non me lo permetti. Una volta mi hai preso pure a schiaffi sulla mano.

Cristina abbassò lo sguardo al pavimento.

– Hai ragione. Non mi piace quando lo fai qui in sala e non mi è piaciuto che Lucio lo facesse. Ma glie l’ho permesso perché ho pensato che facesse parte di tutta questa esperienza che stavamo vivendo. Volevo dimostrargli di essere pronta e aperta a tutto. Comunque hai visto, l’ha fatto per pochissimo tempo.
– Già. Poi ha cominciato a metterti una mano in mezzo alle gambe e tu le hai spalancate per lui, molto di più di come le apri per me. Cos’era? Un altro esempio di “essere aperta alla nuova esperienza”, come sostieni? Beh, a me non è piaciuto per niente.
– Mi spiace Giovanni, non me ne sono resa conto… Penserai che sono una donna orribile e un po’ troia… – Ebbe un piccolo singhiozzo, come se stesse per piangere.
– No, tesoro. Non penso che tu sia una troia. È che non sono contento per certe cose che hai fatto, nel modo in cui le hai fatte e di come hai reagito oggi con Lucio.
– Credo che tu abbia ragione. Io stessa non mi sono resa conto di tutto quanto è successo.
– Inoltre sono stato sul punto di fermare tutto una seconda volta quando vi siete diretti nella cameretta. A proposito: grazie per non aver usato la nostra camera.
– No, no… La nostra camera è sacra ed è solo per noi due. Non avrei mai potuto profanarla. Ma perché avresti voluto fermare tutto?

– Ero dietro di voi quando siete entrati e Lucio mi ha sbattuto la porta in faccia! Mi ha chiuso fuori, a chiave! Se tu non avessi aperto subito avrei buttato giù la porta con un calcio, l’avrei afferrato per un orecchio e l’avrei sbattuto fuori.
– Ah, già. Quando mi sono accorta che la porta era chiusa e che tu non c’eri mi sono premurata di aprire. L’accordo era che tu saresti stato presente tutto il tempo.
– E’ stata la seconda volta che mi ha mancato di rispetto. Normalmente se qualcuno mi manca di rispetto due volte, in casa mia, finisce fuori a calci. Il fatto che tu abbia aperto subito la porta è stata la sua fortuna. Sarebbe finito male, altrimenti.

– Mi spiace molto che si sia comportato così. Davvero. Non avrebbe dovuto.
– E poi, come se non bastasse, ha cominciato a morderti i capezzoli, con i denti, proprio. Ora, mi hai sempre detto che erano troppo sensibili e che ti dava fastidio sentire i denti sul capezzolo e l’ultima volta che ci ho provato m’hai spinto giù dal letto. Cos’era: un altro modo di “vivere l’esperienza fino in fondo”?
– Sicuro! Guarda, lo so che ho permesso a Lucio cose che a te consento molto raramente, ma capisci che si è trattato di qualcosa di puramente fisico, come un massaggio, solo sessuale, senza che fosse coinvolto nessun sentimento. Ciò che c’è tra me e te è qualcosa di completamente diverso: noi facciamo l’amore, c’è rispetto, attenzione l’uno per l’altro.
– Vabbe’. Capisco. Ma non m’è piaciuto per niente che tu facessi cose con lui che a me invece neghi, come se fossi un amante di serie B.
– Scusa, Giovanni, mi spiace, non ho realizzato… – Aveva un’espressione contrita, sinceramente dispiaciuta.
– Già. Poi quando ha cominciato a baciarti la passera, l’ha fatto solo per pochi istanti e tu, benché fossi supereccitata, non ti sei neanche avvicinata all’orgasmo. Giusto? Lo sai, io mi comporto diversamente: io mi assicuro che tu venga con la mia lingua sempre, prima di smettere. Credevo ti piacesse. Anzi, credevo che fosse una delle cose che ti piaceva di più. Ma poco fa ho visto che in pochi minuti Lucio ti ha fatto cambiare idea. Un’altra cosa che non ho gradito.
– Giovanni, non ho avuto un orgasmo perché Lucio non ha certo il tuo talento né la tua tecnica! Pareva che non sapesse cosa fare e leccava un po’ a casaccio. Come se non vedesse l’ora di passare a qualcos’altro che gli desse più piacere. Non mi è piaciuto per niente, così superficiale e sbrigativo.
– Però poi l’hai spogliato lentamente baciando ogni centimetro di pelle che a mano a mano scoprivi, lungo tutto il corpo. Va bene che volevi “vivere l’esperienza fino in fondo”, ma mai, neanche una volta, hai fatto qualcosa del genere con me.
– Oh… mi spiace. Mamma mia, quante volte sto ripetendo che mi spiace! Ma è proprio così.
– E quando gli hai abbassato i pantaloni e hai visto per la prima volta le dimensioni del suo uccello, è stato così deprimente per me vedere quanto ti si sono illuminati gli occhi! Voglio dire, sapevamo che ce l’aveva grosso, no? E’ stato per quello che abbiamo scelto lui, giusto? Ma c’era proprio bisogno che rimanessi a bocca aperta in quel modo? Con quello sguardo adorante? Quando ha cominciato a diventare duro a pochi centimetri dalla tua faccia pareva che tu fossi davanti alla cosa più meravigliosa del mondo, da non credere.
– No, non è vero. Certo, sono rimasta stupita e l’ho guardato con curiosità e forse tu hai mal interpretato le mie espressioni. Ti assicuro che, anzi, mi sono sentita intimorita, ho avuto davvero paura.
– Paura?
– Paura, certo. L’idea dietro tutta questa storia era di trovare un tizio con un uccello davvero grosso, ma quando me lo sono visto davanti sono stata presa dal panico. Sai bene come vada pazza per il tuo da diciotto centimetri, bello grosso, e come faccia fatica a prenderlo in bocca. Quando me lo metti dietro, poi… Così quando mi son vista quella mostruosità davanti agli occhi… Ce l’avrà avuto lungo almeno ventotto centimetri! E più grosso del tuo! Volevo scappare! Ho avuto paura che mi facesse male, che mi lacerasse, che mi facesse sanguinare. In quel momento ho deciso che non avrei permesso il coito anale. Ne sarei morta.
– Ah… Beh, comunque mi stavo riprendendo e non ho avuto problemi quando ti sei messa in ginocchio a menarglielo e a fargli un pompino. Ma ho quasi perso le staffe quando hai lasciato che ti venisse in bocca! A me lo lasci fare molto raramente, dopo infinite insistenze e comunque non mi hai mai rivolto dopo quello sguardo adorante! Non t’ho mai vista così contenta. Quando lo facciamo non t’è mai capitato di continuare a carezzarlo e leccarlo anche dopo che sono venuto, come invece hai fatto con lui.
– Lo so… Scusa… Me ne sono resa conto dopo! Ma si tratta sempre del fatto che volevo vivere l’esperienza nella sua completezza, non volevo certo mancarti di rispetto!
– E perché allora qualche volta non “vivi l’esperienza nella sua completezza” con me? Chi sono io, il figlio della portinaia? – le sue parole tradivano frustrazione, molta, molta tristezza e anche un po’ di rabbia.

Le parole di Giovanni sorpresero e spaventarono Cristina.
– Non so cosa dire… Mi spiace… forse dopo essere stata con te per tutti questi anni non ci metto più l’impegno di una volta. Ma è involontario, ti assicuro, mi spiace, scusami.
– No, hai ragione. Scusami tu se ho avuto uno scatto di nervi. È che è doloroso vederti così entusiasta per Lucio e così annoiata con me…
– Ho capito le tue preoccupazioni. Stai tranquillo, non succederà più, ci starò attenta. Ma allora chissà cosa avrai pensato quando lui… quando ha cominciato a…
– Quando ti ha fatto sdraiare sul letto e si è sistemato tra le tue gambe aperte, vuoi dire?
– Esatto.
– Ero molto nervoso e preoccupato. E… anche un filo eccitato, devo confessare.
– Eccitato?
– Un pochino. Non so perché. Forse perché l’avevamo progettato da tanto tempo, noi due, con complicità… Avevo avuto tutto il tempo di pensarci, di immaginarmi come sarebbe stato… E anche tu avevi vissuto l’aspettativa e ti eri emozionata all’idea… Tutto quello che avevamo pianificato nelle settimane scorse e quanto era successo dal momento in cui Lucio era entrato dalla nostra porta conduceva inevitabilmente a questa conclusione. Non era lì per leccartela. Non era lì per farsi succhiare l’uccello. Quelli erano solo i preliminari a ciò che doveva succedere. Lui era lì per chiavarti e quando tu ti sei trovata sdraiata sul bordo del letto a gambe aperte e lui ha puntato il cazzo contro la fica ho capito che stava per succedere, che il momento era arrivato. Sì, ho provato una certa eccitazione.
– Io invece pensavo che in quel momento avresti mandato tutto a monte. Prima che succedesse.
– No, perché? Sapevo benissimo che era venuto a casa nostra per scoparti. Avevo chiarito fin da subito di non essere d’accordo al cento per cento, ma alla fine avevo accettato la cosa e non potevo tirarmi indietro. Ma comunque stavo per mettermi in mezzo.
– Eh? Perché?
– Eravamo d’accordo che avrebbe usato il preservativo e invece non l’aveva messo.
Cristina spalancò gli occhi e si portò la mano alla bocca.
– Non l’ha fatto. È vero, avrebbe dovuto… Ti sei spazientito?
– No… Mah… forse un po’. Voglio dire, sappiamo che prendi la pillola, ma metti che te ne dimentichi una e mi rimani incinta. O se ti passa una qualche malattia, le piattole, lo scolo… Più che altro mi sono preoccupato per te, per la tua salute.
– Hai ragione. Ora che me lo fai notare comincio a preoccuparmi anch’io. Andrò a farmi controllare.
– Comunque, per concludere, ti dicevo che quando l’ho visto passare la punta del cazzo su e giù lungo le tue grandi labbra e infine penetrarti non nego di aver provato una certa eccitazione. Poi però sono stato lì lì per ammazzarlo.
– Perché?
– Perché mentre tu te ne stavi mugolando con gli occhi chiusi, quello stronzo si è girato verso di me e mi ha sorriso! Non un sorriso sereno e amichevole, ma di scherno, come se mi volesse prendere per il culo! Un sorriso che diceva “vedi, cornuto? Ti sto trombando la moglie”. Lo so che era lì per quello, ma che bisogno aveva di sbattermelo in faccia? Mi ha mancato di rispetto per la terza volta!
– Oh santo cielo! Davvero?
– Già. Poi le cose sono un po’ migliorate, quando ha continuato a scoparti quella prima volta, a parte la morsa glaciale che sentivo nel petto al vedere mia moglie farsi fottere da un altro, proprio come me lo aspettavo. Per lo meno non ha fatto nessun altro atto sconveniente, a parte continuare a scoparti come un martello. Non è che mi sia divertito a vederti godere e gemere più di quando lo fai con me, ma va bene, era previsto. Ma non m’è piaciuto per niente quando te l’ha ficcato dentro fino in fondo ed è venuto dentro di te.
– Ma perché non t’è piaciuto?
– T’ho già spiegato che avrei preferito che mettesse il preservativo, ma inoltre ha detto qualcosa come “ti piace la sborra del mio grosso cazzo, vero, troia?” Ora, nessuno deve chiamare mia moglie “troia” in mia presenza e questo fatto mi ha fatto incazzare. Ma mi hai fatto incazzare anche tu! Capisco che stavi vivendo uno stato di euforia post orgasmica, ma dovevi proprio dirgli che avere il suo sperma dentro di te ti faceva impazzire? Gli occhi di Cristina si riempirono di lacrime.
– Ho fatto un errore terribile. Ho immediatamente rimpianto di aver aperto bocca appena terminata quella frase. Speravo di averlo detto talmente sottovoce che tu non avessi sentito.
– Invece l’ho sentito. E non mi è piaciuto per niente.
– Sono mortificata.

Giovanni prese la mano della moglie tra le sue e la strinse, in un gesto rassicurante.
– Lo so. Ma non è finita. Quando t’ha scopata la seconda volta mi è piaciuto ancora meno. Ti ricordi come faceva? Ti puntava il cazzo all’entrata della passera e poi te lo schiaffava dentro di colpo, fino in fondo. Poi lo tirava fuori e ricominciava da capo. Tu smaniavi, mugolavi, emettevi gridolini e gli dicevi che provavi qualcosa di incredibile. Quando in passato ci ho provato io m’hai detto di smetterla. Un’altra cosa che hai fatto di gusto con lui che a me non permetti.
– Mi spiace tanto, Giovanni. Scusa.
– La terza volta che t’ha trombata, t’ha presa alla pecorina. Ti ha afferrata per i capelli, ti ha smanacciato le tette e ti ha addirittura sculacciata. Tutte cose che a me non consenti più da molto tempo. Poi la quarta scopata l’avete fatta con lui seduto sul divano e tu accucciata sul suo cazzo, guardandolo in faccia. E lui ancora una volta ti ha morsicato i capezzoli.

Cristina se ne stette zitta, ma lo fissò con gli occhi arrossati e lo sguardo colpevole.
– E poi la quinta volta lui si è sdraiato sul letto e tu ti sei impalata sul suo uccello, volgendogli la schiena, come a smorzacandela, e t’ha ficcato un dito nel culo! Una cosa che a me è assolutamente proibita! E non è tutto: facendolo, mi ha rivolto un altro di quei suoi sorrisi sprezzanti, di superiorità…
Cristina piangeva.
– Poi t’ha attirata al suo fianco e ha continuato con il dito nel culo, mentre tu gli carezzavi l’uccello sperando di riuscire a farglielo tirare ancora. Quante volte t’ho supplicata di lasciarmi giocare con il tuo buchetto? L’abbiamo fatto una sola volta sei anni fa, al mio compleanno, e poi mai più. E tu, non contenta, mentre lo masturbavi lentamente, ti sei avvicinata con la bocca e hai cominciato a leccargli le palle. Da quando siamo sposati le mie le hai leccate solo tre volte, malgrado abbia supplicato in tutti i modi. Lui invece non ha avuto bisogno di chiedere: l’hai fatto tu, volontariamente e con piacere. E anche quando t’ha trombata per la sesta volta ho visto che ti strizzava e torceva i capezzoli con cattiveria. Vedevo che a te non piaceva e che provavi dolore, ma non l’hai fermato, non gli hai detto di smettere… L’hai lasciato fare.
– Lo so… Che dire? Mi spiace molto.
– T’ha fatta inginocchiare davanti a lui perché gli facessi un altro pompino, e mentre ti davi da fare ha estratto l’arnese dalla tua bocca e con quello ha cominciato a schiaffeggiarti sulle guance, te l’ha passato sul viso, sugli occhi… ha cercato persino di mettertelo su per il naso prima di rimettertelo in bocca. Una mattina, anni fa, per scherzare t’ho svegliata appoggiandoti il mio pisello sulla guancia e non solo ti sei incazzata, ma m’hai lasciato a secco per un mese. Lui invece ti schiaffeggia col suo e tu, ubbidiente, te lo riprendi in bocca come se niente fosse.
– Non è che mi piacesse, ma…
– Sì, ho capito: volevi “vivere l’esperienza fino in fondo”. Grazie tante. E poi, quando è venuto, t’ha schizzato tutto il suo sperma in faccia. Io non mi sono mai sognato di farti niente del genere: mi hai sempre detto che era una cosa disgustosa e che ti faceva schifo. Con lui non hai avuto nessun problema, invece. E immediatamente dopo t’ha trombata per la settima volta. E’ stato rapido, brutale, violento. Io non ho gradito, ma almeno è terminato in fretta. Quindi ti ha sistemata a quattro zampe e t’ha scopata per l’ottava e ultima volta, prendendosi tutto il tempo necessario e facendoti cose che non mi sono piaciute per niente, come sculacciarti ripetutamente con violenza e ficcarti il suo pollice destro nel culo. Ammetto che a quel punto non è stato del tutto stronzo e non se n’è andato subito, ma è rimasto a letto a riprendersi per un po’, anche se non t’ha quasi rivolto la parola e non ha fatto nemmeno il gesto di abbracciarti quando ti sei rannicchiata contro di lui. Solo ò rimasto lì, con quella sua espressione soddisfatta e mi ha rivolto, per la terza volta, quel suo sorriso strafottente. Finalmente si è alzato, ha fatto una breve doccia, si è vestito e se n’è andato. Senza dirti niente, senza chiederti se t’era piaciuto, senza ringraziare. A me, poi, non ha mai rivolto la parola, neanche un momento durante tutto il tempo. Guarda, la parte migliore di tutta la nottata è stata quando ho sentito la porta di casa chiudersi alle sue spalle.

Cristina si asciugò le lacrime e guardò il marito dritto negli occhi.
– Ti ha fatto tutto quel male e nonostante ciò ha permesso che accadesse?
– Beh, sì… eravamo d’accordo… ne avevamo parlato… ti eri accordata con lui perché vi incontraste, in nessun momento hai detto di no, così non mi sono opposto, malgrado sia stato male da morire a restarmene là seduto a guardarvi, ma l’ho fatto perché era quello che volevi.
– Oh, tesoro! Non avevo idea che tu soffrissi tanto! Ti ho guardato diverse volte durante la notte e la tua faccia era senza espressione, così non ho capito… Se avessi anche solo sospettato cosa stessi passando mi sarei sbrigata molto più in fretta. Non mi sarei certo lasciata scopare otto volte! Sono desolata!
– Già. Pazienza. Spero solo che ti sia tolta il capriccio e che non abbia più intenzione di ripetere l’esperienza.
– Certo che no, tesoro! All’inizio ero in dubbio, ma ora che so cos’hai passato non ci penso neanche a farlo di nuovo!
– Sei sicura? Sei assolutamente sicura che potrai fare a meno di tutto il piacere che Lucio ti ha fatto provare?
– Giovanni, – disse Cristina rabbrividendo – mi spiace molto di aver fatto con Lucio cose che a te non lascio fare mai o molto raramente. Da oggi sarò completamente aperta e disponibile per te. Se vorrai ficcarmi l’alluce nel culo ti sorriderò e ti dirò che è fantastico. Ti amo, Giovanni, e voglio che tu sia completamente felice dal punto di vista del sesso con me. Non sai quanto io ti sia riconoscente per avermi permesso questa trasgressione, questa esperienza. Non solo, ma di essere stato tutto il tempo vicino a me a guardarmi, a proteggermi, senza mai dire una parola, senza un’occhiataccia, una smorfia di disappunto, in modo che potessi apprezzare la mia nottata con Lucio fino in fondo. Non credo di essermi meritata un sacrificio così grande, ma ho intenzione di meritarmelo a partire da ora, a posteriori, facendomi perdonare per tutto ciò che hai dovuto sopportare. Mi hai dimostrato un amore immenso. E voglio che tu sia felice, a cominciare da ora.

Così dicendo Cristina allungò la mano a raggiungere il membro di suo marito ancora fasciato dai jeans. Ma lui le prese la mano e delicatamente la scostò.
– No, Cristina… non sono pronto. Ci vorrà un po’ prima che riesca a pensare di fare l’amore con te. Vediamo tra una settimana, come mi sentirò, va bene?
– Vuoi dire che non… non ce la fai?
– No, funziona ancora, almeno credo. È che… dopo averti vista con lui… solo poco fa… Credo che dovresti fare una doccia.
– L’ho appena fatta, Giovanni.
– Fanne un’altra. Anche un bagno, magari. Devo convincermi che tu non abbia niente di suo in nessuna parte del corpo e ci vorrà un po’.
– Va bene, Giovanni. Mi strofinerò bene la pelle con la spugna vegetale. Lo farò spesso, così quando vorrai mi troverai pronta.
Cristina lasciò il marito e si diresse di nuovo nel bagno. Spogliandosi notò una macchiolina all’interno dell’accappatoio in corrispondenza del bacino. “Cavolo” pensò “Giovanni ha ragione, porto ancora tracce di Lucio dentro di me”.
Si ficcò sotto la doccia e questa volta si lavò molto più scrupolosamente, soprattutto le parti intime.

Durante i successivi undici giorni Cristina si lavò tutte le mattine, tutte le sere al ritorno dall’ufficio e ancora una volta prima di andare a letto.
Il dodicesimo giorno, anzi la dodicesima sera, uscì dalla doccia nuda e cercò in un cassetto un pigiama pulito per la notte. Giovanni la aspettava a letto.
– No, lascia perdere il pigiama stasera.
Cristina lo guardò, dubbiosa. Poi le spuntò un mezzo sorriso di sollievo.
– Sicuro?
– Sì, sono pronto, credo.
Cristina saltò sul letto, i seni sballonzonanti. Si sdraiò sopra suo marito, cominciando a baciarlo con passione, tenerezza, ardore e frenesia sulla bocca, sulla faccia, sul collo, sulla fronte.
– Diosanto, quanto ti voglio bene!
– Te ne voglio anch’io – rispose Giovanni, spegnendo la tele, anche se trasmetteva la partita del Milan.

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