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Come una grondaia che scola

By 28 Marzo 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Mia cara signora, spero che ora sia collegata. Ho da farle una confessione importante, ho bisogno di dirle che le voglio un infinito di bene, anzi che l’amo se m’è permesso. Giuro e stragiuro che mai m’è successo di toccare un’anima con le sole parole, di sentirla viva, come un cuore che continua a battere fuori da un corpo.

La prego mi risponda! Non ci sono ragioni in questo silenzio. Per placare la brama che sento, durante il giorno mi faccio forza e continuo a pensare, la notte, il momento che nei miei occhi appaia la luce e nelle mie vene scorra altro sangue. Signora la prego, mi dica esattamente il giorno, l’ora, dove posso incontrarla, anzi dove posso solo vederla, perché non la disturberò. Non occorre che mi dica se porta una rosa o un giornale nella mano sinistra, la riconoscerei tra milioni di donne che sciamano lungo le strade all’ora di punta. La prego non è il sesso che feconda i miei sogni, il diritto d’entrare tra le sue gambe come mi spetta, ma il bisogno di sapere in quale posto ogni sera si bruciano i miei pensieri, quale anima rivestita di carne li accoglie, li arde al tepore nella speranza che sia arrivato il mio turno. Stanotte domani, lo dica la prego! Mi giuri che nulla sarà impedimento del nostro toccarci, scambiarci saliva, succhiarci le dita come ciucci di bimbo, come stare in un limbo nell’attesa che esploda l’ardore. Oddio! Ma che dico? Davvero vorrei solo guardarla magari mentre cammina sottobraccio al suo uomo. Mi perdoni l’ardore. Lei capirà il trasporto, l’insolenza che stasera m’ha portato ad uscir dalle righe. La prego risponda.

Mio caro, sapevo che saremmo arrivati al dunque, questo dunque che mi fa ancora paura, che mi mette terrore con la stessa intensità del primo giorno quando arrossivo a farmi dire puttana. La mia mente da tempo ha accettato l’idea, ha già deciso la fibra, il colore delle mie parti che offro, ma è il mio corpo che fa resistenza, la sensazione che a sera mi prende ancora indomita d’essere certa che la strada da fare non è la più corta rispetto a quella dove lei mi ha guidata. Ho paura davvero d’essere arrivata alla fine, che stasera o domani non avrò più nulla da farmi scavare, che l’anima è munta e non esce più latte, la prego mi risponda ho bisogno di sentirmi dire che quello che ho fatto è un’inezia, che ciò che mi aspetta è un mondo che non conosco, che non è la notte quando esco da sola, che non è il giorno quando apro le gambe e mi faccio sbirciare, mi faccio toccare, appannare quest’anima impura che ha bisogno di sesso per sentirsi più viva.

La prego signore, lasci che stasera il mio seno non abbia preferenza, che ogni mano, ogni bocca gli dia il piacere ed il gusto d’offrirsi sentendo il punto oltre il quale non c’è cedimento, in fondo al quale c’è una donna che mi rassomiglia come gemella che vive lontano.

Non cerco un amante, un marito, un rozzo signore che mi punti dritto nel sesso, che mi puntelli in un angolo per il gusto di farmi piacere. Cerco un uomo che abbia il coraggio di soffiarmi in bocca senza permesso, che imbrogli le mie labbra d’essere parte del mondo e le illuda che un sesso alla volta è solo un timore borghese, un anoressico sogno d’una mogliettina in attesa nel letto. Cerco un uomo che abbondi saliva nei baci che offre, al punto di non credere che siano atti d’amore e mi faccia fino in fondo pensare che se fossero sputi sarebbero graditi lo stesso.

Non ho bisogno d’essere riempita di carne, d’essere gonfiata d’aria davanti allo specchio mentre l’uomo di turno mi chiude e mi schiude questa conchiglia che ha bisogno d’ossigeno. Cerco un uomo che mi riduca all’obbedienza, che oltre a scoparmi sappia farmi sentire il potere, arrivando qui dentro, nel punto preciso dove ogni fica diventa un’essenza, dove ogni donna sia certa d’avere l’anima in mezzo alle gambe.

Non sono questi buchi in superficie che addobbo e coloro perché un uomo ne trovi più facilmente la strada! Non sono questi vestiti che eccentrici danno l’idea che me ne intenda di cazzo, come se conoscessi a memoria ogni dettaglio che vibra senza sapere che invece mi procura soltanto un vuoto mai sazio.

E’ qualcosa che vive dentro il mio ventre, tra queste budella che si comprimono ogni volta che un uomo riesce ad arrivare dalle parti del mio concetto. Perché in amore c’è differenza ed io ne voglio sentire più di quanto il mio corpo non dica, più di quanto il suo corpo s’affanna. Perché l’amore non è altro che un grido, una banale illusione che chiamano orgasmo, un sapore d’incompiuto che lascia roca la voce e placa ogni desiderio.

Lascio alle altre l’odore polveroso di una stanza d’albergo, il piacere di sentirsi graffiare da una fratta di spine. Nel mio sogno c’è posto soltanto per una donna che sente a distanza l’odore del sesso, l’odore di maschio che gonfia i polmoni e fa colare la fica.

Mi vedo immobile, aperta e bagnata come acquasantiera, dove chiunque possa intingere dita e sentire la consistenza del mio umore più denso. Appropriarsi dell’odore della grande puttana del mondo che chiede in cambio d’essere il mondo o qualcosa di simile che valga la pena di vivere, come grondaia che scola e raccoglie, come tombino che succhia e rigurgita dopo una giornata ininterrotta di pioggia.

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