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Il Pompino del Re

By 5 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Non so come dirlo, penso che sarò brutale, anche se la crudezza del linguaggio non rende esattamente la realtà. Ho fatto un pompino a mio papà.

Forse dovrei dirlo in un altro modo, usare altre parole, non so quale sia l’espressione migliore, ma l’importante è dire che sono stata io, che lui con me non ci ha mai provato, lui è un papà meraviglioso.

Adesso vi racconto tutto.

Mi chiamo Laura, ho ventuno anni, vivo a Roma con una compagna di studi, dividiamo un micro appartamento di due stanze a S. Lorenzo. Io non sono di qui, vivo nella Capitale per studiare psicologia, e diciamo che vado anche abbastanza bene, i voti sono buoni e i tempi sono giusti.

La mia compagna si chiama Marta, è molto carina e dolce, siamo buone amiche da parecchio tempo, ci facciamo compagnia e non bisticciamo quasi mai.

L’altra mattina ho fatto una scoperta a dir poco sconvolgente. Era passato a trovarmi mio papà, che come tutti i mesi approfittando del fatto che mi veniva a dare i soldini era venuto a passare una serata con me.

Mi piace molto quando viene a trovarmi. Mio padre è un uomo simpatico. Non gli daresti mai i suoi 49 anni, oltre che per l’aspetto giovanile, principalmente per il carattere e l’atteggiamento.

Marta l’adora, più di una volta l’ho vista tutta contenta preparare torte e dolcini per lui che stava arrivando.

Quella volta però mentre passavo davanti alla cucina, ho visto con la coda dell’occhio mio padre passare qualcosa a Marta, tipo una busta. Avrei voluto chiedere subito cosa stessero facendo, ma avevo avuto l’impressione che lo facessero quasi di nascosto.

Non potevo comunque trattenermi per molto tempo, appena mio padre uscì un attimo per comprare i suoi soliti sigari, andai di corsa da Marta e le dissi direttamente. ‘Ho visto mio padre passarti una busta, dimmi cos’era’

‘Ma no Laura hai visto male.’ Rispose Marta.

La risposta era anche peggio del dubbio, avevo visto benissimo, il fatto che Marta negasse rendeva il tutto molto più misterioso.

‘Ma dai, ti ho visto, non negare, cosa mai ci può essere di così segreto fra te e mio padre’.

‘Ok te lo dico, ma tu giura di mantenere il segreto’ .

‘Ok’ risposi, ‘Ma tu non dimenticare che stai parlando di mio padre.’

Abbassò gli occhi, cosa che mi stupì, di cosa si sarebbe mai potuta vergognare, e disse:

‘Tuo papà mi paga l’affitto.’

‘Davvero? E come mai non mi ha mai detto niente?’

‘Non è da moltissimo, da qualche mese, sei o sette, non di più. E’ successo tutto una volta che tu ancora non eri rientrata a casa, e lui era già arrivato e ti aspettava, è passato nel corridoio e mi ha visto nella stanza che piangevo, si è avvicinato e ovviamente mi ha chiesto cosa avessi. Io a te non avevo ancora detto niente, ma avevo ricevuto una mail dai miei, mi spiegavano che era impossibile per loro continuare a pagarmi gli studi e l’appartamento.

Poverini, non è colpa loro, ma sai non sono per niente ricchi e a quanto pare la situazione è peggiorata. Mi sentivo perduta, piangevo piano, sentendomi sola e abbandonata. Quando tuo papà è entrato nella stanza non ce l’ho fatta più.

Ho cominciato a piangere a dirotto, disperatamente. Lui è stato un tesoro come sempre, mi accarezzava i capelli e cercava di calmarmi, quando finalmente riuscì a capire attraverso i miei singhiozzi quale fosse il problema, sorrise e mi disse: ‘ Non ti preoccupare, per i prossimi tempi ti aiuterò io, ma non dirlo a nessuno, c’è chi non capirebbe, ma io so che tu sei una brava ragazza, e non ti meriti questo. Vai bene all’università e non sarebbe giusto che tu dovessi interromperla’, mi diede un bacio sulla fronte cercando di calmarmi.

‘Adesso basta piangere, fra poco torna Laura e questo è un piccolo segreto che resterà fra noi’

‘Da quel momento, ogni mese mi passa di nascosto i soldi per sopravvivere qui a Roma. è tutto.’

Ero sollevata, mio padre come sempre era un vero signore, anzi un cavaliere, pronto ad aiutare senza chiedere nulla in cambio. C’era però qualcosa che non quadrava, Marta, dopo la confessione continuava a tenere gli occhi bassi e a non guardarmi. ‘Marta ‘ le dissi, ‘C’è qualche altra cosa che non mi stai dicendo?, dai ormai mi hai detto tutto’

‘Non proprio tutto’ rispose con gli occhi bassi.

‘Cosa c’è ancora?’

‘Non so come dirtelo.’

‘Provaci’

‘In cambio ogni volta che viene glielo succhio’ Vidi che dicendo questo Marta era preoccupatissima, e mi guardava aspettando la mia reazione.

Io mi infuriai, ‘Ecco, il cavaliere che sfrutta la sua posizione economica per insidiare le ragazzine, il porco.’

Era imbestialita. Il pensiero che mio padre con i soldi costringesse Marta a praticare sesso con lui mi sconvolgeva.

‘No, hai capito male, disse Marta, non è per lui, è per me.’

La guardavo sbalordita.

‘Sempre quel giorno, quando mi diede i soldi la prima volta, io piangevo a dirotto sulla sua spalla, mentre lui cercava di consolarmi. Ci sedemmo sul divano, io tenevo la testa sul suo petto mentre lui accarezzava i miei capelli per calmarmi.

Ero veramente abbattuta, mi sentivo sola ed indifesa, lui mi dava baci sulla nuca, e ad ogni bacino io stavo meglio. Non so come è successo, fatto sta che cominciai fra le lacrime a guardare la cerniera dei suoi jeans, non capivo più niente, abbassai la testa e comincia ad accarezzarlo all’altezza dell’uccello con la mia guancia. Lui all’inizio cercava di fermarmi con frasi tipo ‘Marta, che fai?’ Ma in realtà lo sentivo incapace di reagire. Glielo tirai fuori, tuo padre ha un cazzo bellissimo, grosso e duro.

Affondai la faccia su di lui e finalmente sentii che cominciavo a calmarmi, Il suo odore mi stava restituendo la tranquillità.’

‘Decisi di regalargli quello che io chiamo un pompino da re, un pompino in cui lui non deve fare nulla, lui sta fermo e buono mentre io glielo succhio piano, in modo che si possa rilassare, niente di forte, solo sensazioni che salgono piano.

Ero come ipnotizzata, succhiavo dolcemente quel cazzo che mi aveva restituito un futuro, non stavo pagando un debito, stavo ringraziando con tutto il cuore e il mio affetto.

Da quel giorno è diventata come una droga, quando lo vedo mi sento una piccola bambini indifesa, ho bisogno del suo odore per stare bene.

Quando viene a trovarci e lo saluto con un bacino, mi trovo a indugiare sul suo collo, chiudo gli occhi e aspiro forte, è come quando da bambina con mio papà affondavo la testa sulla nuca e mi sentivo sicura. Non so come spiegarti, lui è una persona dolce e comprensiva, una persona meravigliosa, ed io non desidero altro quando lo vedo che accucciarmi fra le sue gambe, farei qualunque cosa mi chiedesse.’

Dire che fossi sbalordita era dir poco, conoscendo mio papà capivo benissimo le sensazioni di Marta, non sapevo cosa dire, e non so come me ne uscii con un: ‘Non ci credo.’ In realtà ci credevo benissimo, ma non so perché lo dissi.

Marta mi guardava in silenzio con quei suoi occhioni spalancati, ‘Non ci credo’ ripetei.

‘Voglio vedere, voglio vedere se è vero.’

‘Adesso lui non c’è, fai finta di uscire e ti nascondi nello stanzino che da sulla mia camera, lasciamo la porta socchiusa e potrai vedere cosa gli faccio quando siamo soli.’ Disse Marta.

‘Ok, facciamolo.’ Corsi nella sua stanza e entrai nello stanzino, Marta si sedette sul letto per essere sicura che niente tradisse la mia presenza.

‘A posto, è come se non ci fossi.’ Io vedevo benissimo tutta la stanza.

Il campanello fece un squillo, era lui, potevo ancora uscire, ma aspettai in silenzio. Pochi secondi e Marta entrò nella stanza trascinando mio papà per una mano, lui sorrideva, Marta lo fece distendere sul letto.

La guardavo mentre gli sbottonava la camicia lasciandolo a petto nudo, cominciò ad accarezzarlo con i capelli che gli faceva scivolare addosso, muoveva la testa avvicinandosi ogni volta sempre più verso il basso, gli allargò le gambe e cominciò a strofinargli la faccia sull’uccello ancora chiuso nei pantaloni. Mio padre teneva gli occhi chiusi e aveva una faccia veramente beata.

Cominciò a sbottonargli i pantaloni, li tirò via e mio papà rimase con i boxer. Quante volte lo avevo visto in mutande, ma mai avevo pensato al suo uccello, che invece adesso stavo per vedere come mai avevo fatto. Certo qualche volta mi era capitato di intravederlo, ma sempre a riposo, in maniera innocente. Adesso lo avrei visto al suo massimo, eccitato, duro e desideroso di scopare. Mi accorsi di essere eccitata. Di colpo lo vidi, Marta aveva sfilato i boxer e adesso si trovava col cazzo duro di mio padre a pochi centimetri dalla faccia, lanciò uno sguardo verso di me, spostò i capelli per permettermi di vedere meglio e comincio a leccarglielo, leccatine lente, alternate a puntate sulle palle. Papà gemeva, lei sempre piano lo prendeva in bocca e lo succhiava, la vedevo fare su e giù, vedevo l’asta entrare e uscire dalla sua bocca. Mi ritrovai a pensare con orgoglio al cazzo di papà, era veramente bello grosso e io mi sentivo fiera di lui. Un gemito più forte, un colpo di bacino e mio padre venne nella bocca di Marta che sembrava la persona più felice di questo mondo.

Lui restava disteso senza muoversi, lei lo leccava sempre più piano, stava raccogliendo le ultime goccie, mentre lo chiamava paparino e gli diceva frasi del tipo: ‘Sono stata una brava bambina, ho fatto contento il mio bel papà?’

Marta fece passare qualche minuto, poi disse: ‘Adesso ricomponiamoci che Laura può tornare da un momento all’altro. è stato bellissimo, come sempre.’

‘Tu lo sai, non sei obbligata a farlo’ disse mio padre ‘la promessa che ti ho fatto è indipendente da questo.’

‘Lo so, ma io adoro succhiartelo, mi fa sentire donna come mai in vita mia, da quando lo facciamo ho difficoltà ad andare con ragazzi della mia età. Sono belli, giovani, ma quando affondo la faccia fra le tue gambe ho la certezza che niente di brutto mi possa accadere. Quando qualcosa mi va male chiudo gli occhi, ripenso al tuo odore, e mi sento meglio.

So che prima o poi tornerai da me, mi accarezzerai i capelli e mi dirai che va tutto bene. Ed io aspetto felice il momento in cui posso toglierti i pantaloni e poggiare la mia faccia su di te.’

Si rivestì e con una scusa Marta lo spedì a comprare il latte per permettermi di uscire dal mio nascondiglio. Io ero talmente scioccata che non mi accorgevo di quanto fossi eccitata.

Marta mi guardava con occhini imploranti, sperando forse in un parola che la tranquillizzasse sul mio stato d’animo. Io la guardai e scappai nella mia stanza senza dire niente.

Rimasi chiusa finchè non sentii il campanello, avevo deciso che comunque avrei fatto finta di niente, non era una situazione che potevo affrontare apertamente, ne avrei forse parlato in seguito con la mia amica, ma sicuramente non avrei mai avuto il coraggio di parlarne guardando mio padre in faccia.

Riuscii in qualche maniera a sembrare normale, Marta all’inizio era preoccupatissima, la vedevo tesa e nervosa, poi vedendo che tutto sembrava normale cominciò a rilassarsi, dopo poco tutto cominciò a scorrere come sempre. Addirittura mio padre ci propose di andare a cena assieme nel ristorantino sotto casa. Noi che normalmente non potevamo permetterci tanto lusso accettammo contente, io in realtà titubavo, avevo sperato che mio padre ci lasciasse al più presto, ma non avevo scelta.

Anche perché dovete sapere che nella mia stanza ci sono due letti, in uno dei due, molto raramente, dorme mio papà, succede quando deve restare a Roma qualche giorno per lavoro. Ci viene a trovare e la notte si corica nella mia stanza. Fino ad allora non ci avevo quasi fatto caso, era il mio paparino, magari russava un poco, e mi faceva sentire a casa, ma dopo quello che avevo visto non avrei avuto la forza di dormire. Avevo bisogno di stare sola.
Capitava anche che andavamo a cena assieme e mio papà avendo magari bevuto un pochino, mai fino ad ubriacarsi, preferiva dormire da noi per ripartire la mattina. Temevo che andando a cena sarebbe successo proprio questo.

Infatti, seduti al tavolo del ristorante, all’aperto in un bel vicoletto romano, è bastato poco tempo per tornare alla normalità. Due ore dopo chiacchieravamo e ridevamo felici, io mi sentivo come se non fosse successo niente, forse mi ero abituata all’idea, fatta sta che tornammo a casa contenti e un po alticci.

Mentre mio padre andava in bagno per prepararsi, rimasi in cucina sola con Marta, che mi chiese:

‘Tutto a posto? Sei ancora arrabbiata con me?’

‘No risposi, non ti preoccupare, ero solo un po gelosa’ Dicendo queste parole sentivo di non essere del tutto sincera, ma era stato un shock troppo grande, e avevo bisogno di restare sola per pensare un poco, per capire. Mio padre entrò in cucina, ci diede un bacino e andò dormire. Era sempre così, andava a dormire per primo, penso lo facesse per addormentarsi e lasciare me libera di coricarmi come se fossi sola, era un atto di delicatezza per farmi sentire più libera, penso.

Quando entrai nella stanza lo sentii russare leggermente, era più un respiro pesante. Mi spogliai e andai sotto le lenzuola, finalmente ero sola, potevo ripensare a quello che avevo visto, potevo cercare di capirlo. Rivedevo Marta che sfilava i pantaloni a mio papà, il suo sguardo contento mentre gli apriva i boxer, e rivedevo l’arnese di papà Era effettivamente molto grosso, Marta aveva ragione. Ripensavo a quello che mi aveva detto, al senso di sicurezza e tranquillità che le dava. Sentii una fitta, era quello il punto dolente che mi aveva fatto imbestialire. Ricordo perfettamente le sensazioni di cui parlava Marta. Ricordo di tutte le volte che in motorino con papà affondavo la testa nei suoi capelli e respiravo il suo odore, di come mi sentivo la sua bambina, di come mi sentivo protetta. Odiavo il pensiero che Marta stesse oggi provando le stesse emozioni di quando ero piccola. Quello è il mio papà, che andasse a farsi dare sicurezza dal suo. Sono io la sua bambina, non lei.

Pensavo, e pensavo. Senza accorgermene mi ritrovai bagnatissima, rivedevo l’uccello di papà e immaginavo il suo odore. Non avrei mai potuto andare a letto con lui, mai. Eppure in quel letto, con la luce della strada che filtrava dalle persiane mi sembrava di essere in un altro mondo, cominciai a toccarmi, dovevo essere leggera, non dovevo fare rumore, se se ne fosse accorto sarei morta dalla vergogna.

Lo sentii girarsi nel letto, aprii gli occhi per guardarlo e vidi che si era scoperto. Dormiva sulla schiena con solo i boxer addosso, il lenzuolo era scivolato a terra. Mi chiesi se l’avesse duro. Provavo a scacciare il pensiero, ma più mi toccavo più non riuscivo a non pensarci. Ero eccitatissima, mi alzai come ipnotizzata per andare in bagno, se dovevo farlo andava fatto, non potevo passare tutta la notte a torturarmi. Forse un orgasmo mi avrebbe calmata.

Passai davanti al suo letto e, mi vergogno a dirlo, provai a sbirciare, vidi i boxer lievemente aperti da cui si intravedeva qualcosa. Mi avvicinai silenziosissima e terrorizzata, con la punta del dito allargai l’apertura delle mutande e sfiorai il suo uccello. Nessuna reazione da parte sua. Aprii delicatamente il bottoncino e vidi il suo cazzo grosso e duro uscire deciso, sembrava puntarmi. Mi feci coraggio. Lo sfiorai, nessuna reazione, allora lo afferrai con delicatezza.

Stavo tenendo stretto in pugno il cazzo di papà. Cominciai a muoverlo piano, molto piano. Avrei voluto vederlo venire, vedere lo sperma schizzare da quel buchino da dove tanti anni fa ero uscita io.

In realtà desideravo affondare la faccia su di lui, volevo respirare il suo odore, come aveva fatto Marta. Feci uscire dai boxer anche le palle, belle grosse anche quelle. Mi sedetti al bordo del letto, e delicatissima avvicinai le labbra alle sue palle. Cominciavo a sentire il suo odore, ero preoccupatissima. Avevo il suo cazzo in mano e la mia faccia sulle sue palle, se si fosse svegliato sarei morta di vergogna.

Come l’aveva chiamato Marta, il pompino del re. Anch’io volevo sentire mio papà venire nella mia bocca, cominciai a succhiarlo dolcemente. Aveva un cazzo favoloso, avrei voluto svegliarlo per dirglielo, avrei voluto dirgli che ero io la sua bambina, che avrei voluto che usasse la mia bocca ogni volta che avesse voluto, avrei voluto dichiarargli il mio amore totale. E intanto succhiavo sperando che non si svegliasse. Sentivo il cazzo ormai durissimo e pronto a esplodere, avrei voluto mettermelo dentro, ma questo non si poteva proprio fare. Succhiavo piano e aspettavo, ebbi uno shock quando sentii la sua mano accarezzarmi i capelli, ma ormai che potevo fare, forse dormiva, forse pensava che ero Marta. Sicuramente non potevo fermarmi. Sentivo la sua mano accarezzarmi e la sua voce mormorare:’La mia bambina’.

Esplose nella mia bocca, lo sperma di papà. Lo tenevo in bocca sperando che si riaddormentasse e così fu. Lo sentii russare nuovamente, felice.

Non ne parlammo mai. Non ho mai saputo se avesse capito che ero io e non Marta, ma non ho mai neanche fatto niente per scoprirlo. Preferisco pensare che possa ricapitare, a volte quando sono particolarmente triste, mi metto a letto e penso a lui, a come mi farebbe bene addormentarmi fra le sue gambe, con la mia lingua su di lui.

A volte penso anche come sarebbe sentirlo dentro, ma è un pensiero che sono sicura non si realizzerà mai. Una cosa è certa, quando mio papà viene a trovarci faccio sempre in modo di trovare una scusa per lasciarlo solo con Marta. So che lei ne ha bisogno e da quello che ho visto anche a papà non dispiace proprio per niente.

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