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Piantato in discoteca

By 22 Settembre 2016Ottobre 2nd, 2021No Comments

Stavo passando un periodo abbastanza grigio. Avevo divorziato un anno prima e per qualche tempo ero stato in crisi cercando di analizzare le ragioni di questo fallimento matrimoniale.
Ma mi stavo riprendendo bene: avevo finito per accettare che certe volte non ci sia niente da fare. L’amore finisce, non ci si sente più a proprio agio nella coppia e presto o tardi ognuno non vede l’ora di andarsene per la propria strada. Noi, in fin dei conti, eravamo ancora giovani, senza figli e non avremmo presumibilmente dovuto avere troppe difficoltà a rifarci una vita.

Avevo ricominciato da poco a frequentare altre ragazze, per rendermi conto di quanto il mondo fosse cambiato da quando avevo smesso di essere single più di dieci anni prima.

Ne avevo conosciute un paio in ufficio e ci ero anche uscito qualche volta. Ma, no: non avevo trovato i presupposti per cominciare qualcosa di interessante. Così, dopo qualche scopata, non se n’era fatto più nulla.

Invece, con questa terza ragazza, Clara, le cose parevano mettersi un filo meglio. L’avevo conosciuta in una chat on line, ci eravamo incontrati dal vivo e insieme ci divertivamo un sacco. A letto era fantastica e anche fuori dalle lenzuola si rideva, si scherzava, era bello stare insieme e le cose che avevamo in comune cominciavano a diventare molte.

La sera che decidemmo di andare in discoteca era passato da poco il nostro mezzo anniversario, nel senso che stavamo insieme da poco più di sei mesi.
La serata era cominciata benissimo. Ballavamo, bevevamo, la musica era coinvolgente e il posto si stava riempiendo di una moltitudine di giovani sempre più su di giri. La minigonne erano cortissime, le scollature profondissime, i reggiseni pareva che non fossero permessi e noi maschi eravamo tutti ringalluzziti.

Stavamo ballando da più di un’ora quando decidemmo di prenderci una pausa. Feci una capatina al bar e raggiunsi, con due birre, Clara che già si era stravaccata sui divanetti facendo volare le scarpe sotto il tavolino.

Eravamo appena al primo sorso delle nostre birre, quando questo tizio si è avvicinato e le ha chiesto di ballare. Era un ragazzo più giovane di noi, con una faccia da teppista e un giubbotto di pelle sotto il quale sudava copiosamente.
Mi chiesi se il bulletto avesse qualche tendenza masochistica e ci godesse a farsi dire di no.

Invece, con mia grande sorpresa, Clara si sollevò dal divano posando la birra sul tavolino.
– Dai un occhio alla mia borsa. – mi intimò, senza chiedermi se mi dispiacesse che lei passasse del tempo con un altro.
E a piedi scalzi seguì il suo partner sulla pista da ballo.

Ci rimasi male. Sentii montare una certa irritazione non tanto per il fatto che ballasse con altri, ma che non si fosse preoccupata di lasciarmi lì da solo. Ma che potevo fare?

Terminai la mia birra.

Aspettai.

Terminai anche la sua.

Poi ebbi bisogno del bagno. Chiesi a una piccoletta dai capelli rossi nel tavolo vicino di controllare la borsa di Clara e mi diressi verso le toilette.

Lungo il tragitto mi attardai a verificare che fine avessero fatto quei due. Li trovai in un angolo buio vicino alla pista. Si stavano baciando e lui aveva una mano nelle sue mutandine a stringerle una chiappa. Lei aveva un braccio attorno al suo collo, ad attirarlo a sé, e l’altra nei suoi pantaloni.
La cosa, malgrado la penombra del posto, non passava inosservata: alcune coppie avevano smesso di ballare e li osservavano ridacchiando.

Mi dissi che Clara aveva trovato un passaggio con qualcun altro e, dopo la mia fermata in bagno, mi diressi verso l’uscita e me ne tornai a casa.

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Mi chiamò l’indomani a mezzogiorno, incazzata come una pantera.
– Sei un gran bastardo! Sto venendo a casa tua a prendere le scarpe e la borsa. Ma come ti è venuto in mente di piantarmi lì?!
– Buongiorno cara! Lieto di sentire la tua voce! Dopo che mi avevi lasciato solo per più di un’ora ho pensato di cercarti per capire dove fossi finita e ho visto che te la stavi spassando alla grande con quel tizio. Così ho pensato che avrebbe potuto accompagnarti lui a casa, visto che eravate diventati così amici. Ho chiesto a una ragazza del tavolo vicino di controllarti la borsa e me ne sono andato.
– Cosa? Stai scherzando, brutto stronzo! Adesso vengo lì e se non mi dai le scarpe e la borsa ti faccio vedere io!
– Dico sul serio. L’ultima volta che ho visto le tue cose erano sul tavolo in discoteca. Io di sicuro non le ho.
– Bastardo! Carogna! Stronzo! Non c’era nulla sul tavolino al nostro posto! Hai lasciato che mi fregassero la borsa e le scarpe! E’ tutta colpa tua! Come hai potuto!?
– Te l’ho appena spiegato. Noi siamo arrivati in discoteca che eravamo una coppia. Senza una parola te ne sei andata con un altro (e ti ho vista prendergli l’uccello in mano mentre ti facevi toccare il culo). Ho pensato che avessi cambiato cavallo in corsa e che quindi i miei doveri nei tuoi confronti fossero terminati. Così me ne sono andato. A proposito: com’è stato farsi trombare da lui?
– Nicola, perdio! È stato soltanto un piccolo capriccio, niente di serio! Mi diventi moralista, adesso?
– L’identificativo di chiamata dice Matteo Di Stefano. È questo il nome del tizio che t’ha trombata?
– E che altro avrei potuto fare!? Senza soldi, senza borsa, senza scarpe, senza documenti… Per fortuna è stato gentile e m’ha accompagnata a casa. Guarda che non sto scherzando, sono molto seria invece: la scarpe costano centocinquanta euro e solo il telefono che era nella borsa mi era costato più di quattrocento euro. Con la borsa, le altre cose e i soldi che avevo nel borsellino mi devi almeno seicento euro!

Ah, quindi questo Matteo aveva passato la notte con lei… Meglio per lei. E, visto che razza di ragazza era, meglio anche per me.
– Clara, non scherzare. – Continuai. – Se fossi stata davvero in difficoltà avresti potuto chiamarmi col telefono di chiunque. O avresti potuto chiamare qualche amica, oppure che so? I tuoi genitori. Per quanto riguarda il telefono con trenta euro ne puoi benissimo comprare un altro e le scarpe, poi! Ti facevano male, non ti ricordi? Te le sei dovute togliere in discoteca. Non t’incazzare: anzi, appena trovi un telefono chiamami che una volta o l’altra potrei anche darti due colpi, se non avrò niente da fare.
– Senti, bello, non voglio fare polemiche. Lasciamo perdere le scarpe, ma il telefono ce l’ho bisogno, cazzo! Dammi almeno trecento euro!

Per un momento valutai l’idea di pagarle qualche rata di un abbonamento col telefono incluso. Quanto avrebbe potuto costarmi una scopata con una troia? Cento euro? Ma poi mi dissi che non ne valeva la pena e che stavo perdendo il mio tempo.

– Scusa, non voglio farti spendere tutta la ricarica del tuo Matteo e ho una chiamata sull’altra linea. Fatti sentire, eh? – E chiusi la comunicazione.
“Fanculo, stronza.” borbottai tra me e me e accesi la tv in attesa della partita del Milan delle tre.

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