Comincia così, con soprassalti sempre più frequenti, soprattutto di notte; al mio risveglio l’esaltazione sale, incontrollabile e scatenata.
Allora so che devo placare la mia fame affrontando i labirinti oscuri della mente e del corpo.
Tu che spesso mi dormi accanto, con il tuo viso pulito di giovane uomo che sogna con me casa e famiglia neppure ti accorgi di questi miei notturni incubi, quando mi risveglio con gli occhi aperti nella notte e il cuore che batte tra le costole chiedendo di uscire.
Jekyll e Hyde in me convivono da tempo.
Così, quando questa mia fame si fa insopportabile, quando il mio Oscuro chiede quello che non posso e non voglio negargli…Jekyll fa sua una notte, per saziarsi.
E niente lo può fermare, neppure la morte.
L’unico accorgiamento che uso per non esser riconosciuta, io, una professionista seria che
pur di arrivare alla meta che si è prefissa darebbe via l’anima- e forse davvero ho stipulato un contratto infernale senza saperlo- è una parrucca, corta e liscia , con una lunga frangia, castano dorata che copre i miei lunghi capelli neri e ricciuti.
Quando mi guardo allo specchio prima di uscire noto la solita trasformazione del corpo: gli occhi diventano statici, le iridi paion di marmo, verdastre, opache; le labbra si gonfiano e i denti sembrano ancor più grandi e bianchi; la mascella si allunga, dando al mio viso una forma appuntita, a cuore.
E il resto, carne di ibrida donna vestita sommariamente di una gonna corta di pelle nera e di un top identico, si snoda, sembra non aver più ossa, braccia e gambe paiono allungarsi e la camminata si fa lunga: divoro l’aria con i piedi che si muovono su alti tacchi dorati.
Tace la ragione, acuiti allo spasimo i sensi, sento batter il cuore d’un umano a metri di distanza.
I capezzoli son rigidi, e il ventre ha spasmi crudeli, mentre pregusto quel pasto che avrò, tra breve, quel piacere sublime che potrò raggiungere uccidendo Hyde per qualche ora.
La Voce che ormai conosco mi alita sul collo:
-Forza, andiamo , ho fame-
mentre un fallo rigido mi preme sulle natiche. Chiudo gli occhi e i miei fianchi iniziano a muoversi, per sentirlo meglio, ma improvvisamente mi accorgo di accarezzare il vuoto.
Nello specchio, dietro di me, non c’è nessuno.
Tra le cosce sono umida, a stento controllo il respiro.
Afferro il solito borsone di pelle da portare a tracolla e scendo direttamente dall’appartamento al garage; nessuno in giro, è già tardi, salgo in macchina: so dove dirigermi, alla città vecchia, per i vicoli che san di urina stantia e di acqua marcia di lago, di vomito e di pizze appena sfornate.
Lascio l’anonima utilitaria bianca e comincio a scendere per una delle sordide viuzze che mi trovo di fronte: subito due uomini mi apostrofano con pesanti complimenti, accompagnati da gesti osceni.
Li guardo: no, non saranno loro a sfamarmi.
Quando si avvicinano, bloccandomi la strada, li fisso negli occhi: allora mi ‘vedono’ davvero e fanno un passo indietro.
Anche perché un coltello a serramanico dalla lama tagliente è comparso nella mia mano insieme alla voglia di uccidere.
-No, fermati, non è ancora il nostro tempo-
mormora la voce carezzevole d’uomo al mio orecchio.
La loro mente realizza e retrocedono, di fronte al mio strano sorriso, per sparire in un vicolo laterale.
Cammino ancora un poco, senza incontrar nessuno, fino a che non vedo l’insegna di un pub: guardo dentro, mi pare sufficentemente sporco e affollato di uomini giovani.
Non ci sono mai stata, del resto questa è una zona della città vecchia che non ho ancora battuto.
Entro e per un attimo il vociare si ferma: conosco l’effetto che faccio sui maschi, quando sono in cerca di ‘ quello’: emana da me un odore inselvatichito di sconosciuta femmina in calore, aspro, me lo sento addosso da sola.
Mi guardo intorno e la vedo; la mia preda è lei, ne pregusto in bocca il sapore della carne.
Carne di donna, stavolta.
E’ seduta a un tavolino sporco, in un angolo.
Visibilmente ubriaca , ha davanti a sè una birra , mentre alcuni ragazzi, appoggiati al bancone, la insultano , ridendo e uno, seduto di fronte a lei, cerca di trascinarla via.
Sui 25 anni, direi, con un vestito bianco a fiorellini rossi, la carne bianchissima , i capelli biondi visibilmente tinti, un gran seno che preme contro la stoffa leggera.
Forse una puttana.
Le gambe son disposte di traverso, accavallate, e mostrano le cosce magre: ma non è un esibirsi il suo, solo …non le importa più niente di niente.
E’ bella, la voglio, la fica, già umida, comincia a pulsare.
Arrivo vicino al ragazzo seduto, gli stringo una spalla- dita d’acciaio ora- mormorandogli:
-Vattene, lei è mia-
Gli amici tacciono, lui si volta e mi guarda negli occhi.
Fiuto la sua paura, capisce di esser in pericolo, forse ha il dono della ‘vista’ senza saperlo: sente, come in un lampo, una delle mie mani dalle unghie come artigli squarciargli il petto.
E si alza in fretta.
Mi siedo di fronte alla ragazza, che mi guarda , assente.
-Sei una puttana?-
le domando gentilmente, leccandomi le labbra:
-No, solo una disgraziata ubriaca, che vuoi da me, chi sei?-
Non la spavento, se mai vedo brillare una luce di curiosità in quegli occhi annebbiati dall’alcool.
-Possiamo uscir di qui e andare a parlare da qualche parte? puoi portarti via quello che vuoi da bere…e ti pagherò, i soldi servono sempre, vero tesoro?-
Intanto le accarezzo il braccio, gli occhi fissi sul suo seno.
Lei annuisce, si alza, la devo sorreggere, in mano la bottiglia di birra:
-Andiamo a casa mia, sorella, abito qui vicino, non voglio star sola questa sera , ma chi sei, la fata dai capelli turchini? Una come te che può volere da una come me? lascia perdere, mi basta questa di birra-
Ha un odore penetrante, di sudore leggero, profumo a buon mercato, e clorofilla, sì, tipo gomma americana.
In silenzio arriviamo a casa sua, che effettivamente è a due passi dal pub.
Mi trovo nel suo appartamento: due stanze buie, in disordine, che danno su un vicolo, e sanno di chiuso e di abbandono.
Sul pavimento della cucina son sparse alcune ciotole per gatti.
-Mi chiamo Cinzia e tu?- dice la donna, stravaccandosi sul divano.
-Eva- è il primo nome che mi viene in mente.
E mi siedo di fronte a lei, le gambe aperte, sotto non porto slip; lei, pur ubriaca se ne accorge.
-Mi darai dei soldi?- mormora ‘ ne ho bisogno- non mi farai del male vero?-
rabbrividisce, ora ha letto qualche cosa al di là del mio sguardo assente.
-Stai tranquilla, voglio una donna stanotte, e voglio te; e ti piacerà vedrai, ti pagherò, o sì che ti pagherò: ora però dammi la bottiglia, sbottonati il vestito, tutto, fuori le tette e allarga le gambe, fammi vedere…-
Lei esegue, lentamente.
Il vestito si apre come la buccia di un frutto troppo maturo rivelando due seni grandi, un po’ cascanti, un ventre morbido e più sotto un paio di slip che lasciano intravvedere, tra le cosce aperte, le labbra di un sesso completamente depilato.
Lo spettacolo è esaltante.
Mi spoglio in un momento, e mi alzo in piedi, perché la mia preda mi veda bene:
-Cazzo, sei una modella? sei bellissima..- fa lei, cercando di allungar la mano verso la bottiglia.
Ma io son più veloce.
La bottiglia serve a me, noto che è ancora piena a metà del liquido scuro.
Mi sistemo su di lei in ginocchio, le sfilo gli slip e lentamente infilo il collo della bottiglia nella sua vagina, ruotando e spingendo.
Intanto la mia bocca famelica scende sui suoi seni : i capezzoli sono una delizia: li succhio quasi fossero fragole mature, lecco quei globi di carne ripetutamente, poi li mordo e mi attacco a loro per bere il loro inesistente latte.
La mordo leggermente, e lei grida , tra i gemiti del piacere.
Quel suo piacere che entra in me, in onde sempre più ravvicinate.
Ora tra le cosce la mia tensione è quasi insostenibile, ma Lui non c’è, non siamo ancora pronti.
Affondando la mia lingua nella sua bocca sostituisco alla bottiglia le dita: il clitoride è gonfio come un acino maturo, la vagina è vischiosa di umori.
Il corpo della ragazza sussulta, si inarca, fino a che, quando arrivo a toccare con le dita il suo utero accarezzandone la bocca, viene con un urlo, irrigidendosi , gli occhi rivolti al cielo, mormorando parole incomprensibili.
Allora mi rialzo, le afferro le spalle e le spingo il viso tra le mie cosce, stringendola per i capelli.
Non si fa pregare: la sua lingua è esperta, rabbrividisco, quando mi penetra come un piccolo fallo esplorando i punti più sensibili del mio sesso; mi trattengo a stento dal venire , aspetto Lui, non è bello da sola, no….
E allora lo sento: eccolo, è arrivato, è dietro di me: il suo fallo grosso e duro mi preme tra le natiche, le sue mani si sostituiscono alle mie sui seni gonfi di eccitazione.
Mi piego sulla ragazza, fino a farla riadagiare sul divano: la sua lingua non si ferma, instancabile,
mentre lo scettro di carne dell’Oscuro mi forza l’ano, per penetrarmi poi d’un colpo e iniziare a scoparmi in quel modo che mi fa impazzire.
Ora, presa tra la lingua della donna e quel fallo potente che vedo con gli occhi della mente entrare e uscire da me ad ogni colpo più rigido e caldo , urlo di piacere, un piacere così intenso da tramortimi; mi abbandono sopra la ragazza, mentre sento un liquido caldo e denso scorrermi tra le natiche.
Qualche secondo di silenzio, mentre Lui ora è accanto a me, un braccio sulla mia schiena.
-Cavolo, mai provatoa una cosa simile, una bomba- dice Cinzia abbandonandosi contro la spalliera del divano, la gola bianchissima offerta.
Eccola l’altra fame insorgere imperiosa:
-Ora, è il momento, ora, amoremiogrande- mormora Lui, mentre con una mano mi penetra dolcemente il sesso ancora eccitato.
La ragazza fa in tempo a splancar gli occhi e la bocca in un grido muto, prima che le mie
unghie, affilate come rasoi, con una zampata le taglino la gola.
E resta lì, a fissar l’orrore del mio viso per l’ultima volta.
Poi…ho ricordi confusi: è facile squarciare il petto e mangiare il cuore, insieme ai grappoli perlacei dei polmoni.
E i seni, bianchi e prelibati, mentre Lui , che azzanna e divora insieme a me mi sospira nell’orecchio:
-Sei la mia preferita, tu, la sola…-
Mi ritrovo, come sempre succede, in una doccia dal pavimento sporco, mentre sotto il getto d’acqua il sangue scivola dal mio corpo verso lo scarico.
Sono felice, tranquilla, saziata.
Non vedo l’ora di tornare a casa, da te.
Mi rivesto con quel che ho portato nel borsone: pantaloni e maglietta, ai piedi scarpe da ginnastica.
Inforco gli occhiali da vista e tiro indietro i capelli ancora umidi.
Raccolgo da terra gli abiti vecchi senza curarmi della bambola fatta a pezzi rimasta sul divano né del sangue che bagna il pavimento.
C’è ancora un po’ di birra nella bottiglia: la bevo e mi accorgo che sa di donna.
-Birra che sa di femmina, buono slogan pubblicitario- ridacchio tra me.
Poi esco, tranquilla, con andatura da ginnasta, mordicchiandomi le unghie di una mano, tanto lo so che nessuno mi scoprirà mai.
Raccolta di racconti erotici- Copyright ‘ 2007 Morgause
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Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
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Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
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le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?